Bum bum

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Monique Pistolato

Il tempo in cui i corpi fioriscono arriva all’improvviso. Il cuore al galoppo, le paturnie, i rossori e le porte sbattute. La bellezza di scoprirsi nello sguardo di un altro: l’amore acerbo e senza codici, spericolato e segreto... le prime volte. L’alfabetizzazione delle emozioni sperimenta un linguaggio personale e cerca nidi protetti in cui far pratica di affettività senza sorveglianti. Le prove di volo di ragazze e ragazzi e le preoccupazioni dei grandi. Otto racconti sull’avventura più indelebile dell’adolescenza corredati da un sentiero di strumenti per ripensare a questo momento cruciale della vita. Una palestra di educazione sentimentale perché l’amore non si può spiegare ma vivere anche attraverso le storie.

BUM BUM Le prime volte dell’amore. Storie

“Ricorderò quel luglio. Di grilli e rane, telefonate chilometriche, di soldi spesi per l’intimo ai grandi magazzini, di ore a controllare la depilazione delle gambe. Ricorderò quei giorni in cui avevo un unico pensiero: ancora, ancora, ancora… ”

BUM BUM

Monique Pistolato Scrittrice, educatrice-animatrice, convinta promotrice del “potere benefico” della lettura. Tra i suoi ultimi libri: Cari libri. La lettura condivisa come laboratorio di umanità (ed. Paoline, 2015); Sotto il cielo di tutti (ibis, 2016). Per la meridiana ha pubblicato anche Un tempo necessario. Ragazzi e scelte di vita (2007).

Monique Pistolato

QUADERNI di

ISBN 978-88-6153-655-5

Euro 15,00 (I.i.)

9 788861 536555


Monique Pistolato

BUM BUM Le prime volte dell’amore. Storie


Indice Il bene veggente..................................................................................9 Quel giorno di marzo.....................................................................13 Bum Bum...........................................................................................31 In principio era il buio ....................................................................49 Il calzino di Vasco.............................................................................59 Certi permessi li firma il cuore.......................................................67 Un’altra volta.....................................................................................81 Sai che................................................................................................95 OLTRE LE STORIE L’educazione sentimentale al tempo dei replicanti....................105 Il valore della vita erotica .............................................................111 Sentieri per continuare..................................................................115 Bibliografia......................................................................................117



Quel giorno di marzo Qualunque sia l’età, quindici, sedici, diciassette o anche diciotto anni, la prima volta che si va a letto con qualcuno e che si chiude una volta per tutte con la madre e con il padre, è molto importante. Non è solo una questione di sesso. Determina lo sguardo che dopo poseremo sugli altri, le donne, gli uomini. Lo sguardo che poseremo sulla vita. E l’atteggiamento, giusto o meno, bello o brutto, che avremo per sempre nei confronti dell’amore. Jean Claude Izzo, Chourmo

28 marzo Marta. Marta. Marta. La osservo muoversi ossessivamente tra lo specchio e l’armadio. Si mette, si toglie, comunque insoddisfatta. E io raccolgo i suoi relitti, lavati e stirati, buttati qua e là. Parole al vento le mie. Parole di mamma che lei scansa – gentilmente – assorta, con la testa altrove. Vorrei avere il coraggio di darle un ultimatum, di metterla alle strette. Anch’io sono stanca. Vorrei il mio lavoro rispettato e che lei imparasse qualche cosa, a comportarsi. Si occupasse almeno di Simone, di tanto in tanto. Sono stufa del suo disordine e dei suoi silenzi. Ma percepisco che non è il momento, che alla prima minaccia potrebbe davvero prendere la porta e andare. Ed io non sono pronta. Urta i mobili, le scivolano le cose tra le mani, si spazzola i capelli. Mille e mille volte. Vorrei dirle “piano che ti fai male”, ma mi trattengo. 13


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È elettrica, in quell’ansia di chi ha il timore di non piacere. Si passa e si ripassa quel lucido alla ciliegia sulle labbra. La bocca spicca invitante nel suo corpo pallido, sinuoso, a spigoli dolci. No, non è possibile, sembra una di strada. Mia figlia una di strada. Quasi quasi glielo proibisco, chissà cosa penseranno gli insegnanti… ma poi? Poi sono certa che, magari, ne compera uno fucsia iridescente, o viola scuro, così per provocazione, per dispetto. No, forse questa non è una cosa importante e poi non ho voglia di un’altra lite, non oggi. Lo sento! Si sta preparando al rito. A quel rito. Vorrei trattenerla. Schiaffeggiarla. Punirla per ciò che non ha ancora osato, che farà senza chiedermi il permesso o il parere. Ma me ne sto qui in un angolo, vigile, silenziosa, vile o forse solamente impreparata. Ammiro orgogliosa quella figura di gazzella pronta allo scatto. Carne della mia carne. Alla fine sceglie la solita maglietta e i soliti jeans. Sempre gli stessi abiti consumati e intrisi di quel sudore ormonale di adolescente che impregna e stagna, che cattura in quell’aroma proprio del latte di fico. La camera è satura di odore di stalla, ci mancavano solo gli anfibi vicino al letto e lo zainetto che ormai ha cinque anni e non è mai stato lavato. Dio non la sopporto! È lì da un’ora che va avanti e indietro. Padrona del bagno. Insofferente e regale. Appetitosa, concentrata solo sul desiderio. Il suo. Vitrea e assente. Prima ancora di ricevere una risposta chiede e agisce: si versa addosso mezza boccetta di profumo. No! Non voglio, quello è mio, quello che mi ha regalato Pietro! Come la detesto quando fa così. Irruenta, si autorizza a tutto la signorina, tranne a parlare, a dar spiegazioni. Con quale pelle di uomo si fonderà quell’essenza? La mia essenza. Saranno narici delicate ad annusare questa margherita di campo? Mi concentro, ripercorro le facce dei suoi amici. Studio le voci allegre, timorose, di quei “c’è Marta?”, interrogativi, all’altro capo del filo. Le mie indagini mi conducono ad un labirinto vuoto. Non 14


ho decifrato alcun segnale. Non ho individuato alcuna traccia dell’aquilotto che sorvola la mia casa, rapace, affamato. Marta gatta omertosa che vuole consumare il suo boccone lontana, nascosta, indisturbata; sola e altrove. Marta rondine che plana, facile preda. Marta giovane leonessa metropolitana. Dio, fa’ che stia in guardia. *** 28 marzo Marta ama David… Marta ama David… Marta ama David. Questa mattina ne ho parlato con Sabrina. Lei l’ha già fatto. Sabrina ama Francesco come Marta ama David. Quando mi racconta dell’intimità tra lei e Francesco gli occhi le brillano, è bellissima. L’ho trattenuta nel bagno della scuola per più di mezz’ora, desideravo conoscere i particolari. Un po’ mi vergogno, ma le immagini che mi ha regalato sono un’estasi! È l’amica migliore. Le sue descrizioni sono state come un concerto dal vivo di Fedez – un’emozione – e noi due ci siamo buttate a pesce, nuotando senza fiato, in quelle immagini a colori. Cazzo – che sensazioni! Oggi si è rotto il cd che mi ha regalato David. Sono stata male. Scommetto che sotto c’è lo zampino di mia madre. Sì, è vero, l’avrò ascoltato diecimila volte, ma anche lei con le sue manie di pulire, di frugare, di tenere tutto in ordine. Scommetto che non ne può più di quella canzone e siccome non riesce a scovare il prescelto mi ha sabotato il lettore. In questi giorni mi sta proprio addosso. È lì rabbiosa, pronta ad attaccare, ma non ho nessuna intenzione di darle il pretesto. Se sapesse che David ha nove anni più di me e che sua figlia si concederà grintosa senza il suo assenso. Senza padre a braccetto ma con la benedizione di Sabrina. Marta ama David. Dio se sapesse quanto lo amo. Ma per lei, che ha avuto un’educazione troglodita in fatto di sentimenti, è sempre meglio la forma che la sostanza. Vorrei gridarglielo in faccia. Scuoterla da quell’aria imbalsamata fatta di tiepide abitudini. Disancorarla, distruggendo quel fortino costruito di pregiu15


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dizi, valori abnormi o paure. Forse solo paure. Mamma e vorrei dirle che anch’io ho paura e, come canta Carmen, mi sento “confusa e felice”. Sono eccitata. Contenta. Innamorata. Preoccupata. Sì, preoccupata. Come accoglierà David la mia inesperienza?! Lui, lo so, anche se non lo dice, ha avuto una sfilza di donne lunga come l’elenco. Di donne – che sconforto, ma io sono una giovane ragazza innamorata e al diavolo tutte le ex. Il lucido che mi ha regalato Sabrina mi sta meravigliosamente. David è bello. Il più bello e questo amore sarà per sempre. Se solo potessi dirti papà che l’ho incontrato, che è avvenuta la magia... Mi piacerebbe raccontarvi che ha gli occhi neri e i capelli castani, lunghi, un po’ ondulati. Mani forti e un fisico da giocatore di pallavolo, lavora già da un po’, no, non è laureato... frequenta le serali perché... e ha un bellissimo “maggiolone giallo”… David, sì perché è francese da parte di mamma. Mi piacerebbe parlarvene, magari portarlo a casa, così come un amico. Ma mi è difficile se tutto ciò che mi chiedete è in stile terzo grado: inquisitori! Mi perseguitate come se tutte le disavventure del mondo dovessero abbattersi su di me, come punizioni per la mia insulsaggine. Miseria che abisso! Svegliaaaaaa! Marta è cresciuta! Le parole tra noi, purtroppo, sono maledettamente limitate, o scontate nel canto continuo delle vostre raccomandazioni. Le idee pure. Suppongo che dovrò fare tutto da me! Si concentrassero su quel “rompino” di Simone invece di togliermi l’aria. Lui è piccolo e viziato, il mostro. Per stasera canotta bianca con spalline in seta, mutandine in pizzo e sia quel che sia. *** 28 marzo Marta. Marta. Marta. Risento quelle due pere sottili, appena sbocciate pungermi il petto. Non riesco a lavorare. Marta, mitilo appena schiuso desideroso di essere mangiato. Marta, piccolo frutto. 16


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Marta e come Mangiafuoco potrei fare di te un unico appetitoso boccone. Il lupo con Cappuccetto rosso che divora il rosso di quella bocca color lecca-lecca. Ma l’unico cappuccio che dovrò ricordare è quello per ricoprire il mio strumento di uomo eccitato, premuroso di scardinare quel forziere inesplorato, per non far puttanate. Voglio sorseggiarti piano, trattenermi il più possibile sulle tue avance maldestre, amorevoli, in quel tatto di bambina. Sono ubriaco del tuo essere protesa verso di me senza condizioni. A Marta non importa niente di Sofia. A Sofia interesserebbe molto di Marta. L’importante ora è non pensare. Prendere. Destreggiarsi. Com’è eccitante anche questa tensione di equilibrista. Sofia. Marta, ancora Marta. Innocente. Pudica. Vogliosa. Vorrei consumarti voracemente, saziarmi in un solo colpo perché questa passione si esaurisca. Evapori dopo aver goduto tutto, fino in fondo, per abbandonarmi sfinito e appagato. Solo. Lentamente, voglio assaporarti lentamente per trattenere su di me il tuo profumo, così come una scorta d’ossigeno. Piccola maledetta Marta. Cara Marta, pelle di cera e di velluto scolpita dai tuoi sedici anni. Mani di fata. Occhi di strega. Gambe di giraffa. Bocca di lampone. E per sempre ti ricorderai del tuo levriero David. E mi odierai. E mi sarai grata. E provo vergogna per questo cavaliere codardo che non ha il coraggio di esserti accanto, al parco o per strada, per paura che i guardiani lo scoprano. David e Sofia, così vuole il corso della storia. David e Marta. Marta vuole David. David vuole Marta. Così ci sarà un luogo discreto per questi amanti senza carte. Stasera metterò i boxer blu e calzini azzurri…

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Bum Bum Invece le canzoni non ti tradiscono, anche chi le fa può tradirti, ma le canzoni, le tue canzoni, quelle che per te hanno voluto dire qualche cosa le trovi sempre lì, quando tu vuoi trovarle. Intatte. Non importa se cambierà chi le ha cantate. Se volete sapere la mia delle canzoni, delle vostre canzoni vi potete fidare… Ligabue, Bruno, Radio Freccia

È una sera di quelle che inzuppano le ossa. Ventidue e trenta, parcheggiamo i motorini e li lucchettiamo come fossero i Depositi di Paperon de’ Paperoni. Giochiamo con gli aliti per scaldarci e allentare la tensione. Ci diamo la carica: … Certe notti la strada non conta quello che conta è sentire che vai Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei Certe notti somigliano a un vizio Che tu non vuoi smettere, smettere mai… (Ligabue, Certe Notti) La discoteca sembra un’enorme astronave in mezzo a un campo abbandonato. C’è ressa. Srotoliamo le sciarpe e togliamo i guanti, li mettiamo in tasca con l’eccitazione sottile di avercela fatta. Di avergliela fatta. Le gambe mi tremano sotto al piumino. Non è solo freddo. Ci mettiamo in fila. Cri mi stringe un braccio. Oscillo un attimo sui tacchi dieci, di vernice nera, sento la punta un po’ vuota, speriamo bene. Incrocio furtiva lo sguardo dell’uomo alla biglietteria. 31


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Pomodoro. Fragola. Cacao. Mi sciolgo. Le guance si accendono come se mi avessero spruzzato in faccia del peperoncino. Vorrei scomparire. Cri mi sorregge, avverte l’impaccio dell’imbranata. Panico. Piacere. Paura. Mi vedo nella porta, riflessa. Bella. Non sono sicura di essere io… Fa un gelo di carta vetrata. Esito. Cri mi spinge. Sicura. Lei è sempre sicura. Scostiamo pesanti tendoni di velluto blu e un raggio di luce ci investe. Bum. Bum. La musica entra dentro le orecchie come proiettili carichi di coriandoli. Finalmente volume sparato al massimo senza nessuno che grida abbassa. Bum Bum nella testa, dentro la pancia, che corre sulla pelle. Scariche di adrenalina. Giallo. Viola. Verde. Ridiamo leccate da una cascata di lingue colorate. Avanziamo in mezzo a corpi contenti e sudati che si muovono come alberi scrollati dal vento. Bum. Bum. E mi sento leggera, nonostante i trampoli in prestito. Fumo vaporoso. Bum. Bum. La voce del DJ ha una carica… Bum Bum… Butto un’ultima occhiata all’orologio. Sono proprio io. Fuori. Di sera. Nella discoteca più figa della città. Ultimo sms a casa “Notte stacco e metto in carica baci Nico”. Bum. Bum. Che cancella quel gravemente insufficiente in latino. Bum. Bum. Adieu alle litanie dei miei. Ai tira e molla di Andrea. Bum. Bum. L’idea di aver escogitato un piano degno del migliore stratega dell’anno mi gasa. Così, con tutte le bollicine della bravata, mi accosto al bar in compagnia della mia socia “due Cuba libre” per mostrarmi esperta. La faccia del barista sgama l’esperienza zero, o almeno a me sembra. Allora, accavallo le gambe sotto la mini dorata, inclino la testa di lato e porto il mento leggermente all’insù, come 32


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Madonna che ho nel poster di fronte al letto. In fondo il conto lo paghiamo e all’ingresso non hanno fatto storie. E mentre lo penso una voce da dietro dice “offro io”. Ingollo la bevanda dolce e forte. Non ho il coraggio di voltarmi. Cri lancia uno dei suoi urletti di contentezza gallina. Temo un grassone, racchione, dentone… Una gomitata mi riporta a terra intanto una mano decisa già stringe la mia. – Claudio. – Nico. Non sprofondare e vedi se ti piace bambina, mi dico. Scena da film. Comincio dal basso solo per riprendermi. Stivaletto nero con la punta quadrata, pantaloni in pelle stretti, giubbotto da moto aperto su due spalle larghe. La sigaretta tra le labbra spesse appena accostate e due occhi di Tirreno incazzato. Tanto. Bum. Bum. Non so cosa dire. Bum. Bum. La musica si mangia le parole. Lui mi porge un braccio con un gesto verso la pista… un’occhiata a Cri che mi strizza l’occhio mentre sta già civettando con un gran pezzo di amico. Bum. Bum. La musica scorre dentro. Uno di fronte all’altro. Ci muoviamo studiandoci. Gli occhi lavorano come girandole. Interessati. Capelli folti. Mani robuste e tozze. Unghie a mandorla. Viso ben rasato. Sopracciglia scolpite. Capi firmati. Bracciale d’argento al polso sinistro. Brillantino al lobo destro. Abbronzatura. Bum. Bum. Il ritmo mi sostiene. Sono una piuma. Un nastro. Un’odalisca. Bum. Bum. Lo trascino verso il bancone. Finisco il mio Cuba libre. Mi sbraccio verso Cri che è in pista ma a portata di amica. “Andiamo in bagno” cerco di gesticolarle. Mette in stand-by il suo cavaliere e mi raggiunge. Camminata da siluri. Specchio. Occhiata. Scoppiamo a ridere e ci abbracciamo. Pipì. Sciacquone. Salvietta profumata per le ascelle, una sistematina al push-up. Borsetta. Lucido. Rimmel. Tocco il cellulare inerme. Attac33


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chiamo il ciccicoccò: valutazioni e contro valutazioni. Ultimi accordi prima che i motorini diventino zucche: all’una e trenta davanti alla porta dei cessi. Prima di raggiungere il bancone mi scappa, glielo sparo sulle orecchie come un urlo: – Non sarà troppo grande? – Ti piace? Cri fa spallucce. E quando lei fa spallucce significa che si può. E se si può che lo dice lei io mi sento più sicura. Bum. Bum. Torniamo verso le nuove conquiste. Claudio mi squadra con occhio esperto e io sento la cassa toracica piena di esplosivo. Bum. Bum. Spero di piacergli abbastanza. Temo di inciampare e adesso le gambe sembrano grissini inzuppati nel latte bollente. Bum. Bum. – Cosa bevi? – Gin. – Gin anch’io allora – strillo sicura. L’odore è forte, inspiro mi sembra di avere una lieve vertigine. Butto giù d’un fiato. Bruciore alla gola. Tossisco. Lui con un mezzo sorriso mi toglie il bicchiere e mi dà un colpetto tra le scapole. Per evitare di fare altre figure da poppante lo trascino in pista. Bum. Bum. Rosso. Giallo. Verde. Viola. Investiti da arcobaleni di colori. Ci studiamo come attraverso occhiali magici. Fumo che si mangia i contorni. – Quanti anni hai? – grido. – Quanti me ne dai? – Venti. – Un po’ di più. E tu? – Diciotto. “Diciotto e sei mesi mi affretto a sottolineare” per essere più credibile. Bum. Bum. Mi scosta i capelli. Bum. Bum. Tutto sale su un Latino-America imprevisto. Ora i fianchi ruotano, si avvicinano, si cercano e si staccano. Movimento di onde. Uno di fronte all’altra. Mano nella mano. Il cuore è in fibrillazione temo di restarci secca. Di cadere dai tac34


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chi. Che il trucco si sia sciolto. Posso avvertire il suo respiro, non è solo tabacco. Quando la mano si posa sul mio fianco un’onda di piacere m’investe scivolando fino alla pancia. Bisogno di interrompere l’attimo. – Ho sete – grido. Lo trascino verso il banco mentre intercetto Cri in posizione fatale su un divanetto in un tête à tête romantico. – Una doppia malto – dice Claudio. – Una doppia malto – dico io. Raggiungiamo un tavolo. La birra è pastosa e fresca, divertito mi pulisce un baffo. Sorseggio piano mentre mi cinge la vita. Presa energica. Mi sussurra all’orecchio: – Hai due gambe da schianto e sei molto carina quando sorridi. Stringo le spalle e la mini dorata mi sembra improvvisamente ristretta, lo paragono ad Andrea e penso che... mi lascio inghiottire dai suoi occhi. Verdi, no mi sembrano blu o sono le luci. Cerco Cri con lo sguardo e lei mi pare così rilassata, a suo agio. Serro le palpebre, il respiro di Claudio è sul mio viso. Scivolo, quando il suo indice attraversa la maglietta scatto. Un’occhiata all’orologio, la prima cosa che mi viene in mente. – Studi? – No. – Lavori? – Sì e no… – E che fai? – L’uomo misterioso. – Ma questo non è un mestiere. – Balliamo!? Bum. Bum. Baci di passeri che si imbeccano per il cibo. Teneri. Bum. Bum. Morsi di mela. Denti voraci. La mia pancia e la sua cintura. Bum. Bum. La testa gira e il corpo è di meringa. La musica stacca. È un secondo. Siamo ancora al bar, tracanno un rum come fosse aranciata. Cri è sparita dalla visuale. Claudio è così vicino che sembriamo due calamite, il suo corpo 35


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addosso mi fa vacillare. Un attimo di esitazione. Bum. Bum. Adesso è un lento a riportarci in pista. Ci incolliamo. Tutto fluttua. È un maremoto. Oceano impazzito. Piacere di culla. Stiamo correndo. Vorrei reagire, vorrei. Vorrei due parole di conoscenza. Vorrei fermarmi. No. Vorrei restare così per sempre. Per l’eternità. Con questo Claudio che mi ha acceso come un fuoco di artificio. Sono un ramo spinto dalla corrente. Bum. Bum. Vorrei riposare un po’, vorrei. Mi lascio trascinare verso i divanetti. Se chiudo gli occhi un momento mi riprendo. Bum. Bum. Sento il suo peso su di me. Enorme. Le gambe scattano come una trappola, in posizione di difesa. Non riesco a muovermi, a respirare. Mi pare un sogno, sto annaspando, provo a protestare ma sono come al rallentatore, dentro a un film muto: una farfalla cieca che plana sui vetri dopo un volo bellissimo. Mi desto pestata sotto la voce in ansia di Cri. Il Bum. Bum. ora pare tuoni nel cervello. Non so bene dove sono, ma sento il ghiaccio di piastrelle e puzzo di bagni intasati. Luce grigia. Cri è una mitraglia. Ha accanto un uomo palestrato, con un taglio di capelli da nazi, che mi sorregge la testa e mi scruta. – Hai buttato giù qualche pasticca? – Pasticca? No. No di certo. Cerco nella mia testa il prima ma c’è una foschia che m’impedisce di pensare, non so cosa rispondere. Lo sguardo ruota alla ricerca di Claudio. Non c’è. Forse, l’ho sognato. Mi bagnano il viso con dell’acqua fredda. Avverto il cellulare di Cri in funzione mentre si volta verso di me. – È meglio se chiamiamo un taxi… E i motorini li veniamo a prendere domani. Faccio cenno di sì con la testa, intanto provo a muovermi, a lisciarmi come una pallina di carta che cerca di ritornare foglio. 36


L’educazione sentimentale al tempo dei replicanti

BUM BUM 2004-2018 Sono passati quattordici anni dalla prima edizione di BUM BUM: un’adolescenza per il libro e la possibilità di maturare altre esperienze e pensieri per la sua autrice. Nel frattempo il pianeta è cambiato con l’accelerazione di un razzo e tra i miei capelli biondi è comparso qualche filo bianco. I contesti di crescita di bambini e ragazzi hanno subito una rivoluzione epocale, siamo dentro la Storia con tante incertezze e preoccupazioni per il futuro. Oggi non si attende più una lettera d’amore che arriva con il postino, da lontano, neanche che passi la notte per parlarne con un’amica. L’avvento della tecnologia, infatti, ci ha catapultati nell’era della comunicazione immediata, all’accesso veloce a una quantità enorme di informazioni, alla possibilità di entrare in contatto con ogni angolo della Terra e di scoprire visioni prima impensabili. Alfonso Berardinelli in un piccolo saggio ci mette in guardia1: “Ci si stima molto e ci si crede autonomi, ma non si vedono gli altri. Lo schermo sostituisce l’ambiente esterno. L’attenzione non si ferma mai a lungo su un singolo oggetto. Insomma, se non sbaglio, è in crescita l’autismo e il senso di onnipotenza da 105


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abuso telematico. Il mondo reale impallidisce o svanisce, il caso è abolito, gli occhi e i cinque sensi sono sequestrati da un video. Questo è ‘social’ non sociale. La vita si smaterializza. Il rapporto corpo-mente si interrompe. L’attenzione consapevole e volontaria prolungata si dissolve. Be’, tanti auguri! Buon viaggio nel vostro meraviglioso futuro”. La rete, nel bene e nel male, ha profondamente modificato i comportamenti influenzando le nostre esistenze compreso l’approccio agli affari di cuore. I ragazzi, cresciuti con gli strumenti digitali, sembrano più competenti nell’ambito delle relazioni sociali e delle modalità cognitive ma paiono più poveri nelle capacità simboliche: muovono le dita sui tasti come pianisti, scaricano musica, fanno ricerche, giocano. Scattano foto, si riprendono, mandano sms all’infinito in quella postura testa bassa, in avanti, che fa già prevedere che la prossima generazione svilupperà una gobba di cammello. Si parlano, si confidano, si lasciano e si cercano, in una realtà attutita da uno schermo che li tiene vigili verso quei piccoli oggetti di comunicazione. Tutto si consuma in un battito di ciglia. Virtuale e virale. Poche parole contratte, sintassi inesistente, completate o addolcite da emoticon per esprimere sensazioni nei traffici per email, chat e sms. Strumenti tecnologici come appendici di sé, in un’idea di connessione eterna. Uno specchiarsi continuo fatto di selfie e molte ore passate a curiosare in siti proibiti. Occhi e cervello sono sempre allertati a cercare qualche cosa o ad attendere l’ultimo fatto da vedere e attraversare nel tempo di un secondo. Pollice su o giù. Emozioni catturate ed espulse. “Eppure all’abilità nel ‘rappresentare’ graficamente le proprie emozioni sembra non corrispondere quella di viverle, gestirle e condividerle intimamente nel rapporto reale con l’altro”2. E in questo scenario fantascientifico, in cui Blade Runner è già nelle nostre case, la necessità di un’educazione sentimentale si fa più urgente: i replicanti sono alle porte. “In un mondo metaforicamente ‘senza padri’, i figli sembrano confusi più che mai: hanno combattuto i padri, hanno guadagnato un mondo senza legge, senza limite, ma nel quale non si 106


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genera più il desiderio”3. Bambini e ragazzi fioriscono precocemente e sono continuamente esposti a immagini con richiami sessuali espliciti. I rapporti, sempre più acerbi, ci mettono di fronte a corpi che si espongono, agiscono, corrono rischi, con azioni che paiono scollegate tra corpo e mente. Gli occhi fagocitano tutto: desideri, fantasie, tempi d’attesa, in una tendenza a soddisfare pulsioni senza una sottostante maturità affettiva in grado di significare gesti, scelte e comportamenti. L’amore romantico sarà tramontato? E i valori, i sentimenti, i pensieri sul proprio corpo e sull’incontro, come si formeranno nel mezzo di vite connesse senza soste? Come fare a crescere giovani in grado di amare? Ai posteri e ai ricercatori l’ardua sentenza, ciò che mi pare resti cruciale è che la crescita va accompagnata. È tanto il disorientamento di quando, da ragazzini con il moccolo al naso, ci si ritrova all’improvviso con i peli che spuntano o due mele di seni e la voglia di esistere perché ci si è ritrovati nello sguardo di un altro. Con la potenza della passione, con il sapore di tante prime volte. Il primo bacio. La prima notte senza genitori. La prima vacanza da soli... L’adolescenza costellata di scoperte senza sorveglianti ma che necessita di una narrazione in grado di emozionare, commuovere, far sognare... Sarò bella/o abbastanza da piacere a qualcuno? Come sarà scambiarsi tenerezze nel braille dei gesti? E poi come si fa? Quando sarà il momento giusto? Cosa succederà? E come si fa a gestire quel sangue che arriva ogni mese o quella crema appiccicosa che bagna i sogni notturni. Aspettative e fantasie infinite su nuove tenerezze da esplorare. L’apprendistato dei corpi è un viaggio carico di bellezze e incognite: l’intimità ha i suoi segreti, paure e illuminazioni. E il cuore batte, BUM BUM, per la meraviglia di sapori sconosciuti, golosi, generativi che segnano un passaggio fondamentale nella vita. Visto che l’autoscuola delle pratiche amorose non esiste, ritengo che la letteratura sia una palestra formativa insuperabile: “Lì si è riparati dal transfert su un personaggio e dall’invenzione, si trasporta l’esperienza in un racconto e in un altrove che per107


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mettono di eludere l’autobiografia dichiarata”4. Infatti, i ragazzi non hanno bisogno di informazioni o spiegazioni scientifiche, ma piuttosto di esercitarsi in uno scenario in cui è possibile sperimentare anche l’indicibile. È certo che le vicende di Annie Ernaux, educatrice in una colonia estiva, in un’estate lontana in cui scopre la libertà e il sesso, dicono molto di più, in materia di educazione sentimentale, che una lezione fatta dagli operatori di un consultorio. “Le dice parole mai ascoltate, che la fanno passare dal mondo delle adolescenti che ridacchiano sotto i baffi per oscenità appena sussurrate a quello degli uomini, parole che comportano la sua entrata nella sfera puramente sessuale...”5. E ogni sguardo vede nel testo, come in un caleidoscopio, originali figure e trova qualche cosa per sé senza intrusioni. Degli amuleti per procedere verso l’ignoto. Le storie si fanno da tramite per scoprire il mondo, aiutano a entrare in contatto empatico con la vita, permettono di sperimentare problemi e soluzioni, di verificarne gli esiti prima di affrontarli nella realtà. La letteratura costringe a porsi delle domande e le metafore, con il loro potere, concedono infinite trasgressioni: si possono varcare confini proibiti. Ciascuno nelle trame trova il suo percorso... e in questo, c’è sempre una storia che permette di attraversare la notte. Non si può spiegare l’amore ad una figlia o ad uno studente senza il rischio che le parole diventino sabbie mobili. Sconsigliato infilarsi nella loro intimità, il dialogo diretto – in certe faccende – rischia di violare una sfera che deve restare, reciprocamente, protetta. Allora, meglio lasciare il lavoro a un racconto, a un film o a un fumetto e chiacchierarne insieme con la pazienza e la fiducia del contadino dopo la semina che sa che i frutti arrivano in un’altra stagione.

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Il tempo in cui i corpi fioriscono arriva all’improvviso. Il cuore al galoppo, le paturnie, i rossori e le porte sbattute. La bellezza di scoprirsi nello sguardo di un altro: l’amore acerbo e senza codici, spericolato e segreto... le prime volte. L’alfabetizzazione delle emozioni sperimenta un linguaggio personale e cerca nidi protetti in cui far pratica di affettività senza sorveglianti. Le prove di volo di ragazze e ragazzi e le preoccupazioni dei grandi. Otto racconti sull’avventura più indelebile dell’adolescenza corredati da un sentiero di strumenti per ripensare a questo momento cruciale della vita. Una palestra di educazione sentimentale perché l’amore non si può spiegare ma vivere anche attraverso le storie.

BUM BUM Le prime volte dell’amore. Storie

“Ricorderò quel luglio. Di grilli e rane, telefonate chilometriche, di soldi spesi per l’intimo ai grandi magazzini, di ore a controllare la depilazione delle gambe. Ricorderò quei giorni in cui avevo un unico pensiero: ancora, ancora, ancora… ”

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Monique Pistolato Scrittrice, educatrice-animatrice, convinta promotrice del “potere benefico” della lettura. Tra i suoi ultimi libri: Cari libri. La lettura condivisa come laboratorio di umanità (ed. Paoline, 2015); Sotto il cielo di tutti (ibis, 2016). Per la meridiana ha pubblicato anche Un tempo necessario. Ragazzi e scelte di vita (2007).

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