ANNO 22 Numero Sette Sabato
MEETING
PRIMO PIANO MISTERO DELLA MATERIA: 11.15 ILIL BOSONE DI HIGGS. Partecipano: Sergio Bertolucci, director for Research and Computing, Cern; Lucio Rossi, High Luminosity Lhc Project leader, Cern. Introduce Marco Bersanelli, docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano. Salone B7 GRATUITÀ E DONO FATTORI DELLO SVILUPPO ECONOMICO. Partecipano: Riccardo Bonacina, presidente e direttore editoriale di Vita Non Profit; Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare Onlus; Alejandro Marius, presidente dell’Associazione Civile Trabajo y Persona, Caracas; Silvano Petrosino, docente di Semiotica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Introduce Monica Poletto, presidente della Compagnia delle Opere - Opere Sociali. Sala C1
11.15
O N A I D I T O U Q
25 AGOSTO 2012
L’infinito di Scholz p.3
Metti un cronista a Rimini p.10
PRIMO PIANO MEETING DI RIMINI 15.00 DAL AL MEETING CAIRO: UN CAMMINO DI LIBERTÀ. Partecipano: Wael Farouq, vicepresidente del Cairo Meeting e docente presso l’Istituto di Lingua Araba all’Università Americana del Cairo; Marianne Malak, deputato al Parlamento egiziano; Hossam Mikawi, giudice e presidente della Corte del Cairo Sud; Ambrogio Pisoni, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; S.Ecc. Mons. Kyrillos Kamal William Samaan, vescovo di Assiut e vicario della Chiesa Copta Cattolica in Egitto. Introduce Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. Auditorium B7
Libri: il Duomo batte tutti p.17
Tra questa immensità non s’annega Al servizio di quel sussulto lvira Parravicini, custode degli angeli, ha dato voce e carne a quello che Benedetto XVI prima, e don Carrón dopo, hanno ripetuto durante il Meeting che chiude oggi: il rapporto con l’infinito è l’unica cosa che conti nella vita, ed è la più concreta delle avventure. L’opposto logico e pratico dell’astrazione: qualcosa che urla nelle ore dei neonati “perduti” assistiti nella sua clinica, spettacolo drammatico di senso e testimonianza disarmante di dove stia il «misterio eterno dell’esser nostro». Non solo dei suoi bimbi strappati per sempre al nulla, attra-
E
verso pochi istanti: ma del nostro. Di lei che vive questa promessa di felicità che il mondo giudica tradita e che lei guarda rimbalzare nei cuori dei genitori. Di noi che la sentiamo coi lacrimoni e il groppo in gola. Sette giorni di premier e ministri, di imprevedibili istanti e di polemiche, di mostre e di pranzi, con inspiegabile cadenza hanno portato impercettibili spostamenti del cuore, mosso – anche quello più cinico – dalla vertigine indicata con spaventosa e delicata forza ieri da Elvira. È Mario Monti che decide di parlare a braccio, è il ragazzino di sedici anni che niente sa del Meeting e dopo 48 ore è addolorato perché non può, lui minorenne, unirsi all’esercito dei volontari appena conosciuti. È l’analista economico che arriva dall’America e dice che bisognerebbe esportare il Meeting per far vedere come si fa a far funzionare le cose. È Marta, la
prostituta che ha costruito il Duomo con le decime dei suoi guadagni, prima di esserne costruita cambiando vita, e percorrendo con gli onori di una santa il corteo funebre sulla stessa strada che batteva di notte. È l’evidenza che il rapporto con l’infinito è un dramma laico aperto da questi e da migliaia di altri avvenimenti, e che l’incontro cristiano fa esplodere, lungi dal chiuderlo dentro un pensierino pio. Con questo viene la scoperta che non c’è niente di più bello, e che niente compie di più i giorni, del mettersi a servizio di questo sussulto che riporta ciascuno al punto sorgivo di se stesso. Che impedisce, al solo prezzo di seguire qualcuno, di perdersi in quelli che Ratzinger ha spettacolarmente definito «falsi infiniti»: quelli che ognuno di noi può quasi fisicamente vedere se guarda per un minuto la sua giornata e la sua vita. Prima dei proget-
ti, prima del potere, prima di tutto conviene all’uomo di ogni luogo del mondo contemplarsi in questa vertigine. Di più ancora adesso, quando tutto sembra spingere verso una rattrappita chiusura, murata nelle nostre quattro, sempre più labili certezze. E se il Meeting, con tutto il sudore e la frenesia che genera, è un inesausto catalizzatore di occasioni, il punto senza il quale tutto sarebbe puro amaro in bocca è che questa dinamica può essere la stessa fuori dalla Fiera, domani, a cominciare dal caffè al lunedì col solito collega depresso, anche lui – come tutti – bisognoso solo di ascoltare e vivere secondo quel sussulto. «Sovvien l’eterno», diceva Leopardi. Si tratta, alla fine, solo di seguire la nostra natura: una sproporzionata attesa che l’inizio di risposta ingigantisce. Altrimenti l’infinito durerebbe solo sette giorni.
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25 agosto Da sinistra: il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata; Nassir Abdulaziz Al-Nasser, presidente dell’Assemblea generale dell’Onu (nella seconda foto mentre si siede); il cardinale Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Sotto, il moderatore, Roberto Fontolan
LIBERTÀ
Non credete alla politica senza diritti religiosi Storica visita del presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, in dialogo col cardinal Tauran. Che loda il Meeting: «Vi cito quando dicono che alla chiesa mancano giovani»
«È ancora lungo il cammino da compiere affinché si comprenda che la diversità religiosa è una ricchezza e non un ostacolo. E perché questo avvenga è necessario che ognuno faccia la sua parte, non aspettando un’azione dall’alto, ma servendosi di un “io” pienamente umano». Con queste parole il moderatore Roberto Fontolan ha concluso, riassumendone i concetti emersi, l’incontro di ieri su “Politica internazionale e libertà religiosa”. Un incontro che ha visto come ospiti il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Nassir Abdulaziz Al-Nasser, il ministro degli Affari Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, e il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, cardinale Jean Louis Tauran. La presenza di Al-Nasser, oltre a segnare la prima volta di una così alta carica dell’Onu al Meeting, ha permesso di sentire la voce dell’organismo preposto a mantenere l’ordine nel mondo contemporaneo, un organismo che – parole di Fontolan – «simboleggia lo sforzo buono e drammatico che popoli e stati compiono per convivere e costruire un mondo più pacifico». E gli spunti di lavoro forniti da AlNasser sono stati diversi. In primo luogo l’importanza che il perdono può avere nel risolvere situazioni di conflitto laddove la libertà religiosa è calpestata, un perdono «che rende possibile la mediazione» e che diventa fondamentale «nella creazione di una famiglia umana più tollerante». Ma Al-Nasser ha anche posto l’accento sulla necessità di una maggiore tutela delle minoranze religiose che in diverse parti del mondo subiscono oppressioni, ribadendo a più riprese che il presupposto affinché si ottenga rispetto e tolleranza reciproca nelle zone “calde” risiede nel dialogo.
Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro Giulio Terzi (entusiasta su Twitter dopo l’incontro), che ha ricordato gli sforzi fatti dall’Italia in questi anni nel favorire il dialogo, in particolare nelle zone protagoniste della cosiddetta Primavera araba. «Perché, come diceva Giussani, “senza la vitale cultura del dialogo la democrazia si inaridisce”». Terzi ha voluto sottolineare come la maggior parte delle vittime della mancanza di libertà religiosa siano i cristiani, rimproverando un’Europa che «può
e deve fare di più nella difesa dei diritti fondamentali», soprattutto per quel che riguarda «la tematica religiosa che per troppo tempo è stata marginalizzata». Citando le parole di Benedetto XVI pronunciate nel gennaio del 2011, «limitare la libertà religiosa significa coltivare una visione riduttiva dell’essere umano», Terzi ha anche voluto mettere in guardia dalla tentazione di «segmentare lo spirito di libertà in libertà più o meno importanti», augurandosi che la libertà religiosa «venga inserita in una
chiara cornice istituzionale» in quei paesi dove più è a rischio, «come ad esempio in Nigeria, con i cristiani vittime del gruppo Boko Haram». Proprio le violenze sui cristiani sono uno dei motivi «per cui oggi si parla tanto di libertà religiosa», ha spiegato il cardinale Tauran, che nel suo intervento si è soffermato sull’importanza del «fatto religioso». «Un mondo senza Dio è un mondo disumano, e il fatto religioso è elemento costitutivo dell’uomo, è parte integrante del genere uma-
Da Sky all’Inps: innovare si può Zappia, Mastrapasqua, Jovane e Giorgetti: quattro storie di cambiamento «We are the ones we’ve been waiting for». Una citazione di Obama («Siamo quelli di cui c’era bisogno»), proveniente da un discorso sulla necessità del cambiamento, ha chiuso l’incontro di ieri pomeriggio sull’innovazione. A confrontarsi, quattro tra i principali manager italiani tra pubblico e privato: Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria, Pietro Scott Jovane, da poco ad di Rcs, Antonio Mastrapasqua, presidente Inps e Andrea Zappia, ad di Sky Italia. Il messaggio che emerge trasversalmente dai quattro interventi è chiaro: la crisi stimola l’innovazione, è il tempo propizio per un cambiamento. Ma non è scontato capire la direzione da intraprendere, né come si inseriscono le nuove tecnologie nel contesto attuale. Interessante su questo tema è la digressione di Zappia, che utilizza un esempio molto recente e concreto, la diffusione di Sky negli ultimi anni in Italia. «Il nostro obiettivo è fornire al cliente una tv migliore. Il concetto però è molto vago. Inizialmente abbiamo fornito ai clienti la possibilità di scegliere cosa vedere. Oggi la scelta non basta più. Di per sé l’utente ha una possibilità di scelta infinita. Serviva un salto qualitativo per mantenere il passo del mercato. Con le Olimpiadi abbiamo raggiunto un livello qualitativo mai visto prima. Ma anche questo ormai non è più sufficiente. Ora siamo orientati verso l’offerta di una tv senza tempo. Il cliente decide a che ora vedere lo spettacolo, può fermarlo, registrarlo e rivederlo quando vuole. Le innovazioni evidenziate in questi
casi hanno sempre seguito strade diverse; l’innovazione in sé non esiste. È sempre la risposta a un bisogno». Nella chiusura riserva un invito ai giovani: «È vero che oggi i giovani hanno più ostacoli, ma hanno anche più strumenti. Il digitale è una rivoluzione che solo loro possono e devono sfruttare a fondo». Anche Scott Jovane si concentra sul concetto di innovazione: «Oggi nel mondo è più semplice condividere idee e progetti. Ma non basta mettere sul tavolo nuove idee. Bisogna coalizzarle per capire e risolvere i problemi che ci troviamo intorno». Mastrapasqua e Giorgetti offrono invece due esempi di innovazione già avvenuti nel loro settore. Il primo ha rivoluzionato l’Inps, operando la telematizzazione dell’azienda pubblica. La seconda testimonia invece il cambiamento avvenuto nel suo settore: «Il farmaceutico è il campo che più di tutti dipende dalla ricerca. Ma negli ultimi anni il modello di collaborazione tra i ricercatori è molto cambiato. Prima si lavorava insieme in grandi centri di studio. Oggi questi sono stati smantellati. Assistiamo alla nascita di tanti piccoli laboratori. I dati e le informazioni vengono trasmesse via internet, ognuno può accedervi e contribuire allo sviluppo». Emerge un messaggio diretto ai giovani. La crisi può diventare un’opportunità, e c’è chi ha già cominciato a coglierla. I mezzi e gli strumenti per muoversi li avete, dovete solo cominciare a sfruttarli. Alberto Castagna
no». E in questo senso è importante il ruolo dello stato, che deve essere in posizione «non di identificazione né di ostilità o di indifferenza, bensì di neutralità nei confronti della religione», come emerge con chiarezza dalla “Dignitatis Humanae”, la dichiarazione sulla libertà religiosa del Concilio Vaticano II. Lo stato tuttavia non basta, e per permettere la professione di qualsiasi credo anche nelle «zone in cui è ben lungi dall’essere concepita», è necessario che «l’uomo d’oggi si accorga che la sua dignità viene da un Altro». Occorre, in pratica, «che l’uomo scopra l’amore di Dio». Non è sufficiente, quindi, il pur legittimo «vivi e lascia vivere» kantiano citato da Al-Nasser, ma occorre che l’uomo, «per natura religioso», non «elimini Dio dal proprio orizzonte». Anche con l’aiuto, è stato l’invito finale del Cardinale, «di chi come noi può apprezzare la libertà nel professare la propria fede». Il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo ha lodato i giovani del Meeting, dicendo che gli capita spesso di citarli come esempio positivo quando sente lamenti sulla mancanza di realtà vive nella Chiesa. Una libertà religiosa, in sintesi, che non va esclusivamente concepita «come un diritto da difendere», ma piuttosto – ha ribadito Fontolan - «come l’origine di un modo di relazionarsi tra paesi e popoli». Con l’Onu che ha un ruolo di fondamentale importanza nel costruire questa rete di relazioni, e che secondo le parole di Al-Nasser non si tirerà indietro, ma anzi «continuerà a lavorare per favorire la comprensione reciproca e quindi la libertà religiosa». In uno sforzo della comunità internazionale che vuole «offrire una prospettiva di speranza sulla via della pace». Giacomo Moccetti
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PARLA SCHOLZ «L’Infinito incide nella storia» Il presidente della Compagnia delle opere: «Monti e gli altri membri del governo hanno dimostrato grande serietà, senso di responsabilità, realismo. Il bene comune dipende dal contributo di ognuno. L’economia deve servire la società» «Il titolo del Meeting di quest’anno è fondamentale per capire come uscire dalla crisi: è solo la coscienza che l’uomo è rapporto con l’Infinito, con la i maiuscola, che permette di cambiare». Bernard Scholz, presidente della Compagnia delle opere, al termine della manifestazione di quest’anno trae un bilancio della settimana riminese a partire dal cuore del Meeting, il titolo, e dagli argomenti principali di questa edizione. Due dei temi principali sono stati la libertà religiosa e i giovani per la crescita. Questo Meeting ha inciso storicamente su queste tematiche? «Il Meeting tutti gli anni incide nella storia e sulla vita sociale del Paese, qualche anno di più, qualche altro meno. Il tema dei giovani; il tema del protagonista; il tema del desiderio sono stati sempre ripresi al di fuori di qui. Per quanto riguarda la libertà religiosa, il Meeting è diventato il punto di riferimento: vengono sempre più personalità che riconoscono che qui è un luogo aperto, d’incontro, che permette di trattare tematiche molto delicate». Uno dei momenti fondamentali è stata la visita di Monti. Rispetto a quello che gli è stato chiesto dal palco dell’incontro, qual è il suo giudizio sulla visita del presidente? E degli altri membri del
«Avremo assoluto bisogno di un Parlamento fortemente orientato alla collaborazione per il bene dell’Italia. Si parla tanto di grande coalizione: non so quale sia la forma migliore, importante è lavorare insieme» governo? «Penso che gli esponenti del governo che hanno visitato la fiera hanno dimostrato serietà, grande senso di responsabilità e realismo. Nessuno ha nascosto le difficoltà in cui sta versando l’Italia e tutti hanno tracciato le possibili vie da percorrere senza eclissare il fatto che bisogna partire da ciascuno di noi. Il titolo di questo Meeting è molto importante perché è proprio la coscienza che la natura dell’uomo è rapporto con l’Infinito che permette di avviare il cambiamento di cui questo Paese ha bisogno. Il bene comune dipende dal contributo di ognuno personalmente». Anche lei condivide l’ipotesi del prolungamento di una grande coalizione per uscire dalla crisi? Quali sono i suoi auspici? «Mi auguro che questo governo possa andare avanti fino alle prossime elezioni. Solo alla fine di questa legislatura il paese
Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle opere
vive così anche a un’azione politica, sociale ed economica dove tutto diventa servizio. Abbiamo visto, ed è questo che voleva il Meeting, che la regione Lombardia è un esempio di questo. Come esempio di buon governo si è scelto quello di Roberto Formigoni e della regione da lui presieduta». È cambiato dopo questi mesi di crisi il rapporto tra il mondo imprenditoriale e il Meeting? «Continuano a venire tantissimi collaboratori e dirigenti perché trovano nel Meeting da sempre un luogo, e credo che quest’anno tale convinzione sia aumentata, di confronto e di conforto. Un confronto per scoprire nuove opportunità di potenziamento della propria impresa, nuove opportunità di scambio tra esperienze diverse. In questo senso il Meeting è utile per un’economia che vuole concepirsi e realizzarsi per il bene del Paese». È ancora possibile uno spazio vero per i giovani per contribuire alla crescita? «C’è spazio per i giovani. Il futuro non avrà la necessità assoluta di un parlamento fortemente orientato alla collaborazione per il bene dell’Italia, abbandonando vecchie litigiosità e cercando di essere costruttivo anche con le proposte di un’eventuale opposizione. Non so quale possa essere la forma migliore, si parla tanto di grande coalizione, ma a me interessa che si lavori insieme per il bene del paese. La forma sarà quella possibile in base al momento storico». Al centro del Meeting soprattutto nell’edizione di quest’anno, è stato sottolineato il rapporto tra egemonia e presenza. Come si esplicita, se si esplicita, questo rapporto nell’impresa? «Un’impresa per sua natura è un bene per tutti: crea occupazione, beni, servizi.
Quindi, riscoprire che lo scopo non è il profitto ma un’utilità per la società in quanto tale, della quale il profitto è conseguenza e strumento, vuol dire anche contribuire a ricreare un’economia vera al servizio della società. L’economia, allora, diventerà finalmente uno scambio di beni e di servizi dove il denaro è strumento, non scopo». Un altro terreno di questo rapporto è quello della politica: come giudica la vicenda Formigoni e come è stata affrontata al Meeting? «La lettera di Carrón è stato un richiamo per ognuno di noi a vivere fino in fondo l’esperienza cristiana senza arrendersi a qualcosa di meno che non sia all’altezza del proprio desiderio. Questo porta per chi
«Perdo l’aereo, non il Meeting» Quando risponde al telefono è ancora in viaggio: «Siamo ora in Calabria». 24 ore di auto in 3 giorni. Per essere al Meeting a raccontare di sé e della sua azienda. Ciro Messina, siciliano di Lentini, imprenditore che produce imballaggi ortofrutticoli, era il protagonista di uno degli incontri organizzati da FederlegnoArredo (B5), che in Fiera ha portato 24 imprenditori a testimoniare come sia possibile lavorare in tempo di crisi. Un successo: chiacchierate in amicizia che si aprono con 50 persone per concludersi con un pubblico tre volte superiore. Giovedì toccava a Messina ma il caos Windjet stava per rovinargli il viaggio: impossibile volare da Catania a Rimini. «Echissenefrega, ci vado in macchina».
Così mercoledì mattina si è messo in strada di buon’ora, con il figlio Cosimo e il nipote Tommaso, ha passato lo Stretto e risalito la penisola. «Per cena ero in Fiera poi sono andato in albergo. Il giorno dopo siamo ripartiti subito dopo l’incontro». Una mazzata. Ma non pesa troppo se sai perché lo fai: «Credo nell’associazione. Lo spirito di squadra è fondamentale in questo momento di difficoltà. E poi siamo siciliani: abbiamo una grande attenzione ai rapporti». A Rimini ha raccontato di una tradizione nata nel 1927 e ora alla terza generazione. E ai giovani ha detto: «Nessuno ci regala nulla: bisogna darsi da fare e muoversi, fissarsi degli obiettivi e credere ogni giorno in se stessi».
«C’è spazio per i giovani. La generazione che si sta affacciando sul mondo del lavoro è di un’intraprendenza e di un realismo audace, sorprendente. Formigoni? La Lombardia è un esempio di buon governo» è certamente facile: è una grandissima sfida all’interno della quale io vedo che la generazione che adesso sta studiando, che si sta affacciando sul mondo del lavoro e dell’imprenditoria, è di un’intraprendenza, di un realismo audace, assolutamente sorprendente. E questo è quello che mi conforta molto e mi fa sperare nella possibilità di un futuro, certamente difficile da costruire, ma migliore di quello che stiamo vivendo». Nella mostra sui giovani viene fuori l’idea che non basta solo la forza di volontà per la crescita… «Esatto, bisogna avere una coscienza nuova di sé, nella quale uno non appoggia più tutto su di sé, ma diventa cosciente che quell’Infinito, del quale il Meeting ha parlato per tutta la settimana, se lo riconosciamo con la i maiuscola opera dentro la propria vita e genera». Marco Capizzi
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Il governissimo si scalda in Fiera L’Intergruppo cita Napolitano. Letta (Pd): «Serve una legislatura costituente». Lupi (Pdl): «Ma non sarà una grande coalizione» «Come ogni anno, il prossimo Meeting di Riparli il «linguaggio della verità», lanciato al Meemini ospiterà un incontro dell’Intergruppo per la ting 2011 in quello che Enrico Letta definisce «un Sussidiarietà: ma i suoi protagonisti credono vediscorso che ha cambiato la storia italiana», e che ramente che tale realtà, oltre che a qualche imporancora anima il tentativo dell’Intergruppo di vatante iniziativa culturale possa dare un reale conlorizzare ogni sforzo di dialogo. tributo anche all’azione poliOggi, «politica responsabile», tica?». È questa domanda, per i rappresentanti dell’Intergrupcontenuta nel provocatorio po presenti a Rimini, significa inarticolo di Giorgio Vittadini nanzitutto nuova legge elettorale. Il vicesegretario pubblicato nel luglio scorso «Una necessità assoluta», secondo democratico sulla sul Sussidiario.net, insieme a Lupi, sulla quale conviene anche quella che dà il titolo all’inmostra del Meeting: Letta, convinto che un «sistema contro – «Sono ancora possifatto da nominati» non so«Se rimettiamo i giovani politico bili riforme condivise?» – ad lo è «completamente delegittimaaccendere il dibattito tra nel motore dell’Italia, to», ma è anche una della cause Maurizio Lupi (vicepresidenprincipali della distanza tra i cittapossiamo ottenere te della Camera, Pdl), Vannidini e la politica. no Chiti (vicepresidente del risultati straordinari» Ma chi si aspettava che gli “inSenato, Pd), Enrico Letta (vitergruppisti” svelassero qualcosa cesegretario Pd), Tiziano della possibile intesa Pdl-Pd sulla Treu (vicepresidente della riforma elettorale, è rimasto deluCommissione Lavoro e Previdenza sociale del so. Tra i tanti nodi da sciogliere, uno resta quello Senato, Pd), Raffaello Vignali (vicepresidente delle preferenze, sulle quali i piddini mostrano della Commissione Attività produttive della Capiù di qualche resistenza. mera, Pdl) e Gian Luca Galletti (deputato Udc), La seconda importante posizione comune che che ieri al Meeting hanno tirato un bilancio e diemerge dalle parole dei relatori è che la prossima scusso le prospettive di un lavoro ormai decendebba essere una legislatura costituente, in cui nale. serviranno maggioranze ampie per fare le riforme Tappa cruciale di questo percorso fu l’appello utili al paese. «Che non significa grande coaliziodi Napolitano per una «politica responsabile» che ne», specifica il vicepresidente della Camera Lu-
Maurizio Lupi ed Enrico Letta
pi, definendola un «progetto partitico che non sta insieme per la troppa diversità», ma il trovare temi e occasioni su cui lavorare insieme, come avvenuto durante il governo Monti. Tra questi Letta individua la priorità assoluta dei giovani: «Sono ottimista sul futuro perché, pur avendo messo da parte i giovani, l’Italia ha tenuto. Se rimettiamo i giovani nel motore di questo paese, possiamo ottenere risultati straordinari». Poi conclude con le parole che chiudono la mostra del Meeting “L’imprevedibile istante. Giovani per la crescita”: «Non aspettatevi un miracolo, a-
spettatevi un cammino. Anche in politica noi sappiamo che la vita è un cammino. Ma il cammino si fa insieme». I temi nell’agenda dell’Intergruppo, ripercorsi da Vignali, Treu, Chiti e Galletti, sono molti altri ancora: lavoro, sostegno alle imprese, riforma della giustizia, regioni e autonomie locali, carceri. Diversi anche i risultati raggiunti (legge “controesodo” per il rientro dei talenti, stabilizzazione del 5 per mille, statuto delle Pmi). E, da subito, un’emergenza da scongiurare: il taglio di 250 milioni alle scuole paritarie previsto per il 2013. Lorenzo Margiotta
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«Ogni vita è una promessa» La neonatologa che ieri ha commosso il Meeting e lo sguardo del padre di due gemelle siamesi che la rimproverava per aver confuso i loro nomi: «Quello è il modo in cui Dio ci guarda: come unici e irripetibili» «La nascita è il momento della vita in cui è evidente la promessa di felicità. È per aiutare i bambini a realizzare questa promessa che sono diventata neonatologa», ha detto ieri Elvira Parravicini al Meeting durante l’incontro del ciclo: “La vita: esigenza di felicità”, a cui ha partecipato anche Orlando Carter Snead, direttore del Centre of Ethics and Culture della Notredame University. Quando lavorava in Italia, a Monza, ha raccontato la neonatologa e assistente di clinica pediatrica alla Columbia University di New York, si occupava di diagnosi prenatale. Un esame finalizzato alla cura, ma che a New York portava quasi sempre a una soluzione: l’aborto dei bambini malati. Elvira, visto questo, smette di frequentare il gruppo di lavoro della diagnosi prenatale. La responsabile del team, però, la invita a tornare: «Ho sentito la voce del Mistero che mi diceva di andare – ha ricordato ieri –. Sono andata e ho incontrato due mamme, che aspettavano bimbi con gravi patologie, ma che non volevano abortire. Così ho iniziato a sviluppare il comfort care, che cerca di soddisfare i bisogni primari dei bambini dopo il parto, come la nutrizione, essere tenuti al caldo ed essere accolti, anche se sono destinati a vivere per poche ore». Tra i suoi “figli” c’è Nilah, che nasce di appena 406 grammi. Quando torna a casa, a 6 mesi, pesa 3 chili ed Elvira diventerà la sua madrina. I risultati che riesce a raggiungere, però, non sono frutto solo delle sue capacità, dice. «Mentre rianimavo Simona, nata piccola e molto malata, mi sono resa conto che nonostante il mio impegno non sarei stata in grado di farla guarire se non ci fosse stato un Altro – ha ricordato ieri – Fare il medico è mettere la propria professionalità a servizio di un Altro che dà la vi-
«Dovevo fare l’infermiera»
La neonatologa Elvira Parravicini insieme ad alcuni studenti di medicina
ta al paziente. Ho sviluppato il metodo comfort care su questo punto. Devo stare attenta ai segni che i pazienti mi danno ed essere coinvolta affettivamente, per scoprire il piano di un Altro». Con il tempo, Elvira ha costituito una squadra di dieci persone che hanno chiesto di occuparsi di confort care. «Lavoriamo per il benessere – ha spiegato – ma la vita è data, quindi non possiamo decidere di allungarla o di accorciarla». Il comfort care ha aiutato la piccola Alessandra, nata di 800 grammi con infezioni intestinali. Per i chirurghi non c’era speranza, ma i genitori avevano supplicato Elvira di non spegnere la macchina che teneva in vita la figlia, per stare almeno un po’ con lei. Elvira ha staccato quella spina, ma qualche tempo dopo, quando Alessan-
dra ha iniziato a respirare da sola. Ora ha festeggiato il suo primo compleanno. Quando un bimbo rimane in vita solo 7 minuti, Elvira si chiede perché quella vita sia così breve. «Non ho ancora trovato la risposta, ma mi hanno aiutato due gemelle siamesi», ha detto. Sono Kila e Keila, nate da due genitori adolescenti, che le hanno amate e volute anche se non avevano possibilità di sopravvivere (erano inoperabili e avevano un solo cuore in comune). Al momento del parto cesareo la sala era piena di medici che volevano immortalare il momento unico. Tutti hanno posato le macchine fotografiche al momento del parto, quando sono nate le piccole, abbracciate e con difficoltà respiratorie. Il padre le ha prese in braccio per calmarle. «Tutti hanno iniziato a piangere perché era
un momento di bellezza, che è splendore del vero, prova del fatto che abbiamo tutti lo stesso cuore – ha detto la neonatologa –. Ho chiesto al padre se voleva che battezzassi le bimbe prima che se ne andassero e lui ha detto: “Sì, si chiamano Kila e Kayla”. Quando ho iniziato a battezzare una delle due Kila, il padre mi ha fermato: “No quella è Kayla”. Mi sono chiesta che differenza ci fosse, erano due gemelle siamesi. Poi ho pensato che quello è il modo in cui Dio ci guarda: come unici e irripetibili». «La vita di questi bimbi è segno di un Altro che li vuole – ha concluso Elvira –. Nella loro vita c’è sia la croce, nella malattia, sia la resurrezione, per il fatto stesso che ci sono e la loro presenza suscita bellezza. Io seguo la bellezza». Benedetta Consonni
Combattere l’Aids con uno sguardo umano
Alla fine dell’incontro, un fuori programma: 50 studenti della facoltà di medicina fermano Elvira Parravicini. «È difficile trovare medici come lei in ospedale» dice Teresa, 22 anni, futura ostetrica. Ed Elvira inizia a raccontare il percorso che l’ha portata a innovare nel campo del comfort care. «Prima pensavo di fare l’assistente sociale – racconta – ma poi Giancarlo Cesana mi ha proposto di iscrivermi a medicina. È stata dura e con il gruppetto di amici che studiava con me ci siamo sempre ricordati le motivazioni per cui abbiamo iniziato: dedicarci alla cura di chi sta male». Durante gli studi, quando si tratta di fare l’internato, Elvira non viene ammessa perché aveva la media del 26. «Sono andata dal responsabile degli internati e l’ho convinto che avevo ancora più bisogno di farlo proprio perché avevo la media più bassa». Risultato? Gli altri fanno l’internato con gli assistenti, lei viene seguita direttamente dal professore. Non tutti però credono in lei. L’esame di patologia generale è un osso duro e dopo averlo rifatto tre volte si sente dire dal professore: “Signorina vada a fare l’infermiera”. Oggi, le infermiere sono le sue preferite e lei è stata eletta medico dell’anno del suo ospedale.
Un momento dell’incontro di ieri. Al mondo ci sono 35 milioni di malati di Aids, ma i malati che possono accedere alle cure che “addormentano” la malattia sono soltanto 8 milioni
Paul De Lay: «L’Hiv non è solo un problema sanitario» “Hiv - L’epidemia dimenticata”. Il titolo dell’incontro tenutosi ieri mattina è eloquente: quello che fino ad alcuni anni fa era un tema al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, l’Aids, sembra essere irrimediabilmente passato in secondo piano. Ma il virus scoperto una trentina d’anni fa è tutt’altro che sconfitto, e nonostante i grandi progressi compiuti nell’ambito della prevenzione e del trattamento continua ad essere una delle più grandi piaghe dell’umanità, che ha infettato più di 35 milioni di persone. Ad affrontare la tematica, coordinati dal segretario generale di Avsi Alberto Piatti, sono stati Gregg Alton di Gilead, compagnia farmaceutica in prima fila nella lotta all’Hiv; Paul De Lay, direttore esecutivo di UnAids (organismo delle Nazioni Unite dedicato alla lotta contro la malattia); Carlo Perno, docente di Virologia; Luis Gomes Sambo, direttore re-
gionale dell’Africa per conto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; ed Elisabetta Belloni, direttore della Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari Esteri. Gli ospiti hanno mostrato con estrema precisione lo sviluppo della malattia nel corso degli anni fino a giungere allo stato attuale delle cose, spiegando quali siano i punti di forza nella lotta all’Hiv, e illustrando le prospettive e le intenzioni per affrontare la problematica nel prossimo futuro. Come spiegato dal dottor Perno, la svolta nella ricerca sul virus è stata nel 1996, con «la scoperta di farmaci che “addormentano” la malattia negli organismi infettati, permettendo alle persone di condurre una vita normale». Grazie a questa scoperta l’Hiv è diventata una malattia cronica, permettendo così un crollo del tasso di mortalità. È tuttavia ancora
più che significativo il numero di persone senza accesso ai trattamenti medici necessari: si parla di circa 8 milioni di persone sotto trattamento sui 35 milioni di malati che oggi ci sono al mondo. Per raggiungere tutti è fondamentale il ruolo di organismi non statali, siano essi ditte farmaceutiche, ong o opere missionarie, nella diffusione delle pratiche di prevenzione e trattamento. E in prima linea a svolgere questo compito ci sono organizzazioni e istituzioni legate a doppio filo alla Chiesa cattolica, come ammesso da
De Lay, che ha parlato del «ruolo importantissimo che le comunità confessionali svolgono, soprattutto per quel che riguarda il supporto spirituale e la dignità della persona». Perché, ha detto De Lay, «l’Hiv non è solo un problema sanitario: lo dimostrano i dati che segnalano una maggiore efficacia dei trattamenti svolti da comunità religiose rispetto a quelli che avvengono in clinica». La strada da percorrere, come spiegato da Piatti, è dunque quella «di guardare alla realtà per quello che è», ovvero favorire quelle realtà che già combattono efficacemente il virus affiancando alla cura medica uno sguardo pienamente umano sulla persona. «Realtà che non sono semplici erogatori di servizi, ma che rispondono al bisogno dei malati di veder emergere la propria innata dignità in quanto esseri umani». Giacomo Moccetti
LA GIORNATA 6
25 agosto
Da sinistra, Cousin, da Silva, Piatti, de Mistura (anche qui sopra) e Sala
Il problema della fame è prima di tutto «un problema di educazione». Questa è la sintesi dell’incontro svoltosi ieri sera: “Nutrire la persona, alimentare la speranza. Tra fame, spreco e sviluppo sostenibile”. Oltre al moderatore Alberto Piatti sono intervenuti Ertharin Cousin, direttore esecutivo del Wfp (World food program), José Graziano da Silva, dg della Fao, Giuseppe Sala ad di Expo 2015, e Staffan de Mistura, sottosegretario di stato al ministero degli Affari Esteri. Un tema impegnativo a drammatico che ha spinto tutti i relatori a giudizi chiari. La Cousin, dopo aver ricordato i numeri del Wfp («aiuti alimentari per un centinaio di milioni di persone in 75 paesi del mondo») ha espresso la convinzione che le sole organizzazioni non bastano per risolvere il problema: «È la gente che fa la differenza: gente che lavora per il bene comune superando tutti gli ostacoli».
Affamare la fame Nazioni unite e ong fanno molto. Ma è la gente che, dal basso, può sconfiggere il flagello Cousin (Onu): «Serve un desiderio illimitato. Come ha illustrato la mostra sul Duomo» Il paragone con la mostra sul Duomo di Milano è stato naturale per il direttore del Wfp: è la gente comune che costruisce, solo però se si ha un «desiderio illimitato». Anche da Silva ha voluto sottolineare l’importanza della società civile che ha «un ruolo complementare rispetto a quello dei governi». L’esempio portato è stato quello del progetto “Fame zero” in Brasile: la decisione di Lula di dare tre pasti al giorno ad ogni brasiliano è stata abbracciata dalla società civile. Tuttavia c’era un grande
presso lo stand 04 padiglione B5
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problema: «Non riuscivamo a trovare le persone che avevano fame. Perché chi ha fame è invisibile: non ha domicilio, non ha famiglia e spesso per lo stato non esiste». Quindi la richiesta di aiuto alla società civile per realizzare un elenco delle persone più povere. La risposta è stata immediata soprattutto grazie al ruolo delle Chiese. Secondo il dg della Fao «bisogna quindi dar voce a chi ha fame, perché chi ha fame non ha più speranza. Non si può solo nutrire la persona, ma bisogna alimentare la speranza». Lo stesso Sala
FederlegnoArredo
12 INCONTRI IMPRENDITORI 24
DEL LEGNO ARREDO
La crisi come opportunità Riscoprire i mestieri
Innovazione e ricerca
Fare con le proprie mani IL bisogno di ricominciare
Come esportare il bello
SABATO 25 H 12,30 Legno, risorsa da riscoprire: un ambiente a misura di uomo Fausto Crema e Michela Sgoluppi
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ha ribadito l’importanza della società civile, ricordando come l’Expo sia l’evento adatto per questo: «C’è bisogno di un’agorà moderna in cui la società civile possa dire la sua». L’Expo di Milano 2015 sarà un luogo dove «dare alle persone le conoscenze giuste». Sala ha chiuso con una frase di Madre Teresa di Calcutta: «Vi sono molte persone al mondo che muoiono di fame, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore. Ognuno ha bisogno di amore. Vi è fame d’amore e vi è fame di Dio».
Staffan de Mistura ha contenuto il suo intervento nel ricordo di un aneddoto personale quando Madre Teresa intervenne personalmente, coinvolgendo il presidente Reagan, per portare rifornimenti alla città assediata di Giuba in Sudan nell’86 mentre il Wfp non era ancora riuscito a farlo. Il punto che il sottosegretario ha voluto centrare? «Noi possiamo mettercela tutta, ma ci vuole quella forza straordinaria della fede che Madre Teresa ci ha insegnato». Marco Capizzi
LA GIORNATA 7
25 agosto
«Crisi? Torniamo a “casa”» Il filosofo Petrosino, che oggi parlerà di gratuità e sviluppo: «Nel donare l’uomo si rivela nella sua pienezza. Come nell’arte» Silvano Petrosino, semiotico dell’Università cattolica di Milano, ha le idee chiare quando si parla di mercati e soldi. Basta guardare al titolo del suo ultimo libro: “Soggettività e denaro. Logica di un inganno” (Jaca Book). Attenzione, però: non è un anatema contro finanza e investimenti, il suo, ma un invito a ritornare a una vera economia. Lo racconterà oggi nell’incontro “Gratuità e dono fattori dello sviluppo economico”. Con lui, in Sala C1, ci saranno Riccardo Bonacina, direttore di “Vita Non profit”, Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare e l’uruguayano Alejandro Marius, presidente dell’associazione Trabajo y persona. Per Petrosino, una via per risolvere la crisi, a ben vedere, c’è: «Non abbiamo bisogno di una economia del dono. Abbiamo bisogno di un’economia all’altezza del suo nome». In che senso? «Ormai quando si parla di economia si parla soltanto di business, cioè di una pratica finalizzata al profitto. Etimologicamente, però, la parola economia ha dentro il riferimento alla casa, oikos. In una casa nessuno mira al profitto, perché tutti cercano di tener conto degli altri: se ad esempio un papà torna tardi dal lavoro, lo si aspetta e si cena insieme. Io penso che l’economia non sia solo business, perché pur tra le difficoltà si deve cercare di tener conto dell’altro. Bisogna quindi tornare a un’economia che sia tale». Che vantaggio c’è a donare qualcosa? «Non bisogna dimenticarsi dell’altro, e nel farlo noi non agiamo con calcoli matematici, ma economici. Se io ho due figli non è vero che do una parte uguale a entrambi: se uno dei due non sta bene gli do di più. L’economia rischia costantemente di dimenticarsi di questo: l’esperienza del dono è ciò che ti ricorda che il tuo calcolo ha a che fare sempre con l’incalcolabile». E cos’è l’“incalcolabile”? «L’altro. Pensa a una mamma: quante volte si trova a cucinare piatti diversi per soddisfare i vari gusti dei suoi figli? È fantastico». E che forme concrete può prendere? «Ripeto, pensiamo ai mercati di oggi che ci hanno portato a questa crisi: non è economia. “La borsa è come una partita a poker”, si diceva a inizio secolo: ma questa è una patologia! Uno stato, ad esempio, dovrebbe aiutare gli imprenditori, non i finanziatori. Bisogna aiutare chi rischia,
Silvano Petrosino insegna Semiotica all’Università Cattolica di Milano
crea posti e lavoro. E poi sostenere il dono, che si equamente. Ma donare non è uno scambio». opera nel terzo settore e nelle opere di volontaIniziative come la Colletta Alimentare conriato». tinuano a stupire tutti: il sostegno della gente è Ma perché donare qualcosa, in un momen- sempre grande, nonostante la crisi sia molto to di crisi, nel quale le riseria. Per quanto i soldi siasorse si fanno più scarse e il no meno, si dona sempre. «L’esperienza domani è incerto? «Certo, perché l’uomo è «Donare è giusto, però (atsempre uomo, ed è capace di del dono è ciò tenzione) non può diventare gratuità. Pensa a tutte le opeche ti ricorda una legge. Non si può fare re di volontariato e caritative del dono un dovere, altriche abbiamo (in Italia questa che il tuo calcolo menti non sarebbe più un doè una dimensione sorprenha a che fare no. Dice San Paolo: “Date dente, di cui purtroppo si sempre con tutto quello che avete con parla poco): sono tantissime. gratuita e con letizia”. Cosa Ma il dono è sempre connesl’incalcolabile» mi spinge a farlo? È riconoso alla libertà». scere che la scena in cui io Ma allora che cosa dosono coinvolto è più grande dei miei calcoli. Poi vrebbe spingere una persona a interessarsi ognuno ha il dovere, ad esempio, di pagare il giu- dell’altro e farlo oggetto di dono? sto: se ti assumo a fare un lavoro devo retribuirti «È una delle esperienze in cui l’uomo si rivela
nella sua pienezza. Come l’arte: non c’è qualcosa che mi spinge a farla, è il mio essere uomo. Faccio spesso questo esempio: tu puoi mangiare con le mani, oppure puoi farlo con un piatto in tinta con la tovaglia. Se ti chiedo: “Perché lo fai?” Tu mi dici: “È meglio, è più bello”. È qualcosa che hai già dentro. Perché devo spiegare a mio figlio il Teorema di Pitagora? Perché sì, se non lo facessi sarei meno di quello che sono». Però non tutti ragionano così. «Certo, infatti serve un’educazione a questo. Non bisogna imporre dei valori, ma riflettere su quello che facciamo e abbiamo. È come l’innamoramento. Non è qualcosa che puoi decidere: accade. Però c’è un’educazione che ti aiuta a riflettere su quello che ti succede. La dimensione del dono è una cosa che tutti abbiamo dentro, qualcuno la dimentica, ma si può sempre valorizzare ed educare». Emmanuele Michela
È la testimonianza a educare, non i protocolli dello Stato Il matematico Israel critica il Tfa: «No alla dittatura degli esperti»
I due relatori dell’incontro: i professor Giorgio Israele e Sergio Belardinelli. Al centro Alberto Savorana, portavoce di Cl
Educazione ridotta a tecnica. Dove non c’è più la prima e impera la seconda, l’uomo smarrisce se stesso. Le radici di questo male, e tutte le possibili cure per guarirlo, sono state scandagliate nell’incontro intitolato “L’educazione moderna: specialisti del nulla?”, introdotto da Alberto Savorana, portavoce di Comunione e liberazione. A lui è toccato il compito di aprire la strada agli ospiti tracciando già un pezzo della percorso: «L’educazione è fattore senza il quale la società si condanna all’estinzione. Tuttavia non pochi sono quelli che oggi, col loro lavoro, smentiscono questo destino inesorabile». Due di questi sedevano ieri di fronte ad oltre 1.500 persone nell’auditorium B7 del Meeting. Sergio Belardinelli, docente di Sociologia
rienza che si comunica a un io». In una parola: «Una testimonianza». La strada da battere è questa. Anzi, «è una grande arma in una battaglia senz’armi», dice in conclusione Savorana. Tanto che agli “specialisti del nulla” è possibile contrapporre gli “esperti dell’umano”: «Esperti non nell’accezione tecnocratica del termine, ma nella sua vera etimologia: espertus, colui che ha fatto e fa esperienza e non ha paura di esibire ciò di cui consiste». In un passaggio della sua prefazione a “Il miracolo dell’ospitalità”, Carrón chiarisce quale portata è in gioco. Savorana ne legge un brano chiarificatore: «Accogliere è simile all’educare, cioè al comunicarsi di un pieno sul quale la vita poggia». Cristiano Guarneri
dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna e Giorgio Israel, docente di Matematica all’Università La Sapienza di Roma, hanno ripercorso cause, conseguenze e rimedi di una società svuotata di ciò che l’ha costituita. Prendendo a prestito alcuni passi di “Dopo la virtù” del filosofo Alasdair MacIntyre, Belardinelli tratteggia i sintomi di una comunità in cui rischiano di rimanere «solo simulacri di morale», e le opzioni in gioco (qui usa Rousseau) sono «spontaneismo e socializzazione, riduzioni tipiche e pericolose dell’educazione». Eccoci arrivati al vero male di oggi: «Il desiderio di emanciparsi da qualsiasi legame con la tradizione», strada che conduce a un’illusoria libertà e a una più certa
(e crescente) «solitudine, spaesamento irrilevanza sociale dentro l’uomo d’oggi». Educare, allora, è indispensabile «non per liberarci dai condizionamenti, né per diventare buoni cittadini (o buoni cattolici), ma semplicemente per trovare la nostra strada, per scoprire ciò che siamo». Belardinelli chiama a un ultimo, indispensabile punto di attenzione, cui si aggancerà, poi, l’intervento di Israel: «Non si può trasformare l’educazione in un protocollo da seguire. Parafrasando John Lennon, l’educazione “è ciò che accade mentre stai facendo altro”. Cioè passa attraverso parole, gesti, esempi di chi abbiamo intorno». E proprio la sfida della testimonianza è il cuore del contributo di Israel. Che non risparmia, in un’am-
pia premessa, qualche risoluto attacco alla «dittatura degli esperti, troppo spesso di nomina politica, che nel sistema educativo italiano hanno sostituito il merito con la statistica». Applausi prolungati quando Israel si scaglia contro i test di ammissione per il Tfa (tirocinio formativo attivo), nuovo sistema di abilitazione all’insegnamento: «Una toppa peggiore del buco». E quando accusa il «dirigismo statalista che si annida nel ministero dell’Istruzione, causa di una scienza piegata alla tecnica e al mito dell’oggettività». Un modo per tornare in carreggiata? «Il rapporto tra maestro e allievo: un’espe-
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«Il bosone sfida chi dice che tutto nasce dal caso» Dall’intuizione di Higgs alla scoperta scientifica del 2012 Rossi (Cern): «La realtà sfugge ai tentativi di possederla» «Faccio l’elettricista. Per vedere ci vuole la luce e io la fornisco. Poi altri vedono quello che illumino». Lucio Rossi si presenta così. In realtà è uno degli architetti e costruttori dell’Lhc (Large hadron collider) del Cern, il gigantesco acceleratore di particelle che corre per 27 km sotto Ginevra. In particolare era il dirigente del settore acceleratori e coordinava un’equipe di 220 ricercatori. Da un anno l’acceleratore funziona, e ora, fino al 2021, si occuperà dell’Lhc High Luminosity: «“Faremo più luce” nell’acceleratore, per vedere ancora più particelle». E vedere spetta alla squadra di Sergio Bertolucci, altro dirigente italiano del Cern, che oggi alle 11.15 sarà con Lucio Rossi in B7 per parlare della notizia scientifica del 2012: la scoperta del bosone di Higgs. Rossi l’anno scorso è venuto a parlare del tema del Meeting − la certezza − calato nella ricerca scientifica. Anche quest’anno non si tira indietro: «La certezza non è mai definitiva, cresce. Anche nella fisica. C’è un quid che ci sfugge, con tutte le sonde che costruiamo resta insondabile». Si ferma: «No, meglio: è inafferrabile. Pensiamo che la materia sia la cosa più concreta, e invece andandoci a fondo si è spinti sempre più in là, non la si possiede,
Lucio Rossi interverrà oggi alle 11,15 (B7) su “Il mistero della materia: il bosone di Higgs”
e si va verso l’infinito, così da un tema del Meeting vi di possederla. Il bosone di Higgs spiega il 4% si passa all’altro». della materia. Il resto è “oscura”. Sappiamo che c’è Ma non è scoraggiante procedere per appros- ma non sappiamo cos’è. Non la possediamo. Non simazioni? solo nella scienza, anche nei rapporti umani: i figli «No: quando guardi una cosa bella, più la guardi non sono tuoi, fanno quello che vogliono». e più cresce la sua bellezza. È una ricchezza che Eppure si dice che la scienza sia nata dalla senon si esaurisce. Se uno non ammette l’inafferrabi- conda concezione. lità del mistero, è una “ricerca di Sisifo”, uno sfor«Non è vero. Galileo ha migliorato uno struzo sempre uguale a sé stesso. mento, il cannocchiale, e l’ha E la conoscenza è una speranusato per qualcosa che nessuza tradita. La scoperta del bono aveva mai osato fare: l’ha «Nel 2011 parlai della puntato verso il cielo, l’infinisone è un grimaldello, chiude una porta piccola e ne apre uto che noi stiamo ancora stucertezza. Ma essa na molto più grande. Abbiadiando. Con le particelle è la cresce all’infinito. mo una certezza del stessa cosa: abbiamo un im99,99995% della sua esistenmenso microscopio con cui E da un Meeting za. Non è ancora totale». l’infinitamente si passa all’altro...» guardiamo È diffusa l’impressione di piccolo. La scienza nasce dalessere sempre sulla soglia l’accorgersi che il mondo è radella scoperta che strapperà zionale, che le leggi che goil velo all’ignoto. Perché? vernano il mondo e la mia ragione sono affini». «Ci sono due posizioni: o si riconosce nel limitaE il bosone di Higgs? to la presenza infinita, oppure tutto è finito. E l’uo«È la manifestazione della sostanza di Higgs. mo lo domina. La seconda posizione è frustrante: Quello che nel ‘64 lo scienziato britannico ha penla realtà si prende le sue vendette sui nostri tentati- sato che dovesse esistere. Tra le particelle elemen-
libreria
tari c’era una asimmetria, ma le leggi fondamentali della fisica sono simmetriche. Doveva esserci “qualcosa” che ristabilisse la simmetria, ora sappiamo che c’è. La scoperta apre tantissime domande ma è chiaro che la simmetria razionale c’è. Ci vuole fegato per dire che l’universo è fatto a caso». Le sue sono opinioni diffuse? «Parlando con un famoso fisico teorico, siamo arrivati a dire che queste simmetrie, se autofondate, possono essere il concetto di Dio. Io gli facevo notare però che posso conoscerla, vuol dire che mi ha voluto. Il bosone è un mattone, il fondamento della scienza è l'intelligibilità dell’universo». Non può essere che la mia capacità di comprendere sia frutto di una necessità evolutiva? «Nessuna delle due posizioni è necessaria. Riconoscere l’infinito è un atto di libertà, ed è giusto che sia così. Se i miei studi mi costringessero a riconoscerne l’esistenza, sarei avvantaggiato rispetto a mia madre, sarebbe ingiusto. C’è abbastanza luce per credere e abbastanza per non credere. E io e mia madre abbiamo le stesse chance di credere. Questa libertà però mi fa pensare che “dietro” c’è una Persona e non una macchina autoalimentata». Pietro Bongiolatti
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«Fossi nel patriarca inviterei il Papa» Monsignor Pezzi, arcivescovo di Mosca, tra i ragazzi allo stand di Russia Cristiana: «Benedetto XVI è una grande occasione per gli ortodossi» Una chiacchierata tra amici. Monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca, ieri al Meeting ha raggiunto lo stand di Russia Cristiana (pad. B5) e ha raccontato di sé in un piccolo momento pubblico tra i padiglioni. «Ricordo quando mi mandarono in Siberia in missione. Dicevo: “Ora sono arrivato io. Annunciamo a tutti Gesù Cristo e tutto cambierà!”». Aveva un desiderio buono: che Cristo venisse più amato, ma «ultimamente questo era come un progetto». E in quegli anni in Siberia, così come in questi di apostolato a Mosca, c’è stata e c’è la necessità di una progressiva conversione a quel che c’è già, perché «Cristo ha già conquistato e ha già vinto». E allora: «Il mio progetto non consiste nell’aggiungere qualcosa, ma nel far sì che nelle cose emerga di più Lui». Come? Giocandosi nella «santa quotidianità, il luogo del rapporto con Cristo». Monsignor Pezzi ha due priorità nel suo apostolato, che «nascono dagli incontri che faccio». Innanzitutto l’incontro con la gente, soprattutto con i giovani, che «hanno sete e fame di qualcosa di autentico». Racconta di una serata insieme, conclusa con un
canto: “Forever Young” di Bob Dylan. «Quando la sentii per la prima volta, a 16 anni, mi accorsi che da un lato era una menzogna - come si può augurare ad un adulto di rimanere sempre giovane? - ma dall’altro era come una ferita perché mi accorgevo che io ero già vecchio». E vedere i russi cantare quella canzone e poi rimanere in silenzio era come dire: «Questo grido vero di Bob Dylan era quello di tutti». Fondamentale anche il rapporto con i preti perché, per la testimonianza che portano, «chi gli è vicino non può non essere contagiato da loro». Ma c’è una condizione per tutto questo: il rapporto «ferito e dolorante con la Chiesa orto-
L’arcivescovo: «Quando mi mandarono in Siberia pensavo: ora cambierà tutto. Invece Cristo aveva già vinto»
dossa». E dice: «Per me il rapporto con loro è sempre meno una preoccupazione di dover fare qualcosa, perché è bello semplicemente raccontarci di come siamo feriti allo stesso modo da Cristo». Chiede un ragazzo: l’incontro con l’ortodossia cosa gli ha portato? «Impariamo nella misura in cui siamo attaccati al cammino di vita e di fede che abbiamo incontrato: il Movimento» e «L’essere sempre ai piedi di Cristo» ha fatto sì che ogni incontro divenisse occasione di imparare qualcosa, anche di molto concreto: «Ho imparato a sciare, a conoscere altre lingue oltre al dialetto romagnolo, a studiare la storia, la geografia». E a stare con gli ortodossi ci si rende conto di alcune cose: «La realtà dopo che Cristo è nato, morto e risorto, ha la caratteristica di mostrarLo. È trasfigurata. Il mondo è cambiato per un’assimilazione che Cristo fa a sé, e questo avviene attraverso uomini che si accorgono che la vita è cambiata attraverso di Lui». Ancora una volta don Pezzi ricorda la sua terra, ricca botte di ricordi e fonte ancora da cui imparare: «L’uomo da solo è finito, è come un pino solitario ravennate. Io
Monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca dal 2008
conosco solo dentro ad un rapporto. Fuori dal rapporto con Cristo e con la Chiesa non imparo nulla!». E lui Cristo l’ha incontrato dentro Cl. Dice: «Non c’è contraddizione fra il mio ruolo di vescovo e il carisma attraverso il quale ho incontrato Cristo. Anche se mi mandassero al Polo Nord, ricomincerei a fare la Scuola di Comunità con chi c’è. Anche da solo». «La Russia - dice - ha bisogno della
percezione della centralità della persona». E il Papa? «Per il russo in genere non è una figura che dica molto, ma non è percepito come un “nemico”. Per l’ortodosso è interessante e provoca attrazione». Poi si sbilancia: «Oggi farebbe solo bene la visita del Papa in Russia. Occorrerebbe un po’ più di coraggio. Fossi il patriarca, lo inviterei». Maria Valentini
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20/08 Etichettiamo: scoprire il contenuto delle etichette sui prodotti alimentari
21/08 Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità Paola Garrone - professore ordinario del Politecnico di Milano Marco Lucchini - direttore generale del Banco Alimentare
22/08 La salute inizia da un bicchiere d’acqua: istruzioni per tutte le età Marco Andena - medico chirurgo e membro dell’Osservatorio San Pellegrino
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GIORNALISTI Truzzi (Il Fatto): Alfieri (La Stampa): «Vedo una frenesia positiva» «Colpita da Nespoli e bonzi» «In Fiera accade molto più di quanto finisce sui giornali»
«Avrei voluto un incontro pubblico sulla lettera di Carrón»
All’apertura della settimana riminese, Marco AlUna capatina nella redazione del “Quotidiano fieri, inviato de “La Stampa” al Meeting di Rimini, Meeting” è stata un punto fisso nel “menu”di giorpubblicava un articolo dal titolo: “Cl, ritorno alle o- nata di Alfieri. Un po’ per motivi professionali — rigini per il Meeting orfano della politica”. Ora che fiutare qualche spunto o storia — un po’ per sincela settimana volge verso la conclusione, è normale ra voglia di far due chiacchiere con i colleghi. «Da chiedergli cosa ha visto di nuovo in questa edizione voi non ho mai visto facce cupe. Nessuno vive il 2012: «Innanzitutto il dibattito politico è “Quotidiano” come un giornalino dove si stato meno “da teatrino” e una sorlavora per due ore e poi si ozia: la paspresa è stata la regia governativa: sione aiuta». il presidente Monti e i suoi miIl Meeting ha fatto breccia nel lanistri hanno rilanciato l’agenda voro dell’inviato de “La Stampa”: verso la crescita. È stato im«Stupisce sentire alcuni colleghi, portante anche il tema Formidi ritorno dal Meeting, dire: “Quegoni, con un eccesso di livore sta settimana ho imparato molto da parte sua. Poi però esiste un dai ragazzi”. È un’esperienza che livello che non arriva sui giornali: i non avviene più nei grandi giornali e dibattiti che mirano a temi sociali, che questa è la ragione per cui tanti giornalisti sono il nerbo del Meeting. Per enon hanno più personalità. E poi migliaia Marco Alfieri sempio, l’incontro sulle carceri, o di volontari e famiglie rinunciano alle fequello con Paolo Nespoli». rie. In fondo esiste un rapporto inversamente proNei giorni trascorsi a Rimini la sala stampa è sta- porzionale tra ciò che avviene al Meeting e quello ta spesso affollata, con circa 800 giornalisti accredi- che poi è pubblicato sui giornali: accendere un faro tati. Per Marco Alfieri «l’ambiente è sempre molto sugli eventi “commestibili” tradisce il fatto che gli adrenalinico. Il Meeting è come uno Zibaldone do- incontri meno rincorsi dalla stampa sono spesso i ve accade molto più di quanto finisca sui giornali: più seguiti dai visitatori. Forse, se i giornali perdono rimane di sicuro un’esperienza che è utile per ana- copie, è anche per questo motivo». lizzare ciò che accade. È una “frenesia positiva”». Luca Maggi
Il “Fatto Quotidiano” ha inviato Silvia l’attenzione di Silvia Truzzi è stato l’incontro Truzzi a inseguire il Meeting, da lei definito con Paolo Nespoli: «È stato davvero molto «uno specchio del tempo che stiamo vivendo, interessante. Purtroppo il “Fatto Quotidiano” che ha messo la crisi al centro della discus- non si occupa di questi argomenti: non è presione pubblica». visto uno spazio dove si possa pubblicare il La giornalista, raggiunta al telefono già di racconto del dibattito con Nespoli». ritorno a casa, ha evidenziato la Una domanda anche sul clima di lagrande varietà di temi presenti alvoro che si è respirato durante la l’interno dell’edizione 2012. E settimana e sulla sala stampa, ha aggiunto: «Purtroppo ho luogo di lavoro di tanti inviati: dovuto seguire prima di «L’atmosfera era tutto sommatutto quanto indicatomi to serena, benché i miei colledalla redazione, ma avrei ghi non contribuissero a renvoluto visitare alcune moderla vivacissima: non era sistre e vedere altri incontri. In curamente la sala stampa del particolare, mi è dispiaciuto Festival di Sanremo». non poter vedere la mostra sui A proposito del press office, Silvia giovani e la crescita». Truzzi spezza una lancia in favore Silvia Truzzi Dell’ingente mole di proposte dell’organizzazione: «Devo ammete contenuti, Silvia Truzzi ha sottolineato i tere che l’ufficio stampa è molto efficiente. due appuntamenti per lei più importanti: «Mi L’unica pecca è stato il wifi, poco potente» ha affascinato la mostra sul buddhismo Shin- conclude, facendosi portavoce di molti collegon e il Monte Koya: è stata una novità poter ghi. vedere, all’interno di un evento fondato sulC’è solo un rammarico: «Sarebbe stato bell’esperienza cattolica, un luogo espositivo lo avere un incontro pubblico sulla lettera di dove fosse messo a tema il buddhismo». don Carrón...». Il secondo appuntamento che ha catturato L. M.
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«Tutta la vita è una start-up» Marinucci: «Costruisco innovazione. Come voi al Meeting» Marco Marinucci, manager di Google e fondatore di MindtheBridge.org, è al Meeting da solo tre giorni. Nel tempo libero aiuta le giovani imprese a crescere (le cosiddette start-up). Ma le intense esperienze vissute in questi giorni in Fiera lo hanno spinto a condividere le sue emozioni con tutti i lettori del blog che tiene sul sito del “Corriere della Sera” (“Silicon Valley”): «Ho scoperto che uno dei temi principali dibattuti all’evento tratta precisamente di problematiche di auto-determinazione, ricerca di eccellenza, creazione prima di tutto personale che mi (ci) tengono sveglio la notte da anni». Il lavoro di ogni giorno, dunque, consiste tutto nella realizzazione della persona, guidata dal faro dei suoi desideri. L’intervento nel suo blog continua così: «Ho scoperto, o meglio realizzato nuovamente, che “fare start-up” è probabilmente l’espressione più totalizzante, auto-identificativa dello spirito di realizzazione che abita in noi. In una parola, dell’anelito verso l’infinito». C’è un’idea interessante di solidarietà dietro tutto questo, perché, spiega Marinucci, «la nostra opera è improntata sullo stile “to give back”. Abbiamo ricevuto tanto, e vogliamo anche noi contribuire allo sviluppo delle idee di altre persone». Il manager di Google però rimane spesso stupito delle statistiche su giovani e lavoro in Italia: «Da noi solo il 23% dei giovani pensa di poter fare qualcosa per cambiare in meglio la propria vita». Lui però ama definire questo comportamento in un altro modo: «Lo chiamo “bias to action” (scarsa attitudine all’azione), cioè il fatto che molti giovani non hanno fiducia nei loro mezzi, perché non hanno fiducia nel sistema». Molti potrebbero rispondere che questo è un problema insupera-
Marco Marinucci al termine dell’incontro di ieri in Fiera. «Ho scoperto che i temi che dibattete qui sono gli stessi che da anni mi tengono sveglio la notte»
bile. «Tutta la nostra vita è identifi- margine dell’incontro spiega meglio cata da due o tre scelte che abbiamo che cosa è MindtheBridge, iniziatifatto. Venti secondi di coraggio in- va voluta per portare le eccellenze isensato ti cambiano la vita per il taliane alla Silicon Valley: «Il nomeglio. Invece — stro è un progetto continua Mariper le migliori inucci — spesso le dee di giovani itanostre famiglie ci Il manager di Google liani che vogliono trasmettono il terimpegnarsi in una e blogger rore del fallimenrealtà piena di opdel “Corriere.it”: to. È un tentativo portunità come la di proteggerci dal «In questi volontari California. L’omondo, mentre in biettivo è di forniho visto realtà dovrebbero re loro le risorse che la generazione per cominciare lasciarci andare». Anche sul pall’impresa, fino a dei bamboccioni co, poi, invitato a che non saranno è già finita» parlare ieri di inin grado di portarnovazione e nuola avanti da soli». ve tecnologie, non Per pubblicizsmette di elogiare l’iniziativa del zare la loro iniziativa, quest’anno Meeting: «Nei vostri occhi vedo hanno deciso di girare l’Italia in che è finita la generazione dei bam- 500: «Facciamo il verso ad una venboccioni, se mai sono esistiti». A ture company degli Usa (500 star-
tup). Noi non abbiamo 500 startup, ma giriamo l’Italia con questa macchinina per mostrare che è possibile rendere reali le proprie idee». Poi spiega perché ha deciso di elogiare il Meeting sul suo blog: «Qui voi (indicando i volontari) spendete la vostra vita per qualcosa di più grande». Ma i cervelli, e le opportunità, a disposizione di chi vuole cominciare una nuova avventura imprenditoriale sul web non sono finiti. E si capisce bene che cosa significa l’espressione inglese brainstorming, perché di cervelli in tempesta, qui, ce ne sono davvero tanti. Fra tutti, una bambina di 11 anni, che in un video spiega meglio di un ingegnere navigato come usare uno smartphone, quale è la differenza fra la email e la chat (la risposta istantanea) e perché la tecnologia è importante. Lei è Blanca, figlia di uno dei
Una @Pandemia a Rimini
primi esperti italiani del web, Marco Zamperini, chief innovation officer presso NTT Data. Blanca non è potuta venire al Meeting perché, nonostante la sua età, sta seguendo un corso negli Usa, all’università di Stanford. Ma è proprio il padre a mettere tutti in guardia dai facili entusiasmi: «Questi bambini sanno benissimo come funziona la tecnologia — continua Zamperini — ma non sono educati ad usarla. Abbiamo bisogno di famiglie che li educhino, e che non li lascino soli davanti alla grande piazza globale». Insieme a Gianluca Dettori, un altro imprenditore che ha avuto il coraggio di scommettere sui giovani che vogliono fare impresa, Zamperini gira l’Italia in camper, per incontrare nuovi volti e nuove idee. E il risultato è spesso sorprendente: «Incontriamo giovani stupiti di vedere qualcuno che li tratta da adulti e che prende sul serio fino in fondo le loro idee». E poi, per chi non fosse ancora convinto delle molteplici possibilità che riserva il web ai giovani d’oggi, c’è la Brain Calling Fair organizzata ogni anno dalla American Chamber of Commerce: «La nostra iniziativa — afferma Andrea Simone Crolla, che è anche deputato del Pdl — è aperta alle idee di tutti. Noi vogliamo mettere insieme l’uomo della strada con le grandi multinazionali». L’Italia che vuole riscattarsi dalla crisi, insomma, sembra pronta a ripartire dal web. Che, chiosa Crolla, «rappresenta appena il 2% del nostro Pil». Come a dire, pensate le opportunità di crescita. Giovanni Zaccaroni
Luca Conti, alias @Pandemia, è consulente del Social Media Team del Meeting
Luca Conti, social team: con noi anche chi è lontano partecipa Su Twitter è @Pandemia, ma anche dal vivo Luca Conti è un fiume in piena: mostra da subito le sue carte, descrivendo il mondo del web 2.0 di cui è appassionato da molti anni. E per quasi un’ora, lungo tutta l’intervista, indica le sorprese di un evento che «non poteva passare inosservato». Com’è stato raccontare una settimana di Meeting? «L’aspetto che mi stupisce di più è il volume di attività: è difficile raccontare tutto, anche se si lavora a pieno ritmo e si organizza un piano d’azione il giorno prima. Durante l’anno partecipo a molti eventi di massa, ma il Meeting è davvero partecipato. Sono molto soddisfatto comunque del lavoro svolto con il Social Media Team». Perché hai deciso di partecipare e d’impegnarti per diffondere il Meeting? «L’anno scorso a maggio la società che cura il motore del sito e l’applicazione del Meeting ha organizzato un incontro sul web 2.0. Ho conosciuto Matteo Lessi, capo ufficio stampa del Meeting, che mi ha invitato a
Rimini. In quei giorni è emersa chiaramente la portata di questo evento e ho accettato la proposta di formare e seguire un team che potesse mettere il Meeting in contatto con il mondo dei social network. È un evento che per temi, contenuti e ospiti non può passare inosservato, o essere bollato come manifestazione affaristica. Non ho mai avuto occasione di trovare un dibattito con la verità rivelata, data per indottrinamento!». Qual è l’utilità del Social Media Team? «È importante che anche chi non visiti la Fiera abbia l’opportunità di vedere cosa succede: è una modalità efficace di raggiungere le persone e, molte volte, interessarle a ciò che accade dentro il Meeting. Almeno si vede un’occasione; poi ciascuno è libero di coglierla o d’ignorarla». L’anno prossimo tornerai? «Sì, anche perché il progetto è in divenire: è necessario migliorare e utilizzare i nuovi strumenti che - eventualmente - emergeranno l’anno prossimo per continuare il lavoro sul “Meeting social”».
La tua decisione di tornare è dovuta anche a una mostra o a un incontro in particolare? «Certo. La prima mostra che vorrei citare è quella sui giovani, perché non pone la questione su un piano ideologico, ma riesce ad avere un orizzonte più ampio, affrontando alcuni punti nevralgici del problema educativo in Italia. Al centro del dibattito politico sarebbe opportuno che fossero protagonisti temi così piuttosto che polemiche politiche fini a se stesse. Anche la realizzazione scenografica è molto efficace: sarebbe importante che i video fossero reperibili online. La seconda esposizione degna di nota, e che voglio visitare prima della fine del Mee-
ting è quella sul rock. Il tema è trasversale e interessa un pubblico molto ampio, per questo ha attirato il maggior numero di visitatori. Il dibattito che mi ha colpito di più è stato l’incontro con Paolo Nespoli, che ha generato un volume notevole di partecipazione sui social network». Il Meeting ha ricevuto alcune critiche anche da Twitter. Che invito vorresti rivolgere a chi discredita questo evento senza conoscerlo? «È vero, sono apparse alcune obiezioni, ma chi è sicuro della propria idea si mette sempre in discussione. Per questo vorrei invitare chi ha esposto delle critiche a vivere il Meeting di persona, perché il suo valore aggiunto è proprio la possibilità di dialogo. Così una persona potrebbe rafforzare le proprie critiche, oppure cambiare la propria opinione. Invece, una chiusura nei propri pregiudizi è indice di paura del confronto e perlopiù - dimostra l’insicurezza del proprio giudizio». Luca Maggi
IL LIBRO / 1 12
25 agosto
Folco, Gregorio e le Torri «Il mio romanzo in 4D» Una storia ambientata nel Medioevo dei grandi ideali è l’opera prima di Francesco Fadigati «Aprirsi alla realtà dà una dimensione più profonda e vera alle vicende dei miei personaggi» Dopo la terza ristampa, raggiunge il pubblico del Meeting “La congiura delle torri” (editore Bolis) di Francesco Fadigati, insegnante alla scuola “La Traccia” di Calcinate (Bergamo). L’autore racconta al Quotidiano Meeting la nascita del romanzo e il suo amore per la scrittura. Professore, ci racconti in sintesi la trama del libro. «Siamo nel Medioevo, al tempo della lotta tra papa Innocenzo II e Anacleto. Folco dei Lamberti, giovane orfano di Urgnano, è accolto nel monastero di Astino ed entra a servizio di Gregorio. Qui inizia l’avventura: si innamora, incontra i compagni della sua vita e, quando Gregorio diventa vescovo, si offre come suo ufficiale difensore. Impara così cosa significa dare la vita per qualcuno, donare la sua spada per il signore più grande che c’è». Com’è nata l’idea del romanzo? «In università ho sentito il desiderio di scrivere la storia di un cavaliere medievale. Nel Medioevo intravedevo l’orizzonte delle cose che più mi hanno toccato nella vita, lì le
Francesco Fadigati ha presentato la sua opera prima “La congiura delle torri”
cose sanno di ideale. Nel 2006 ho incontrato Maria Teresa Brolis, storica medievalista, che mi ha raccontato l’incredibile storia del vescovo Gregorio. Ho capito che c’era spazio per il mio desiderio e che avrei fatto di Folco il cavaliere di Gregorio. Sono tornato a casa, ho scritto otto pagine e le ho mandate alla professoressa. Dopo un mese mi ha chiamato il presidente della Mia (Congre-
gazione della Misericordia maggiore): aveva appena comprato il monastero di Astino e letto le mie pagine. Se volevo continuare, lui mi sosteneva». Così è iniziata l’avventura. «Sì. Ho scritto il libro a casa della professoressa e per le viuzze di Bergamo: io vagavo per la città e lei, da casa, mi guidava consultando mappe della città medievale. Mi indica-
il portale pubblico per cercare e offrire lavoro basta un clic www.cliclavoro.gov.it
va la presenza di torri e vecchi edifici e io li cercavo tra il cemento». Quando è nata la sua passione per la scrittura? «Alle medie tornavo a casa da scuola, infilavo le babbucce e mi mettevo a scrivere un libro fantasy. Poi sono passato ai racconti, e infine al romanzo. “La congiura delle torri” è stato un invito a guardare: mi ha permesso di imparare un dialogo
con la realtà. Scrivere mi rimette davanti alla bellezza che vedo e che non voglio perdere. Quando qualcosa ti colpisce, ti senti tutto scosso dal desiderio di poterla ritoccare, di rimettertici davanti, come quando vedi una faccia che ti piace». Spesso gli scrittori avvertono l’incapacità di esprimere la bellezza che vedono. «Sempre. La scrittura è una tensione approssimativa. Davanti al foglio mi accorgo che le parole svicolano, mentre la bellezza è qua. Rimane sempre una distanza, la stessa che mi rimette in moto. Come il “Noli me tangere” di Beato Angelico: nello spazio tra le dita di Gesù e della Maddalena sboccia una fantasia di fiori meravigliosa. Bisogna cercare la parola che più si avvicina all’oggetto. Se usiamo sempre le solite parole le cose ci sembrano piatte. Se invece cerchiamo quelle più vicine alla realtà da raccontare, ci accorgiamo che nelle cose c’è una densità misteriosa». Dove il romanzo rivela di più la densità misteriosa della realtà? «Una giornalista ha commentato che i personaggi del libro sono in 4D: tutti, anche quelli marginali, sono in rapporto con l’ambiente, le pietre, gli altri personaggi e qualcosa di misterioso che gli dà la fisionomia. Io lo vedo nel fatto che la realtà si infila continuamente nelle vicende dei personaggi: quando litigano, combattono o si perdono in pensieri succede sempre qualcosa — un fringuello che arriva, la pioggia che inizia a cadere — che li rimette di fronte alla realtà». Laura Bertoli
IL LIBRO / 2 13
25 agosto La copertina del volume che raccoglie appunti e annotazioni di Giovanni Marco Calzone. «Ogni volta che con la sorella Rita incontravo don Giussani — ha detto Mariella Carlotti durante la presentazione — insisteva sulla diffusione di questi scritti»
Felici e senza fine i giorni di Giovanni Si può morire a ventisei anni e lasciare una traccia che non si esaurisce In un libro la storia di un giovane docente. Cara anche a don Giussani Si può morire a ventisei anni ma lasciare un’eredità e generare nel tempo quanto non si potrebbe fare in una vita lunga e intensa. Il libro “Si prospettano giorni felici” (Marietti), presentato lunedì al Caffè Letterario narra di una storia interrotta bruscamente sulla terra da un incidente in cui persero la vita due amici, ma che ha come orizzonte l’Infinito. «Si prospettano giorni felici, perché ho chiesto al Signore di poterLo servire» scriveva qualche mese prima della morte Giovanni Marco Calzone, giovane docente di filosofia presso un liceo classico napoletano. Frase che don Giussani volle divenisse il titolo degli esercizi di Pasqua 1988 e che così commentò: «Non giorni felici perché aveva finito l’università in un modo brillante; non perché era una delle personalità più affascinanti e più “impressive” di tutta quanta la compagnia, non perché avesse realmente davanti una prospettiva ricca e umanamente tutta positiva; non perché avesse una bellissima ragazza come fidanzata. Si prospettano giorni felici, perché ha chiesto al Signore di poterLo servire. Il pensiero e l’amore hanno un solo sco-
po: servire il Signore». Terzo di sei figli in una solida famiglia cattolica, per Giovanni era stato decisivo l’incontro in università con l’esperienza di Cl. Alla sua morte i familiari raccolsero i suoi appunti, le sue annotazioni e ne uscì una prima edizione “pro manuscripto”. A deciderne
Scriveva nel diario: «Si tratta di riconoscere la realtà come è, senza i pregiudizi e i sentimentalismi legati al momento. Occorre ricordare la positività che abbiamo scoperto» ora la pubblicazione è stata la grande attualità delle sue parole e il conforto che esse hanno costituito per molti in questi anni, in primis per la sua famiglia che da questo avvenimento è usci-
ta unita, rafforzata nelle fede e profondamente cambiata. Alla presentazione erano presenti i genitori Maria ed Angelo, ultraottantenni, le sorelle Rita ed Angela, Memores Domini, e le famiglie di Pina ed Innocenzo rispettivamente con i due e sei figli; c’era anche la fidanzata di allora, miracolosamente uscita incolume da quel tragico incidente, e numerosi amici. Il percorso di Giovanni, il suo cammino verso il Destino, è stato narrato a due voci da Mariella Carlotti, insegnante di Letteratura Italiana a Firenze, e da Carmine di Martino, docente di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Milano. La prima ha esordito affermando di aver conosciuto Giovanni grazie all’eredità umana e spirituale che ha lasciato: «Ogni volta che con Rita incontravo don Giussani – ha detto – lui non faceva che insistere sulla diffusione degli scritti di Giovanni. Desiderava fossero conosciuti». La lettura di alcuni passi del libro ha reso evidente di che calibro fosse Giovanni. «La buona volontà non basta. Si deve partire per un’avventura in cui chi calcola le cose non sei tu». «Vivere
non è mai banale se si pensa che l’Infinito è misterioso e potente e sconvolge tutti i nostri idoli, anche quelli più persuasivi. C’è sempre in ogni istante, anche se non sembra, la possibilità di trascendere la sfera dell’ovvio e continuare la seconda navigazione. Tutto si consuma. L’Infinito no». Carmine di Martino ha raccontato di un’amicizia reale, di una persona che lo aveva profondamente incuriosito «per l’evidente inclinazione al pensiero» e con la quale aveva in comune la passione per la filosofia e per il calcio (Giovanni era un brillante centrocampista). Ha proposto alcuni brani dal libro che mostrano il fuoco che gli bruciava dentro. «Non si tratta di fare
lo sforzo volontaristico di vedere le cose come se fossero belle e buone mentre non lo sono; si tratta soltanto di riconoscere la realtà così come essa è, di contemplarla senza i pregiudizi, i sentimentalismi legati al momento. Occorre una continua tensione per ricordare la positività che abbiamo scoperto. Essa c’era già prima di noi». «Il cattolico è estroverso, perché tutto è significativo, e l’apertura alla realtà è la via per giungere alla realizzazione di sé». Il libro contiene anche contributi di don Giussani e di don Tantardini ed è acquistabile in libreria nel padiglione D5. Spero di avervi convinto: leggetelo. Aida Salanti
VITA DA MEETING 14 25 agosto
«Qui sant’Ellero si sente a casa sua» Lo stand sulla storia dell’antica abbazia appenninica di Galeata Antenore è il custode: «Il Meeting è il posto giusto per farla conoscere»
Galeata, 2.500 anime nell’Appennino romagnolo, deve tutto all’abbazia fondata da sant’Ellero nel V secolo. Abbandonata nel 1400, la chiesa è custodita da Antenore, insegnante in pensione, che ancora suona le campane tirando le corde, facendo una melodia diversa per ogni tempo liturgico. Al Meeting lo potete trovare nella Hall Sud, da mattina a sera allo stand di Galeata
Ci sono stand minuscoli, che non danno gadget, ma nascondono grandi storie. Ve ne suggeriamo uno, sta davanti all’arena della hall sud, porta scritto “Galeata”, che è un paesino di 2.500 anime probabilmente sconosciuto a chi non viene dalla Romagna, non è uno storico e non è avvezzo ai pellegrinaggi. Ha un patrono che si chiama sant’Ellero e ha un fedele custode della sua abbazia che si chiama Antenore, ha 71 anni e non è un ciellino (tanto vale precisarlo subito, perché in questo caso è un valore aggiunto): tutti i giorni fa 160 chilometri per essere qui e lo trovate, sempre pronto a raccontare, da “Negra sombra” a “Negra sombra”. «Abbiamo voluto farvi conoscere la nostra abbazia e la sua storia, perché credo che il Meeting sia il posto dove possano essere capite», dice convinto. Galeata, che ha una storia lunga come la coda del lupo di Ellero (condannato, secondo la leggenda, ad avere un’estremità lunghissima che lo rendesse preda di tutti per aver sbranato un asinello caro al santo), affonda le sue radici in epoca romana e ne mantiene una ricca zona archeologi-
ca. Sant’Ellero, nato nel 476, fine dell’impero di Occidente, vi giunge dalla Tuscia per cominciare la sua vita ascetica a soli 13 anni e dà vita a un centro monastico di regola benedettina. Teodorico stesso, re degli Ostrogoti, ebbe un incontro-scontro con il santo e se non si può parlare, per lui di fede ariana, di una conversione al cattolicesimo, sicuramente si può parlare di grande stima e solida amicizia. L’ultimo “abate scalzo” se ne andrà nel 1400 quando l’abbazia, ormai in declino, verrà unita all’eremo di Camaldoli. Tutta la storia la potete leggere nel libro “Sant’Ellero una memoria viva” dello storico Paolo Poponessi, che ripresenta un testo del 1700 recentemente ritrovato. Da oltre vent’anni è Antenore, insegnante di scuola media ora in pensione, ad avere cura della chiesa, a raggiungerla ogni giorno per tenerla in ordine, prepararla per le tre messe che vi sono celebrate ogni domenica e accogliere i pellegrini che giungono dai luoghi più svariati per “la magia delle pietre” che danno sollievo allo spirito e al corpo. La casa di Antenore è alle pendici del terrazzo su cui sorge
l’abbazia e sant’Ellero è per lui un fedele amico; tanti sono stati i momenti in cui il suo sguardo si è alzato in cerca di conforto, da quando insieme ai sette fratelli, a 12 anni, perse nel giro di 20 giorni sia la mamma sia il papà. Galeata ha dato i natali anche a don Giulio Facibeni (fondatore dell’Opera “Madonnina del Grappa”) per il quale è aperto il processo di beatificazione: fu lui a portare il nipote Antenore presso di sé nel collegio degli Scolopi a Firenze, fargli proseguire gli studi e temprarne la fede. Antenore è anche il campanaro dell’abbazia, di quelli che ancora suonano le campane tirando le corde e compongono melodie diverse a seconda del momento liturgico. Anche questo l’ha imparato dallo zio prete, come la passione per il volontariato: a casa conserva ancora il cappuccio con cui i membri della Misericordia, storica istituzione di soccorso romagnola, nascondevano il viso perché non a loro, ma a Dio fosse resa gloria. Per questo non gli ho detto che avrei parlato anche di Antenore, non solo di sant’Ellero. Aida Salanti
SPETTACOLO 15
Una media di seicento spettatori a serata e quattrocento nella visione pomeridiana dedicata a famiglie e bambini. I numeri, prima ancora dei commenti entusiasti, dicono del successo colto quest’anno dalla programmazione cinematografica del Meeting. Presentatasi, sotto molti profili, con novità importanti, anzitutto nella modalità con cui le pellicole sono state proposte al pubblico: introdotte prima del ciak e aperte al commento guidato subito dopo il finale. Merito di un lavoro di preparazione curato sin nei dettagli dall’associazione Sentieri del cinema, che ha scelto i dieci titoli visti in questa trentaduesima edizione pescandoli da quelli proposti durante l’ultimo anno. Tanto, tantissimo, poi, ha fatto la nuova (e presente qui a Rimini per la prima volta) sala cinematografica allestita nel padiglione D7: una hall da ottocento posti, attrezzata con apparecchiature modernissime che hanno reso ancor più apprezzabile la visione dei film. Certamente un investimento azzeccato. Le sorprese, in questo modo, non sono mancate. A cominciare dal tutto
25 agosto
I Magnifici Dieci in dolby surround Il popolo del Meeting decreta il successo della spettacolare sala-cinema Le pellicole più apprezzate? “The way back” e il poema di Malick esaurito durante l’anteprima nazionale dell’ultimo gioiello della Pixar, “Ribelle-The Brave”, regia di Mark Andrews e Brenda Chapman. Fino ad arrivare alla ricchezza con cui addirittura i più piccoli hanno affrontato seriamente il cineforum. «Molti hanno avuto il coraggio di parlare al microfono e la lungimiranza di cogliere alcuni particolari non banali. A volte mi sono commosso», racconta Antonio Autieri, direttore di Sentieri. Un segno che mostra un traguardo raggiunto. «Dieci occasioni di introdurre a una bellezza: questo è successo», spiega ancora Autieri. D’accor-
do con lui Beppe Musicco, presidente di Sentieri: «Il cinema è qualcuno che ti racconta una storia, che ti prende per mano e ti mostra, con immagini e parole, qualcosa destinato a colpirti». Non a caso la partecipazione del pubblico di fronte ad alcune pellicole è stata quasi “fisica”: «Stando fuori dalla sala si sentivano gli “ooohh” e gli “uuuuh” esclamati davanti ad alcune scene». Il clima e le impressioni registrate tra il pubblico all’uscita della sala confermano il giudizio espresso di fronte ai numeri. «Abbiamo visto gente desiderosa di cogliere i segni di
quella bellezza, di andare a fondo nelle storie, anche nelle più drammatiche, ricercando tracce di mistero», racconta Autieri. Se si dovesse stilare una classifica delle pellicole più apprezzate, il gradimento percepito dice di una lotta finita sostanzialmente in parità tra “The way back” e “Tree of life”. «Due film differenti, è vero — spiega Musicco —, ma accomunati da un sofferto cammino umano alla ricerca di senso che ha interrogato tantissimo». Il primo inchioda alla poltrona per la drammaticità della fuga dei protagonisti, una sorta di paradigma
Qui sopra, inmmagini di alcuni tra i film proiettati durante la settimana del Meeting. Da sinistra, il celebre Tree of life; il seguitissimo The way back; un’immagine dell’anteprima nazionale di Ribelle-The brave; una scena di L’arte di vincere.
del cammino che tocca ad ogni uomo nella propria vita. Il secondo, il pluricitato film di Terrence Malick, è risultato scavare a fondo nella curiosità del pubblico per la profondità — e la ricchezza artistica — con cui tocca il tema del rapporto col mistero, dialogo talvolta soffertissimo ma mai da evitare. Non a caso, alla libreria del Meeting è risultato il dvd più venduto. «Quel film è un percorso che non finisce mai, un poema fatto di immagini, scene, racconto e musica — spiega ancora Musicco —. Mi piace sempre ricordare quello che disse Roberto Benigni dopo averne assistito alla prima: “È stato come vedere la Cappella Sistina e Michelangelo dipingerla”». Cristiano Guarneri
2° EDIZIONE
C’è un’Italia che progetta lavora e cresce Ci sono grandi progetti e progetti che diventano grandi e ci sono grandi idee che diventeranno grandi realtà, g o parte di una grande realtà: il nostro Paese. nio di
SEMINARI FINMECC FINMECCANICA ANICA
TECNOLOGIE OGIE IN DIALOGO D DIAL OGO AREA FINMECCANICA-D5 ECCANICA-D5 D5 LA LAVORI AVORI IN CO CORSO RSO dalle 16:00 all alle e 16:45
20 AGOSTO LA CITTÀ DEL FUTURO A cura di SELEX ELSAG SELEX SISTEMI INTEGRA RA AT TI
21 AGOSTO PROTEGGERE IL PIANETA... LA PREVENZIONE GRAZIE ALL L’’OSSERVA AZIONE SA AT TELLITARE A cura di TELESPAZIO
22 AGOSTO DALLE FRECCE TRICOLORI AL DREAMLINER: LE NUOVE FRONTIERE DELLE INGEGNERIE AERONAUTICHE A cura di ALENIA AERMACCHI
23 AGOSTO GLI ELICOTTERI E LA GESTIONE DELLE EMERGENZE: LA VERSA ATILIT T À OPERAT TIVA DELL L’ALA ROTANTE A cura di AGUSTAWESTLAND
24 AGOSTO IL VA ALORE DEL LA AVORO: IL PROGETTO “TICKET TO WORK” A cura di FINMECCANICA
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MEETING RIMINI - 19 · 25 A AGOSTO GOSTO 2012 - RIMINI FIERA P PAD. AD. B5/D5
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VITA DA MEETING 17 25 agosto
L’imprevedibile classifica Il catalogo della mostra sul Duomo di Milano guida la top ten dei libri più venduti, seguono il cardinale Biffi (1 euro) e «La città di Dio» di De Wohl. Saggistica preferita ai romanzi. Di Malick e del «Boss» il film e il disco più gettonati È l’ultimo giorno e si tirano le fila del Meeting, in tutta la fiera. Compreso nel luogo più bivalente: paradisiaco per la testa, infernale per il portafogli. Tanta buona stampa concentrata in quasi 1000 metri quadri è difficile da trovare; capita di uscire appesantiti da pile di libri e, fenomeno diffuso tra gli universitari, senza gli ultimi euro dell’estate, compresi quelli per il pranzo sulla strada per casa. Il vero fenomeno editoriale di quest’anno è stato il catalogo su una delle mostre più frequentate della Fiera: quella sul Duomo di Milano. “Ad Usum Fabricae” di Mariella Carlotti e Martina Saltamacchia conquista il titolo di libro più venduto del Meeting 2012. Al secondo posto, nella classifica di vendita, si piazza il libro di Clara Gaymard, la figlia di Jérôme Lejeune, “La vita è una sfida”. Sarà stato il passaparola tra chi l’ha letto dopo l’incontro dell’anno scorso, in cui la Gaymard aveva raccontato la sua vita e quella di suo padre, oppure la mostra allestita in A1 — “Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi?” — sulle scoperte genetiche del padre, sta di fatto che le scorte sono finite già l’altro ieri. Anche il catalogo della mostra ha venduto molto. Sul terzo gradino del podio si è piazzato un romanzo, “La città di Dio” di Louis De Wohl. Quarto posto per il toccante diario di Giovanni Marco Calzone, “Si prospettano giorni felici” (ne parliamo a pagina 13), che si aggiudica il simbolico premio di volume più venduto tra quelli presentati negli Inviti alla lettura. Seguono “Dostoevskij - Il sacro nel profano” di Tat’jana Kasatkina; “E adesso cosa faccio?” dello psicanalista Luigi Ballerini sul rapporto tra genitori e figli; “La sfida del cambiamento” di Giorgio Vittadini e Lorenza Violini. Da segnalare il successo di “Ma io
MEETING
QUOTIDIANO
Top Ten assoluta 1 - Ad Usum Fabricae di Carlotti - Saltamacchia (Concreo Edizioni)
2 - La fortuna di appartenergli di Giacomo Biffi (Edizioni studi domenicani)
Ragazzi 1 - Ma io chi sono?! Paola Platania - Anna Formaggio (Piccola Casa Editrice)
2 - Cose che nessuno sa di Alessandro D’Avenia (Mondadori)
3 - La città di Dio 4 - Si prospettano giorni felici
2 - Lautari
di Mariella Carlotti e Martina Saltamacchia (Concreo edizioni)
di Emil Lotjanu
Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune (Euresis)
6 - E adesso cosa faccio?
4 - Tre accordi e il desiderio di verità.
di Luigi Ballerini (Lindau)
Rock’n roll come ricerca dell’infinito
7 - La sfida del cambiamento
Narrativa
di Emmanuel Exitu
Top Three Cd 1 - The welcome glass The Shamrock Band
2 - Greatest Hits Bruce Springsteen and the E-Street Band
3 - Negra sombra Manoli Ramirez De Arellano
1 - La città di Dio di Louis de Wohl (Bur)
2 - La congiura delle torri di Francesco Fadigati (Bolis)
3 - L’anello del pescatore di Jan Dobraczynski (Gribaudi)
Cd Rock
5 - Albania, Athleta Christi Alle radici della libertà di un popolo (Itaca)
6 - L’imprevedibile istante
1 - Greatest Hits Bruce Springsteen and the E-Street Band
2 - Banga Patti Smith
Giovani per la crescita
3 - Best 25 Years
(Piccola Casa Editrice)
di Mario Melazzini (San Paolo)
chi sono?!”, il “cataloghino” della mostra del Villaggio ragazzi, il più venduto nella sezione per i piccoli visitatori del Meeting. Trascinati dalle presentazioni, hanno venduto molto “La congiura delle due torri” di Francesco Fadigati, romanzo di ambientazione medievale, e “Colloqui con una professoressa”, la storia di Mirella Bocchini, insegnante in un istituto tecnico milanese tra gli Anni 70 e 80, che propone anche spunti di lavoro e consigli sulla valu-
3 - Io sono qui
(Società editrice fiorentina)
di Giorgio Vittadini e Lorenza Violini (Bur saggi)
10 - Io sono qui
di Terrence Malick
Una presenza che travolge la vita
(Itaca)
di Tat’jana Kasatkina (Bur saggi)
di Francesco Fadigati (Bolis)
1 - The tree of life
3 - Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi?
5 - Dostoevskij Il sacro nel profano
9- La congiura delle torri
1 - Ad Usum Fabricae
L’immagine del mondo e dell’uomo: l’icona e il quadro
di Giovanni Marco Calzone (Marietti 1820)
di Mirella Bocchini (Cantagalli)
Dvd
2 - È Cristo che vive in te. Dostoevskij
di Louis De Wohl (Bur)
8 - Colloqui con una professoressa
Cataloghi
Sting
tazione dei temi. Altra storia lanciata al Meeting di quest’anno e che ha avuto molto successo è stata quella di Izzeldin Abuelaish, il medico palestinese che ha perso tre figlie e una nipote sotto le bombe israeliane. “Non odierò mai” è il titolo del suo libro che, dopo l’incontro di giovedì, ha avuto un’impennata nelle vendite. “La fortuna di appartenergli”, la lettera del cardinale Giacomo Biffi, grazie anche al “low price” di 1 euro
Direttore Stefano Filippi Direttore responsabile Cesare Trevisani Editore Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422.
è stato un titolo molto apprezzato. E una vera sorpresa è anche il successo dell’archeologo Silvio Buccellati. Il suo libro “Quando in alto i cieli... Il distacco dalla religione” sulla religione dei popoli mesopotamici non spaventa il pubblico del Meeting. Tra i cataloghi sono andati molto bene quelli delle mostre su Dostoevskij, sul rock e sull’Albania. In libreria la selezione di cd musicali e dvd è vasta. Nel reparto musicale la grande novità era la selezione di
Progetto grafico G&C, Milano Impaginazione Èdita, Rimini Fotolito e stampa Sigraf via Redipuglia, 77 Treviglio (BG) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991
musica rock, sulla scia della mostra curata da John Waters. Bruce Springsteen, Patti Smith e Bob Dylan sono stati gli artisti preferiti, probabilmente perché mancavano cd dei Mumford and Sons, la scoperta rock degli ultimi anni. I dvd più gettonati sono stati quelli proiettati nella sala cinema, come “The tree of life” di Terrence Malick, ma anche alcuni “cult movie” poco diffusi, come “I Lautari” del 1972. Pietro Bongiolatti
Pubblicità Ufficio commerciale Meeting Tel. 0541-783100 Fotografi Paola Marinzi, Giovanni Zennaro, Anna Arigossi E.mail: quotidiano@meetingrimini.org
CONAI porta a Rimini il Decalogo per la Raccolta differenziata di qualità e sfida i visitatori a Re-Basket, il gioco che misura l’abilità nel differenziare acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro. Differenziare bene per riciclare meglio e trasformare i rifiuti di imballaggio in risorse: solo una raccolta differenziata fatta con attenzione garantisce che una maggiore quantità di materiale venga destinata a riciclo, riducendo le quantità di scarto e le percentuali di rifiuti destinate alla discarica nonché il consumo e lo spreco di materie prime. I materiali di imballaggio di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro, rappresentano delle vere e proprie “miniere”, poiché se correttamente separati e raccolti in modo efficiente, possono essere riciclati e immessi nuovamente sul mercato sotto forma di materie prime seconde. Per fare qualche esempio, probabilmente non tutti sanno che quasi tutte le moka italiane sono realizzate con alluminio riciclato e che da 13 barattoli di acciaio si ottiene una padella, o ancora che con 3 scatole di carta si ottiene una cartelletta e per realizzare una scrivania si possono utilizzare 4 pallet di legno riciclato; 7 su 10 bottiglie di vetro consumate in Italia sono ormai prodotte grazie alla differenziata, e con 20 bottiglie di plastica riciclata si produce una coperta in pile. Risultati che trovano conferma nei dati presentati da CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, la cui attività negli ultimi 15 anni ha contribuito alla riduzione dei rifiuti di imballaggi destinati a discarica del 60%, con 8.596.000 tonnellate di materiali recuperate, pari al 73,7% dell’immesso al consumo. Vantaggi a favore dell’ambiente che si traducono in 63,3 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 evitate ma anche un significativo beneficio economico per l’Italia: dall’inizio della sua attività il sistema CONAI ha infatti generato benefici netti per 11,1 miliardi di euro. La collaborazione dei cittadini è fondamentale per
ottenere buoni risultati di riciclo finali: è proprio il loro gesto quotidiano, la corretta separazione domestica dei rifiuti di imballaggio, che dà il via al processo virtuoso del riciclo. Ma cosa devono fare in concreto i cittadini per una corretta separazione dei rifiuti di imballaggio? CONAI ha elaborato il “Decalogo della Raccolta Differenziata di Qualità”, 10 semplici regole che individuano le buone pratiche da seguire per effettuare una raccolta differenziata di qualità. Il primo fondamentale impegno richiesto ai cittadini è quello di imparare a RICONOSCERE e SEPARARE i materiali degli imballaggi di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro. Tra gli accorgimenti suggeriti c’è poi quello di RIDURRE per quanto possibile il volume degli imballaggi per rendere più agevole il servizio di raccolta e TOGLIERE i residui di cibo prima di separarli negli appositi contenitori. E’ poi importante ricordarsi di controllare se gli imballaggi sono composti da più materiali e nel caso DIVIDERLI. Tra gli ERRORI PIU’ COMUNI DA EVITARE vi è quello di conferire la carta sporca di cibo come i cartoni della pizza, gli scontrini o i fazzoletti usati nel contenitore della carta, di introdurre giocattoli o articoli di cancelleria nel contenitore della plastica e di mettere oggetti di ceramica come piatti e tazzine nella raccolta del vetro: tali accorgimenti permettono di ridurre gli scarti e le impurità a favore della qualità della raccolta. Durante le giornate del Meeting, presso lo stand CONAI (Padiglione D3) i visitatori potranno mettere alla prova le loro conoscenze nel riconoscere e differenziare i materiali di imballaggio allenandosi con il gioco Re-Basket e vincere simpatici gadget . Inoltre, per favorire l’educazione al riciclo dei rifiuti da imballaggio fin da piccoli, in occasione dei convegni riservati agli insegnanti è prevista la distribuzione del kit didattico sul Progetto Scuola “Riciclo TVB”, realizzato da
CONAI in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con il Ministero dell’Istruzione, rivolto a tutte le Scuole Secondarie di I grado e al biennio delle Scuole Secondarie di II grado.
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VITA DA MEETING 19 25 agosto
Il rapporto col finito Il Meeting come non l’avete mai visto. E, se l’aveste visto, vi sareste girati dall’altra parte A destra, il cardinale di Madrid fa le ultime raccomandazioni a Javier Prades sulla durata dell’incontro sul tema del Meeting
Il percorso della purificazione A destra: avere in testa solo il Meeting può avere effetti collaterali
Verso il Meeting del Cairo
Le confessioni
Il cammino al vero è una sofferenza
patrocinio di
RIMINI FIERA PPAD. AD. C3 t "SFB FTQPTJUJWB 1000 C3 t "SFB FTQPTJUJWB 1000 mq sostenibilità bilità
ambiente ambiente
(tutti i giorni) O re 14.00 Stand Alstom Il viaggio in treno: Ore che avventura tecnologica! Ore 15.00 Stand Alstom Acqua, sole, oceani… un mondo di energia! Ore 16.00 Stand Alstom Super grid è un supereroe? In una smart city sono tutti simpatici? Scopriamolo insieme. Ore 18.00 PPalco alco Eventi EXPO Come si fa un treno amico dell’ambiente?
Earth Paartner
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(tutti i giorni) Stand Conai Gioca e vinci con Re-Basket! Quanto sei bravo a separare gli imballaggi in acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro? Metti alla prova la tua abilità nella raccolta differenziata di qualità. Mercoledì 22 agosto Ore 16:00 PPalco alco Eventi EXPO - workshop CONAI: Dal recupero degli imballaggi un’opportunità di crescita sostenibile. Il Consorzio Nazionale Imballaggi presenta i risultati e le prospettive del Sistema. Sergio Luciano intervista Roberto De Santis e Walter Facciotto, Presidente e Direttore Generale di CONAI.
riciclo
(tutti i giorni) Ore 11.15, 14.15 e 15.30 5.30 Palco Paalco Eventi EXPO Per mangiarti meglio! Percorso ludodidattico di educazione alimentare ed educazione al gusto per i bambini con più di 5 anni Ore 17.00 PPalco alco Eventi EXPO Cantar di gusto! Con Carlo Pastori.