In formazione stretta

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A. Mayer - D. Salfi

dorsetto 8 mm

Il testo offre al lettore, oltre alla struttura del percorso e alla metodologia, anche più di 30 schede operative per realizzare attività di cooperative learning e didattica prosociale. Alessandro Mayer, sacerdote, esperto di Teologia Fondamentale, è direttore della Caritas diocesana di Oria, incaricato del settore “Identità Caritas” nella Delegazione Caritas Puglia, vicario episcopale per la formazione del clero e dei seminaristi nella propria diocesi.

IN FORMAZIONE STRETTA Corso base di formazione per volontari Caritas

In FORMAZIONE STRETTA

Questo libro, nato dall’esigenza di pubblicare una “guida” per la formazione in Caritas, fa seguito al percorso formativo biennale “In formazione stretta”, messo a punto dalla Delegazione regionale Caritas Puglia, per i volontari delle équipe delle Caritas diocesane. La progettazione parte dall’affermazione centrale secondo cui “la formazione è cambiamento” all’interno di un percorso complesso, che passa dalla conoscenza di sé, dei propri limiti e delle proprie potenzialità. Pensare soltanto ad allargare le conoscenze ovviamente non è sufficiente, né sono sufficienti soltanto le competenze personali. È necessario anche saper agire insieme, pensare, progettare e stare in équipe! Anche il titolo di questo libro propone una dimensione che mette al riparo dalla deriva della performance individualista: “in formazione stretta”, come fanno le anatre quando migrano. Lo stormo riesce a portare tutti gli individui che lo compongono verso la meta che nessuno, da solo, riuscirebbe a raggiungere, debole o forte, performante o fragile che sia. Perché il gruppo travalica la somma delle competenze dei singoli. In formazione stretta non pensa ad un progettista isolato, prestante, performante che occupi spazi, ma ad un volontario che si “trasformi” in animatore, capace insieme al gruppo di innescare processi che la comunità porterà avanti.

Alessandro Mayer – Donato Salfi

Donato Salfi, psicologo, psicoterapeuta, formatore, attualmente direttore dell’UOD Formazione dell’ASL di Taranto, professore di psicologia generale, sociale e dell’educazione nel corso di laurea in Educazione Professionale dell’Università di Bari, fondatore di ISACPro, è autore di studi, ricerche e pubblicazioni sul comportamento prosociale. In copertina disegno di Fabio Magnasciutti

Euro 16,00 (I.i.)

ISBN ISBN 978-88-6153-702-6 978-88-6153-702-6

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788861 537026

edizioni la meridiana p a r t e n z e


Alessandro Mayer In formazione Donato Salfi stretta Corso base di formazione per volontari Caritas Prefazione di Francesco Soddu

edizioni la meridiana

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Indice

Prefazione ...........................................................7 di Francesco Soddu Introduzione .......................................................9 di Mimmo Francavilla Parte Prima Il percorso formativo Il progetto ......................................................15 1. L’elaborazione progettuale . .........................15 2. Le caratteristiche del percorso . ...................17 3. Contenuti e scansione temporale . ...............24 La formazione è cambiamento .......................29 1. Il punto di vista del direttore Caritas ..........29 Intervista ad Alessandro Mayer 2. Il punto di vista dell’esperto della formazione ..........................................32 Intervista a Donato Salfi 3. Il punto di vista dei corsisti . ........................35 Impressioni a fine percorso Le parole che usiamo ......................................45 Parte Seconda Gli strumenti Homework   1. A B C… la Caritas dell’altro! . ...................53   2. I volumi dell’ascolto ...................................55   3. I “veri” istogrammi ....................................57   4. Alla ricerca delle opere-segno . ..................59   5. Gli “esami” finali . ......................................60 Esercitazioni   1. Lo Speciale .................................................63   2. Il Filo Rosso . ..............................................66   3. Sotto osservazione ......................................68   4. Le tracce del vescovo .................................71


5. La sprogettazione .......................................73   6. In… Presentabile . ......................................76   7. Tutti in rete .................................................78   8. 8 x 1000 x tutti ......................................80   9. Prove d’ascolto ...........................................82 10. Prove tecniche di presentazione ................84 11. SMontare ad ARTe .....................................86 12. L’Autovalutazione ......................................88 13. Costruire gli strumenti ...............................90 Attività Sussidi WECO..................................................95   1. La trama e l’ordito . ....................................96   2. Donner et Prendre .....................................97   3. Il cerchio nel mezzo ...................................98   4. La grammatica della comunicazione .........99   5. Pull ring ....................................................101   6. Focus group . ............................................102   7. Il cappello delle emozioni ........................103   8. L’ascensore . ..............................................104   9. Il tabellone . ..............................................105 Codificazioni   1. Sintesi frontali ..........................................109  2. Progettazione in logica SMART ..............115 Strumentazione 1. Cartina ........................................................121 2. La piattaforma e-learning . .........................122 3. Cloudtext . ..................................................123 4. Scheda formulario progetto apprendimento-servizio . ............124 Buone prassi 1. Presidio .......................................................131 2. Porta a porta . .............................................132 3. Protetto. Rifugiato a casa mia ....................133 4. Casa monsignor Farina ..............................134 L’équipe formativa . ........................................135


Prefazione

“In Formazione Stretta” è uno dei frutti del Piano Integrato di Formazione che Caritas Italiana ha promosso nel 2015 coinvolgendo le Delegazioni regionali Caritas. Obiettivo principale del Piano è favorire la sussidiarietà tra i vari livelli della rete Caritas in Italia (nazionale, regionale, diocesano, parrocchiale) nella realizzazione di iniziative formative per gli operatori della carità, tenendo conto dei loro rispettivi ambiti di attività e delle responsabilità loro affidate, ma anche delle caratteristiche e delle esigenze specifiche dei loro contesti territoriali di riferimento. Si tratta quindi di un’attività formativa complessa ed articolata che rende protagonisti molti e diversi attori, ma con un’unica grande prospettiva di fondo, enunciata con chiarezza nell’art. 1 dello statuto di Caritas Italiana: promuovere la “testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica”.

Detto in altri termini, pensando alla realtà attuale, si tratta di formare operatori capaci di suscitare esperienze che sensibilizzino e coinvolgano le comunità ecclesiali nel loro complesso, superando la mentalità della delega agli “specialisti” della carità (siano essi individui o gruppi più o meno organizzati), realizzando azioni adeguate ai bisogni sociali in continua evoluzione, considerando le persone nella loro totalità e dignità, con l’attenzione costante a quelle dinamiche (sociali, economiche e politiche) idonee a generare una convivenza più giusta ed umana, a partire dalle esigenze primarie delle persone e dei gruppi sociali più fragili e vulnerabili, i poveri nei quali si manifesta Gesù. Formare quindi operatori della carità capaci soprattutto di promuovere nelle comunità ecclesiali iniziative in grado di generare “nuova mentalità”, nuova cultura, nuove relazioni, a fronte di bisogni umani, spirituali e sociali che si evolvono continuamente e sempre più velocemente, in una società sempre più complessa e competitiva, con dinamiche sempre più individualistiche, disgreganti, emarginanti, che da una parte – come dice papa Francesco – produce “scarti”, persone che “non servono più”, e dall’altra paure. Comunità ecclesiali così rinnovate diventano così segno della presenza di Dio in un determinato territorio, rendono tangibile la presenza di Dio nella storia, nella realtà concreta della vita quotidiana, anche se non faranno mai notizia, come ricorda papa Francesco citando santa Teresa Benedetta della Croce: “Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia” (Gaudete et exsultate, n. 8). In questa prospettiva si pone certamente questo testo, che illustra il corso base di formazione

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organizzato dalla Delegazione regionale Puglia per volontari nella Caritas e che rappresenta una condivisione di esperienze tra diverse Caritas in Italia, da poter riutilizzare e far fruttificare. Francesco Soddu Direttore Caritas Italiana

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Introduzione

La Caritas, in ciascuno dei suoi livelli (nazionale, diocesano, parrocchiale) ha il compito di promuovere la testimonianza della carità della comunità ecclesiale, in forme consone ai tempi e ai bisogni. Perché la promozione sia vera ed efficace, oggi più che mai, ha bisogno di puntualizzare sempre più i contenuti, ma anche di favorire la conoscenza e l’applicazione di tutte le tecniche, metodi e modalità. La sola informazione, o il pensiero di aver trasmesso dei contenuti, non sono più sufficienti perché un animatore o operatore Caritas sia abilitato al compito di formatore e testimone all’interno della comunità e nei confronti del territorio (o mondo) nel quale si trova ad operare. Favorire processi di formazione significa, anche, favorire processi di cambiamento e di risposte più consone ai tempi che viviamo. Se è vero che la povertà sta assumendo più volti, se è vero che la società nella quale si opera ha mutato profondamente il suo aspetto, allora anche la proposta formativa deve essere in grado di intercettare le nuove esigenze e di essere al passo dei tempi per

rispondere ai bisogni. Si tratta di favorire sempre la formazione dei diversi operatori pastorali e promuoverli, negli ambienti nei quali operano (ecclesiali, civili, professionali... da soli o in comunità), perché ci sia raccordo delle esperienze e si percorra il cammino nello stesso senso di marcia. Si avverte l’esigenza di una formazione continua, non improvvisata, strutturata, tesa all’essere più che al fare. Dopotutto il vasto mondo della carità (nei soggetti e nei destinatari) viene sempre indicato quale luogo di esperienza, di formazione e di vita. Il documento della CEI Educare alla vita buona del vangelo riparte dalla emergenza educativa di papa Benedetto XVI, riconoscendo che l’educare oggi assume caratteristiche più ardue, individua nella dimensione caritativa e sociale il punto culminante della formazione: Con la sua opera educativa la Chiesa intende essere testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa; nell’accoglienza del povero e del bisognoso; nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale; nella difesa coraggiosa e profetica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in particolare di chi è straniero, immigrato ed emarginato; nella custodia di tutte le creature e nella salvaguardia del creato (24), con l’auspicio della promozione di nuove figure educative, e tra queste di evangelizzatori di strada, nel mondo della devianza, del carcere e delle varie forme di povertà (54). E il documento finale del Sinodo dei Giovani ci avverte sul potenziale dei giovani per il rinnovamento delle comunità (i giovani sono sensibili alla dimensione della diakonia, n. 137) e il rischio di una frammentazione della pastorale (n. 141). Un’indicazione e un avvertimento che possiamo fare nostro e applicare all’intero universo formativo degli operatori pastorali della carità per un rinnovamento delle comunità cristiane. Da sempre, dunque, la Caritas ha sentito la necessità di formare i suoi operatori pastorali (ani-

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matori e operatori, volontari e non), ma a partire dal 37° Convegno nazionale delle Caritas diocesane vissuto a Cagliari nel 2014 questa esigenza è diventata sempre più una priorità nella Chiesa italiana per interfacciarsi con una società in continua evoluzione. Di conseguenza anche gli animatori e gli operatori Caritas devono essere formati perché siano lievito in questo contesto ecclesiale e sociale. La Caritas Italiana ha elaborato già da tre anni un Piano Integrato di Formazione (PIF) ed in esso aveva espresso il suggerimento che la formazione di base potesse avvenire anche nelle varie regioni e non solo a Roma, come da tradizione pluriennale. La Delegazione della Caritas Puglia è stata molto sollecitata da questo input ed ha accettato la sfida, anche perché sin da subito se ne intravedeva una buona opportunità di crescita. Organizzando la formazione in Puglia si poteva pensare ad un percorso più adatto alle esigenze delle Caritas pugliesi, più tagliato sulla nostra storia e tradizione, ci si poteva permettere un maggiore scambio ed una conoscenza reciproca, si poteva pensare anche di aumentare il numero dei destinatari della formazione, impiegando proporzionalmente meno risorse economiche e moltiplicando le occasioni di incontro. Si poteva pensare ad un percorso più personalizzato, che prevedesse una reale verifica dei cambiamenti ottenuti, una maggiore sinergia e una possibilità di scambio o condivisione delle risorse umane. L’interazione dei diversi soggetti che hanno dato vita al percorso formativo di “In formazione stretta” è stata molto articolata: • innanzitutto la Delegazione regionale Caritas Puglia, nella persona del Delegato regionale e di tutti i direttori delle Caritas diocesane che hanno a più riprese dettato le linee guida del progetto, al termine di un elaborato percor-

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so di discernimento durato circa due anni, e le diocesi di Puglia che hanno cofinanziato la realizzazione del progetto; • l’équipe incaricata dalla Delegazione regionale Caritas di elaborare ed implementare il progetto, costituita dall’incaricato regionale per l’Identità e la Promozione Caritas, da tre direttori diocesani, da una segretaria e dai formatori di ISACPro; • e, infine ma non ultima per il suo apporto, Caritas Italiana, attraverso il Servizio Promozione Caritas, che ha avuto l’onere di accompagnare la progettazione all’interno del Piano Integrato Formativo (PIF) nazionale elaborato dalla stessa Caritas Italiana e che ha inquadrato l’esperienza della Delegazione regionale Puglia come “sperimentazione” nella direzione di una decentralizzazione della formazione di base dei volontari; oltre al compito di supervisionare la progettazione, approvarla e cofinanziarla con i fondi 8xmille. Al termine di questo percorso biennale nasce l’esigenza della presente pubblicazione che mettiamo a disposizione non solo delle stesse Caritas pugliesi, ma dell’intero network di Caritas e, oltre confine, di tutte quelle agenzie e realtà impegnate nella formazione e nella educazione: è stato un laboratorio per l’elaborazione di un metodo che è diventato un paradigma e che può essere riprodotto in ambienti di formazione Caritas, ma anche fuori in contesti analoghi, grazie soprattutto alle oltre 30 schede operative relative alle diverse attività di didattica prosociale. La struttura del manuale vede: Prima parte: il progetto, osservato da diversi punti di vista: i formatori, i corsisti, la struttura metodologica, i contenuti e la tempistica. Al suo interno due “interviste” che i corsisti hanno rivolto a più riprese ai due formatori senior dell’équipe. In esse, dal punto di vista del diret-


tore Caritas e dal punto di vista dello psicologo esperto, si delineano le caratteristiche e le finalità di questo percorso. Seconda parte: gli strumenti, cioè le schede operative di Homework, Esercitazioni, Attività, Strumentazione, Sintesi frontali, le Buone prassi analizzate durante il percorso. Realtà aumentata: la possibilità di accedere attraverso i QRCODE ad altri contenuti (schede di valutazione, risultati…) disponibili e scaricabili online. Un sussidio perciò che, oltre a custodire un percorso già sperimentato da alcuni, potrà giovare alla formazione di tanti altri animatori e operatori, con uno sguardo lungo su una formazione che diventa vita, genera e custodisce relazioni, volti e voci. Necessari sono i ringraziamenti al termine di questo percorso. Innanzitutto alla Conferenza Episcopale Pugliese, nelle persone dei vescovi delegati che si sono succeduti nell’utimo quinquennio: S.E. mons. Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria, S.E. mons. Luigi Renna, vescovo di Cerignola – Ascoli Satriano e S.E. mons. Gianni Chechinato, vescovo di San Severo, che hanno sostenuto il progetto dalla sua idea alla sua realizzazione e che non hanno fatto mai mancare il proprio apporto, suggerimenti e soprattutto l’accompagnamento paterno, incoraggiandoci nel servizio di formazione e testimonianza della carità. Ai direttori delle singole Caritas diocesane che hanno saputo accettare una sfida, non si sono chiusi “nel si è fatto sempre così” intravvedendo lo sviluppo di nuove potenzialità e facendo emergere una ricchezza di uomini e donne, giovani soprattutto, che si dedicano sinceramente al servizio delle nostre comunità e potranno fungere da volano per nuove progettualità condivise. All’équipe formativa, che ha dovuto continuamente tessere i fili di una rete che fosse armonizzata sui

singoli cammini e sulle peculiarità dei nostri territori; alla dedizione manifestata, senza risparmiarsi e con il desiderio di offrire il meglio a coloro che erano in formazione e alle Caritas di riferimento. A ISACPro, una realtà associativa che è stata una vera rivelazione nel panorama della formazione in Puglia, per le sue tecniche e per il tratto umano e cristiano che ha accompagnato ogni singolo modulo e ogni incontro di programmazione. Alla Cooperativa Zemer, nella persona di Manuela Tardio, che ha dovuto coordinare tutti i livelli di questo articolato progetto, senza venire meno alla professionalità e dedizione. A Caritas Italiana, al suo Ufficio di Promozione Caritas, a Francesca Levroni, che da Roma e nelle sessioni baresi ha mostrato non solo di credere nel nostro operato, ma ha anche sostenuto il processo con indicazioni preziose e annodando un cammino locale con una progettazione nazionale. Infine, un doveroso ringraziamento alle due anime che hanno saputo smuovere le menti e accompagnare il cammino delle nostre Caritas: don Alessandro Mayer e il dott. Donato Salfi. Tornano sempre attuali le parole di papa Benedetto XVI nella Deus caritas est a proposito della competenza professionale, “formati in modo da saper fare la cosa giusta nel modo giusto”, perché ci si relaziona ad essere umani e gli esseri umani “hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell’attenzione del cuore”. L’esperienza fatta e che restituiamo attraverso questo manuale vuole essere la condivisone di ciò che è accaduto ad un livello più profondo di ogni partecipante, quella “formazione del cuore” che consente agli animatori e operatori delle nostre Caritas di avere “un cuore che vede” (cfr. DCE, 31). Mimmo Francavilla Delegato regionale della Caritas Puglia

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Parte Il percorso Prima formativo


1. L’elaborazione progettuale Dall’analisi del contesto di partenza all’individuazione degli obiettivi Punto di partenza di ogni attività progettuale è l’analisi dei problemi, necessaria per evitare di generalizzare i fenomeni e identificare analiticamente il gap esistente tra le aspettative e la realtà. Per il progetto “In formazione stretta”, l’analisi è scaturita dopo un lungo lavoro di confronto all’interno della Delegazione regionale Caritas Puglia, composta dai direttori delle 19 Caritas diocesane di Puglia e da alcuni componenti “senior” delle rispettive équipe. Dal desiderio e dalla volontà di contrastare il problema individuato, andando per quanto possibile ad eliminare le cause, nasce perciò l’albero degli obiettivi che è la rappresentazione dei cambiamenti che si intendono provocare per ridurre le dissonanze tra il dover essere e l’essere. Il cambiamento atteso al termine dell’intero percorso è la formazione di volontari:

L’obiettivo del progetto è stato infatti diminuire il gap esistente tra il profilo dell’operatore che è richiesto dallo specifico ambito in cui opera Caritas e il profilo medio con cui la persona arriva all’impegno in Caritas. Questo profilo scaturisce dalla cosiddetta “identità Caritas” e consiste nell’insieme delle conoscenze, abilità, competenze, valori e capacità umane (cfr. Le parole che usiamo), prima fra tutte la capacità di lavorare insieme agli altri.

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TEMPI

Il progetto

• capaci di generare progettualità basata sull’osservazione; • orientati alla prevalente funzione pedagogica di Caritas; • disponibili a sviluppare percorsi formativi che permettano di coadiuvare le Caritas diocesane nella formazione dei nuovi volontari e nell’osservazione del territorio.

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METODI, RISORSE E COINVOLGIMENTO

Dagli obiettivi all’elaborazione progettuale Aver compreso i bisogni ed aver individuato gli obiettivi da raggiungere è un buon primo passo. Ma non è sufficiente. Per raggiungere uno o più obiettivi è necessario capire cosa devo fare in pratica… È questo il compito ulteriore dell’elaborazione progettuale vera e propria. Essa è mirata a definire innanzi tutto le azioni da compiere per il conseguimento degli obiettivi e le risorse, siano esse umane, strumentali o finan-

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ALBERO DEI PROBLEMI EFFETTI DEL PROBLEMA PRINCIPALE, VISIBILI, TANGIBILI

PROBLEMA CENTRALE

CAUSE DEL PROBLEMA

incapacità a realizzare animazioni socio-culturali

incapacità a progettare a medio/lungo termine (solo azioni estemporanee)

è egocentrico - assertivo carente capacità di lavorare in gruppo

delusione delle aspettative

incapacità di generare autonomia/ reciprocità

cerca la propria realizzazione confonde la dimensione di carità con l’altruismo unidirezionale

carente capacità di comunicazione

scarsa conoscenza dell’identità Caritas

carenza dei fondamentali della vita di relazione

fragilità emozionale della società

è in grado di comunicare

buona conoscenza dell’identità Caritas

presenza dei fondamentali della vita di relazione

stabilità emozionale della società

gap tra il profilo dell’operatore che è richiesto dallo specifico ambito in cui opera la Caritas e il profilo medio con cui l’operatore arriva all’impegno in Caritas

dicotomia tra identità reale di Caritas e identità percepita

sbilanciamento della formazione e della prassi ecclesiali verso liturgia ed evangelizzazione a sfavore della testimonianza della carità

insufficienti iniziative di formazione delle Caritas diocesane (la Caritas nazionale forma i quadri)

carenza di una cultura cristianamente orientata

educazione cristiana limitata

ALBERO DEGLI OBIETTIVI è prosociale

OUTCOME

OUTPUT

AZIONI

capacità di realizzare animazioni socio-culturali

capacità di progettare a medio/lungo termine

coerenza delle aspettative

capacità di generare autonomia/ reciprocità

discrimina la dimensione di carità con l’altruismo unidirezionale

diminuito gap tra il profilo dell’operatore che è richiesto dallo specifico ambito in cui opera la Caritas e il profilo medio con cui l’operatore arriva all’impegno in Caritas

coerenza tra identità reale di Caritas e identità percepita

bilanciamento della formazione e della prassi ecclesiali tra liturgia ed evangelizzazione e testimonianza della carità

educazione cristiana completa

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capacità di lavorare in gruppo presente

cerca la realizzazione dell’altro della comunità

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buone iniziative di formazione delle Caritas diocesane (la Caritas nazionale forma i quadri)

presenza di una cultura cristianamente orientata


ziarie, necessarie ad implementare le azioni. Assieme a queste occorre definire anche la scansione temporale: i tempi, i luoghi e le modalità con cui le azioni si dovranno svolgere. Nel caso del percorso “In formazione stretta” questo procedimento è stato abbastanza lungo ed articolato, ma al contempo interessante e proficuo, soprattutto perché frutto della collaborazione di molte persone, rappresentative dei vari soggetti preposti. L’idea di fondo che ha guidato la progettazione – emersa già nell’analisi dei bisogni ed espressamente condivisa da tutti i soggetti – è una sola: formazione vuol dire cambiamento! La costituzione del gruppo d’aula L’approvazione formale del progetto ed il suo finanziamento hanno permesso di avviare la costituzione del gruppo d’aula. Anche questa operazione è stata frutto di stretta sinergia tra i soggetti. Nella fattispecie: • l’équipe progettuale fornisce a ciascuna diocesi le “caratteristiche” richieste per i potenziali corsisti, già concordate a grandi linee in precedenza con la Delegazione regionale Caritas Puglia, che è il “committente” del progetto; • le équipe diocesane, soprattutto nella persona del direttore, individuano ed inviano i volontari selezionati, fornendo loro anche i mezzi e gli strumenti necessari per la partecipazione al percorso.

Il gruppo d’aula può definirsi realmente costituito quando – presa visione dell’idea progettuale e delle dinamiche di apprendimento proposte – avviene la cosiddetta “stipula” del contratto formativo, cioè l’accettazione di lasciarsi coinvolgere in un processo formativo che richiederà tempo, energie, disponibilità alla collaborazione, volontà di operare un cambiamento anche nei comportamenti. Il gruppo d’aula del percorso “In formazione stretta” all’inizio del primo anno è stato costituito da 30 partecipanti provenienti da 14 diocesi pugliesi e da 6 membri dell’équipe formativa stabile. Al termine della prima annualità del percorso è stato rivolto l’invito alla prosecuzione, sia ai corsisti che ai direttori, presentando loro le modalità di sviluppo della seconda annualità, incentrata su un reale servizio che i corsisti avrebbero svolto nella propria Caritas diocesana. Ogni direttore ha pertanto operato un discernimento assieme ai propri collaboratori ed ha indicato quali persone dovessero continuare il percorso nel secondo anno, assegnando a ciascuno la stesura e la realizzazione di un’idea progettuale relativa ad un servizio concreto in Caritas.

Scheda di iscrizione secondo anno

utilizza il qr code per scaricare la scheda Il gruppo della seconda annualità è stato costituito da 22 partecipanti di 12 diocesi diverse e da 6 membri dell’équipe formativa stabile, tra cui 3 formatori senior, che hanno svolto la funzione di tutor.

2. Le caratteristiche del percorso Scheda di iscrizione primo anno utilizza il qr code per scaricare la scheda

Il percorso formativo è stato sviluppato in due anni, secondo modalità di didattica prosociale, per la quale il metodo ed il contesto della formazione sono un tutt’uno con i contenuti. in formazione stretta

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Di seguito una descrizione dell’iter formativo di primo e secondo anno, secondo vari punti di osservazione: il contesto, il metodo, la scansione temporale con i contenuti. Il setting Fondamentale per tutta la durata del percorso è stato il contesto (setting) nel quale si sono svolte le tappe, caratterizzato da due elementi essenziali: • la condivisione della vita, che si esprime nello svolgimento delle tappe nei fine settimana in maniera residenziale, al fine di favorire l’esperienza di comunità.

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– la scelta del luogo, con stanze sufficienti, ambienti adatti alle attività previste e l’utilizzo esclusivo di tutta la struttura per permettere al gruppo libertà di gestione e variazione dei tempi; – la scelta di riservare alcuni tempi all’autogestione da parte del gruppo, ad es. preparare una cena insieme a partire dai prodotti tipici di ogni territorio, organizzare una serata ricreativa a partire dai talenti presenti, ecc. • la condivisione della fede, che si esprime nello stile dello stare insieme e nella disponibilità all’azione dello Spirito.

Sin dalla prima fase del percorso, nella condivisione delle idee progettuali e nella “stipula” del contratto formativo, è stata chiarita l’importanza della partecipazione a tutti i tempi previsti dal percorso. Un progetto che aveva come obiettivo principale produrre un cambiamento nella direzione del “saper lavorare insieme” non poteva tralasciare questa modalità. La coabitazione, che permette la condivisione di tutto il tempo (anche degli intervalli tra un’unità didattica e l’altra, che consente di pranzare e cenare insieme, di trascorrere in gruppo i tempi di relax, di condividere la stanza con qualche compagno di viaggio), è stata elemento integrante del metodo di lavoro ed ha permesso gradatamente anche un processo di conoscenza reciproca. Questa modalità ha coinvolto pienamente tutto il gruppo, senza distinzione tra formatori e formandi. Anche l’équipe formativa è stata partecipe nei tempi e nelle dinamiche della coabitazione e della condivisione. A tal fine sono state predisposte ovviamente le condizioni affinché questo potesse avvenire con maggiore facilità:

Il percorso è stato pensato come un’esperienza ecclesiale a tutto campo. Caritas si configura come un organismo ecclesiale ed in special modo ogni Caritas diocesana è espressione dell’intera comunità dei credenti della diocesi. Pertanto un percorso di formazione che ha come obiettivo il cambiamento non può prescindere dal protagonista per eccellenza di ogni trasformazione interiore ed esteriore che è l’opera della grazia, l’azione dello Spirito Santo. Questo è particolarmente vero quando si desidera formare per una più profonda conoscenza delle proprie possibilità e dei propri limiti, quando si lavora avendo come punto di arrivo anche la revisione delle motivazioni che spingono un volontario a prestare il proprio servizio in équipe e più ancora quando è necessario reperire le energie sufficienti ad operare il cambiamento. In sintesi un vero e proprio cammino “vocazionale”. Per facilitare ed integrare al meglio questo processo sono state predisposte alcune condizioni ed attività:

– la scelta dei giorni: sempre fine settimana, per facilitare la presenza dei volontari lavoratori o studenti;

– la cappella al centro della struttura come uno dei luoghi preposti alla formazione; – la celebrazione delle Lodi al mattino in forma

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comunitaria e della preghiera della sera in maniera personale; – la celebrazione della S. Messa la domenica, animata dal gruppo dei corsisti; – il confronto con i testi biblici fondativi in relazione agli argomenti chiave di ogni tappa; – la Lectio divina in ogni tappa. La metodologia Il metodo adottato nell’intero percorso è da considerare parte integrante della formazione, che per principio non è stata mai intesa come una semplice consegna di “contenuti”. Per questo è stata impostata una cosiddetta sequenza metodologica sia per il primo che per il secondo anno di formazione. Il primo anno è stato scandito soprattutto da tempi e programmi svolti in aula, prevedendo di tanto in tanto alcune piccole attività sul campo. Ogni tappa del primo anno del percorso, pur prevedendo contenuti diversi, possiede a grandi linee la stessa sequenza metodologica, scandita da homework, dissonanza cognitiva, apprendimento strutturato, verifica, Lectio divina. Mettiamoli a fuoco più da vicino. 1 Homework (consegna – svolgimento – report in plenaria) Il patto formativo prevede un impegno dei corsisti sia dentro che fuori dall’aula: a conclusione di ciascuna tappa i formatori assegnano gli homework con precise istruzioni da rispettare. Tra una tappa e la successiva i corsisti eseguono, prevalentemente in gruppo, il compito assegnato. Il gruppo di lavoro svolge l’attività in modo coordinato: progetta, organizza, realizza visite guidate, interviste, misurazioni, osservazioni, raccoglie dati e documenta le informazioni, le registra e le elabora per condividerle in plenaria, all’inizio della tappa successiva.

Questa inizia con il cosiddetto debriefing relativo al lavoro svolto “a casa”: ciascun gruppo presenta i dati raccolti per formulare valutazioni, per aprire problematiche nuove e porre nuove questioni che finiscono per costituire la leva motivazionale per l’apprendimento previsto dalla nuova tappa. I “compiti a casa” hanno svolto dunque diverse funzioni: 1. Trasformare l’intero territorio della Puglia in una grande aula, dove le lezioni vengono impartite all’interno delle Caritas diocesane e dove i formatori sono gli stessi volontari di quelle Caritas, i direttori, il responsabile dell’opera-segno presa in esame, ecc. 2. Portare tutte le Caritas diocesane all’interno dell’aula, per offrire ai corsisti modelli vivi dai quali apprendere; presenza plasticamente evidenziata dalla grande cartina delle diocesi pugliesi, sempre presente sullo sfondo dell’aula, che ha conservato la traccia di tutte le attività realizzate (cfr. Strumentazioni: La cartina). 3. Apprendere quella componente del Metodo Caritas che è il lavorare in équipe, sperimentandola direttamente e prima ancora che venisse presentata in modo didascalico. 4. Scoprire la funzione strategica dell’osservazione, quale prassi tipica del Metodo Caritas per realizzare il discernimento. 5. Sviluppare una conoscenza e una comprensione critica delle Caritas diocesane, della loro storia, dell’organizzazione e delle loro realizzazioni, quali le opere-segno. 2 Dissonanza cognitiva (presentazione di domande autentiche, questioni aperte, problemi reali… capaci di generare il desiderio di dare una risposta ai problemi e motivare il percorso di ricerca e apprendimento) Sulla base dei dati raccolti con gli homework, presentati nella fase di apertura della nuova tapin formazione stretta

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pa, il gruppo d’aula si trova improvvisamente di fronte ad una situazione inaspettata, costituita spesso da problemi di cui non si aveva conoscenza e che diventano di colpo evidenti. Questa situazione provoca spontaneamente domande che stimolano la ricerca di risposte non ancora conosciute o la necessità di affrontare problemi che richiedono soluzioni non pensate prima. Questa è la cosiddetta “dissonanza cognitiva”. Si tratta cioè di produrre una “ferita intellettuale” che apra il processo di apprendimento e che, per essere risanata, attivi un percorso di conoscenza fatto di ascolto, di osservazione e di ricerca delle possibili soluzioni. Con questo modus operandi i corsisti hanno appreso, sperimentandolo direttamente, uno dei passi fondamentali del Metodo Caritas che è l’osservazione: l’azione Caritas non nasce dalla necessità di compiacere la propria pulsione ad aiutare l’altro, troppo spesso cieca ed egocentrica, ma dalla relazione di ascolto dell’altro e dall’osservazione dei dati. 3 Apprendimento in situazione strutturata (esercitazioni, attività, lezioni frontali e utilizzo di sussidi didattici finalizzati alla codificazione dei nuovi apprendimenti) Cercare di rispondere alle domande poste dalla dissonanza cognitiva, creata ad arte dai formatori con la complicità dei dati raccolti nel lavoro “a casa”, spinge la comunità di ricerca e apprendimento che si va formando nella classe a desiderare delle risposte. L’équipe formativa propone a questo punto delle modalità di apprendimento di vario tipo che sono mirate a fornire ai corsisti la possibilità di accumulare conoscenze fattuali, comprendere concetti sino ad allora inesplorati, apprendere comportamenti adatti a rispondere al problema, anche principi generali e norme di comportamento condivise… 20

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La ricerca ad un certo punto deve essere però generalizzata e sistematizzata e diventare apprendimento strutturato, per immagazzinare i contenuti in un sistema coerente e generalizzare i nuovi apprendimenti al fine di essere in grado di applicarli a situazioni nuove. Per questo in una prima fase vengono utilizzati soprattutto strumenti quali le attività di cooperative learning e le esercitazioni; nella seconda fase invece le attività di sintesi concettuale e talvolta anche le presentazioni frontali. 4 Verifica (misurazione del cambiamento avvenuto e valutazione) Per comprendere in che modo è stata condotta la verifica è necessario seguire la logica di questo sillogismo: se la formazione è cambiamento e se il cambiamento è la variazione di una misura, allora per verificare se la formazione è avvenuta, è necessario misurare il cambiamento. Ora, se disponiamo di due misurazioni, per esempio una rilevata prima e l’altra dopo l’azione formativa, possiamo confrontarle tra loro per apprezzarne il cambiamento e, quindi, siamo finalmente in grado di valutare, cioè esprimere un giudizio sul cambiamento avvenuto, sulla sua rilevanza e significatività e, in ultima analisi, se gli obiettivi sono stati raggiunti. C’è un’altra questione da chiarire ed è quella della misurazione, tenuto conto che nel mondo della formazione c’è pure chi pensa che l’apprendimento non possa essere misurabile e che, pertanto, al formatore non resti che “stimolare e aspettare” che la natura determini l’evoluzione. Noi pensiamo che si tratti di utilizzare gli strumenti adatti. Infatti se dobbiamo misurare una distanza usiamo il metro, ma se dobbiamo pesare un oggetto facciamo ricorso alla bilancia: a nessuno verrebbe in mente di pesare con la bilancia la distanza tra due città. Cosicché, in ragione del-


la natura degli obiettivi, abbiamo fatto ricorso a diversi sistemi di misurazione. Le conoscenze sono state misurate con domande o, più tecnicamente, con item del tipo vero/falso, scelta multipla, a corrispondenza, completamento, saggio breve, che costituivano la “prova oggettiva di apprendimento”, in quanto la loro scelta era calcolata proporzionalmente agli obiettivi, al peso attribuito a ciascuno di essi e all’importanza data ai diversi contenuti. L’apprendimento delle abilità e delle competenze che, come abbiamo visto sono sinonimi del “fare”, è stato misurato con idonee prove comportamentali. In questo caso i formatori hanno strutturato un setting di simulazione, all’interno del quale al corsista viene richiesto di rispondere alla situazione-stimolo mettendo in atto i comportamenti funzionali, le abilità e le competenze apprese. 5 Lectio divina (permette di ri-leggere e in qualche modo “sigillare”, alla luce della Parola di Dio, il tema centrale della tappa e l’esperienza di apprendimento vissuta) Durante il primo anno è stata collocata volutamente al termine di ogni tappa, un po’ in controtendenza con la consueta e buona abitudine di collocare l’ascolto della Parola di Dio all’inizio di ogni incontro formativo. Il motivo di questa apparente stranezza sta proprio nel fatto che i corsisti durante ogni tappa sono stati condotti a scoprire pian piano il tema centrale ed i contenuti della giornata. Lo hanno fatto a partire dalla dissonanza cognitiva che ha suscitato in loro l’interesse e poi attraverso un metodo per lo più di tipo induttivo, quasi da cercatori del tesoro, che accumulavano scoperte e deviazioni di rotta, per sperimentare al termine della tappa che il gruppo era stato capace di recepire, ordinare i contenuti e dare loro sintesi e sistematicità. Ecco che allora la Lectio divina in questo con-

testo va a costituire una sorta di sigillo all’esperienza di apprendimento e fa risaltare in maniera evidente ed incontrovertibile la verità e la bontà di quanto appreso durante la giornata, collocandolo su un piano che non è solo quello della conoscenza intellettuale, ma del rapporto di fede e di dialogo con il Signore che parla nella Scrittura e chiama ad una conversione, cioè cambiamento. Durante il secondo anno, la Lectio divina è stata collocata invece all’inizio della tappa d’aula, proprio perché la tappa rappresentava già in sé un momento di sintesi, dopo il lavoro di apprendimento-servizio svolto in diocesi e dopo la visita di supervisione dei tutor. Il percorso del secondo anno è stato sviluppato secondo una sequenza metodologica diversa. La formazione del secondo anno ha spostato gli obiettivi all’esterno dell’aula, nelle Caritas diocesane di ciascun corsista. Gli obiettivi del secondo anno, quindi, non hanno più perseguito solo la meta dell’apprendimento di nuove conoscenze e competenze, ma hanno avuto l’ambizione di determinare il cambiamento delle performance. In altre parole: fare in modo che i nuovi saperi appresi dal corsista e le cose che adesso sa fare diventassero il volano della sua operatività di volontario Caritas, che è la vera missione affidata a questo corso, formare un volontario che nella sua quotidianità agisce in modo coerente con il Metodo Caritas. Nel secondo anno non sono cambiati solo i luoghi della formazione, ma anche i formatori: ai formatori in aula, si sono aggiunti i direttori e le équipe diocesane. È cambiata la funzione del formatore: da regista del setting strutturato diventa il tutor e il supervisore che accompagna l’esperienza sul campo. Sono cambiati i metodi di insegnamento/apprendimento: dalla presentazione frontale (a dire il vero assai rara anche nel in formazione stretta

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primo anno!) e dalle esercitazioni, simulazioni, giochi strutturati… si è passati a fare esperienza diretta della dinamica di progettazione che parte dall’ascolto di un bisogno, piuttosto che dal bisogno di vedere ascoltate le proprie idee; si passa a sperimentare la gestione delle proprie emozioni quando si decide di abbandonare la navigazione a vista in favore di una più funzionale attività monitorata da strumenti di navigazione; si passa a sviluppare una crescente capacità di svolgere un’azione di volontariato confrontandosi con le incoerenze delle persone con cui si deve collaborare e dalle quali non ci si aspetterebbe una certa distanza tra il dire e il fare. Insomma si passa da un apprendimento che nasce dalla vita per poi studiare quello che si è vissuto.

di servizio in comunione con la sua équipe. Formarsi in questo contesto è soprattutto “dare” anziché ap-“prendere”.

Il percorso si è svolto quindi soprattutto sul campo, secondo la modalità dell’Apprendimento-Servizio, nella realizzazione di un piccolo progetto secondo la modalità “SMART”, accompagnato da tempi di Monitoraggio e Supervisione e da tempi di Sintesi in aula, in tappe articolate da un “movimento in arrivo” e un “movimento in partenza”. Mettiamo a fuoco più da vicino i vari elementi.

S – specifici; M – misurabili; A – attualizzabili; R – rilevanti; T – tempificati.

1 Apprendimento-servizio: campo di azione e apprendimento In questa modalità il corsista apprende non più in aula, bensì svolgendo un reale servizio. Si passa così dalle esercitazioni e simulazioni del primo anno alla realtà di un progetto vero e proprio, rispondente alle esigenze reali del proprio territorio e scaturito da un discernimento in équipe diocesana, in accordo con il direttore della Caritas diocesana di appartenenza e con l’équipe formativa del percorso regionale. Tale opportunità si colloca in una prospettiva prettamente evangelica, nel senso che il formando è invitato a porsi direttamente in una logica

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2 S.M.A.R.T.: progettazione “intelligente” Come è possibile apprendere realizzando un servizio? Per realizzare un servizio è necessario progettare. Progettando imparo a elaborare un’idea progettuale, a stabilire gli obiettivi, a decidere le azioni necessarie, a valutare le risorse, a monitorare la performance, ecc. Per questo serve una metodologia di impostazione degli obiettivi “intelligente”, che spesso viene espressa con l’acronimo SMART, vale a dire un’ottica di obiettivi:

SMART fornisce chiarezza, concentrazione e motivazione necessarie per raggiungere gli obiettivi e permette di sviluppare agilmente strumenti di autovalutazione della metodica progettuale utilizzata e quindi del relativo apprendimento (Cfr. Progettare in logica SMART). 3 Monitoraggio e supervisione: raccolta dati, lettura e accompagnamento del processo di apprendimento-servizio Per quanto riguarda la dimensione dell’apprendimento, la funzione dell’équipe dei formatori si allontana sempre più dalla presentazione frontale di contenuti, per realizzare un processo di monitoraggio e accompagnamento delle attività sia in presenza che a distanza. Durante ogni periodo che trascorre fra una tappa d’aula e l’altra, vengono svolte visite nelle


diocesi per la supervisione in presenza di quanto realizzato sino a quel momento. Ogni formatore senior visita almeno tre volte le diocesi a lui affidate. Tale monitoraggio permette di mantenere il processo dinamico e, se necessario, di aiutare a modificare obiettivi, azioni e step definiti precedentemente. Il monitoraggio e la supervisione consentono di sistematizzare l’apprendimento e prevenire possibili derive metodologiche. Forniscono inoltre la possibilità di valutare la performance del corsista. La supervisione viene realizzata prendendo in considerazione tre dimensioni:

questa dinamica, sperimentandone tutto il fascino e la difficoltà e sviluppando la consapevolezza della necessità di competenze: una buona capacità di comunicazione funzionale; saper trasformare i conflitti in confronti; valorizzare il positivo esistente; trasformare le criticità in opportunità; avere la capacità di rimodulare obiettivi, attività e tempi in funzione delle circostanze; disponibilità all’azione dello Spirito nella consapevolezza che l’operato di Caritas si configura per natura come un’esperienza comunitaria.

• cognitiva: una sorta di “manutenzione” del progetto e delle competenze del volontario che lo realizza; • emozionale: ha a che fare con il benessere del volontario stesso e dell’équipe in cui è inserito; • relazionale: viene realizzata per il fatto stesso che la supervisione viene condotta all’interno dell’équipe in cui il volontario opera. La supervisione, infatti, crea luoghi di confronto che rappresentano una ricchezza e uno stimolo per il singolo come per l’intera équipe.

Si è constatato che anche nei casi in cui per vari motivi il progetto è stato implementato parzialmente (o talvolta addirittura per niente) il processo di apprendimento nel servizio non si è interrotto. Il continuo monitoraggio ha permesso ai corsisti di cogliere appunto quali siano stati gli elementi che non hanno permesso l’implementazione, imparando sul campo come sia complesso il lavoro in équipe e come la generatività implichi l’esperienza evangelica del saper perdere per ritrovare nella comunità. In questi casi il corsista ha imparato a preferire il generare processi positivi anziché occupare spazi di azione a tutti i costi.

Per quanto riguarda la dimensione del servizio, il progetto è realizzato sotto la responsabilità del direttore della Caritas diocesana di appartenenza e all’interno delle dinamiche di ciascuna Caritas diocesana. Questo rapporto con l’équipe diocesana costituisce anch’esso un elemento di apprendimento: rende i corsisti consapevoli che qualunque progetto – anche il miglior progetto sulla carta – è realizzabile solo se è chiara la governance e sono chiari i ruoli di ciascun soggetto coinvolto nel progetto, a partire dalla predisposizione e dalla capacità di lavorare insieme. In questo contesto i corsisti vengono posti nella condizione di essere generatori e mediatori di

4 Incontri di aula: movimento in arrivo e movimento in partenza per fare sintesi dei contenuti appresi I tre incontri in aula sono stati previsti in funzione di essere uno spazio e un tempo di comunicazione e condivisione delle esperienze (movimento “in arrivo”) e di sistematizzazione dei nuovi elementi dell’apprendimento (movimento “in partenza”). In questo modo è possibile favorire la lettura e la valutazione della propria attività di servizio, di metterla a confronto con quella degli altri e di individuare e catalogare gli elementi che scaturiscono dall’implementazione del proprio proget-

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to e da quello degli altri, passando dal particolare all’universale. Una tale sintesi permette poi di ritornare nel proprio ambiente con le nuove indicazioni per il prosieguo del servizio, che continua a svolgersi sotto il monitoraggio del tutor. Il primo movimento è sviluppato servendosi soprattutto di attività di circle-time o di didattica prosociale. Il secondo è sviluppato soprattutto attraverso incontri frontali. 5 Verifica: misurazione del cambiamento avvenuto e valutazione Normalmente l’evidenza dell’apprendimento che viene offerta dai materiali didattici elaborati dagli studenti al termine del corso soddisfa l’esigenza di verifica di qualsiasi formatore. Ad esempio, l’educatore di un gruppo informale di adolescenti che sta lavorando sul tema della raccolta differenziata sarà gratificato dai cartelloni che i giovani hanno elaborato e attaccato alle pareti o dal livello di consapevolezza che emerge dal saggio conclusivo nel quale rappresentano i loro nuovi saperi. I formatori dal palato più esigente, invece, chiederebbero ai loro studenti di manifestare azioni concrete che testimonino l’apprendimento. Nell’esempio che abbiamo fatto, questi formatori chiederebbero ai giovani di realizzare la raccolta differenziata all’interno della struttura in cui si svolge il percorso. A nessuno di questi formatori più illuminati, tuttavia, viene in mente di verificare se le cose nuove che sanno e quello che adesso sanno fare, questi giovani le “agiscono” normalmente nella loro vita reale. Porre obiettivi di performance significa quindi porre la meta del cambiamento al di fuori dell’aula, nella vita reale delle persone. Tutto il percorso del secondo anno è stata una “prova autentica” e la verifica è avvenuta attraverso scale di valutazione, in una logica di accountability, e quindi rendicontando sia il pro-

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cesso che il risultato, sia l’apprendimento che l’insegnamento. (Per approfondire cfr. Esercitazione: Costruire gli strumenti.)

3. Contenuti e scansione temporale Il percorso ha seguito una scansione temporale ed una sequenza logica di contenuti. Il primo anno è stato incentrato su Identità e Missione di Caritas, il tradizionale metodo Caritas (Ascoltare-Osservare-Discernere per Animare) e i destinatari di Caritas (Poveri-Chiesa-Mondo). Le tappe sono state strutturate in maniera tale da essere costituite da diverse “unità didattiche”. Ogni “unità didattica” ha durata variabile, ma è comunque scandita da un tempo di lavoro unitario, senza pause, costituito da una o talvolta più attività formative, ma con un unico tema o unica finalità. Nella descrizione di ogni tappa le unità sono denominate con UD (Unità Didattica) e con una numerazione progressiva: 1, 2, 3… Tappa ZERO: Presentazioni e stipula del “Contratto formativo” UD 1: Presentazione e conoscenza del gruppo d’aula (cfr. Attività: La trama e l’ordito) UD 2: Progettazione condivisa (cfr. Esercitazioni: Lo speciale) UD 3: Presentazione del percorso formativo e stipula del “contratto” Presentazione progetto corsisti utilizza il qr code per scaricare la presentazione


Tappa UNO: CHIESA CARITà E IDENTITà CARITAS UD 1: Report Homework e dissonanza cognitiva (cfr. Homework: A, B, C… La Caritas dell’altro!) UD 2: Assertività e prosocialità (Presentazione frontale: Donato Salfi) (cfr. Attività: Donner et prendre) UD 3: Alla scoperta della Chiesa carità attraverso i testi (cfr. Esercitazione: Il filo rosso) La carità nella Scrittura

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La carità nella Storia della Chiesa utilizza il qr code per leggere i testi utilizzati

UD 4: La natura della Chiesa carità (Sintesi frontale: Antonio Panico) UD 5: Alla scoperta dell’identità Caritas attraverso i testi (Cfr. Attività: Cerchio nel mezzo; cfr. Strumentazioni: Cloudtext) Testi fondativi nella Scrittura

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UD 6: Identità e missione di Caritas dalle origini ad oggi (Sintesi frontale: Francesca Levroni) Lectio divina: Ecclesia De Trinitate Identità e missione utilizza il qr code per scaricare la presentazione

Tappa DUE: ASCOLTARE UD1: Report Homework e dissonanza cognitiva (cfr. Homework: I volumi dell’ascolto) Cloudtext ascolto positività utilizza il qr code per visualizzare il cloud text

Cloudtext ascolto criticità utilizza il qr code per visualizzare il cloud text

UD 2: Ascoltare e comunicare (cfr. Attività: La grammatica della comunicazione) UD 3: Ascoltare e comunicare – parte II (Sintesi frontale: Donato Salfi) UD 4: Ascoltare e comunicare in Caritas – gli strumenti: il Centro di ascolto e la piattaforma Ospoweb (Presentazione frontale: Michele Petruzzi) Lectio divina: Es 3, 1-21 Tappa TRE: OSSERVARE UD1: Report homework e dissonanza cognitiva (cfr. Homework: I veri istogrammi) UD 2: Osservare? Perché mai? (cfr. Esercitazione: Sotto osservazione) UD 3: Osservare in Caritas (cfr. Esercitazione: Le tracce del Vescovo) UD 4: Osservare in Caritas – II parte (Sintesi Frontale: Walter Nanni) (cfr. Attività: Pull ring) Lectio divina: Lc 10, 25-37

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Presentazione Osservare in Caritas utilizza il qr code per scaricare la presentazione

Osservare per animare utilizza il qr code per scaricare il materiale OPR

Tappa QUATTRO: DISCERNERE per ANIMARE UD 1: Restituzione Homework e dissonanza cognitiva attraverso un’attività di analisi dei progetti osservati. (cfr. Homework: Alla ricerca delle opere-segno; cfr. Buone Prassi) (cfr. Esercitazione: La sprogettazione) UD 2: Presentazione in plenaria del lavoro di analisi dei progetti (cfr. Esercitazione: In… presentabile) UD 3: Ascoltare, Osservare, Discernere per Animare: metodo Caritas e vita dello Spirito (Sintesi frontale: Alessandro Mayer) UD 4: La Caritas Parrocchiale e la bozza di statuto “Da questo vi riconosceranno” (Presentazione frontale: Francesco Catalano) Tappa CINQUE: I DESTINATARI UD 1: I destinatari dell’azione Caritas a partire dal Magistero recente della Chiesa (Presentazione frontale: Francesco Catalano) UD 2: I destinatari dell’azione Caritas nella vita della Caritas diocesana e parrocchiale (Visita alla Caritas diocesana di Matera; (Sintesi frontale: Lucia Surano)

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UD 3: Debriefing della scheda di valutazione (cfr. Homework: Gli esami finali) UD 4: Laboratori di approfondimento sui destinatari (cfr. Esercitazione: Prova d’ascolto; Esercitazione: Tutti in rete; Esercitazione: 8x1000xtutti). UD 5: Preparazione report finale (cfr. Esercitazione: Prove tecniche di presentazione)

Il percorso del secondo anno ha seguito una scansione temporale ed una sequenza logica dei contenuti strettamente collegata allo svolgimento del servizio e con una spiccata funzione di sintesi sull’apprendimento derivante dalle attività svolte in diocesi. Pertanto le tappe in aula sono state di numero minore e di minor durata rispetto al primo anno. Fondamentalmente è stato conservato il principio delle Unità Didattiche negli incontri d’aula, anche se con estrema flessibilità ed adattabilità a seconda del contesto. Nel dettaglio: Tappa ZERO: Progettazione condivisa UD1: Ri-conoscenza (cfr. Attività: Il cappello delle emozioni) UD 2: Apprendimento Servizio in situazione… SMART (cfr. Presentazione Frontale: Pierpaolo Salfi) UD 3: Prima stesura del progetto di apprendimento-servizio (Strumentazioni–Scheda formulario e legenda)


UD 4: Condivisione e rifocalizzazione SMART (cfr. Esercitazione: SMontare ad ARTe)

Visita TRE: Monitoraggio e supervisione Tappa TRE: FOLLOW UP

Visita UNO: Monitoraggio e supervisione Tappa UNO: Educare alla generatività Lectio divina UD 1: Presentazione dei progetti e prima autovalutazione (cfr. Esercitazione: L’autovalutazione) UD 2: Rielaborazione dei formulari e definizione delle attività (cfr. Attività: L’ascensore) UD 3: Discernere per animare: la pastorale della generatività (Sintesi frontale: Alessandro Mayer)

Lectio divina UD 1: Valutazione quantitativa dell’esperienza di apprendimento-servizio

Questionario valutazione progetto secondo anno utilizza il qr code per scaricare il questionario

UD 2: Valutazione qualitativa dell’esperienza di apprendimento servizio (cfr. Attività: Il Tabellone)

Visita DUE: Monitoraggio e supervisione Tappa DUE: ANIMARE INSIDE-OUT Lectio divina UD 1: Scopriamo le carte: presentazione del formulario del progetto “In Formazione stretta” del primo anno e semplice verifica in plenaria tra risultati attesi e ottenuti UD 2: Impostazione del lavoro di autovalutazione del secondo anno (cfr. Esercitazione: Costruiamo gli strumenti) UD 3: Progetto Presidio (Presentazione frontale: Gregorio Manieri)

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A. Mayer - D. Salfi

dorsetto 8 mm

Il testo offre al lettore, oltre alla struttura del percorso e alla metodologia, anche più di 30 schede operative per realizzare attività di cooperative learning e didattica prosociale. Alessandro Mayer, sacerdote, esperto di Teologia Fondamentale, è direttore della Caritas diocesana di Oria, incaricato del settore “Identità Caritas” nella Delegazione Caritas Puglia, vicario episcopale per la formazione del clero e dei seminaristi nella propria diocesi.

IN FORMAZIONE STRETTA Corso base di formazione per volontari Caritas

In FORMAZIONE STRETTA

Questo libro, nato dall’esigenza di pubblicare una “guida” per la formazione in Caritas, fa seguito al percorso formativo biennale “In formazione stretta”, messo a punto dalla Delegazione regionale Caritas Puglia, per i volontari delle équipe delle Caritas diocesane. La progettazione parte dall’affermazione centrale secondo cui “la formazione è cambiamento” all’interno di un percorso complesso, che passa dalla conoscenza di sé, dei propri limiti e delle proprie potenzialità. Pensare soltanto ad allargare le conoscenze ovviamente non è sufficiente, né sono sufficienti soltanto le competenze personali. È necessario anche saper agire insieme, pensare, progettare e stare in équipe! Anche il titolo di questo libro propone una dimensione che mette al riparo dalla deriva della performance individualista: “in formazione stretta”, come fanno le anatre quando migrano. Lo stormo riesce a portare tutti gli individui che lo compongono verso la meta che nessuno, da solo, riuscirebbe a raggiungere, debole o forte, performante o fragile che sia. Perché il gruppo travalica la somma delle competenze dei singoli. In formazione stretta non pensa ad un progettista isolato, prestante, performante che occupi spazi, ma ad un volontario che si “trasformi” in animatore, capace insieme al gruppo di innescare processi che la comunità porterà avanti.

Alessandro Mayer – Donato Salfi

Donato Salfi, psicologo, psicoterapeuta, formatore, attualmente direttore dell’UOD Formazione dell’ASL di Taranto, professore di psicologia generale, sociale e dell’educazione nel corso di laurea in Educazione Professionale dell’Università di Bari, fondatore di ISACPro, è autore di studi, ricerche e pubblicazioni sul comportamento prosociale. In copertina disegno di Fabio Magnasciutti

Euro 16,00 (I.i.)

ISBN ISBN 978-88-6153-702-6 978-88-6153-702-6

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788861 537026

edizioni la meridiana p a r t e n z e


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