Storia di Luigi, artigiano di pace
Paola De Cesari
Ogni uOmO semplice
Storia di Luigi, artigiano di pace
Ringraziamenti
Grazie a Mauro, a Cristina e ad Elisa, per il loro amore e supporto che mi permette continue rinascite.
2022 © edizioni la meridiana Via Sergio Fontana, 10/C – 70056 Molfetta (BA) – tel. 080/3971945 www.lameridiana.it info@lameridiana.it
ISBN 978-88-6153-940-2
Scena 1 – La conquista 9
Scena 2 – Tornare a galla 11
Scena 3 – Non fare il reduce 13
Scena 4 – La stura e il razzo 15
Scena 5 – Io-Noi-Tu 19
Scena 6 – Una freccia verso il futuro 23
Scena 7 – Trovare il proprio posto 27
Scena 8 – Collusioni 31
Scena 9 – Lunghezza e densità 33
Luigi ha 33 anni.
Da due sta combattendo con un tumore al mediastino. Ora è in convalescenza: è una fase buona della lotta. Ma la sfida non è solo quella contro la malattia. Il conflitto è l’essenza del vivere, dentro e fuori di sé, in ogni stagione. Perché è sempre imprescindibile dover scegliere tra la possibilità di es sere divini o mostruosi: come la nostra natura, madre e anche matrigna.
Luigi è un uomo semplice: di quelli limpidi e proprio per questo pieni di contraddizioni, che conosce e con le quali ha provato a fare i conti nei diversi bivi della sua vita.
A Luigi piace scrivere: è il suo modo di specchiarsi e di non farsi sconti, ma anche di poter ridere di sé.
E questa volta ha deciso di raccontarsi a Paola, sua moglie, ripercorrendo alcuni pensieri, rivivendo alcune scene delle sue diverse età e, mettendo ordine, vuole vedere se riesce a scoprire cambi di punti di vista, nuovi dubbi, urgenze da con dividere. Accade, dicono, quando il corpo e la vita sembrano feriti a morte.
E così Paola, l’autrice di questo testo, utilizzando il raccon to in prima persona di Luigi, come fosse un canto d’amore che ha l’urgenza di essere condiviso, regala ai lettori una storia che ha elementi anche delle nostre. Gli ideali, le passioni, le sconfitte, le scelte, la fatica e il desiderio di cogliere la relazio ne generativa tra l’Io, il Tu e il Noi.
Luigi resta dentro, e ci mostra la precarietà meravigliosa di cui siamo fatti, l’estenuante speranza di darvi un senso, più o meno consapevoli di essere infinitesimali e casuali, ma
proprio per questo fenomeni, esattamente meravigliosi o mo struosi. Come solo l’essere umano può essere. Eternamente.
Sono scene e non capitoli quelle in cui i lettori saranno accompagnati nelle pagine di questo libro breve e intenso. Come ogni vita è.
… ci sta la notte crucca e assassina. E in mezzo al prato c’è una contadina, curva sul tramonto, sembra una bambina, di cinquant’anni e di cinque figli, venuti al mondo come conigli...1
31/12/1985. Dì la verità Paola… la prima volta che mi hai visto, alla stazione di Firenze, sei rimasta delusa, vero? Ma poi per fortuna i canti a squarciagola, la tua prima marcia della pace, e soprattutto le chiacchiere e gli scricchiolii sulla scala dell’ostello, fino alle 6.00 del mattino, ed io che mi atteggiavo a Pirandello a cui era venuta in quel momento l’idea dei sei personaggi in cerca d’autore! Io di personaggi ne avevo undici, come i nomi che mio padre mi ha dato quando è andato a registrare la mia nascita! Una vera squadra di calcio. Mi ero costruito quello schema di gioco usando ogni nome come fosse un tratto del mio carat tere, e li avevo proprio disposti in campo come se fossero giocatori… non so dove avessi trovato quell’idea o se me la fossi inventata… certo so che ti avevo colpita!
Il mio numero undici, cioè il coraggio, la voglia di ri schiare, era entrato in area! Aveva capito che da quel giorno c’era davvero la possibilità che tu Paola − cagliaritana-mila nese-mantovana-botticinese dagli occhi azzurri − diventassi la mia, la nostra coach e anche la nostra miglior tifosa, dei miei undici giocatori che volevano crescere, divertirsi, vin-
di Francesco De Gregori,
dall’album De Gregori
cere, perdere e farlo davanti a chi li aveva scelti davvero, perché solo così potevano diventare una vera squadra, ma gari mitica come il Grande Torino!
Ma il mio numero undici non era sempre così in forma e coraggioso.
Ricordi? Era l’estate del Novanta… Io, te, mamma, papà e Marisa là, davanti al Rivellino. Era la festa di Santa Cristi na, il nome della mia mamma! Amo quel luogo di Gallipoli. Il triangolo di tufo tra la fontana greco-romana, la chiesetta di santa Cristina e la chiesa del Canneto, era pieno di curiosi e parenti. Il giro delle mura a nuoto, affonda le sue radici nella storia antica della città. Saremmo stati un centinaio quell’anno a gareggiare.
Avevo deciso di ripartire da lì, ma ora, nudo, mi sentivo intimorito, esposto, straniero in quel luogo che mi conosceva da sempre. Mi sembrava che tutti fissassero quel piccolo avvallamento che avevo sul torace, sopra il cuore. Era il mio buco. Era la valle da cui volevo ripartire con una bracciata per salire verso l’ossigeno.
Io e il mio corpo dovevamo fare pace. Ma è una lotta an tica, non so se te ne ho già parlato... Mi sono sempre sentito un brutto anatroccolo: le orecchie a sventola, la faccia da scemo, i denti sgangherati, il fisico rachitico, le gambe de formi, i piedi piatti, la sinusite, gli occhiali e con un chiaro principio di calvizie − solo un poco accelerato dai cicli di veleno, forse salvifici.
E ho scelto da sempre lo sport e la disciplina come fos sero i miei talismani, per provare a trasformarmi e piacermi di più… e in entrambi però sono scarso!
Pensa che c’è stato anche un momento in cui volevo vin cere al Totocalcio per farmi operare da un chirurgo esteti co! Le basi giuste per l’anticonsumista che provo ad essere!
Lo sparo tuonò. Mi buttai nell’acqua: e non solo per le tue incitazioni, ma perché non potevo più tornare indietro. Forse non si può mai davvero. L’acqua è madre e matrigna, come la natura, ma è sincera. Misurarmi con lei mi aveva sempre restituito chi ero in quel momento. Avevo bisogno di sentire la verità su di me. Soprattutto ora.
Il mio obiettivo era arrivare, trovando un ritmo nuovo per il mio corpo ferito, per la mia identità convalescente. Appena toccai l’acqua… mi sentii a casa. Mi aveva aspet tato e riconosciuto…
Mi hai detto che quando sono uscito dall’acqua sembra vo un altro. Ero felicissimo dopo 2 km e mezzo di nuotata lenta ma costante… Ora potevo continuare ad avere am bizioni su di me. Forse passare vicino alla morte ti lascia addosso anche dell’adrenalina!
L’acqua poi rimette al mondo… come un brodo primor diale.
Ma lo sai che quando ero nella pancia della mia mamma, agli inizi, lei pensava di avere un “brutto male”? Non fare quella faccia lì! Me lo ha raccontato Marisa! Lei era nata da 11 anni e Adalberto da 13… quando non le è arrivato il ciclo, a 42 anni, mamma Titti la prima cosa che ha pensato è stato di avere un “brutto male” come lo si chiamava allora, povera! Non la sapevo questa cosa… Di quando ero picco lo ricordo solo che la mia mamma mi diceva sempre: “Tu sei nato per portare gioia!”… pensa te!
“Quando il corpo e la vita sembrano feriti a morte e si ha di fronte la prospettiva che questo pezzo di vita terrena sia giunta al suo termine, ci si trova nudi di fronte al bilancio di ciò che è stato. E quando si è nudi non si può bleffare.”
In questo libro c’è il racconto di Luigi, un uomo semplice, sfidato a 33 anni da una duplice lotta: un tumore al mediastino e i conflitti interiori che vivono nelle contraddizioni degli animi puri, che hanno il coraggio di non avere nemici da combattere ma cercano nell’accoglienza e nella condivisione l’essenza del vivere.
Perché la vita, ci ricorda Luigi, riguarda soprattutto questo: aver cura delle relazioni e dare concretezza alle parole e va lore alle persone. Nella finzione della scrittura Luigi si confida alla moglie Paola, e racconta la sua storia, riflettendo sui legami che uniscono, ripercorrendo le scene di una vita fatta di im pegno, pensieri e azioni di pace, mettendosi a fuoco e ponendo le domande che ancora oggi danno senso a chi sui sentieri di Isaia costruisce con semplicità una vita capace di liberare speranza.