AURELIA GALLETTI Psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, past-president di Ariele Psicoterapia, si occupa di individui, coppie e gruppi, e dei processi di formazione e trasformazione istituzionale nell’ambito dei servizi. Svolge attività di consulenza e supervisione in ambito psicosociale. Docente della Scuola di Psicoterapia dalla COIRAG è autrice di numerose pubblicazioni sulla psicosocioanalisi e sulla psicoterapia progettuale, individuale e di gruppo.
L’osservazione, strumento classico della ricerca scientifica, è diventata nel tempo anche un oggetto di studio e dovrebbe sempre più venire introiettata e diventare parte integrante del lavoro terapeutico. Pensiamo infatti che l’osservazione psicoanalitica sia una delle competenze fondamentali dello psicoterapeuta, sia che lavori con il singolo individuo, con coppie, con famiglie, sia con i gruppi, con le istituzioni, con la collettività nelle sue diverse forme ed espressioni più o meno organizzate. La capacità di osservare psicoanaliticamente è il risultato di un lungo processo di apprendimento che mette insieme teorie e teorie della tecnica con la pratica dell’osservazione nei diversi setting di ricerca e di lavoro che coinvolgono lo psicoterapeuta. Questo nostro lavoro è un contributo in tal senso.
LEONARDO SPERI Psicologo, psicoterapeuta, psicosocioanalista, presidente di Ariele Psicoterapia è docente della Scuola di Psicoterapia dalla COIRAG. Ha svolto attività clinica individuale e gruppale presso Servizi per la Salute Mentale. Già project leader di programmi nazionali e della Regione Veneto di Promozione della salute, è componente di tavoli tecnici presso il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità. Svolge attività di consulenza e supervisione in ambito psicosociale. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche sui temi oggetto delle attività intraprese.
ISBN 978-88-6153-763-7
Euro 15,00 (I.i.) www.lameridiana.it
9 788861 537637
CON LA LENTE DELLA MENTE
A. GALLETTI - L. SPERI
1
AURELIA GALLETTI LEONARDO SPERI
CON LA LENTE DELLA MENTE ALLE RADICI DELL’OSSERVAZIONE PSICOANALITICA
P E R C O R S I PsicoSocioAnalitici
“Percorsi PsicoSocioAnalitici”è il punto di connessione tra teoria e ricerca operativa in ARIELE Psicoterapia e ne intreccia il continuo approfondimento clinico, teorico e tecnico. La PsicoSocioAnalisi orienta teoria e prassi attraverso il paradigma individuo-famigliagruppo-polis declinando i verbi fondamentali del vivere umano: “amare” e “lavorare”. La collana rappresenta l’occasione per tracciare un itinerario e utilizzare l’approccio psicosocioanalitico per analizzare da diversi vertici l’esperienza e la sofferenza psichiche nelle loro molteplici manifestazioni. “Percorsi PsicoSocioAnalitici” è indirizzata a quanti operano nei vasti ambiti della psicologia, della psicoterapia, delle scienze sociali e della formazione e a quanti siano interessati ad un approccio psicoanalitico dinamico e articolato.
1 Aurelia Galletti – Leonardo Speri
CON LA LENTE DELLA MENTE Alle radici dell’osservazione psicoanalitica Introduzione di Paola Scalari e Giulia Rossetto Prefazione di Antonio Aprea
Indice Presentazione.................................................................. 7 di Paola Scalari e Giulia Rossetto Prefazione...................................................................... 11 di Antonino Aprea Premessa ....................................................................... 17 Chi osserva .................................................................... 19
Non credo ai miei occhi................................................................. 19 Lo statuto dell’osservatore........................................................... 22 Qualche suggestione dalla filosofia............................................ 24 Incoraggiamenti dalla fisica.......................................................... 27 Utili analogie con l’antropologia................................................. 30
Cosa si osserva.............................................................. 37
L‘oggetto dell‘osservazione.......................................................... 37 Il campo osservato......................................................................... 39
Come osservare.............................................................. 45
Assumere un vertice osservativo.................................................. 45 Osservazione e controtransfert.................................................... 48 Per un’etica dell’osservazione...................................................... 50 L’osservazione: aspetti multidimensionali................................... 51 Riattraversare l’osservazione........................................................ 53
Imparare a osservare ................................................... 61
A scuola di osservazione............................................................... 61 Osservare in funzione del lavoro psicoterapeutico.................... 66 Fare i conti con il tempo............................................................... 70 La supervisione, un’osservazione di secondo livello.................. 72
Osservare l’istituzione.................................................. 79
Osservazione psicoanalitica delle istituzioni............................... 79 I livelli istituzionali oggetto di osservazione............................... 81
L’osservazione ai tempi di WhatsApp........................ 85
Scrutare i cambiamenti................................................................. 85 Dentro e/o fuori: questioni di setting.......................................... 87 L’irruzione di WhatsApp sulla scena del gruppo........................ 91 Osservazioni sulla soglia................................................................ 94
Conclusioni..................................................................... 99
L’osservazione e i suoi destini...................................................... 99
Bibliografia.................................................................. 105
Presentazione di Paola Scalari e Giulia Rossetto1
Con la lente della mente: alle radici dell’osservazione psicoanalitica rappresenta per Ariele Psicoterapia un punto di partenza importante per la diffusione della concezione psichica individuale e collettiva dal punto di vista psicosocioanalitico. Il testo di Aurelia Galletti e Leonardo Speri, infatti, inaugura una nuova collana “Percorsi PsicoSocioAnalitici” che si pone l’obiettivo di incrementare, sviluppare e spronare la ricerca sulla concezione analitica gruppale, così come oggi la concepiamo e la applichiamo, consapevoli che essa continuerà a essere uno strumento prezioso ed efficace solo se sapremo rileggerlo e ritararlo con ciò che sta accadendo nel pensiero psicoanalitico attuale e nel contesto storico che stiamo vivendo. La nostra clinica dunque si trasforma, o meglio, vanno trasformandosi il setting e le costruzioni interpretative dell’inconscio poiché sono immerse nella realtà attuale. Dello studio di questo cambiamento vogliamo farci portavoce attraverso le riflessioni che via via andremo pubblicando come associazione di psicoterapeuti, promotrice di questa nuova collana, nella quale ci si propone di raccogliere la voce di chi avrà il desiderio, con noi, di attraversare questi nuovi aspetti del funzionamento della mente individuale e gruppale. Alla rigorosità di un metodo, dunque, vogliamo accompagnare Paola Scalari è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente di psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di specializzazione in psicoterapia della Coirag. È socia di Ariele Psicoterapia. È consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico. Per le edizioni la meridiana è curatrice di collane e autrice di diversi titoli. Giulia Rossetto è psicologa, psicoterapeuta e psicosocioanalista. Lavora come libera professionista clinica a Venezia; da molti anni si occupa di interventi di sostegno alla genitorialità sia nel territorio veneziano che in quello bresciano dove si è formata. Socia di Ariele Psicoterapia, compie interventi sull’individuo, sul gruppo e nelle istituzioni.
1
7
Paola Scalari - Giulia Rossetto
8
una flessibilità capace di interpretare – con diversi ma funzionali saperi – il mondo psichico e, di conseguenza, inoltrarci in una pratica clinica che sta cambiando non solo con il paziente individuale, ma soprattutto nel mondo sociale, con i soggetti che incontriamo fuori dagli studi professionali. Pertanto si rende necessario un pensiero che sappia leggere e comprendere come il mondo attuale entri nella stanza d’analisi e come la psicoterapia offra la possibilità di vivere con meno disagio la realtà in cui si è immersi. Da qui il sottotitolo Alle radici dell’osservazione psicoanalitica – primo volume della collana “Percorsi PsicoSocioAnalitici” – vuole essere spunto e stimolo per nuove ricerche. Per capire, infatti, bisogna saper osservare. È proprio da questo concetto che la collana prende avvio, sottolineando che per comprendere è necessario stare dentro al mondo del paziente, e della comunità sociale, decifrando il transfert e il controtransfert che circolano nel campo relazionale. È attorno al paradigma relazionale, al concetto di vincolo, al potere del legame che vogliamo condurre questo percorso. Lo psicosocioanalista lavora per costruire con ogni paziente questo rapporto interpersonale, interpsichico, intersoggettivo. Siamo certe che l’esplicitazione teorica su di esso, possa arricchire tutte le professioni relazionali. Senza osservazione non vi è relazione terapeutica e senza relazione non vi è possibilità di cambiamento per nessuno. Saper osservare diventa, quindi, non solo strumento di lavoro, ma anche strumento di indagine per poter leggere e adattare il nostro metodo psicoanalitico al mondo attuale. L’aver incluso alla fine del testo il tentativo di vedere nell’uso delle chat e dei gruppi che le animano nuove frontiere del concetto di gruppo pare proprio andare in questa direzione: attualizzare un pensiero per produrre nuove idee. Questo è un volume denso di concetti, di teorie e di pratiche per poter conoscere e applicare il metodo psicoanalitico che si trasforma in metodologia psicosocioanalitica, poiché sono ritenuti pazienti l’individuo, la coppia, il gruppo, l’istituzione. Una pluralità di applicazioni che richiedono una solida capacità di osservare il campo nel quale psicoanalista-psicoterapeuta-psicosocioanalista si predispongono ad ascoltare il paziente. Una pluralità di contesti da studiare analiticamente che si avvan-
PRESENTAZIONE
taggiano della formazione gruppale quale strumento che permette di osservare le diverse voci che provengono dal gruppo interno ed esterno e anche dall’équipe curante e dal sistema di gruppi che dà vita all’istituzione. Il testo curato da Ariele Psicoterapia attraversa quindi i principi cardine di una metodologia che pone al centro la scoperta del mondo inconscio ricordandoci che, per catturare le immagini che vagano nel campo bipersonale o multipersonale, l’analista ha bisogno di tanto esercizio per apprendere come arrivare a sospendere il giudizio, accettare la parzialità di chi è osservatore del contesto relazionale e saper sviluppare una sapiente attesa affinché si formulino nella sua mente delle intuizioni. L’osservazione quindi non come attività neutrale, asettica, fuori dal campo, bensì come atteggiamento che cattura i movimenti emotivi che vanno sviluppandosi nella stanza d’analisi. Nel volume la concezione psicosocioanalitica – supportata da una consolidata schiera di autori che rappresentano il sapere offerto dalla filosofia, l’antropologia, la fisica, la letteratura, la socioanalisi – mette fortemente in rilievo l’idea di base che la mente psicoanalitica si iscriva nella capacità di osservare mentre ci si osserva. Senza lettura del transfert il metodo applicato non è analitico e, di conseguenza, senza contatto elaborativo con il proprio controtransfert non vi è produzione di cambiamento nella scena analitica, sembrano dirci a più riprese Galletti e Speri, autori e soci di Ariele Psicoterapia. Osservare cosa accade al paziente e cosa accade dentro all’analista mentre i loro mondi inconsci comunicano diviene il punto imprescindibile di ogni psicoterapia psicoanalitica. Non vi è dubbio, sostengono gli autori, che per imparare a leggere questi movimenti emotivi, per cogliere le immagini che emergono dal mondo interno, per non agire precipitosamente parlando spinti da un sentire pressante che ha bisogno di scaricarsi, è necessario affinare le capacità osservative. Sono queste competenze che non si imparano mai a sufficienza, perciò la possibilità di utilizzare la supervisione, intervisione e co-visione sembra rappresentare la strada per mantenere in allenamento la posizione mentale che permette di operare analiticamente.
9
Paola Scalari - Giulia Rossetto
Il testo, infine, evidenzia come Aurelia Galletti e Leonardo Speri, da anni docenti della Coirag2, siano particolarmente attenti alla formazione delle nuove generazioni di psicoterapeuti e quanto abbiano riflettuto e studiato come proporre agli allievi esperienze che diano vita a quell’atteggiamento mentale che sa stare in una posizione di osservatore, che cerca gli indizi che l’inconscio offre sia attraverso le narrazioni del paziente sia attraverso il lavorio interiore dell’analista. La vocazione di Galletti e Speri sembra, allora, quella di mettere a punto una metodologia in grado di sviluppare la mente analitica nelle nuove generazioni affinché possano strutturare l’apparato mentale necessario a incontrare il paziente aiutandolo a produrre pensieri, a uscire da stereotipie, a individuare un discorso che lo connetta a se stesso. La rigorosità del setting mentale che si sviluppa dentro a una salda cornice concreta è il punto cruciale della formazione di ogni psicosocioanalista e l’osservazione in diversi contesti, lo strumento per affinarla. La lettura delle pagine a seguire chiarisce come giungere a questo risultato, attraverso il lavoro osservativo – soggetto principale trattato in questo primo volume – richiedendo la disponibilità emotiva e cognitiva di osservare e osservarsi, leggendolo. Senza la presunzione di affermare la Verità, ma con la ferma convinzione di dover sempre cercare di muoversi verso la Verità. Con la lente della mente perciò diventa di per sé esercizio osservativo ben sapendo che, come dicono Galletti e Speri, ognuno coglie solamente ciò che la sua sensibilità registra, la sua parzialità umana sa catturare, la sua emotività controtransferale può tollerare.
Coirag, Confederazione di Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi, dal 1982 tiene insieme associazioni che condividono lo studio della psicoterapia a orientamento gruppo analitico; dal 1993 è titolare dell’omonima Scuola di specializzazione in psicoterapia psicoanalitica individuale, di gruppo e istituzionale, riconosciuta dal Miur con decreto del 31.12.1993.
2
10
Premessa
L’osservazione, strumento classico della ricerca scientifica, è diventato nel tempo anche un oggetto di studio, così da costituire un punto nodale, centrale in molte delle ultime e più rivoluzionarie scoperte in ambito scientifico, in particolare nell’ambito della fisica. Oggi il tema dell’osservazione, e della osservabilità, è reso ancor più attuale dalla quantità di “eventi nel tempo” a cui siamo esposti, che ha registrato una accelerazione senza precedenti, grazie anche allo sviluppo esponenziale di nuove tecnologie. È importante, quindi, partire da alcune riflessioni di tipo epistemologico generale perché riteniamo che ci possano guidare in quello che è l’obiettivo di queste riflessioni dedicate all’osservazione psicoanalitica: le possiamo rintracciare in tanti campi del sapere, dalle scienze naturali alla fisica, dalla psicologia all’antropologia culturale. Per definire i parametri all’interno dei quali ci muoviamo, in modo un po’ schematico abbiamo mantenuto per tutto il testo un filo conduttore che rimanda a tre domande che ci siamo posti: 1. Chi osserva? 2. Che cosa si osserva? 3. Come si osserva? Dal momento che tutte le problematiche che riguardano i campi definiti da queste domande sono strettamente interconnesse, molti concetti verranno ripresi nel passaggio da un campo all’altro. Se pensiamo fin d’ora ai limiti del processo di osservazione, dovremo accettare anche che il discorso qui proposto sia molto parziale e fortemente insaturo. Le scelte e i tagli – necessariamente operati in una materia così complessa e articolata – lasciano al lettore il compito di partire dagli stimoli di questo testo per aprire un suo campo di ricerca personale.
17
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
Il tutto è finalizzato a cercare di definire gli elementi fondanti e sottolineare l’importanza dell’osservazione in psicoanalisi, soprattutto al fine della formazione alla psicoterapia psicoanalitica e psicosocioanalitica, nelle sue varie declinazioni: individuale, di gruppo, dell’istituzione. Una quarta domanda riguarda l’apprendimento: “Come si impara a osservare?”. Riteniamo infatti che l’osservazione psicoanalitica sia una delle competenze fondamentali dello psicoterapeuta, sia che lavori con il singolo individuo, con coppie, con famiglie, sia con i gruppi, con le istituzioni, con la collettività nelle sue diverse forme ed espressioni più o meno organizzate. La capacità di osservare psicoanaliticamente è il risultato di un lungo processo di apprendimento che mette insieme teorie e teorie della tecnica con la pratica dell’osservazione nei diversi setting di ricerca e di lavoro che coinvolgono lo psicoterapeuta4. A osservare si impara (nel suo doppio significato: osservando si impara, l’osservazione si impara) e uno degli obiettivi di questo testo è anche in qualche modo didattico, per rendere questo processo meno scontato, per aiutare a uscire dall’implicito, per fornire anche strumenti di lettura delle esperienze che, accanto alla teoria appresa nelle scuole di formazione in psicoterapia, vengono fatte nei training. Questo accompagnamento reciproco tra teoria e prassi, all’interno del percorso proposto dalla Scuola di psicoterapia della Coirag, viene ritenuto fondamentale. Dopo aver affrontato negli ultimi due capitoli il tema delle nuove sfide che la rivoluzione digitale ha introdotto nell’orizzonte di tutti, trasformando non solo la ricerca, ma anche la nostra quotidianità, le conclusioni non possono essere che aperte.
Il setting costituisce un nodo centrale nel processo osservativo, quanto la sua tenuta dal punto di vista degli obiettivi trasformativi, terapeutici e non. Non può mai essere dato per scontato, soprattutto davanti alle sfide portate dalle nuove tecnologie, a partire dalla contrazione spazio-temporale e dall’imponenza quantitativa delle comunicazioni intersoggettive.
4
18
Chi osserva
NON CREDO AI MIEI OCCHI L’incredulità davanti ai fenomeni sorprendenti, svianti, che non rientrano nella consuetudine, è qui solo un pretesto per ragionare sull’importanza di coltivare una posizione dubbiosa rispetto all’esperienza, in un approccio che tenga conto dei nostri limiti, innanzitutto del sistema sensoriale, davanti alla realtà e allo scorrere degli eventi. Richiamiamo solo alla memoria temi cari alla psicologia della percezione, alla Gestalt, alla reversibilità della figura/sfondo, che ci hanno dimostrato quanto le forze del campo con le loro innumerevoli distorsioni percettive siano determinanti nella rappresentazione mentale dell’oggetto percepito. Per passaggi successivi dovremmo pertanto mantenere la somministrazione dell’antidoto del dubbio contro la certezza acritica, prima nella costruzione mentale degli oggetti, poi nell’attribuzione di senso agli eventi. Queste sono solo premesse elementari rispetto al piano ancora più sfidante dell’osservazione psicoanalitica, della sua presunzione di poter osservare le emozioni, i processi inconsci, le dinamiche gruppali e così via per crescenti gradi di complessità. Tutto questo non ha lo scopo di paralizzare la ricerca e la conoscenza, che sarebbe l’esito deteriore di questa cautela, ma più semplicemente quello di distogliere dal piedistallo dell’assoluto la nostra esperienza, che rimane soggettiva e soggetta, come vedremo, a molte perturbazioni. Serve anche a ricordarci la necessità di tenere aperta, davanti al materiale che si presenta alla nostra esperienza nel lavoro psicoterapeutico, la possibilità di una o più alternative.
19
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
Quando dirigo i miei occhi verso quello che penso sia un albero, ricevo un’immagine di qualcosa di verde. Ma questa immagine non è “all’esterno”. Crederlo è già una forma di superstizione, perché l’immagine è una creazione mia, prodotto di molte circostanze, compresi i miei preconcetti5.
Proseguiamo con le parole del filosofo Jiddu Krishnamurti: La parola non è mai la cosa. La parola “moglie” non è mai la persona, la parola “porta” non è mai la cosa. La parola impedisce la percezione reale della cosa o della persona, perché la parola ha molte associazioni. Queste associazioni, che sono in realtà ricordi, deformano l’osservazione non solo visuale ma anche psicologica. Le parole divengono quindi una barriera al libero flusso dell’osservazione6.
Il forte peso del preconcetto non riguarda solo la conoscenza degli oggetti, ma anche degli eventi: Uno vede un gatto interagire con un topo e dice che il gatto sta prendendo il topo, ma il gatto non sta prendendo nulla. Il gatto fa quello che fa e siamo noi a collegare e dare uno scopo alla sua azione. Anche Wittgenstein, ritiene che il mondo non sia informativo, “è come è”, l’informazione è ciò che ne tiriamo fuori7.
Tante volte questa “informazione”, che alla fin fine siamo noi a produrre, a costruire, potrà reggere abbastanza tranquillamente alla prova dei fatti, nondimeno in molti casi, soprattutto quando ci avventuriamo sul terreno della ricerca, avremo delle sorprese, o saremo smentiti. San Giovanni della Croce ammoniva Per raggiungere il punto che non conosci, devi prendere la strada che non conosci8
altrimenti si rimane imprigionati nel già visto, nell’illusione della stereotipia, quando il mondo continua a sfuggirci. Dovremo per Bateson, Bateson, 1989. Krishnamurti, 1983. 7 von Foerster, 1987. 8 San Giovanni della Croce, 2001. 5 6
20
CHI OSSERVA
tanto essere aperti all’evento, a qualcosa di diverso da quello che ci aspettiamo (come approfondiremo di seguito nel paragrafo “Lo statuto dell’osservatore”). Tuttavia non possiamo ignorare che a condizionare nelle fondamenta le modalità di osservazione – che tratteremo nel capitolo “Come osservare” – rimane il funzionamento del sistema nervoso. A fronte della necessità di rilevare delle differenze all’interno del caos indifferenziato che è la “realtà”, si tratta di segmentare e raggruppare il flusso continuo di processi, in modo da poter interagire funzionalmente con essi, formulare delle ipotesi e poi operare delle scelte per organizzare i dati evidenziati. Secondo Rovelli, tutto questo avviene a opera delle reti neuronali che formano sistemi dinamici flessibili che continuamente si modificano cercando di prevedere – per quanto possibile – il flusso di informazioni entranti. Per fare questo le reti di neuroni evolvono associando punti fissi più o meno stabili della loro dinamica a pattern ricorrenti che trovano nell’informazione entrante, o indirettamente nelle procedure stesse di elaborazione9.
Questa descrizione che riguarda il processo interno, secondo la prospettiva autopoietica introdotta da Maturana e Varela – ai quali rimandiamo per ogni approfondimento10 – è quello che avviene dal punto di vista della chiusura del “sistema individuo”. Se il nostro punto di vista riguarda il rapporto del “sistema individuo” con l’ambiente, e quindi l’apertura del sistema, allora il come osservare dipende dai presupposti epistemologici di riferimento di ognuno, sia consapevoli che inconsci. Abbiamo scelto le citazioni precedenti tra le tante affermazioni che abbiamo incrociato nelle nostre letture, e potremmo incontrarne innumerevoli altre in altrettanti libri o sparse come aforismi nel Web. Tutto sembra rimandare a una saggia consapevolezza del limite e della relatività della nostra percezione e costruzione dell’esperienza davanti alla complessità del mondo. Nella quotidianità, invece, sembra che si fatichi a reggere questa complessità, ad accettare di non sapere e di introdurre la curiosità Rovelli, 2017. Maturana, Varela, 1985.
9
10
21
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
come un sasso nello stagno del poco che crediamo di sapere, sentito come acquisito. Ci sembra fisiologico: bisogna pur trovare qualche punto fermo e normalmente abbiamo bisogno di fidarci abbastanza di quello che osserviamo ma, come vedremo, in ogni ricerca e nel lavoro terapeutico, soprattutto se orientato in senso psicoanalitico, imparare a operare continue “sospensioni di giudizio” – nel senso della epochè di Husserl11 – è una cautela metodologica preziosa, anzi indispensabile. Questo scarto fra ciò che sentiamo essere necessario per osservare, quindi conoscere, e quello che invece nella pratica quotidiana riusciamo effettivamente a fare, tuttavia, può essere ancora approfondito e indagato. Aggiungiamo fin d’ora che questi ostacoli a una osservazione libera dal pregiudizio possono contenere informazioni preziose e diventare strumenti di conoscenza, utilizzati, come vedremo, per esempio a proposito del ruolo del controtransfert. Ma per procedere, sia pure a rapidi passi nel percorso introduttivo all’osservazione psicoanalitica, va preso in considerazione un elemento chiave: l’evoluzione storica del rapporto tra osservatore e osservato. Tra i tanti che ne hanno scritto rimandiamo alla sintesi di von Foerster che si chiede: Sono separato dal mondo che osservo o ne faccio parte12?
per arrivare a dichiarare che ogni descrizione implica colui che la descrive; che ogni descrizione è un’interpretazione e che tutto ciò implica una rinuncia alla neutralità, al realismo metafisico, alla Verità. LO STATUTO DELL’OSSERVATORE Chiunque si accosti al tema dell’osservazione in ambito scientifico non può non avere a che fare con la rivoluzione esplosa agli inizi del secolo scorso.
22
Husserl, 1950. von Foerster, op. cit.
11 12
CHI OSSERVA
L’idea di un mondo prevedibile e controllabile, in cui l’astrazione sembrava aver avuto la meglio sulla “calda pienezza dell’esistenza”13, vacilla; così “l’idealizzata roccia della realtà si tramuta in sabbia mobile”14. Da poco pubblicata da Freud L’interpretazione dei sogni – il 1899 è considerato l’anno di nascita della psicoanalisi – in fisica si teorizzano successivamente la relatività di Einstein, la quantistica di Plank e, più tardi, il principio di indeterminazione di Heisenberg. La rivoluzione nell’arte e nella letteratura, con la decostruzione dell’oggetto, il superamento del naturalismo, rimandano a una posizione completamente diversa dell’individuo rispetto al mondo, riposizionando il soggetto e la sua riproduzione del mondo. Stephen Kern, in Il tempo e lo spazio: la percezione del mondo tra Otto e Novecento afferma: Nel periodo che va dal 1880 allo scoppio della prima guerra mondiale una serie di radicali cambiamenti nella tecnologia e nella cultura creò nuovi, caratteristici modi di pensare e di esperire lo spazio e il tempo. Innovazioni tecnologiche che comprendono il telefono, la radiotelegrafia, i raggi X, il cinema, la bicicletta, l’automobile e l’aeroplano posero il fondamento materiale per questo nuovo orientamento; sviluppi culturali indipendenti quali il romanzo del “flusso di coscienza”, la psicoanalisi, il cubismo e la teoria della relatività plasmarono direttamente la coscienza: il risultato fu una trasformazione delle dimensioni della vita e del pensiero15.
Si è trattato di un processo destabilizzante, parallelo a uno sviluppo tecnologico senza precedenti, e tutt’altro che indolore per l’intera umanità, come la storia ci insegna. In questo cambiamento faticoso anche la soggettività individuale si è trovata costretta a confrontarsi con la fine della realtà oggettiva, non senza ansie e resistenze. Luigi Pirandello: No, via, tranquilli. Mi basta questo: sapere, signori, che non è chiaro né certo neanche a voi neppur quel poco che vi viene a mano a mano determinato dalle consuetissime condizioni in cui vivete. C’è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete vederlo. Ma appena appena quest’oltre ba Hutten, 1976. Borgogno, 1978. 15 Kern, 2007. 13 14
23
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
leni negli occhi d’un ozioso, come me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi turbate o irritate16.
Questo periodo storico presenta particolari motivi di interesse: da un lato fa uscire l’osservatore da un’apparente dimensione di distacco, dall’altro fa intravvedere quanto profondamente chi osserva sia suscettibile e soggiaccia a determinanti di diverso tipo, il più delle volte nascosti, inconsci. Queste variabili del contesto, certamente connesse tra loro anche se da nessi troppo complessi e forse ancor oggi non completamente intelligibili, riguardano l’influenza reciproca nella costruzione della visione del mondo di ambienti e tradizioni storico-filosofiche differenti, ma anche determinanti sociali ed economici, la stessa evoluzione psicologica in senso lato degli individui e degli aggregati sociali, le istituzioni, la collettività, la polis e così via. Questi elementi vengono affrontati in modo diverso da discipline diverse, per lunghi periodi in modo contrapposto, con la pretesa di un proprio primato, in altri tempi invece, più fecondi, alla ricerca di una integrazione17. Nello scorrere rapidamente alcuni aspetti della rivoluzione nello status dell’osservatore nel XX secolo, tra i tanti vertici possibili, ci è sembrato utile prendere spunto dalla filosofia, con Blumenberg, dalla fisica, con Heisenberg e soffermarci in modo particolare sullo sguardo dell’antropologia culturale con Bateson. Ci sembra infatti che la posizione dell’antropologo culturale comporti molte affinità con quella richiesta nell’osservazione psicoanalitica in termini di approccio all’oggetto di conoscenza, senza perdere di vista il necessario lavoro su di sé come ricercatori. QUALCHE SUGGESTIONE DALLA FILOSOFIA Bello, quando sul mare si scontrano i venti e la cupa vastità delle acque si turba, guardare da terra il naufragio lontano: non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina, ma la distanza da simile sorte Lucrezio, De Rerum Natura, 1, II
24
Pirandello, 1925. Speri, 1999.
16 17
CHI OSSERVA
Su questa “potente” apertura del secondo libro del De rerum natura di Lucrezio, Hans Blumenberg costruisce un saggio che permette di seguire attraverso l’evoluzione dell’uso della metafora del naufragio e dello spettatore le vicissitudini della posizione dell’osservatore nel corso della storia della filosofia18. Si potrà vedere, seguendolo, come il punto di vista originario di una “terraferma solida” da cui si può osservare un “mare incostante”, dal luogo sicuro della conoscenza, che rivolge lo sguardo alla natura instabile, si passi a un sempre maggior coinvolgimento dello spettatore nella scena del naufragio. Per seguire solo alcune delle molte suggestioni relative al nostro tema, Blumenberg ci dice che già Quintiliano, il poeta davanti alla nave dissestata dalle tempeste, pur restando “uno spettatore non coinvolto, diventa dolente”, mentre Montaigne spiegherà il “bello” di Lucrezio con una sorta di “soddisfazione maligna” ma inevitabile: “lo spettatore sta sicuro sulla riva perché è capace di questa distanza, sopravvive grazie a una delle sue qualità inutili: poter essere spettatore”. La scommessa, già per gli antichi trasgressiva, implicita nel solcare mari, e più tardi cieli, alla ricerca dell’ignoto, è tuttavia indispensabile per superare una “mera autoconservazione”, la tentazione di accontentarsi e restare seduti nella propria nicchia protetta. Pascal lancia la frase “vi siete imbarcati!” che Nietzsche riprenderà: abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati sulla nave! Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle – e non è tutto: abbiamo tagliato la terra dietro di noi. Ebbene navicella! Guardati innanzi! […] non esiste più “terra” alcuna19!
Così lo spettatore diventa naufrago. Schopenhauer valorizzerà la compresenza delle due posizioni, una doppia vita dell’uomo […] naufrago in balia di tutte le tempeste della realtà e contemporaneamente estraneo al momento presente da tutto ciò che dall’altra parte lo possiede e lo agita: quivi egli è un semplice spettatore e osservatore.
18 19
Blumenberg, 1985. Nietzsche, 1977.
25
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
Questi due aspetti permangono, ma per non andare a picco nel naufragio, arrivando all’età moderna, l’osservatore naufrago deve aggrapparsi a una tavola e farsi una nave con i resti di un naufragio […] considerare che si è sempre alla deriva e che non è più da tempo questione di navigazione e di rotta, dello sbarco e del porto […] la scienza non fornisce quello che i desideri e le pretese avevano tradotto in aspettative ad essa rivolte.
La zattera può diventare pezzo su pezzo, teoria su teoria, una comoda nave, conclude provvisoriamente Blumenberg, sufficiente per stare a galla fino a quando non prevarrà di nuovo la spinta a mettere in questione il punto di vista acquisito, rimettere tutto in gioco e abbandonarla. Per scoprire cosa ancora può offrire il mare. È quello che in altre parole sembra animare Freud, consapevole di dare uno scossone allo status quo scientifico del tempo e di aprire a nuovi paradigmi: Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo20.
È il suo ex ergo de L’interpretazione dei sogni, tratto dall’Eneide di Virgilio. Come sostiene Borgogno: La discesa agli inferi è infatti l’assunzione della morte, della distruzione, del limite nell’orizzonte scientifico, e al contempo la premessa costitutiva del mutamento e della creazione21.
Freud, secondo Borgogno, quando dice: “La vita perde di interesse quando la posta in gioco, la vita stessa, non può essere rischiata”22, sembra rispondere all’interrogativo finale di Blumenberg: “Da dove può venire il coraggio di ricominciare da capo? Forse da precedenti naufragi?”23.
Se non potrò muovere le potenze del cielo, solleverò quelle degli inferi. Borgogno, op. cit. 22 Ibidem. 23 Blumenberg, op. cit. 20 21
26
Come osservare
ASSUMERE UN VERTICE OSSERVATIVO Atteso che l’osservatore, per quanto si sforzi, influenza il campo osservato, come abbiamo discusso anche da un punto di vista teorico nella parte introduttiva, nell’affrontare il tema di come si osserva, uno degli aspetti da considerare riguarda il livello e la qualità della “partecipazione” dell’osservatore. Non è possibile trattare in questa sede le diverse metodologie in uso nella ricerca scientifica, ma è doveroso ricordare che di fronte a obiettivi di ricerca diversi avremo metodi di osservazione più o meno appropriati. I diversi modelli di osservazione scientifica si differenziano pertanto fortemente quanto a grado di intervento dell’osservatore, al tipo di ambiente in cui avviene l’osservazione (ambiente naturale, situazione strutturata, laboratorio di ricerca) e con quali strumenti viene supportata (diretta, indiretta). Se pensiamo all’osservazione psicoanalitica possiamo vedere come si sia avvalsa nel corso del tempo, come strumento privilegiato, dell’esperienza di ascolto, più o meno attivo, da parte del terapeuta/osservatore. Quanto all’ambiente, le situazioni sono prevalentemente “artificiali” se consideriamo lo spazio/tempo della seduta così come configurati dal setting, anche se, per esempio, nell’osservazione psicoanalitica del bambino troviamo talvolta il suo ambiente naturale anziché lo studio del terapeuta: la sua casa, il nido d’infanzia, ecc. Anche se l’osservazione è prevalentemente orientata a non proporre attivamente stimoli, soprattutto nel lavoro psicoterapeutico, possiamo vedere come in più situazioni vengano utilizzate diverse forme di stimolazione. Pensiamo, per esempio, all’osservazione del bambino attraverso il gioco con oggetti-stimolo standardizzati, fino all’intervento verbale del terapeuta che può rendersi necessario in svariate situazioni in-
45
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
dividuali o di gruppo, ma anche agli approcci che utilizzano per esempio test proiettivi. Cremerius, in un interessante capitolo del libro Il mestiere dell’analista intitolato “Freud al lavoro”, racconta di come in qualche occasione Freud stesso avesse creato “artificiosamente” eventi per poter smuovere, per esempio, situazioni di stallo61. La funzione osservativa, in altre parole la funzione analitica della mente, è conservata anche in setting diversi, che prevedono un ruolo molto attivo dello psicoterapeuta e dei pazienti, come per esempio avviene nello psicodramma, dove corporeità e azione sono in gioco molto fortemente. Nondimeno tutti i metodi “scientifici” aspirano o dichiarano di aspirare a controllare e a ridurre al minimo le interferenze dell’osservatore sul campo osservato. Tuttavia da quello che possiamo chiamare “gradiente di partecipazione minimo” dell’esperienza di laboratorio del fisico o del chimico alle prese con situazioni sperimentali, a quello che potremmo ritenere “massimo” della partecipazione da parte dell’antropologo alla vita, in tutti i suoi aspetti, della comunità oggetto di studio, la “partecipazione” è non solo e non tanto un elemento di disturbo, ma nello studio del comportamento umano e nella terapia, uno strumento indispensabile di conoscenza. Il problema dell’osservatore partecipante, infatti, e del livello di distorsione che la sua partecipazione produce, sia a livello dell’osservatore che del sistema osservato, si è posto in antropologia a proposito dell’osservazione partecipante dei costumi sessuali di una tribù. Citiamo come esempio estremo quello di quegli antropologi che si sono trovati a partecipare, ai fini dell’osservazione, a dei rapporti sessuali, che, per la particolarità dei modi in cui presso quella tribù si svolgevano, erano impossibili da praticare per un occidentale62. Il problema riguarda sempre la modalità di partecipazione dell’osservatore, e quanto e come questo contribuisca a modificare e a rendere più complesso il sistema osservato63. Cremerius, 1985. Devereux, 1984. 63 Un esempio straordinario viene riportato da Ong che, in Oralità e Scrittura, racconta come gli antropologi al seguito dei cantori di una tribù del Centro Africa, si siano trovati, villaggio dopo villaggio, progressivamente inclusi nel racconto delle origini che veniva di volta in volta cambiato a ogni canto successivo. Cfr. Ong, 1986. 61 62
46
64
Sullivan, 1962.
COME OSSERVARE
In generale si tratta di definire il campo di osservazione, di decidere di quale osservazione (l’osservazione da parte di chi) si voglia tenere conto e di quali siano gli elementi di distorsione, oltre che dell’obiettivo dell’osservazione stessa, il che equivale a definire con chiarezza il setting, unico sistema di garanzia della qualità dell’osservazione e di protezione di tutti i soggetti in campo. La ricerca della neutralità e l’illusione della non interferenza hanno caratterizzato da sempre anche il setting psicoterapeutico e psicoanalitico. Pensiamo, per esempio, all’utilizzo del lettino, con la posizione del terapeuta fuori dalla vista del paziente. Da un lato, come nelle intenzioni, questa situazione osservativa “artificiale” aspira a eliminare, nel fluire delle libere associazioni del paziente, tutte le interferenze che comporta inevitabilmente un incontrollabile gioco di sguardi, diventando il paradigma del tentativo dello psicanalista di essere un “foglio bianco”. Dall’altro la configurazione del setting che ne deriva è tutt’altro che indifferente e diventa eloquente in modo formidabile della diversità di status tra paziente e analista e della loro relazione: il primo come “oggetto” di osservazione prima ancora che “soggetto” di cura. Ora il divano dell’analista è oggetto di una ricca letteratura (alla quale rimandiamo) e di riflessioni sull’appropriatezza del suo utilizzo rispetto alle diverse situazioni psicopatologiche oggetto di cura, a conferma della stretta dipendenza del come si osserva rispetto alle specificità delle situazioni e agli obiettivi della ricerca. L’utilizzo del divano non può essere mai in ogni caso un elemento neutrale nel campo di osservazione e deve essere tenuto presente, cioè essere oggetto di osservazione per le variabili che introduce volta per volta nella relazione. Questa posizione classica “osservatore/osservato” nel corso dello sviluppo teorico del pensiero psicoanalitico cambierà e si arricchirà nel tempo con l’avanzare della ricerca, delle esperienze e secondo diversi setting. L’estensione dell’intervento a matrice psicoanalitica all’ambito psichiatrico, a stati di sofferenza diversi da quello classico della nevrosi, con un forte accento sulla situazione relazionale come strumento di cura e la conseguente introduzione del colloquio vis-à-vis, introdotto da Sullivan con la psichiatria interpersonale64, precorrono
47
Aurelia Galletti - Leonardo Speri
la svolta di Racamier con il suo Lo psicoanalista senza divano65, con una nuova attenzione alla cura in ambito istituzionale. Dice Racamier: il lavoro istituzionale, quello di Lo psicoanalista senza divano, non è un calco della pratica analitica […] È raro, se ci prendiamo il tempo e la pena, che non si riesca ad arrivare a una comprensione integrata, basata sia su ciò che osserviamo, sia sui sentimenti che proviamo, sulle immagini che sorgono in noi e sulle relazioni che abbiamo con i pazienti66.
Due grandi esclusi dall’approccio psicoanalitico iniziale, le psicosi e i gruppi, che contribuiranno ad aggiungere anche un terzo elemento, le istituzioni, sono quindi entrati con il tempo, a pieno diritto, non più solo come oggetto di studio o di speculazione teorica, ma anche di intervento clinico, come già la psicosocioanalisi e i suoi precursori avevano proposto. Questa apertura, tutto sommato recente, dell’istituzione psicoanalitica, e comunque non facile né scontata, ha posto ovviamente tantissime nuove questioni, tra le quali quelle delle condizioni di osservabilità dell’oggetto di studio e di una nuova attenzione e un eventuale utilizzo del controtransfert. Sono due questioni apparentemente distanti ma a ben vedere piuttosto interconnesse. OSSERVAZIONE E CONTROTRANSFERT Nel trattare il tema di cosa si osserva abbiamo sottolineato come oggetti di studio il transfert e il controtransfert. L’oggetto della osservazione psicoanalitica è comunque sempre la relazione, che si declina in campi diversi, da quello “bipersonale”, mutuato da Pichon-Rivière e teorizzato tra gli altri dai Baranger, a quello dei gruppi interni di paziente e terapeuta nella terapia duale di Bleger, al campo gruppale fino al “campo istituzionale” sempre con Bleger descritto tra gli altri da Correale, al cui testo rimandiamo67. È importante richiamare nuovamente il concetto di “campo” perché la relazione non è solo l’oggetto del lavoro terapeutico, e Racamier, 1982. Ferruta et al., 1998. 67 Cfr. Pichon-Rivière, 1985; Baranger, 2011; Bleger, 2010, 2011; Correale, 1991. 65
48
66
Borgogno, 1978. Cfr. Pichon-Rivière, 1985; Bleger, 2011.
68 69
COME OSSERVARE
quindi l’oggetto del cosa si osserva, ma anche lo strumento con cui si cura, lo strumento con cui si osserva. Il terapeuta individuale, per esempio, è impegnato in una osservazione a più livelli, di cui dovrà tenere debito conto. Osserverà come il racconto del paziente sulle proprie relazioni presenti e passate, la narrazione della propria storia, verrà messa in scena nell’hic et nunc della relazione terapeutica, e assieme a quelle del paziente osserverà anche le proprie reazioni al racconto, e guarderà come da fuori, se stesso e il paziente nel loro modo di interagire, come nella già citata litografia di Escher Galleria di stampe. Come già detto relativamente a transfert e controtransfert, il terapeuta/osservatore dovrà pertanto fare i conti con la narrazione della propria vicenda umana e del proprio gruppo interno, così come ricostruiti e resi consapevoli nel proprio percorso psicoanalitico, per distinguere come possibile e il più possibile, i flussi emotivi provocati dal portato del mondo interno del paziente nella relazione terapeutica rispetto a quelli invece derivati dalla propria storia. Infatti chi osserva può essere il nostro Super-io, oppure il nostro Ideale dell’Io, con esiti diversi, citando Borgogno68. Se prendiamo come riferimento il pensiero di Pichon-Rivière e Bleger l’osservatore è il nostro “gruppo interno”, che attraverso il rapporto dialettico con la realtà e l’interiorizzazione dei nostri gruppi esterni, costruisce nel mondo interno quel tessuto relazionale che sta alla base della nostra soggettività, costitutivo dell’Ecro individuale69. È utile ribadirlo: questa capacità di guardarsi dentro è guadagnata con fatica attraverso il training personale, così come quella di saper guardare la relazione tra sé e il paziente avviene tramite la supervisione. L’attitudine e le modalità di osservazione apprese con l’analisi personale sono l’imprinting del metodo osservativo e terapeutico che il terapeuta utilizzerà con il paziente, mentre la supervisione è lo strumento per la manutenzione della capacità di mantenere un terzo occhio su quello che accade, come approfondiremo.
49
AURELIA GALLETTI Psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, past-president di Ariele Psicoterapia, si occupa di individui, coppie e gruppi, e dei processi di formazione e trasformazione istituzionale nell’ambito dei servizi. Svolge attività di consulenza e supervisione in ambito psicosociale. Docente della Scuola di Psicoterapia dalla COIRAG è autrice di numerose pubblicazioni sulla psicosocioanalisi e sulla psicoterapia progettuale, individuale e di gruppo.
L’osservazione, strumento classico della ricerca scientifica, è diventata nel tempo anche un oggetto di studio e dovrebbe sempre più venire introiettata e diventare parte integrante del lavoro terapeutico. Pensiamo infatti che l’osservazione psicoanalitica sia una delle competenze fondamentali dello psicoterapeuta, sia che lavori con il singolo individuo, con coppie, con famiglie, sia con i gruppi, con le istituzioni, con la collettività nelle sue diverse forme ed espressioni più o meno organizzate. La capacità di osservare psicoanaliticamente è il risultato di un lungo processo di apprendimento che mette insieme teorie e teorie della tecnica con la pratica dell’osservazione nei diversi setting di ricerca e di lavoro che coinvolgono lo psicoterapeuta. Questo nostro lavoro è un contributo in tal senso.
LEONARDO SPERI Psicologo, psicoterapeuta, psicosocioanalista, presidente di Ariele Psicoterapia è docente della Scuola di Psicoterapia dalla COIRAG. Ha svolto attività clinica individuale e gruppale presso Servizi per la Salute Mentale. Già project leader di programmi nazionali e della Regione Veneto di Promozione della salute, è componente di tavoli tecnici presso il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità. Svolge attività di consulenza e supervisione in ambito psicosociale. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche sui temi oggetto delle attività intraprese.
ISBN 978-88-6153-763-7
Euro 15,00 (I.i.) www.lameridiana.it
9 788861 537637
CON LA LENTE DELLA MENTE
A. GALLETTI - L. SPERI
1
AURELIA GALLETTI LEONARDO SPERI
CON LA LENTE DELLA MENTE ALLE RADICI DELL’OSSERVAZIONE PSICOANALITICA
P E R C O R S I PsicoSocioAnalitici
“Percorsi PsicoSocioAnalitici”è il punto di connessione tra teoria e ricerca operativa in ARIELE Psicoterapia e ne intreccia il continuo approfondimento clinico, teorico e tecnico. La PsicoSocioAnalisi orienta teoria e prassi attraverso il paradigma individuo-famigliagruppo-polis declinando i verbi fondamentali del vivere umano: “amare” e “lavorare”. La collana rappresenta l’occasione per tracciare un itinerario e utilizzare l’approccio psicosocioanalitico per analizzare da diversi vertici l’esperienza e la sofferenza psichiche nelle loro molteplici manifestazioni. “Percorsi PsicoSocioAnalitici” è indirizzata a quanti operano nei vasti ambiti della psicologia, della psicoterapia, delle scienze sociali e della formazione e a quanti siano interessati ad un approccio psicoanalitico dinamico e articolato.