Michele Santeramo
Ci sono modi diversi per raccontare le storie di vita di persone che sentiamo... Ecco forse basta scrivere solo “sentiamo” per avvertire tutto intero il movimento che alcuni destano con forza dentro di noi. La loro storia si può raccontare e scrivere mettendoli al centro di un canovaccio oppure si può raccontare di quello che accade alle vite degli altri grazie alla vita di quello solo. Oltretutto è questo: una biografia delle vite che hanno in modi diversi incrociato la vita di don Tonino Bello. Perché, come scrive Michele Santeramo, “ci sono vite che cambiano le vite”.
Euro 12,00 (I.i)
edizioni la meridiana paginealtre
ISBN 978-88-6153-629-6
9 788861 536296
Michele Santeramo Michele Santeramo
OLTREtutto Più vicino a don Tonino Bello OLTREtutto
Michele Santeramo, autore teatrale, scrive testi per il Teatro Nazionale della Toscana, il Piccolo Teatro di Milano, Il Teatro di Roma, il Bellini di Napoli. Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti (premio Riccione, premio ANCT, finalista al premio UBU). I suoi testi sono rappresentanti, oltre che in Italia, in Romania, Francia, Polonia, Brasile e Stati Uniti.
Michele Santeramo
Oltretutto PiĂš vicino a don Tonino Bello
Prefazione
Ci sono modi diversi per raccontare le storie di vita di persone che sentiamo… Ecco forse basta scrivere solo “sentiamo” per avvertire tutto intero il movimento che alcuni destano con forza dentro di noi aprendoci alla nostalgia. Il ricordo, il loro sguardo, il tono di voce, quello che hanno scritto, detto e fatto resta dentro e si fa sentire, non come assenza di loro ma come un pieno di vita da svolgersi ancora. Perché la nostalgia di alcuni ha il potere di scatenare il desiderio di protendersi nel futuro e non il rimpianto del passato. La storia di questi la si può raccontare e scrivere mettendoli al centro di un canovaccio da impreziosire con un cameo di episodi e particolari che ci restituiscono vite che ritrovano un senso pieno in se stesse. Oppure... Si può raccontare di altro, di quello che accade alle vite degli altri grazie alla vita di quello solo. Oltretutto è questo: una biografia delle vite che hanno in modi diversi incrociato la vita di don Tonino Bello. Una biografia che sente il tocco delle sue scelte, del suo impeto, del suo amore verso l’altro, della cifra che lo ha reso e rende unico e prezioso ancora oggi per tanti. Quelli che c’erano allora e quelli che casualmente lo hanno “sentito” dopo attraverso i racconti di altri o i suoi scritti. Perché, come scrive Michele Santeramo, “ci sono vite che cambiano le vite”, permettendo ad altri di essere santi e profeti, giusti e timorosi, capaci di misericordia e speranza, uomini e
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donne, salvati e salvatori. Questo registro narrativo scelto da Michele ci è sembrato il modo migliore per raccontare la vita di don Tonino a distanza di tanti anni: gli effetti e non i soli fatti. I racconti e non il solo racconto. Perché, come scrive, “la cronaca della vita di don Tonino è dappertutto”. E la cronaca si dispiega nell’oggi non nel passato. Un testo teatrale da ascoltare e leggere. Sentire dentro. Come il mare che è schiaffo e carezza, ti spinge o travolge, ma sa anche cullarti e accompagnarti. Quel giorno “Le speranze presero posto, non viste, in prima fila”. Quel giorno ha date e anni diversi nella vita di molti che hanno incrociato la biografia del prete salentino, poi vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. E non è importante quale data abbia sul calendario quel giorno ma il fatto che le speranze, quelle di ognuno e pertanto diverse, potettero trovare posto nella cronaca e nella storia grazie a lui. Con sentimento di gratitudine verso don Tonino e verso Michele, condividiamo queste pagine con i lettori dedicandole a Guglielmo. Elvira Zaccagnino
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Penso che adesso sia chiaro: questo non è un racconto su don Tonino. Non credo ce ne sia bisogno. Chi vuole avere informazioni può trovarle dappertutto. Questo è un racconto sugli altri. Su come le vite cambiano le vite. Alcune vite, cambiano le vite degli altri. Sarajevo. Una donna accompagna suo figlio a scuola. Ci sono bambini dappertutto e genitori con le facce preoccupate. I bambini non si accorgono della guerra che arriva. Gli adulti ne hanno paura. Gli adulti sono educati ad avere paura. I bambini entrano in classe e stanno seduti come se fosse una giornata normale. Ma stavolta hanno ragione i genitori. C’è da preoccuparsi oggi. Perché dal cielo arriva la prima promessa di guerra. Ci arriva sotto forma di suono di aereo, un rombo che si sente arrivare da lontano e che è presagio di morte. I genitori corrono di nuovo verso le scuole, ciascuno a prendere il suo bambino, prima che arrivi l’aereo e che cominci la guerra. Ma che ci può fare una donna da sola, che corre a piedi in
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una città affollata e impaurita? Come fa una donna da sola a correre verso la scuola e anticipare la guerra? Ci prova, ma non può. Tanti, come lei, arrivano tardi a scuola. Le maestre hanno fatto quello che potevano, ma poi sono andate via anche loro, ciascuna a prendere il proprio figlio lontano e a toglierlo dal suono degli aerei. I bambini sono rimasti con gli occhi stupiti a guardare il primo aereo passare, e l’ombra del primo aereo salire sui palazzi e sparire, e a loro è sembrato spaventoso, un gioco spaventoso, fatto di un gran rumore e di gente che corre. La donna prova ad arrivare a scuola prima della guerra. Ma non fa in tempo. Il bambino sta da solo, nella città in cui un aereo ha fatto cominciare la guerra. Solo un suono ancora, per carità, nemmeno una bomba. La promessa della guerra però sarà mantenuta. Solo adesso la mamma arriva a scuola, riconosce suo figlio, lo prende in braccio e gli dice: non aver paura, piccolo.
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Chiesa Santa Maria la Nova. Il bambino ormai è vescovo. Sta celebrando in una chiesa gremita di persone che vengono per aggiustarsi la vita lasciandola appesa per un momento alle parole che arrivano dall’altare. Si spalanca la porta principale ed entra un uomo urlando. La gente si affretta a fermarlo perché quello va spedito e minaccioso verso l’altare. Qualcuno lo blocca, qualcun altro forma una specie di cordone umano intorno al vescovo. E quello, il vescovo, scende dai pochi gradini, si fa spazio tra il cordone di gente, percorre la navata centrale, e arriva dove alcuni tentano di tenere fermo quell’uomo che urla e bestemmia. La gente dice: è il diavolo. Si sa com’è fatta la gente. Il vescovo si avvicina a quell’uomo e si ferma a pochi passi da lui. Quello viene lasciato dagli altri. L’uomo si avvicina al vescovo. Il vescovo gli prende con una mano la nuca, e poggia la testa dell’uomo sulla sua spalla. Parlano, e chissà cosa si dicono. La gente intorno dice: è un esorcista. Si sa com’è fatta la gente. Due uomini, uno sulla spalla dell’altro, e intorno un bel po’ di silenzio, tutto il silenzio che potete immaginare.
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Poi l’uomo si stacca dal vescovo, e se ne va lento verso l’uscita. Supera la porta, e la gente dice: la conversione del peccatore. Si sa com’è fatta la gente. Il vescovo se ne torna sull’altare, sapendo di aver fatto la cosa più normale del mondo. Chi fa le rivoluzioni, voi lo sapete già, non ha mai la coscienza di quello che sta facendo. Lo fa e basta, perché in quel momento, in quel tempo, gli sembra la cosa giusta da fare. Il vescovo se ne risale sull’altare, e dice una fiaba. Non un’omelia, una fiaba. Alcune persone sono fatte così. Io non la conoscevo, poi ho saputo esistere già. E ve la racconto così come la ricordo. Il vescovo dice: c’è un uomo che cammina sulla spiaggia, accanto al mare; e questo cammino è la vita che fa; è un credente, e accanto alle sue due orme sulla sabbia, ne vede altre due, sempre, e il credente dice: questo è Dio che mi cammina accanto; si sente rincuorato questo credente, e se ne va rasente il mare per tutta la vita sua. Gli arriva nella vita un bel problema, di quelli che ti sconvolgono le giornate, se sei uno che se le lascia sconvolgere. Insomma, la vita si fa dura, ma lui sa di poter contare su Dio; quando il periodo difficile della sua vita finisce, lui si volta a guardare indietro sulla spiaggia, e vede che le orme, in quel momento così terribile, sono soltanto due. Però, pensa il credente, proprio quando mi serviva, Dio se n’è andato. Ma non ci fa troppo caso, e ricomincia a camminare in un periodo bellissimo della sua vita. E le orme sono ancora quattro. Bentornato, dice a Dio camminando, bentrovato, dice Dio camminando. Ora, capita che il credente, in corrispondenza di ogni momento brutto della sua vita, si accorga che le orme sono sempre due; ad un certo punto, ormai vecchio e stanco, si scoccia di esser lasciato solo, si ferma,
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accende un falò sulla spiaggia, e si mette a parlare con Dio: io voglio sapere com’è che da tutta la vita, sempre, appena per me le cose si facevano difficili, tu te ne andavi e mi lasciavi solo. Da cosa te ne accorgi, chiede Dio con un mezzo sorriso. Dal fatto che le orme diventavano sempre due, dice l’uomo. E Dio risponde: diventavano due perché quando per te era difficile io non sparivo, ti prendevo in braccio. Quando il vescovo finisce questo racconto nella chiesa si sente il palpitare delle lacrime e nel silenzio un borbottare disordinato di cuori. La voce di una donna dice: un poeta. Si sa com’è fatta la gente.
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Ci sono modi diversi per raccontare le storie di vita di persone che sentiamo... Ecco forse basta scrivere solo “sentiamo” per avvertire tutto intero il movimento che alcuni destano con forza dentro di noi. La loro storia si può raccontare e scrivere mettendoli al centro di un canovaccio oppure si può raccontare di quello che accade alle vite degli altri grazie alla vita di quello solo. Oltretutto è questo: una biografia delle vite che hanno in modi diversi incrociato la vita di don Tonino Bello. Perché, come scrive Michele Santeramo, “ci sono vite che cambiano le vite”.
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Michele Santeramo, autore teatrale, scrive testi per il Teatro Nazionale della Toscana, il Piccolo Teatro di Milano, Il Teatro di Roma, il Bellini di Napoli. Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti (premio Riccione, premio ANCT, finalista al premio UBU). I suoi testi sono rappresentanti, oltre che in Italia, in Romania, Francia, Polonia, Brasile e Stati Uniti.