MeLoLeggo Magazine n.5 - Novembre 2014 by MeLoLeggo Magazine

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NOVEMBRE 2014

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editoriale trick or treat? Eccoci qua ridendo e scherzando siamo arrivati al numero 5, e proprio mentre usciamo On Line con il nuovo numero si sta festeggiando la notte di Halloween.

Halloween è tra i più antichi riti celebrativi la cui origine risale alla notte dei tempi. La sua crescente popolarità anche in Europa, deriva dalla tradizione Americana nella quale la notte di Halloween è la notte dei travestimenti e del famoso “Trick or Treat” (scherzetto o dolcetto). La parola Halloween ha origini cattoliche. Nella tradizione Cattolica, infatti, a molti Santi viene dedicato un giorno particolare del calendario Cattolico, ma il 1°novembre è

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il giorno nel quale vengono festeggiati tutti i Santi. Il giorno dedicato ad “Ogni Santi” (in inglese All Saints’Day) aveva una denominazione antica: All Hallows’Day. Presso i popoli dell’antichità la celebrazione di “Ogni Santi” iniziava al tramonto del 31 ottobre e pertanto la sera precedente al 1° Novembre era chiamata “All Hallows’ Eve”(Even significa sera) che venne abbreviato in Hallows’Even, poi in Hallow-e’en ed infine in Halloween. La celebrazione di Halloween tuttavia ha origini pagane molto più remote e pone le sue radici nella civiltà Celtica. Infatti gli antichi Celti che abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia festeggiano l’inizio del Nuovo Anno il 1°Novembre: giorno in cui si celebrava la fine della “stagione calda” e l’inizio della “stagione delle tenebre e del freddo”. L’usanza moderna di travestirsi nel giorno di Halloween, nasce dalla tradizione che i Celti avevano, dopo il rito dei sacrifici nella notte del 31 Ottobre, di festeggiare per 3 giorni mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti.

zo di “dolce dell’anima”, che altro non era se non un pezzo di pane. Più “dolci dell’anima” una persona riceveva, più preghiere questa persona prometteva di recitare per i defunti della famiglia che aveva a lui donato il pane. Infatti a quei tempi si credeva che i defunti potessero giungere al Paradiso non solo attraverso la preghiera dei propri cari, ma anche degli sconosciuti. E’ proprio da queste leggende che ha origine il famoso gioco del “Trick or Treat” nella quale i bambini travestiti con maschere e costumi “mostruosi e terrificanti” vanno di casa in casa, chiedendo dolcetti o qualche moneta. Se non ricevono niente, possono giocare un brutto scherzo ai proprietari di quella casa, come svuotare la pattumiera nel giardino o attaccare lattine vuote al tubo di scappamento dell’auto.

Francesco Lamanna

Una delle origini del detto “Trick or Treat” si fa risalire quando i primi cristiani, in cammino da un villaggio all’altro, elemosinavano per un pez-

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Guida alla Lettura Ogni Zona corrisponde ad un colore, ogni evento nelle pagine successive, sarĂ di un determinato colore per poter individuare con semplicitĂ la zona dove si terrĂ il determinato evento.

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Dal 02 Novembre al 16 Novembre LA GRANDE GUERRA 1914-1918 Mezzocorona. La mostra “La Grande Guerra 1914-1918. Gli oggetti raccontano, organizzata dalla Biblioteca di Mezzocorona e dal Gruppo Alpini Mezzocorona in occasione del centenario, sarà allestita a Palazzo della Vicinia a Mezzocorona. Sabato 8 e 15 novembre: 14.00-20.00. Domenica 2, 9 e 16 novembre: 10.00-12.00, 14.00-20.00.

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LA GRANDE GUERRA NEI DIARI DEI NOSTRI NONNI Vervò. Nell’ambito del macroprogetto provinciale di commemorazione della Grande Guerra in occasione del suo “Centenario” è stata raccolta la documentazione originale di esperienze legate al conflitto di due censiti di Vervò. Il progetto si conclude con la stampa del libro “Maledeta la sia questa guera” che verrà distribuito durante una serata di presentazione organizzata in concomitanza con la festa di S. Martino patrono di Vervò. Info: roberta.chini@ virgilio.it; Centro culturale d’Anaunia Casa de Gentili, Tel. 0463 510050. In paese in serata. 15 Novembre - Sabato MERCATO CONTADINO Mezzocorona. Quattordici aziende agricole controllate offriranno da aprile a novembre prodotti di qualità in vendita diretta, valorizzando l’origine, l’ambiente ed il territorio di provenienza e rivoluzionando il rapporto tra produttore e consumatore. Ore 07.30-13.00. Piazza San Gottardo. LA NOTTE DELLO SCORPIONE Cles. Festa con musica dal vivo e deejay da Radio Vivafm. Ingresso a pagamento. Info: Pro Loco Cles – tel. 0463 421376. Centro per lo Sport e il Tempo Libero. Ore 21.00 16 Novembre - Domenica INAUGURAZIONE MOSTRA D’ARTE: L’ ANAUNIA DESCRITTA AL VIAGGIATORE Cles. La mostra presenta opere di artisti locali della Val di Non e del Trentino che interpretano il paesaggio, la storia, la cultura anaune con uno sguardo moderno, seguendo le parole di don Gioseffo Pinamonti, che, nella metà dell’Ottocento scrisse una delle prime “guide turistiche”della Val di Non. O r g a nizza Pro Cultura Centro Studi Nonesi. Info: Comune di Cles 0463 662091 / Pro loco di Cles 0463 421376. Palazzo Assessorile. Ore 11.00.

CASTAGNATA e TORNEO DI BRISCOLA Tres. Info: Pro loco Tres tel. 0463 467072. Centro ricreativo e Prà del Lac. Ore 15.00 BENEDIZIONE DEI TRATTORI E DEL MONDO CONTADINO Villa Rendena. II° edizione della festa del ringraziamento contadino cui partecipano gli agricoltori del nostro territorio con i loro trattori. Al mattino arrivo dei trattori, Santa Messa con la benedizione dei mezzi e pranzo tipico. In pomeriggio sfilata dei trattori lungo le vie del paese, concerto della banda ed estrazione di ricchi premi. Centro paese. Ore 9.00 20 Novembre - Giovedì EUSEBIO FRANCESCO CHINI - EPISTOLARIO 1670-1710 Cles. A cura di Domenico Calarico. Presentazione della ristampa del volume con le lettere scritte da padre Eusebio Chini tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Organizza Pro Cultura Centro Studi Nonesi. Info: Pro loco di Cles 0463 421376. Palazzo Assessorile. Ore 20.30. I LIBRI CAMBIANO MANO Cles. Mercatino di scambio di libri usati. Info: Biblioteca Comunale – tel. 0463 422006 - Pro loco Cles tel. 0463 421376. Biblioteca Comunale. Ore 15.00 21 Novembre - Venerdì MERCATINO DI NATALE Mezzolombardo. Nello splendido scenario della borgata di Mezzolombardo le tradizionali casette di legno vi presenteranno i prodotti tipici del Natale: addobbi, presepi, oggetti d’artigianato, dolci, squisite specialità locali, articoli da regalo, tessuti, giocattoli, splendide decorazioni natalizie tipiche delle valli trentine e molto altro ancora. Venerdì 21, sabato 22, domenica 23, Venerdì 28, sabato 29, domenica 30. Tutti i venerdì: 14.00-19.30. Tutti i sabati: 10.00-19.30. Tutte le domeniche: 10.00-19.30

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25 Novembre - Martedì CESARE CREMONINI Trento. Concerto di Cesare Cremonini. Biglietti da €. 36,80 a €. 50,50. Palatrento. Ore 21.00 27 Novembre - Giovedì CONFERENZA: DON GIOSEFFO PINAMONTI. TUTTE LE OPERE. Cles. Presentazione del volume che raccoglie tutte le opere edite di don Gioseffo Pinamonti: un precursore dei tempi, intellettuale, uomo di scienza e di religione, filosofo, commediografo. Organizza Pro Cultura Centro Studi Nonesi. Info: Pro loco di Cles 0463 421376. Palazzo Assessorile. Ore 20.30

Dal 30 novembre al 6 gennaio 2015 VIVI LA MAGIA DEL NATALE IN VAL DI SOLE Ossana. 100 presepi artigianali, concerti e mercatini, degustazioni Il percorso dei 100 Presepi, segnalato da un parallelo e suggestivo percorso di luce, è visitabile dalle ore 10.00 alle ore 23.00. Centro Storico e castello S.Michele.

29 Novembre - Sabato MERCATO CONTADINO Mezzocorona. Quattordici aziende agricole controllate offriranno da aprile a novembre prodotti di qualità in vendita diretta, valorizzando l’origine, l’ambiente ed il territorio di provenienza e rivoluzionando il rapporto tra produttore e consumatore. Ore 07.30-13.00. Piazza San Gottardo. Il 29 Novembre e 30 Novembre LA CASA DI BABBO NATALE Mezzocorona. Babbo Natale sarà a Mezzocorona a Palazzo Martini per incontrare i bambini nella sua casa con renne, elfi e la Principessa dei Ghiacci. Riceverà messaggi e letterine nel suo Ufficio Postale e chiacchiererà con i bimbi nella sua stanza.

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longariva Marco Manica e sua moglie Rosanna sono “vignaioli per passione” e questo loro amore per il vino li muove quotidianamente dal lontano 1976, quando hanno dato vita all’azienda Longariva, situata a Borgo Sacco, tra Rovereto ed Isera.

circa 20 ettari di vigneto sono dislocati in parte in pianura ed in parte lungo la fascia collinare della Vallagarina, fino all’altopiano di Brentonico.

Il vigneto Perer, posto sulla riva dell’Adige, è l’appezzamento più vecchio dove le viti hanno già raggiunto un loro equilibrio. Qui sono allevati a pergola chardonnay, pinot grigio, merlot, cabernet sauvignon e cabernet franc. Il terreno è di tipo alluvionale-argilloso, con una buona presenza di ciottoli. Situato sopra il comune di Mori, a quasi 400 metri di altitudine sulle

”

pendici del Monte Giovo troviamo invece il vigneto Zinzèle. Qui Marco ha scelto di piantare le viti a ritocchino, disponendo i filari nel senso della massima pendenza, così da rispettare le naturali curve della collina. In questo splendido ambiente, troviamo le uve di sauvignon, pinot nero, chardonnay e traminer aromatico che qui, grazie alle particolari condizioni pedoclimatiche, possono esprimersi al meglio.

Il vigneto di Maso Palt invece, posto sulle pendici del Monte Baldo, vicino all’abitato di Besagno, è quasi esclusivamente dedicato ai pinots, in particolare pinot bianco, pinot grigio e pinot nero. Il terreno è prevalentemente caratterizzato da calcare e argilla con presenza di rocce vulcaniche, testimonianza dell’antica attività eruttiva del Baldo. Dalle uve provenienti da questo vigneto prendono vita vini di grande eleganza e longevità. La gamma delle etichette proposte è inevitabilmente ampia. Per Marco, fare vino è un vero e proprio processo creativo. La grande capacità e bravura di un vignaiolo sta nel saper racchiudere in una bottiglia tutte le sfumature che nascono dall’unio-

Tutto il lavoro che sta dietro a questo e agli altri vini prodotti, saranno lieti di raccontarvelo direttamente Marco e Rosanna, accogliendovi nella loro incantevole stube.

Alessia Benini

Responsabile per la guida Slow Wine del trentino

ne delle caratteristiche proprie delle singole varietà di uva, unite alle peculiarità legate al territorio in cui sono coltivate. Si ottengono così vini unici come l’elegante Graminè, un pinot grigio dall’affascinante colore ramato, che regala delicati profumi di fiori bianchi e piccoli frutti. La sua freschezza e l’avvolgente sapidità lo rendono un vino di grande versatilità.

Azienda Agricola Longariva Via R. Zandonai, 6 38068 Borgo Sacco - Rovereto (Trento) Tel. 0464437200 Fax 0464487322 Info@Longariva.it www.longariva.it

Sergio Calai Photos

musica walking disaster

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…Ricorda, il segreto per un buon soufflé di patate…sono le patate!

Walking Disasters nascono nella primavera del 2013 da un’idea di Nicola Pedron, chitarra e voce principale, di far partire un nuovo progetto di stampo punk proponendo la cosa a Denis Destefani, bassita. Il batterista Filippo Zuech viene aggiunto alla formazione grazie alle sue cover auto registrate caricate su YouTube. Con un colpo di fortuna la ricerca dell’ultimo componente è breve, infatti il fratello Samuele Zuech, chitarrista, completa il tutto.

”

Come è già noto dalla storia dell’ornitologia, si può dire che sono stati presi due piccioni con una fava. Dopo le prime prove e concerti, la band allarga sempre più la scaletta con numerose cover di Blink-182 e Sum 41, band che da sempre ispirano i quattro musicisti. Verso maggio 2014 Denis propone la nuova svolta e presenta agli altri componenti il primo testo che, accompagnato da un’idea di Samuele sviluppata poi da tutti in sala prove, darà vita al primo singolo della band: Sunrise. I quattro, decisi a dimostrare le loro capacità anche a chi non è presente ai live, sono ospiti

nella sala prove degli Outdoor per la prima sessione di registrazioni del singolo e per incidere e dar vita alla fusione delle tre voci (Nicola, Samuele e Denis), della cover di Walking Disaster - Sum 41, da cui appunto viene preso spunto per il nome della band. I due pezzi vengono caricati su Soundcloud l’11 luglio dopo un faticoso processo di mastering da parte di Filippo, ricevendo apprezzamenti da molti ascoltatori. Ciò che caratterizza maggiormente il gruppo è l’intesa reciproca che lega i quattro, una coesione di aspetto non esclusivamente musicale e professionale ma soprattutto di amicizia. Dalla prima prova dei Walking Disasters è subito chiaro che non si suona solo per la notorietà e la fama, ma per il desi-

derio di condividere le proprie passioni, crescere musicalmente e soprattutto divertirsi. É proprio questo legame che li ha spinti a mirare ad una demo autoprodotta e comporre pezzi inediti in cui sono racchiusi parte delle esperienze della loro vita e in modo da condividere qualcosa di personale che possa dare quello stimolo per andare avanti che purtroppo manca in alcune band.

Denis Destefani

il personaggio del mese Eusebio Francesco Chini Eusebio Francesco Chini (Eusebius

Franz Kühn) nacque nel 1645 a Segno (oggi frazione di Taio), al tempo parte del Principato Vescovile di Trento, nella Contea Principesca del Tirolo del Sacro Romano Impero. Dopo essersi ristabilito da una malattia che minò seriamente la sua infanzia, studiò presso il collegio gesuita di Trento e poi a Hall in Tirolo, interessandosi in particolare di matematica e di scienze naturali. Il 20 novembre 1665, sciogliendo il voto che aveva fatto nel periodo di malattia, entrò nella Compagnia di Gesù. Per devozione e ringraziamento a San Francesco Saverio, che lo aveva miracolosamente strappato alla morte, scelse come secondo nome Francesco, aggiungendolo al proprio nome di battesimo. Benché desiderasse partire per l’Oriente, ricevette l’incarico di fondare una missione presso la frontiera settentrionale della Nuova Spagna. Arrivò a Sonora nel 1687 per lavorare con la popolazione dei Pima, creando la prima missione cattolica nella provincia.

Convinto sostenitore della necessità del miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni autoctone, si adoperò per lo sviluppo economico di Sonora, insegnando agli Indiani le metodologie per l’allevamento del bestiame, la lavorazione del ferro e la coltivazione di piante non conosciute. La sua fama si diffuse ben presto tra le tribù indiane. Tutte lo accettarono, nonostante fossero in perenne guerra tra di loro. Il nome di Chini presso i Pima, per via del colore dell’abito, fu “contadino nero”. Si impegnò nella difesa della dignità degli Indiani di Sonora, opponendosi tra l’altro agli obblighi di

lavoro nelle miniere d’argento che la monarchia spagnola imponeva loro. Costruì missioni che si estendevano all’interno dello stato di Sonora verso nordest per 240 km, e 19 rancheras, che rifornirono di bovini i nuovi insediamenti. Fondò in tutto 27 stazioni missionarie. Ebbe inoltre un ruolo importante nel ritorno dei Gesuiti in California nel 1697. Fu anche uno scrittore e fu autore di libri di astronomia e di cartografia. Compì molti viaggi nel nord del Messico, in California e in Arizona. È stato calcolato che nei 24 anni di permanenza in Nuova Spagna, nel corso di 50 viaggi di esplorazione egli viaggiò per almeno trentamila chilometri. Le sue spedizioni a cavallo coprirono un’area di 130.000 km². Padre Eusebio fu il primo a dedurre che la Bassa California era una penisola. Padre Chini inoltre nutriva passione per la fisica e di creare modelli di nave in legno. Le sue conoscenze relative alle mappe ed alla navigazione gli fecero pensare che gli Indiani del Messico potevano facilmente accedere alla California dal mare, osservazione che venne accolta con scetticismo dai missionari di Città del Messico. Quando propose di costruire una nave e di farle attraversare il deserto di Sonora e la costa occidentale messicana, ne derivò una accesa controversia con i suoi co-missionari. Molti di essi dubitarono di lui e delle sue capacità.

Rimase nelle sue missioni fino alla morte nel 1711. Morì nella città oggi chiamata Magdalena de Kino, attualmente territorio messicano. È stato ricordato e onorato sia in Messico che negli Stati Uniti con diverse città, strade, monumenti a lui intitolati o dedicati. La piazza del suo paese natale porta il suo nome, in suo onore sono state erette 2 statue nel suo paese e un monumento dei giardini di Piazza Dante a Trento. Considerato uno dei fondatori dell’Arizona, nel 1965 lo stato dell’Arizona ha donato una statua bronzea di padre Chini al National Statuary Hall del Campidoglio degli Stati Uniti di Washington, luogo dove vengono ricordati i principali fondatori dei diversi stati americani. In onore di Eusebio Chini, due città messicane dello stato di Sonora portano il nome di Bahía Kino e di Magdalena de Kino. La diocesi di Hermosillo (Messico), ha avviato il suo processo di beatificazione, tuttora in corso.

Francesco Lamanna

sport draghi e vogatori Draghi e vogatori, la Dragonboat e i DragonBrozi Questo mese parliamo di uno sport

che accomuna i draghi con l’acqua.

Non è uno scherzo, la dragonboat è una disciplina che impiega imbarcazioni lunghissime, ospitanti fino a 20 vogatori ciascuna, disposti a coppie uno a fianco all’altro, con una caratteristica testa di drago posizionata sulla punta. L’origine di questo sport risale a miti e leggende, dove il punto centrale rimane sempre il drago. Da qualche anno la UISP, Unione Italiana Sport per Tutti, organizza campionati provinciali di questa disciplina anche in Trentino. Nella stagione 2014 sono state organizzate 6 gare nella nostra provincia, alcune da brevi distanze, 200 o 300 metri, ed altre più lunghe, fino a 5 km. Ad ogni evento partecipano circa una ventina di imbarcazioni, provenienti da tutto il trentino, e più di una provenienti dalla Val di Non.

Una di queste si chiama DragonBroz, squadra che ha cominciato la sua avventura nel 2009, quando, quasi per scherzo, degli amici si sono trovati ed hanno creato un piccolo team con cui partecipare ad alcune gare per divertimento. Anno dopo anno la squadra è cresciuta e migliorata, nuove persone si sono avvicinate a questa disciplina e sono entrate nel gruppo dei «Brozi». Grazie a questa crescita agonistica, dal 2012 i DragonBroz si sono fatti un nome in questo ambiente, ottenendo sempre ottime posizioni, fino a sfiorare e qualche volta raggiungere il podio.

In questa stagione la squadra, diventata ufficialmente associazione, è entrata a far parte delle concorrenti iscritte al campionato ufficiale, dove ha raggiunto un ottimo 6° posto. Il loro risultato migliore è arrivato all’evento della Predaia Boat di giugno, organizzato dalla stessa associazione, salendo sul terzo gradino del podio. Dall’anno corrente la squadra si è allargata facendo spazio anche alla categoria giovanile: i DragonBrozeti, che, con ragazzi dai 12 ai 16 anni, hanno vinto tutte le gare affrontate, ottenendo risultati quasi paragonabili alle performance dei master.

Per entrambe le categorie, l’atmosfera che si respira in queste manifestazioni è un’aria di festa, se pur sempre con quel sapore di agonismo che porta tutti i partecipanti a impegnarsi per vincere. Ogni corsa ha il suo unico vincitore, ma a fine giornata tutti festeggiano e si divertono insieme. Insomma ragazzi e ragazze, grandi e piccini, se volete provare un’esperienza nuova, non siate timidi ed iniziate a pagaiare, avere a che fare con un drago dovrebbe essere una forte emozione, e qui di draghi se ne vedono anche troppi.

Cristiano Corradini

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racconti

dolcetto o scherzetto?

Quando le mamme di Coredo ave-

vano dato il loro consenso, affinché i bambini girassero di casa in casa per festeggiare la notte di Halloween, erano state perentorie: andate e divertitevi, a patto che però vi teniate alla larga dal Palazzo Nero e dai suoi dintorni. Nessuno aveva fatto esplicitamente il nome di Edda, ma tutti in paese sapevano che la casa al limite del bosco, alle spalle di quel palazzo che un tempo era stato palcoscenico di atroci torture, doveva essere evitata con cura se non si voleva finire nei guai. Le strade, quella sera, si offrivano deserte allo scorazzare dei piccoli in maschera, come se un coprifuoco avesse sgombrato d’un tratto l’intero paese. I bambini si muovevano compatti, in un gruppo che contava a occhio e croce una decina di teste. A capitanarlo, Angelica e Dennis, rispettivamente vestiti da strega e da zombi: sotto le loro braccia due cestini stracolmi di caramelle e dolci, racimolati fino a quel momento di porta in porta.

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«Ok», disse Dennis facendo una piroetta su se stesso. «Ci resta soltanto la casa di nonna Bruna, poi mi sa che abbiamo finito». Nonna Bruna era la decana del paese: novantanove anni, una vitalità insospettabile e un tesoro di storie e di aneddoti da raccontare a chiunque avesse voglia di ascoltare. Qualcuno doveva averle spiegato

cosa fosse quella ricorrenza che, ai suoi tempi, non era certo di moda festeggiare, mettendola in guardia sull’imminente arrivo dei bambini. Il tradizionale grido «dolcetto o scherzetto» riecheggiò tra i ciottoli della stradina che si inerpicava dentro il bosco, appena qualche metro

più in là. L’anziana accolse i suoi piccoli ospiti con un sorriso sdentato racchiuso in un nido di rughe. Tra le mani, un vassoio di deliziose frittelle di mele. «Bravi popi, adess però tutti a ciasa, ci fora l’è buio e fredo» li esortò Nonna Bruna, lanciando un’occhiata istintiva verso la parte del paese che si nascondeva tra gli alberi: il posto dove i bambini non avrebbero mai dovuto allungarsi. «Ciao, nonna Bruna» la salutò Angelica, seguita dal coro compatto degli altri. La vecchina sparì lentamente dietro lo stipite della porta, portandosi dietro l’odore buono della gentilezza. Davide, il bambino dai capelli rossi e le lentiggini, addentò una frittella con evidente soddisfazione. Altri seguirono il suo esempio, disponendosi a percorrere a ritroso la strada che avevano fatto per arrivare fin lì. Soltanto Angelica non mosse un passo dal posto in cui era. Sotto l’ombretto scuro troppo pesante, i suoi occhi vagavano, irretiti dalla debole luce di un lampione che squarciava il buio oltre la fine dell’abitato. L’ombra lunga del Palazzo nero sembrava vegliare sopra di loro come un gigantesco corvo. «Andiamo, Angelica» la esortò una voce alle sue spalle. La bambina si girò, mostrando tutta la determinazione che le attraversava il volto.

«Io vado a bussare a casa di Edda. Chi viene con me?» Gli amici la osservarono con occhi sgranati. Il silenzio della sera era interrotto solo dallo scrosciare di una fontana in lontananza. «Ma non possiamo…» disse una vocina dalle retrovie. «Io non ci vengo, ho paura…» aggiunse una bambina vestita da zucca. «La mamma è stata chiara. L’ultima casa è quella di nonna Bruna…» s’impose Dennis con l’aria di chi non ammette repliche. «…l’ultima casa è quella di nonna Bruna» ripeté Angelica con tono canzonatorio. «Siete dei cagasotto, io ci vado. Chi vuole venire, viene». La bambina si incamminò decisa verso la macchia oscura incorniciata dai rami rinsecchiti. Il gigantesco cappello da strega che le sovrastava il capo proiettava ombre sinistre sulla fiancata del Palazzo Nero, custode degli echi delle torture di un tempo. Dennis mugugnò tra i denti, incerto tra la paura e l’umiliazione di essere stato deriso in pubblico da una femmina. Dopo qualche secondo aizzò il gruppo a gran voce. «Forza, ragazzi, se siamo tutti uniti non potrà succederci niente». Dei ragazzini, non tutti si mostrarono convinti. Qualcuno provò a protestare, qualche altro si staccò addirittura dal gruppo, incamminandosi

verso la rispettiva casa. La maggior parte, stretta tra una sottile inquietudine e la curiosità propria di ogni bambino, seguì Dennis sulle tracce di Angelica. Il silenzio che avvolgeva la casa di Edda era sottile e incorporeo come uno spiffero. Angelica prese un lungo respiro e, solo dopo essersi sistemata il cappello sulla testa, bussò al campanello. Trascorsero lunghi secondi durante i quali nessuno fiatò. La ragazzina sporse il capo oltre le tende bianche ricamate che adornavano le finestre. Al di là del vetro, soltanto la fioca luce di una candela che spandeva luce tremolante tutt’intorno. Dennis le si affiancò, ispezionando con gli occhi il dondolo in stato di abbandono che stazionava a pochi passi dalla porta. I cuscini consunti, le giunture arrugginite suggerivano che, dall’ultima volta che qualcuno vi ci era seduto sopra, fosse passato tanto, troppo tempo. Se non si fosse soffermato su quel dettaglio, probabilmente nemmeno si sarebbe accorto del cesto pieno di mele gialle adagiato in un angolo, accanto a una pianta rinsecchita. Sulla sommità, lucida e ipnotica come un trofeo, spuntava l’unica mela rossa. Dennis fu costretto a mordersi la lingua: se avesse detto quello che stava passandogli per la testa, avrebbe fornito su un piatto d’argento ad

Angelica un nuovo motivo per canzonarlo. Toccò alla ragazzina col costume arancione tradurre in parole i suoi pensieri. «Guardate! Il cesto di mele come quello della strega di Biancaneve!» bisbigliò inquieta additando il recipiente colmo di frutta. «Andiamocene via, prima che arrivi lei, vi prego». In quello stesso istante un’ombra buia si disegnò sul muro, illuminato dalla fioca luce al di là del vetro della finestra. Qualcuno gridò, seminando il panico. Il gruppetto di bambini si spaccò in tanti rivoli, come un fiume che s’infrange contro un ostacolo. Ci volle poco più che una manciata di secondi perché il portico della casa al limitare del bosco si svuotasse quasi del tutto. Soltanto Angelica e Dennis rimasero fermi, come pietrificati, l’uno davanti alla porta sbarrata, l’altra a pochi passi dal vetro. Il cuore dei due batteva come un tamburo: nessuno era mai stato tanto vicino a Edda al punto da poterne sbirciare il viso. Erano anni che la donna viveva in paese, eppure non c’era anima viva che avrebbe potuto descriverne i lineamenti. Per quanto ne si sapeva, avrebbe potuto avere trent’anni, così come cento. Nessuno riusciva a spiegarsi come e quando curasse l’orticello a ridosso della sua abitazione e gli animali che vi razzolava-

no intorno, né come si procurasse vestiti o quant’altro le occorresse per vivere. Si vociferava che Edda non fosse mai uscita dalle quattro mura di casa, se non nelle ore più buie delle notti senza luna. Proprio come le streghe che si infilano nelle pieghe delle tenebre per compiere i loro malefici. «Dolcetto o scherzetto» chiese Angelica rivolta all’ombra al di là del vetro.

Il tono della sua voce avrebbe voluto essere disinvolto, ma il tremore di fondo tradiva paura e incertezza. Dalla posizione in cui era, Dennis osservò l’ombra scivolare via dal muro e sparire alla loro vista. Nei secondi successivi non accadde nulla, tanto che i due bambini si chiesero se quel che avevano visto non fosse frutto della loro immaginazione. Poi, all’improvviso, un braccio s’inerpicò all’estremità del riquadro di vetro, irrompendo nel loro campo visivo come un fulmine.

Dennis e Angelica fecero un balzo all’indietro, all’unisono. Affusolata e ricoperta quasi del tutto da macchie scure e irregolari, la mano che stava indicandogli il cesto di mele accanto al dondolo, appariva orrendamente sfigurata. Dennis ingoiò un urlo e, dopo aver lanciato un’occhiata supplichevole all’amica, sparì a gambe levate verso le luci del paese. Angelica rimase sola e immobile, seguendo lentamente la direzione indicata da quell’indice mostruoso. I suoi occhi galleggiavano irretiti dalla mela rossa che spuntava all’apice del cesto, talmente lucida da potercisi quasi specchiare. Bella e allettante come la mela avvelenata delle favole, pensò la bambina, protendendo le dita per afferrarla. Soltanto quando l’ebbe presa, poté assaggiarne la consistenza tra le mani. La mela rossa era l’unica finta, tra le altre gialle e profumate. Angelica la girò e rigirò, per essere certa di non essersi sbagliata. Poi si voltò ancora verso la finestra, dove non c’era più traccia del braccio sfigurato di poco prima. Lentamente, la paura cominciò a diradarsi dentro il suo stomaco. C’era un filo sottile che univa il frutto di plastica che aveva tra le mani alla padrona di quella casa che si nascondeva da sempre agli occhi del mondo esterno. Un messaggio in

codice che le era stato lanciato perché lei lo decifrasse. Come un improvviso presagio, la voce del suo papà, per gran parte dell’anno lontano da lei a causa del lavoro, le tornò alla mente come una calda carezza. La realtà, raccontata dalle sue parole, sembrava sempre filtrata attraverso un paio di occhiali speciali. Anche la più difficile da accettare, come quella della cugina Ilaria, che aveva scelto di togliersi la vita a causa di una malattia della pelle che la faceva sembrare troppo diversa dagli altri, al punto da stravolgerle i pensieri. Vitiligine, ecco come si chiamava quel male che non contagiava ma che sapeva scavare voragini interiori. Angelica non aveva dimenticato quella storia triste, né le parole con cui suo padre l’aveva invitata a non fermarsi mai alle apparenze o alle cattiverie che raccontano le persone. Le maldicenze, gli sguardi storti, sanno essere lame che affondano nella carne. Non tutti sono abbastanza forti per affrontarle: c’è chi finisce col togliersi la vita, come la cugina del suo papà, o chi si chiude tra le quattro mura di una casa, preferendo seppellirsi sotto le malignità della gente piuttosto che affrontare le occhiate di scherno del mondo esterno. Angelica ripensò a tutte le volte che aveva sentito piovere commenti

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cattivi su Edda, a quanti l’avevano additata da subito come strega soltanto perché aveva avuto la sfortuna di abitare alle spalle del Palazzo Nero. L’immagine di quel braccio, che aveva finalmente trovato il coraggio di mostrarsi agli occhi di chi non la conosceva, d’un tratto non le sembrò poi così terribile. La bambina sperò che, forse, la prossima volta, Edda avrebbe avuto voglia di svelarle lo sguardo o il sorriso, e il solo pensiero le riempì il cuore. Angelica voltò le spalle alla casa sul limitare del bosco, promettendosi di tornarci al più presto, questa volta da sola e senza travestimenti. Per tendere la mano verso chi, a suo modo, le aveva lanciato una richiesta d’aiuto. Prima di incamminarsi, lasciò che la mela rossa sparisse sul fondo della tasca del vestito da strega, trascinando con sé quell’ultima sera di ottobre che grondava segreti.

Alessandra Pepino

“non” solo arte “

gamberetti Quel che non ti aspetti a Rumo: delicatezze marittime

Al confine fra la Val di Non e la Val

”

d’Ultimo, fra quei pendii che lasciano generosamente spazio alla visione del gruppo delle Maddalene, il piccolo paese di Rumo si offre in tutto il suo splendore di borgo medievale arroccato in uno dei tanti avvallamenti che le Dolomiti in quel punto producono.

Si ha l’impressione che gli abitanti di Rumo, gelosi custodi della sua bellezza, non scambierebbero la sobria tranquillità del loro paese con nessuna metropoli. Il greve e dignitoso incedere dei loro movimenti sembra raccontarci con quanta delicatezza ognuno di loro si muove fra queste pietre, per una sorta di arcano rispetto verso questa terra antica che li accoglie fin da bambini. E pare riflettere il lento e commovente lavorìo della storia della Valle, che qui vanta un andamento secolare e che ha fatto di Rumo un piccolo gioiello incastonato fra i monti.

Chi potrebbe stupirsi allora se l’amatissima chiesa di una delle frazioni della cittadina, Sant’Uldarico a Corte Inferiore, se ne sta appollaiata su un’altura separata dalle altre costruzioni. Deve difendere sé stessa e la sua particolarissima architettura per poter offrire ancora oggi a chi entra quell’esplosione di vivacità e di colore rappresentata dalle pitture murali circondano come una collana le sue pareti interne ed esterne. Se poi la salita ci consentirà di avvicinarli, si vedrà, sopra una delle porte laterali interne, illuminato da una piccola lampada che sembra

assisterlo anche quando la chiesa chiude i battenti, una meravigliosa e particolarissima Ultima Cena.

...Che tema banale - può sembrare: la rappresentazione dell’ultima sera di Cristo fra gli Apostoli, quando Gesù annuncia di sapere che Giuda di lì a poco lo tradirà, è forse uno dei temi più inflazionati fra chiese e musei non solo d’Italia, ma d’Europa (almeno, dell’Europa cristiana), da quando fanno la loro prima comparsa nei brillanti mosaici di Ravenna ben dieci secoli prima. Ma quello che un occhio abituato o pigro non vede, di solito è ciò che rende eterna un’opera d’arte. Non si può fare a meno di notare la bellissima tavola ingombra di pane, frutta e utensili vari a cui i personaggi siedono, anche perché il pittore ha furbamente pensato di rappresentarla completamente

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riversa sullo spettatore, come se il piano si stesse rovesciando addosso a chi guarda. Cristo e gli Apostoli sono immersi in un dialogo intimo ma incomprensibile, senza per questo dimenticarsi di mangiare, impugnando fra le mani coltelli, bicchieri e brocche. La domanda, davanti a una tale meraviglia, sorge spontanea: potremmo mai aspettarci dei gamberetti sulla tavola in mezzo al pane e vino dell’Ultima cena? Rossi, probabilmente buonissimi gamberi sparsi sulla tovaglia bianca - non credo che Cristo possedesse una tovaglia di lino bianco quella sera, per di più ricamata alla tirolese; in fondo era figlio di un modesto falegname, che certo non era di origini trentine - messa apposta per far risaltare questa presenza insolita e vermiglia, che non può che provocare un sorriso divertito sulla bocca di chi se ne accorge. Se è vero che gli uomini hanno sempre rappresentato il mondo a misura di quello che li circondava, dove potevano vedere, nel 1471, gamberetti in Val di Non? Se qui l’intuito dell’artista avesse suggerito di arricchire l’ultima cena con particolari non presenti nel racconto del Vangelo, non avrebbe forse potuto

aggiungere un cibo tipico della Valle che consumava abitualmente? C’è troppa precisione, nella disposizione degli elementi in questa tavola, per pensare che la presenza dei gamberi sia casuale. E infatti, piccoli invitanti, i crostacei nascondono un preciso riferimento al protagonista dell’ultima cena e al suo glorioso destino, e lo fanno proprio attraverso il loro colore. Tutti sappiamo che durante la cottura i gamberetti mutano visibilmente il colore del loro carapace, che da rosa grigiastro diventa di un rosso brillante: così Cristo dopo la morte risusciterà a vita nuova, nel trionfante splendore della sua divinità. Ma c’è di più: talmente insoliti sono questi animaletti sulla tavola imbandita in chiesa che il loro significato assume anche un segno completamente contrario a quello della lucente resurrezione,

ovvero il buio dell’eresia. Quello che colpì l’uomo medievale era questo strano incedere del gambero al contrario, deviando perciò dalla retta via, come facevano i seguaci dell’eresia. Piccole, apparentemente insignificanti presenze rivelano a volte, in qualcosa che ci annoia, o che vediamo fin troppo spesso al punto da non guardarla più davvero, nuove storie, nuovi intrecci e nuove scoperte. Perciò, chi trovandosi in chiesa si soffermerà a pregare davanti all’ultima sera di vita terrena di Gesù, non potrà evitare di pensare se è sulla giusta strada, o se sta facendo il gambero.

Giulia Iseppi

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il fungo

“

del mese

Nome inquietante, colore splendido: ecco le principali caratteristiche del Cortinarius bulliardii, che sembra quasi uscito dal cono di un vulcano incandescente.

Il fungo del diavolo Come un fiammifero acceso, il Cortinarius bulliardii, detto fungo del diavolo, mostra uno splendido piede incandescente. La maggior parte dei funghi sono avvolti alla nascita da una membrana, chiamata velo generale, di colore bianco. Questo velo si rompe durante lo sviluppo e lascia dei segni evidenti sul fungo adulto: verruche, volva, anello ecc. Il nostro bellissimo fungo, invece, è vestito del colore del fuoco. Il suo

”

velo generale è di un raro colore rosso cinabro, e della stessa tinta sono i rimasugli che rimangono avvinghiati alla base del gambo quando il nostro Cortinarius diventa adulto. Dato il suo “temperamento” focoso, ama crescere sui terreni calcarei dell’area mediterranea, dove lo troviamo nei boschi di querce, ma anche nei lecceti e nelle faggete. Però possiamo in-

contrarlo anche tra gli abeti, sia rossi che bianchi. Proprio questi suoi gusti ampi e diversificati in fatto di habitat, avevano fatto ritenere ad alcuni micologi che quelli che amavano crescere sotto gli abeti fossero di una specie diversa, chiamata Cortinarius pseudocolus . Oggi, invece, quasi tutti gli studiosi ritengono che esista una specie sola e che lo pseudocolus non sia altro che lo stesso Cortinarius bulliardii , nome che gli è stato dato in onore del micologo francese del Settecento Jean Baptiste François Bulliard. Cambia colore! Il cappello del fungo del diavolo ha, al centro, una larga protuberanza, l’umbrone. Il margine è lievemente ripiegato all’ingiù: come si dice in gergo, è involuto. Igrofano, cioè che cambia colore al variare del tasso di umidità, il cappello è di color bruno rossastro con tempo umido, e color caffellatte quando è secco. Sulla cuticola, cioè la pellicina che ricopre il cappello, si possono osservare fibrille, cioè striature rosso fuoco. Il gambo è claviforme, cioè più largo al piede, dove i resti del velo generale lo tingono di rosso fuoco, mentre all’apice ha leggiadre sfumature violette. In questa sinfonia

di colori le lamelle sono forse la parte meno appariscente. Dapprima color bruno con sfumature violette, diventano color ruggine scuro quando il fungo invecchia. E il colore della carne? E’ biancastro con sfumature bruno-rosate, violette dove il gambo si inserisce nel cappello. Al piede del gambo anche la carne è rossa. Facciamoci affascinare da questo arcobaleno di colori ma lasciamolo dov ’è perchè, come fa sospettare il nome, è quasi certamente velenoso!

Giorgio Gozzi

kit i t n ide

Nome scientifico: Cortinarius bulliardii Classe: Basidiomycetes Ordine: Agaricales Famiglia: Cortinariaceae

Aspetto: Cappello igrofano, gambo a forma di clava, carne bruno -rosata Habitat: Terreni calcarei, latifoglie e abeti Commestibilità: velenoso

cucina ricetta della nonna Palline di mele In una terrina, lavorate molto bene le uova con 100 g di zucchero. Unite quindi il rum, il vino, l’olio di oliva, il latte, il lievito, la vanillina e un pizzico di sale. Incorporate le mele sbucciate e grattugiate e la scorza di arancia. Aggiungete l’uva passa precedentemente ammollata in acqua, scolata e strizzata, e in fine la farina, preventivamente setacciata. Amalgamate bene fino a ottenere un composto abbastanza consistente. Con il composto, riempite una tasca da pasticciere e, aiutandovi con un coltello a lama liscia, ricavate tante palline della grandezza desiderata. Ponete sul fuoco una padella con abbondante olio e, quando sarà bollente, friggetevi le palline. Scolatele e ponetele ad asciugare su carta assorbente da cucina. Trasferite sul piatto di portata e cospargetele, finchè sono ancora calde, con lo zucchero rimasto.

Tempo 60 min. Difficoltà INGREDIENTI: 4 uova 150g di zucchero 5 cl di rum 2 mele La scorza grattugiata di 1 arancia 20 cl di vino bianco secco 20 cl di latte 1 bustina di lievito in polvere per dolci 1 bustina di vanillina 200 g di uva passa 150 g di farina 4 cl di olio di oliva Olio per friggere Sale

Grado di difficoltà: facile

media

elaborata

liquore fatto in casa Liquore al cioccolato INGREDIENTI: ½ l di latte 2 dl di alcol 2/5 dl d’acqua 500 g di zucchero 100 g di cioccolato fondente 1 bustina di vaniglia 3 g di cannella

Grattugiate il cioccolato e fatelo sciogliere con 1 dl d’acqua a fuoco basso; portate a ebollizione e, sempre mescolando, cuocete per 15 minuti. Intanto fate bollire anche il latte con l’acqua rimanente, lo zucchero, la vaniglia e la cannella, lasciandolo cuocere a fuoco basso per 30 minuti. Aggiungete quindi il cioccolato e continuate la cottura a recipiente coperto per un altro quarto d’ora. Poi lasciate raffreddare il composto; quando si è raffreddato a dovere aggiungete l’alcol e versate il liquore in una bottiglia a chiusura ermetica. Nelle giornate invernali potrete servirlo bollente, scaldato a bagnomaria o con il getto di vapore della caffettiera elettrica.

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a proposito di ...

sambuco

“

Osservando attentamente prati, boschi e cigli delle strade, è probabile che l ’attenzione cada, soprattutto a primavera inoltrata, su alberi che presentano bellissimi e profumatissimi f iori bianchi.

In primavera era tempo di racco-

gliere i fiori, ora è venuto il tempo di raccogliere le bacche. Di sambuco naturalmente! Del sambuco non si butta via niente: le bacche sono conosciute fin dall’antichità, sia dai Greci che dai Romani. Era un albero popolarissimo e multiuso. Il legno di sambuco veniva utilizzato per la costruzione di strumenti medici e musicali (una piccola arpa dalla forma triangolare che i Greci chiamavano “sambice”, mentre i romani “sambuca”).

”

La polpa delle bacche, ricca di un succo rosso-bruno, veniva utilizzata

per tingere i capelli bianchi e per realizzare un rudimentale inchiostro. Le bacche hanno anche proprietà diuretiche e lassative, il succo estratto, sotto forma di decotto (preparato lasciando bollire una ventina di bacche per qualche minuto) o infuso è un utile rimedio contro la stitichezza. Fate comunque attenzione e raccogliete le bacche solo se siete sicuri si

tratti di quelle giuste! Ne esistono di simili che sono tossiche.

di aggiungere l’acido citrico. Il vino di sambuco va bevuto diluito: un cucchiaio in un bicchiere d’acqua.

Il momento, dicevamo, è quello giusto. I fiori bianchi del sambuco si sono trasformati in piccoli frutti, bacche dal color porpora, anch’esse raggruppate nei tipici ombrelli. Devono essere raccolte perfettamente mature e da alberi che crescano lontano da fonti di inquinamento. Con questi preziosi regali della natura possiamo preparare in casa un ottimo vino dolce, diuretico, dissetante e ricco di antiossidanti. Ingredienti: 200 gr di zucchero (preferibilmente integrale di canna) per ogni chilogrammo di bacche. Se si vuole evitare lo zucchero, si può aggiungere per ogni litro di prodotto un cucchiaino di acido citrico per conservare al meglio il vino. Preparazione: separate le bacche dal ramo, lavatele con cura e riponetele in un tegame di acciaio inox. Cuocetele fino a quando non saranno completamente asciugate e nel tegame saranno rimasti succo e buccia divisi. Filtrate dunque il succo con una tela e rimettetelo sul fuoco aggiungendo lo zucchero. Cuocete agitando il contenuto fino a che avrà raggiunto una consistenza sciropposa. Se non mettete lo zucchero, questo è il momento

Anche il decotto della corteccia ha proprietà diuretiche e lassative, così come le foglie con le quali si prepara un infuso lasciandone macerare 3-5 grammi in 100 millilitri di acqua. Infine con i fiori di sambuco possiamo preparare (oltre al conosciuto succo concentrato) uno sciroppo contro la tosse. Ecco come fare: preparate una miscela con 30 fiori di sambuco, 30 fiori di tiglio, 30 grammi di foglie di eucalipto, 10 grammi di foglie di menta piperita. Tenete in infusione 1-2 cucchiaini di questa miscela in una tazza per 15 minuti, filtrate e bevete caldo la sera prima di andare a dormire. Questo infuso vi farà sudare non poco!

Fabia Ceccon

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orizzontali: 2. Protegge il capo dei

orizzontali: 1. Il rutenio nelle formule chimiche – 2. “Va bene” in USA – 4. Il principio dell’opera – 5. Le hanno Lucio e Cristina – 6. Il luogo che era sede della corte di re Artù – 9. Sibilla fra le scrittrici – 10. Fiume peruviano che nasce dalle Ande – 11. Riservano il massimo rispetto.

verticali: 1. Ruminante nordico dalle corna a pala – 2. Si accendono tra antagonisti – 3. Un eroe gallico dei fumetti amico di Obelix – 4. Sparo di fucileria – 5. Grande metropoli venezuelana – 6. Possono giungere da un campanile – 9. Il simbolo chimico dell’Osmio – 13. L’inizio dell’eternità.

verticali: 1. Il lavoro in cui eccelleva

centauri – 7. Un prestigioso premio per cineasti – 8. Fare affidamento o numerare progressivamente – 10. Prodotta fuori dai confini dello stato – 11. Arbusto utilizzato per fabbricare scope – 12. Il regista del Film “ La Ciociara” – 14. Lo stato USA con capitale Austin.

Aracne – 2. Verbo che richiede l’anestesista – 3. Dà una pelle per scarpe e borsette – 4. Gli è attribuita la paternità della Batracomiomachia – 5. Isole dell’Oceano Indiano – 7. Cane che può essere anche “arlecchino” – 8. Ottima fibra tessile animale.

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(fonte: web)

oroscopo Ariete 21/03-19/04

Sul lavoro c’è qualche forma di instabilità: problematiche riguardo punti di vista differenti o accesi scambi di vedute possono instaurarsi con qualche collega creando divergenze spiacevoli. La tua buona adattabilità ti permette comunque di trovare i giusti compromessi e di risolvere ogni tipo di problema. Amore Lavoro

Salute Fortuna

Toro 20/04 – 20/05 Giove favorevole ti dota di grande spirito concreto e praticità sviluppata. Hai idee da vendere e riesci a metterle in pratica con disinvoltura e originalità, i tuoi superiori non possono non accorgersene e ricevi gratificazioni significative. Cavalca bene l’onda e sfrutta al meglio questo momento magico. Salute Fortuna

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Gemelli 21/05 – 21/06

Plutone generoso regala grossi profitti in ambito economico. Sei in fase di evoluzione e questo ti aiuta a capire determinate cose di te che prima non avevi ben chiare. Le situazioni in sospeso subiscono un chiarimento fondamentale per il tuo benessere psicologico, risultando così di grande aiuto nella tua crescita personale. Amore Lavoro

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Cancro 22/06 – 22/07

Sei in forma smagliante e l’amore va a gonfie vele. L’amore è pieno di dolcezza e un avvolgente abbraccio ti tocca l’anima facendoti sentire appagato e coinvolto più che mai. Sembra che tutto quel che tocchi si trasforma in oro. Qualche operazione inattesa ti spiana la strada nel lavoro regalandoti soddisfazioni e serenità. Amore Salute Lavoro Fortuna

Leone 23/07 – 22/08

La luna nel settore dei talenti e dei beni promette un’espansione importante in termini di averi e di denari. Idee di scambi e affari ti balenano in testa e il tuo fiuto non ti tradisce aiutandoti a realizzare interessanti acquisti. L’amore è sereno e l’appoggio di chi ami ti aiuta a concentrarti meglio pensando al tuo futuro. Amore Salute Lavoro Fortuna

Vergine 23/08 – 22/09 Qualche timore e piccole incertezze fanno capolino nei sentimenti, forse frutto di esperienze passate non proprio positive. Non farti condizionare da meccanismi inutili, lasciati andare alla passione, vivendo la tua emotività. Ritroverai sicurezza e serenità indispensabili per poterti sentire davvero bene. Salute Fortuna

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Bilancia 23/09 – 22/10

Il sole brilla alto nel tuo cielo: immaginazione e intuizioni sono in pole position. Inventiva e originalità contraddistinguono i tuoi progetti. Nuovi punti di partenza dinnanzi a te ti avvantaggiano rispetto al passato. Non ti resta che interpretare al meglio le tue idee senza paura di fallire perché la fortuna è dalla tua parte. Salute Amore Fortuna Lavoro

Scorpione 23/10 – 21/11

La presenza di Saturno frena i tuoi istinti, contrariamente al tuo solito in amore eviti gli slanci amorosi particolarmente folli, ma vuoi scandagliare a fondo una persona prima di consegnarli il tuo cuore. Non fartene un cruccio se l’altra parte non risponde con la giusta pazienza, chi davvero ti vuole deve saperti aspettare. Amore Salute Lavoro Fortuna

Sagittario 22/11 – 21/12 Giove porta ottime possibilità di guadagno da legami e da eredità in generale, una boccata di ossigeno per le tue casse. D’altro canto la tua esuberanza rischia a volte di farti gestire i beni materiali in modo sregolato. Controlla le uscite e centellina i soldi, potrebbero tornati utili per spese importanti in futuro. Salute Fortuna

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Capricorno 22/12 – 19/01 Plutone nel segno ti fa vivere ogni momento come un passo in avanti: non dai nulla per scontato e sai che ogni avvenimento fa parte di un lungo processo di crescita. Questa consapevolezza ti aiuta a vivere le giornate con pienezza, a far tesoro di tutto. La tua maturazione è in costante evoluzione. Amore Lavoro

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Acquario 20/01 – 19/02 Mercurio, Saturno e Venere nel settore del successo ti aprono tante porte: intelligenza, savoir-faire e duttilità sono le qualità che ti permettono di brillare in società. Le recenti incertezze sono un lontano ricordo e l’esperienza, unita a uno spirito d’innovazione, ti permette di concepire un grande progetto. Salute Fortuna

Pesci 20/02 – 20/03

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Sprizzi energia da tutti i pori, hai mille cose nuove da fare, tutte ti portano su sentieri non ancora battuti, lontani dalle abitudini. La contrapposizione della Luna ti crea però momenti di forte lunaticità, facendoti spesso cambiare idea. Il giusto ago della bilancia sta nel mezzo, con maggior equilibrio la via per il traguardo è più breve. Salute Amore Fortuna Lavoro

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