Ti voglio bene

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la meridiana collana paginealtre

ISBN 978-88-6153-126-0

edizioni la meridiana

Euro 7,00 (I.i.)

edizioni la meridiana

cianomagentagiallonero

I giorni della Pasqua

Ti voglio bene. I giorni della Pasqua

TI VOGLIO BENE

Vorrei dire a tutti, ad uno ad uno, guardandolo negli occhi: “Ti voglio bene!”. Così come, non potendo adesso stringere la mano a ciascuno, venendo vicino a voi, personalmente, vorrei dire: Ti voglio bene! Sono, queste, le parole ultime rivolte dal vescovo alla sua Chiesa. Questa raccolta conserva come scrigno prezioso gli ultimi e più intensi messaggi di amore del padre che parte. Vi sono racchiusi gli ultimi tre mesi di vita, il tempo in cui, sulla “cattedra della sofferenza”, ha trasformato il letto di dolore in luminoso altare dal quale dipartiva fluente l’olio della speranza. Queste pagine raccolte prima dal settimanale diocesano “Luce e Vita” sono messe ora a disposizione dei lettori perché il magistero autorevole del profeta possa continuare a suscitare aneliti di speranza.

“Profumate il mondo. Il popolo, rinnovato dal vostro esempio e sospinto dal vostro entusiasmo, vi cinga di solidarietà, di affetti e di collaborazioni sincere. Cantate la speranza. E se io non potrò immergermi nel vostro concerto posso darvene ancora l’intonazione.”

AntonioBello

Antonio Bello TI VOGLIO BENE

“Profumate il mondo. Il popolo, rinnovato dal vostro esempio e sospinto dal vostro entusiasmo, vi cinga di solidarietà, di affetti e di collaborazioni sincere. Cantate la speranza. E se io non potrò immergermi nel vostro concerto posso darvene ancora l’intonazione.”

www.lameridiana.it

Antonio Bello è stato vescovo di Molfetta e presidente nazionale di Pax Christi. La sua scelta pastorale, vissuta sull’opzione radicale degli ultimi, e il suo impegno per la promozione della pace, della nonviolenza, della giustizia e della solidarietà, lo rendono ancora oggi, dopo la sua morte, tra i più audaci profeti dei nostri giorni.


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Antonio Bello

Ti voglio bene I giorni della Pasqua A cura di Ignazio Pansini

Presentazione di Card. Carlo Maria Martini

edizioni la meridiana p a g i n e a l t r e


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Indice

Presentazione

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Voglio guarire, soprattutto per voi

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Una croce con le ali

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Violenze subdole

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Cari sacerdoti

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Un pieno di gioia

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Introdurre Maria nei propri affari

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Come linfa vitale

29

Un Dio che sconcerta

37

Oh freedom!

41

Fare spreco di generositĂ

45

La stagione degli uomini liberi

51

Domicilio di Cristo

53

Il Calvario

57

Torchio e Spirito

63

Non contristatevi!

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Vi benedico!

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Presentazione

Ho letto con viva commozione questa raccolta degli ultimi messaggi di Sua Eccellenza Mons. Tonino Bello, mio carissimo confratello nell’episcopato, che dal 1982 ha guidato la diocesi di Molfetta e che il Signore ha prematuramente chiamato a Sé lasciando nei nostri cuori un grande vuoto. Rivolgo il più cordiale ringraziamento per aver pensato di pubblicare gli scritti che hanno segnato il periodo della sua dolorosa malattia, e mi pare di vedervi espresse bene alcune caratteristiche della sua vita sacerdotale: la centralità assoluta del mistero di Gesù crocifisso e risorto, il cammino della sua conformazione a Cristo in spirito di umiltà, povertà e fiducioso abbandono, la passione per l’annuncio della gioia del Vangelo, l’amore alla Chiesa e alla porzione del popolo di Dio che gli era stata affidata, la ricerca del dialogo continuo con la storia e con tutti gli uomini e le donne della terra, il desiderio ardente della pace, la speranza che la croce cambierà il mondo. E vorrei sottolineare almeno qualche parola sulla sua personale esperienza della sofferenza: «Se dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti (non sconfitti), il 7


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mondo si scompenserebbe. È come se venisse a mancare l’ossigeno nell’aria, il sangue nelle vene, il sonno nella notte. La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo. Nella stessa misura in cui la passione di Gesù sorregge il cammino dell’universo verso il traguardo del Regno». E ancora: «Il nostro dolore alimenta l’economia sommersa della grazia. È come un rigagnolo che va ad ingrossare il fiume di Cristo. Il Calvario è lo scrigno nel quale si concentra tutto l’amore di Dio… Anche noi, sulla croce, rendiamo più pura l’umanità e più buono il mondo… Il Calvario non è soltanto la fontana della carità, ma anche la sorgente della grazia». Questo prezioso insegnamento sulla prova e sulla sofferenza è molto utile per tutti noi che viviamo in tempi e in condizioni difficili, e mi auguro che la presente raccolta possa ottenere un largo favore da parte di quanti la mediteranno. Milano, 11 ottobre 1993 + Carlo Maria Martini

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Voglio guarire, soprattutto per voi

1 febbraio 1993 Lettera alla Chiesa di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo.

Carissimi, vi scrivo da Alessano, mio paese natale. Ma è come se vi scrivessi dall’esilio. Lontano da voi, mi sento al confino. Sono obbligato, comunque, a fermarmi qui per non aggravare i compiti di assistenza a chi mi sta accanto, e anche perché è pensabile che, lontano dai problemi pastorali quotidiani, la ripresa fisica sarà più facile. D’altra parte, anche stando a Molfetta, non sarei in grado di far nulla di valido. Convivo con un dolore sordo, persistente, che non mi dà tregua neppure di notte. Sono, però, contento di offrire queste sofferenze per voi. La mia situazione attuale è la seguente. Dopo che ho fatto tre cicli di chemioterapia, mi sono recato a Parigi per una visita presso l’ospedale «Gustave Russie». Lì mi hanno sospeso la chemioterapia, troppo devastante per le condizioni di 9


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Antonio Bello

debolezza in cui mi trovo, e mi hanno prescritto un ciclo di radioterapia che, penso, sarà piuttosto lungo. Tra qualche giorno andrò a Roma, al Gemelli, per concordare tempi e modalità per questo nuovo trattamento. Si infittiscono così i viaggi della speranza: non demordo. Ce la sto mettendo tutta per non lasciarmi abbattere. Domenica, 7 febbraio celebriamo la «Giornata della Vita»: credo che questa celebrazione ci impegna non solo a rispettare la vita che nasce e che si spegne, ma anche a conservare, finché è possibile, la vita in difficoltà. Vado avanti con fiducia. Voglio guarire, soprattutto per voi, per non farvi soffrire pastoralmente: le assenze dalla diocesi mi stanno pesando come macigni. Spero di riscattarmi dopo, con un supplemento di impegno. Voglio ringraziarvi per i messaggi, le lettere, i telegrammi, le telefonate. Come vorrei poter rispondere a tutti! Ma non ce la faccio, perché mi pesa anche scrivere. Però, vi dico, che le vostre attestazioni di affetto mi hanno tanto sollevato. Vi ringrazio anche per le tante preghiere che state innalzando al Signore per me. Non voglio andare oltre. Vi faccio tanti auguri. Per la vostra vita, per i vostri progetti, per la vostra crescita interiore. Seguite sempre la legge del Signore e attenetevi alle indicazioni della comunità, ascoltando i vostri sacerdoti che, in questi mesi, stanno egregiamente supplendo alla mia assenza, non facendovela quasi sentire. Li voglio ringraziare, assicurandoli del mol10


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Ti voglio bene

tiplicarsi del mio affetto per loro. Un saluto cordiale ai giovani. Mi viene tanta nostalgia quando penso che gli anni passati, a partire da questo periodo fino a Pasqua, andavo per le scuole a presenziare alle assemblee e a rivolgere parole di speranza e di coraggio agli studenti. Non fa nulla. Riprenderemo un giorno, ne sono certo. Un saluto particolare agli ammalati: coraggio, ce la faremo. Il Signore ci ama e non si dimentica di nessuno. Tanti auguri a quanti portano il nome di Biagio e ai Corrado. Quest’anno per la festa non ci sarò. Ma vi sarò ugualmente vicino con la preghiera e col pensiero. I patroni delle nostre città, insieme con la Madonna dei Martiri (la comune madre che veneriamo anche con i titoli di Madonna delle Grazie, di Corsignano e di Sovereto) vi custodiscano e vi proteggano, come singoli e come comunità. Vi abbraccio con affetto.

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Una croce con le ali

17 febbraio 1993 Messaggio scritto al rientro in diocesi.

Carissimi, eccomi finalmente tornato a casa! Mi avevano mandato nel mio paese natale per un po’ di riposo, che avrei dovuto esprimere con passeggiate sul mare e vita all’aria aperta. Ma quando mi sono accorto che non c’era nulla di tutto questo, perché soffrivo molto a causa dei dolori, mi son detto: «Tanto vale andare a Molfetta». Un vescovo deve soffrire e morire tra i suoi figli dove il Signore lo ha collocato. Sono contento di questo, e farò di tutto per non rendere pastoralmente inutile questo periodo di difficoltà. Anzi, ho intenzione di inventare qualcosa; magari collegandomi con tutti gli ammalati della diocesi e, con me a capo, organizzare corali di implorazione per la crescita del regno di Dio. Non vi voglio stancare, ma ieri un mio amico sacerdote, don Onorino Cacciatore, mi ha detto: «Certo lo stemma te lo sei indovinato: una croce senza peso perché sorretta da due ali».

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Non ci avevo pensato mai, anche perchÊ quello è lo stemma del mio paese e io non sapevo cosa scegliere quando sono stato ordinato Vescovo. Una croce con le ali, una croce senza peso. Non vi sembra una promessa ed un colpo di speranza con cui il Signore ci invita, nonostante tutti i dolori della terra e nonostante le stroncature dei nostri programmi, ad avere fiducia nella sua misericordia? Un affettuoso saluto.

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Violenze subdole

19 febbraio 1993 Messaggio registrato e inviato ai partecipanti al corso «Nonviolenza come educazione ai rapporti» - Parrocchia Madonna della Pace - Molfetta.

Carissimi amici, non posso essere presente tra voi, per adesso. Spero che tra qualche mese le mie condizioni di salute mi permettano di riprendere con lo slancio di prima un po’ tutti gli impegni. Comunque sono felice che questa sera concludete a buon porto un corso molto impegnativo sulla nonviolenza, sulla pace, sulla difesa popolare nonviolenta: temi, questi, che oggi stanno agitando l’umanità ma che ancora non sono entrati nell’immaginario pubblico della gente, specialmente dei credenti. Io penso che è ora che si cominci proprio dalle parrocchie, dalle nostre piccole comunità, a capire davvero il significato profetico-evangelico della nonviolenza attiva: come la pensava Gesù a riguardo. Come egli la pensava a proposito dei cannoni che non c’erano ma che erano sostituiti, a quel

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tempo, da tante altre violenze subdole: le violenze subdole alle quali noi forse non poniamo attenzione oggi. Perché non c’è solo la violenza delle armi. C’è la violenza del linguaggio quando, per esempio, si risponde male ad una persona anche se si ha ragione. Quello è linguaggio violento. Quando si vuol coartare, piegare la volontà degli altri alla propria, quello è un atteggiamento di egemonia, di superbia. È un atteggiamento violento. Quando educatori, genitori, maestri più che modellare l’animo dei discepoli o dei figli (in funzione della loro autentica crescita umana) la modellano secondo progetti anche splendidi, però caparbiamente modellati sulle proprie vedute: allora corrono il rischio della violenza. Quando vantiamo un prestigio anche forse meritato, per cui chi ci vede magari ha paura di noi: anche questa è violenza. Bisogna stare attenti nell’allacciare rapporti umani più credibili, più veri. Basati sulla contemplazione del volto. Basati sulla stretta di mano che non contenga nascosta la lama di un coltello. Rapporti umani basati sull’etica del volto, dello sguardo. Dobbiamo sviluppare l’etica dell’altro, arricchirci della presenza dell’altro. Prima si teorizzava sull’essere. I filosofi del primo millennio ne hanno sviluppato le implicanze. Poi sono venuti quelli del secondo millennio e hanno impostato tutto sulla categoria dell’io. Adesso speriamo, e ci sono dei segni molto pro16


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mettenti, che ci si poggi sulla categoria dell’altro. In principio era «l’altro» e non «l’io». In principio era l’altro. L’altro intronizzato, messo al centro della propria attenzione. Lo so che possono sembrare affermazioni fumose, dette in tal modo da un delirante. Però vi dico che queste sono le idee vincenti del domani perché sono state seminate già parecchio tempo fa e non sempre da pensatori cristiani, ma anche da uomini di pensiero pagani. Ormai c’è un entroterra culturale che va diventando sempre più serio, sempre più vasto, sempre più scientifico. Vi faccio tanti auguri. Buona prosecuzione di lavoro e arrivederci a presto.

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Vorrei dire a tutti, ad uno ad uno, guardandolo negli occhi: “Ti voglio bene!”. Così come, non potendo adesso stringere la mano a ciascuno, venendo vicino a voi, personalmente, vorrei dire: Ti voglio bene! Sono, queste, le parole ultime rivolte dal vescovo alla sua Chiesa. Questa raccolta conserva come scrigno prezioso gli ultimi e più intensi messaggi di amore del padre che parte. Vi sono racchiusi gli ultimi tre mesi di vita, il tempo in cui, sulla “cattedra della sofferenza”, ha trasformato il letto di dolore in luminoso altare dal quale dipartiva fluente l’olio della speranza. Queste pagine raccolte prima dal settimanale diocesano “Luce e Vita” sono messe ora a disposizione dei lettori perché il magistero autorevole del profeta possa continuare a suscitare aneliti di speranza.

“Profumate il mondo. Il popolo, rinnovato dal vostro esempio e sospinto dal vostro entusiasmo, vi cinga di solidarietà, di affetti e di collaborazioni sincere. Cantate la speranza. E se io non potrò immergermi nel vostro concerto posso darvene ancora l’intonazione.”

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Antonio Bello TI VOGLIO BENE

“Profumate il mondo. Il popolo, rinnovato dal vostro esempio e sospinto dal vostro entusiasmo, vi cinga di solidarietà, di affetti e di collaborazioni sincere. Cantate la speranza. E se io non potrò immergermi nel vostro concerto posso darvene ancora l’intonazione.”

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Antonio Bello è stato vescovo di Molfetta e presidente nazionale di Pax Christi. La sua scelta pastorale, vissuta sull’opzione radicale degli ultimi, e il suo impegno per la promozione della pace, della nonviolenza, della giustizia e della solidarietà, lo rendono ancora oggi, dopo la sua morte, tra i più audaci profeti dei nostri giorni.


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