Quotidiano Meeting del 24 agosto 2012

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ANNO 22 Numero Sei Venerdì

MEETING

PRIMO PIANO “CHE CAPOLAVORO E’ L’UOMO...”. GUARDARE IL MONDO CON GLI OCCHI DI SHAKESPEARE. Partecipano: Alison Milbank, associate professor of Literature and Theology at the University of Nottingham; Edoardo Rialti, docente di Letteratura Italiana e Inglese all’Istituto Teologico di Assisi. Introduce Davide Rondoni. Sala A3 LA VITA: ESIGENZA DI FELICITA’. Partecipano: Elvira Parravicini, neonatologa alla Columbia University di New York; Orlando Carter Snead, direttore del Center for Ethics and Culture della Notredame University. Introduce Andrea Simoncini. Sala A3

11.15

O N A I D I T O U Q

24

15.00

AGOSTO

«Dio me le ha suonate» p. 9

POLITICA INTERNAZIONALE E LIBERTA’ RELIGIOSA. Partecipano: Nassir Abdulaziz AlNasser, presidente Assemblea Generale ONU; Jean Luis Tauran, presidente Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Giulio Terzi di Sant’Agata, ministro degli Affari Esteri. Intervento di saluto di Antonella Mularoni, segretario di stato agli Affari Esteri della Repubblica di San Marino. Introduce Roberto Fontolan. Auditorium B7

17.00

21.45

ALL IS HOLY? Concerto della Rock Culture All-Star Orchestra. Arena D3

2012

«Io, palestinese contro l’odio» p. 2

PRIMO PIANO

E il Meeting diventa “eco” p. 15

La custode degli angeli Tratta da uomini i neonati “condannati” e li accompagna al Mistero La storia di Elvira illumina il Meeting A pagina 3

Il nostro cammino pazzo e ragionevole ROBERTO FONTOLAN ratto da una storia vera, il film “The Way Back” dell'australiano Peter Weir narra di un pazzesco cammino. In senso letterale: nel 1939 sei prigionieri del Gulag siberiano riescono a fuggire. A piedi. Si inoltrano nelle foreste coperte dal gelo, arrancano per monti e per valli. Mentre stai seduto in platea leggi con la mente certe pagine di Herling o di Salamov, gli scrittori che hanno scolpito per sempre

T

l'orrore fisico dei campi staliniani. Quel freddo che non ti abbandona mai, quelle scarpe lacere, quei pezzi di pane ammuffito. La sensazione del dissolvimento dell’uomo, la violenza onnipresente. Ma ora i sei avanzano liberi nel mondo pressoché sconosciuto, si orientano con il sole, quando c'è, e per il resto girano a vuoto, nascosti. Piangono, urlano, cercano. Sempre a piedi. Lentamente la neve cede all’erba, l’erba ai sassi, i sassi al deserto. Hanno una meta, ma si rivela sbagliata. E quindi occorre ancora camminare. Piedi sanguinanti, corpi esangui. Qualcuno muore, qualcun altro vorrebbe morire. Solo uno non cede. E della sua certezza si abbeverano gli altri per poter proseguire. È innocente come loro, e come loro è attanagliato da una questione morale: colpe da perdonare e da farsi perdonare.

Sono passati giorni, settimane, mesi. Insieme a loro perdi il senso del tempo, ma ogni giorno c'è il motivo per tornare a camminare. Non si dirà qui la fine del film, ma il suo bello: l'impressionante realismo di una marcia in quell'infinito che è dentro di sè (non puoi camminare sulla terra se non cammini "in" te) e in quell'infinito che ci circonda, dove anche la natura più ostile offre sempre un appiglio per continuare: legno per scaldarsi, pozze d'acqua per dissetarsi (occorre però saper cercare). Così, uno dopo l'altro cadono i confini, anche quello più duro e incomprensibile: la morte. “The Way Back” è stato proiettato al Meeting ed abbiamo improvvisamente percepito che il Meeting non è che un’altra faccia del medesimo pazzesco cammino. Un cammino che ha percorso migliaia di chilo-

metri, fino al Giappone e al Canada, all’Argentina e all’Egitto, fino agli spazi siderali e agli inferni terrestri; e che si è spinto fino ai limiti conosciuti della conoscenza scientifica e oltre il limite della malattia, fino all’alba dell’homo religiosus e alle profondità del genio artistico. Cammino pazzesco, esposto all’incredulità e all’ironia (chiunque avrebbe potuto scappare ma pochi hanno osato), alla fragilità e al tradimento (le gambe cedevano e la mente si offuscava). Nel mondo di oggi sembra che ci voglia un po’ di pazzia per un’opera così razionale e ragionevole come quella di inoltrarsi nel rapporto con l'infinito. Ma è la cosa che ogni uomo appena un po’ sincero con se stesso sente come la più importante e decisiva di tutte. Nessun Gulag può impedirlo.


PRIMO PIANO 2

24 agosto

Izzeldin Abuelaish, ginecologo palestinese, insegna a Toronto. È specializzato nei problemi di sterilità femminile: «Ogni parto è per me un momento felice»

«Non è con l’odio che mi farò giustizia» Izzeldin Abuelaish, il ginecologo palestinese che ha perso tre figlie e una nipote sotto il fuoco israeliano: «Se odiassi chi ha ucciso le mie figlie sarei distrutto, invece sono pieno di speranza» 16 gennaio 2009, ore 16.45. Sono il giorno e l’ora in cui la cannonata di un carro armato israeliano uccide tre figlie e una nipote di Izzeldin Abuelaish, medico palestinese autore del libro “Non odierò” (Piemme). «È stato lì che mi sono detto: questa tragedia deve essere l’ultima», spiega Abuelaish. Al Meeting, ieri, ha raccontato la storia della sua vita nella Striscia di Gaza, provata da una sofferenza intensa, ma illuminata dalla fede e dalla speranza. «Abuelaish è una figura straordinaria di testimone di pace», introduce Robi Ronza durante l’incontro dedicato al ciclo “La vita: esigenza di felicità”. Abuelaish è nato in un campo profughi a Gaza e con impegno ha raggiunto il sogno di diventare medico,

«Tutto nella vita è per uno scopo», dice il medico. Dopo la tragedia, ha creato una fondazione in memoria delle sue ragazze riuscendo, unico caso, a lavorare in un ospedale israeliano, con una specializzazione in ginecologia. «Sognavo di fare il medico e credo che nella vita nulla sia impossibile, l’unica cosa impossibile è far tornare le mie figlie sulla terra», racconta Izzeldin. La perdita dolorosa l’ha segnato, ma non l’ha portato verso la facile strada dell’odio. Da giovane, d’estate, Abuelaish aveva lavorato in un villaggio cooperativo ebraico, dove aveva stretto rapporti positivi e pacifici. Da qui era nata la decisione di dedicare la propria vita a stringere relazioni tra palestinesi e israeliani che cercano il dialogo. Aveva insegnato ai suoi sei figli a difendere la pace, a essere umani e a comportarsi come tali. Poi, l’inizio della prova. «Il 16 settembre 2008 alle ore 16.45 è morta mia moglie. Pensa-

vo che fosse la fine del mondo, ho sempre creduto che i figli avessero diritto di essere cresciuti dalla propria mamma», dice lui. Dopo la scomparsa della moglie, era stata la figlia più grande, 20 anni, a farsi avanti per assumere la guida della casa e lasciare al padre la tranquillità necessaria per continuare il proprio lavoro. Solo sei mesi dopo la casa della famiglia verrà bombardata: quattro persone sarebbero morte, tre figlie di Abuelaish e una sua nipote, altre sarebbero rimaste ferite. L’ordine di cessate il fuoco sarebbe arrivato soltanto il giorno dopo. Eppure Abuelaish non si ferma al dolore. «È l’ora di difendere le vite di tutti – dice –. Nessuno deve essere ucciso mentre difende la propria libertà e nessuno è libero fino a quando non lo sono anche gli altri. Mia nonna diceva sempre che la vita è ciò che noi la rendiamo. Siamo quindi noi che diamo forma alla vita e al nostro futuro. Sono convinto che un giorno rincontrerò le mie figlie uccise, e voglio poter dire loro che si è risolto ciò che ha causato il versamento del loro sangue. Gli strumenti per risolvere la situazione non sono i proiettili, ma la saggezza, la gentilezza e gli atti buoni. Le parole sono molto più potenti dei proiettili». Lui ha scelto la strada delle parole e ha scritto un libro sulla sua vita per dare speranza anche ad altri. Continua: «Dopo quello che è accaduto ci si attendeva da me l’odio, ma non è con l’odio che farò giustizia. L’odio è un veleno che distrugge le persone che lo provano. Se odiassi chi ha ucciso le mie figlie sarei distrutto. Dobbiamo opporci all’odio, non dare la colpa agli altri, ma assumerci le nostre responsabilità. Dobbiamo chiederci: cosa posso fare per un cambiamento? La miglior arma di distruzione di massa è l’odio nelle nostre anime». Un’altra figlia di Abuelaish è rimasta ferita gravemente durante il bombardamento e, mentre trascorreva 4 mesi nell’ospedale israeliano dove lavora il padre, aveva potuto sentire la vicinanza di amici e colleghi. Un’altra

piccola vittoria contro l’odio. «La vita mi ha insegnato che ci sono tre nemici: arroganza, ignoranza e avidità. Ci odiamo perché non ci conosciamo e nella misura in cui continuiamo a non conoscerci continueremo ad odiarci. Conoscere significa manifestare rispetto e comprensione. Servono giustizia e verità», dice Abuelaish. Come ha fatto a non odiare? «Sono stato sostenuto dalla fede», ripete per tre volte. «La fede per me è la vita, è ciò che resta quando tutto se ne va, è la luce nel buio che ci mostra la via. Tutti abbiamo fede, qualunque essa sia, anche gli atei credono in qualcosa. Io credo in Dio, che ci ha creato. La fede è il legame tra te e Dio», spiega il palestinese, che è di fede musulmana.

«Credo che tutto stia nelle mani di Dio – continua – e noi esseri umani siamo strumenti. Tutto nella vita è per uno scopo e questo è il progetto di Dio. Più continuo a vivere la fede, più sono vicino a Dio e più sono soddisfatto e protetto. Quando dobbiamo affrontare una difficoltà, Dio, che conosce le nostre capacità, non ci manda una prova che le nostre forze non possono sopportare». La passione per la fede e per la vita gli ha fatto fare grandi cose. Ora Abuelaish vive in Canada ed è professore di Global Health all’Università di Toronto. Si è specializzato nei problemi di sterilità femminile per aiutare le donne a realizzare il desiderio di avere un figlio. «Tutte le volte in cui, dopo il par-

to, consegno il neonato alla mamma è per me un momento felice. Il pianto del bimbo appena nato è un pianto di speranza». Le mamme e le donne in generale, per il ginecologo palestinese, vanno sostenute e valorizzate. Tanto che ha creato la Fondazione Daughters for Life, in memoria delle figlie, per favorire l’istruzione delle donne in Medio Oriente, che quest’anno ha consegnato 50 premi a ragazze palestinesi, israeliane, giordane e libanesi. «Senza mia moglie e le mie figlie non sarei qui. In ogni società la figura più importante è quella femminile, perché le donne tengono accesa la speranza. Io sono ottimista e pieno di speranza». Una speranza che consegna al Meeting: «Sono venuto qui perché credo che sarete in grado di diffondere questo messaggio». Il libro di Izzeldin Abuelaish è stato tradotto in 17 lingue, tra cui l’arabo e l’ebraico, che l’autore parla correttamente. Il prossimo 11 settembre “Non odierò” sarà presentato al teatro Nazionale Israeliano da una compagnia israeliano-palestinese. Benedetta Consonni

L’amico che non ti aspettavi La storia di Idil e di un’amicizia tra popoli divisi. Nata al Meeting Mamma cattolica, papà musulmano: Idil è nata e cresciuta in Italia ma ha origini turche. I suoi genitori non sono praticanti ma fin da piccola le hanno insegnato che se Dio ci ha creato è perché ci vuole bene. Passano gli anni e anche lei smette di andare in chiesa. In quarta ginnasio però arrivano gli amici del Movimento, l’amore per lo studio e una vitalità unica. «Ho incontrato dei ragazzi interessanti, seguivano le loro passioni e con loro si poteva parlare di tutto. All’inizio non capivo bene chi fossero, sapevo solo che quando ero in difficoltà mi venivano sempre a riprendere». Nel 2007 tre eventi decisivi: «Alla vacanza invernale mi sorprese la coscienza che con loro sarei andata in capo al mondo». Poi a Roma due volte, prima in gita, poi dal Papa. «Rispetto ai nostri compagni di classe usavamo meglio il tempo: le lodi, l’angelus e la coscienza che attraverso quei volti passava un Altro; ho iniziato a dire sempre più “noi” anziché “loro”». All’università decide di fare Lingue e l’anno scorso arriva l’opportunità di un Erasmus a Istanbul. Arrivata in Turchia, però, è triste perché da sola, le manca qualcosa: per fortuna incontra un prete francescano e inizia ad attaccarsi ai turchi che incontra, tutti ragazzi convertiti da poco, al massimo da sette anni come lei. «Non è vero che in Turchia tutti sono musulmani: in molti si convertono e sono affascinati dalla cultura europea. È un popolo dal cuore semplice che ha un forte senso di giustizia». Al Meeting arriva come volontaria e si trova a lavorare all’ufficio mostre con un’amica, Silvia. Alessandra, Stefano, la

squadra funziona alla grande. Si innamora in particolare della mostra sull’Albania: «Ero curiosa di vedere come avessero riscoperto le loro origini cristiane». Quando per una riunione in ufficio arriva Teodor Nasi, il curatore, non le sembra vero. Le cose però non vanno come si aspettava, lei ha un nome arabo, la sua presenza non è gradita. Una battuta ironica di troppo e Idil si trova in lacrime. «Eravamo al Meeting per la stessa ragione ma non mi guardava neanche in faccia». Chiama subito un amico in Turchia e parlando con lui intuisce la positività di quel dolore. Una responsabilità da far fruttare perché donata da un Altro, magari una possibilità di dialogo tra due popoli feriti. Raggiunge Teodor alla mostra e gli dice tutto. «Scusami, – si sente rispondere – stavo scherzando, pensavo si capisse. Perdonami se non ho capito che non potevo prendermi questa libertà. Ho fatto questa mostra proprio perché da ragazzo sentivo parlare dell’Albania in modo negativo. Amici e professori ragionavano per luoghi comuni e io mi sentivo giudicato, scusa se ho fatto la stessa cosa con te». All’improvviso cambia tutto, e Idil scopre di aver trovato un nuovo amico. «Mi ha spiegato la mostra, mi ha presentato come turca cristiana ai suoi amici armeni e ho perfino parlato di dolci con sua mamma. Incredibile come da quel dolore sia rifiorito tutto. Adesso Teodor passa sempre a salutarmi e si diverte a prendermi in giro. È proprio vero quello che diceva ieri Vittadini all’incontro coi volontari: quando sei abbracciato da Cristo non ti preoccupa più niente». Giovanni Naccarella


PRIMO PIANO 3

24 agosto

Elvira che custodisce gli angeli A New York tratta da uomini i neonati “condannati”. Pochi sopravvivono, tutti vengono amati. E la croce si fa resurrezione Dieci centimetri d’intestino. L’unico punto vivo dopo sette settimane d’ospedale. Alejandra oggi esiste perché qualcuno, su quel punto, ci ha scommesso mentre altri fissavano il resto che era morto. Anche dopo i suoi primi cinque anni di vita, ci si potrebbe ostinare sul dettaglio sbagliato. Perché Alejandra corre e frequenta l’asilo, va bene; però ha un fastidioso tubo gastrico che le entra nello stomaco. Scavare nella vita e nel lavoro di Elvira Parravicini è camminare su un sentiero fatto di croci e resurrezioni. Alla Columbia University di New York, dove lavora come neonatologa presso la clinica pediatrica, Elvira si occupa di neonati affetti da sindromi letali. Parliamo, fuori dai denti, di chi nasce e muore talvolta in una manciata di ore. Senza cura che tenga, che impedisca all’ultimo battito di cuore di essere davvero l’ultimo. La lotta, lì negli States come ovunque, non è solo impedirne l’aborto. «È scegliere di amarli per quei pochi istanti o lasciarli andare così, soli», dice lei. Dove prende la forza per farlo una donna così minuta, quasi delicata? «Ogni bambino c’è perché lo vuole un Altro. Lo afferma. E io ne tengo conto», sussurra. Roba per chi ha fede, insomma, per chi mette di mezzo un Oltre. Elvira dice più semplicemente che è l’unico modo umano di vivere ciò che accade. «Certo, non posso separare dal mio lavoro l’incontro che ho fatto con Gesù – ammette –. Non ho un’opinione come medico e una come cristiana. E siccome faccio il medico, i bambini tento di salvarli, non di farli morire».

Elvira Parravicini (al centro), neonatologa alla Columbia University. Interverrà oggi in Sala A3 alle 15

Il comfort care nasce così. Nel 2001 Elvira abbandona il team di diagnosi prenatale della Columbia, troppo scontata e matematica la soluzione dei casi. Aborto, punto. Vi rientra tre anni dopo, spinta dall’invito di una collega. Il primo impatto è decisivo per battezzare il suo nuovo programma di cura. «Facciamo il comfort care», annuncia Elvira di fronte a un caso. «Piccolo problema: nemmeno io – confessa – sapevo bene quel che avevo in mente di fare…». L’applicazione, tuttavia, è più semplice del nome che la riassume. «Di cosa ha bisogno un bambino? Di avere accanto la mamma e il papà. Qual è il suo piacere principale? Mangiare. Ecco, partiamo da qui: devono poterlo fare, fosse anche per i soli cinque minuti che stanno al mondo». E allora si mette in campo la kanga-

«Una madre ha voluto partorire un figlio con un male gravissimo. L’ha tenuto in braccio tutta la vita: sette ore. Mi ha detto: grazie, così ha conosciuto soltanto amore» roo mother care, il neonato accucciato sul ventre della madre; si tiene il piccolo al caldo, gli si somministrano farmaci contro il dolore. Lo si nutre. Nella sua semplicità Elvira è quasi ovvia, disarmante. Eppure, totalmen-

te rivoluzionaria: «Ci attrezziamo perché vivano al meglio, perché siano accolti. Amati per il tempo che è dato loro. Gliel’ho mai raccontato quel fatto della mamma di quarant’anni?». No, prego. «Figlio gravissimo, aspettativa di vita quasi nulla. La madre ha voluto partorirlo. Se l’è tenuto in braccio tutto il tempo che è vissuto. Sette ore. Dico: sette ore. Poi è morto. Alla fine? Mi ha detto: “Grazie, perché nella sua vita mio figlio ha conosciuto solo amore”». I segni della resurrezione, nelle croci che si piantano dentro la vita di quei bimbi, sono questi. E forse rispondono – mai fino a esaurirla – alla domanda più umana, anche per chi ha fede: perché questo Altro, che «vuole» e «permette» e «fa accadere», lascia che il dolore abbondi così drammatica-

L’abbraccio che abbatte il muro della malattia

mente? «Me lo chiedo spesso anch’io», dice Elvira, gli occhi chini per un istante. «È un mistero. Un mistero di croce – afferma –. Dentro cui accade, però, un momento di resurrezione. Evidentissimo nel caso di Alejandra, sopravvissuta nonostante i pronostici. Più nascosto ma comunque presente in tutte le altre storie. Quando una madre, un’infermiera, un’ostetrica o un padre dicono: “Grazie, mi è cambiato il cuore”, lì c’è quella resurrezione». Riconoscerla, tuttavia, è un lavoro. «Sì, un lavoro dello sguardo e della ragione – spiega Elvira –. Se non contempli un’ipotesi positiva, anche laddove parrebbe impensabile, neghi la possibilità stessa che emerga agli occhi. Ti fossilizzi, appunto, sul dettaglio sbagliato. E vince la cultura di oggi: il pensiero che una persona sia quel che fa. Ridotta a ciò che è capace o no di fare». Guai, però, ad etichettarla una prolife. «Spesso sono più radicali loro di tanti altri – dice –. Anche una vita che non nasce, non è mai una vittoria del nulla. Vince comunque Lui. Perché tutti finiamo nel Suo abbraccio». Oggi, in sala A3 (ore 15), Elvira Parravicini racconterà delle croci e delle resurrezioni che vede capitare ogni giorno. «Per riconoscere le quali – dice – alla realtà bisogna rispondere». Lì, c’è un Altro che ti conduce a scoprirne il senso. Cristiano Guarneri

Javier Gutierrez e Stefano Conti, protagonisti dell’incontro di ieri su “Malattia: nell’esperienza del limite l’apertura all’infinito”

Lo scandalo del limite, il miracolo della condivisione Due storie e uno squarcio nel mistero della sofferenza La natura dell’uomo è apertura all’infinito ma non c’è gesto dell’uomo che non porti in sé la sfida e il dramma della sua finitezza. È una questione decisiva rispetto al tema del Meeting e l’incontro di ieri mattina, “Malattia: nell’esperienza del limite l’apertura all’infinito”, l’ha messa sotto i riflettori. È il limite che dentro tutto ciò che facciamo insinua un tarlo, che vibra altrettanto insistentemente dell’anelito all’infinito, e che rende grido il desiderio. Il rischio è la riduzione di questo grido, il rassegnarsi a che possa non esserci una risposta. E la dinamica misteriosa fra limite e grido ha bisogno di testimoni che siano compagni e pungolo davanti alla sofferenza. Il Meeting ha trovato ieri testimoni di questa stoffa umana nel medico chirurgo ortopedico Javier Gutiérrez, responsabile dell’associazione Medicina e Persona in Spagna e in Stefano Conti, ingegnere, che con un’accezione che abbraccia tutto potremmo semplicemente definire “figlio”. Il dottor Gutiérrez ha due punti fermi, per meglio dire due vocazioni: la famiglia e la professione, l’una interagisce con

l’altra. Nella prima matura l’influenza dell’accoglienza — i figli sono due naturali e due in affido —; nell’altra il valore dell’incontro e della relazione. «Davanti a un ammalato non vedo la sua malattia ma il bisogno che mi esprime, per questo cerco di entrare in relazione, di sapere chi è, che lavoro fa, com’è la sua famiglia, quali sono le cose che lo rendono felice: voglio sappia che mi commuovo davanti a lui». Ne sono esempio le storie di Suerlem, 24 anni, brasiliana, sola con un bimbo di 4 anni, caduta da una scala e di Nicoleta, 22 anni, rumena, alla quale con un’operazione durata dieci ore sono stati amputati l’arto inferiore sinistro e parte del bacino e ora è alle prese con una metastasi polmonare. In entrambi i casi la risposta alla loro solitudine e alla loro esigenza di felicità è stata aprire le porte della sua famiglia («condivido con loro la cosa più preziosa che ho»), rendere la sua casa quella che non hanno mai avuto, essere per loro il padre che non c’è mai stato. È una paternità così evidente che il fidanzato di Suer-

lem verrà a chiedergli la mano della ragazza e lui l’accompagnerà all’altare. Stefano Conti, trentenne ingegnere meccanico di Bresso testimonia ciò che gli è accaduto e sta accadendo «perché condividere la vita è un modo per prenderla sul serio». Nel 1988 ha sette anni quando il padre viene ucciso a coltellate da due banditi che già per tre volte avevano cercato di rapinarlo; la mamma cresce sei figli portandoli alla laurea, ma soprattutto “ad aderire al bene”. Ora la sua “santa mamma”, “il suo guerriero preferito”, è da quattro anni malata di Sla, una forma particolarmente aggressiva che la rende bisognosa di tutto. «Poter servire chi mi ha messo al mondo è il più grande dono alla mia sete d’infinito». In questa sfida della realtà i rapporti in famiglia sperimentano una nuova unità: l’alternarsi con i fratelli all’assistenza

giorno e notte, la nonna novantenne che cucina per loro come mai ha cucinato, i concertini organizzati la sera, perché la mamma ama la musica classica ma anche quella moderna. Tutto assume un respiro nuovo fra quelle “quattro mura stupefatte di spazio”, come direbbe Clemente Rebora: «Vedere mia mamma riposare serenamente è uno spettacolo meraviglioso come il cielo pieno di stelle; il suo sorriso è come un raggio che squarcia le tenebre; il suo amore per il Vero e il Bello, più forte della malattia e della sofferenza, ha una bellezza che nemmeno il mare e le montagne possono avere; vederla contenta e tranquilla quando ha qualcuno di noi vicino mi fa traboccare il cuore di gioia. Il suo sacrificio mi sta aprendo ad una disponibilità ad amare quale mai avrei immaginato e la rende ancora più potentemente mamma». Credo che tutte le mamme presenti in sala, me compresa, abbiano intuito che l’Infinito è anche essere amati così dal proprio figlio. Qualcuno lo dica a questa mamma. Aida Salanti


I PROTAGONISTI 4 24 agosto

«La politica? L’unico scopo è la libertà» Mary Ann Glendon, ex ambasciatrice dal Papa: «Preghiamo che la primavera araba porti a costruire vere democrazie» Mary Ann Glendon è una diplomatica e accademica statunitense, già ambasciatrice presso la Santa Sede. Ieri è intervenuta insieme al professor Wael Farouq nel dibattito “Desiderio e politica”, introdotto dal professor Giorgio Vittadini. Il “Quotidiano Meeting” l’ha intervistata. Dottoressa Glendon, come ha conosciuto il Meeting? Perché torna a trovarci così spesso? «Ho conosciuto il Meeting attraverso il miglior studente che io abbia mai avuto: il professor Paolo Carozza dell’Università di Notre Dame, da sempre un amico fedele del Meeting. Sono venuta per la prima volta cinque anni fa ed è stato straordinario per la capacità di questo luogo di fare emergere l’incredibile potenziale delle persone. E rimasi entusiasta, da docente, dell’attenzione che il Meeting ha tuttora per i giovani: li educa aiutandoli a creare una compagnia. Per queste ragioni continuo a tornare». A novembre si vota negli Stati Uniti d’America per l’elezione del presidente. Che cosa prevede, e che cosa si augura?

Mary Ann Glendon: rappresentò gli Stati Uniti presso la Santa Sede. «Ho conosciuto il Meeting attraverso il miglior studente che io abbia mai avuto, il professor Paolo Carozza»

«La mia nazione è divisa in maniera equa sulle opinioni politiche, ed è stato così per molti anni. Nel 2004 si è verificato quasi un pareggio, e potremmo averlo di nuovo. Tutto ciò che si può dire sugli elettori cristiani è il dovere di educare le nostre coscienze. Io non appartengo a un partito politico, per tutta la mia vita sono rimasta un’indipendente. La ragione è che le piattaforme repubblicane o democratiche non coincidono perfettamente col pensiero cattolico. In quanto cristiana cattolica, cerco di adeguarmi alla proposta che più corrisponde al bene per il mio paese e che aiuta il mondo cattolico». Lei è stata ambasciatrice americana presso la Santa Sede dal 2007 al 2008. Cosa pensa dei recenti scandali che hanno colpito la Chiesa, come gli abusi sessuali da parte di preti cattolici su minori o “Vatileaks”? «Bisogna ricordare che la percentuale di

preti cattolici coinvolta nello scandalo degli abusi sessuali su minori è veramente minima. Ed è doveroso sottolineare che la percentuale di preti cattolici coinvolti è minore rispetto ad altre componenti del mondo sociale. Da quando è scoppiato lo scandalo negli Stati Uniti molti hanno effettuato degli studi, ed è risaputo che la maggior parte degli abusi sessuali sui minori è compiuta nelle case, da parte di fratelli o genitori. Mi permetta di dire che è singolare che la Chiesa cattolica sia stata presa di mira come principale causa di questo fenomeno. Prima che esplodessero gli scandali, Giovanni Paolo II disse che la Chiesa si avvicinava al terzo millennio in ginocchio, perché è sempre disposta ad essere umile. Per questo sono fiera di essere cattolica e di dire che la Chiesa cerca sempre di essere migliore». Lei ha partecipato con Wael Farouq e Giorgio Vittadini all’incontro “Desiderio e

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politica”. Considera la primavera araba una rivoluzione per la libertà? I nuovi sistemi politici del Nord Africa non rischiano di diventare dittature democratiche? «Lei ha posto la più grande domanda sulla primavera araba. Penso che Wael Farouq sia stato abbastanza corretto dicendo che non apprezza molto il termine “primavera araba”, ed emerge in lui una preferenza per il termine “libertà”. Libertà che, però, può essere usata per diversi scopi. Un ottimo analista politico, Fareed Zakaria, ha scritto un libro dal titolo “Democrazie illiberali”, che sottopone al lettore un’osservazione importante: quando s’intraprende un percorso di democratizzazione, bisogna capire se la strada che si sta percorrendo porti a una democrazia libera o no. Questa è la grande domanda: preghiamo e speriamo che la risposta sia “libera”». Luca Maggi


I PROTAGONISTI 5

24 agosto

La Fornero vuole meno tasse Il ministro del Lavoro al Meeting: «Dobbiamo fare qualcosa per aumentare produttività e retribuzioni: sono troppo basse». Oggi porterà in consiglio dei ministri un piano per abbassare il cuneo sul lavoro «a parità di gettito» Il macigno di una pressione fiscale elevata e di un mercato del lavoro che vive in uno stato di grande incertezza è lì, anche come conseguenza delle misure emergenziali prese dal governo Monti. Ma Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità, poco prima di arrivare a Rimini annuncia in un’intervista radiofonica la volontà di ridurre la pressione fiscale sul lavoro. Poi, in Fiera, ribadisce l’intenzione del governo di puntare sugli sgravi fiscali mirati alle imprese che scommettono sul capitale umano, e promette una sorta di spending review degli incentivi: «Li stiamo mettendo sotto esame per capire quali sono quelli veramente utili». Sul fronte dell’incertezza, invece, sembra che l’avversione al posto a tempo indeterminato sia sparita dal vocabolario del governo: «Bisogna distinguere tra precarietà, che è male, e flessibilità, che è un bene». Poi, quasi a voler sottolineare il cambio di rotta sull’idea di posto fisso, afferma: «Non possiamo continuare a far vivere i nostri giovani nell’attesa del contratto a tempo indeterminato. Dopo qualche anno è ragionevole che un giovane pretenda di essere assunto». Ma mette in guardia dai facili entusiasmi: «La nostra idea è che il tempo indeterminato non sia a vita. A certe condizioni l’indeterminato deve poter essere toccato senza che i giudici impongano sempre il reintegro del lavoratore». E cita un altro dei capisaldi della riforma del lavoro, molto criticato dai politici, il contratto di apprendistato: «Su questo sono molto caparbia, e credo che funzionerà. Gli ultimi tentativi non hanno avuto successo perché le imprese lo usavano per ottenere lavoro a basso costo continua il ministro - noi invece in cambio di una de-contribuzione chiederemo agli imprenditori di assumere almeno una parte degli apprendisti». A sentire il ministro Fornero, il go-

Nella foto grande, Elsa Fornero, ministro del Lavoro. Qui sopra, Fulvio Conti, ad di Enel. Entrambi sono intervenuti all’incontro di ieri

verno non ha perso tempo: «La riforma delle pensioni è stata fatta soltanto nell’interesse dei giovani». E molto di quello che è stato approvato non è ancora visibile, continua: «Abbiamo cambiato le regole degli ammortizzatori sociali, con l’obiettivo di ottimizzare al massimo le risorse a disposizione». Rispetto all’entusiasmo che ha portato con sé il premier Monti nella giornata inaugurale, la titolare del Lavoro mostra più cautela: «Nei primi otto mesi di governo abbiamo lavorato sulle precondizioni della crescita - dice il ministro - sulla cui via dobbiamo instradare il paese». E mette in chiaro in che modo: «L’Italia ha bisogno della crescita, ma la nostra sarà sostenibile ed equa. Gli slogan cinesi che invitano al consumo indiscriminato non possono funzionare».

Occorrono però investimenti sul capitale umano, continua il ministro: «Bisogna guardare alla difficoltà d’incontro che hanno i giovani e il lavoro: per-

Conti (Enel): «Quest’anno abbiamo investito 27 milioni di euro in formazione del personale» ché un giovane italiano all’estero è giudicato molto preparato, mentre in Italia fatica a trovare un lavoro all’altezza delle sue aspettative?».

Il ministro poi mostra un grande interesse per le imprese e le realtà sociali che mettono in pratica questi suggerimenti: «Dobbiamo essere più attenti a tutti i progetti formativi, soprattutto a quelli professionali e artigianali». Come ha fatto Enel, tiene a sottolineare l’ad Fulvio Conti: «Quest’anno abbiamo investito 27 milioni di euro in formazione del personale. E abbiamo finanziato l’apertura dell’Enel Lab, per permettere ai nostri dipendenti di trasformare in realtà le loro idee migliori». Un’Italia che piace al ministro Fornero, che non nasconde la volontà del governo di usare la nuova politica degli sgravi fiscali per premiare le imprese che percorrono questa strada: «Si potrebbe pensare - dice, con la consueta cautela, il ministro - a incentivi fiscali che premino le aziende che decidono

di scommettere sui propri dipendenti». Da ministro delle Pari Opportunità, non può però dimenticare le difficili condizioni del lavoro femminile: «La ripresa non è possibile se non restituiamo valore al lavoro delle donne». Chiosata da Conti, che aggiunge: «Ben vengano le donne. Sul mercato del lavoro sono di più e più motivate». La Fornero ha poi usato il palcoscenico del Meeting per lanciare un’altra novità, annunciando una nuova partnership tra Italia e Germania per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro: «Abbiamo deciso di scrivere al commissario europeo all’occupazione per chiedere il potenziamento di Euraxess, il programma di mobilità per i giovani lavoratori. E proporremo insieme un progetto di apprendistato duale. Giovani italiani che lavorano in Germania, e viceversa. Con il ministro del lavoro tedesco, abbiamo pensato di lanciarlo a Napoli, per mandare un segnale all’Italia che vuole ripartire». Il Meeting accoglie insomma un ministro pronto al Consiglio di oggi: «Domani (oggi, ndr) - conclude la Fornero - dirò al premier Monti che ho fatto i compiti delle vacanze». Giovanni Zaccaroni

Bonanni scommette sul Monti-bis: «Meglio il Prof che una brutta copia» Il segretario della Cisl sul futuro della politica italiana: «Non vedo in giro grandi statisti» C’è un feeling naturale fra il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, che ha recentemente dichiarato in un’intervista al “Corriere della Sera” di fare parte del cammino neocatecumenale, e il popolo del Meeting che ogni anno applaude questo leader sindacale dai modi burberi e dallo sguardo fiero. Sembra che il 63enne capo del sindacato “bianco” si trovi a suo agio fra i padiglioni della fiera di Rimini, dove si sente a casa: «I cattolici in Italia devono essere uniti - dice Bonanni - non per avere più potere, ma per un impegno maggiore e gratuito». Citando sant’Agostino, il leader del sindacato cattolico continua: «La nostra aspirazione è quella di essere i primi cittadini. Dobbiamo essere il lievito del mondo in cui viviamo». Sul tema dell’incontro, invece, mette in risalto come l’attuale congiuntura economica non sia semplice, anche se non dobbiamo perdere la speranza:

«Da queste difficoltà può nascere una posizione, un’iniziativa virtuosa». Poi si scaglia contro il precedente governo: «Il nostro paese negli ultimi vent’anni è stato distrutto dal torpore, a dispetto di una realtà sociale e imprenditoriale prodigiosa. Bisogna smetterla con le false illusioni». Su questo non risparmia neanche il premier in carica: «Stimo Monti, ma temo che i mercati percepiscano una situazione di sofferenza». Poi commenta le agenzie arrivate di buon mattino su una proposta del ministro Fornero di riduzione delle tasse sul lavoro: «Abbraccerei il ministro se davvero contribuisse a ridurle». I problemi dell’Italia, però, per Bonanni, non sono solo lavoro, crescita e giovani: «Ci sono le infrastrutture e i trasporti. In Italia non abbiamo ferrovie, metropolitane e autostrade all’altezza. E questo ci penalizza».

Mentre Fornero si era concentrata principalmente sul tema dei giovani, per Bonanni la soluzione è un’altra: «Non c’è futuro per i nostri giovani senza una vera crescita». Anche a proposito delle statistiche ripetute come un mantra dai media sulla disoccupazione giovanile, Bonanni non è in linea con il pensiero dominante: «Vorrei sapere quanti giovani italiani dai 14 ai 25 anni hanno davvero desiderio di lavorare. Le nostre famiglie cercano di togliere loro responsabilità, invece di dargliene». Sul tema della mobilità, poi, rincara la dose: «Magari i nostri giovani se ne andassero all’estero e poi tornassero in Italia». Per Bonanni, insomma, la colpa non è delle condizioni del mercato, bensì dei giovani che sono troppo rilassati nel lanciarsi nel mondo del lavoro. Poi però fa un passo indietro, e chiede aiuto per i giovani: «La nostra proposta è sempre stata quella del credito d’impresa alle

Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni

aziende che assumono i giovani». Il leader della Cisl poi parafrasa De Gasperi: «Noi cattolici non siamo né comunisti né liberisti. Siamo solidaristi. E’ questo quello che ci rende invisi ai poteri forti». A conclusione della conferenza stampa, c’è tempo anche per un appello al governo in carica: «Spero che Monti continui anche dopo il 2013. Si parla spesso del fatto che il successore debba avere il suo stesso stile e credibilità internazionale. Ma non vedo in giro grandi statisti: meglio l’originale della copia». G. Z.


LA MOSTRA 6

24 agosto Da sinistra: Bernhard Scholz (presidente Cdo), Erasmo Figini (Cometa) e Roberto Cresta (Bordline srl)

«Come il Duomo ha forgiato un popolo nuovo, così la nostra compagnia sta costruendo una grande cattedrale di carne che deve avere lo stesso metodo: seguire il progetto di un Altro, ubbidendo e costruendo». Erasmo Figini, presidente dell’associazione Cometa, descrive il significato della mostra patrocinata dalla Compagnia delle Opere “Ad Usum Fabricae. L’infinito plasma l’opera: la costruzione del Duomo di Milano”, presentata ieri dalle curatrici Mariella Carlotti e Martina Saltamacchia, insieme allo stesso Figini e a Roberto Cresta. Quello non di parlare della costruzione del Duomo con approccio storicistico e sentimento nostalgico, ma di imparare da chi ha costruito la cattedrale milanese il senso del lavoro come espressione del rapporto con l’infinito è l’intento - riuscito - che restituiscono le parole commosse di Cresta. Dieci anni fa diede vita a una piccola azienda che produce campionari per mobilieri, e la scorsa primavera l’ha vista crollare dopo la seconda grande scossa di terremoto che ha colpito il modenese e il mantovano. Quando, tornato di corsa da Milano, l’ha vista per la prima volta, era con Alì, afghano di 22 anni che lavora per lui. Il ragazzo, che da bambino aveva perso i genitori per mano dei talebani, e che aveva passato anni

Le cattedrali umane figlie del Duomo All’incontro sulla mostra della Cdo il terremoto di Roberto, cui è crollata l’azienda, e quello “umano” di Erasmo, che ha incontrato don Giussani nelle carceri iraniane per poi arrivare profugo in Italia, vedendolo in crisi lo ha guardato e gli ha detto: «Coraggio, la vita continua». «Chi mi ha mandato questo messaggio di speranza?», si è chiesto Roberto, ripensando, la sera, a quello che gli era accaduto. «La mattina dopo abbiamo ordinato una tensostruttura e un ba-

presso lo stand 04 padiglione B5

·

gno. Il lunedì successivo eravamo tutti presenti e operativi, compresi i due a cui il terremoto aveva distrutto la casa. Siamo riusciti a consegnare tutti gli ordini che avevamo e ne abbiamo presi degli altri. A breve rientreremo nel capannone e potremo riprendere a lavorare, in un modo del tutto diverso da prima».

FederlegnoArredo

12 INCONTRI IMPRENDITORI 24

DEL LEGNO ARREDO

La crisi come opportunità Riscoprire i mestieri

Innovazione e ricerca

Fare con le proprie mani IL bisogno di ricominciare

Come esportare il bello

VENERdì 24 H 12,30 da studente a lavoratore: accettare la sfida della realtà Giuseppe Invernizzi e Massimo Ottone

H 16,00 L'impresa nel suo territorio: protagonista del bene comune Primo Barzoni e Angelo Scaroni

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Il terremoto di Erasmo Figini ha avuto invece un nome e un cognome: Luigi Giussani. «Una mattina andai da lui a Gudo. In quel periodo ero interrogato dalla domanda su come poter esprimere la bellezza in una cosa, un’esigenza che molti interpretavano come un estetismo fine a se stesso». «Ma perché perdi tempo a

tormentarti? – fu la sua risposta –. Ringrazia Dio per questo dono e mettilo al servizio degli uomini». Parole concrete e liberanti, dalle quali realizzò come «dare la vita per l’opera di un Altro sia l’inizio di un’umanità nuova. Diventi strumento nelle mani di Dio, e la tua unicità viene esaltata». Cometa diventa allora «l’edificazione della città nella città», in cui «la bellezza è al servizio dell’opera ed è dell’opera espressione: i fiori, gli oggetti, il modo in cui è apparecchiata la tavola, diventano guglie di una cattedrale». L’esperienza di coloro che costruirono il Duomo di Milano è possibile oggi, chiosa Bernhard Scholz, presidente della Cdo. Come nel Medioevo, quando a edificare la cattedrale erano Marta la prostituta, o Marco il mercante e usuraio, per Figini «non occorrono uomini perfetti, ma uomini giusti che continuamente riprendono l’edificazione per amore di Colui che fa tutte le cose». E, come nel Medioevo, questa esperienza è data solo dentro la compagnia di un popolo, dentro la “cattedrale di carne” della comunione. Come ebbe a dirgli, ancora una volta, Giussani: «Ogni uomo ha un temperamento e questo è a servizio di Dio. La comunione non si erige tra temperamenti simili, ma nell’unità tra cuori». Lorenzo Margiotta


INCONTRI 7

24 agosto

La regola non fa l’unione Per il ministro canadese Kenney funziona solo ciò che risponde a un’esigenza: «Per questo il multiculturalismo in Europa non ha funzionato: l’ha imposto lo stato». Monsignor Tomasi: «Solo la fraternità permette di costruire» «La democrazia è definitivamente acquisita? Siamo certi che avrà futuro?». Queste le domande che Andrea Simoncini, professore di diritto costituzionale a Firenze e moderatore dell’incontro “Esigenza di giustizia alla radice della democrazia” ha posto ai relatori: monsignor Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, e Jason Kenney, ministro della Cittadinanza, dell’immigrazione e del multiculturalismo del Canada. Il vicepresidente della Corte costituzionale egiziana e presidente della fondazione Meeting Cairo, Tahani Al Gibali, non ha potuto partecipare a causa della malattia di un familiare. Il quadro introduttivo dipinto da Simoncini ha tinte molto scure: «Dopo la seconda guerra mondiale è nata l’Unione Europa, un comodo giaciglio dove per cinquanta anni abbiamo potuto dormire sonni tranquilli. Oggi siamo di fronte a una democrazia stressata, e così come la crisi ha svegliato l’esigenza di libertà dei popoli del mediterraneo, in Europa sta mettendo a dura prova le istituzioni democratiche occidentali, ormai sazie e appagate». Ma ci sono segni che vanno contro

Jason Kenney, ministro canadese dell’Immigrazione e del multiculturalismo, insieme al monsignor Silvano Tomasi e al professor Andrea Simoncini

questa tendenza, come il lavoro di Jason Kenney. L’Europa, spesso, intende il multiculturalismo come un livellamento di tutte le culture sullo stesso piano, che permette a chi arriva nell’Unione di comportarsi come nel proprio paese d’origine, anche contro le leggi dello stato che lo accoglie. È un’interpretazione che Kenney non condivide: «La democrazia non è soltanto un insieme di regole, alla base c’è la dignità inalienabile della persona», dice il ministro canadese, citando la dichiarazio-

ne dei diritti americana, Maritain e la “Centesimus Annus” di Giovanni Paolo II. «In una società pluralistica non si può imporre tutto attraverso l’autorità statale: bisogna che sia incoraggiata l’autentica libertà umana. In Europa il modello multiculturale è fallito perché è nato da un’imposizione dogmatica da parte della scuola marxista di Francoforte. In Canada funziona perché risponde all’esigenza pratica che si è sempre posta: c’è una grande quantità di immigrati che si deve integrare – dice Ken-

Perché la guerra non può mai essere santa Il libanese Shamseddine: «La politica negozia, la fede dialoga nella quotidianità donando gratuitamente» Tre prospettive diverse per mostrare che la venzionale antireligiosa degli ultimi anni giufede vissuta non porta alla violenza ma è una stifica l’uso della violenza in Afghanistan e in ricchezza per la vita pubblica. William Cava- Iraq da parte degli Usa. Invece per i cristiani la naugh, professore di Studi cattolici alla DePaul fede è una risorsa, uno strumento per guardare University di Chicago, Paola Vismara, docente tutto in modo nuovo». di Storia della Chiesa all’Università degli studi Infatti, ha aggiunto la professoressa Vismadi Milano, e Ibrahim Shamseddine, ex ministro ra, bisogna smettere di identificare il cristianee fondatore di una ong per il dialogo insimo solo con l’Inquisizione e la represterculturale in Libano, discutono al sione delle coscienze. I cristiani Meeting di religione e dialogo hanno commesso errori, perché tra le culture. Contro il falso anche loro vivono l’inclinaziomito diffuso dal secolarismo ne al male che è costitutiva contemporaneo bisogna ridella nostra natura. Però scoprire l’identità dell’uograzie alla fede hanno anche mo, altrimenti si diventa preso coscienza di sé e hanstrumenti della politica. no incontrato altre culture in «Le religioni non sono più tutto il mondo. Il cristianesiinclini alla violenza delle imo è la religione dell’Incarstituzioni che pretendono di nazione e della presenza, essere neutrali, e anche la dinon della violenza. visione stessa tra religioso e «Il male è sempre esistiShamseddine alla fine dell’incontro secolare è qualcosa di fittito – ha concluso Ibrahim zio», ha esordito il professor Cavanaugh. Mol- Shamseddine –. La religione lo riconosce come ti studiosi parlano dei pericoli creati dalla fede, parte dell’uomo, ma cerca di limitarlo. È così ma il vero problema sono i nazionalismi e l’i- anche nell’islam, per cui chi identifica la fede dolatria, i falsi infiniti che dominano nella cul- con la violenza strumentalizza i rapporti tra tura occidentale. È un’ideologia tipicamente culture per fini politici. E mentre la politica nemoderna, la religione ridotta a pietismo e la po- gozia, la fede dialoga nella quotidianità donanlitica che diventa colonialismo. «Per esempio – do gratuitamente». Tra musulmani e cristiani ci dice il professore americano – l’induismo ha i- sono spazi comuni, occupano il 52% della terra niziato a essere considerato come una religione e sono di fronte alle stesse sfide. «Siamo come soltanto sotto il dominio britannico, perché co- l’acqua: noi siamo i due atomi di idrogeno, voi sì essere indiano diventava qualcosa di privato quello di ossigeno. E se vogliamo vivere insiee l’identità nazionale era definita dall’essere me dobbiamo produrre quest’acqua della vita». britannico. Allo stesso modo la credenza conGiovanni Naccarella

ney –. Per questo favoriamo chi vuole essere integrato e condanniamo le pratiche aberranti che violano le nostre leggi e la dignità della persona». La natura della persona è rapporto con l’infinito, dice il titolo del Meeting. Ma, si è chiesto monsignor Tomasi, «la ricerca dell’infinito può essere il motore della convivenza? E qual è il contributo dell’esperienza cristiana? La vita di un uomo che cerca l’infinito cambia la storia, la fa fermentare. Lo stile di vita di oggi, il rapporto con le culture diverse, la

fluidità dei rapporti e il ripiegamento su di sé invece sono fattori che non favoriscono lo sviluppo della democrazia, come dice lo scrittore francese Mauriac: “Il gatto che ha mangiato è soddisfatto ma non è contento”». Per monsignor Tomasi, «le democrazie europee sono nate dalla rivoluzione francese, ma dello slogan “Liberté, egalité, fraternité” ci si è dimenticati l’ultima parte: la fraternità, ciò che permette che le differenze diventino pietre per costruire un futuro di libertà». L’Europa è messa alla prova, eppure, come ha notato Simoncini dopo le due testimonianze, «c’è speranza. La democrazia si trova continuamente di fronte a molti bivi, e nulla garantisce che venga seguita la strada di una sistema politico fondato sull’esigenza di giustizia. Ma cosa è questa esigenza? È frutto di stimolazioni chimiche? È un’attitudine particolare? Oppure è quello che ci ricorda il titolo del Meeting: che l’uomo è rapporto con l’infinito». Pietro Bongiolatti


PERSONAGGI 8

24 agosto

«Cari under 30, tocca a voi rifare il mondo» Alessandro Benetton: «Escluso dall’azienda, ho dovuto riscoprirmi. Mi piace la frase di Giussani: “Mai tranquilli”» Il Meeting ha lasciato il segno su Alessandro Benetton, presidente del Gruppo Benetton. Tanto che ha già promesso a Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, che tornerà il prossimo anno a Rimini per dialogare ancora coi giovani. «Sono rimasto colpito da quello che ho visto. Ho chiesto a Scholz e a Vittadini come nasce tutto questo. Dal basso, mi hanno risposto». E Benetton ha capito che i giovani sono l’anima del Meeting: «In momenti di incertezza la differenza è fatta dalla discontinuità e questa, da sempre, viene dai giovani con meno di trent’anni. Possono scrivere pagine non ancora scritte». Alessandro Benetton ha identificato le idee con la sua storia biografica, quando, fresco di laurea ad Harvard, tornò in Italia e non trovò posto nell’azienda di famiglia perché il management aveva opinioni diverse su chi puntare: «Mio padre mi disse: “Tra te e il management scelgo il management. Dunque, devi trovarti un lavoro”». La battuta d’arresto non scoraggia Alessandro. Gli è chiaro che in Italia manca una finanza industriale capace di aiutare l’impresa. E allora, con un prestito della famiglia, e a soli 26 anni, sperimenta la sua strada. Nasce “21 Investimenti”, og-

gi protagonista della finanza italiana. È una novità che nasce nel segno della discontinuità. «Ho seguito le mie inclinazioni, ho dato ascolto al mio io, alla mia volontà di autoaffermazione, alla mia “vision”. Se non avessi fatto questo passaggio non avrei il ruolo che ho oggi, in un’azienda che con i suoi brand è presente in 120 Paesi, con ormai 45 anni di storia e un modello di business affermato». Un gruppo «che — dice il presidente — non vede ancora l’uscita dalla crisi» e che si aspetta dal governo Monti la fase 2 della crescita. Con l’auspicio che Monti «rimanga tutto il tempo necessario» per il rilancio. Benetton parla della sua carriera professionale e del suo essere riuscito a prendere in mano l’azienda di famiglia con un senso di stupore non sopito. «La mia è una storia anomala». E al “Quotidiano Meeting” che gli chiede se abbia un senso che solo lui, su tredici nipoti Benetton, agbia fatto l’imprenditore e sia al timone dell’azienda, spiega: «Spero ci sia un seguito nelle prossime generazioni, ma uno su tredici, per una famiglia, non è male». Al Benetton imprenditore è piaciuto il tema del Meeting e lo rilegge in chiave economica: «Il

librrerria libreria

Sala A3, 19.00

Dall’Onu arriva una delle 100 donne più potenti al mondo Forbes l’ha appena inserita tra le 100 donne più potenti del mondo. Lei ha commentato: «So persuadere. E questo dà un certo potere. Ma se si ha il potere e non lo si usa per cambiare, è uno spreco». E proprio con gli sprechi si trova a combattere Ertharin Cousin, direttrice del Programma alimentare mondiale dell’Onu. Da lei dipendono 15mila persone in 70 paesi. Oggi sarà al Meeting con José Graziano da Silva, dg della Fao, Staffan de Mistura, sottosegretario agli Esteri, Giuseppe Sala, ad di Expo 2015 e Alberto Piatti, segretario generale di fondazione Avsi. Cousin illustrerà i sei approcci che il Programma mette in atto contro la fame. Titolo dell’incontro: “Nutrire la persona, alimentare la speranza. Tra fame, spreco e sviluppo sostenibile”.

Alessandro Benetton, presidente dell’omonimo Gruppo, con Bernhard Scholz

confronto con il mercato è una cartina di tornasole obbligatoria, da cui non si può prescindere, ma non mi sono mai fatto soverchiare dalla responsabilità. E nella responsabilità non si può immaginare su basi standardizzate. A me piace la sottolineatura sull’infinito che trovo nel titolo del Meeting: vedo uno spazio senza barriere culturali e geografiche. Occorre il coraggio di dire che certe regole del passato non funzionano più e questo momento non può che essere un’occasione per chi fa impresa». «Tutto è fluido? — dice Benetton rispondendo al pubblico — Può darsi sia uno svantaggio, ma può anche essere il contrario». Poco prima, aveva detto: «Non bisogna scoraggiarsi, dobbiamo essere stimolati e stimolare gli altri, come diceva don Giussani con quella frase che mi piace molto: “Vi auguro di non sentirvi mai tranquilli”». Adriano Moraglio

Ti aspettiamo al padiglione C5


LA STORIA 9

24 agosto

Così Dio me le ha suonate Il canadese Aaron Riches si racconta: dalle tournée con la sua band fino alla conversione e agli studi di teologia e filosofia «Solo grazie all’incontro con don Giussani e John Milbank ho capito che tutta la mia vita era abbracciata da un Altro» Può un cantante canadese indie rock, abbastanza affermato nel suo Paese, interrompere la carriera, iniziare a studiare teologia e filosofia, conseguirne un dottorato in Inghilterra e finire a insegnare a Granada in Spagna? Sembrerà impossibile, ma questa è la sintesi della storia di Aaron Riches invitato al Meeting di quest’anno per l’incontro “Ragionando sulla natura dell’uomo. Seminario di filosofia” con John Milbank, Andrew Davison e Letizia Bardazzi, tenutosi ieri nel tardo pomeriggio. Prima del suo intervento il “Quotidiano Meeting” ha fatto una lunga chiaccherata con lui, raccogliendo la sua imprevedibile storia. Aaron suonava e cantava nei Royal City, una band musicale composta da quattro ragazzi molto amici tra di loro: «La passione per la musica era nata da questa amicizia - racconta il professore -. Suonavamo per stare insieme tra di noi». Il gruppo all’epoca (nella prima metà dello scorso decennio) aveva un discreto seguito, ma Riches ha preferito restare umile: «Abbiamo fatto un solo grande concerto con duemila spettatori, poi per il resto giravamo per locali. A volte facevamo dei piccoli tour in cui andavamo a suonare casa per casa, dormendo nei parcheggi e mangiando fa-

Gli anglicani erano moralisti: a loro interessava solo il dibattito politico, mentre a me interessava parlare di Cristo

Aaron Riches mentre visita una mostra al Meeting e - di fianco - durante un concerto

domanda religiosa molto forte». Molto importante fu l’incontro con gli scritti di John Milbank, cui Aaron si appassionò: «Grazie alla spinta di mia moglie decisi di andare a fare il ph.D. (dottorato ndr) a Nottingham, proprio da Milbank. La svolta di Riches coincise con l’abbandono della musica e della band «con cui sono rimasto molto amico». Durante questo periodo tra il dottorato e la vita in Virginia, dove aveva preso casa con la moglie, avvenne la vera e propria conversione. Prima si unì alla chiesa anglicana («una seconda casa»),

soprattutto per i vari autori a cui si era interessato. Ma neanche quello gli bastava: si era accorto che in Virginia gli anglicani erano «solo moralisti». A loro, racconta il canadese, «interessava solo il dibattito politico tra destra e sinistra e i risvolti morali. Io avevo invece bisogno che si parlasse di Cristo». Quindi la decisione, presa sempre insieme alla moglie Melissa, di frequentare la Chiesa cattolica, inizialmente senza nessun intento di entrarvi. Tuttavia capì che quella gli corrispondeva totalmente, perciò sia lui sia la moglie si convertirono al cattolicesimo prendendo i sacramenti.

A Nottingham nacque l’amicizia con il Movimento, in particolare con alcuni ragazzi della Cattolica di Milano arrivati oltremanica per studiare con Milbank: «Il rapporto con loro era corrispondente alle mie esigenze». Poi: la conoscenza dei testi di Giussani, in particolare “Il rischio educativo”, consigliatogli dallo stesso Milbank; la Scuola di Comunità: «La prima volta eravamo in sei: io, mia moglie, due polacchi e due italiani». L’incontro con Comunione e Liberazione è stato fondamentale per Aaron perché solo il Movimento ha permesso che «i vari aspetti della vita: il lavoro, lo studio, la famiglia restassero uniti tra di loro». Perciò la scelta di trasferirsi in Spagna a Granada da monsignor Martinez, conosciuto a Nottingham, non è stata difficile: «L’altra mattina stavo

La prima volta che abbiamo fatto Scuola di comunità eravamo in sei: io, mia moglie, due polacchi e due italiani

INFORMARSI BENE, VIVERE MEGLIO gioli in scatola». La musica interessava Aaron anche per un altro motivo: «La passione per la musica, in particolare quella punk rock era un modo per entrare in contatto con la mia umanità. Infatti nella musica vi è una grande domanda umana». Oltre la musica, l’altro grande pallino di Riches era la letteratura, inglese e russa. Tanto che nel 1996 durante un periodo di studi in Russia si avvicinò per la prima volta alla fede, mai considerata prima: «Era sabato santo e in quel periodo leggevo Dostoevskji ed Eliot che avevano forte la stessa esigenza che avevo io. Mi passò davanti una processione di fedeli ortodossi, cominciai a seguirli fino all’arrivo in chiesa. Guardando quelle persone capii che tutto quello di cui parlavano i miei autori preferiti esisteva davvero». Da lì continuò gli studi soffermandosi sui filosofi postmoderni poiché in loro era presente «una

È L’ORA DELLA MERENDA! Merenda e sorprese per i più piccoli ogni giorno alle 16:00

INFORMARSI BENE, VIVERE MEGLIO Un caffè con l’esperto ogni giorno alle 17:30

20/08 Etichettiamo: scoprire il contenuto delle etichette sui prodotti alimentari Franco Malagrinò - segretario regionale Cittadinanzattiva Emilia Romagna

facendo colazione con la mia famiglia e mia figlia stava portando il caffè in tavola quando ho pensato: “Qui c’è tutto. Cristo è presente adesso”». Prima di dirigersi verso la sala dove ha tenuto l’incontro, Aaron si ferma sulla porta e quasi tra sé e sé dice: «Non avrei mai parlato di questo, della mia vita, in nessun altro posto. Don Giussani mi ha fatto vedere quello che prima non vedevo. Quando ero famoso mi chiedevano interviste e ho sempre rifiutato, ma qui il contesto è adatto. Giussani mi ha aiutato a guardare a quello che è stato un cammino: la mia vita non è stata disunita con prima la musica e poi gli studi. Pensavo che avrei chiuso la porta con la musica, quando ho lasciato la band, perché era il passato. Invece quello che ho incontrato non esclude niente, anzi lo abbraccia ancora di più». Marco Capizzi

21/08 Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità

Il concorso delle foto Il Social Media Team del Meeting lancia un concorso per le giornate conclusive della rassegna. La pagina di Facebook per partecipare alla “gara” per le migliori immagini del vostro Meeting è: http://www.facebook.com/notes/fondazione-meetingper-lamicizia-fra-i-popoli-scatta-iltuo-meeting-e-condividilo-connoi/515375121811446. Le migliori fotografie postate saranno rilanciate.

Paola Garrone - professore ordinario del Politecnico di Milano Marco Lucchini - direttore generale del Banco Alimentare

22/08 La salute inizia da un bicchiere d’acqua: istruzioni per tutte le età Marco Andena - medico chirurgo e membro dell’Osservatorio San Pellegrino

23/08 Muoviamoci un pò! Scopri come stare in forma con il personal trainer Paolo Swich - personal trainer

24/08 Di che porzione sei? La giusta dose da mettere nel piatto Michele Sculati - medico chirurgo specialista in scienze dell’alimentazione

Vieni a trovarci al Padiglione C5-30

Romagna libro aperto “Emilia Romagna meraviglioso libro aperto” è il titolo della guida, con proposte di viaggi d’istruzione, realizzata da Apt Servizi Emilia Romagna, in collaborazione con Diesse (Didattica e Innovazione Scolastica), rivolta a insegnanti delle scuole. La guida sarà presentata in Fiera oggi, alle ore 18.45, presso lo stand della Regione Emilia Romagna (Hall Sud, stand numero 1) dall’ad di Apt Andrea Babbi.


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VITA DA MEETING 11 24 agosto Travolgenti momenti musicali sono una tradizione dello stand della fraternità San Carlo al Meeting

Spazio a San Carlo

L’area destinata alla mostra sulle stelle invasa (pacificamente) da seminaristi e preti della Fraternità. Con uno stand imprevisto che parla di padri e di figli

Arrivano in A5 per “guardare la terra dalle stelle” e restano folgorati da astri d’altro tipo: i seminaristi della fraternità san Carlo. Molti in questi giorni, spiazzati di fronte alla saracinesca abbassata della mostra di Nespoli, hanno deviato a destra, spesso solo alla ricerca di spiegazioni, e si sono imbattuti nei volti dei seminaristi. «Questa — dice don Jacques du Plouy, chiamato “il miracolo” da don Giussani perché, ancora oggi, è l’ unico membro francese della fraternità, — è un’occasione unica per parlare di noi. Desideriamo raccontare chi siamo personalmente, e alla gente interessa. Vogliamo che le persone non si fermino all’incontro con noi, ma abbiano uno strumento per la vita. Per questo ci proponiamo con le nostre

facce, con il mensile “Fraternità e Missione” e con la mostra». Già, perché qui c’è anche una mostra. «Non è un’esposizione vera e propria — aggiunge Marco Sampognaro, seminarista — ma una parte della mostra itinerante “Nessuno genera se non è generato. Alla scoperta del padre in Omero, Dante, Tolkien” che stiamo portando in tutta Italia e che finora ha raggiunto 24 località». I pannelli sono sei. «Ma all’inizio della settimana – continua Sampognaro – erano solo tre. Volevamo anzitutto incontrare e raccontare, la mostra non era in primo piano. Ma per l’affluenza e la richiesta ne abbiamo fatti stampare altri». Così, una presenza inizialmente discreta sta attirando ora frotte di persone: chi chiede

I tre pannelli della mostra sono diventati sei. Mentre l’affluenza continua a crescere di Ulisse e Telemaco, chi accalappia un seminarista e vuol saper della sua vita. Certo l’ambiente si presta: i pannelli, appesi alle pareti, fanno da sfondo a uno spazioso “salotto” che accoglie un gran numero di “convitati”. Non si mangia, ma si racconta e si canta. La mostra è sorprendente e del tutto calzante rispetto all’attualità e al te-

«Solo due giorni con voi Ma ora non vi lascio più» Il Meeting di Claudio, 16 anni, in una lettera agli amici «Vuoi venire anche tu al Meeting?». La proposta, spontanea, era venuta dai nuovi amici di Perugia che trascorrevano un periodo di vacanza in Puglia. Claudio, ottenuto l’ok dai genitori, è partito per Rimini anche se quelle persone appena conosciute — volontari — avrebbero avuto poco tempo da dedicargli. Per due giorni ha visitato il Meeting da solo. Poi, tra abbracci e commozione, è ripartito. Con un rimpianto: non aver potuto “collaborare”. Claudio, ti sbagli: anche tu hai costruito il Meeting. E la tua lettera lo dimostra. “Sarebbe molto limitativo chiamarvi “amici miei”, perché, nonostante i soli due giorni che ho passato con voi, sono stato spettatore di qualcosa di davvero meraviglioso, e, pure non ricordando tutti i vostri nomi, o avendo bisogno del cartellino per riconoscervi (scusate la memoria corta), mi sono legato a voi come a mai nessun altro nella mia vita. Ho riscoperto in me qualcosa che avevo perduto da molto tempo, o forse, qualcosa che stava solo aspettando di essere ritrovato. Qui le nostre strade si dividono, o si intrecciano, e si rincontreranno. Spero di poter condividere con voi l’anno prossimo ciò che, fortunatamente dal punto umano, sfortunatamente dal lato fisico (caspita! 188 tavoli), state vivendo. Quindi, «o costruttori di cattedrali, non smettete di innalzare pietre, una dopo l’altra, non smettete di ricercare in voi stessi il motivo della vostra fede. Continuate a costruire anche quando i dolori alle braccia non vi permettono di sollevarle, anche quando le vostre gambe sembrano voler cedere». Costruite, amici, costruite, perché come dice Young «Fabbrica troppo in basso chi fabbrica al di sotto delle stelle». Con affetto Claudio”

L’Anno della Fede in mostra

«Dare rinnovato impulso alla missione della Chiesa di condurre gli uomini fuori dal deserto in cui spesso si trovano verso il luogo della vita, l’amicizia con Cristo che ci dona la vita in pienezza». Così si è espresso Benedetto XVI motivando l’indizione dell’Anno della Fede, dall’11 ottobre di quest’anno al 24 novembre 2013. I contenuti della fede e l’esempio di straordinari testimoni della fede stessa e della carità sono stati spesso al centro di mostre proposte nelle varie edizioni del Meeting. Da qui l’idea di preparare sette allestimenti disponibili per installazioni itineranti. Tre le mostre sui contenuti della fede: “Con gli occhi degli apostoli”; “Dalla Terra alle genti”; “Cercatori della verità”. Quattro le esposizioni dedicate ai testimoni: John Henry Newman, san Giuseppe Moscati, Edith Stein, padre Aleksandr Men. Info: www.meetingmostre.com; info@meetingmostre.com

ma del Meeting. «Il padre — dice Sampognaro — ci interessa perché è una figura molto trascurata, anche se la nostra società ha un estremo bisogno di padri, e perché noi, futuri sacerdoti, saremo chiamati ad esserlo». “Eneide”, “Iliade”, “Divina Commedia” e “Il signore degli Anelli” aiutano a comprendere. Così i versi che raccontano la supplica di Priamo, che per riavere il corpo morto del figlio Ettore ricorda suo padre ad Achille, insegnano che la memoria del padre intenerisce anche il cuore più aspro, rende umana la situazione più disumana. E ancora, il rapporto tra Telemaco e Ulisse dice che l’assenza del padre causa la debolezza del figlio. Infine, Virgilio e Gandalf mostrano che padre è colui che a un certo punto

fa un passo indietro: come quello che dopo aver sorretto la bicicletta, la lascia e permette che il figlioletto pedali da solo. Chi è dunque il padre? Non necessariamente quello biologico. Può essere un amico, uno scrittore, un cantante. «Ogni paternità terrena — conclude Sampognaro — accompagna verso il vero padre che è Dio. Il padre deve essere presente, ma ad un certo punto deve farsi da parte, affinché il figlio diventi adulto e possa diventare padre a sua volta. Ciò è possibile se anzitutto è figlio. Per questo, l’autosufficienza oggi tanto osannata è un rischio per la figliolanza. È vera paternità quella che rende il figlio sempre più figlio». Laura Bertoli


CULTURA 12

24 agosto Edoardo Rialti insegna Letteratura italiana e inglese all’Istituto teologico di Assisi, ed è visiting professor all’Olswa University dell’Ontario

Uno Shakespeare è per sempre «Ha anticipato la crisi dell’Occidente di cui oggi viviamo gli effetti» Parola di Edoardo Rialti. Oggi in A3 l’incontro sul poeta inglese L’attesa già grande che si era creata ha raggiunto l’apice ieri alle 11.15, quando all’ingresso dell’A3 i visitatori si sono sentiti dire «niente Shakespeare. Qui c’è la Fornero». Finalmente oggi, stessa sala stessa ora, si terrà l’incontro che ci farà guardare il mondo con gli occhi di Shakespeare e che prende il titolo dalle celebri parole di Amleto: «Che sublime capolavoro è l’uomo! Quanto nobile nella sua ragione! Quanto infinito nelle sue risorse! La bellezza dell’universo mondo!». Partecipano Alison Milbank, docente di Letteratura e Teologia all’Università di Nottingham ed Edoardo Rialti, docente di Letteratura italiana e inglese all’Istituto teologico di Assisi e visiting professor presso la Olswa University, Ontario. Introduce il poeta Davide Rondoni. Al “Quotidiano Meeting” Rialti racconta la sua passione per l’autore. Professore, ci vuole anticipare qualcosa dell’incontro di oggi? «Vogliamo introdurre gli spettatori allo sguardo sull’uomo e sul mondo che comunica l’opera di

«Anche i personaggi più tenebrosi hanno la divina dignità della statura umana. Come Shylock: è tirchio, ma conserva l’anello della moglie solo per la memoria di lei» Shakespeare». Ovvero? «È quello che Pasolini fa dire a Totò: “sono un uomo umano”. Cioè un uomo al pieno delle sue potenzialità di uomo. Shakespeare, come fanno tutti i grandi autori, mette a nudo il mistero della persona in tutta la sua ampiezza (sentimenti, passioni, paure, ombre) e nella sua verticalità (la profondità cui giunge ogni vibrazione umana). Le sue opere danno spazio a tanti aspetti di noi».

Perché portare Shakespeare al Meeting di quest’anno? «I grandi autori non sono attuali, sono perenni. Shakespeare ha fatto suo il tema di questo Meeting. Ha scritto alla soglia della crisi dell’Occidente di cui noi ancora oggi avvertiamo e viviamo gli effetti, in un’epoca che ha visto spazzati via antichi valori millenari. Amleto, ad esempio, incarna la crisi di un uomo che scopre drammaticamente che le cose non sono necessariamente come sembrano. Che cosa resta per sempre dunque? Che cosa resta in piedi? Se lo chiede Amleto, e Shakespeare con lui. Tutte le sue opere scandagliano la continua possibilità di un rapporto con l’infinito, dentro una trama di rapporti che ha luogo nella realtà». Dove, nella vita dell’uomo, emerge con più evidenza questa continua possibilità? «In tre aspetti: l’uomo può abbracciare ogni circostanza, anche il dolore; è in grado di amare qualcosa fuori da sé in maniera assolutamente limpida e piena; riconosce di aver bisogno di essere perdonato e

diviene a sua volta capace di perdonare». Due personaggi che incarnano l’alternativa tra l’abbandonarsi e il sottrarsi all’infinito? «Macbeth incarna il rifiuto: guadagna tutto e perde se stesso, arrivando ad affermare che “la vita è soltanto un’ombra errante, una storia narrata da un idiota, senza significato”. Il mago Prospero (“La tempesta”) invece, riconoscendo il suo stesso bisogno di essere perdonato arriva a perdonare i nemici di tutta

una vita. E torna così uomo tra gli uomini». Come si è avvicinato a questo autore? «Con una rappresentazione teatrale de “La tempesta”, ero adolescente. Mi ha conquistato la sua capacità di dare voce a tutto quel che da uomini ci portiamo dentro. Anche nei personaggi più tenebrosi permangono la divina dignità della statura umana e tratti d’imprevedibile grandezza. Nel “Mercante di Venezia” ad esempio c’è Shylock, solito prestare denaro ad interessi esorbitanti: eppure conserva l’anello della moglie fino alla fine, non per un valore economico, ma per la memoria di lei». Quale è il suo personaggio shakespeariano più caro? «Falstaff. Perché muore come un bambino, gridando per tre volte il nome di Dio. In lui si palesa quello che ognuno di noi è. Shakespeare conosce l’uomo nelle sue pieghe più misteriose. Stancarsi di lui sarebbe come stancarsi del mondo intero». Laura Bertoli


CULTURA 13

24 agosto

Per l’enigma dell’uomo l’unica chiave è lo stupore Casotto riassume per il “Quotidiano Meeting” il suo intervento per l’incontro su Chesterton: tutto è magnifico paragonato al nulla, e nulla è così magnifico come il mistero di ogni persona UBALDO CASOTTO «Ora tocca a ciascuno di noi, all’uomo comune, allo scienziato, al filosofo e al teologo meravigliarsi di fronte all’enigma che siamo». No, non state rileggendo lo stesso articolo di due giorni fa. State leggendo una “riscoperta” di Chesterton che inizia con la stessa frase di Javier Prades che ho usato come incipit per il pezzo sul suo intervento. La ripropongo perché penso che a Chesterton sarebbe piaciuta molto. Per quattro motivi. Il primo: la cosa più interessante e utile che un uomo possa fare è meravigliarsi, stupirsi. L’oggetto massimo di questo stupore è l’uomo. Il risultato di questo stupore è un enigma. E, infine, Chesterton sottoscriverebbe l’ordine in rigorosa importanza antropologica del soggetto che si meraviglia: l’uomo comune, poi lo scienziato, poi il filosofo, poi il teologo… Riscoprire Chesterton è indagine che può seguire molte strade, Prades me ne ha indicata una. Lo stupore è quel sentimento che ci pervade quando vediamo le cose per la prima volta. In questo senso, e forse solo in questo, è vero il detto popolare “la prima impressione è quella che con-

Gilbert K. Chesterton (1874-1936)

ta”. Ma che cosa resta impresso in noi quando apriamo gli occhi per la prima volta? Chesterton dice: “qualcosa”; e aggiunge: «Sarei rimasto sbigottito se avessi saputo quanto il mio “anything” fosse vicino all’Ens di san Tommaso». L’alternativa è tragica, come ha detto Prades, il nulla presente. Chesterton scoprì che «tutto era magnifico paragonato al nulla». Ora, il nostro problema è il già visto. Co-

me vedere ogni cosa come se fosse la prima volta? Per Chesterton succede quando si è molto felici o molto infelici («perché il dolore è sempre una gioia rovesciata»), oppure bambini. «Tommy a sette anni si stupisce a sentire che si aprì una porta e apparve un drago, a tre anni si stupiva a sentire che una porta si apriva». Sono i vecchi che si stancano delle ripetizioni, quando la nonna gli racconta una

storia il bambino dice: «Ancora», e la rivuole con gli stessi aggettivi, guai a cambiarli; la nonna alla fine non ce la fa più. La ripetitività è segno di vita, non di noia. Dio - dice Chesterton - è così bambino che di fronte allo spettacolo del sorgere del sole ogni mattina da millenni dice: «Ancora». «E la replica potrebbe durare all’infinito o finire all’improvviso». Tutto stupisce Chesterton, che si commuoveva persino davanti a un orario ferroviario, ma «conoscere un uomo, anche se lo si incontra solo per un’ora o due, è l’avventura più affascinate della vita» se ti lasci colpire dal suo semplice esserci, non dal successo che ha o dagli errori che fa. «Quel ragazzo avrebbe potuto essere un grande», si dice di una promessa mancata. «Quel ragazzo è un grande - risponde Chesterton - perché avrebbbe potuto non essere». Quando abbiamo visto un uomo per la prima volta? In una caverna, quando un prete e un ragazzo videro in una grotta i più antichi dipinti rupestri: un branco di renne. Quindi, in realtà, non l’abbiamo visto, ne abbiamo riconosciuta la firma: l’arte, il segno della libertà e della creatività irrintracciabile in qualsiasi altro livel-

Ubaldo Casotto, ieri all’incontro su GKC

lo materiale del creato. Contro il riduzionismo naturalista che - diceva Prades - ci considera solo «un mucchio di neuroni» Chesterton ripropone questa “anomalia”, questo “capriccio”, questo “mistero”, questo “enigma” che è l’uomo, e che non è riconducibile ai suoi antecedenti e ai suoi “antenati” fisici e biologici. «Non è che le scimmie abbiano iniziato delle pitture e gli uomini le abbiano finite. Il Pitecantropo non disegnò una renna neanche alla peggio, l’Homo Sapiens la disegnò e bene [...], il cavallo selvaggio non era un impressionista come il cavallo da corsa non è un post-impressionista». Ma c’è una seconda “anomalia” oltre «alla creatura chiamata uomo, è l’uomo chiamato Gesù», una «seconda grotta» nella quale l’uomo ha ritrovato se stesso. Da allora l’«ineffabile tristezza» del mondo pagano, o la “nostalgia” di cui parlava Ernesto Sabato, citato da Prades, non hanno più possibilità «di essere realmente umane» se non all’interno di questo incontro. Qui la sfida con il mondo, di fronte alla quale Chesterton non si è mai tirato indietro: «Per uno che sappia appena tenere in mano una spada è sempre un onore accettare un duello».



LA GIORNATA 15 24 agosto Serint Group, Desita e L’Umana Dimora hanno creato il progetto “ParCO2”, per rendere il Meeting ecosostenibile. A sinistra, lo stand nel padiglione C3

Il Meeting va sulla via della sostenibilità, sia attraverso alcuni incontri, sia per mezzo degli stand che si occupano di sviluppo sostenibile. Tutti avranno notato le automobili elettriche che in questi giorni girano per i padiglioni e che sono a disposizione dei visitatori. Ma l’impegno del Meeting non si ferma a una promozione delle nuove vie di risparmio energetico. Nel padiglione C3, infatti, c’è lo stand di Meeting (H)earth, il progetto che desidera concretizzare la riflessione sulla natura di Papa Benedetto XVI, che nel giugno del 2011 aveva raccomandato di «adottare in ogni circostanza un modo di vivere rispettoso dell’ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non comportino pericolo per l’uomo». Come spiegano a Meeting (H)earth, lo spazio riservato al progetto può contare su «un’area espositiva di circa un chilometro quadrato, spazi interattivi per il pubblico, workshop tematici e varie attività ludico-educative rivolte ai visitatori», che mostrano «l’importanza dell’impegno di tutti nell’attuazione di comportamenti più responsabili e rispettosi nei confronti dell’ambiente». All’interno di Meeting (H)earth ha preso vita un progetto più piccolo ma non per questo secondario, che mira a diminuire gli impatti ambientali prodotti dal Meeting: è il “Progetto ParCO2”, è nato dalla collaborazione del Meeting con Serint Group, Desita e L’Umana Dimora. Come ci spiega Franco Boarelli, responsabile dell’area “green” della fiera, «il “Progetto ParCO2” intende innan-

Il Meeting la pianta con le emissioni Da quest’anno la Fiera diventa “green”. In un’area vicino a Rimini saranno piantati alberi per compensare la CO2 prodotta in settimana zitutto provvedere a quella che viene chiamata, in ambito ecologico, compensazione. Questo evento produce grandi quantità di anidride carbonica, che noi vogliamo compensare attraverso la piantumazione». Di solito la piantumazione avviene in zone lontane chilometri e chilometri da quelle interessate dall’inquinamento. Il Meeting, invece, ha scelto un’altra strada: «Anziché contribuire al-

Lejeune è «servo di Dio» Nell’edizione di ieri del «Quotidiano Meeting», per un errore in un titolo, abbiamo attribuito alla signora Birthe Bringsted Lejeune la definizione di «quasi beato» relativa al

marito Jérome, mentre la vedova del grande genetista francese - di cui nel 2007 è stata aperta la causa di beatificazione - aveva detto «servo di Dio».

la riforestazione dell’Amazzonia o di altre zone del globo, abbiamo deciso di compensare in loco. L’idea è quella di far sorgere un’area, un “ParCO2” nell’entroterra romagnolo. Ma non ci limteremo al rimboschimento: desideriamo anche riqualificare edifici e manufatti inutilizzati secondo i criteri della “green building”, creare un laboratorio permanente della sostenibilità che sia luogo espositivo di progetti e prodotti innovativi e attivare un punto di eco-ristorazione». L’area è già stata individuata: il parco sarà nella Valmarecchia. Il prossimo passo sarà coinvolgere il maggior numero di partner possibili nel progetto, affinché possa veramente diventare un punto di riferimento per tutta la regione. Non a caso il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, in visita in fiera lunedì, si è detto entusiasta del progetto: «Molto bello! – ha detto – Dobbiamo collaborare!». «Per il Meeting, l’ecosostenibilità è una sfida molto impegnativa – dice Enzo Mataloni di Serint Group, tra gli artefici di “ParCO2” – a cui stiamo lavorando già da un anno e mezzo. È un tema nuovo, ed è bello che il Meeting affronti questa sfida mettendosi in gioco direttamente». In gioco al punto da considerare l’ipotesi che nei prossimi anni «venga messa in atto una riprogettazione dell’evento, riducendo i consumi, cambiando i materiali utilizzati, e addirittura ripensando la logistica. La sostenibilità è un percorso, e il Meeting l’ha appena intrapreso». Giacomo Moccetti


SPORT 16

24 agosto

La ricetta di Alex: nuota, tira, sogna Dall’argento olimpico al Villaggio ragazzi del Meeting È il giorno di Giorgetti, talento del “settebello” azzurro: «Anche da quella sconfitta c’è qualcosa da imparare» Il suo è un nome di quelli di cui, ahimè, ti È più la delusione della sconfitta in finainnamori solo una volta ogni quattro anni. U- le o la gioia per quel secondo posto? no di quei ragazzi che il triste appiattimento «50 e 50. È vero, dopo 20 anni la pallamediatico sportivo rende nuoto azzurra è tornata in popolari solo in occasione finale olimpica. Però dudelle Olimpiadi. I giochi a il cammino avevamo «Lo sport è il luogo rante cinque cerchi portano alla fatto benissimo, battendo dove si capisce ribalta storie semplici di Ungheria e Serbia, due nacampioni fuori dal comune che cosa vuole davvero zionali favorite, salvo poi come lui, Alex Giorgetti, perdere in finale contro una una persona. argento a Londra con la nasquadra più alla nostra porzionale di pallanuoto. 25 tata come la Croazia. PecÈ porsi anni, madre ungherese pacato, però non ci abbattiaobiettivi grandi: dre ligure, un talento straormo: è lo stimolo a fare medinario e quell’incontro con glio. Io credo che ogni cosa vuoi vincere la fede nel 2008: domani accade sia voluta. Ani Giochi? Provaci» che sarà al Villaggio Ragazzi che questa sconfitta deve alle 18 a parlare di sé e del insegnarci qualcosa: forse suo modo di vivere lo sport. che non basta il talento». Alex, partiamo da Londra. Com’è stato Arrivi a un Meeting dove si parla di per te partecipare per la prima volta ad un “rapporto con l’infinito”. Cosa vuol dire evento come le Olimpiadi? per uno sportivo come te? «È stato bello, ma non del tutto. Io sono u«Lo sport è come il lavoro, il luogo dove si no che ama darsi degli obiettivi e spingerli capisce cosa vuole davvero una persona. sempre più in là. Il nostro a Londra non era Puntare all’infinito significa cercare la vepartecipare, ma vincere: avevamo una squa- rità: capire perché sei al mondo, chi ti ha dra costruita bene, tutti ci davano per favori- messo lì, perché sei con quei compagni». ti. Quindi sono contento, ma a metà». E come si traduce poi in vasca?

Alex Giorgetti, classe 1987, ha vinto l’argento con l’Italia nel torneo olimpico di pallanuoto

«È porsi degli obiettivi grandi, e non stancarsi mai di inseguirli. Vuoi vincere il campionato, credici e inseguilo. Vuoi vincere le Olimpiadi, provaci. Solo così potrai arrivare a dire: ho fatto quello che volevo fare». Cosa si prova a vincere e sentirsi un piccolo pezzo della storia dello sport? Hai vinto 5 campionati, 3 Euroleghe, 1 Mondiale, 1 argento olimpico, sei stato eletto miglior giocatore dei Mondiali di Shanghai… Ti basta tutto questo? «È una domanda che dovresti farmi a fine carriera. Sarò appagato solo quando potrò di-

re: “Grazie”». A “Tracce” raccontavi del tuo incontro con la fede. È cambiato qualcosa nel tuo modo di fare sport dopo quella svolta? «Devo essere sincero: no, ma perché io la fede ce l’ho sempre avuta dentro. Solo che la negavo. Da quando l’ho incontrata mi trovo a giocare con molta più pace e consapevolezza. Sono tranquillo perché credo in Dio. Quindi credo in me stesso, perché so che mi è stato dato questo talento e questa voglia di raggiungere grandi obiettivi». Emmanuele Michela

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SPETTACOLO 17

24 agosto

I pannelli della mostra curata da Waters con alcuni “mostri sacri” del rock. A fianco, i giovani del Meeting fanno le prove del ballo finale dell’edizione 2012

Gran finale a tutto rock Stasera (21.45, Arena D3) il concerto conclusivo del XXXIII Meeting. La Rock Culture All Star Orchestra si esibisce in una lunga serie di cover storiche scelte assieme a John Waters Le chitarre sono accordate. Si spengono le luci. Tutto è pronto per la grande festa. Questa sera, in un’Arena D3 arredata appositamente per l’occasione, la Rock Culture All-Star Orchestra farà ballare tutti gli amanti del rock. Le sedie in platea faranno posto a una pista da ballo: all’arena sono attese quasi 5000 persone. Gratuitamente, dalle 21.45 in poi, tutti potranno partecipare al concerto di chiusura del Meeting 2012, che si concluderà con gli incontri del sabato. Una grande festa, che non si sepa-

ra però dal fil rouge che ha caratterizzato la settimana culturale riminese. Lo spettacolo “All is holy?” presenta una serie di brani ispirati dalla mostra “Tre accordi e il desiderio di verità” curata da John Waters: da Elvis ai Mumford and Sons, dai Coldplay agli U2. Per chi vuole ballare dunque, ma anche per chi vuole riscoprire il rock alla luce della chiave di lettura offerta dal giornalista irlandese. A esibirsi sarà la Rock Culture All-Star Orchestra: un nucleo di tre artisti che suonano insieme da anni, con l’ag-

giunta, eccezionalmente per l’occasione, di tanti amici provenienti dal panorama musicale riminese apposta per la serata finale del Meeting. A capitanare il gruppo sarà la voce straordinaria di Alberto Morigi; professionisti con alle spalle collaborazioni coi grandi nomi della musica italiana. Una garanzia, per trasmettere l’autentica essenza del rock. In scaletta sono presenti i più grandi successi della storia del genere, con un’attenzione particolare agli artisti presenti nella mostra curata da

Waters (ancora visitabile al padiglione C5), perfetta introduzione al gusto delle vibrazioni del genere musicale più ascoltato al mondo. John Waters, già musicista e critico, oggi editorialista dell’“Irish Times”, nel suo percorso insegna come il rock non sia un ammasso confuso di suoni, uno sfogo di giovani ribelli: partendo dalle radici del genere, dal blues delle periferie americane, si evolve. La base sono i “soliti” tre accordi, ma la sostanza cambia. Gli artisti portano la loro esperienza, la loro vita nella mu-

sica. E a partire da questi accordi se ne aggiungono altri, tutti con un’unica finalità: esprimere un desiderio. Con un grido, in modo sfacciato, esagerato forse, ma vero. Un rock da ballare, ma anche da ascoltare. Perché anche in queste note sono presenti uomini che cercano un rapporto con l’infinito. Stasera si partirà con quello che Waters definisce “pioneer” brillantinato anni ’60: l’indimenticabile Elvis. Il pezzo di chiusura è una sorpresa, ma il successo è assicurato dalla fama che ha avuto in tutto il mondo. Tutti i brani sono stati scelti di comune accordo da John Waters e i membri della band; una sorta di conclusione in musica dell’allestimento nel padiglione C5. Non lasciatevi sfuggire dunque l’occasione di vivere il rock ’n’ roll come ricerca dell’infinito. Alberto Castagna


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I FATTI DI OGGI 19 24 agosto Alle 15 la testimonianza della neonatologa Parravicini Incontri L’EDUCAZIONE MODERNA: SPECIALISTI DEL NULLA? Ore 11.15 Auditorium B7 Partecipano: Sergio Belardinelli, docente di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi alla Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna; Giorgio Israel, docente di Matematica all’Università La Sapienza di Roma. Introduce Alberto Savorana.

LA GIORNATA

“CHE CAPOLAVORO È L’UOMO...”. GUARDARE IL MONDO CON GLI OCCHI DI SHAKESPEARE Ore 11.15 Sala A3 Partecipano: Alison Milbank, associate professor of Literature and Theology at the University of Nottingham; Edoardo Rialti, docente di Letteratura Italiana e Inglese all’Istituto Teologico di Assisi e visiting professor presso la Olswa University, Ontario. Introduce Davide Rondoni, poeta e scrittore. LE NUOVE TECNOLOGIE. INNOVAZIONE E FORMAZIONE ALL’IMPRENDITORIALITÀ Ore 11.15 Sala C1 Siemens Partecipano: Luca Conti, giornalista e consulente per Social Media; Simone Crolla, consigliere delegato della American Chamber of Commerce in Italy e deputato al parlamento italiano, PdL; Gianluca Dettori, director at Iubenda e Partner dPixel Srl; Marco Marinucci, fondatore e direttore esecutivo di Mind The Bridge; Marco Zamperini, Chief Innovation Officer NTT DATA Italia. Introduce Santiago Mazza, ceo di Fotonica Srl. HIV, L’EPIDEMIA DIMENTICATA Ore 11.15 Sala Neri GE Partecipano: Gregg Alton, Gilead Sciences Executive Vice President Corporate and Medical Affairs; Paul De Lay, Unaids Deputy Executive Director, Programme; Carlo Federico Perno, docente di Virologia all’Università di Roma Tor Vergata; Luis Gomes Sambo, who regional director for Africa. Intervento di saluto di Elisabetta Belloni, direttore della Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. Introduce Alberto Piatti, segretario generale della fondazione Avsi.

MEETING

QUOTIDIANO Direttore Stefano Filippi Direttore responsabile Cesare Trevisani Editore Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422. Progetto grafico G&C, Milano Impaginazione Èdita, Rimini Fotolito e stampa Sigraf via Redipuglia, 77 Treviglio (BG) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991 Pubblicità Ufficio commerciale Meeting Tel. 0541-783100 Fotografi Paola Marinzi, Giovanni Zennaro, Anna Arigossi E.mail: quotidiano@meetingrimini.org

RASSEGNA STAMPA

LA VITA: ESIGENZA DI FELICITÀ. TESTIMONIANZE Ore 15.00 Sala A3 Partecipano: Elvira Parravicini, neonatologa e assistente di Clinica Pediatrica alla Columbia University di New York; Orlando Carter Snead, direttore del Center for Ethics and Culture della Notre Dame University. Introduce Andrea Simoncini, docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze.

Spettacoli

Nutrire la speranza SONO ANCORA POSSIBILI RIFORME CONDIVISE? INTERGRUPPO PARLAMENTARE PER LA SUSSIDIARIETÀ Ore 15.00 Sala C1 Siemens Partecipano: Vannino Chiti, vicepresidente del Senato della Repubblica italiana; Gian Luca Galletti, deputato al Parlamento italiano, Udcptp; Enrico Letta, deputato al Parlamento italiano, Pd; Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei Deputati; Tiziano Treu, vicepresidente della Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato della Repubblica italiana; Raffaello Vignali, vicepresidente della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati. Introduce Emmanuele Forlani, coordinatore della segreteria dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà. SEMPRE NUOVO, SEMPRE MEGLIO, SEMPRE DIVERSO. INNOVAZIONE A QUALE SCOPO? Ore 15.00 Sala Neri GE Partecipano: Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria; Pietro Scott Jovane, ad di Rcs; Antonio Mastrapasqua, presidente Inps; Andrea Zappia, ad di Sky Italia. Introduce Bernhard Scholz, presidente della Cdo. POLITICA INTERNAZIONALE E LIBERTÀ RELIGIOSA Ore 17.00 Auditorium B7 Partecipano: Nassir Abdulaziz Al-Nasser, presidente dell’Assemblea generale dell’Onu; S.Em. Card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Giulio Terzi di Sant’Agata, ministro degli Affari Esteri. Intervento di saluto di Antonella Mularoni, segretario di stato agli Affari Esteri della Repubblica di San Marino. Introduce Roberto Fontolan. NUTRIRE LA PERSONA, ALIMENTARE LA SPERANZA. TRA FAME, SPRECO E SVILUPPO SOSTENIBILE Ore 19.00 Sala A3 Partecipano: Ertharin Cousin, direttore esecutivo del Wfp; Staffan de Mistura, sottosegretario di stato al Ministero degli Affari Esteri; José Graziano da Silva, direttore generale della Fao; Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo 2015. Introduce Alberto Piatti.

Focus QUANDO I GIOVANI FANNO CRESCERE. UN CAFFÈ CON… Ore 13.45 PAD. B5

«A colpirlo maggiormente, in questo suo esordio al Meeting, è il confronto tra fede e scienza. “Anche da noi, in Russia, si organizzano mostre e conferenze su temi teologici – spiega padre Vladimir Vorobiev –, ma un dibattito così approfondito non è ancora possibile”». Alessandro Zaccuri

«Tutti gli anni al Meeting di Rimini c’è un certo spazio dedicato alla scienza e agli scienziati. Quest’anno è prevista una mostra dedicata a Jerome Lejeune, il genetista francese e servo di Dio, che si giocò il premio Nobel con le sue battaglie in difesa della vita nascente». Francesco Agnoli

«Prima ci scherza su, confessando che già al telefono lo scambiano per una donna e quindi questo fatto di un interprete di sesso femminile lo mette in im-

Partecipano: Andrea Ciliberti, responsabile del progetto Pollege e Project Manager presso il Gruppo Teddy Spa; Tatiana Martinucci, responsabile finanza e amministrazione della Martinucci Srl. Introduce Federico Pella, partner di Sering Srl - Engineering Consulting. APPRENDISTATO E MESTIERI A VOCAZIONE ARTIGIANALE PER L’INSERIMENTO DEI GIOVANI NEL MERCATO DEL LAVORO Ore 19.00 Sala Tiglio A6 In collaborazione con Italia Lavoro. Partecipano: Domenico Bova, responsabile area Occupazione e Sviluppo di Italia Lavoro; Riccardo Giovani, direttore relazioni sindacali di Confartigianato; Annarita Pilotti, titolare della Loriblu Spa; Introduce Roberto Corno, Cdo per il Lavoro.

Testi & Contesti IL SACRO. NELLA STORIA RELIGIOSA DELL’UMANITÀ Ore 11.15 Eni Caffè Letterario D5 Presentazione della riedizione del volume di Julien Ries (Ed. Jaca Book). Partecipano: Fiorenzo Facchini, professore emerito di Antropologia alla Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna; Guido Orsi, vicepresidente di Editoriale Jaca Book Spa; Silvano Petrosino, direttore dell’Archivio “Julien Ries” per l’Antropologia simbolica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Natale Spineto, docente di Storia delle Religioni all’Università degli Studi di Torino. Introduce Camillo Fornasieri. INVITO ALLA LETTURA. Introduce Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano. Ore 15.00 Eni Caffè Letterario D5 IL LIBRO DI MUSH Presentazione del libro di Antonia Arslan, scrittrice (Skira Editore). Partecipa l’Autrice. INVITO ALLA LETTURA. Introduce Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano. Ore 19.00 Eni Caffè Letterario D5 L’INFERMIERE IN ITALIA: STORIA DI UNA PROFESSIONE Presentazione del libro di Cecilia Sironi, infermiera (Ed. Carocci). Partecipano: l’Autrice; Marisa Siccardi, infermiera e membro del Ciso di Reggio Emilia e dell’Isrec di Savona. A seguire: ALLA RISCOPERTA DI… CHAIM POTOK Partecipa Giancorrado Peluso, insegnante di Lettere al Liceo G.B.Vico di Milano.

barazzo. Alla fine, però, quando Alon Goshen-Gottsein fa sentire davvero la sua voce, ne viene fuori un canto dolcissimo. “Dove sei?”, chiede il Signore ad Adamo. “Dove sei?” è la risposta dell’uomo a Dio, ripetuta in coro dal popolo del Meeting» Alessandro Zaccuri

PIRATI! BRIGANTI DA STRAPAZZO Ore 14.30 Sala Cinema D7 Acec Biglietto unico: 5 euro Film di animazione di Peter Lord e Jeff Newitt (Anno 2012). In collaborazione con Sentieri del Cinema. Durata 88'. SPIRTO GENTIL. GUIDE ALL'ASCOLTO Ore 19.00 Sala Neri GE Note di nostalgia: Chopin e Pascoli. Guida all'ascolto dal vivo a cura del M° Pier Paolo Bellini. Al pianoforte il M° Giulio Giurato. ETTORE DEI POVERI (Replica) Ore 19.45 Teatro D2 Frecciarossa 1000 Un gruppo di ex senzatetto raccontano con uno spettacolo di marionette la storia avventurosa di colui che ha salvato le loro vite. Una produzione curata dall'Opera di fratel Ettore - Le marionette della misericordia. Con la guida artistica e marionettistica dell’associazione Grupporiani - Compagnia marionettistica Carlo Colla e figli – Milano. UNA SEPARAZIONE Ore 21.30 Sala Cinema D7 Acec Biglietto unico: 5 euro Di Asghar Farhad. Oscar miglior film straniero (Anno 2012). In collaborazione con Sentieri del Cinema. Durata 123'. ALL IS HOLY? Ore 21.45 Arena D3 Superflash Tre accordi e desiderio di verità: il rock ‘n’ roll come ricerca d’infinito da Simon and Garfunkel a Elvis Presley, da Leonard Cohen ai Mumford and Sons e i Coldplay. Concerto della Rock Culture All-Star Orchestra.

Sport CAMPIONATO YO YO Ore 12.00 Il Gioco del Lotto Sport Village Finali ASYY Open Championship 2012. Ore 12-13 per X Division. Ore 15-17 per 1st Division. A cura di Associazione Sportiva Yo Yo asd - Asyy di Milano. BASKET IN CARROZZINA Ore 12.00 Il Gioco del Lotto Sport Village A cura dell'Associazione Sportiva Briantea 84 Cantù (www.briantea84.it). CAMMINATE PER LE VIE E LA STORIA DI RIMINI Ore 21.00 ritrovo Arco d'Augusto Rimini Camminate serali per il centro storico, con visita guidata al patrimonio storico e culturale della città. A cura dell’A.S.D. La Pedivella e CSI - Centro Sportivo Italiano.

spezzerà, non saranno certo colore che mi attaccano” [...] Giannino saggiamente consiglia a Formigoni “di aprirsi invece di difendersi”. Mariano Maugeri

TWEET DEL GIORNO «Monti sa che deve dar corso alla promessa dell’uscita dal tunnel (annunciata al Meeting di Comunone e Liberazione). Le agenzie di rating hanno mostrato di credere nelle capacità di questo governo di portare l’Italia fuori dalla crisi entro il prossimo anno». Massimo Tosti

«E’ stata una confessione lunga quasi mezz’ora. Un atto di contrizione a metà, [...] inframezzato dagli applausi del popolo di Cl, 3mila persone che tracimavano fuori dalla sala della fiera di Rimini. [...] “Dicono che sia appeso a un filo. Ma sarà solo il Padreterno a decidere quando si

@kenneyjason: Parlato sul multiculturalismo canadese al #Meeting di Rimini, il più grande festival estivo mondiale @LiaCeli: Meeting, il ministro Fornero si ferma a salutare una bimba in passeggino. «Che carina, quanti anni di contributi hai?» @pacocalderon: Estas son las Piadinas, como de tortilla de harina con queso, jamón y rucula. ¡Muy buenas! #Meeting @MaxBernardini: Al #meeting la faccia commossa di Izzeldin Abuelaish: ha perso le figlie sotto le bombe israeliane ma rifiuta di odiare


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