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la meridiana collana paginealtre
ISBN 978-88-6153-105-5
edizioni la meridiana
Euro 7,00 (I.i.)
edizioni la meridiana
cianomagentagiallonero
Lo scandalo dell’Eucaristia
Quella notte a Efeso. Lettera a Maria
AFFLIGGERE I CONSOLATI
Queste pagine sono una trascrizione fedele di alcune riflessioni proposte da don Tonino Bello ai sacerdoti del suo presbiterio partendo dal documento dell’episcopato italiano “Eucarestia, Comunione e Comunità”. Anche se dettate agli albori del suo mandato episcopale conservano tutta l’attuale sovversiva ricchezza della riflessione più matura di don Tonino. Ad esse potranno attingere quanti ricercano ragioni forti per recuperare fino in fondo lo “scandalo dell’Eucaristia”.
“Voglia di trasparenza. Non abbiamo sentito mai così vivo il bisogno di vedere oltre. Oltre la vita, la morte, i sogni, il dolore, la gioia, la gloria.”
AntonioBello
Antonio Bello AFFLIGGERE I CONSOLATI
“Anziché dire La messa è finita, andate in pace, dovremmo poter dire La pace è finita, andate a messa. Ché se vai a messa finisce la tua pace.”
www.lameridiana.it
Antonio Bello è stato vescovo di Molfetta e presidente nazionale di Pax Christi. La sua scelta pastorale, vissuta sull’opzione radicale degli ultimi, e il suo impegno per la promozione della pace, della nonviolenza, della giustizia e della solidarietà, lo rendono ancora oggi, dopo la sua morte, tra i più audaci profeti dei nostri giorni.
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Antonio Bello
Affliggere i consolati Lo scandalo dell’Eucaristia
Redazione e cura di Ignazio Pansini
edizioni la meridiana p a g i n e a l t r e
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Indice Prefazione Il sacramento, i sacramenti Eucaristia, Comunione e Comunità Un solo pane, un solo corpo Celebrando il memoriale L’eucaristia per la revisione di vita Preghiera Per il mondo
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Prefazione
Con un banchetto inizia e termina l’attività pubblica di Cristo. E di banchetti è rigonfia la sua vicenda e la sua parola. Il luogo della condivisione materiale dei beni è dal Cristo assunto come il segno sacramentale rivelatore della chiamata evangelica. Sul desco si verifica il legame fraterno della comunità, la misura di giustizia con cui i suoi membri sono accolti o esclusi. Il rivestimento simbolico dell’eucarestia contiene questo potenziale provocatorio che dovrebbe sprigionare ogni volta un’incontenibile ansia di cambiamento. «La comunità eucaristica, come Gesù, deve essere sovversiva e critica verso tutte le miopi realizzazioni di questo mondo» e in questo senso il rapporto di don Tonino con l’eucarestia è stato autentico e totale. Nella celebrazione ricercava la forza creatrice dello spirito per liberare nella comunità dei credenti la «forza sovversiva», la «riserva escatologica». Queste pagine sono una trascrizione fedele di alcune riflessioni proposte ai sacerdoti del suo presbiterio partendo dal documento dell’Episcopato italiano «Eucarestia, Comunione e Comunità». Anche se dettate agli albori del suo mandato episcopale conservano tutta l’attuale sovversiva ricchezza della riflessione più matura di don Tonino. Ad esse potranno attingere quanti ricercano ragioni forti per temperare fino in fondo lo «scandalo dell’eucarestia».
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Il sacramento, i sacramenti
Il calo della pratica sacramentale, anche nelle nostre comunità, è un fenomeno evidente che trova continua conferma nelle indagini statistiche che si susseguono. Da che cosa dipende? Senza dubbio dipende dalle deficienze di una pastorale incentrata sulla sacramentalizzazione a tutto spiano, a tappeto: ricevere presto, e spesso, tutti i sacramenti. Un Dio presentato quasi come «pronto soccorso», quasi fosse un toccasana. È una pastorale deficitaria. Un altro motivo lo possiamo riscontrare nelle deficienze di un simbolismo divenuto troppo poco profetico oggi, troppo poco eloquente. Pensate su che cosa si articolano la liturgia e tutti i sacramenti: pane, vino, olio, sale, acqua, incenso (tutti segni cosmici). Invece sappiamo che oggi la gente è più sensibile non ai segni cosmici, ma ai segni umani: il canto, l’abbraccio di pace, lo stare insieme. E poi c’è senz’altro – e questo in grossa misura – il processo di secolarizzazione che ha messo a dura prova la nostra fede. Però ci sono anche le deficienze di una teologia sacramentaria che si è cristallizzata sottolineando, nei sacramenti, la dimensione discendente della Grazia e degli stessi sacramenti: i sacramenti, cioè, come momento di santificazione per noi e non di glorificazione di Dio. Oggi, anche oggi, quanti comprendono che andando a confessarsi non solo ricevono il perdono, loro, ma danno anche 11
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gloria a Dio? Un modo straordinario di dare gloria a Dio è quello di andarsi a confessare. Un ragazzo che si cresima dà gloria a Dio. Chiedendo il battesimo per il proprio figlio, i genitori danno gloria a Dio e non soltanto provvedono al proprio bambino. Dobbiamo riscoprirla questa dimensione ascendente: il sacramento non è soltanto un beneficio che riceviamo noi. C’è un testo chiave, per la definizione del sacramento, nella lettera di S. Paolo ai Colossesi (2, 9): In Lui abita la pienezza della divinità corporalmente. Viene evidenziata una duplice dimensione: una dimensione profonda, nascosta, non sperimentabile sensibilmente, che è costituita da un’azione di Dio, anzi dalla divinità stessa, «la pienezza della divinità»; e poi c’è una dimensione periferica, corporea, sensibile designata con quel «corporalmente». Alla luce di questa espressione paolina, possiamo allora dire che il sacramento per eccellenza è Gesù Cristo. La dimensione profonda è Dio stesso, la dimensione periferica è la natura umana completa. Il sacramento fontale, il sacramento primordiale è Gesù Cristo. Al centro, quindi, di tutta l’economia della salvezza c’è Lui, l’uomo-Dio. Anche le azioni di Gesù Cristo sono sacramentali perché sono gesti sperimentabili in cui si cela la salvezza. Perché Dio ha voluto mettere questa economia sacramentale nei suoi rapporti con noi? Perché ogni rapporto che avviene tra persone si compie sempre attraverso la corporeità, attraverso il corpo. Guitton dice che la corporeità è la faccia dell’anima rivolta verso le altre anime. Al di fuori della corporeità non avvengono rapporti tra gli uomini. Difatti anche Dio quando si manifesta, si manifesta attraverso forme visibili, attraverso forme corporee. Al di là della corporeità non è possibile alcun rapporto. Quindi l’amore di Dio è diventato sorriso umano. E questo è un concetto teologico fondamentale che è necessario ribadire e sottolineare perché altrimenti andiamo a vuoto presentando il sacramento come uno strumento produttore della Grazia, disancorando tutto da Gesù Cristo, dal mistero della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione. 12
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Attenzione! Non soltanto nella sua vita terrena, ma anche nel suo stato glorioso Gesù Cristo rimane il sacramento fontale della nostra salvezza. La grande ricchezza, l’unica, l’incalcolabile ricchezza del Nuovo Testamento è costituita dal corpo glorioso risuscitato di Gesù Cristo. Quindi anche adesso il corpo di Gesù Cristo mantiene la sua sacramentalità. È l’unico tramite tra Dio e noi. Siccome ogni incontro avviene sul piano della corporeità e poiché la corporeità di Gesù è scomparsa dal nostro mondo visibile, ecco allora che è entrato un secondo organo di comunicazione: la Chiesa. Se il corpo è il volto dell’anima rivolto verso le altre anime, se Gesù Cristo è il volto di Dio trascritto in chiave di visibilità, il volto di Dio rivolto verso la terra, la Chiesa è il volto del corpo glorificato di Cristo in cielo rivolto verso di noi. Dio oggi entra in contatto con l’umanità attraverso la Chiesa. Per cui la Chiesa non è estranea alla salvezza di nessuno. In questo senso ci si può spiegare l’affermazione «extra Ecclesiam nulla salus»: non perché ognuno si debba battezzare, ma perché la Chiesa – anche attraverso una economia sommersa – non è estranea alla salvezza di nessuno. Siccome i nostri rapporti si verificano attraverso la corporeità, oggi questa corporeità, questa trascrizione visibile del rapporto tra Dio e l’uomo è costituita dalla Chiesa, che è la faccia rivolta verso la terra del corpo glorificato di Cristo. Quando diciamo «corpo mistico di Cristo» affermiamo questo. Noi siamo veramente il corpo di Cristo. E un giorno il nostro destino sarà questo: pur mantenendo la nostra individualità (come nella Santissima Trinità le tre Persone mantengono la loro individualità però sono tutt’uno) saremo tutt’uno, saremo il corpo glorificato di Cristo. Non soltanto la Chiesa è sacramento, ma anche l’azione della Chiesa rivolta alla glorificazione di Dio e alla santificazione delle anime è una azione sacramentale. Le azioni che la Chiesa compie, che cosa sono se non la tra13
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Antonio Bello
scrizione in chiave di visibilità di quello che fa Gesù Cristo in cielo? La Chiesa oggi è sacramento del corpo risuscitato di Gesù. Le azioni della Chiesa, cioè la liturgia, sono la trascrizione in chiave di visibilità di quello che il corpo glorificato di Cristo fa in cielo: Cristo presenta il suo sangue e intercede per noi. Tutta la liturgia è sacramento. Con ciò non si vuole negare il numero settenario dei sacramenti. Si tratta di recuperare questa visione unitaria in modo che i sacramenti non vengano considerati come isole, unità staccate e autonome. La Chiesa, allora, ha visto male quando ha definito il numero settenario dei sacramenti? Ma no, ha visto benissimo! La Chiesa, in tutto il contesto sacramentale che si sviluppa partendo da Cristo, sacramento fontale, non ha fatto altro che discernere sette cime più alte di tutto un sistema unico di montagne che forma il complesso della liturgia. La Chiesa si esprime e opera innanzitutto attraverso queste sette cime più alte, questi maggiori riti della liturgia detti «in modo particolare» i sette sacramenti. La Chiesa si esprime e opera in modo specialissimo attraverso quello che è detto «il santissimo Sacramento», il sacramento per eccellenza, la cima più alta di tutto un complesso sacramentale. È bello recuperare in questa visione – così riusciamo a capire anche tante cose – il sacerdozio universale dei fedeli. Noi siamo traduzione visibile del corpo glorificato di Cristo, sommo sacerdote che presenta il sangue. Per questo noi siamo sacerdoti. Tutta la Chiesa, tutti gli appartenenti alla Chiesa hanno questo munus sacerdotale. Con questa visione quanti problemi saltano! Quante volte nel corso degli studi teologici ci arrabattavamo: quand’è che Gesù Cristo ha istituito i sette sacramenti? ma la cresima quand’è che l’ha istituita? il matrimonio quando ha avuto la sua istituzione? I sacramenti vanno visti nel contesto ecclesiale, altrimenti è la fine. 14
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Applicazioni concrete ce ne sarebbero tante. Intanto vi propongo alcune espressioni del documento pastorale dell’Episcopato italiano «Eucaristia, comunione e comunità». Il nesso inscindibile tra l’eucaristia e gli altri sacramenti (...) chiede di verificare la prassi pastorale in atto, su questi aspetti, nelle nostre comunità (88). Emerge (...) l’insostituibile necessità degli «itinerari di fede» in preparazione ai sacramenti, sostenuti da un’opera paziente di evangelizzazione e di catechesi (88). Non ci si può accontentare della celebrazione avvenuta; l’azione pastorale che deve seguire, si pone su un duplice livello di catechesi e di impegno nella storia per il servizio del regno e per la promozione umana (89). Veramente, rivediamole certe nostre scelte. Capite bene che, per introdurre anche la gente in questa visione, occorre tutto un cammino di iniziazione, di catechesi. Perché, altrimenti, scadiamo nel magico. Cari confratelli, state attenti, non siate leggeri su questo. Perché siamo interpellati in modo molto forte dal mondo e dalla Chiesa. Non abbiamo da acquistarci popolarità con le elargizioni.
Allora c’è da chiedersi: quando avverrà in noi questa metanoia, questo cambio, questo rinnovamento interiore? Le nostre eucaristie sono punto terminale di un lungo cammino? Va inoltre rivisto il rapporto tra l’eucaristia e gli altri sacramenti. Il rapporto tra eucaristia e battesimo viene sottolineato. Ci si chiede di valorizzare, per esempio, i segni battesimali che ci sono nella messa domenicale: l’aspersione dell’acqua battesimale, la professione di fede, la recita del «Padre nostro», lo stare in piedi. Per quanto riguarda l’eucaristia e la confermazione, si potrebbe sottolineare il senso della missione, che è presente anche nella messa. L’invito finale «La messa è finita, andate in 15
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Antonio Bello
pace» non è soltanto un avviso che è finita la celebrazione. È una missio. A me è piaciuto tantissimo un intervento del Card. Ballestrero, alla CEI. Quest’uomo straordinario per la sua semplicità, per la sua bonomia. Sembra che si prenda gioco di tutte le sofisticazioni teologiche. Egli dice una cosa che mi è piaciuta moltissimo e che ho sottolineato per me. Afferma che la pastorale dell’accoglienza oggi non è più sufficiente. Ci vuole la pastorale della missione. Occorre uscire dalla pastorale residenziale: La pastorale dunque dell’accoglienza di coloro che cercano la Chiesa e le sono fedeli non è più, in questo momento storico, una pastorale sufficiente. Deve invece emergere una pastorale dell’andare verso coloro che non vengono, che non conoscono, che rifiutano e che osteggiano. Pertanto a una pastorale residenziale o domiciliare deve subentrare una pastorale di annunzio e di testimonianza che dovrà trovare nuove forme espressive. La comunione che dobbiamo promuovere non può ritenersi la comunione del cenacolo, ma la comunione che parte dal cenacolo e va per tutte le strade della nostra società. A me è parsa una suggestione molto bella. Anche per quanto riguarda il rapporto tra l’eucaristia e la penitenza ci sono delle affermazioni molto belle (cfr. nn. 9395) ed è evidente che bisognerà fare un approfondimento sul sacramento della penitenza. C’è un calo fortissimo delle confessioni. Su una rivista di pastorale giovanile leggevo che oggi, specialmente tra i giovani, il senso del peccato si va orizzontalizzando mentre il senso del perdono si va verticalizzando. Il senso del peccato si orizzontalizza: contano solo alcuni peccati la cui valenza è prevalentemente sociale, che c’entra Dio? La richiesta di perdono si verticalizza: chiedo perdono direttamente a Dio, che c’entra la Chiesa? Il documento ci aiuta a riflettere e ad agire in maniera più adeguata ai bisogni: Un’adeguata azione pastorale dovrà aiutare il fedele a recuperare il valore proprio e insostituibile del sacramento della penitenza, a fronte di una diffusa disaffezione (94).
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Affliggere i consolati
Io vorrei concludere questa riflessione affermando che non dobbiamo scoraggiarci e non dobbiamo nemmeno accontentarci delle soluzioni facili, comode. Per me una soluzione difficile è quella di mettere le radici anche in un tessuto teologico-dottrinale profondo. Perché una delle tentazioni più forti oggi è quella di voler trovare delle soluzioni pastorali comode, che non mettano in discussione anche tutto l’entroterra culturale teologico che noi abbiamo. E quando ci saremo incontrati con la verità teologica, io sono convinto che scatteranno anche dei dinamismi di amore più forte verso il Signore, crescerà, cioè, anche la nostra vita spirituale.
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Queste pagine sono una trascrizione fedele di alcune riflessioni proposte da don Tonino Bello ai sacerdoti del suo presbiterio partendo dal documento dell’episcopato italiano “Eucarestia, Comunione e Comunità”. Anche se dettate agli albori del suo mandato episcopale conservano tutta l’attuale sovversiva ricchezza della riflessione più matura di don Tonino. Ad esse potranno attingere quanti ricercano ragioni forti per recuperare fino in fondo lo “scandalo dell’Eucaristia”.
“Voglia di trasparenza. Non abbiamo sentito mai così vivo il bisogno di vedere oltre. Oltre la vita, la morte, i sogni, il dolore, la gioia, la gloria.”
AntonioBello
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“Anziché dire La messa è finita, andate in pace, dovremmo poter dire La pace è finita, andate a messa. Ché se vai a messa finisce la tua pace.”
www.lameridiana.it
Antonio Bello è stato vescovo di Molfetta e presidente nazionale di Pax Christi. La sua scelta pastorale, vissuta sull’opzione radicale degli ultimi, e il suo impegno per la promozione della pace, della nonviolenza, della giustizia e della solidarietà, lo rendono ancora oggi, dopo la sua morte, tra i più audaci profeti dei nostri giorni.