Frammenti di un'autobiografia. La neutralità impossibile dello psicoanalista

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“È sufficiente sapersi mortali per essere candidati a sintomi nevrotici o persino psicotici.” Eravamo alla “Casa delle donne” a Roma in un incontro con Rossana Rossanda, e Marie cercava di contrastare l’idea, sorta nel dibattito, che un universo socialista potesse salvarci dalle naturali angosce umane (erano gli anni ’70). Il desiderio di far giungere la comprensione psicoanalitica ai pazienti meno abbienti per aiutarli a capirsi non ha mai cessato di interessarla. La stesura di questo testo nasce dal desiderio di far conoscere la figura di Marie Langer, le cui tre passioni (psicoanalisi, politica e femminismo) sono quanto mai attuali non solo per chi lavora nel mondo psi- ma per tutti coloro che sono interessati ad intrecciare l’individuale con il politico, il mondo interno con la polis.

MARIA ELENA PETRILLI Psicologa, psicoterapeuta di formazione psicoanalitica, laureata in Psicologia in Argentina, allieva di Enrique Pichon Rivière, José Bleger e Marie Langer, ha contribuito alla diffusione in Italia della concezione operativa del gruppo, curando le prime edizioni italiane di Bleger. Ha collaborato per anni col Comune di Venezia, facendo supervisione agli operatori. È tra i fondatori del gruppo Racker, che per anni ha ospitato i seminari di Donald Meltzer. Autrice e curatrice di numerosi saggi psicoanalitici, è socia onoraria di “Ariele Psicoterapia”.

ISBN 978-88-6153-870-2

Euro 16,50 (I.i.) www.lameridiana.it

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MARIE LANGER FRAMMENTI DI UN’AUTOBIOGRAFIA

MARIE LISBETH GLAS HAUSER LANGER Di famiglia ebrea, si laurea in medicina a Vienna dove si forma come psicoanalista. Iscritta al Partito comunista, nel 1937 partecipa attivamente alla guerra di Spagna. Emigra col marito in America Latina e si stabilisce in Argentina dove è tra i fondatori dell’APA (Associazione Psicoanalitica Argentina) e dove approfondisce la propria formazione e la sua ricerca. Con l’inizio della dittatura militare, emigra in Messico per tornare in Argentina nell’ultimo periodo della sua vita. Qui muore nel 1987. È autrice di numerosi scritti tra cui il più famoso tradotto in Italia è Maternità e sesso (1981).

FRAMMENTI DI UN’AUTOBIOGRAFIA LA NEUTRALITÀ IMPOSSIBILE DELLO PSICOANALISTA a cura di Maria Elena Petrilli

“Percorsi PsicoSocioAnalitici”è il punto di connessione tra teoria e ricerca operativa in ARIELE Psicoterapia e ne intreccia il continuo approfondimento clinico, teorico e tecnico. La PsicoSocioAnalisi orienta teoria e prassi attraverso il paradigma individuo-famigliagruppo-polis declinando i verbi fondamentali del vivere umano: “amare” e “lavorare”. La collana rappresenta l’occasione per tracciare un itinerario e utilizzare l’approccio psicosocioanalitico per analizzare da diversi vertici l’esperienza e la sofferenza psichiche nelle loro molteplici manifestazioni. “Percorsi PsicoSocioAnalitici” è indirizzata a quanti operano nei vasti ambiti della psicologia, della psicoterapia, delle scienze sociali e della formazione e a quanti siano interessati ad un approccio psicoanalitico dinamico e articolato.

P E R C O R S I PsicoSocioAnalitici

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FRAMMENTI DI UN’AUTOBIOGRAFIA La neutralità impossibile dello psicoanalista a cura di Maria Elena Petrilli

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Indice Presentazione ................................................................................. 7 di Cristina Barbieri e Aurelia Galletti

Passaggi generazionali ............................................................ 15 di Laura Ferrari

Introduzione ................................................................................. 19 di Maria Elena Petrilli

Frammenti di un’autobiografia ........................................... 41 Due parole ............................................................................... 41 di Marie Langer

Memoria, storia e dialogo psicoanalitico .................. 46 di Marie Langer e Jaime Del Palacio

Conversazioni psicoanalitiche ......................................... 97 di Marie Langer con Enrique Jaime Guinsberg

Bibliografia .................................................................................. 131 Quadro sinottico degli spostamenti principali degli psicoanalisti citati in questo lavoro ..................... 134 Tavola sinottica del tempo .................................................. 135 Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo ........................................................................................ 136

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Fundadores originales de APA © José Luis González Fernández* Marie Langer è stata, nel 1942, tra i fondatori dell’APA (Associazione Psicoanalitica Argentina)

* L’editore rimane disponibile ad assolvere i propri impegni nei confronti dei titolari di eventuali diritti della fotografia.

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Presentazione di Cristina Barbieri e Aurelia Galletti1

Nel 1918 Freud2 al quinto Congresso Internazionale di Psicoanalisi tenutosi a Budapest, nella sua relazione dal titolo “Vie della terapia psicoanalitica”3, affronta il tema dell’estensione della terapia psicoanalitica a più ampi strati della popolazione, soprattutto a quelli che non hanno la possibilità di accedere ad un terapia costosa... è possibile prevedere che un giorno o l’altro la coscienza della società si desti e rammenti agli uomini che il povero ha diritto all’assistenza psicologica né più né meno come ha diritto già ora all’intervento chirurgico che gli salverà la vita; e che le nevrosi minacciano la salute pubblica non meno della tubercolosi, e, al pari di questa, non possono essere lasciate all’impotente sollecitudine dei singoli [...] ma è un traguardo a cui prima o poi si dovrà arrivare. Dovremo allora affrontare il compito di adattare la nostra tecnica alle nuove condizioni che si saranno create. [...] Ma quale che sia la forma che assumerà questa psicoterapia per il popolo, quali che siano gli elementi che la costituiranno, è sicuro che le sue componenti più efficaci e significative resteranno quelle mutuate dalla psicoanalisi rigorosa e aliena da ogni partito preso.

La ricerca di un legame tra psicoanalisi e società, che ha avuto poi il suo sviluppo nella socioanalisi inglese, nella psicosocioanalisi italiana e nella scuola psicoanalitica argentina, ha il suo inizio, a nostro avviso, in questa relazione di Freud, cui fa riferimento anche Maria Elena Petrilli nel suo lavoro di presentazione della figura di Marie Langer.   C. Barbieri, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, membro del Consiglio Direttivo di “Ariele Psicoterapia”; Aurelia Galletti, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, past-president di “Ariele Psicoterapia”. 2   Freud, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 3   S. Freud, 1918. 1

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Del resto come dice Marie Langer nel libro Psicoterapia del grupo4 scritto con Grinberg5 e Rodrigué6, uno dei grandi meriti di Freud è stato quello di superare l’antinomia tra individuo e società attraverso la teorizzazione della seconda topica, in cui il Super Io è il risultato dell’interiorizzazione della società esterna “con tutta la complessità delle sue istituzioni” (traduzione delle autrici). Marie Langer è stata, nel 1942, tra i fondatori dell’APA (Associazione Psicoanalitica Argentina). Pubblicando questo terzo Volume della Collana di “Ariele Psicoterapia” Percorsi PsicoSocioAnalitici, intendiamo rivolgerci in primis ai colleghi giovani (e in particolare a quelli in formazione presso la Scuola di psicoterapia della COIRAG7), poi a tutti coloro che lavorano nel mondo psi- e, infine, a chiunque possa essere interessato a conoscere sia la biografia di una donna che ha coniugato la passione politica e sociale con la passione per il suo lavoro, sia l’intreccio tra la storia della psicoanalisi, attraverso i suoi protagonisti più importanti, e le vicende storiche e politiche del secolo scorso che hanno riguardato l’Europa e l’America Latina. Nella primavera del 2021, Maria Elena Petrilli, di cui Marie Langer fu amica e maestra, ha tenuto nell’associazione “Ariele Psicoterapia”, due seminari sul pensiero e l’opera di questa psicoanalista. Dobbiamo qui ringraziare la collega Rossana Braido8 perchè il nostro primo contatto con l’autobiografia di Marie Langer era avvenuto grazie alla lettura di una sua prima traduzione del testo spagnolo. La nostra associazione è particolarmente interessata a riattualizzare la figura e l’opera di Marie Langer per diversi motivi: il primo è che all’interno di un’istituzione come la nostra non è importante solo imparare e trasmettere delle tecniche legate al nostro lavoro, ma anche riattraversare la concezione di base fatta di idee, simboli, valori e norme di condotta condivise e riconosciute (...). La concezione di base darà origine a norme di comportamenti e tecniche che rispondono e sviluppano questa visione9.

Grinberg, Langer, Rodrigué, 1957.   Grinberg, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 6   Rodrigué, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 7   COIRAG (Confederazione delle Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi). 8   R. Braido, psicologa, psicoterapeuta, libera professionista. 9   Rossetti 2019, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 4 5

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Spesso si pensa di saltare questa fase di consolidamento teorico al quale si crede di poter supplire con la sola tecnica, tentati di ottenere

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Per questo è necessario riattraversare le idee dei maestri per farle nostre attraverso una condivisione gruppale.

un risultato immediato senza perdere tempo in speculazioni astratte. È un atteggiamento che serve a creare solo improvvisazioni e malintesi10.

Come ci ricorda Mauro Rossetti11, Luigi Pagliarani stesso, nel Glossario di Psicoterapia progettuale12, riporta il frammento di una conferenza tenuta da Bion13 che diceva: […] Ora, una delle peculiarità delle abilità tecniche di tipo meccanicistico è che queste sono facilmente comunicabili. Per contro, lo sviluppo emotivo non lo è affatto. Di conseguenza […] la mimesi in quella sfera è facile e soddisfacente. Nel campo dello sviluppo emotivo ed intellettuale la situazione è molto differente; la mimesi non è di alcun valore, anzi, essa costituisce un grande pericolo perché produce una spuria apparenza di crescita.

Un secondo motivo riguarda il personale contributo di M. Langer alla psicoanalisi del femminile, che parte dalla sua esperienza personale. In Maternità e sesso14 l’autrice espone la propria originale elaborazione sul tema anche attraverso la presentazione di numerosi casi clinici; questo testo resta ancora oggi un caposaldo per l’attualità delle sue intuizioni e teorizzazioni per il lavoro psicoanalitico con le donne. Esso propone dei temi che in questo momento storico sono anche un emergente sociale in riferimento alla consapevolezza di sé da parte delle donne. Un altro motivo per cui si è ritenuto importante riattraversare la vita e l’opera di M. Langer è che ravvisiamo nella sua storia personale e professionale, molti punti in comune con la storia del nostro maestro Luigi Pagliarani, fondatore della Psicosocioanalisi italiana, tra i primi a far proprio e a coniugare con le proprie   Ibidem.   Ibidem. 12   Pagliarani 2014, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 13   Bion, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 14   Langer, 1981. 10 11

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esperienze teoriche e cliniche, il pensiero degli psicoanalisti argentini cui la Langer appartiene. Entrambi partono da un doppio interesse verso l’individuo e verso la società e cercano all’interno della teoria psicoanalitica quegli snodi che integrano questi interessi sentiti cogenti. Ciascuno dei due giungerà ad una originale elaborazione teorica a partire dalla propria esperienza di vita. Vissuti in epoche storiche vicine, anche se non del tutto sovrapponibili (Marie Langer è nata nel 1910 a Vienna e Luigi Pagliarani è nato a Rimini nel 1922), entrambi sono stati profondamente attraversati dal momento storico e politico che stavano vivendo. Pagliarani nasce in una famiglia comunista in cui, come raccontava a chi l’ha conosciuto, il padre, militante, sotto il fascismo veniva regolarmente preventivamente incarcerato in occasione di eventi pubblici di regime ed era solito indire assemblee anche in famiglia quando c’era la necessità di prendere una decisione. Quello che mi ha portato a diventare prima psicologo, poi psicoterapeuta e infine psicosocioanalista, è una strada politica. Nel 1942 mi iscrivo al Partito comunista, di nascosto da mio babbo, che pure era comunista. Faccio due anni di prigionia in Germania, e torno nel ’45 in una Rimini distrutta. Si trattava di ricominciare a vivere. Io credo che la mia formazione sia cominciata lì. Mi butto a corpo morto nell’attività politica, come funzionario di partito e inviato speciale de “L’Unità”. Per me il Partito comunista era lo strumento per realizzare una società nuova, diversa. Quando mi accorgo invece che non era così, nel 1958/59, allora vengo via. Il caso vuole che il primo gennaio 1956, in un bar di Brera, al Giamaica, incontro la Maria (Maria Zanetta, la moglie – N.d.R.) , che in quel momento studiava psicologia al Rousseau di Ginevra, dove era assistente di Piaget. Si rinnova allora il mio vecchio interesse per la psicologia, per la psicologia sociale, con l’idea di metterla al servizio della scienza politica15.

Entrambi questi maestri sono accomunati dalla passione e dal desiderio di coniugare marxismo e psicoanalisi, desiderio testimoniato da scelte concrete di vita. Pagliarani, oltre all’adesione al Partito comunista nel ’43, dopo l’armistizio, non accettando di arruolarsi coi nazisti, sconta due anni di prigionia in un lager tedesco. Marie Langer si era arruolata col marito nelle Bri10

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Intervista con Lai 2014, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo.

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gate Internazionali nella guerra di Spagna. Per entrambi (Langer e Pagliarani) la scelta dell’adesione al Partito comunista è stata un passaggio fondamentale, sia dal punto di vista identitario che dell’impegno e della testimonianza in ambito sociale. Nei fatti il loro impegno e la loro passione per il sociale li accompagnerà per tutta la vita e segnerà la loro ricerca e il loro esercizio professionale in senso etico, un’etica che non può mai prescindere dai contesti sociali ed istituzionali in cui lo psicoterapeuta si trova ad operare. Lo stesso Bion, come ci ricorda Pagliarani riprendendo un saggio di Trist16, nell’ultima parte della sua vita, parla della necessità di una Psicosocioanalisi, che coniughi lo psico- con il socio- spaziando oltre la socioanalisi di Jaques17 (...) con la scoperta di nuovi elementi di conoscenza sul potere18.

Nel periodo in cui sia Langer che Pagliarani sono vissuti, l’ideologia più capace di guardare al futuro e di porsi come alternativa rispetto agli eventi drammatici che si profilavano all’orizzonte, era rappresentata dal marxismo e si traduceva nell’adesione al Partito comunista, l’unica organizzazione allora in grado di mettere insieme analisi del sociale e intervento sullo stesso. La questione dei rapporti tra psicoanalisi e marxismo non ha avuto vita facile. Come vedremo meglio nel seguito di questo lavoro, gli stessi psicoanalisti del gruppo di Vienna intorno a Freud, inizialmente, avevano dato l’ordine di non aderire a partiti clandestini e di non accogliere in terapia pazienti compromessi politicamente. Marie Langer affronta la questione nell’articolo del 1985: “Psicoanalisis sin divan”19. In questo articolo racconta come negli anni ’20 e ’30 si fosse aperta una discussione appassionata fra psicologi sovietici e psicoanalisti di lingua tedesca interessati a coniugare la loro scienza con il marxismo, rendendola accettabile nell’Unione Sovietica. Con l’avvento del nazismo e l’esilio forzato di molti psicoanalisti dall’Europa, la discussione si interruppe e in Europa, sia i libri di Freud che quelli di Marx20 subirono la stessa sorte: furono bruciati.   Trist, 1988, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo.   Jaques, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 18   Pagliarani, 1998. 19   Langer, 1986. 20   K. Marx (1818 Germania-1883 Londra), filosofo, economista fondatore della teoria marxista. 16 17

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Ricordiamo come questo dibattito sia ripreso nel ’68 (Congresso di Psicoanalisi di Roma del ’69): di nuovo si associava la psicoanalisi all’essere di destra, perché borghese ed elitaria, riproponendo così una delle critiche sollevate allora dagli psicologi sovietici21. Questa scissione apparentemente irrisolvibile ha trovato un suo sbocco quando, attraverso l’elaborazione del pensiero di alcuni intellettuali organici22 di cui – a nostro avviso – anche Pagliarani e Langer fanno parte, l’idealità comunista si è trasformata in uno sguardo politico nel senso alto del termine, sul sociale e sull’istituzione, perdendo il carattere di ideologia, nel suo senso deteriore. È a partire dal bisogno di intervenire come psicoanalisti in un sociale sconvolto dalla Seconda guerra mondiale, che sono nate all’interno della psicoanalisi inglese (Scuola kleiniana) le ricerche e le teorizzazioni che hanno dato vita alla socioanalisi da una parte e al lavoro di Bion sui gruppi dall’altra. Sia la Langer che Pagliarani attingono ad entrambe queste fonti: la prima per introdurre, insieme ad altri, la psicoanalisi di gruppo in Argentina come modalità di intervento psicoterapeutico sul sociale, e Pagliarani per fondare in Italia la Psicosocioanalisi, come modello di intervento psicoanalitico oltre che sugli individui, sui gruppi, le istituzioni e la polis. L’aspetto istituzionale, che nasce dal bisogno di intervento sul sociale, è stato un ambito tenuto in grande considerazione sia da Pagliarani che dalla Langer (che da sempre vi ha lavorato), dalla fondazione dell’APA (Associazione Psicoanalitica Argentina) fino alla collaborazione col governo rivoluzionario sandinista in Nicaragua per l’avvio dei Centri di Igiene Mentale. Per questo lavoro che ha coniugato insegnamento e utilizzo di diverse forme di psicoterapia, M. Langer ha individuato 10 punti23 che riporta come imprescindibili nel suo articolo citato, e che Maria Elena Petrilli riprenderà nel suo lavoro introduttivo all’Autobiografia. L’affermazione forte e decisa con cui, in uno di questi punti, Marie Langer sostiene che nessuno è neutrale e che fare  Langer, op. cit.   La definizione di “intellettuale organico” è introdotta da Gramsci nei suoi “Quaderni dal carcere” per indicare proprio quegli intellettuali che incarnano la teoria, non separati per mestiere e appartenenza di classe dal resto della società, ma che si fanno carico attivamente della sua trasformazione, intervenendo concretamente nella sua organizzazione e costruzione. 23  Langer, op. cit. 21 22

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psicoterapia è realizzare un compito ideologico, motiva il sottotitolo di questo volume. Come per Pagliarani, così per la Langer anche il lavoro con le istituzioni non può prescindere dai fondamenti psicoanalitici. Il rapporto con l’istituzione è stato per entrambi, tuttavia, oltre che intenso anche molto travagliato. Infatti, pur avendo focalizzato buona parte del loro impegno sulla ricerca e l’intervento istituzionale, entrambi nella parte finale della loro vita sono usciti in maniera polemica dall’istituzione a cui, con altri, avevano dato vita: Marie Langer è uscita dall’APA e Pagliarani nel 1990 è uscito da Ariele24. Queste scelte ci interrogano come psicosocioanaliste e psicosocioanalisti attenti all’istituzione. La vita delle istituzioni oscilla in un movimento dialettico continuo tra istituente ed istituito: il momento dell’istituente è il momento nascente, quello dell’entusiasmo e della creatività. Ma sappiamo che poi l’istituzione ha bisogno dell’istituito come definizione del suo setting, senza il quale avremmo la confusione della rivoluzione permanente. Il rischio dell’istituito è quello di prendere il sopravvento e di far prevalere gli aspetti burocratici formali su quelli di contenuto, a danno del compito primario che è quello per cui l’istituzione è nata e ha ragione di esistere. Nella storia delle istituzioni entrambi questi momenti sono imprescindibili. La consapevolezza delle loro oscillazioni e la capacità di analizzarne l’andamento sono strumenti necessari per riuscire a tollerarne i momenti meno creativi e più conflittuali, quelli che possono portare all’esasperazione anche persone che ne hanno fatto la loro ragione di vita. D’altra parte non c’è vita al di fuori delle istituzioni. Come diceva Meltzer25, che si definiva non scismatico: sembra inutile e conduce all’autoinganno presumere di poter portare avanti un’attività intorno alla quale anche altri faticano, senza voler prendere parte all’aspetto comunitario, perché una comunità c’è sempre. E dal momento che una comunità esiste, esistono problemi di organizzazione e di comunicazione, dove la zona di confine fra amichevole e ostile, comunicazione e azione, governare e dominare, opporsi

Ariele è l’associazione italiana di PsicoSocioAnalisi fondata nel 1983, che riunisce al suo interno psicoterapeuti e formatori. Da Ariele, nel 2001, nasce “Ariele Psicoterapia” che riunisce al suo interno solo psicoterapeuti (vedi www.arielepsicoterapia.it). 25   Meltzer, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 24

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e sabotare, si oscura. (...) Porrei il problema di cui ci occupiamo così: come governare senza dominare, come opporsi senza sabotare, come rimanere amichevoli mentre si è in disaccordo?26

Meltzer, 1993, cap. XIII, “Il claustrum e la politica”.

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Frammenti di un’autobiografia 1

DUE PAROLE di Marie Langer Abbiamo terminato di scrivere questo libro di cui, fino ad oggi, non ho voluto nemmeno scrivere la prefazione, forse per non distaccarmene. Voglio raccontare dal mio punto di vista, il suo perché, il suo come e la sua storia. Da tempo, giovani donne, come ad esempio Marta Lamas, o Diana qui in Messico o Maria Elena Petrilli, laggiù a Venezia, donne veramente amiche malgrado la grande differenza di età, mi domandano: “Come hai fatto a venirne fuori ed essere così diversa da mia mamma (o da mia nonna)?”, e dicono anche: “Abbiamo paura di invecchiare, di avere quaranta o cinquant’anni. A sessant’anni poi non c’è proprio più niente da fare, si è vecchie, ma tu ne hai parecchi di più e non sembri vecchia, con te si può parlare. Come hai fatto?”. Queste ragazze, intelligenti e vivaci, temono tuttavia di fare la fine delle proprie madri. E sono tante le madri di classe media, vale a dire ben curate e ben nutrite, che a cinquanta o sessant’anni si sentono vecchie, tristi, amareggiate o dolcemente rassegnate. Con queste ragazze alla ricerca di un modello alternativo, dialogherò di più nelle ultime pagine di questo libro, nella Coda sul tema della donna (Jaime mi ha suggerito il termine coda nella sua   Si tratta di una selezione di M.E. Petrilli dal testo originale Memoria, historia y dialogo psicoanalitico, di Marie Langer, Jaime Del Palacio ed Enrique Guinsberg, 1981. 1

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accezione musicale)2. Dedico questo mio scritto a tutte queste ragazze, e non solo a loro, ma anche ai giovani uomini e alle loro compagne, a uomini non maschilisti che cercano di instaurare con le proprie compagne un vero spirito di squadra. Lo dedico anche alle mie figlie e ai miei figli, alle mie nuore e generi. Lo dedico anche a mio marito, che ha sopportato una moglie inquieta, e che mi ha dato la possibilità di avere una famiglia stabile e quasi all’antica. E lo dedico anche, naturalmente, alle donne e agli uomini che ho avuto in analisi e dai quali ho imparato molto. Parentesi: mi è sempre piaciuta la mia professione e continua a piacermi; ancora oggi, una buona seduta d’analisi o una supervisione mi assorbono, mi tolgono dalle mie preoccupazioni quotidiane e riescono a farmi sentire felice. La mia dedica si fa un po’ lunga, ma sono tante le persone che devo ringraziare. Senza di loro (ma naturalmente anche senza Jaime3 ed Enrique4), questo libro non esisterebbe. In effetti questo libro ha cominciato a far capolino dentro di me dopo una lunga chiacchierata sul femminismo con Maria Elena. In realtà parlammo di molto altro, oltre che di femminismo: si parlò di infanzia, di psicoanalisi, di militanza politica e di letteratura. Maria Elena manifestò il suo interesse per gli autori austriaci fra le due guerre: Schnitzler5, Roth6, Kraus7 che erano stati gli autori della mia adolescenza. Improvvisamente provai un senso di nostalgia e i ricordi della mia infanzia e giovinezza a Vienna – a lungo oscurati dalla mia lunga permanenza in America Latina – cominciarono ad affiorare nuovamente. Poi, tornata in Messico, mia figlia Veronica mi propose di ricostruire la mia vita attraverso delle interviste registrate. Veronica è la minore dei miei figli ed è nata quando avevo 43 anni. Nonostante io fossi una madre vec  In questo scritto Marie Langer ripercorre dal punto di vista antropologico, filosofico e storico, le vicende del rapporto tra i sessi che hanno portato nel tempo alla sottomissione della donna al potere maschile, tematiche che aveva già trattato in Maternità e sesso. 3   J. del Palacio (1943 Durango, Messico), scrittore, docente e ricercatore messicano. 4   Guinsberg, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo. 5   A. Schnitzler (1862 Vienna-1931 Vienna), scrittore, drammaturgo e medico austriaco tra le cui opere ricordiamo “Doppio sogno”, da cui è stato tratto il film “Eyes wide shut” di Stanley Kubrik e di recente “Sogni”, una raccolta di sogni dell’autore col saggio di Grieco e Lingiardi nell’edizione italiana. 6   J. Roth (1894 Ucraina-1939 Parigi), scrittore e giornalista austriaco di cui ricordiamo tra i tanti “La Cripta dei Cappuccini” e “La leggenda del Santo bevitore”. 7   K. Kraus (1874 Jičín, Cechia-1936 Vienna, Austria), poeta e autore satirico austriaco. 2

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chia – non intendo usare la parola anziana, è un termine che non mi appartiene – e lei una figlia giovane, le nostre conversazioni sono state sincere e piacevoli tanto da riuscire ad incidere ben tre cassette. Ma alla fine della terza cassetta, Veronica mi disse: “Non funziona mamma, non ne so abbastanza di storia e di psicoanalisi per poter dialogare realmente con te”. Inoltre Veronica è un’attrice e non una scrittrice. Enrique Guinsberg mi aveva già proposto di scrivere questo libro. Lui spiega il suo “perché” nelle pagine seguenti; da parte mia posso dire che Enrique ha sempre insistito affinché io trasmettessi la mia esperienza e dessi conto della mia ideologia ai giovani psicoanalisti e a tutti coloro che lavorano con la salute mentale: dovevamo trattare sia del ruolo dell’operatore della salute mentale nella società che di quello dello psicoanalista impegnato nella sinistra. Gli diedi ragione e iniziammo a lavorare. Tuttavia quando cominciò a pormi domande sulla mia infanzia e sulla mia provenienza sociale non fui in grado di analizzarle sotto un’ottica marxista poiché in me prevalsero i ricordi di vita vissuta, sia tutto ciò di cui avevo parlato con Veronica, sia molto altro, quasi dimenticato, personale. Mi resi conto che, per poter continuare, avrei dovuto prima di tutto andare a fondo della mia storia personale. Leggevo i nostri testi di discussione scientifica e mi lamentavo: “Non mi riconosco, sono troppo astratti” e anche: “Non sono stata così coerente e nemmeno tanto eroica: per questo sono ancora qui”. Fu proprio attraverso questa necessità di riconoscermi che capii che in realtà non scrivevo per gli altri – per coloro che ho citato scrupolosamente nella dedica – ma che la ricostruzione della mia vita personale e professionale rispondeva ad una mia intima necessità che si faceva sempre più forte con l’avvicinarsi dei settant’anni. Dovevo descrivere la mia vita così com’era e, anche se l’aspetto ideologico-professionale aveva la sua importanza, non era sufficiente affinché io mi potessi riconoscere. E qui entrò in scena Jaime. Dopo aver letto i testi delle registrazioni fatte con Veronica e i molti altri scritti prodotti con Enrique, mi convinse che il materiale era valido. Si offrì di riordinarlo, di riscrivere ciò che fosse necessario e anche di completarlo. “A proposito, ho appena finito di leggere una storia della socialdemocrazia austriaca degli anni ’30”, mi disse. Eravamo quindi sulla stessa lunghezza d’onda.

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Scrivere questo libro è stato molto spesso faticoso e a volte piacevole. Pensando ad esperienze del passato, mi è dispiaciuto che noi tre non avessimo mai formato veramente una squadra. Solo ora, verso la fine, ho capito il perché. Ognuno di noi aveva in mente un altro libro e altri lettori. Enrique, il più serio di noi, mi chiese altrettanta serietà. Con lui dialogammo a lungo su temi importanti per lo psicologo giovane, per lo psicoanalista che non appartiene alla Società Internazionale (Psicoanalitica – N.d.R.), da non confondersi con la seconda, la terza o la quarta Internazionale (Socialista – N.d.R.)8; niente a che vedere. Parlammo di marxismo e psicoanalisi, di teoria e della necessità di una prassi effettiva. Abbiamo cercato di ricordare e appianare vecchie polemiche. Queste conversazioni mi sono state molto utili e grazie a loro mi è stato più facile riappropriarmi del linguaggio degli anni ’70 a Buenos Aires. E non sempre è stato facile capirci quando parlavamo di quell’epoca, della quale pur senza conoscerci personalmente, condividevamo molte cose. Più difficile fu parlare della mia esperienza clinica dato che io ero una vecchia analista didatta e che noi provenivamo da formazioni diverse. Di fronte alla mia leggerezza nel non voler entrare in determinate polemiche con alcuni critici marxisti della psicoanalisi, che tra l’altro non avevano mai sperimentato l’analisi – come per esempio Schneider9 –, Enrique svolse la funzione di Super-io professionale e scoprì che i suoi lettori, a volte visti come avversari immaginari, erano suoi alunni, ma erano anche colleghi o operatori della salute mentale del presente e del passato. Abbiamo lavorato alacremente per un anno e mezzo e penso che alla fine ne sia uscito un buon testo. Jaime ha riordinato e perfezionato le nostre innumerevoli pagine, lette e commentate con la collaborazione lucida e amichevole di Horacio Siniego10. Jaime desidera rivolgersi a lettori comuni, interessati alla storia e alla letteratura, oltre che all’analisi, anche se non da un punto di vista professionale. Jaime conta sul suo curriculum personale   La 1a (1864 a Londra), 2a (1889 a Parigi), 3a (Mosca 1919, o Comintern) e 4° (1938 Francia, fondata da Trotzky) Internazionale socialista, sono le associazioni mondiali dei partiti di ispirazione marxista. Qui la Langer fa una battuta giocando sul termine “Internazionale” senza aggettivi che ne specifichino i diversi campi di appartenenza. 9   R. Schneider, nato nel 1914 in Cile e ucciso a Santiago del Cile nel 1970, è stato un generale cileno marxista sostenitore di Allende. 10   H. Siniego, psicologo argentino amico e collaboratore di Marie Langer. 8

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Reich, cfr. Elenco degli psicologi e psicoanalisti citati nel testo.  A. Furtmüller (1883 Vienna, Austria-1941 NY, Stati Uniti), politica austriaca, membro del partito socialdemocratico.

Frammenti di un’autobiografia

che include anni di esperienza sia di lettino che di gruppo e il suo interesse per questo libro risiede proprio nel suo aspetto umano piuttosto che in quello teorico. Io e Enrique, al contrario, possiamo peccare di un certo “terrorismo ideologico”, che non riguarda Jaime. Anche se non ne abbiamo mai parlato, credo che non gli sia mai interessata la linea politica di questo libro, ma solo il suo aspetto storico e umano. Jaime si è inoltre occupato della questione estetico-letteraria, visto che è uno scrittore e il suo pubblico appartiene alla sua generazione. Però, per quali altri motivi si è fatto coinvolgere in questa impresa? Penso che lo tentasse il materiale grezzo delle mie conversazioni autobiografiche con Veronica ed Enrique, ma anche, suppongo, per riuscire a mettersi nei miei panni e conoscere meglio la provenienza culturale e affettiva di sua moglie, mia figlia Ana. E io? Ho trascorso la mia infanzia e giovinezza in Austria, la mia età adulta in Argentina e sto trascorrendo la mia vecchiaia in Messico. Senza nemmeno rendermene conto penso indifferentemente in tedesco e in spagnolo con l’aggiunta, a volte, di qualche espressione molto iconica in qualche altra lingua. Come ho già detto con l’arrivo dei settant’anni, compiuti proprio mentre finivamo di scrivere questo libro, ho sentito il bisogno di riflettere e di trovare la mia identità (o confrontarmi con la mia identità, non so). Intraprendere questa impresa mi è stato molto utile, è stato equivalente ad un’autoanalisi quotidiana. Ho potuto vedermi da fuori, con una certa oggettività, sebbene attraverso lenti abbastanza narcisistiche, ma questo è inevitabile, se ci si dedica in modo coerente ad occuparsi di se stessi (Emilio Rodrigué sostiene che questo sia il transfert dell’autoanalisi). Ho scoperto alcune cose: ad esempio come la ribellione sessuale della mia adolescenza sia stata il primo passo verso la sinistra (a Reich11 sarebbe parsa una scoperta ovvia). Ho anche scoperto come, malgrado nel tempo mi fossi focalizzata sulla sessualità nella “sfera femminile”, vale a dire nell’amore, nella coppia e nella raggiunta maternità, questo non mi avesse impedito di realizzarmi anche nell’altro aspetto, quello cioè segnalato dalla mia professoressa del liceo Aline Furtmüller12, che cito spesso nella mia storia. Fu lei a spiegarci che il fatto di non vivere più in 11 12

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una monarchia, bensì in una repubblica, impegnava tutti noi ad assumerci le nostre responsabilità nella res publica, vale a dire la cosa comune a noi tutti. Come ho già avuto modo di dire, i miei lettori ideali sono le giovani donne, ma quali sono i lettori che temo? Ci sono anche quelli! Cosa diranno certi colleghi! Cosa avrei detto io stessa, alcuni anni fa, di un’analista che esibisce la propria intimità, anche se è quella dei 70 anni che risale a 40 anni prima! Mi dispiace distaccarmi da questo libro, impresa comune di noi tre. Mi è dispiaciuto per Emilio Rodrigué che, a causa della distanza geografica, non si è potuto unire al nostro dialogo. Sarebbe stato splendido. Per fortuna Armando Bauleo, nelle sue scorribande didattiche e operative, è passato di qua e mi ha dato dei suggerimenti politici molto pertinenti. E, ancora una volta, mi addolora la perdita di Horacio (Siniego). Marie Langer, Messico, gennaio 1981

MEMORIA, STORIA E DIALOGO PSICOANALITICO di Marie Langer e Jaime Del Palacio

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Sono nata nel 1910. E questo che cosa significa? Che quasi sono nata col secolo. Significa che ho vissuto, se così si può dire, un complesso di Edipo imperiale: dietro a mio padre si celava infatti il vecchio imperatore Francesco Giuseppe. Quando avevo quattro anni (sono la minore di due sorelle e secondo mia madre avrei dovuto essere un maschio) scoppiò la Prima guerra mondiale, il primo capovolgimento del secolo, e mio padre, che era un ufficiale di riserva, dovette andare al fronte. Apparentemente non la presi sul tragico: a posteriori i miei genitori raccontavano divertiti che avevo domandato molto laconicamente: “Ma se il papà va in guerra, chi lo ucciderà? Un russo o un francese?”. Penso tuttavia di aver dissimulato in questo modo la mia preoccupazione per mio padre così come il desiderio di seguirlo in guerra anche se sapevo che era impossibile, non solo perché ero ancora piccola, ma anche perché ero una femmina, e le donne non andavano al fronte. Le uniche che potevano farlo

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I corsivi sono di Marie Langer.

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Frammenti di un’autobiografia

erano le infermiere. Da allora seppi che avevo una professione: sarei diventata infermiera. Che altro? Nel 1917, l’anno della rivoluzione bolscevica, compii sette anni e l’imperatore Francesco Giuseppe morì. Non ci potevo credere: fu come se mi avessero detto: è morto Dio (in quell’epoca ero credente e pregavo tutte le sere per la fine della guerra). Il fatto che avessi creduto che l’imperatore fosse immortale, malgrado nessuno me lo avesse mai detto e fossi una bambina piuttosto sveglia, indica che per la mia famiglia – e probabilmente per la borghesia austriaca – l’Impero, nonostante i suoi conflitti e contraddizioni politiche, sociali e nazionali era immutabile. Tutto questo dava un alone d’immortalità all’imperatore. Con la morte di Francesco Giuseppe, cominciò il crollo politico e il suo successore, Carlo, non solo era un debole, ma si fece anche carico di una causa che era già persa ancor prima di cominciare. Nel 1918 perdemmo la guerra, l’Imperatore Carlo cadde e l’impero si smembrò. Come conseguenza a Vienna scoppiò la rivoluzione e venne dichiarata la Repubblica. Nelle strade, sotto le nostre finestre, c’era un continuo passaggio di gente che gridava slogan che non capivo, ma che mi spaventavano. Al principio volevo rimanere leale all’imperatore e a tutto l’aspetto patriottico che avevo imparato. Ricordo che con i miei cugini ci chiudevamo nella mia stanza e cantavamo l’inno nazionale, sentendoci molto coraggiosi ed esposti a gravi pericoli. Ma questo patriottismo durò poco. La mia famiglia era ebrea “assimilata”, di fatto atea, di elevato livello economico, soprattutto dal lato di mia madre. Mio padre era pacifista, politicamente molto scettico, abbastanza critico, e (cosa di cui mi sono resa conto solo da adulta) era oppresso da un senso di colpa che derivava dalla sua ricchezza, che comunque era già diminuita radicalmente prima del ’29. Tornando all’epoca della guerra, penso che fu grazie ai suoi contatti se riuscì a ritornare dal fronte dopo meno di un anno. La motivazione medica del suo congedo fu: “Cecità notturna”, cosa che si prestò a molte battute (ma la malattia esiste e si tratta di una avitaminosi!). Più avanti fu promosso capitano e la casa si riempì di ufficiali. Mia madre era nata nel 1886. Era una vera signora1 con tutto il significato terribile che si attribuiva alla parola a quel tempo.

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Ma a quell’epoca nel ceto medio-alto non c’erano solo le signore, c’erano anche quelle che io chiamo le donne rassegnate: sobrie, vittoriane, che si erano adattate e, appunto, rassegnate. Le pazienti di Freud appartenevano alla categoria di mia madre, ma anche a quella delle rassegnate. Come potevano uscirne? Come potevano smettere di essere delle signore oppure delle rassegnate? In generale non ce la facevano; si ammalavano di nevrosi ed erano infelici ma rispettabili: madri-spose comme il faut. Alcune fuggivano verso l’Amore, Madame Bovary2 pur appartenendo al XIX secolo, riviveva ancora in quasi tutte le donne, soprattutto in quelle di classe medio-alta. La vera eccezione era costituita dalla rarissima categoria delle donne rivoluzionarie come Aleksandra Kollontay3 e Vera Figner4. Da piccola lessi un bel libro su alcune di loro, quello fu il mio primo contatto con la sinistra. Per molte di queste donne militanti unirsi alla rivoluzione significò sfuggire ad un destino già tracciato, specialmente se erano povere e senza dote. All’estremo opposto c’era la categoria delle donne cosiddette frivole. Mia madre, malgrado vivesse tragicamente la sua leggerezza, apparteneva a questo gruppo di donne. La mamma, come tutte le signore, aveva un cestino dove c’erano a volte 20 chiavi. Tutto era chiuso a chiave: lei apriva e chiudeva, apriva e chiudeva e consegnava le cose alla cuoca o alla domestica, ma di certo non lavorava. La casa era una istituzione molto più complicata di oggi, ed era la vera ragion d’essere della signora che dirigeva anche la servitù. In casa avevamo una cuoca, una domestica, un’istitutrice o una bambinaia e un autista. Eravamo in quattro: i miei genitori, mia sorella e io. I miei genitori non vollero avere più di due figli perché allora era considerato volgare e inoltre perché mia madre utilizzava un pessario d’argento, usato all’epoca da molte signore. Come si mantenne nel tempo il loro matrimonio? Al riguardo c’è una storia doppia e strana. A quanto pare i miei genitori si sposarono molto innamorati e molto giovani dopo due anni di fidanzamento. Mia madre   Flaubert, 2014.   A. Kollontay (1872 San Pietroburgo-1952 Mosca), rivoluzionaria russa marxista e femminista. La prima donna nella storia a ricoprire incarichi pubblici (ministra e ambasciatrice). 4   V. Figner (1852 Mosca-1942 Mosca), rivoluzionaria russa, laureata in Medicina a Zurigo perché nella Russia zarista era vietato alle donne frequentare l’università e laurearsi. 2 3

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Personaggio di Anna Karenina di Lev Tolstoj.

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era la secondogenita; la primogenita, Steffi, non era fidanzata e quindi mia madre non poteva sposarsi: la maggiore doveva farlo per prima. I miei genitori complottarono per far fidanzare Steffi con Alfred, il fratello di mio padre e le due coppie si sposarono lo stesso giorno nel salone grande del Hauser Palais, la casa dei miei nonni. La cerimonia di Steffi e Alfred si svolse cinque minuti prima di quella di mia madre e mio padre. In questa versione, quello dei miei genitori fu un matrimonio d’amore, non così quello dei miei zii, che invece alla fine si rivelò ottimo. Credo, tuttavia, che mio padre e mio zio si sposarono anche per le doti delle due sorelle che permisero loro di ampliare enormemente la piccola fabbrica che avevano ereditato. La versione non ufficiale che mi raccontò mia madre era che lei era molto innamorata di uno scienziato molto famoso, amico di mio nonno, che sparì prima di dichiararsi; fu allora che mia madre si decise per mio padre. Anni dopo, lo scienziato giustificò la sua sparizione attribuendola ad un eczema sul viso che lo faceva molto vergognare. Quando si ritrovarono mia sorella era già nata. Si amarono con passione… e poi vennero tutte le numerose avventure di mia madre… I miei genitori si erano sposati nel 1904. A quel tempo il matrimonio era l’unico destino accettabile per una donna. Ricordo che avevo una vecchia istitutrice francese che un tempo doveva essere stata bella; quando la conobbi io era piacevole e molto simpatica. Una volta le domandammo perché non si fosse mai sposata, e lei rispose, con naturalezza, che dipendeva dal fatto che era una ragazza povera, senza dote e, senza di quella, non ci si poteva sposare; questo, secondo lei, era indiscutibile. Nel secondo anno di liceo ho avuto una professoressa di letteratura, Alina Furtmüller. Era una deputata socialdemocratica ed era molto progressista. Ci leggeva molto spesso un poema del quale ricordo alcuni versi. Si tratta di un’opera della fine dell’Ottocento nella quale una ragazza comunica ai suoi genitori di essersi innamorata di un uomo che intende sposare. Il padre risponde che avrebbe dovuto sposare un uomo scelto da lui, che non era naturalmente quello scelto da lei. Che idea l’amore nel matrimonio! Ma come reagivano i mariti messi di fronte all’adulterio? Dipendeva dal codice d’onore e penso, per esempio, a Karenin5.

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“È sufficiente sapersi mortali per essere candidati a sintomi nevrotici o persino psicotici.” Eravamo alla “Casa delle donne” a Roma in un incontro con Rossana Rossanda, e Marie cercava di contrastare l’idea, sorta nel dibattito, che un universo socialista potesse salvarci dalle naturali angosce umane (erano gli anni ’70). Il desiderio di far giungere la comprensione psicoanalitica ai pazienti meno abbienti per aiutarli a capirsi non ha mai cessato di interessarla. La stesura di questo testo nasce dal desiderio di far conoscere la figura di Marie Langer, le cui tre passioni (psicoanalisi, politica e femminismo) sono quanto mai attuali non solo per chi lavora nel mondo psi- ma per tutti coloro che sono interessati ad intrecciare l’individuale con il politico, il mondo interno con la polis.

MARIA ELENA PETRILLI Psicologa, psicoterapeuta di formazione psicoanalitica, laureata in Psicologia in Argentina, allieva di Enrique Pichon Rivière, José Bleger e Marie Langer, ha contribuito alla diffusione in Italia della concezione operativa del gruppo, curando le prime edizioni italiane di Bleger. Ha collaborato per anni col Comune di Venezia, facendo supervisione agli operatori. È tra i fondatori del gruppo Racker, che per anni ha ospitato i seminari di Donald Meltzer. Autrice e curatrice di numerosi saggi psicoanalitici, è socia onoraria di “Ariele Psicoterapia”.

ISBN 978-88-6153-870-2

Euro 16,50 (I.i.) www.lameridiana.it

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MARIE LANGER FRAMMENTI DI UN’AUTOBIOGRAFIA

MARIE LISBETH GLAS HAUSER LANGER Di famiglia ebrea, si laurea in medicina a Vienna dove si forma come psicoanalista. Iscritta al Partito comunista, nel 1937 partecipa attivamente alla guerra di Spagna. Emigra col marito in America Latina e si stabilisce in Argentina dove è tra i fondatori dell’APA (Associazione Psicoanalitica Argentina) e dove approfondisce la propria formazione e la sua ricerca. Con l’inizio della dittatura militare, emigra in Messico per tornare in Argentina nell’ultimo periodo della sua vita. Qui muore nel 1987. È autrice di numerosi scritti tra cui il più famoso tradotto in Italia è Maternità e sesso (1981).

FRAMMENTI DI UN’AUTOBIOGRAFIA LA NEUTRALITÀ IMPOSSIBILE DELLO PSICOANALISTA a cura di Maria Elena Petrilli

“Percorsi PsicoSocioAnalitici”è il punto di connessione tra teoria e ricerca operativa in ARIELE Psicoterapia e ne intreccia il continuo approfondimento clinico, teorico e tecnico. La PsicoSocioAnalisi orienta teoria e prassi attraverso il paradigma individuo-famigliagruppo-polis declinando i verbi fondamentali del vivere umano: “amare” e “lavorare”. La collana rappresenta l’occasione per tracciare un itinerario e utilizzare l’approccio psicosocioanalitico per analizzare da diversi vertici l’esperienza e la sofferenza psichiche nelle loro molteplici manifestazioni. “Percorsi PsicoSocioAnalitici” è indirizzata a quanti operano nei vasti ambiti della psicologia, della psicoterapia, delle scienze sociali e della formazione e a quanti siano interessati ad un approccio psicoanalitico dinamico e articolato.

P E R C O R S I PsicoSocioAnalitici

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