Sarà mai una grazia la diversità?

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Andrea Viatore José María Castillo edizioni la meridiana edizioni la meridiana paginealtre paginealtre

ISBN 978-88-6153-656-2

ISBN 978-88-6153-698-2

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9 9 7788 88 88 66 11 553366958 62 2

edizioni la meridiana

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L’umanità di Gesù

Sara’ mai una grazia la diversita’?

José María Castillo (1929) è stato proAndrea Viatore è il nome dall’aufessore nella Facoltà discelto Teologia di tore, sacerdote e studioso di problemi Granada, professore invitato all’Uniteologici e psicologici, che nella atversità Gregoriana di Roma, allasua PontitivitàUniversità pastorale ha incontrato molto doficia Comillas di Madrid ed all’Università Centroamericana lore di persone di orientamento(UCA) omodi El Salvador. sessuale, sia non credenti che credenti. Nel 2011 ha ricevuto titolo dottore Molti di questi ultimiilnon si di rassegnahonoris causa dall’Università di Granavano all’emarginazione e all’ostracismo da ed èall’interno autore di delle numerose pubblicatrovato comunità ecclezioni con ampio successo editoriale. siali. L’Autore, ascoltando le loro storie e accompagnandole nel cammino di Con pubblicato fede,la hameridiana tentato di ha essere per loroL’umafratelnità di Dio (2014) e La laicità lo e segno della benevolenzadel delVangelo Padre (2016). scegliendo anche per questo di usare un nome di fantasia.

José María Castillo

Andrea Viatore

L’umanità di Gesù Sara’ mai una grazia la diversita’? Sacerdozio e omosessualita’ raggiungere

È possibile el “divino” d a z z e n e i p la sura in cui i m a l l e n o l so onseguire c l e n o m a i n ci impeg ’”umano”. l l e d a z z e n e la pi evini mendti itupailù ro i p s m o a d i n t a n n mpadgive i io Acocèo, Ci altian’, cfuui ea r n i , e n a r su re che Dio gi eolvla emi questo n capi ù umani. uali a e r e esce pi o m a cr a omosess i t n div o persone

aver creat icita’ non poteva oro la fel l r e p e r a der e non desi puo’ dare. e r o m a ’ l o che sol

È possibile raggiungere la pienezza Questo è il risultato di misura un percordellibro “divino” solo nella in cui ci so richiesto da alcuni sacerdoti omosesimpegniamo a conseguire la pienezza possiamo arrivareil a essuali dell’“umano”; che, volendo vivere con fedeltà sere “piùsacerdotale divini” solo diventando loro carisma e non nascon- “più umani”. Questa proposta deve invadedendo innanzitutto a se stessi la propria re e impregnare tutta la vita e l’attività omosessualità, hanno scelto di essere della Chiesa: la sua teologia,spiriil suo siaccompagnati in una direzione stema organizzativo, la sua morale, le tuale in cui esporsi non ha significato sue leggi, la sua presenza nella società e nascondere una nella partevita di esenella stessi. Un soprattutto spiritualità libro dei percristiani. questo onesto che non vuole erigere barricate o chiedere lasciapassaÈ una proposta che deriva dal centro re mastesso accogliere diversità nelle comudellalefede cristiana: il Dio del nità eCristianesimo farsi accogliere dallaincarnato”. comunità. Cioè è il “Dio il “Dio cheall’interno si è fatto conoIl tema dellaumanizzato” omosessualità in èunestremamente essere umano,dibattuto Gesù di Nadellascere Chiesa zareth. Ma nella storia del e controverso. La posizione non Cristianesigiudifatto l’umanitàrichiede di Gesùperò e le sue cantemo di di Papa Francesco conseguenze sono state più difficili ancora un grande sforzo da parte di da accettare della divinità di Cristo. Quetutti a non negare l’esistenza di sacersta difficoltà porta direttamente a dover doti omosessuali. Solodomanda: non negando la affrontare questa chi occupa realtàrealmente si può aiutare chi la vive a non il centro della vita della Chiesentirsi o clandestino. sa, condannato Gesù e il suo Vangelo o san Paolo e Queste pagine ci aiutano a capire che il la sua teologia? servizio e la fedeltà a Dio sono va- alA partire da questa si non materializzano tri interrogativi: dove e da chi si sono lutabili e giudicabili da dall’orientamento presi i grandi temi che si propongono e sessuale. si spiegano nella cattolica? Un libro che libera tuttiteologia i credenti e può Su cosa o come si giustificano il culto, i riti aiutare la Chiesa tutta ad essere onesta e in generale la liturgia che si celebra con tutti i suoi figli. nei nostri templi? A partire da chi e da quali argomenti si legittima il modo di governare che si esercita nella Chiesa? Quale modalità di presenza deve avere la Chiesa? Perché il Cristianesimo appare più come una religione e molto meno come la presenza del Vangelo di Gesù nel nostro mondo? Finché la Chiesa non affronta queste questioni e dà loro la dovuta risposta, non potrà recuperare la sua identità e compiere la sua missione nel mondo.

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Andrea Viatore

SarĂ mai una grazia la diversitĂ ? Sacerdozio e omosessualitĂ

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Indice

Introduzione 7

Parte Prima – Grovigli Un miscuglio di problemi “Ho incontrato…”

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Parte Seconda – Testimonianze Sdrammatizziamo! 35 La diversità è un messaggio per la Chiesa? 39 Dio ama anche i gay 51 Dalla parte degli Anawim di Jhwh 58 Preti in ricerca di verità e autenticità 60 Una mano tesa 64 Camminando con preti omo-orientati 70 Un dramma di coscienza 80 Potrò mai vivere in modo autentico? 82 Parte Terza – In cerca di risposte Poche risposte a tante domande 89 La mia rivoluzione copernicana 95 Le mani addosso 100 Una Chiesa a servizio dell’uomo non sarà mai una “casta sacerdotale al potere” 106 Appendice 1 Infanzia abusata e pedofilia Può la Chiesa trovare luce dopo gli scandali della pedofilia tra preti?

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Appendice 2 Le strane vie di un Dio “eretico” Diversi e diversità in una parrocchia urbana

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Bibliografia 157

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Introduzione

Nella mia lunga esistenza presbiterale ho incontrato – come tanti altri preti – molti ragazzi e ragazze con tendenze omosessuali. Forse sarebbe più esatto dire che mi sono imbattuto nel dolore di creature emarginate, disprezzate, costrette al silenzio, chiuse in se stesse, estranee al loro corpo. La mia esperienza non differisce da quella di un comune docente di scuola media superiore ma, in qualche modo, diventa privilegiata per il mio stesso essere “patologo dei nostri spiriti” – come diceva un amico – cioè prete e membro di consultori familiari. Ho ancora oggi rapporti di amicizia vera con molti gay e lesbiche e devo dire che molto imparo dalla loro incredibile ricchezza interiore, gentilezza d’animo, capacità introspettiva, sensibilità particolare di fronte al dolore del mondo; come molto ho imparato dalla psichiatria e dalle scienze umane, dopo gli anni dei miei studi di psicologia in cui era condivisa l’idea che l’omosessualità fosse una forma di nevrosi o comunque non sussisteva senza una nevrosi. In altri termini: l’omosessualità o era una malattia o una perversione. La condizione omosessuale acquista particolari toni quando a scoprirla in sé è un prete, un seminarista o una suora. Se in certe nazioni e perfino nella società civile – chiamiamola così – è difficile conservare integra la propria dignità, e a volte perfino l’integrità fisica e la vita, ieri come oggi, nell’ambiente clericale si rischia l’emarginazione assoluta e l’esclusione dallo stato sacerdotale e religioso. Pericoloso anche osare affermare che una vocazione “soprannaturale” tocca la persona umana più che il suo genere – comunque 7

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non solo il suo genere – e che, quindi, determinati “respingimenti” potrebbero essere fuori luogo. Pensieri come questi, espressi in pubblico, possono comportare una sorta di morte spirituale all’interno della comunità credente, di invisibilità, di sospetto, se non di pratica negazione di esistenza. Gli emarginati o gli esclusi vivono drammaticamente questi provvedimenti e questi giudizi, ed elaborano con molta difficoltà e molto lentamente tale “lutto”. Tanto più profondo è il dolore quanto più nitida è la coscienza dell’autenticità della propria vocazione al ministero ordinato o alla vita consacrata. Ho avuto la fortuna di incontrare gruppi di giovani gay e, successivamente, un gruppo di preti omosessuali. In questi gruppi le persone parlano con più libertà, perché sentono di essere capite fino in fondo e di non essere censurate. La considero una vera grazia, per chi vi è ammesso, sentire i loro discorsi, tanto grande quanto immenso è il dolore che ne deriva dal constatare come l’idiozia umana chiuda gli occhi su una realtà che può non essere né malattia, né vizio, ma una sorta di inedita identità1. Nato dal dolore incomunicabile e nutrito dal bisogno di un confronto chiaro per la cura della propria anima e del carisma sacerdotale un gruppo di preti gay mi ha chiesto di farmi tramite di diversi urgenti messaggi, che vorrebbero lanciare prima di tutto al “popolo di Dio” – ancora così   La Dottrina della Chiesa non prevede questo tipo di omosessualità. Parla solo di vizio e perversione. Un documento della Congregazione della fede del 1986 definisce “oggettivamente disordinata” l’inclinazione omosessuale; un disordine intrinseco. Psicoterapeuti accorti hanno rilevato come migliaia di cattolici gay, che hanno cercato di accettare quella dottrina, conformandosi a essa, hanno messo in pericolo, fino a comprometterla definitivamente, la loro salute mentale, la stima di sé e la loro voglia di vivere. Mi chiedo: non doveva accadere l’opposto? Ovvero non sarebbero dovuti essere “liberati” da quella “verità” proclamata dalla Congregazione della fede? 1

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largamente influenzato dal razzismo omofobico2 – poi alla Chiesa istituzionale, affinché riconsideri la questione, con più saggezza e lungimiranza, tenendo conto non solo delle proprie idee tradizionali, ma anche (e soprattutto) della sofferenza sempre nuova che esse generano in creature vive e credenti. È realistica l’idea che se questi messaggi partissero direttamente da loro, dalla comunità di preti gay, farebbero la stessa fine di altri lanciati nel passato: sarebbero semplicemente ignorati. Questa è la genesi e la finalità di questo libro; ma cosa contiene? Messaggi e nulla più, sotto forma di testimonianza diretta e di considerazioni forse più teoriche, mai però astratte. Per meglio definirle si può parlare di testimonianze di persone omosessuali e di chi ha contatti con persone omosessuali. Ma ciò che contiene realmente è soprattutto il dolore che emerge tra le righe. Dolore e delusioni cocenti. È doveroso sottolineare che le pagine che seguono non hanno alcun obiettivo di convincimento o persuasione; non intendono incoraggiare o giustificare nessuna presunta “lobby” omosessuale all’interno del clero; non si prefiggono di indurre dibattiti di natura morale, contrapponendo opinioni a opinioni. Gli autori delle testimonianze mirano solo a creare un varco di buone speranze, un’apertura verso l’ascolto tanto auspicato. Dal 5 al 7 ottobre 2018 si è tenuto ad Albano Laziale   Scrive un amico: “Il nostro messaggio oltre che alla Chiesa istituzionale (chi sa se cambierà?) va rivolto in modo particolare alla Chiesa del basso, cioè a tanti altri fratelli e sorelle, perché sappiano che di certe cose si può parlare, anzi si deve serenamente parlare. È necessario in senso buono parlarne, per se stessi, per una comprensione profonda e pacifica di se stessi. E direi perché nasca una nuova comprensione guidata dalla misericordia!”. 2

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il “Forum italiano dei cristiani Lgbt”, che ha riunito la comunità Lgbt cattolica, accompagnata da genitori e operatori pastorali (pastori e laici) provenienti da numerose diocesi italiane. Lo scopo del Forum era confrontarsi e scoprire insieme “quali segni e prodigi Dio ha compiuto per mezzo di loro” (At 15,12) e per contribuire a costruire nelle nostre comunità cristiane dei “ponti di accoglienza, ascolto e riconciliazione”. Ci sembra significativo che “L’Avvenire” abbia parlato del Forum in questi termini: Si chiamano cristiani Lgbt. Pregano, riflettono sulla propria condizione e mandano ai vescovi documenti con proposte pastorali. Sono anche riuniti in un Forum che chiama a raccolta chi, ritrovandosi in questa complessa “frontiera esistenziale”, non intende rinunciare a cercare la propria posizione nella comunità ecclesiale 3. In questo libro – di cui non posso considerarmi “autore”, ci tengo a ribadirlo, ma solamente “curatore” – i nomi riportati sono ovviamente di fantasia: mia “cura”, appunto, è stato “depistare” ogni possibile forma di curiosità che spinga verso l’identificazione degli interessati. Il mio augurio personale – che mi ha spinto ad affrontare questa “fatica editoriale” – è che la Chiesa muova nuovi passi all’interno dei sistemi educativi di seminari e noviziati, come prima forma di rispetto alle tante vite umane ingiustamente “confuse” con quelle dei preti pedofili. È doveroso da parte mia sottolineare e auspicare questa differenziazione, poiché l’attuale tempesta mediatica e giudiziaria sulla pedofilia del clero mi pare abbia messo un  Cit. Moia L., Chiesa e cristiani Lgtb. Le domande dei cristiani omosessuali, in “Avvenire”, 07 maggio 2016. 3

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nuovo ostacolo per una comprensione “serena” dello stato dell’omosessualità al suo interno. Si stenta a comprendere che omosessualità e pedofilia sono due realtà in sé distinte e separate, poiché alla mentalità comune appaiono quasi intercambiabili. Per questo stato di cose ho ritenuto necessario, quanto urgente, esprimermi in queste pagine sulla pedofilia, sebbene non ne sia l’oggetto principale. “La verità vi fa liberi” ha detto Qualcuno a noi cristiani molto caro: il Redentore, cioè il “Liberatore”. Ci accorgiamo ogni giorno di più che gente da “liberare” ce n’è tanta al mondo, noi stessi per primi. E a questa Verità che “ci farà liberi” ci appelliamo nell’inaugurare questo libro, lasciando ai margini il pregiudizio, la fretta, la cultura di una tribù, gli schemi mentali “legittimi” ma obsoleti, l’ignoranza e l’indifferenza. È a questa Verità che appartiene il dolore di chi soffre l’emarginazione e anche la “compassione” di chi non gira cavalcatura e sguardo dall’altro lato per “non vedere”, come i personaggi presunti “buoni” (perché specialisti del sacro) della parabola dell’eretico samaritano. Quella stessa “compassione” considerata tanto rara che gli ebrei ne facevano un attributo eminentemente divino.

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Parte Prima

Grovigli

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Un miscuglio di problemi

Non è raro sentire accusare il Cristianesimo di misoginia, sessuofobia, spiritualismo disincarnato, dolorismo, segreto manicheismo, ecc. Tra le tante, qui ci interessa partire dall’accusa di omofobia, di cui il Cristianesimo sarebbe responsabile, sconosciuta al mondo classico ma percepibile all’interno delle pagine del Vangelo stesso4. Non affronteremo in questa sede la questione legata alla fondatezza o meno di queste accuse5, ma ci limiteremo a parlare di quanto attiene all’omosessualità. Chiamiamo omofobia l’insieme ostile di sentimenti, ribrezzo, odio, disprezzo ed emarginazione, che di solito suscita l’incontro di una persona qualificata come “diversa”, accusata di omosessualità, in una persona qualsiasi che si considera “normale”. L’omofobia è già presente nei ragazzi molto giovani che in tenera età riversano nomi oltraggiosi al compagno ritenuto più “debole”, reo di avere tratti più gentili, di non amare il calcio, di opporre un rifiuto al farsi ragione a bot  Nel Nuovo Testamento siamo lontani da quella minuziosa importanza data alle relazioni sessuali nel Vecchio Testamento, come appare dal Levitico (capp. 18, 20). Per gli ebrei il sesso era qualcosa di essenziale e sacro, dato da Dio Creatore, che assicurava l’attuazione della promessa divina di fare di quella tribù un popolo “numeroso come le stelle del cielo”. Nel Nuovo Testamento, invece, avviene una sorta di demitizzazione del sesso. Se ne parla come realtà di secondaria importanza, tanto da rendere plausibile una vita celibataria. Cfr. Hays R.B., La visione morale del Nuovo Testamento, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, pp. 288-93. Ne deriva che da questa demitizzazione il passaggio alla sessuofobia è piuttosto facile. 5   Per una visione cristiana della sessualità si veda Bastaure J., Eros redento, Edizioni Qiqajon, Bose 2017. 4

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te. In età adulta questa deriva omofobica può scatenare anche dinamiche criminali, come spesso racconta la cronaca. L’omofobia non è un fiore maligno che cresce isolato; fa parte di un giardino maledetto, in cui regna il dio odio, i cui sacerdoti devoti sono coloro che trovano nella caccia al debole l’affermazione più nobile della loro meschinità. C’è qualcosa di “religioso” in questi atteggiamenti, una “sacralità oscena”, come quella di cui si ammantano gli antiabortisti che mettono bombe negli ospedali dove si pratica l’interruzione volontaria della gravidanza; come quella dei maschilisti che vogliono la donna “di sempre”, che sono stufi di usare il termine “donna”, dato che per loro esistono solo “femmine”. Si accodano a questi “crociati” i cultori della razza bianca (l’unica davvero “umana”, “la migliore”, dicono)6; gli operai che maledicono i pacifisti e gli ecologisti (“Quanto lavoro perso per causa loro!”); i militari o paramilitari che detestano la povera gente ignorata dal generale di turno; gli europei che si sentono minacciati dagli immigrati; i ragazzini che attendono l’occasione giusta per bruciare rom e barboni; i neofascisti e i neonazisti che adorano se stessi come depositari dell’unica vera umanità, ecc. Questo è quello che sappiamo sull’omofobia a livello di cronaca spicciola. Se vogliamo guardare questi fatti con più attenzione, le cose si complicano e ci accorgiamo che il veleno è ancora più sottile dell’odio, perché insediato nel cervello, nella filosofia, perfino nella “religione” dell’Occidente. Di tanto Occidente, almeno.

6   Si veda a questo proposito il saggio esemplare di Mauro E., L’uomo bianco, Feltrinelli, Milano 2018.

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Sarà paradossale, ma tanti omofobici incalliti e velenosi pretendono di disprezzare l’uomo “diverso” proprio nel nome di quella fede cristiana che dovrebbe indurre alla pietà, all’inclusione a priori, all’accoglienza gratuita. Esistono validi studi sul collegamento di tratti di personalità che all’apparenza possono sembrare diversi, ma sono intimamente correlati. In genere si rifanno alla ricerca della Scuola di Francoforte sulla personalità autoritaria. Riteniamo utile accennare al culto dell’autorità nella Chiesa che può sfociare in autoritarismo, il cui frutto marcio è la convinzione che gli uomini non sono tutti dotati di uguale dignità. L’ineguaglianza tra umani – papa Francesco parla di “inequità” sorgente di ogni “iniquità” nel mondo – è come un fiume avvelenato da discariche industriali che, pur dividendosi a valle in mille ruscelli diversi, distribuisce sempre gli stessi veleni, quali che siano le culture che dovrebbe nutrire.

Le radici dell’odio sono nella mente Per quanto possa sembrare strano, se mai si è allontanato dal nostro orizzonte, oggi un male oscuro attraversa di nuovo l’Occidente e la Chiesa stessa: la negazione della fondamentale uguaglianza degli uomini. O, se si vuole, il mito della superiorità dell’uomo bianco, cristiano, cattolico, europeo o di origine europea. Chi coltiva questo male come nobile missione stabilirà poi chi è uomo e chi non lo è. Chi è canaglia e chi democratico. Chi si deve rispettare e chi si deve disprezzare. Sulla presupponenza statunitense ed europea è inutile parlare in questa sede. Sulla vantata superiorità della Chiesa cattolica, basterebbe solo dire che ha radici antiche e che si esprime oggi con un’ostilità sostanziale al Concilio Vaticano II – da parte di piccoli ma potenti gruppi – per ciò che ha di più radicale e innovativo: definire la Chiesa 17

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primariamente come “popolo di Dio” chiamato a incarnare la fede nella storia7. All’uomo comune resta ancora da sapere se nella fede siamo chiamati a essere “gregge” di un mercenario-pastore, che si attribuisce qualità quasi divine, o fratelli chiamati insieme a vivere sotto lo sguardo misericordioso e amorevole di un unico Padre. Oppure – ed equivale a dire lo stesso – se è vero che nella Chiesa di Cristo nessuno ha potere di dominare, ma ciascuno ha il potere di servire.

A 50 anni dal Concilio di cosa si discute oggi nella Chiesa? Anche nella Chiesa il “problema dei problemi” pare che sia il riconoscimento o la negazione dell’uguale dignità dei battezzati. A uno sguardo superficiale l’innegabile “riflusso” anticonciliare che si organizza già nella seconda metà degli anni Sessanta è attribuibile quasi soltanto a “problemi di parole”, a sottigliezze di dottrina, ad accessori liturgici, oppure a beghe personali. Parlare in latino o in italiano al buon Dio? Celebrare col popolo o per il popolo? Fossero questi, o simili a questi, i termini del problema, potremmo lavarcene le mani, tanto più perché ininfluenti nella questione che il nostro libro affronta. Ma non è così. La questione è molto più ampia, perché si tratta di chiarire se un prete possa dire “la Chiesa sono io” e se un uomo (nominato Papa) lo si possa chiamare o meno “quodammodo Deus”, “Dominus noster”, “Alter Deus in terris”, citando gli attributi di Giulio II durante il Concilio Lateranense V del 1512.  Le due costituzioni conciliari che destano scandalo nei tradizionalisti sembrano essere soprattutto la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes. 7

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Si tratta di sapere se siamo “gregge” di pastori che si credono Dio o semplicemente “popolo di Dio”. È una questione storica. Dal 313 in poi, dall’editto di Costantino, coloro i quali sino ad allora avevano tutti gli attribuiti per essere “candidati” al martirio, divennero improvvisamente papabili “signori”: splendidi vescovi e benestanti preti. L’organizzazione della Chiesa diventò sempre più imperiale e si passò dal servizio tra fratelli al potere sui sudditi. Il frutto di questa inversione di rotta fu un’istituzione ecclesiastica sempre più piramidale, sempre più simile all’istituzione assolutista della società, nei pregi e negli ovvi difetti. Divennero inevitabili gelosie, odio, caccia all’ordinazione e alla “prebenda”, sete di denaro e prestigio, congiure, coartazioni nepotistiche, scandali, “partiti”, diplomazie e “ragioni di Chiesa”.

L’attuale organizzazione della Chiesa cattolica, che vede il suo apice nella riforma di Gregorio VII 8, appartiene alla rivelazione divina definitiva? È di diritto divino? Si legge spesso che il Vaticano II scombussolò quella Chiesa, fu chiamato “nuova Pentecoste”, con tanto di fuoco, vento gagliardo, rischio di essere creduti “completamente ubriachi” (At 2,13). È vero. Questa è la portata dell’evento conciliare. Il Vaticano II ha scosso dalle fondamenta l’organizzazione esterna della Chiesa giungendo a problematizzare ciò che essa pensava e diceva di se stessa. Ha contestato l’assetto assolutistico e piramidale del papato e, per conseguenza, del potere e dell’autorità nella Chiesa. Ha reagito contro una visione istituzionale meramente giuridica  Con la cosiddetta “riforma gregoriana”, avviata da Gregorio VII nel 1075-76 con il Dictatus papae, si fa riferimento alla formalizzazione della superiorità del papato (o del potere spirituale) sul potere temporale (al tempo il Sacro Romano Impero). 8

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e sociologica per affermare che la Chiesa è mistero della salvezza che viene dal Padre. Senza stravolgere nulla nei dogmi, nella dottrina trinitaria o cristologica o nella visione del Regno, senza proclami rivoluzionari, è bastato che ci si rendesse meglio conto dell’evoluzione storica della teologia per mettere in grado i Padri Conciliari di scrivere i primi due capitoli della Lumen Gentium e dare in essi la chiave di lettura dell’intera Costituzione come degli altri documenti conciliari: la Chiesa è primariamente “popolo di Dio”. Popolo di creature con uguale dignità indefettibile e inalienabile, impossibile da costituire in piramide di superuomini e uomini normali. Pur potendosi avere molte definizioni di Chiesa, e sapendo che nessuna definizione ne esaurisce il mistero, si privilegia il concetto-chiave di “popolo di Dio”. La Chiesa dunque non è al suo sorgere, per volere divino, una societas perfecta dotata di potere legislativo, dottrinale e giudiziario con a capo un uomo che si insedia da monarca assoluto per decidere da solo sulle cose spirituali e materiali del mondo. Chiesa è un popolo di “fratelli” adunato dal Signore stesso. È il raduno del “popolo salvato” di fronte a Jhwh, che il Padre manda per la liberazione di ogni suo figlio. Un popolo costituito in vista del Regno di Dio, dotato di carismi vari distribuiti dall’unico Spirito per l’edificazione della stessa Chiesa e della pace nel mondo. Nella Chiesa, allora, non c’è un “potere-dominio” ma un “ordine di servizio”. Se si vuole c’è un “potere-servizio”, il dono di “poter servire”. La Chiesa è popolo di Dio in cammino, un popolo di creature uguali in dignità. Più chiaramente: nella Chiesa ci sono i carismi dell’ammaestrare e ammonire, ma solo per l’edificazione del popolo intero, non per spadroneggiare sulla fede dei fedeli (1Ptr 5,1-4). C’è inoltre una guida nella Chiesa, ma è plurale. Si tratta del collegio dei vescovi, testimoni del Risorto uniti al Papa. 20

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Chiarito ciò, è evidente che la Chiesa come “popolo di Dio” non è che piaccia a tutti i “cristiani”. Per motivi magari opposti non si è lieti di sapere che non solo il vertice, ma anche la base è inviata al mondo. Né si è lieti di sapere che l’ultimo dei battezzati può essere il primo agli occhi di Dio. Lo notiamo ogni giorno non solo nelle lotte e faide interne alla comunità e alle curie, ma anche nelle sacche di resistenza allo Spirito che, anche a tanti laici “gerarchizzati”, sembra pericoloso ascoltare. Se questo è vero non dovremmo poi tanto scandalizzarci se oggi viviamo gomito a gomito con chi di potere-servizio non ne vuole sentir parlare, mentre il “potere-dominio” se lo vuole riprendere ufficialmente. Anche perché, in effetti, una parte numericamente poco consistente, ma di grande prestigio, ha lottato prima dentro l’aula conciliare per conservare il “potere-dominio” millenario e dopo per non abbandonarlo affatto. Dalle titubanze di Paolo VI a oggi la storia della Chiesa ha scritto pagine problematiche e grigie di questo tentativo di riappropriazione e restaurazione di un potere assoluto e piramidale.

Siamo tutti uomini di serie A Accettiamo di essere senza potere/dominio nella Chiesa, accogliamo di non essere padroni della fede di nessuno, accogliamo che l’unico potere che abbiamo dal Cristo è quello del “servizio” e, di colpo, scomparirà ogni sgambetto per nomine di prestigio, ogni scandalo, ogni velleità di percorrere fino al massimo grado il “cursus honorum” ecclesiastico. Scopriremo, inoltre, come non esista nessun massimo grado non solo nella Chiesa, ma anche nell’umanità, perché le “piramidi” sono un’invenzione dell’uomo, non una creazione divina; scopriremo un Dio che si è fatto carne, ha camminato per le nostre strade, ci ha detto di 21

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non chiamare nessuno padrone, padre e maestro, perché “noi invece siamo fratelli”, perché “tra noi”, tra chi accetta il suo messaggio, nessuno può rendere servo o sottomesso qualcuno. È in questa sede che chi scrive – insieme a coloro a cui dà voce – intende affermare a piena voce che fino a quando il potere-dominio si muoverà nel mondo, nella cultura e nella Chiesa, ci saranno uomini che si ammanteranno del diritto di farsi servire, in quanto “superiori” ad altri, poiché si ritengono i soli veri uomini in cui si realizza del tutto la dignità umana. Decideranno loro chi si può avvicinare e chi si deve allontanare dalla loro “perfezione”. Chi è degno di esistere e chi no. Chi è coaptato tra gli eletti e chi è escluso. Saranno loro a stabilire parametri e categorie entro cui rinchiudere gli uomini a loro sottostanti, lontani anni luce dalla loro perfezione.

Problema umano e problema di fede Il problema dell’omosessualità appartiene a questo “pac­chetto” di certezze occidentali, e clericali, difficili da scardinare. Chi impedisce il dialogo interreligioso, chi vuole il dialogo come metodo di proselitismo (e non come relazione duratura), chi ritiene irragionevole un ateo e umano solo il credente, chi pensa che il potere sia appannaggio di alcuni sui molti, ha anche la convinzione che l’omosessualità sia solo un vizio e una perversione. Mai lo sfiorerà il dubbio che possa trattarsi di una diversità di umanità. Costui non sentirà nessun disagio a disprezzare, e perfino a lasciare morire, una creatura umana ritenuta inferiore e spuria secondo i suoi parametri e i suoi pregiudizi. Problemi come questi o si affrontano e superano come un unicum, insieme, o non ammettono soluzione degna di uomini.

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Parte Seconda

Testimonianze

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Sdrammatizziamo!

Testimonianza di don Beniamino Ricordo un’infanzia religiosamente serena. Il rapporto con Dio che mi ha trasmesso la mamma era principalmente fatto di gesti umili e preghiere, con molto senso del pudore e qualche accenno alla sessualità. Papà lo sentivo lontano e quando ebbi 14 anni lui morì. Senza sapere cosa fosse l’omosessualità ho percepito fin da ragazzo, verso i 10-12 anni, che mi piaceva il corpo maschile. Mai però mi sono sentito indegno o sporco per quel tipo di attrazione che sentivo con struggimento. Quasi contemporaneamente alla presa di coscienza del sentirmi omosessuale, verso i 18 anni è maturata anche la decisione di entrare in seminario, dopo aver lavorato per alcuni anni come operaio in una fabbrica. Erano gli anni della liberazione sessuale, delle battaglie femministe, dei referendum sul divorzio e l’aborto, del primo movimento omosessuale. In quel contesto sociale ed ecclesiale del post Concilio, capii che ero un ragazzo omosessuale e che, benché seminarista, non dovevo vergognarmi di ciò che sentivo. Decisi di parlarne con il superiore del seminario. Gli comunicai ciò che ero, certamente con un po’ di timore, ma soprattutto con l’ardire di un esploratore che entra in un territorio ignoto. Fui incoraggiato a continuare il percorso vocazionale e quel padre superiore mi ha accompagnato, anche da lontano, fino all’ordinazione. Gradualmente iniziarono le prime condivisioni sulla sessualità omosessuale con vari compagni di seminario e 35

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con alcuni nacque anche una simpatia più profonda e anche qualche intimità. Praticamente ogni anno, prima da seminarista e poi da prete, ho incontrato e stretto rapporti con confratelli che sentivano la stessa inclinazione omosessuale. Con il passare degli anni si è creata una rete di conoscenze e amicizie che mi ha aiutato a vivere normalmente il mio sentirmi “omosessuale e prete”, a vivere entrambe le realtà come importanti nella vita. Non ho mai sentito incompatibilità tra omosessualità e sacerdozio, perché entrambi sono maturati dentro di me nello stesso periodo e tuttora non ho difficoltà a parlarne, ovviamente con la dovuta prudenza. Certamente non vivo serenamente l’essere prete e avere rapporti sessuali. Lungo gli anni mi sono spesso dibattuto interiormente tra l’esercitare il ministero presbiterale e l’intrattenere rapporti più intensi con un’altra persona. Ho vissuto male alcune esperienze ma gradualmente ho trovato un equilibrio interiore accogliendo l’altro come un’opportunità per diventare più uomo, e di conseguenza non ho più accettato né cercato “avventure”, ma amicizie che avessero una durata nel tempo, almeno per quanto mi riguardava, e compatibili con il ministero. A fare sintesi su questo aspetto mi ha aiutato un piccolo libro di Antonietta Potente, Vivere, semplicemente vivere10. L’omosessualità in se stessa non mi ha creato problemi, caso mai è l’aspetto affettivo in generale che mi può causare sensi di solitudine e tristezza, che posso involontariamente riversare nella vita pastorale, portando avanti impegni senza entusiasmo o con poca stima delle mie forze e della validità dei miei progetti. Sono comunque certo che l’essermi messo in gioco affettivamente con altri uomini mi ha dato, e mi dà, una per  Potente A., Vivere, semplicemente vivere, Fraternità di Romena Onlus, Romena 2007. 10

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Sarà mai una grazia la diversità?

cezione più umana nel ministero di prete, nell’ascoltare e consigliare le tante persone che avvicino. Credo, con il passare del tempo e pensando alle esperienze vissute, di aver acquisito un ritmo più pacato, positivo ed evangelico nelle attività e nelle relazioni amicali e pastorali. Non credo che il celibato sia così importante per i preti secolari, mentre ritengo che per i religiosi l’impostazione sia diversa fin dall’inizio. Tenendo presente l’attuale disciplina per i preti di rito romano, non vedo altra possibilità se non aderire al celibato, ma non a discapito della mia umanità. La fedeltà a Cristo è ben altro! Come ho accennato precedentemente, lungo gli anni ho incontrato molti preti e religiosi omosessuali. Con alcuni è rimasto nel tempo un buon rapporto di amicizia e condivisione, con altri mi sono sentito meno in sintonia perché troppo colpevolizzanti e vittimisti o troppo “aperti”; in ogni caso è sempre importante incontrarsi tra preti che condividono la stessa inclinazione sessuale, è positivo confrontarsi, per “sdrammatizzare” oppure contenersi… È così che si cresce insieme in umanità e nel ministero. A parte l’inizio del percorso vocazionale non ho più sentito la necessità di parlare ai superiori della mia omosessualità, mentre si sono sempre più intensificate le conversazioni sull’affettività dei preti, tra preti. Noto tuttavia che è aumentata la sensibilità circa le difficoltà a vivere in castità. Ufficialmente le direttive del Magistero sul celibato dei preti non sono cambiate, ma in contesti di confronto più familiare si affronta con sincerità l’aspetto umano del prete. Nella vita pastorale ho incontrato e incontro un certo numero di persone che manifestano la loro condizione di cristiani omosessuali e cerco di aiutarli nei loro conflitti interiori, affermando che tutti apparteniamo a Cristo, anzi 37

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che la nostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio, parafrasando san Paolo. Dico questo, perché è ciò che dà pace anche a me. Non ci sono doppie appartenenze. Mi rendo comunque conto che le persone vanno accompagnate pian piano a far pace con se stesse. Bisogna aiutarle a vivere relazioni affettive durature, ad accettare i tempi della solitudine, a non usare gli altri, a non farsi usare come riempitivi e strumenti. Ma questo vale per tutte le creature umane, omo- o eterosessuali che siano. Conosco gruppi di cristiani omosessuali. Oggi escono allo scoperto e si presentano nelle diocesi con proposte di cammini formativi alla pari di altri gruppi di formazione cristiana. Mi auguro che tutto questo diventi semplicemente normale e non eccezionale. Da parte mia non posso che incoraggiare le persone che me ne parlano a vivere l’omosessualità come una condizione di vita, non come una malattia vergognosa. Siamo tutti nella stessa barca e tutti confidiamo in quel Signore che accolse tutti e a tutti dette speranza.

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Andrea Viatore José María Castillo edizioni la meridiana edizioni la meridiana paginealtre paginealtre

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L’umanità di Gesù

Sara’ mai una grazia la diversita’?

José María Castillo (1929) è stato proAndrea Viatore è il nome dall’aufessore nella Facoltà discelto Teologia di tore, sacerdote e studioso di problemi Granada, professore invitato all’Uniteologici e psicologici, che nella atversità Gregoriana di Roma, allasua PontitivitàUniversità pastorale ha incontrato molto doficia Comillas di Madrid ed all’Università Centroamericana lore di persone di orientamento(UCA) omodi El Salvador. sessuale, sia non credenti che credenti. Nel 2011 ha ricevuto titolo dottore Molti di questi ultimiilnon si di rassegnahonoris causa dall’Università di Granavano all’emarginazione e all’ostracismo da ed èall’interno autore di delle numerose pubblicatrovato comunità ecclezioni con ampio successo editoriale. siali. L’Autore, ascoltando le loro storie e accompagnandole nel cammino di Con pubblicato fede,la hameridiana tentato di ha essere per loroL’umafratelnità di Dio (2014) e La laicità lo e segno della benevolenzadel delVangelo Padre (2016). scegliendo anche per questo di usare un nome di fantasia.

José María Castillo

Andrea Viatore

L’umanità di Gesù Sara’ mai una grazia la diversita’? Sacerdozio e omosessualita’ raggiungere

È possibile el “divino” d a z z e n e i p la sura in cui i m a l l e n o l so onseguire c l e n o m a i n ci impeg ’”umano”. l l e d a z z e n e la pi evini mendti itupailù ro i p s m o a d i n t a n n mpadgive i io Acocèo, Ci altian’, cfuui ea r n i , e n a r su re che Dio gi eolvla emi questo n capi ù umani. uali a e r e esce pi o m a cr a omosess i t n div o persone

aver creat icita’ non poteva oro la fel l r e p e r a der e non desi puo’ dare. e r o m a ’ l o che sol

È possibile raggiungere la pienezza Questo è il risultato di misura un percordellibro “divino” solo nella in cui ci so richiesto da alcuni sacerdoti omosesimpegniamo a conseguire la pienezza possiamo arrivareil a essuali dell’“umano”; che, volendo vivere con fedeltà sere “piùsacerdotale divini” solo diventando loro carisma e non nascon- “più umani”. Questa proposta deve invadedendo innanzitutto a se stessi la propria re e impregnare tutta la vita e l’attività omosessualità, hanno scelto di essere della Chiesa: la sua teologia,spiriil suo siaccompagnati in una direzione stema organizzativo, la sua morale, le tuale in cui esporsi non ha significato sue leggi, la sua presenza nella società e nascondere una nella partevita di esenella stessi. Un soprattutto spiritualità libro dei percristiani. questo onesto che non vuole erigere barricate o chiedere lasciapassaÈ una proposta che deriva dal centro re mastesso accogliere diversità nelle comudellalefede cristiana: il Dio del nità eCristianesimo farsi accogliere dallaincarnato”. comunità. Cioè è il “Dio il “Dio cheall’interno si è fatto conoIl tema dellaumanizzato” omosessualità in èunestremamente essere umano,dibattuto Gesù di Nadellascere Chiesa zareth. Ma nella storia del e controverso. La posizione non Cristianesigiudifatto l’umanitàrichiede di Gesùperò e le sue cantemo di di Papa Francesco conseguenze sono state più difficili ancora un grande sforzo da parte di da accettare della divinità di Cristo. Quetutti a non negare l’esistenza di sacersta difficoltà porta direttamente a dover doti omosessuali. Solodomanda: non negando la affrontare questa chi occupa realtàrealmente si può aiutare chi la vive a non il centro della vita della Chiesentirsi o clandestino. sa, condannato Gesù e il suo Vangelo o san Paolo e Queste pagine ci aiutano a capire che il la sua teologia? servizio e la fedeltà a Dio sono va- alA partire da questa si non materializzano tri interrogativi: dove e da chi si sono lutabili e giudicabili da dall’orientamento presi i grandi temi che si propongono e sessuale. si spiegano nella cattolica? Un libro che libera tuttiteologia i credenti e può Su cosa o come si giustificano il culto, i riti aiutare la Chiesa tutta ad essere onesta e in generale la liturgia che si celebra con tutti i suoi figli. nei nostri templi? A partire da chi e da quali argomenti si legittima il modo di governare che si esercita nella Chiesa? Quale modalità di presenza deve avere la Chiesa? Perché il Cristianesimo appare più come una religione e molto meno come la presenza del Vangelo di Gesù nel nostro mondo? Finché la Chiesa non affronta queste questioni e dà loro la dovuta risposta, non potrà recuperare la sua identità e compiere la sua missione nel mondo.

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