Io amo la scuola

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Annamaria Gatti, cresciuta a Lodi, vive in provincia di Vicenza. Insegnante, psicologa e formatrice, è autrice di libri per adulti e opere tradotte e premiate per ragazzi. Ha pubblicato per Erickson, Città Nuova, Effatà, Aletti e La Città della Speranza. Collabora con alcune riviste specialistiche, in particolare da anni scrive articoli, racconti e recensioni per il periodico “Città Nuova” e cura il blog di psicologia “Infanzia” http://attentiaibambini.blogspot.it

A.Gatti Gatti--A. A.Giarolo Giarolo A.

IO AMO LA SCUOLA Come insegnare e star bene in classe

IO AMO LA SCUOLA

In questo libro si parla di “Scuola” nel senso di istituzione scolastica e del lavoro dell’insegnante considerato, per sua natura, tra i più logoranti. Le autrici, due docenti da anni impegnate, per lavoro e per passione, nell’istituzione scolastica una come pedagogista e l’altra come psicologa dell’età evolutiva, partono dalla convinzione sperimentata che nella Scuola i punti di debolezza siano convertibili in risorse. Il libro è un punto di “ristoro” nella vita complessa e spesso dura di chi insegna ed educa. Incrocia dubbi e sorrisi, affetti e lacerazioni che l’insegnare in classe inevitabilmente comporta. Ma anche dà fondamenti di lettura del disagio e concrete indicazioni di metodologie di lavoro e di intervento. L’intero percorso è suddiviso in dieci temi che spesso sono i nodi che appaiono irrisolvibili proprio a chi sta dentro la Scuola: da “i ragazzi non sono più quelli di una volta” a “non c’è tempo per fare tutto”, da “il problema sono le famiglie” a “quest’aula è troppo piccola”, passando per “non ho più l’età per insegnare”. Le autrici, grazie alla loro esperienza, li affrontano in maniera così chiara e concreta che al lettore, se è insegnante, sembrerà proprio di trovarsi a sperimentare quei momenti di disagio già vissuti. Questa volta però sarà accompagnato ad affrontarli con la consapevolezza che è possibile ribaltare anche ciò che appare ineluttabile nella Scuola. Un libro rivolto dunque a tutti gli insegnanti che vogliano recuperare le emozioni positive della magnifica professione che è l’insegnamento.

Annamaria AnnamariaGatti Gatti Annamaria AnnamariaGiarolo Giarolo

Annamaria Giarolo, nata e cresciuta in provincia di Verona, è insegnante di sostegno e curricolare, psicomostricista, pedagogista e formatrice. Ha pubblicato tre romanzi brevi per adulti. Ha approfondito tematiche riguardanti la didattica inclusiva, il Cooperative Learning, la creatività e lo sviluppo del pensiero laterale. Utilizza le competenze nell’insegnamento, nella conduzione di gruppi di formazione e nella consulenza sui temi dell’educazione.

InIncopertina copertinadisegno disegnodidiFabio FabioMagnasciutti Magnasciutti

Euro 14,50 (I.i.)

ISBN 978-88-6153-663-0 ISBN 978-88-6153-663-0

9 788861 536630 9 788861 536630

edizioni edizionilalameridiana meridiana pp aa r r t t ee nn z z ee


Annamaria Gatti Annamaria Giarolo

IO AMO LA SCUOLA Come insegnare e star bene in classe Prefazione di Cesare Cornoldi


Indice

Prefazione di Cesare Cornoldi.................................. 9 Presentazione.......................................................... 11 Il tempo per fare tutto............................................ 13 Gli spazi.................................................................. 21 Parlare e ascoltare................................................... 33 Non ci sono più i bambini di una volta................. 47 I colleghi................................................................. 59 Le famiglie.............................................................. 69 La valutazione......................................................... 79 Vecchia Scuola vs nuova Scuola............................. 89 L’età per insegnare.................................................. 99 La figura del Dirigente Scolastico........................ 107 Bibliografia.............................................................117


Prefazione

Ho il piacere di presentare questo testo di Annamaria Giarolo e Annamaria Gatti che si presenta davvero accattivante per i temi affrontati e l’impostazione amichevole e pratica. Già dalla considerazione del titolo e dell’Indice sono stato incuriosito dal volume, anche divertito da ritrovare espressioni così frequentemente presenti nelle lamentazioni degli insegnanti stressati: “Non c’è tempo per fare tutto!”, “Quest’aula è troppo piccola!”, “Non posso parlare e anche ascoltare”, “Ma cosa pretendono alunni, colleghi, genitori, dirigenti?” e così via. È vero che tutti i lavori sono stressanti, ma è stato ben evidenziato che quelli più logoranti implicano relazioni condizionanti, multiple e concomitanti, aspetti tipici della professione-insegnante, e quindi ben si capisce perché l’insegnante possa avere un grado di affaticamento difficilmente presente in altre professioni. Come tuttavia le ricerche di Fraccaroli e altri psicologi del lavoro hanno documentato, l’insegnante italiano non è più scontento del suo lavoro di quanto lo siano altri professionisti. Perché si verifica questa apparente contraddizione? Per l’evidente ragione che l’insegnamento è un lavoro potenzialmente ad alta vocazione, appassionante, arricchente, portatore di elevati valori. Basta dunque “salvarsi” dagli aspetti stressanti dell’insegnamento per scoprirne l’eccezionalità. Questo testo aiuta a raggiungere tale obiettivo con un utile inquadramento di dieci problemi tipici

dell’insegnante, ciascuno seguito da una serie di consigli utili e di strumenti pratici e quindi da una esemplificazione legata alla realtà scolastica. La presentazione di questi dieci problemi è così chiara e concreta, affidata ad una evidente lunga esperienza delle autrici, che al lettore, se è insegnante, sembra proprio di trovarsi dentro la Scuola e di tornare a sperimentare momenti di disagio già sperimentati tante volte. Anch’io, che pure non sono insegnante ma tuttavia quotidianamente sono impegnato nell’affrontare problemi di scuola e di bambini in difficoltà, mi ci sono ritrovato, potendo apprezzare la vivacità con cui i problemi venivano delineati e la concretezza e l’equilibrio con cui venivano suggerite modalità per superarli. Raccomando quindi la lettura di questo testo a tutti coloro che si occupano a vario titolo di scuola, soprattutto se non sono dotati di strumenti più approfonditi, e sono sicuro che dall’uso attento delle informazioni e dei suggerimenti che vi sono contenuti ricaveranno uno stimolo per rafforzare, se già le hanno, o per recuperare, se le hanno temporaneamente perse, le emozioni positive di questa magnifica professione che è l’insegnamento. Cesare Cornoldi1

1. Professore Emerito di Psicologia, Università degli Studi di Padova. Presidente Nazionale di AIRIPA.

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Presentazione

Siamo due insegnanti da anni impegnate, per lavoro e per passione, nell’istituzione scolastica. In questo contesto abbiamo condiviso esperienze, difficoltà, approfondimenti e momenti di crescita, personale e professionale, nel campo dell’educazione e della didattica. Con le competenze di pedagogista e di psicologa dell’età evolutiva, abbiamo attraversato le riforme scolastiche, constatando che molta “buona scuola”, con le sue “buone prassi” e la passione di tanti insegnanti, avevano costituito in effetti il tessuto su cui costruire i provvedimenti normativi più interessanti ed efficaci. Abbiamo anche sofferto quando la scuola è stata privata di alcune importanti occasioni di qualificazione, trovando in questi eventi motivi di maggiore impegno e ricerca, a difesa dei valori e degli obiettivi pedagogici condivisi. Nel corso delle nostre carriere, insieme ad altri colleghi sensibili e preparati, abbiamo collaborato, con rigore, umiltà e apertura cooperativa all’ottimizzazione delle risorse per l’attuazione di progetti educativi e formativi in favore dei bambini e dei ragazzi, trasversalmente dall’infanzia alla secondaria di primo grado. Questo il fine ultimo di ogni azione, provvedimento, legge, progetto: fare della scuola uno strumento di inclusione e di valorizzazione per collaborare a costruire le donne e gli uomini di

domani, ciascuno con le proprie abilità, competenze e punti di forza nonché con i propri sogni. Siamo sempre partite dalla convinzione sperimentata che i punti di debolezza siano funzionali e convertibili in risorse. Il presente lavoro vuol essere un momento positivo, un punto di “ristoro” nella vita complessa e spesso dura di chi insegna ed educa: gli insegnanti. Vuole incrociare dubbi e sorrisi, affetti e lacerazioni che questo ruolo comporta, inevitabilmente. Ma anche dare fondamenti di lettura del disagio e concrete indicazioni di metodologie di lavoro e di intervento. L’intero percorso è suddiviso in dieci temi inerenti alla pratica scolastica, ognuno di essi è affrontato attraverso tre modalità: Qual è il problema? Qui la tematica viene evidenziata con una simpatica parte introduttiva, nella quale è possibile riconoscersi, con la successiva individuazione dei punti di forza e di debolezza del sistema. Un aiuto in più Uno schema di sintesi di ogni singolo tema, per facilitare la comprensione e invitare all’approfondimento: si tratta di un “bigino” di facile consultazione, per un efficace inquadramento delle informazioni pedagogico-didattiche e normative, e di alcuni esempi di possibili applicazioni nel quotidiano scolastico. A scuola con la maestra Laura Una parte narrativa che racconta come viene vissuto sul campo ogni tema, partendo dall’esperienza della maestra Laura, un personaggio di fantasia, in cui però molti insegnanti si riconosceranno e, speriamo, si arricchiscano di opportunità. IO AMO LA SCUOLA

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In questo lavoro ci ha accompagnato la presenza a scuola di giovani insegnanti, motivati e ricchi di ideali, desiderosi di stare con i ragazzi, non avari di fatiche e di studio e seriamente impegnati a sperimentare e a ricercare nuove modalità a favore di un benessere che dalle pareti scolastiche possa estendersi ad un reale progetto di vita. A loro, e a tutti coloro che prenderanno in mano queste pagine, dedichiamo il nostro lavoro che consideriamo una piacevole, se pur molto seria, esperienza. È stato anche per noi un viaggio affascinante, a volte divertente, altre sicuramente più impegnativo, all’interno del sistema scolastico: ci ha guidate la convinzione che esso costituisca il cardine su cui la nostra società fonda il “prendersi cura” delle generazioni future. Quanto non è stato possibile inserire tra le pagine di questo percorso, verrà trattato, come un work in progress, nelle pagine virtuali dei social dedicati.

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Il tempo per fare tutto

QUAL È IL PROBLEMA? Non c’è mai tempo per fare tutto (o niente) Non c’è mai tempo per fare tutto quello che ho previsto! A casa avevo preparato le schede di lavoro dopo aver sfogliato, cercato, buttato e ripigliato, ritagliato e incollato, mi ero collegata a quel magnifico sito di proposte didattiche e poi ne ero uscita con soddisfazione. Alla fine, la lezione era pronta: un dettato, sottolineare le parole chiave, compilare la scheda di comprensione rispondendo da soli, al massimo in due e non di più altrimenti fanno troppa confusione, correzione a voce, lettura di pagina cento ed esercizio a margine da fare subito e poi correzione individuale. Meno di questo, in due ore è meglio starsene a casa!

Eppure, quella mattina tutto andò in un altro modo. Capita a migliaia di insegnanti, ogni giorno. C’è chi insiste comunque per lavorare su quanto previsto e si ritrova alla fine stremato/a: “Non reggono, non sono più abituati a faticare, pensano solo al gioco, alla merenda, a quanto faranno dopo la scuola, non ci sono più gli alunni di una volta!”.

C’è chi desiste e si arrende: “Ok, ci fermiamo, fate quello che volete ma senza confusione” e immancabilmente il caos arriva e il rischio “note” è elevatissimo. Procediamo con ordine e prendiamo il buono che c’è, almeno tre cose vorremmo pur tenerle! La prima riguarda la pianificazione e l’organizzazione, il tempo passato a preparare lezioni, a cercare argomenti adatti, a scegliere tra un’infinità di proposte (ora la rete ne sforna quotidianamente), a cercare di immaginare la lezione, l’ascolto, l’attenzione. Tanto è il lavoro dell’insegnante e tanto è l’impegno con il quale egli cerca di soddisfare esigenze sia didattiche che motivazionali: gli alunni esigono sempre di più e le loro capacità di attenzione e concentrazione ridotte all’osso. Sanno già tanto e non hanno più la pazienza, la motivazione per attendere, riflettere, ascoltare. È un bel faticare quello dell’insegnante a cercar di proporre alternative, di introdurre novità e creare espedienti per ottenere quanto, vent’anni prima, arrivava senza fatica! La seconda si riferisce ad una competenza didattica che si affina sempre più: dopo qualche anno di lavoro nel campo, l’insegnante dovrebbe conoscere a menadito la sua disciplina ed essere in grado di articolarla a piacimento. Ogni docente sa quello che è propedeutico ad altro e quanto invece può essere proposto senza tener troppo conto delle competenze già acquisite, come possono essere, ad esempio, quegli obiettivi “trasversali” che permettono di prendere tempo tra un’abilità acquisita e la presentazione di quella nuova. L’insegnante dovrebbe essere in grado di vedere dentro alla singola lezione l’intero percorso disciplinare tanto che l’argomento prescelto non è che uno dei tanti possibili perché l’obiettivo non cambia e il risultato nemmeno. La terza cosa buona è la motivazione verso una professione, quella docente, che non dovrebbe mai venire a mancare. In fondo, nonostante delusioni, amarezze, proteste e faticacce notturne, far l’insegnante rimane una scelta. Ecco perché IO AMO LA SCUOLA

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può accadere che la domenica pomeriggio il docente si trovi ancora lì, al computer, la scrivania piena di libri, una pila di quaderni in attesa, il registro aperto, colla, forbici, pennarelli, a cercar soluzioni per un alunno o per l’altro, a cercare nuove modalità per far apprendere quel passaggio troppo complicato e proporre l’attività migliore. La motivazione non cambia. E se una volta egli entra in classe con la pagina del suo diario ancora bianca, può arrivare, sotterraneo, anche un leggero senso di colpa per non aver dedicato il tempo necessario, in quella domenica pomeriggio, a predisporre la lezione (“Perché ho guardato il film invece che prepararmi l’attività!?”). È un lavoro che non finisce mai! Solo chi lo esercita o vive accanto ad un insegnante capisce e sa di cosa si tratta: svegliarsi la notte e ritrovarsi davanti agli occhi “Pierino” che ancora ci guarda e cerca spiegazioni per quel nostro intervento, forse poco adeguato ma certo meritato, fa parte della professione. L’insegnante è lì che rivede comportamenti, risente osservazioni, riguarda le verifiche. È un lavoro full time, nei pensieri e nelle azioni. Rimane qualcosa da migliorare, certo. Cosa fare se le cose, una volta in classe, non vanno proprio come avevamo previsto? Le strade sono tante ma due in particolare ci portano alla questione principale: una dipende dal docente e l’altra è legata al discente. Vediamo allora cosa può accadere e come potervi far fronte. Accade che l’insegnante predisponga il lavoro preparando più materiale di quanto sia necessario per quella mattina e per quella classe di allievi: lavoro interessante, con letture simpatiche e scherzose, attività di relazione con i compagni e tempo per la conversazione e per la chiusura della lezione con correzione e valutazione. Ma in quella mattinata “Pierino” si rende particolarmente attivo e non vuol saperne di starsene seduto più del necessario, anzi, dopo la prima mezz’ora, si rende autore di un insieme di con14

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versazioni trasversali che rendono praticamente impraticabile il percorso previsto dall’insegnante. E allora? Ecco, la questione è proprio tra le due strade che non possono restare separate. Docente e discente devono incontrarsi ogni mattina e devono lasciarsi a fine giornata. Incontrarsi come? Stabilire un contratto con gli studenti ad esempio, è una possibilità: oggi faremo questo, avremo bisogno di quest’altro, impareremo e sapremo fare una terza cosa, ci serviremo di questi strumenti e l’insegnante fornirà una spiegazione, gli alunni ne produrranno un’altra. Ecco, giocare d’anticipo è una buona opportunità per ottenere l’attenzione, pur sapendo che è sempre possibile modificare quel contratto giornaliero che avevamo previsto nella “nottata” precedente. Meglio ancora se si predispone una linea del tempo che preveda i tre, quattro, cinque passaggi della lezione, con inserimento delle osservazioni e l’avvio del lavoro, ben visibile alla lavagna. Si tratta di anticipare ciò che accadrà, di dare un terreno su cui centrare i pensieri degli studenti, di invitarli (non obbligarli!) ad essere attivi. Il contratto deve prevedere l’inizio ma anche la sua conclusione e va sempre condiviso. “Pierino” potrà attivare le sue risorse relazionali dentro a quel progetto e nei tempi che avremo stabilito insieme. Probabilmente la lezione non andrà proprio come previsto ma quel contratto sarà il timone che ne permette la conduzione e su di esso si potranno costruire regole e cercare mediazioni per allungare i tempi di attenzione. Flessibilità e fermezza non vanno considerati due termini contradittori ma possono essere le parole d’ordine da utilizzare nel condurre una lezione che tenga conto sia delle esigenze del docente (e quindi della necessità di portare avanti un programma di lavoro) che di quelle del discente (del suo incessante bisogno di sentirsi riconosciuto e protagonista).


UN AIUTO IN PIÙ ORGANIZZAZIONE E PIANIFICAZIONE • Mappa di riferimento

Predisporre una mappa che metta in evidenza con chiarezza (v. “Mappa di riferimento” più avanti):

• Argomento –– l’argomento da trattare (il contenuto e l’obiettivo da raggiungere); • Alunni/studenti –– gli alunni verso cui è diretto il lavoro (le loro capacità di attenzione, la distraibilità, la necessità di individualizzare); • Tempi –– il tempo a disposizione (prima o dopo l’intervallo, inizio o fine settimana, interruzioni possibili e/o eventuali); • Spazi e materiali –– gli spazi e i materiali utilizzabili (i banchi grandi/piccoli, la lavagna e/o LIM, strumenti informatici, aule alternative); • Persone

–– le persone che collaborano (i colleghi in compresenza, l’insegnante di sostegno, i collaboratori scolastici, gli specialisti interni e/o esterni, le famiglie, il Dirigente Scolastico);

• Eventualità –– le eventualità (i possibili distrattori e/o i facilitatori, le casualità prevedibili e non). COMPETENZA • Saper fare

–– “È la caratteristica propria di chi dimostra di saper svolgere in modo adeguato una certa attività, un certo compito” (Zingarelli, 2011)

–– L’insegnante competente è in grado di sapere dove si colloca l’argomento nel quadro della disciplina (cosa ho insegnato prima e cosa insegnerò poi), come sono stati presentati finora argomenti simili (spiegazione, schede, lettura, ricerca…), strategie • Strategie utilizzate per migliorare la comprensione, l’attenzione, la partecipazione (lezione frontale, lavoro di coppia/gruppo, laboratorio…), cosa è andato bene finora e cosa va • Forza e debolezza migliorato (andamento e tenuta della lezione, gestione delle problematiche, interventi specifici…) quali sono i punti di forza e di debolezza evidenziati finora.

• Conoscere dove e come

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MOTIVAZIONE • Senso profondo

–– Esprime l’interesse, lo stimolo, l’impulso a fare qualcosa; in particolare riguarda il senso profondo della propria professione.

• Insegnare e imparare

–– È aver chiarezza sull’importanza dell’insegnare (essere un professionista e farsi riconoscere come tale) e dell’imparare (la cultura inserita nel contesto educativo e nel progetto di vita di ciascuno).

• Work in progress

–– Chiede di sapersi collocare in una dimensione work in progress (le scelte che si fanno sono tra le tante possibili e non definite una volta per tutte).

• Cambiamento

–– Necessita di disponibilità al cambiamento sia nelle azioni (può darsi che la lezione vada rivista, riprogettata, ridefinita) che nella formulazione dei giudizi (atteggiamento di apertura mentale che permette di rivedere posizioni e valutazioni).

• Fattori di rischio e di rafforzamento

–– Vanno presi in considerazione i fattori di rischio (burn out, ne parleremo più avanti) e quelli di rafforzamento della professionalità (nuovi percorsi di studio, incarichi di responsabilità, formazione) che aiutano a “rimettersi in gioco”.

La linea del tempo Si tratta di una freccia direzionale che permette di visualizzare il percorso all’interno di un tempo definito (che cosa si fa e quando) utilizzando punti di riferimento spaziali che aiutano ad orientarsi nel tempo e a prevedere le azioni. Permette di collocare, in una dimensione spaziale modificabile, le azioni prevedibili e/o il tempo vissuto (molto utile per le competenze storico-geografiche, in particolare per l’acquisizione dei concetti topologici e per l’orientamento spazio-temporale). Aiuta a stemperare le tensioni e le ansie legate all’attività riportando il lavoro dentro un contesto definito e regolato (“Oggi faremo questo e quest’altro…”). Come strutturare una linea del tempo?

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• Si possono usare parole, disegni, simboli, immagini, a seconda dell’età e delle abilità/criticità degli alunni. • Può essere un cartellone appeso alla parete e completabile tramite cartellini con velcro oppure una linea disegnata alla lavagna al momento. • Può diventare un incarico quotidiano da assegnare agli alunni, o ad un allievo ‘speciale’, che lo completano su indicazioni dell’insegnante e/o sulla base di quanto stabilito insieme.

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L’insegnante spiega il lavoro: 10 minuti

Attività di gruppo: 50 minuti

Scheda individuale e disegno: 30 minuti

Correzione e valutazione poi… riposo

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Mappa di riferimento Si tratta di un esempio di organizzazione dell’attività quotidiana che può riguardare singole uni-

tà didattiche o lezioni da svolgere in più giorni (una scaletta di lavoro per aiutare a mettere ordine su quanto può accadere in classe).

CHE COSA SI FA ARGOMENTO (obiettivo, attività)

Comprensione del testo a pag. 100: –– lettura silenziosa individuale; –– lettura ad alta voce da parte degli alunni (scelta casuale dei lettori); –– sottolineare i termini dei quali non si conosce il significato; –– numerare le righe del testo; –– trovare il significato delle parole nuove (circondare e scrivere con parole diverse, parafrasare); –– dividere il testo in sequenze e far partire il lavoro di coppia: individuare due domande per ogni sequenza (assegnare una sequenza a coppia), scambiare le domande tra le coppie e rispondere nel quaderno, controllo finale collettivo delle risposte; –– individuazione dei personaggi principali e disegno nel quaderno (se c’è tempo preparare cartelloni collettivi con i disegni dei personaggi del racconto e preparare un librone o appenderli alla parete).

ALUNNI

21 alunni: –– il bambino con disabilità segue il lavoro che è stato semplificato dall’insegnante di sostegno (concordato in precedenza); –– i due alunni con DSA scrivono le domande in coppia con altri compagni e utilizzano il computer.

TEMPO

Lunedì mattina, dalle 8.00 alle 10.00, eventualmente si completa martedì dalle 10.30 alle 12.30.

SPAZI

L’aula è già organizzata a gruppi di lavoro ognuno dei quali si divide in due coppie.

MATERIALI

Ci sono due postazioni informatiche pertanto è possibile far lavorare due coppie di alunni (studente con DSA e tutor) e poi stampare subito (la stampante è a disposizione in aula); eventualmente, a turno, nei giorni successivi, anche le altre coppie vanno a scrivere al computer e poi stampano.

PERSONE

È presente l’insegnante di sostegno che segue l’alunno con disabilità e predispone le postazioni informatiche.

EVENTUALITÀ

Un alunno è assente da un mese e siamo in attesa del suo rientro: se torna è necessario utilizzare un po’ di tempo per l’accoglienza (conversazione e ascolto reciproco) pertanto il lavoro potrebbe slittare e concludersi il giorno successivo.

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A SCUOLA CON LA MAESTRA LAURA

In pratica: nella fossa dei leoni, cioè in aula L’insegnante Laura si era avviata serena verso la classe, tutto era già impostato e da gestire con maestria. Il batticuore dei primi giorni di scuola aveva lasciato il posto ad una discreta padronanza del clima di classe e della gestione delle difficoltà. Alcuni anni di insegnamento in complesse scuole di grandi periferie l’avevano temprata e preparata alle delusioni e anche alle emergenze. Infatti aveva acquisito prassi di inclusione, grazie ad uno studio minuzioso e “pazzo”, che ora però stava dando i suoi frutti, rimandandole un’immagine di sé di cui andava fiera. Non che avesse acquistato l’imprimatur di infallibilità, certo! Ma la consapevolezza dei propri limiti e anche delle proprie risorse, le avevano fatto ben sperare sulla gestione, passo per passo, delle criticità, o di una saggia convivenza con le stesse! Non poteva nascondersi che l’aver varcato con costanza e tenacia la soglia di insegnanti saggi e preparati, ma muniti di quel pizzico di “pazzia” che la passione per l’insegnamento implementa, oltre allo studio e alla ricerca, le avevano dato la misura del problema “far scuola” in situazioni difficili, senza farla cadere in un burnout pericoloso. “Dunque – si era detta – anche oggi tutto è pronto.” La linea del tempo tracciata aveva richiesto solo qualche aggiustatura da concordare con i ragazzi di quarta. Poi Laura aveva aspettato al varco i suoi grandi “BES” (alunni con bisogni educativi speciali). In cuore li aveva chiamati così, memore che anche 18

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lei un tempo aveva avuto i suoi bisogni educativi speciali e un po’ la cosa le aveva provocato ansia. Per questo li chiamava “BES” solo fra sé, in cuore, tanto per mantenersi vigile. Poi loro erano i “suoi” alunni e non li avrebbe scaricati a nessun altro, anche solo per orgoglio professionale, pena... un senso di fallimento che l’avrebbe accompagnata sempre. Li aveva attesi con un sorriso disarmante, che è l’aspetto che di lei aveva rassicurato i genitori, inizialmente critici e preoccupati di quella nuova e giovane, anche se poi non tanto, insegnante. Ecco descritti sinteticamente i suoi “Pierini”, di così differente natura, come fossero presenti oggi davanti ai suoi occhi. Gigi le corre incontro e si butta letteralmente sulle sue spalle. Laura lo accoglie, non lo inquadra subito e non lo respinge. Si ferma, aggiusta la fisicità di quel saluto e poi sottovoce si informa sulla domenica appena trascorsa. E sì, perché il lunedì ha la sua tragicità. Gigi è un bambino iperattivo, con una storia sofferta e gestita finalmente con prassi familiari adeguate, da quando è stato preso in carico da un servizio territoriale competente, con cui collaborare. Prima era stato allo sbando di genitori disperati e di insegnanti increduli. Le prassi legate a questo disturbo sono personalizzate, è vero! Ma molte di queste necessità interagiscono con strategie legate alle complessità della classe. Una buona coordinazione con la famiglia e con gli specialisti chiariscono il grado di difficoltà e, alla confusione di Gigi, si oppone la tranquillità di Laura. L’insegnante sa che esiste il momento di emergenza, sa che i tempi di Gigi sono assai ristretti e vanno gestiti bonificando l’ambiente e sa che occorre non farlo sentire inadeguato. Dopo averlo accolto, Gigi si tranquillizza e Laura lo affianca a Claudio, che ha bisogno di un aiuto a sistemare il materiale e che gli dice, così come concordato nel gruppo: “Sarei felice che


tu mi aiutassi a… sistemare i vasi dei fiori”. Poi lo condurrà al suo tavolo e lo aiuterà a ordinare il materiale utile alla lezione. Laura osserva Aziz che a sua volta la scruta. Laura è molto diversa, nelle sue modalità di porsi, dagli insegnanti marocchini e gli brilla un sorriso riservato, ma eloquente. È giunto da poco dal suo paese, quando la famiglia si è ricongiunta al padre. Non è un profugo, non si specchiano nei suoi grandi occhi neri traversate desertiche e gommoni maledetti. È già un sollievo. Balbetta qualcosa in francese, ma ha trovato Mohad che eccelle a scuola e che ha compreso benissimo come affiancarsi da tutor al nuovo arrivato. Ripete infatti ciò che altri hanno fatto con lui! Le buone pratiche, in una scuola ad alta densità di alunni non italiani, sono ormai una normalità. O almeno dovrebbero… pensa Laura un po’ in apprensione per la gestione del team che, formato da nuovi insegnanti, deve trovare la coesione necessaria perché tutti, anche i docenti, stiano bene. Aziz segue con occhi attenti e vivaci tutta la vita di classe. Ma per questo bambino arabo la linea del tempo è vincente, da quando Matteo ha suggerito di mettere scritte in arabo per Aziz, solo in questo primo periodo, poi la memoria e l’ascolto attento del ragazzino avrebbero avuto la meglio su questa aggiunta di supporto. E sarà invitato da Laura a confezionare lui stesso cartellini di aiuto! Invece grandi cartelloni costruiti dai ragazzi a turno hanno permesso di raccontarsi e il nuovo alunno ora segue con interesse tutte le attività che gli vengono anticipate dai compagni, in una sorta di vademecum visivo a cui fa riferimento di continuo. I due o tre mesi di full immersion trascorreranno in fretta e Aziz comincerà a produrre linguisticamente: non c’è fretta, Laura lo sa. Come sa anche che il lunedì è fatale per Leonardo, che ha trascorso dei giorni a casa e la routine spezzata lo disturba. Laura sa che a Leonardo

piacciono le favole e anche oggi ne racconta una lieve lieve, ma densa di rimandi affettivi capaci di ipnotizzare per un po’ questo alunno difficile, perché narra di un cucciolo. È un alunno con bisogni educativi speciali, ha un comportamento oppositivo provocatorio e di non facile gestione, come si può immaginare. Ogni novità lo sconcerta e lo disorienta provocando una sorta di rifiuto di tutto e soprattutto della propria incapacità di vivere le relazioni. La linea giornaliera del tempo-scuola lo rassicura, certo, ma per poco tempo e per lui sono state predisposte icone più dettagliate di cui ha bisogno per orientarsi e non perdersi nella vita di classe. A lui sono affidati i commenti iconici di gradevolezza delle attività e questo impegno, che caparbiamente persegue e in cui si accettano le sue nuove e fantasiose versioni, lo rende autorevole agli occhi di chi poi deve saper rispondere alle sue provocazioni, implementando risposte comportamentali di empatia dei compagni. Conflittuali restano i rapporti con i nuovi insegnanti, ma il team ha la consapevolezza che è una situazione comprensibile e che avrà un’evoluzione lenta, ma progressiva se le linee pragmatiche saranno condivise e se vi sarà la consapevolezza che “non è compito dei docenti salvare tutto il mondo di un alunno, quanto accompagnarlo condividendo in una sorta di complicità sofferenza e delusioni, sforzi e successi”. Il Cooperative Learning con lui non ha ancora avuto successo, ma la metodologia aiuta i compagni a gestire a turno le criticità. Lucia è l’aiutante in primis di Laura, una segretaria tuttofare. È una bambina dislessica certificata dallo psicologo del servizio territoriale. Accede a tutte le misure compensative e solo a qualche indispensabile misura dispensativa del caso, previste dalle linee guida della normativa: cartelloni esplicativi, uso del computer per la videoscrittura e utilizzo della sintesi vocale per i testi scolastici e l’elaborazione dei contenuti, ottimizzazione IO AMO LA SCUOLA

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dei tempi di lavoro. Tutto è gestito da Lucia con consapevolezza, ma anche con disponibilità a fare da tutor ad altri compagni che dislessici non sono, ma che hanno difficoltà di apprendimento latenti. In particolare, i cartelloni o le schede con le mappe di sintesi risultano assai utili ad Aziz e agli altri bambini con e senza BES, che se le scambiano con interesse. Per questo Laura ha predisposto sulla linea del tempo-scuola il momento della revisione dopo ogni proposta attiva: nulla deve essere lasciato al caso e occorre che chi non ha capito qualcosa o ha da osservare lo possa fare con ordine e impari che sarà sempre ascoltato se osserva la regola di intervenire chiedendo all’insegnante e alla classe il permesso. Non esclude che il rispetto della regola d’oro, trasversale a tutte le culture e religioni “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” abbia inciso non poco nelle abitudini acquisite dal gruppo. Ha verificato che il tempo impiegato (per qualcuno è tempo perso) a incontrare questi ragazzi, i suoi alunni, ad ascoltarli e a sentirsi oggetto di cura e attenzione, ma anche di interventi autorevoli, è tempo che ha ritrovato poi nella pratica educativo-didattica. E che dire dell’aiuto indispensabile della psicopedagogista di istituto e delle figure sensibili per l’accompagnamento di alunni DSA e stranieri? Anche oggi Laura aveva pensato che servirsi di queste opportunità, per nulla scontate, e aveva regalato momenti di alta umanità e professionalità. Il ricordo di quell’inizio faticoso e felice l’aveva accompagnata durante l’anno scolastico e le era parso che fosse in armonia, anche in quella sera nebbiosa, con una rilettura de Il Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, uno dei suoi “manuali” preferiti in assoluto e si era ripetuta la citazione “Più alto vola il gabbiano, e più vede lontano”. 20

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Vecchia Scuola vs nuova Scuola

QUAL È IL PROBLEMA? Nel ciclo precedente le cose erano molto diverse Cinque, al massimo dieci anni fa, quando entravo in classe, prendevo il registro, facevo l’appello e segnavo rigorosamente presenze e assenze con una penna nera, chiedevo agli alunni di estrarre dallo zaino quaderno e libro e così potevo iniziare la lezione. Quando arrivava il tempo di dare i voti bastava scriverli nel registro personale, cartaceo, di solito usavo una stilografica oppure una penna nuova acquistata apposta per l’occasione. Comunque tutto era sotto il mio controllo perché era ben visibile e soprattutto concreto e manipolabile, bastava che sfogliassi le pagine avanti e indietro e ogni cosa appariva e non serviva nessuna connessione! Ora, senza Internet non si fa nulla, il registro, quando lo chiudi, finisce da qualche parte in un mondo talmente virtuale che nessuno sa dove sia, sembra che i libri non servano più perché c’è il tablet, i quaderni nemmeno e la videoscrittura va a gonfie vele. Il fatto è che il mondo reale sembra scomparire…

Niente di più vero e niente di più scontato. I tempi in cui carta e penna erano una necessità indiscutibile, per il nostro mestiere, non sono

poi così lontani e la formazione di un insegnante che fa questo lavoro da almeno vent’anni è avvenuta in contesti profondamenti diversi. Chi non ricorda le tante ore passate a scrivere e poi ricopiare giudizi in bella scrittura, nelle schede di valutazione, facendo attenzione a non sbagliare? Per non parlare di un tempo in cui nemmeno la fotocopiatrice aveva fatto capolino e si usava il ciclostile. Potremmo continuare nell’elenco ma va sottolineato che quello di cui stiamo parlando era tra noi soltanto pochi lustri fa e, insegnanti formatisi negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso, tuttora in servizio, sanno bene di cosa si tratta. Certamente le innovazioni tecnologiche hanno portato anche nella Scuola una sorta di rivoluzione ed è facile comprendere che, per chi non è nato nel mondo informatico, sia veramente una faticaccia stare al passo con i cambiamenti. Ma, come al solito, non tutto va buttato, nemmeno quel desiderio di avere una visione chiara, anche in forma cartacea, di quanto si sta facendo: ogni cosa sistemata lì davanti, in bella vista sulla scrivania che ci dà l’idea della mole di lavoro che ci aspetta ma anche di quanto ci lasciamo alle spalle. Per non parlare del piacere di mettersi a tavolino con matita e righello per predisporre tabelle e schemi riassuntivi: carta e penna sono stati strumenti di necessità inevitabile e di loro probabilmente non se ne decreterà mai la fine. L’insegnante deve, comunque, fare i conti con la tecnologia: è una disponibilità che non può essere accantonata soprattutto per non correre il rischio di diventare egli stesso obsoleto, nel senso di perdere il contatto sia con il mondo nel quale vive ma soprattutto con quello degli alunni per i quali è chiamato a mettere in campo la propria professionalità. Da migliorare semmai è l’atteggiamento con cui ci si approccia ai nuovi strumenti: va sicuramente abbandonata la diffidenza per fare piuttosto spazio ad una curiosità che accolga il nuovo con coraggio e voglia di imparare e, perché no, anche IO AMO LA SCUOLA

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di divertirsi. Quando parliamo di strumenti informatici ad uso nella scuola intendiamo il registro elettronico, i programmi didattici (compresi tutti i software scaricabili), i programmi di videoscrittura (e le possibilità di preparare tabelle, schemi, slide…), la lavagna interattiva multimediale (LIM), i giochi informatici, la navigazione in rete (siti da cui ricavare informazioni consultabili in qualsiasi momento), la posta elettronica, i social network e molto altro che sta per arrivare (se non è già arrivato!) telefonia mobile compresa. E come muoversi con tanta sovrabbondanza di strumenti a disposizione? Non si vive a volte un sentimento di rifiuto? Bene, mettiamoci allora a tavolino ed elenchiamone sia i punti di forza che quelli, inevitabili, di debolezza. Innumerevoli i vantaggi:

no l’apprendimento e sono reperibili ed utilizzabili anche dagli alunni; • alcune tecnologie sono un valido supporto alle situazioni di disabilità e a quelle che necessitano di interventi educativi speciali; • si possono mantenere relazioni con altre persone, gruppi di lavoro, di studio, di svago e comunicare in breve tempo con chiunque sia reperibile; • la distanza assume un valore relativo ed anch’essa diventa virtuale, si può comunicare con tutti in qualunque posto della Terra essi siano.

• il tempo per la registrazione di voti, giudizi, programmazioni, relazioni, verifiche e via dicendo si dimezza; • la possibilità di apportare correzioni nel registro e nei file ivi inseriti è legata al tempo in cui il programma rimane aperto (di norma fino alla fine dell’anno scolastico) ed è, quindi, possibile intervenire in una relazione, correggere un voto, inserire nuovi argomenti e riflessioni; • la preparazione di schede, tabelle, disegni, diagrammi, prove di verifica, sintesi di testi … risulta di gran lunga più facile con prodotti senz’altro buoni; • la possibilità di trovare informazioni, testi, poesie, proposte di lavoro è proporzionale alla vastità dell’offerta: è pressoché infinita; • preparare un piano di lavoro personalizzato risulta enormemente più semplice ed è possibile ricorrere a proposte presenti in rete, scaricabili e utilizzabili; • è possibile condividere il proprio lavoro con altri esperti del settore, confrontarlo ed arricchirlo in un lasso di tempo piuttosto breve; • esistono molti programmi didattici che facilita-

• non tutto quel che si trova in rete corrisponde a verità, senza un’attenzione sempre vigile il rischio che si corre è ‘prendere per oro colato’ ogni informazione e non accorgersi delle imperfezioni, degli errori, delle notizie false o malamente riportate per non dire delle manipolazioni; • la realtà virtuale non va confusa con il mondo reale, soprattutto quando si tratta di relazione e comunicazione (ben sappiamo che un abbraccio virtuale spartisce poco con la tenerezza e la profondità del contatto fisico); • i programmi didattici presentati da alcuni software e creati appositamente per lo sviluppo di particolari competenze, utilizzano alcune abilità specifiche (soprattutto visive e uditive) ma ne trascurano necessariamente altre (in particolar modo quelle cinestesiche); • i giochi, le attività, le esperienze vissute con il corpo in quella che possiamo chiamare la vita reale non possono essere sostituite da quelle informatiche, né sul piano fisico né su quello emotivo; • la manualità è completamente trascurata

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C’è del buono e c’è da migliorare, come in tutte le cose. Come non riflettere sulla necessità di far buon uso di quel che arriva dal mondo informatico? Proviamo allora ad affrontare anche alcune problematiche:


nell’uso della video scrittura e con essa anche la capacità di scrivere, disegnare, tagliare, impastare, pasticciare, modellare usando una funzionalità che nel tempo deve necessariamente rimanere esercitata, quella manuale; • l’utilizzo sempre più diffuso dei social network sta evidenziando la necessità di un’educazione a largo raggio, sia per bambini che per adulti, sull’uso adeguato, critico, attento, vigile e rispettoso degli strumenti di cyber-comunicazione: si deve tendere al rispetto della privacy, al controllo delle informazioni, alla riservatezza, all’uso adeguato e competente ma sempre critico.

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UN AIUTO IN PIÙ VANTAGGI E PROBLEMATICHE DELLA TECNOLOGIA A SCUOLA • Strumenti del presente

• Didattica moderna

• Facilita l’inclusione

• Attività di ricerca

• Disfunzioni

• A rischio l’attenzione

• Distrazioni • Immediatezza che disabitua • Allontanamento dalle scienze umane

• Rischio di onnipotenza

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Vantaggi –– Personal Computer e tutta la tecnologia che ne deriva sono gli strumenti del presente ed è molto importante saperli usare: internet parla lo stesso linguaggio dei nostri alunni che sono “nativi digitali”, senz’altro più a loro agio con schermo e tastiera. –– La scuola digitale favorisce la didattica moderna: maggiore autonomia di ricerca e circolazione rapida di materiali, tecnologie mobili, flessibili, agili che possono aiutare gli studenti a comunicare secondo modalità che sono diventate quotidiane. –– La tecnologia è un valido aiuto all’inclusione di soggetti con disturbo specifico dell’apprendimento, ne stimola la curiosità e permette di manipolare figure geometriche, creare mappe concettuali e schede didattiche, di compensare deficit e disturbi riducendo di fatto le barriere architettoniche. –– Le attività di ricerca sono più veloci, con un “clic” si può accedere ad un infinito numero di informazioni ed è possibile trovare, interpretare e scambiare dati, organizzarli, elaborarli e archiviarli in modo da consentire agli alunni di elaborare le proprie idee. Problematiche –– Scrivere con la penna su un foglio e/o colorare un disegno con i pastelli sono azioni manuali che stimolano le aree del cervello deputate alla creatività: l’uso della tecnologia ne limita lo sviluppo e può causare disfunzioni. –– Servirsi dei libri in formato cartaceo e studiare su di essi sembra aumentare la memoria e la concentrazione e mantenere più viva un’importante risorsa: l’attenzione. Utilizzare invece, in via prioritaria, strumenti informatici espone a rischio le capacità attentive. –– Gli strumenti tecnologici possono diventare causa di distrazioni, scarsa concentrazione e complicanze. –– L’immediatezza nel trovare informazioni disabitua allo sforzo, ai tempi di attesa, all’impegno e si tende ad abbandonare l’impresa. –– Il rischio è un possibile e progressivo allontanamento da ciò che è propriamente umano: non si può insegnare la tecnologia dimenticandosi delle scienze umane, nel senso che va tenuto strettamente in conto quanto i rapporti umani, quelli non mediati dallo schermo, quelli che avvengono a contatto diretto, viso a viso, abituano ed educano alle relazioni sociali. –– Un rischio evidente è quello di considerare la comunicazione digitale onnipotente e svincolata dalle difficoltà che le relazioni umane comportano: in realtà dietro ad ogni strumento digitale ci stanno persone con motivazioni, aspettative, dubbi e incertezze che chiedono un incessante controllo e senso critico.


GLI STRUMENTI INFORMATICI A SCUOLA • Metodo personalizzato di apprendimento

• Utilizzo ragionato • Tradizione integrata e migliorata

• Tecnologia al servizio della scuola • Formare menti critiche

–– Gli alunni vanno aiutati a crearsi un metodo personalizzato di apprendimento e di studio, alternativo a quello tradizionale, che dia loro la capacità di selezionare i materiali, di distinguere l’utile da ciò che invece non lo è, di differenziare le informazioni e di riconoscere i pericoli della rete. –– Gli strumenti tecnologici vanno tarati sulle esigenze degli alunni per poter acquisire metodi e abitudini cognitive più vantaggiose: il loro utilizzo non deve essere forzato ma ragionato. –– Ciò che è “tradizionale” non va cancellato, piuttosto va integrato e migliorato: saper leggere, scrivere e far di conto rimangono le priorità di una scuola che vuol dare ai propri studenti gli strumenti necessari alla lettura della realtà. –– L’insegnante può aiutare gli alunni a considerare il mondo digitale come un contesto fatto di regole che vanno rispettate e che sono al servizio della scuola, non il contrario. –– Essere in rete significa saper lavorare in sinergia con altri, utilizzare fonti diverse, condividere metodi e saperi ed essere responsabili della relazione con altri: l’insegnante interviene per formare una mente critica, aperta, versatile e rispettosa. LA LIM IN CLASSE

• Metacognizione

• Apprendimento cooperativo • Stile cognitivo • Motivazione

• Intelligenze multiple • Didattica condivisa

• Modeling

• Caratteristiche dell’apprendimento

–– La LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) permette di rielaborare, ricomprendere, riprodurre testi di vario tipo consentendo il monitoraggio degli apprendimenti, aiutando cioè le attività di metacognizione degli alunni: esse vanno sostenute da strategie didattiche inclusive in grado di rispettare gli stili di apprendimento. –– Facilita le attività di apprendimento cooperativo rendendo significativi ed efficaci i lavori di ricerca del gruppo. –– Favorisce la possibilità per ogni alunno di agire e sviluppare il proprio stile cognitivo: lo aiuta nella scelta concreta delle strategie migliori da utilizzare per risolvere il compito. –– Può favorire un atteggiamento positivo verso il lavoro da svolgere e incentivare quindi la motivazione: se le attività sono stimolanti e chiedono un coinvolgimento diretto e attivo, le scelte diventano personali e aumentano così il controllo sulle proprie capacità e sulle richieste del compito. –– La LIM permette all’alunno di sviluppare l’intelligenza che meglio gli si addice: i molti linguaggi utilizzabili potenziano l’intelligenza artistica, musicale, corporea, interpersonale, logica e analitica. –– La LIM permette di gestire una didattica condivisa: si può rendere pubblico ciò che è stato prodotto, così com’è, anche con errori che, attraverso la condivisione all’interno della classe, possono diventare un importante momento di crescita per tutti. –– Può essere utilizzata per fare “modeling”, cioè per insegnare ad apprendere: l’insegnante fa vedere e accompagna direttamente gli alunni nell’acquisizione di strategie di apprendimento (mappare, riassumere, prendere appunti, produrre testi, risolvere problemi) e servirsene poi per il lavoro di gruppo affinché essi si approprino delle stesse modalità. –– La LIM favorisce lo sviluppo di quattro caratteristiche proprie dell’apprendimento (interattivo, situato, co-costruito, strategico): è interattiva perché l’apprendimento avviene in contesti sociali, è situata in un contesto di apprendimento fortemente ricco di segni culturali, aiuta a costruire insieme il proprio apprendimento e a riflettere sui processi e sulle strategie da utilizzare per risolvere problemi. IO AMO LA SCUOLA

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• Contenitore di materiali utili • Proiezione di filmati

–– È uno strumento sul quale “appoggiare” materiali utili, un contenitore che può essere ripreso in qualsiasi momento per potenziare delle attività e per favorire alcuni tratti della vita della classe. –– Si possono proiettare filmati presenti in rete o prodotti personalmente: si possono filmare esperienze e poi condividerle, utilizzare vissuti per produrre situazioni-problema, individuare strategie di comportamento attraverso l’analisi delle azioni messe in atto (certamente anche molto altro…). I RISCHI DEI SOCIAL NETWORK

• Immediatezza e universalità

• Contenuti violenti

• Genitori a rischio

• Happy slapping

• Cyber-bullismo

• Filtri di protezione

• Dipendenza

• Estremismi e discriminazioni

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–– La pubblicazione on line di informazioni, foto, immagini, dati personali è il primo passaggio per rendere pubblica una parte di vita privata: i social network si distinguono propria per la caratteristica di rendere “sociale”, in modo immediato e universale, quanto si è deciso di condividere con il resto del mondo. –– Nei media digitali girano indisturbati filmati, videogiochi, riprese dove le scene di violenza sono molte: l’esposizione dei bambini a contenuti violenti può ripercuotersi negativamente sulla salute psico-fisica e sul comportamento aumentando episodi di collera, insicurezza, irritabilità, ansia. –– I genitori che non seguono da vicino il consumo di prodotti mediali da parte dei figli diventano essi stessi un rischio se non conoscono a sufficienza il mondo interattivo, rischio che aumenta se sono loro dei consumatori eccessivi della virtualità. –– Un fenomeno che si sta diffondendo è il cosiddetto happy slapping (schiaffeggio allegro): si tratta di riprendere scene di violenza reale e poi diffonderle in rete; per le vittime, oltre alla sofferenza fisica, si aggiunge l’umiliazione di vedere il torto subito diffuso in Internet. Si tratta di un reato vero e proprio che va denunciato alle forze dell’ordine. –– Vi è poi il cyber-bullismo, fenomeno gravissimo che condivide con il bullismo la violenza di uno o più aggressori su una vittima indifesa e che in pochissimo tempo danneggia la reputazione di chi è preso di mira perché i contenuti (messaggi, immagini, filmati spregevoli e diffamatori) vengono pubblicati in Internet e possono riapparire a più riprese in luoghi diversi. –– Molte persone usano la rete per instaurare rapporti amicali e/o sentimentali: alcune persone purtroppo usano i social network per contattare bambini con l’intento di molestare e aggredire sessualmente. È importante fornire ai bambini protezione, controllo e attenzione da parte degli adulti anche attraverso l’utilizzo di filtri che impediscono l’accesso a siti per adulti (parent control, www.ilfiltro.it, www.protezionebambini. it, www.davide.it) –– L’utilizzo esagerato di Internet, che esercita sui giovani una forte attrazione, può portare alla dipendenza: in rete sembra più facile superare problemi di scarsa autostima e ottenere “virtualmente” riconoscimento e successo. –– In rete si possono esprimere liberamente opinioni, idee, fare propaganda e creare piattaforme di discussione che possono essere utilizzate per posizioni discriminatorie, estremiste, incitare all’odio o reclutare membri per gruppi radicali: i bambini possono essere vittime, attaccare o condividere e diffondere, senza riflettere, contenuti aggressivi e/o discorsi d’odio.


Cosa si può fare con la LIM usando il software Notebook 11? A titolo di esempio elenchiamo alcune delle attività possibili utilizzando la LIM nel contesto classe. DISCIPLINE MATERIE LETTERARIE

MATEMATICA

ATTIVITÀ –– Scrivere testi scegliendo caratteri e formati (come in Word). –– Produrre testi calligrafici come se si usasse una penna sul foglio. –– Si può creare un testo cloze: si predispone un testo con gli spazi bianchi dove inserire le parole di completamento, si scrivono sotto le parole, singole e quindi spostabili da un punto all’altro del foglio, poi un alunno può spostare con il dito le parole per inserirle al posto giusto (è possibile colorare le parole e utilizzare l’audio che aiuta coloro che hanno difficoltà di lettura). –– È possibile fotografare un documento o una sua parte e lavorarci sopra: scrivere commenti, sottolineare, evidenziare… –– Si può registrare e inserire un file audio associandolo a immagini o parole. –– Per scrivere sulla LIM si possono usare tipi diversi di penne virtuali: tradizionali, calligrafiche, evidenziatori, pastelli… –– Uno strumento interessante è “la penna magica”: permette di fare delle sottolineature non permanenti che scompaiono dopo qualche secondo (serve a non ‘sporcare’ i documenti). –– Un altro strumento è la “penna SD creativa” che permette di produrre effetti speciali nella scrittura di testi creando delle forme (smile, arcobaleni, margherite…). –– Nella composizione di un testo si può scegliere lo “stile del foglio” tra gli sfondi e i temi esistenti in Internet o immagini e foto (che vanno adattati e poi inseriti). –– È possibile aggiungere immagini o video personali già scaricati nel computer della LIM o scegliere tra quelli presenti in rete. –– Utilizzando le forme si possono creare cornicette, passo dopo passo (pensiamo ai bambini più piccoli che devono acquisire abilità fino-motorie e migliorare l’orientamento spaziale) e creare l’effetto dei libretti cartonati dove le figure sembrano animarsi. –– Uno strumento utile è la “penna di riconoscimento forme” che, in automatico, riconosce le figure disegnate a mano (cerchio, quadrato, triangolo…) e le perfeziona. –– La “penna magica” può diventare una lente di ingrandimento o un “occhio di bue” per mettere in rilievo elementi geometrici. –– Ogni forma, immagine, parola inserita nel Notebook della LIM può diventare un oggetto da spostare e posizionare secondo necessità. –– Nel sistema sono già inseriti forme e poligoni regolari: è possibile selezionare forma e grandezza e poi duplicare, colorare, sovrapporre ad altre figure (ad esempio si può prendere un esagono regolare, inserirvi i 6 triangoli che lo compongono e chiedere agli alunni di scomporre la figura). –– Si può “giocare” con le prospettive selezionando le figure e portandole in primo piano. –– Si può lavorare sulle trasparenze delle immagini e giocare con i colori (ad esempio per evidenziare meglio il perimetro e/o l’area di una forma). –– Il menù delle “forme geometriche” permette di lavorare sull’equiestensione e sugli assi di simmetria (ad esempio si può rovesciare una figura o capovolgerla in verticale e in orizzontale).

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MATERIE DI STUDIO E ALTRO

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–– Ogni oggetto presente in Notebook (parola, immagine, forma) può diventare un collegamento ad un’altra pagina all’interno dello stesso file o rimandare ad altro materiale presente in Internet (serve a collegare parole, idee, concetti, immagini…). –– Si possono creare link a cartine geografiche, linee del tempo, reperti archeologici presenti nei musei, canzoni (in italiano o in altre lingue). –– Nel sistema sono presenti molte risorse già utilizzabili: esempi di lezioni suddivise per discipline, grafici predisposti, giochi interattivi e multimediali (memory, vortex, dama, scacchi, domino, carte, dadi…). –– È possibile utilizzare immagini (collegate sia alle discipline che alle persone e/o alle emozioni) e suoni (riferiti a figure, parole, numeri…). –– Si possono salvare e stampare tutti i file generati in Notebook (utilizzando ad esempio il formato PDF). –– Se, per salvare, si utilizza il formato “slide” si può condividere il contenuto con gli alunni creando degli spazi a lato della pagina nei quali è possibile scrivere osservazioni, domande, memo…


A SCUOLA CON LA MAESTRA LAURA

Nativi digitali (e non) a scuola Laura non era nata nella generazione digitale, ma era cresciuta scoprendo le possibilità affascinanti della tecnologia. Molti colleghi non più giovani erano ancora dubbiosi sulla possibilità di trarre buoni risultati dalla fatica di aggiornare la didattica, ma poi, chi più decisamente, altri con qualche titubanza, avevano percorso il sentiero tracciato, là dove si dimostrava efficace e aperto all’interazione e all’arricchimento. Il buon senso e l’occhio puntato sull’obiettivo finale, che restava sempre e con rigore quello di servirsene al meglio per facilitare i bambini, avevano fatto il resto. Una buona pratica di lavoro collaborativo aveva facilitato la procedura e il parere dei colleghi più anziani era stato prezioso per equilibrare le proposte, mentre i più giovani diventavano spesso consulenti tecnologici di grande competenza. Laboratorio multimediale permettendo! Trovare grande quantità di materiale didattico di eccellenza, archiviare e mettere a disposizione il frutto del proprio lavoro on line, scambiare pareri e poi anche collaborazioni con altri docenti sparsi nella rete, aveva acceso molti interessi e molte connessioni di valore. Quindi era stato ovvio a scuola applicarla con successo, soprattutto dopo aver dedicato parecchi approfondimenti, anche istituzionali, agli strumenti compensativi adeguati ai ragazzi con bisogni educativi speciali. Aveva poi verificato quanto quegli strumenti erano capaci di attirare tutti per la loro efficacia e le possibilità di interazione! – “Maestra, oggi lavoriamo con la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale)?” chiedevano spesso i

Pierini di turno. Per loro la LIM era garanzia di poter sostenere l’attenzione per un tempo sufficiente a meritare una coppa nel loro contratto educativo, una delle strategie di supporto dei comportamenti adeguati, con lo scopo mascherato di raggiungere l’estinzione dei comportamenti inadeguati. – “Certo, – talvolta comunicava Laura, con finta noncuranza, – oggi studieremo storia, visitando un museo trentino che ci svelerà segreti inimmaginabili sulla vicenda del nostro pianeta…” Era fatta, il silenzio calava sul gruppo e gli occhi si facevano attenti: era un buon inizio. Ma era solo l’inizio, appunto. Non sempre era per tutti facile sostenere l’impegno preso nel lavoro anche con l’uso della tecnologia. – “Maestra, lui si muove continuamente sul banco e non vedo bene…” Certo un conto era lavorare in gruppo su del materiale, qui i conti si dovevano fare con la necessaria immobilità, con una interrelazione limitata e si doveva convenire che la generazione pur digitale era comunque incapace di lunghi tempi attentivi, aveva un’estrema difficoltà di controllo e preferiva il linguaggio iconico, a scapito di quello verbale e scritto. Inutile trovare insostenibile la situazione, questi erano i ragazzi e per sostenere la loro fragile ed esigente motivazione occorreva prenderne atto e partire dai punti di forza: abilissimi nel destreggiarsi in software didattici, potevi con i programmi giusti obbligarli a riflettere di grammatica, o allenarli alla lettura corretta, chiedere un lavoro di gruppo, in aula informatica, su qualsiasi tema di un’unità didattica in cui il più esperto, complice uno stuolo di fratelli più grandi, sapeva cercare la strada web più giusta. La sorpresa poi più efficace, nell’ultimo anno, era stata constatare come la tecnologia potesse essere usata a servizio della disabilità. L’insegnante Pietro si era davvero documentato con puntualità per utilizzare software sofisticati per l’alunno disabile, per permettergli una partecipazione IO AMO LA SCUOLA

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massima a tutte le attività, con la collaborazione dei compagni e usando un tablet touch ultima generazione. Con il risultato atteso di vederlo interagire efficacemente con gli altri e contribuire alla lezione, facendosi anche consulente attraverso la comunicazione aumentativa alternativa. Per molti dei ragazzi e ragazze affiancarsi a lui per lavorare insieme era stata la normalità, così come si prevede in un’ottica inclusiva. Laura in particolare aveva approfondito anche i punti di debolezza, ugualmente incidenti e su cui lavorare alacremente con i ragazzi. In una società così liquida, come il sociologo e filosofo Bauman aveva declinato, dove la gestione delle emozioni è predominante e dove la responsabilità e la tenacia sono spesso optional apprezzate, ma non normalmente esercitate, è necessario dare alla tecnologia un ruolo di cui essere consapevoli, nonostante anche il mondo educativo sia invaso da messaggi distorti e instabili. – “Certo, osservava Laura, non si possono ignorare le prassi a cui i nativi digitali sono abituati, occorre però conoscerle, per condividere al meglio questi strumenti, talvolta mal gestiti anche in famiglia. Perché strumenti sono e devono restare.” Laura aveva ottenuto per il laboratorio informatico un software di gestione controllata, per cui poteva fare da consulente senza troppo penare in controlli a vista, considerati i contenuti proposti in rete. Ma la cura non era mai eccessiva e di questo era consapevole. Inoltre, aveva constatato che un paio dei suoi ragazzi di quarta avevano pericolose abitudini di uso della rete e per questo aveva programmato un incontro di classe con i genitori del gruppo. Sarebbe stato necessario valorizzare lo strumento dando compiti adeguati e controllati dagli adulti con rigore: i genitori avrebbero apprezzato questo momento di auto-aiuto educativo e forse avrebbero preso in considerazione legittimi strumenti di difesa. – “Maestra, mio fratello dice che devo stare at98

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tento quando ‘vado’ in Facebook…” Laura lo aveva ascoltato e aveva lasciato trascorrere qualche istante al commento. – “Mio padre dice che non ho ancora l’età per iscrivermi su Facebook… e mi ha mostrato alcune cose che non mi sono piaciute che ti possono capitare” aveva raccontato Andrea. – “Mia mamma mi ha vietato proprio di usare Internet da sola, – aveva aggiunto Letizia – se ‘vado’ in Internet devo avvisare prima i miei genitori. Però loro hanno anche un programma di controllo dei siti che noi figli frequentiamo. – “Un po’ come quando vai per strada e ci sono i semafori per la tua sicurezza!” aveva concluso sghignazzando Lella, che non riusciva a raccontare l’uso disinvolto della rete a cui era abituata dal fratello più grande! Tutti annuirono e sembrava proprio raccogliessero i loro timori bambini per rassicurarsi e farsi coraggio perché non tutto era chiaro, anzi! – “Dai… Vediamo chi ha i consigli più furbi!” aveva provocato Laura, che già pensava di coinvolgerli nel racconto del libro Uffabaruffa colpisce ancora, che le avrebbe permesso di portarli in un’avventura ambientata anche nel mondo dell’uso delle risorse del Web. Così era stata una lezione interessante! Un po’ più impegnativa per Laura, forse, ma di sicuro effetto educativo. – “Oggi non abbiamo fatto lezione!” aveva mormorato il solito provocatore. – “Perché non è lezione imparare a usare bene Internet? Quando glielo racconto mio papà sarà contento! Adesso mi pare di riuscire a divertimi o a cercare le informazioni con più… testa!” aveva precisato Luca soddisfatto. Anche questa era fatta! Aveva pensato Laura, mentre affondava certezze e timori nel film “Non è mai troppo tardi”. Forse tempi più semplici, o forse no, quelli narrati nella vita del maestro Manzi. Maestro appunto.


Annamaria Gatti, cresciuta a Lodi, vive in provincia di Vicenza. Insegnante, psicologa e formatrice, è autrice di libri per adulti e opere tradotte e premiate per ragazzi. Ha pubblicato per Erickson, Città Nuova, Effatà, Aletti e La Città della Speranza. Collabora con alcune riviste specialistiche, in particolare da anni scrive articoli, racconti e recensioni per il periodico “Città Nuova” e cura il blog di psicologia “Infanzia” http://attentiaibambini.blogspot.it

A.Gatti Gatti--A. A.Giarolo Giarolo A.

IO AMO LA SCUOLA Come insegnare e star bene in classe

IO AMO LA SCUOLA

In questo libro si parla di “Scuola” nel senso di istituzione scolastica e del lavoro dell’insegnante considerato, per sua natura, tra i più logoranti. Le autrici, due docenti da anni impegnate, per lavoro e per passione, nell’istituzione scolastica una come pedagogista e l’altra come psicologa dell’età evolutiva, partono dalla convinzione sperimentata che nella Scuola i punti di debolezza siano convertibili in risorse. Il libro è un punto di “ristoro” nella vita complessa e spesso dura di chi insegna ed educa. Incrocia dubbi e sorrisi, affetti e lacerazioni che l’insegnare in classe inevitabilmente comporta. Ma anche dà fondamenti di lettura del disagio e concrete indicazioni di metodologie di lavoro e di intervento. L’intero percorso è suddiviso in dieci temi che spesso sono i nodi che appaiono irrisolvibili proprio a chi sta dentro la Scuola: da “i ragazzi non sono più quelli di una volta” a “non c’è tempo per fare tutto”, da “il problema sono le famiglie” a “quest’aula è troppo piccola”, passando per “non ho più l’età per insegnare”. Le autrici, grazie alla loro esperienza, li affrontano in maniera così chiara e concreta che al lettore, se è insegnante, sembrerà proprio di trovarsi a sperimentare quei momenti di disagio già vissuti. Questa volta però sarà accompagnato ad affrontarli con la consapevolezza che è possibile ribaltare anche ciò che appare ineluttabile nella Scuola. Un libro rivolto dunque a tutti gli insegnanti che vogliano recuperare le emozioni positive della magnifica professione che è l’insegnamento.

Annamaria AnnamariaGatti Gatti Annamaria AnnamariaGiarolo Giarolo

Annamaria Giarolo, nata e cresciuta in provincia di Verona, è insegnante di sostegno e curricolare, psicomostricista, pedagogista e formatrice. Ha pubblicato tre romanzi brevi per adulti. Ha approfondito tematiche riguardanti la didattica inclusiva, il Cooperative Learning, la creatività e lo sviluppo del pensiero laterale. Utilizza le competenze nell’insegnamento, nella conduzione di gruppi di formazione e nella consulenza sui temi dell’educazione.

InIncopertina copertinadisegno disegnodidiFabio FabioMagnasciutti Magnasciutti

Euro 14,50 (I.i.)

ISBN 978-88-6153-663-0 ISBN 978-88-6153-663-0

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