Alessio Di Modica è cuntista, attore, clown, regista ed onironauta (viaggiatore dell’onirico). La sua ricerca artistica parte dalla tradizione narrativa siciliana a cui intreccia linguaggi e tecniche teatrali contemporanee. Da anni lavora su uno stile personale e originale di messa in scena e di pedagogia teatrale. Ha pubblicato diversi testi di teatro, narrativa e poesia.
In copertina disegno di Fabio Magnasciutti In copertina disegno di Fabio Magnasciutti
Euro 13,00 (I.i.)(I.i.) Euro 13,00
Alessio Di Modica Alessio Di Modica
STAY CLOWN In viaggio alla scoperta dell’essere umani
STAY CLOWN
Questo volume più che un manuale è un racconto di viaggio: dalla Sicilia ad Auschwitz, dal Nepal a Taiwan, pagina dopo pagina propone una carrellata di incontri con ragazzi, donne, disabili, superstiti, di persone e dei loro bambini interiori nei quali, la clowneria, che è arte con le sue regole, si è fatta occasione di sperimentazione e processo di cambiamento. Perché questo fa il clown contemporaneo: parlare al bambino che è in noi, per risvegliarlo, farlo emergere e renderlo cittadino attivo. Il naso rosso rompe le barriere e le convenzioni che ci bloccano e ci guida in una danza interiore ed esterna che ci porta a cambiare noi stessi e il mondo. Queste pagine sono un workshop sperimentato e sperimentabile nel quale il lettore è parte attiva e dove le esperienze programmate o in free clowning scandagliano volti e luoghi, popoli e storie, con parole lucide e spontanee lasciandoci ridere, commuovere e soprattutto immaginare processi in grado di ricordarci che restare umani e imparare a vedere la bellezza è il fine di ogni progetto educativo che ha come obiettivo l’essere cittadini. Il naso rosso non è solo un pezzo di plastica e il clown non ci distrae dalla realtà ma ce la consegna liberandoci per vederla meglio. Il potere di questo libro sta nella possibilità che il lettore si dà di liberarsi.
Alessio AlessioDiDiModica Modica
ISBN 978-88-6153-723-1 ISBN 978-88-6153-723-1
9 788861 537231 9 788861 537231
edizioni la la meridiana edizioni meridiana p pa ar rt te en nz ze e
Alessio Di Modica
STAY CLOWN Viaggio alla scoperta dell’essere umani
Indice
Prefazione.......................................................... 9 Introduzione......................................................11 Il clown è una strada........................................13 Incontro con il clown.......................................15 Essere clown.....................................................17 Formazione.......................................................19 A un passo dal cielo..........................................21 I nemici.............................................................23 Sorprese ...........................................................33 Donne...............................................................35 Progetti.............................................................37 Taiwan...............................................................53 Cose che non dimenticherò mai.......................65 E quindi?..........................................................69
Prefazione
quando scegliamo di essere qualcuno e non di fare qualcosa. Un libro che non dice come ma ci immerge nel fare e nei fatti accaduti. Una partenza. Per educare. Perché questo libro è un inizio per indirizzare l’educare sempre di più al nostro essere umani. Elvira Zaccagnino editore
Questo libro rappresenta un unicum nella collana Partenze. Non è un manuale nel senso classico del termine. Nemmeno nel senso a cui i manuali della collana hanno sino ad ora abituato i nostri lettori. Il libro è il racconto di un’esperienza che nel farsi sperimenta metodi e contenuti non replicabili se non nella consapevolezza che diverso e divertirsi hanno la stessa radice e che, nella misura in cui abbiamo allontanato dai processi educativi e dalla nostra vita il divertimento, ci siamo chiusi alla scoperta dell’inedito dentro di noi e intorno a noi, abbiamo reso sterile l’apprendimento in ogni luogo dove la vita accade. Indossare un naso rosso è un gesto di coraggio. È l’inizio di un processo in cui esponendosi si rompe un paradigma di conoscenza e ci si apre alla scoperta. Essere clown non è fare il clown. Come essere educatore, insegnante, formatore non è fare l’educatore, l’insegnante, il formatore. Questo non è un dogma e nemmeno uno slogan. Ma un processo in divenire che il clown come l’educatore, l’insegnante, il formatore apprendono nel momento in cui indossano il loro abito da lavoro non usandolo come maschera. Il racconto dell’esperienza è il modo attraverso cui ognuno può apprendere non il come si fa ma cosa può accadere e possiamo far accadere STAY CLOWN
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Introduzione
La Sicilia è un pezzo di terra che si è staccata dall’Africa ma non ha voluto attaccarsi all’Europa, sta un po’ qua e un po’ la. È un’isola, un triangolo magico, un bacio che gli dei diedero al Mediterraneo, avvolta da luce potente, invasa da un delirio di colori e un inferno di odori. Una volta credevo che fosse il centro del mondo, la culla in cui ero nato per fortuna. Crescendo, ho capito che era solo l’angolo di mondo in cui vivevo, un punto di vista privilegiato circondato dal mare. Da quest’isola incantata parte il mio viaggio, non è un viaggio epico né mitologico, come tanti che ne sono partiti da qui. È un umano errare tra sogni, sorrisi, lacrime, paure, scoperte e incontri romantici, nel senso più ampio del termine, un viaggio alla scoperta della felicità. La felicità non come qualcosa che accade ma come qualcosa che va cercata e riscoperta ogni giorno.
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Il clown è una strada
si sceglie l’altezza a cui volare. A differenza del circo tradizionale, il clown moderno sceglie il contesto in cui farlo abbattendo i luoghi deputati allo spettacolo, non c’è pista, non c’è palco. La pista è il mondo. Ormai è possibile incontrare un clown ovunque. Il mio viaggio in un modo o in un altro comincia come tanti viaggi a casa, con mamma e papà che decidono di vestirmi da clown per Carnevale. Avevo otto anni e in quel vestito avevo una scusa per essere goffo, maldestro, disadattato, impaurito. Dentro quell’abito non avevo più paura di tutto questo né timore a fare scherzi e a prendere in giro chiunque mi capitasse sotto tiro, avevo una giustificazione per farlo.
Il teatro è un viaggio verso gli altri1. Implica la comunicazione e quindi il riconoscimento dell’altro che non può avvenire se non attraverso la conoscenza di se stessi. Il mio viaggio ancora continua, e questo libro lo racconta. Non è un’autobiografia o un manuale, è soltanto un insieme di storie, tutte vere, più vere di quello che si possa immaginare, fatti che un piccolo pezzo di plastica rossa sul naso mi ha dato la possibilità di vivere fino a farmi scoprire ciò che in ognuno era il mondo2.Mi piace raccontare storie e voglio dire cosa è capitato in questi anni incontrando tantissime persone da tutte le parti del mondo, narrare immagini, suggestioni, riflessioni di questo viaggio senza ritorno. È la voglia di cantare e di rivendicare il diritto di ogni persona, di ogni essere umano a essere felice. È una scusa per raccontare a voce alta, con gli occhi stupiti e il cuore colmo di gioia, anni di progetti, work camp, training, esperienze, missioni umanitarie, idee e sorprese. Il clown per me ha significato dare un altro colore alla vita, coraggio di volare ad alta quota, di sopportare vertigini, vomito, paure, rischiare di cadere, perché comunque vada le ali sono di cera. Si sceglie di volare come moderni Icaro e 1. Eugenio Barba. 2. Pier Paolo Pasolini, Il pianto della scavatrice.
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Incontro con il clown
Durante l’adolescenza e la giovinezza non riuscivo a gestire le energie. Per consumarle facevo tanti sport, sudavo e correvo molto, quando ero particolarmente eccitato mi tremavano le mani. Non ero felice: qualcosa dentro mi toglieva il respiro, non mi faceva godere delle cose, avevo un vuoto in mezzo al petto. A vent’anni, durante il workshop teatrale permanente di cui facevo parte, decidemmo con il gruppo di seguire un workshop di clownerie a Roma con Maurizio Fabbri, in arte Ciccio Clown. Studiavo psicologia, ero molto interessato ai clown che andavano in ospedale. Quando a Maurizio e ai suoi collaboratori dissi che mi sarebbe piaciuto fare il clown in ospedale avvertii una certa rigidità, mi dissero che bisognava studiare bene la tecnica e che molti lo facevano senza competenze specifiche, improvvisandosi. Nei giorni successivi al workshop ho scoperto che bisognava faticare molto per far ridere gli altri e per andarsene in giro con un naso rosso. Il clown può essere un percorso di formazione umana fondamentale. Dentro ognuno di noi vive un clown, servono solo chiavi per scoprirlo e strade per farlo venire fuori, per farlo emergere in mezzo al buio profondo che spesso ci accompagna. Durante quella settimana aprii me stesso buttando a terra muri
altissimi, durante quei giorni qualcosa dentro di me mutò profondamente e tutta la mia vita prese un’altra piega: ero cambiato, molto. Spesso ci chiudiamo a riccio, difendiamo le nostri parti vulnerabili con grandi muraglie. Il cambiamento porta all’abbattimento di questi muri, porta distruzione e macerie. Accettare le nostre macerie, i nostri muri abbattuti vuol dire accettare di cambiare, avere il coraggio di distruggere qualcosa. Rifiutare le rovine che stanno dentro di noi significa volerci mostrare diversi da ciò che siamo. Una volta ho sentito la storia di un architetto che faceva i tetti delle case storti, con forme davvero improbabili: qualcuno era curvo, altri con le punte verso il cielo, altri ancora sinuosi, altri squadrati con forme irregolari. Tutti guardavano questi tetti, curiosi e stupiti, anche un po’ storditi. Passavano lunghe ore a osservarli, con il naso per aria, senza comprendere il senso di quella bizzarra scelta architettonica. Un giorno qualcuno trovò il coraggio di avvicinarsi all’architetto che passeggiava per strada, anche lui guardando le sue opere, e chiedergli perché facesse questi tetti così strambi. Lui rispose: “Per fare da cornice al cielo. Costruire case, dal basso, che portino il nostro sguardo verso il cielo”. Questa è la tecnica. Lavoravo tanto, facevo il training, gli esercizi fisici, alcune nozioni di acrobatica, leggevo libri sulla felicità. Pensavo che il clown dovesse portare gioia, benessere e sorrisi. Tutti gli sforzi, lo studio, il lavoro, erano fatti per arrivare a questo. Mi sbagliavo e lo avrei scoperto qualche anno più tardi. Il clown è molto di più. Un grande maestro di teatro, Jacques Lecoque, ha detto: Il clown è una figura molto difficile, perché contiene in sé tutta la gamma di emozioni di un uomo o una donna. Per accostarsi ad esso devi conoscere molto bene te stesso, devi esplorare con onestà la tua intimità.
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Quando dissi questa frase per la prima volta al primo gruppo che dirigevo, non immaginavo che qualche anno dopo mi sarei trovato in Nepal col naso rosso e un vestito colorato ad ascoltare le storie di donne nepalesi che avevano subito violenza. Avevano deciso di non parlare più con gli uomini del posto e preferivano farlo con noi: eravamo vestiti così, eravamo stranieri, eppure eravamo i primi uomini ad avere un contatto fisico con loro dopo la violenza. Quando siamo arrivati come al solito c’erano musiche e danze, poi ci siamo seduti e a gruppetti hanno voluto che le ascoltassimo. Tutto quello che sapevo e che pensavo sul clown, sulla gioia e la felicità, si sgretolava parola dopo parola, ero colpito nel profondo e nello studio di quest’arte: cos’è il clown? È la nostra parte più intima? La nostra intimità è sempre in evoluzione e col clown va ad incontrare altre mille intimità. Per percepire quella degli altri bisogna essere puliti e ricettivi. In un microsecondo bisogna riconoscere chi c’è davanti, cosa vuole comunicarci, che vibrazioni ci arrivano, a che gioco giocare. Per far questo abbiamo a disposizione la più piccola maschera del mondo: il naso rosso. Il naso è l’antenna del viso, è la parte più vicina a una persona quando la incontriamo. Ma per prima cosa chiediamoci di che essenza siamo fatti, che strada vogliamo percorrere. Essere clown o fare il clown?
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Alessio Di Modica
Essere clown
La roulette della vita ci fa nascere in un posto piuttosto che in un altro, ma il paese straniero è sempre dietro l’angolo e la porta di casa è sempre lontana. Ho imparato che lo scopo di un gruppo clown è quello di creare e costruire casa ovunque. C’è una parola che lo spiega bene: accoglienza. Per questo le donne hanno qualcosa in più degli uomini per essere clown: innanzitutto per quell’innato senso materno di accoglienza e poi perché il loro amore è incondizionato. La madre ci dà la vita senza chiedere nulla in cambio. Così è l’amore del clown. Molti di quelli che ho incontrato negli anni in giro per l’Italia dicevano: “Quando ho il naso rosso sto meglio, per questo faccio il clown”. Non mi convinceva. Spesso assistevo a meeting che più che condivisioni sembravano terapie di gruppo fatte male. Questo non è slancio emotivo verso gli altri ma sano egoismo che sporca l’energia che dovrebbe arrivare pulita e pura alle persone. Per carità, nulla di letale per gli altri, ma per il clown che vive in ognuno di noi e che vuole venire fuori è mortale: questa modalità di approcciarsi ad esso non gli dà spazio, non lo nutre d’amore ma cresce nella vanità e nell’egoismo di azioni mirate al proprio personale benessere. Se quelli che incontriamo si sentono esclusi dall’amore che diamo, non stiamo parlando di clown ma di altro. È
importante essere aperti per scordarci con disinvoltura di noi durante i clowning e concentrarci sugli altri. Finito l’incontro o la visita, torniamo a occuparci di noi stessi, per ricaricare e pulire le energie. Per dare amore bisogna amarsi, dedicare tempo a sé, conoscere e amare il proprio corpo. Ma quando sei lì in bilico, tra un’emozione e un’incertezza, non ha importanza cosa pensi e cosa provi tu, è importante quale gioco e quale emozione riceva chi sta lì a guardare. Quel che conta è mettere in circolo energie positive perché di questo c’è bisogno e anche perché le energie negative, a differenza di quelle positive, ritrovano sempre la strada di casa. Nell’era della comunicazione globale siamo sempre più razzisti: in Francia e in Italia con i rumeni, in Italia anche con i migranti e i cinesi, i libici con i centroafricani, in Australia coi coreani, in Russia con i ceceni e la lista sarebbe infinita. Il cuore ha un linguaggio universale che supera barriere e crea casa, una grande casa per il mondo e nel mondo. Quando hanno portato i primi migranti dall’Africa nella mia città, li hanno portati in una scuola in disuso, unico posto che potevano adattare a dormitorio, una scuola di quartiere. Un partito politico ha organizzato una manifestazione per dire No ai migranti perché rendevano il quartiere insicuro e sporco. Hanno coinvolto gli abitanti e questi, il giorno dell’arrivo dei migranti, sono scesi per strada e si sono messi davanti alla scuola con l’idea di far sentire la propria presenza e tentare di bloccare l’autobus. Appena dal bus sono scesi quaranta minori non accompagnati, invece, se la sono presa con gli organizzatori della dimostrazione e sono stati quelli a rischiare il linciaggio. “Ma sono ragazzini – dicevano le signore – Potrebbero essere i nostri nipoti” e andavano a casa a prendere vestiti, cibo, scarpe. Nelle settimane successive il quartiere ha preso a cuore questi ragazzi come nipoti e figli adottivi. È sempre così, nonostante le apparenze e i proSTAY CLOWN
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clami, l’umanità in un modo o nell’altro prima o poi vince. Una famosa leggenda indios racconta che un nonno disse al nipote: “Nel nostro cuore ci sono due lupi in lotta fra loro. Uno è vendicativo, violento, invidioso, l’altro compassionevole, amorevole, affezionato”. Il nipote chiese: “Chi vincerà?”. E il nonno rispose: “Quello che tu nutrirai”. Essere clown vuol dire nutrire i sentimenti più puri nella vita quotidiana, non solo quando indossi il naso rosso. Questo lavoro tocca corde molto profonde e qualcuno reagisce anche male. Accostarsi all’arte del clown significa prendere una strada e perdersi, senza mai dimenticare il gusto del viaggio. Da questa cittadina di provincia ho cominciato il mio viaggio e qui lo continuo, perché il clown mi ha fatto scoprire che il percorso nel mio personale e poi nello sconfinato universo degli altri è il viaggio più interessante.
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Alessio Di Modica
Formazione
Così ho cominciato a viaggiare, a seguire laboratori in giro per l’Italia e non solo, a scrivere tutto per poter rifare e studiare meglio gli esercizi. Ho incontrato maestri e compagni di viaggio, ho approfondito la tecnica. Partecipare ai workshop mi piaceva molto, buttarmi nella mischia, divertirmi, improvvisare, mettermi in gioco. Mi ritengo fortunato perché quasi tutti i workshop che ho fatto mi hanno dato qualcosa e sono stati su alti livelli di formazione, molto importanti per acquisire strumenti. Dico che sono stato fortunato perché non è che sia sempre così, esistono molti docenti con poche competenze e molti corsi organizzati così come capita, c’è chi fa percorsi formativi molto superficiali. Poi ho cominciato a tenerli io i workshop, il tempo a disposizione è diminuito e così ne seguivo sempre di meno e ne tenevo sempre di più. Dedico sempre una parte importante, forse la più importante dei nostri progetti, alla formazione. Lavoro su tecniche semplici e basilari che aiutano i partecipanti a conoscere il clown che vive in ognuno di noi, attraverso un training teatrale che mette in ascolto del proprio corpo per riconoscere le macerie personali e le vibrazioni degli altri. Dopo pochi giorni diventa un cammino verso la parte più selvaggia e poetica dell’anima. Poi arriva il momento in cui ognuno in un modo
o nell’altro incontra il proprio bambino che vive dentro e si prende la responsabilità di liberarlo. Il lavoro che propongo è davvero semplice: riabilitare i partecipanti a giocare come quando erano piccoli, usando una serie di giochi che li mettono in relazione con le persone che incontrano. Questo lavoro porta a una riscoperta di se stessi e ovviamente all’incontro con gli altri. Credo che un training base per chi si appresti a fare il clowning sia importante e diffido di chi non lo fa. La formazione, oltre alla scoperta, porta al radicamento come gruppo e verso se stessi. Ognuno scopre le proprie radici sia culturali che personali, incontra i suoi limiti, i suoi nemici, parti della sua vita grigie o troppo luminose. Ci poniamo nella ricerca del come e perché facciamo questo, cercando strade collettive col gruppo e personali dentro noi stessi, lasciandoci giocare. Dopo la formazione ci sono le visite. Le visite si svolgono così: si prepara una performance di solito con canti, ninne nanne, filastrocche o danze dei propri paesi d’appartenenza, così da dare la dimensione internazionale del gruppo, ovviamente questo quando i partecipanti provengono da diversi paesi. Poi, alcune gag a piccoli gruppi che si elaborano durante il workshop per imparare a preparare una gag. Una o due gag corali (di solito in apertura e in chiusura) che si elaborano insieme. Questa è la performance. Poi c’è il free clowning in cui ognuno, libero per lo spazio e solo con il proprio personaggio, crea micro relazioni singole con le persone. Ciò vale per mettersi in gioco e avere connessioni profonde. Per farlo bisogna stimolare la parte istintiva di sé e perdersi: Cos’è il genio? È fantasia, decisione, intuizione, velocità d’esecuzione. In questa frase del film Amici miei è racchiusa la formula del free clowing perfetto. A volte facciamo visite solo di free clowning, dipende molto dallo spazio. Sia la visita che il free clowing lo chiamiamo semplicemente clowning. Questo per capire in che situazioni accadono le STAY CLOWN
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cose che racconterò. So che potrebbe sembrare un cliché, ma la prima volta che ho fatto free clowning è stato al ritorno da Roma sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. C’era una lunga fila di auto, a tratti si andava a passo d’uomo ma soprattutto si stava fermi. Visto che non guidavo io, ho tirato fuori il naso rosso fresco fresco, l’ho indossato e me ne sono andato tra le automobili ferme. La reazione delle persone è stata tra il divertito e l’indifferente. Mi sono subito reso conto come quel piccolo pezzo di plastica rossa sulla faccia smorzasse la tensione di chi era bloccato in autostrada. C’era il sole, l’asfalto bruciava, faceva caldo. Tornavo a casa come nuovo: molto più stupido e molto più felice. Nulla mi poteva fermare, solo l’autostrada, ma stavo così bene che sarei potuto andare a piedi. Quattro anni dopo avrei fatto lo stesso, per molto più tempo, davanti al Buddha Temple in Nepal, ma questo non lo sapevo ancora, nemmeno lo immaginavo potesse essere possibile.
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Alessio Di Modica
Alessio Di Modica è cuntista, attore, clown, regista ed onironauta (viaggiatore dell’onirico). La sua ricerca artistica parte dalla tradizione narrativa siciliana a cui intreccia linguaggi e tecniche teatrali contemporanee. Da anni lavora su uno stile personale e originale di messa in scena e di pedagogia teatrale. Ha pubblicato diversi testi di teatro, narrativa e poesia.
In copertina disegno di Fabio Magnasciutti In copertina disegno di Fabio Magnasciutti
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ISBN 978-88-6153-723-1 ISBN 978-88-6153-723-1
9 788861 537231 9 788861 537231
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