Annamaria Corallo parte dei piccoli patriarcali Angela Rinaldi Gesu’ Dalla oltre gli stereotipi Dalla parte dei piccoli Angela Rinaldi
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ISBN 978-88-6153-607-4 ISBN -4 ISBN978-88-6153-607 978-88-6153-927-3
9 788861 539273
edizioni la meridiana
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Annamaria Corallo, teologa biblista, Angela Rinaldi è dottoranda della èFacoltà esperta in metodologie di Scienze Sociali nellaformative Pontificia interattive. Ha conseguito il dottoraUniversità Gregoriana. to Teologia biblica presso la PonNelin2016 ha conseguito la Licenza in tificia Universitànello Gregoriana e ha “Etica Pubblica” stesso Ateneo, Angela Rinaldi è dottoranda della completato, con il tirocinio, la minori Scuola studiando gli abusi sui Facoltà disessuali Scienze Sociali nella Pontificia per all’evangelizzazione e nellaFormatori Chiesa. Nel 2014 ha ottenuto la Università Gregoriana. alla catechesi, promossa dalla rivista Laurea Magistrale in “Scienze dello Nel 2016 ha conseguito la Licenza in “Evangelizzare” inPubblica” collaborazione con Ateneo, “Eticacooperazione nello stesso sviluppo e della internal’Ufficio studiando Nazionale. gli “La abusiSapienza” sessuali sui minori zionale” Catechistico nell’Università Partecipa al nella progetto internazionale di Chiesa. Nel 2014 ha ottenuto la con una tesi sui minori non accompaLaurea Magistraleund “Scienze ricerca biblica “Evangelium Kul- dello gnati. Dal 2013 collabora con ilinCentre sviluppo e della cooperazione tur”. È Docente incaricata presso la internafor Child Protection della Gregoriana. zionale” nell’Università Pontificia Università Gregoriana“La perSapienza” con una tesi sui minori non accompala cattedra di Introduzione al Nuovo gnati. Dal 2013 collabora con il Centre Testamento. for Child Protection della Gregoriana. Cura la rubrica “Una Bibbia trasgressiva” del giornale online www.gettalarete.it
Angela Rinaldi Annamaria Corallo
Dalla parte deiGesu’ piccoli
Angela Rinaldi
Dalla parte Chiesa e abusi sessuali oltre stereotipi deigli piccoli di patriarcali Chiesa e Prefazione abusi sessuali Hans Zollner, S.I. Prefazione di
Hans Zollner, S.I. i ’ e assenza d a t i d i g i r ttoa,rio del rut ipo dicaeto tanto bo r n Lo stere“oEt’ un res c l ’ i e i h o t e la C esa:chiede u q a s r s e e r P e t . n a oi, tq ricerc e a me i o meaontce uceosteo, fuatt oh’ebsrt tdroit a e p r r e rle.secondo l n c a I u a s s gno e . i; i ’ n o S:e “E elu dzeolnt i aorlpaoiCzh vang s s e r e c t n l i i eiscel suoe o r queesatlol,a santita’ ole e tararmde e h mifnaor n c e t o a d r r e.. n t e r u n c on a nus e l’e sing giu g Sai di eDev un tarecorph l e a g d g o e spsocr a b r e e n lria ieu tita encoe san icae p nmvic di tnraam e paalrlaago r sono, e n o n e’ di c u e :mne uenasbounso rtare Fa’rd . ’ a o . e a v r e o Deve poo n a r”e ss di un noanem:e o. pers ’neeciolnmiveecufenarpearaur ro em za g o a i z g n i a d r o e e Fartoa’re ivlanptis,satonlelra. a me ccomnn oerdoi.” Dio. pSeir dreea alz e dfaarree una nttoel, zl neo auc q r e ’vecoa l a , n i s t a avPasanpa France datree e nn evbeeraa di Si l cesco Papa Fran
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In questo percorso esplorativo tra le pagine racconto evangelico di Marco, Chidel ricopre una posizione di potere nella l’autrice accompagna Chiesacideve sapere chenella essascoperta non è di della liberante di Gesù, mosuaproposta proprietà, ma un dono, pertanto strandoci uno sguardo d’insieme da cui non può abusarne. si riconosce ilsugli dinamismo che ilsui Dio biIl discorso abusinella sessuali minori Chi ricopre una posizione di potere blico infonde continuamente alla Storia, nella Chiesa cattolica offre diversi spunti Chiesa deve sapere che essa non è di alledirelazioni, agliche incontri. In questa riflessione in questo libro prosono sua proprietà, ma un dono, pertanto spettiva ampia e matura, i fondamenti riassunti in due tematiche principali: la non può abusarne. del patriarcato (che opprime uomini ee Il discorso sugli abusi sessuali suipotere minori questione del spirituale donne imponendo aspettative, ruoli e nella Chiesa cattolica offrecon diversi spunti al clericalisgerarchico, riferimento di riflessione cheeda inlaquesto libro sono norme seguire) sono messi radicalmo, necessità di una formazione riassuntimente in due tematiche principali: lavangelo; Marin discussione umana completa chedal abbia a fondamenquestione del potere spirituale e co to ci la racconta persona.di Gesù che incontra un gerarchico, con riferimento al clericalismaschile e un femminilelaprofondamente Dunque, piaga alle radici mo, e la necessità di per una colpire formazione feriti dai condizionamenti che la società e porsi sulla strada della umana completa che abbia a fondamen- prevenzione, patriarcale imponeva, e si relaziona lorola la proposta di questo libro è che to la persona. proponendo strade di libertà e dignità. Chiesa dovrebbe agire nel campo della Dunque, per colpire la piaga alle radici È proprio che, attraverso e porsi sulla strada Gesù della prevenzione, formazione umana che, lainportata modo liberante dellalibro sua èumanità, presenta la proposta di questo che multidisciplinare conlagli si altri campi Chiesa dovrebbe agire nelpuò campo ai nostri occhi come ladella più grande formativi, conseguire inconuna formazione umana davanti che, in alla modo troproposta società patriardefinizione chiara e trasparente multidisciplinare con glicome altri campi caledell’identità offrendosi autenticavera modello del chierico, ai fini formativi, può conseguire in una mente alternativo, perché sa incontrare della riscoperta della vera natura del definizione chiara e trasparente le altre persone riconoscendo a ciascuna ruolo e dell’autorità di cui sarà investito. dell’identità vera del chierico, ai fini di esse la dignità chi èdel tremendamente della riscoperta della vera di natura amato e amata da Dio per ruolo e dell’autorità di cui sarà investito. quello che è, nel diritto alla vita piena.
Annamaria Corallo
Gesù oltre gli stereotipi patriarcali
edizioni la meridiana p a g i n e a l t r e
Indice
Oltre il patriarcato. ......................................................... 9 Oltre le aspettative sociali ............................................ 11 Oltre le aspettative familiari ......................................... 25 Oltre i rigidi ruoli di genere ......................................... 41 Oltre il matrimonio patriarcale .................................... 61 Oltre i modelli patriarcali ............................................. 85 Gesù è oltre .................................................................. 99 Oltre quanto scritto .................................................... 103
Oltre il patriarcato
I termini della nostra ricerca Questo volumetto desidera accompagnare nella scoperta della proposta liberante del vangelo di Gesù, l’uomo che ha mostrato il volto più nitido di Dio al punto da essere riconosciuto come suo Figlio. È dunque Gesù il primo termine di riferimento. Nella sua vita, nelle sue azioni e nelle sue parole si scorge il volto amante e vitale di quel Dio che Gesù chiamava Padre e del quale parlava coi lineamenti di una Madre. Sarà la narrazione di Marco a offrire le vicende paradigmatiche di questo processo di liberazione che caratterizza la proposta di Dio attraverso Gesù. Il secondo termine del discorso è lo stereotipo. Lo stereotipo è una convinzione radicata nel senso comune e generalizzata, su alcune situazioni. Lo stereotipo dice rigidità e assenza di ricerca. Per questo, lo stereotipo è il contrario del vangelo. Il primo è statico e chiede di entrare nel suo orizzonte. Il secondo è dinamica pura che raggiunge le singole persone lì dove sono e come sono, per raccontare il prodigio di un amore liberante e sanante, quello di Dio, esperito lungo la vita negli incontri e nelle consapevolezze profonde. Il termine che chiude la carrellata di parole utili alla nostra ricerca è patriarcato. Questa parola si riferisce al modello sociale che riconosce al patēr (padre), dunque al maschio, la capacità di essere archē, ossia principio regolatore della realtà, ma anche capo. Il patriarcato si organizza e sviluppa dunque come sistema di dominazione permanente e strut9
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turale da parte dell’uomo, in quanto maschio, su donne, bambini, bambine e – in generale – i vulnerabili della società. Tale sistema si struttura volentieri in collaborazione e mutuo sostegno con altri apparati oppressivi: il capitalismo, il colonialismo, il razzismo, l’imperialismo e il fondamentalismo. Come noteremo lungo le pagine del nostro percorso, il patriarcato non garantisce un reale beneficio per l’uomo, in quanto maschio, a discapito della donna, in quanto femmina. Il patriarcato opprime uomini e donne, perché impone aspettative, ruoli e norme che devono essere seguite da tutti e tutte, fino ad appiattire ogni originalità sul suo stereotipo statico. Questo assetto si è configurato nei secoli della storia umana ed è ancora prevalente nella maggior parte delle culture umane. Lo ritroviamo marcatamente nella mentalità biblica. La Bibbia, infatti, in quanto scritto umano, porta tutte le tracce della cultura nella quale è nata. E non possiamo nasconderci il suo stampo patriarcale. Ma le sue aspettative patriarcali non sono rivelate da Dio e dunque assolute, bensì semplicemente mutuate dalla cultura del tempo nel quale vissero le persone che redassero i testi biblici. Di contro, la Bibbia lascia trapelare dinamiche relazionali alternative che in Gesù trovano la loro massima espressione. Per coglierle non ci si può accontentare di una lettura superficiale, occorre invece maturare uno sguardo d’insieme, sulla proposta di Gesù, che percepisca il dinamismo liberante che il Dio biblico imprime continuamente alla storia, alle relazioni, agli incontri. In questa prospettiva più ampia e matura, i fondamenti del patriarcato sono messi radicalmente in discussione dal vangelo. È quanto cercheremo di constatare in questo percorso, non esaustivo ma esplorativo, tra le pagine del racconto marciano, alla luce della proposta liberante di Dio, che in Gesù di Nazareth si fa storia.
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Oltre le aspettative sociali
Uno dei condizionamenti più intensi della mentalità patriarcale si concretizza nelle aspettative sociali che essa nutre nei confronti delle singole persone. Prima di coglierle nel loro assetto al tempo di Gesù, apriamo il vangelo secondo Marco e vediamo come si presenta.
L’inizio del vangelo (Mc 1, 1-6) Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. (Mc 1, 1)
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La prima pagina del racconto di Marco si apre con un titolo solenne che annuncia il contenuto dell’intero libro: una bella notizia. Vangelo, o evangelo, è un termine traslitterato dal greco, ossia riproposto in forma originale ma italianizzato, che letteralmente significa precisamente buona o bella notizia. La buona notizia, lo sappiamo, consiste proprio nella persona di Gesù, riconosciuto Cristo e Figlio di Dio. Ora, questa buona notizia è introdotta da una citazione biblica che in lui trova il suo compimento. Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco io mando il mio messaggero davanti a te per prepararti la via; 3voce di uno che grida nel deserto “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. (Mc 1, 2-3) 2
Questa citazione biblica, che Marco presenta come tratta dal libro del profeta Isaia, è in realtà una conflazione di 11
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più pagine della Bibbia, ossia un mosaico di testi del Primo Testamento, messi insieme come se fossero un’unica pagina. Marco sta citando il primo esodo, avvenuto con Mosè (Es 23, 20), il ritorno del popolo dall’esilio in Babilonia (Is 40, 3) e il cosiddetto esodo escatologico (Ml 3, 1) che si sarebbe compiuto con l’arrivo del Messia. In pratica, Marco evoca una storia segnata dalla liberazione: sia come memoria di un passato, nell’esodo e nel ritorno dall’esilio, che come apertura a percorsi nuovi di libertà. Dunque la comparsa in scena di Gesù è letta come compimento di un processo di liberazione profonda che implica un cambio di paradigma nel modo di guardare Dio e, dunque, la vita. Non va però sottovalutato un aspetto interessante. La citazione trova un suo primo compimento in una figura particolare: Giovanni, prefigurato come il messaggero atteso. Venne Giovanni, che battezzava nel deserto predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5E tutta la regione della Giudea e tutti quelli di Gerusalemme accorrevano a lui confessando i loro peccati, e da lui erano battezzati nel fiume Giordano. (Mc 1, 4-5) 4
Se Gesù è preceduto sulla scena dal Battista, la sua figura non può essere indifferente ai fini della comprensione dell’intero vangelo, ma ne sarà parte integrante. Per scoprirlo, iniziamo a chiederci chi sia questo Giovanni il Battista. Marco ce lo presenta come legato al rito penitenziale che compie. Non a caso passerà alla storia proprio come il Battista, ossia l’immergente. E dà poi qualche rapida pennellata. Giovanni era vestito di pelo di cammello, con una cinghia di cuoio alla vita e si nutriva di locuste e di miele selvatico. (Mc 1, 6) 6
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Nel suo asciutto e laconico racconto, Marco non concede dettagli e non dedica parole particolari per inquadrare il Battista. Ce lo descrive con i tratti essenziali e ruvidi di un profeta del deserto, richiamando direttamente Elia, come indicano il riferimento al mantello e alla cintura di cuoio (2Re 1, 8) e la sua collocazione presso il Giordano (2Re 2, 6-18). Elia è il profeta che deve tornare ad aprire la via al Messia, come evocato citando Malachia (Ml 3, 23). Stando al Primo Testamento, Elia era un profeta itinerante, protagonista di molte gesta solenni. Ma non sappiamo nulla della sua famiglia. Similmente, anche Giovanni si presenta, nel racconto di Marco, come un uomo senza casa e privo di legami familiari. Sarà Luca, nel suo vangelo, a parlarne come del figlio primogenito dell’anziano sacerdote Zaccaria (Lc 1, 5), tra l’altro identificandone espressamente la missione con quella di Elia (Lc 1, 15-17). Ma neanche Luca sa dirci qualcosa della famiglia che Giovanni poteva essersi fatto. Eppure, il dettaglio che ci offre è prezioso, perché ce lo presenta come sacerdote. Anche se il collegamento parentale tra Gesù e Giovanni, che Luca costruisce nel suo racconto, appare storicamente decisamente inaffidabile, pare invece piuttosto affidabile il fatto che il Battista fosse proprio di stirpe sacerdotale. Non a caso, presso il fiume Giordano, compie un rito religioso. È giunto quindi il momento di cogliere cosa si aspettava la società religiosa e patriarcale del tempo da Giovanni, figlio maschio primogenito di un sacerdote anziano.
I pilastri sociali del patriarcato Se volessimo sintetizzare con uno slogan l’idea patriarcale religiosa, potremmo sceglierne uno già sentito: Dio, famiglia e patria. Pare sia stato Giuseppe Mazzini a formulare questo motto, ma è probabilmente Benito Mussolini che lo ha reso famoso. Tristemente. 13
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Patria Iniziamo dalla fine. Vediamo il valore e il senso della patria nell’autopercezione di un popolo antico come quello della Bibbia. Il termine patria, in italiano, porta in sé la chiara eco della parola padre. È infatti la sintesi dell’espressione terra dei padri, perché sono i maschi a possedere la terra. E sono i maschi che la consegnano ad altri maschi: i propri figli. È dunque necessario avere discendenza, perché questo significava poter sopravvivere come entità etnica ben definita. In questo orizzonte, lo strumento per garantire una continuità etnica al proprio gruppo era il matrimonio. Per questo, l’unione sponsale trovava il suo unico orizzonte di senso nella procreazione. La nascita di figli, soprattutto maschi, permetteva la sussistenza della patria. La patria è fatta di braccia che la proteggono e sopravvivono a malattie e carestie, per garantire la sopravvivenza del gruppo etnico. Era dunque logico incoraggiare matrimoni endogamici, ossia unioni sponsali all’interno della propria cerchia parentale o clanica. Infatti, nonostante pagine spiazzanti come quelle del libro di Rut, i matrimoni misti erano duramente condannati in diverse pagine bibliche (Esdra e Neemia). In questa prospettiva fortemente procreativa, erano rifiutati gli uomini incapaci di fecondare una donna, come gli eunuchi (Lv 21, 17-20; Dt 23, 1). Per lo stesso motivo, non si immaginavano unioni omoaffettive – ossia relazioni amorose tra persone dello stesso sesso –, impensabili in una concezione della sessualità orientata alla procreazione. Insomma, il popolo di Israele doveva tutelare la propria sopravvivenza etnica, per il bene della patria.
Famiglia Il secondo pilastro del sistema è già emerso presentando il primo. La famiglia era la cellula della patria. E non na-
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sceva necessariamente da un matrimonio d’amore: l’amore romantico, che pure certamente in tanti e tante avranno sperimentato nel corso della storia, non era il fondamento della coppia che costituiva il nucleo della famiglia. La famiglia era frutto di un patto finalizzato all’espansione etnica e, in particolare, al mantenimento delle proprietà terriere. In questo scenario, diventava fondamentale che la donna arrivasse vergine al matrimonio e fosse fedele: era il modo per garantire la nascita di figli legittimi del proprio marito. Nell’antichità, la discendenza ebraica era infatti data per via patrilineare, e solo in seguito si affermò la linea matrilineare per la quale, ancora oggi, è ebreo chi nasce da madre ebrea. È così che la Bibbia narra senza disapprovazione l’unione tra Salomone e le sue settecento mogli e trecento concubine (1Re 11, 1-3). Quelle unioni erano funzionali all’espansione del regno. Se poi una condanna arriverà, sarà dovuta all’appartenenza etnica e religiosa delle donne pagane che, stando al racconto biblico, spinsero Salomone verso l’idolatria (1Re 11, 4-9). Il dono divino della maternità per donne ritenute sterili (1Sam 1, 11, 19-20) non fa che confermare la cultura diffusa nella società giudaica antica, fondata sulla famiglia numerosa e patriarcale, custode di beni da trasmettere alle generazioni future. I matrimoni erano inoltre patrilocali, nel senso che il nuovo nucleo familiare costituitosi col matrimonio andava ad abitare presso la famiglia del marito, allargandone i confini anche materiali. Tutto questo permetteva di garantire il patrimonio della famiglia e dunque la sua sussistenza e la longevità all’interno del popolo.
Dio Ed eccoci all’ultimo pilastro: Dio. La società israelitica del tempo di Gesù era convinta che il proprio assetto patriarcale fosse espressione diretta e chiara della volontà 15
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di Dio. La Bibbia fonda infatti l’imperativo della sopravvivenza etica e familiare sul comando di Dio stesso che costituisce la coppia come nuova realtà sociale all’interno della comunità: E disse l’uomo: “Questa è stavolta osso dal mio osso e carne dalla mia carne. Questa sarà chiamata donna, perché dall’uomo è stata presa”. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna, e procederanno verso una carne unica. (Gen 2, 23-24) 23
Proprio questa coppia umana è invitata esplicitamente a procreare secondo la categoria benedizione-discendenza: E Dio benedisse loro e disse a loro: “Fruttificate e moltiplicatevi e riempite la terra”. (Gen 1, 28) 28
E Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Fruttificate e moltiplicatevi e riempite la terra”. (Gen 9, 1) 1
La paternità e la maternità diventano così indicatori della benedizione divina. Ecco: l’eredità del Signore sono i figli, salario è il frutto del grembo. (Sal 127[126], 3) 3
Tua moglie è come vite fruttificante nell’intimità della tua casa. 4I tuoi figli sono come virgulti di ulivi intorno alla tua tavola. (Sal 128[127], 3-4) 3
Di contro, non avere figli era considerata una maledizione, normalmente attribuita alla sterilità della donna, come ci ricorda, per esempio, la vicenda di Anna, moglie di Elkana, ritenuta incapace di avere figli (1Sam 1, 4-8). 16
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Non solo avere figli era il segno dell’obbedienza al comando divino e dell’essergli graditi, ma significava anche lasciare un seguito su questa terra. In una cultura biblica che ancora non aveva elaborato una credenza compiuta nella risurrezione, teoria che si afferma sostanzialmente solo dal I secolo a.C., i figli erano l’unica possibilità di continuità per gli uomini dell’antico Israele. In questo senso va letta la legge del levirato – dal latino lèvir, ossia cognato – che chiedeva al fratello dell’uomo morto senza aver avuto figli, di sposarne la vedova per garantire una discendenza al defunto (Dt 25, 5-6). Al tempo di Gesù, infine, la fervente e multiforme attesa messianica era un motivo in più per dare alla luce un figlio, soprattutto per i casati coinvolti nella promessa di un liberatore, come potevano essere quello davidico e quello sacerdotale. Insomma, avere figli era un modo per onorare Dio e avere onore davanti a lui. È facile comprendere come il Dio del quale si parla non è altro che una proiezione del capoclan, nume tutelare del proprio ristretto gruppo etnico e dei suoi interessi di parte. Non si ha in mente il Dio universale che la Bibbia andrà delineando nel suo insieme, ma il Dio tribale che protegge i nostri e distrugge i loro.
Patria, famiglia e Dio La sopravvivenza etnica, il patrimonio familiare e l’onore davanti a Dio costituivano in sintesi i motivi principali dei tre pilastri del sistema patriarcale. Essi potevano essere garantiti solo se i figli nascevano e proseguivano i compiti dei maschi di casa. La continuità etnica, clanica e religiosa erano altrimenti in pericolo.
Una rottura col sistema Alla luce di questo scenario patriarcale, è chiaro che l’aspettativa sociale su Giovanni il Battista, doveva essere 17
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quella di collocarsi nel solco del proprio padre, allargando la famiglia. È quindi quanto mai interessante constatare che proprio Giovanni, che compare sulla scena come primo personaggio per preparare l’ingresso del protagonista, sia un uomo in aperta polemica col sistema religioso e sociale del suo tempo. Giovanni si sottrae infatti apertamente al compito di garantire l’onore del proprio casato quando rifiuta di vestire i panni sacerdotali e officiare al Tempio. Lo ritroviamo infatti nel deserto, presso il Giordano, a compiere un rito penitenziale, sulla scia di gruppi riformatori del sacerdozio, come gli esseni, sacerdoti autoesiliatisi nel deserto in polemica col culto templare. Tra l’altro, se non possiamo escludere che il Battista abbia fatto parte del gruppo essenico di Qumran, ma neanche affermarlo, sappiamo solo che, quando il racconto di Marco inizia, Giovanni aveva rotto con ogni appartenenza religiosa ulteriore. Era un maestro itinerante, con un seguito numeroso. Giovanni inoltre contesta il suo dovere di tutelare il patrimonio familiare scegliendo di non sposarsi e di non avere discendenza. Infrange così un altro imperativo della società patriarcale del suo tempo. Il suo stile di vita è decisamente incompatibile con la creazione di una famiglia patrilocale. E, in questo modo, sconfessa anche la possibilità di contribuire alla sopravvivenza del proprio popolo. Questa ribellione doveva aver generato un conflitto intracomunitario molto duro. Per chi legge il vangelo è poi spiazzante constatare che questa sua ribellione viene presentata come risposta a un appello divino: il Battista ha un folto seguito che lo riconosce inviato da Dio. E, cosa determinante, tra la folla, spicca il volto di Gesù. E accadde in quei giorni che venne Gesù da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. (Mc 1, 9) 9
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Gesù, facendosi battezzare con gli altri, conferma chiaramente di riconoscere l’autorità morale, spirituale e religiosa del Battista e stimarne le scelte di fondo. Sappiamo anzi che lo seguì per un certo periodo. In questo modo, prima ancora di vedere spuntare all’orizzonte Gesù, i lettori e le lettrici di Marco già intuiscono che lo scenario tradizionale patriarcale è messo in crisi. E questo fa parte della buona notizia di Gesù.
Una rottura confermata Per riflettere su questo aspetto di rottura col contesto clanico patriarcale, prendiamo in considerazione anche altri due testi, stavolta direttamente collegati a scelte di Gesù. Si tratta della prima chiamata riportata dal racconto di Marco e della scelta fatta da Gesù dei Dodici.
Chiamati a lasciare (Mc 1, 16-20) E mentre passava lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, il fratello di Simone, che gettavano le reti nel mare: erano infatti pescatori. 17E Gesù disse loro: “Venite dietro me e vi farò diventare pescatori di uomini”. 18E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19Andato un po’ oltre vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello che erano nella barca a sistemare le reti, 20subito li chiamò. Ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con i salariati, lo seguirono. (Mc 1, 16-20) 16
Di questo testo, famoso e arcicommentato, coglieremo solo un aspetto particolare, relativo alla presa di distanza che Gesù fa fare rispetto alle attese sociali. Chiamando a seguirlo, Gesù chiede a questi quattro uomini di lascia19
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re qualcosa. Simone e Andrea lasciano le reti. Giacomo e Giovanni lasciano il padre coi salariati, sulla barca, ossia praticamente l’azienda familiare. Entrambi questi movimenti esprimono una presa di distanza dal ruolo sociale che le loro appartenenze familiari e sociali imponevano. In questo modo, Gesù chiama a disattendere l’aspettativa della cultura patriarcale che chiedeva continuità lavorativa. Da parte dei discepoli di Gesù non vi è una polemica aperta con la società del tempo. Almeno non ancora. Lo seguono per conoscere la sua proposta. E noi sappiamo che, diversamente dalla prassi condivisa, Gesù non aveva una casa di studio, ma insegnava nel segno dell’itineranza (Gv 1, 38-39). Anche questa è una scelta destabilizzante per l’assetto sedentario, necessario alla costituzione di una famiglia, e quindi alla sussistenza del popolo.
I Dodici non imparentati (Mc 3, 13-19) Un altro testo particolarmente interessante per riflettere sul nostro tema è la scelta dei Dodici, su cui faremo una considerazione che di solito si trascura. Poi salì sul monte e chiamò a sé quelli che voleva, e andarono da lui. 14E ne costituì dodici, che anche chiamò apostoli, perché stessero con lui e per mandarli a predicare, 15e diede loro autorità di scacciare i demoni. 16E costituì i Dodici: Simone, al quale diede il nome di Pietro, 17 Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, e diede loro il nome di “Boanèrghes”, cioè figli del tuono; 18 Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il “Cananeo” 19e Giuda Iscariota, proprio quello che lo tradì. (Mc 3, 13-19) 13
Il racconto di Marco ha già presentato diverse chiamate operate da Gesù. Non sono le uniche che egli fece, ma 20
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esempi di un processo vocazionale che mise in atto per costituire il proprio gruppo discepolare, composto, come sappiamo, sia da uomini che da donne (Mc 15, 40-41). A un certo punto, Gesù decide di dare una forma a questo gruppo discepolare. Non però una forma qualsiasi, bensì una forma polemica. Individua infatti dodici uomini col chiaro intento di soppiantare quel sistema sociale e religioso che era stato fondato su altri dodici uomini, tutti però imparentati tra loro, in quanto discendenti diretti del patriarca Giacobbe. È da loro che nacquero le dodici tribù che tradizionalmente costituirono Israele come popolo. Quei primi dodici erano il fondamento etnico e tribale del popolo. Questi chiamati da Gesù, no. Infatti, nel chiamare a sé altri dodici uomini, stavolta non imparentati né particolarmente ben assortiti, Gesù invita i suoi seguaci e le sue seguaci a percepirsi in una nuova proposta religiosa e dunque sociale. La società era infatti fondata su principi religiosi. Il criterio parentale decade: i Dodici non incarnano l’ideale di un gruppo fondato su parametri etnici. Né rappresenteranno una gerarchia interna alla comunità delle origini. Sono invece il simbolo di un nuovo paradigma relazionale, sganciato dalle logiche patriarcali imperanti. Sceglierli significa contravvenire alla logica parentale necessaria all’ideale di patria.
Aspettative disattese La società patriarcale è un sistema semplice, formato da un ingranaggio lineare e facile da controllare. La sua forza è la semplificazione fino alla banalizzazione, l’unica capace di garantire il controllo. In questo sistema, ognuno ha una sua precisa collocazione, predisposta e garantita dalla continuità immobilista. In senso religioso, questo posto chiaro e controllabile è volentieri stato definito, con un linguag21
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gio religioso, vocazione. Con questo termine, il contesto patriarcale ha inteso il ruolo sociale fisso e immutabile che Dio avrebbe predisposto per ogni persona. Nella grande scacchiera della Chiesa e della società, bisognava trovare il proprio posto, esattamente quello che Dio aveva predisposto per ciascuno e ciascuna. E rimanere lì, ripetendo gesti e stile. La creatività, l’innovazione, la sperimentazione e l’essere alternativi erano dimensioni scoraggiate, viste di cattivo occhio, sospette. Noi sappiamo che la vocazione, così intesa, semplicemente non esiste. Non esiste un copione predisposto da una divinità onnisciente che regola le nostre scelte dal di fuori. Esiste invece il nostro bisogno di umanizzarci, crescendo e compiendo scelte che ci permettano di esprimere pienamente il nostro potenziale vitale e amante, diventando sempre più autenticamente noi, e dunque espressione dell’eterna creatività divina. La vocazione dovrà allora diventare il nome religioso della nostra ricerca di pienezza da realizzare con scelte quotidiane che confermino la nostra umanità e la rendano sempre più aperta e sana. In questa ricerca di noi stessi e di noi stesse, non occorre trovare nemici per scoprire chi siamo noi. È un po’ quanto suggerisce invece l’orizzonte patriarcale, quando incoraggia la difesa della patria in chiave esclusivista. L’amor patrio sembrava ideale romantico di altri tempi. Oggi si ripresenta sotto forma di discriminazione nei confronti di chi non fa parte del proprio gruppo etnico. A livello politico si configura con un certo nazionalismo estremo: si difendono i confini nazionali, respingendo profughi di guerre e miseria, e accogliendo quelli che più ci somigliano e meno ci spiazzano; si tutelano usi che pure hanno perduto un senso persino per la propria cultura. A livello relazionale, mettiamo in atto la logica discriminante e respingente con il rifiuto sottile o palese di chi non ha la
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Gesù oltre gli stereotipi patriarcali
nostra cultura e la nostra lingua. Spesso accade con battute ironiche, con il poco interesse a comprendere usi, pensiero e religione altrui. Il patriarcato si esprime anche in questo modo, rifiutando la contaminazione e, anzi, vedendo in essa un grave pericolo per la sopravvivenza etnica e culturale. Ora, per dirla tutta, Dio, patria e famiglia non sembra essere lo slogan preferito da Gesù. Il modo infatti di intendere la patria e la famiglia, implicito nella logica patriarcale imperante, deforma il vero volto di Dio, deturpandolo come fosse una divinità tribale, o uno stendardo del proprio piccolo interesse partigiano. Il vangelo di Marco, fin dalla sua apertura, mette dunque in discussione quel sistema patriarcale che pretende di livellare le persone, trasformandole nelle pedine di una scacchiera sociale, funzionale al mantenimento di valori non negoziabili e non della vita concreta. Il vangelo si colloca in una logica di discontinuità liberante, che apre a nuove prospettive relazionali. Sono proprio la creatività, la sperimentazione e la contaminazione che permettono di trovare un proprio posto. Non quello stabilito a priori da una divinità organizzatrice della realtà, ma il posto che ci realizza come persone, nella logica amante e vitale di un Dio che vuole solo la nostra felicità. In questa logica, possiamo trasfigurare i perni dei pilastri patriarcali: più che la sopravvivenza etnica, cureremo la sopravvivenza della nostra personale umanità; invece del patrimonio economico familiare, tuteleremo il nostro patrimonio spirituale e affettivo; e, piuttosto che onorare in modo astratto e inutile un inesistente dio tribale, onoreremo la vita che sgorga dal cuore del Dio vivente.
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Annamaria Corallo parte dei piccoli patriarcali Angela Rinaldi Gesu’ Dalla oltre gli stereotipi Dalla parte dei piccoli Angela Rinaldi
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ISBN 978-88-6153-607-4 ISBN -4 ISBN978-88-6153-607 978-88-6153-927-3
9 788861 539273
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Annamaria Corallo, teologa biblista, Angela Rinaldi è dottoranda della èFacoltà esperta in metodologie di Scienze Sociali nellaformative Pontificia interattive. Ha conseguito il dottoraUniversità Gregoriana. to Teologia biblica presso la PonNelin2016 ha conseguito la Licenza in tificia Universitànello Gregoriana e ha “Etica Pubblica” stesso Ateneo, Angela Rinaldi è dottoranda della completato, con il tirocinio, la minori Scuola studiando gli abusi sui Facoltà disessuali Scienze Sociali nella Pontificia per all’evangelizzazione e nellaFormatori Chiesa. Nel 2014 ha ottenuto la Università Gregoriana. alla catechesi, promossa dalla rivista Laurea Magistrale in “Scienze dello Nel 2016 ha conseguito la Licenza in “Evangelizzare” inPubblica” collaborazione con Ateneo, “Eticacooperazione nello stesso sviluppo e della internal’Ufficio studiando Nazionale. gli “La abusiSapienza” sessuali sui minori zionale” Catechistico nell’Università Partecipa al nella progetto internazionale di Chiesa. Nel 2014 ha ottenuto la con una tesi sui minori non accompaLaurea Magistraleund “Scienze ricerca biblica “Evangelium Kul- dello gnati. Dal 2013 collabora con ilinCentre sviluppo e della cooperazione tur”. È Docente incaricata presso la internafor Child Protection della Gregoriana. zionale” nell’Università Pontificia Università Gregoriana“La perSapienza” con una tesi sui minori non accompala cattedra di Introduzione al Nuovo gnati. Dal 2013 collabora con il Centre Testamento. for Child Protection della Gregoriana. Cura la rubrica “Una Bibbia trasgressiva” del giornale online www.gettalarete.it
Angela Rinaldi Annamaria Corallo
Dalla parte deiGesu’ piccoli
Angela Rinaldi
Dalla parte Chiesa e abusi sessuali oltre stereotipi deigli piccoli di patriarcali Chiesa e Prefazione abusi sessuali Hans Zollner, S.I. Prefazione di
Hans Zollner, S.I. i ’ e assenza d a t i d i g i r ttoa,rio del rut ipo dicaeto tanto bo r n Lo stere“oEt’ un res c l ’ i e i h o t e la C esa:chiede u q a s r s e e r P e t . n a oi, tq ricerc e a me i o meaontce uceosteo, fuatt oh’ebsrt tdroit a e p r r e rle.secondo l n c a I u a s s gno e . i; i ’ n o S:e “E elu dzeolnt i aorlpaoiCzh vang s s e r e c t n l i i eiscel suoe o r queesatlol,a santita’ ole e tararmde e h mifnaor n c e t o a d r r e.. n t e r u n c on a nus e l’e sing giu g Sai di eDev un tarecorph l e a g d g o e spsocr a b r e e n lria ieu tita encoe san icae p nmvic di tnraam e paalrlaago r sono, e n o n e’ di c u e :mne uenasbounso rtare Fa’rd . ’ a o . e a v r e o Deve poo n a r”e ss di un noanem:e o. pers ’neeciolnmiveecufenarpearaur ro em za g o a i z g n i a d r o e e Fartoa’re ivlanptis,satonlelra. a me ccomnn oerdoi.” Dio. pSeir dreea alz e dfaarree una nttoel, zl neo auc q r e ’vecoa l a , n i s t a avPasanpa France datree e nn evbeeraa di Si l cesco Papa Fran
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In questo percorso esplorativo tra le pagine racconto evangelico di Marco, Chidel ricopre una posizione di potere nella l’autrice accompagna Chiesacideve sapere chenella essascoperta non è di della liberante di Gesù, mosuaproposta proprietà, ma un dono, pertanto strandoci uno sguardo d’insieme da cui non può abusarne. si riconosce ilsugli dinamismo che ilsui Dio biIl discorso abusinella sessuali minori Chi ricopre una posizione di potere blico infonde continuamente alla Storia, nella Chiesa cattolica offre diversi spunti Chiesa deve sapere che essa non è di alledirelazioni, agliche incontri. In questa riflessione in questo libro prosono sua proprietà, ma un dono, pertanto spettiva ampia e matura, i fondamenti riassunti in due tematiche principali: la non può abusarne. del patriarcato (che opprime uomini ee Il discorso sugli abusi sessuali suipotere minori questione del spirituale donne imponendo aspettative, ruoli e nella Chiesa cattolica offrecon diversi spunti al clericalisgerarchico, riferimento di riflessione cheeda inlaquesto libro sono norme seguire) sono messi radicalmo, necessità di una formazione riassuntimente in due tematiche principali: lavangelo; Marin discussione umana completa chedal abbia a fondamenquestione del potere spirituale e co to ci la racconta persona.di Gesù che incontra un gerarchico, con riferimento al clericalismaschile e un femminilelaprofondamente Dunque, piaga alle radici mo, e la necessità di per una colpire formazione feriti dai condizionamenti che la società e porsi sulla strada della umana completa che abbia a fondamen- prevenzione, patriarcale imponeva, e si relaziona lorola la proposta di questo libro è che to la persona. proponendo strade di libertà e dignità. Chiesa dovrebbe agire nel campo della Dunque, per colpire la piaga alle radici È proprio che, attraverso e porsi sulla strada Gesù della prevenzione, formazione umana che, lainportata modo liberante dellalibro sua èumanità, presenta la proposta di questo che multidisciplinare conlagli si altri campi Chiesa dovrebbe agire nelpuò campo ai nostri occhi come ladella più grande formativi, conseguire inconuna formazione umana davanti che, in alla modo troproposta società patriardefinizione chiara e trasparente multidisciplinare con glicome altri campi caledell’identità offrendosi autenticavera modello del chierico, ai fini formativi, può conseguire in una mente alternativo, perché sa incontrare della riscoperta della vera natura del definizione chiara e trasparente le altre persone riconoscendo a ciascuna ruolo e dell’autorità di cui sarà investito. dell’identità vera del chierico, ai fini di esse la dignità chi èdel tremendamente della riscoperta della vera di natura amato e amata da Dio per ruolo e dell’autorità di cui sarà investito. quello che è, nel diritto alla vita piena.