CollageTag #0 06.2018

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COLLAGE TAG

INTERVISTA A CRISTIANO BURANI 00

BACKSTAGE MILANO FASHION WEEK FW/2018

RICORDANDO IL FUORISALONE

06/2018



03 Direttore Responsabile CATERINA DI BERT Vice Direttore ANDREA REIS Coordinatore Responsabile GABRIELLA COSTA Art Director VALENTINA ROSSINI Fashion Director Donna DINALVA BARROS Fashion Director Uomo LUCA TERMINE Caporedattore ELENA AZZOLA Hanno Collaborato Filippo Fortis, Leonardo Costi, Francesco Allegretti, Ention Sullo, Giuly Valent, Andrea Barra, Elija Gutierrez, Marco Zita, Max Dov


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Rubriche

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Intervista a Cristiano Burani

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Ritratti di carta

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#1 The Room

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#2 Man Style


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Milano Fashion Week backstage

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#3 Vibrant Lips

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#4 Girls About town

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Articolo Fuorisalone

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Intervista a Rebecca Coltorti


#0 Collage Tag Nasce da un nuovo concetto di formazione e moda, realizzato da Backstage Service con l’unione della MKS Milano Fashion School e della MKS Milano Fashion Agency, i brand del gruppo che seguono direttamente il mondo della moda. Nelle prossime pagine vi mostreremo a quale esito può pervenire la collaborazione tra una scuola che offre formazione di qualità e un’agenzia specializzata nell’inserimento nel mondo del lavoro. L’innovazione del nostro magazine consiste nella fattiva compartecipazione dei nostri studenti e collaboratori. Questo primo numero è l’inizio di un sogno che si materializza. Una nostra grande novità, che arricchisce la fashion industrie. Noi ci crediamo! Speriamo anche voi.


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CAUTION! Berlin street style «Non esiste uno stile di Berlino» ha detto recentemente alla Deutsche Welle Christiane Arp, direttrice di Vogue Germany, aggiungendo che non esistono più specifici stili legati a specifiche città. «In fin dei conti, è la varietà [di persone e immagini] che rende attraente un posto creativo come Berlino.» Fashion Stylist: Virginia Amoruso Mahoki Baker boy Hat

Stradivarius Baker boy hat Dolls Kill Cropped sweather Off-White Belted bag Mango Pants GCDS Socks Dr.Martens Boots

GCDS Socks

Ray-Ban Sun glasses

Techno Festival

Un fashion trend che ha avuto origine in Germania, casa della musica techno, dove lo stile, per chi frequenta i festival, è un miscuglio dei vari street style: black and white, distressed denim, rounded glasses, crazy socks. I brand preferiti spaziano da Off-White e Vetements a Adidas e Reebok! Balenciaga Chunky sneakers

Pull&Bear Shirt Off-White Belt Carhartt Pants Vans Socks Nike Shoes Adidas Bag

Carhartt Single knee pant

Adidas Fanny Pack


NASTY

Rubriche femminili e maschili

ROCK

09 WOMAN

Stile NASTY e SEXY tra pelle nera, croci, spille da balia, borchie e catene, segni di una controcultura che non accenna a scomparire nel tempo. Viene cosĂŹ proposta una versione ROMANTIC ROCK REBEL.

ROLLING STUDS Chiodo di pelle con borchie Zara, reggiseno di pizzo grigio Hollister, gonna con plissettatura laminata Motivi, collant a rete Calzedonia, collane a catene Momi Bijoux, guanti con manicotto in pizzo Tezenis, cappello nero a bombetta Zara.

Fashion Stylist: Giulia Esposito

COLORFUL ROCK REBEL T-shirt di cotone con stampa di David Bowie Zara, jeans boyfriend con bretelle incorporate Pull&Bear, cravatta con stampa rock Robin Ruth, occhiali round neri Ray-Ban, cappello nero a bombetta Zara, braccialetto a catena oro Momi Bijoux.

MAN


Maglia: Stradivarius Pantaloni: Norrghi

Lo stile ’90s Street è pronto per essere rispolverato! Gli occhiali vintage, le lenti colorate, i marsupi, i berretti, i pantaloni a vita alta e le t-shirt oversize, insieme ad alcune rivisitazioni, rendono questo stile sempre attuale... ma soprattutto ON FLEAK! Fashion Stylist: Alessandra Altamura 7

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1. Occhiali: Asos 2. Orecchini: Guess 3. Marsupio: Bershka 4. Tronchetti: Zara 5. Cappello: Vans 6. Moschettoni: Bershka 7. Calze: H&M 5

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T-shirt: Pull&Bear Jeans: CKJ

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ROMANTIC ROCK

Rubriche femminili e maschili

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Pelle e chiffon: contrapposizione perfetta per un look metropolitano completato da accessori di tendenza.

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Fashion Stylist: Erica Cirincione

1. Cappello in ecopelle nero Bershka. 2. Choker Zara. 3. Borsa Pinko.

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4. Chiodo in ecopelle nero: Zara. 5. Foulard di seta a fantasia rossa e blu: Epique vision to touch. 6. Occhiali: Epique vision to touch.


DIECI DOMANDE A CRISTIANO BURANI di Arianna Fucci, Eleonora Restelli e Jennifer Zanotti

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A che cosa si è ispirato per la sua collezione autunno-inverno 2018/19? Il titolo della collezione è “Fetish athleisure”. Secondo me, è riduttivo per uno stilista avere un’unica fonte di ispirazione. Per questa ragione, ho unito due temi che corrispondono a due parole: “fetish” e “athleisure”. La prima fa riferimento a tutto quello che presenta una connotazione erotica e ha a che fare con il voyeurismo e il bondage. Tutto ciò non è stato però palesato ma preso solo come spunto per utilizzare i materiali che ricordano questo tipo di giochi erotici, trasformati in maniera contemporanea. Per esempio, il lattice è stato rielaborato per creare capi e accessori, tra i quali la borsa iconica era il beauty case. La parola “athleisure”, cioè attività, tempo libero e viaggio, è stata di ispirazione per definire capi che comunque includessero entrambi i concetti, come nel caso delle scarpe gommate, ma sempre riconducibili a un mood sadomaso con strap in velcro. Può raccontarci come si sviluppa il suo processo creativo? Da dove inizia per costruire una collezione? Diversamente da tanti miei colleghi, io parto dalla ricerca sui materiali. Sono i materiali che mi parlano. La mia creatività trova il suo apice quando posso manipolare i tessuti. Poi devi creare una storia: io mi ero innamorato di questi materiali plastici stampati all over, fatti di patchwork di immagini di vecchi giornali pornografici degli anni Settanta-Ottanta. Successivamente sono andato a New York e ho notato come lì i giovani si sentano liberi: per esempio, sono andato a un vernissage di pomeriggio e c’era un ragazzo, con barba e cappello, che indossava abiti femminili. Non bisogna solo guardare le sfilate ma anche la gente per strada poiché sono le persone che dettano davvero le tendenze. Devi avere la tua sensibilità come stilista, scegliere cosa ti è più consono, anche sul fronte dei materiali, viaggiare e osservare le persone. Come descriverebbe la sua proposta moda? Quello che voglio fare con la mia moda è proporre capi che rimangano sempre attuali e possano essere indossati anche dopo anni. Credo che almeno noi emergenti dobbiamo cercare di svincolarci da questi macro-trend, che ci inducono a guardare all’ultimo nome o all’ultima collezione uscita, ma seguire ciò che ci piace, che ha una logica commerciale. Il 70% dei miei abiti viene messo in commercio semplificato, per essere appunto più vendibile.

Chi compra un capo Cristiano Burani fa un investimento: sono capi unici, realizzati con materiali speciali, studiati per essere sempre belli e classici.

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La sua prima collezione è stata lanciata nel 2010. Cosa è cambiato nel suo modo di fare moda da allora? È cambiato tanto. Speravo di avere più mezzi a disposizione, perché spesso la creatività dipende anche dalle disponibilità economiche che tu hai. Il marchio Cristiano Burani è autoprodotto, autofinanziato, dà lavoro a tante persone ed è un’imprenditoria giovane. Le difficoltà stanno nel non poter disporre di modelle e tessuti come le grosse aziende. Tuttavia, c’è stata una grande crescita nelle ultime stagioni: prima eravamo molto più succubi del mercato. Da una parte sono un imprenditore e dall’altra un creativo, quello che mando in passerella deve colpire. Prima le mie creazioni erano più pensate per un mercato russo-mediorientale, adesso sono più svincolato da questo sistema, porto in passerella ciò che mi rappresenta, poi ovviamente semplifico i pezzi che acquistano gli showroom.


Intervista a Cristiano Burani

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Come è stato il suo percorso di studi e formazione? Il mio percorso è stato molto particolare. Fino a 26 anni ho studiato medicina. Quando ho deciso che la mia passione per la moda sarebbe diventata il mio lavoro sono andato a New York, alla Parsons School, per colmare le mie lacune. Successivamente ho avuto la fortuna di lavorare per Versace e Blumarine: marchi familiari ma allo stesso tempo internazionali e di eccellenza. Ho lavorato molto e con tantissima umiltà. Sono stato un buon osservatore, poiché è sempre più difficile, soprattutto adesso, trovare chi ha voglia di condividere con te il suo sapere. Hanno paura che tu li possa derubare di qualcosa. Invece dovrebbe essere un dovere tramandare la propria sapienza, specialmente a ragazzi italiani, e soprattutto per quanto riguarda la moda. Gli stranieri sono molto più audaci, hanno molta più sete di successo. Il bello del nostro lavoro sta nel fatto che tu, ogni sei mesi, puoi rimetterti in discussione. La qualità sta nella consapevolezza di ciò che si sta facendo. Quando ha deciso di diventare uno stilista? Che cosa è scattato? Non ho avuto una scintilla. Sono sempre stato un creativo ma all’inizio, non volendo buttare via sei anni di università, ho pensato alla moda come a un hobby. Mentre la notte facevo le guardie in pronto soccorso, durante il giorno lavoravo in una ditta. Essendo uno studioso, mi concentro maggiormente sulla scelta dei tessuti e sui volumi che per me rappresentano il punto di partenza. La tecnologia fa sempre più parte delle nostre vite: i tessuti che abbiamo noi oggi i nostri predecessori non li possedevano. Io amo questo lavoro per la possibilità che dà di viaggiare e osservare come si veste la gente in giro per il mondo. Non avrei mai potuto lavorare solo tra quattro mura. Sono partito dal basso, lavoravo in un negozio, ora creo collezioni. Com’è la sua giornata tipo quando prepara una collezione? La mia giornata tipo quando sto preparando una collezione parte dalla sera. Mi sono reso conto che il momento in cui sono più creativo è la notte. Preferisco continuare a lavorare quando tutti sono già andati via. Rimanere da solo con le mie idee è fondamentale, comincio a scrivere e annotare ciò a cui sto pensando da giorni, anche se porto sempre con me un taccuino che mi permette di schizzare e appuntare ciò che in quel momento mi piace e mi colpi-

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sce, perché mi deve rimanere impresso, indipendente che io sia in treno, in metro, in un ristorante. Lavoro perciò fino a tardi e, di conseguenza, la mattina non inizio prestissimo. Sono inoltre estremamente pignolo: il nostro è un lavoro che prevede leggerezza, ma non solo. Controllo personalmente il lavoro dei fornitori, conosco tutte le persone che cuciono per me, con loro ho un dialogo diretto, perché è importante che capiscano che conosco tutte le fasi del loro lavoro e quanto io tenga a loro. Prima di una sfilata passa tutto attraverso di me: ci tengo a controllare anche gli accessori, quindi borse, scarpe, cinture, ma anche ogni singolo bottone, proprio perché portano il mio nome.

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Viaggia molto per il suo lavoro? Quali sono le sue mete preferite? Quali culture la affascinano? Ho avuto la fortuna di poter viaggiare molto fin da quando ero piccolo. Non ho incominciato a viaggiare recentemente solo per lavoro. Andrò controcorrente, ma a me affascina molto la cultura italiana. Avendo visto veramente tre quarti di mondo, ho capito che l’Italia è davvero la patria del bello. Non si trova una nazione al mondo che abbia a livello locale così tante bellezze, non solo architettoniche, legate al passato, ma anche culinarie e di stile di vita. L’Italia è la patria del bello del presente e del futuro. Noi siamo anche un crocevia di culture. A Milano trovi davvero tutto. Indubbiamente, però, il mio luogo del cuore sono gli Stati Uniti: Los Angeles e New York sono due città dove mi piacerebbe trascorrere sei mesi l’anno, per poi tornare in Italia per produrre, per realizzare la mia moda, perché, ripeto, i tessuti più belli sono i nostri e da medico posso anche dire che il senso delle proporzioni lo abbiamo nel Dna: è un carattere che si


trasmette, come i ricci, i capelli neri e gli occhi azzurri. Tutto questo va mescolato alla fine con ciò che vedi, ma non attraverso Instagram, bensì con i tuoi occhi: devi sentire le persone, cosa dicono, come lo dicono, devi sapere cosa mangiano. Solo in questo modo potremo ritornare a dare qualcosa di innovativo alla nostra classicità.

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Quali sono i suoi progetti per il futuro? Ho tantissimi progetti. Sicuramente quello di continuare con la mia attività e vederla crescere, ma mi piacerebbe anche continuare questa mia collaborazione con la scuola MKS. Mi piacerebbe creare, come ha fatto Oliviero Toscani con Fabrica, una fucina di giovani talenti. Mi piacerebbe vedere persone che vengono qui, si formano e poi rimangono a lavorare per il mio brand. Alla fine si ha bisogno di consulenti, non si può fare tutto da soli, per questo sarebbe bello avvalersi di persone giovani, fresche, che magari hai formato tu e indirizzato un po’ verso il tuo modo di lavorare. In ufficio ho la bellissima esperienza di una persona proveniente dalla scuola che sta facendo un ottimo lavoro e di un’altra che sta facendo uno stage. È un meccanismo che è iniziato e deve continuare.

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Quale consiglio si sentirebbe di dare a un giovane che vuole diventare fashion designer? Innanzitutto deve chiedersi se è veramente il lavoro della sua vita, se non si tratta solo di una moda: oggi tutti vogliono fare gli stilisti o gli stylist. È un lavoro durissimo, ci vuole tanta umiltà, può capitare di non “sentirsi arrivati” anche dopo molti anni. C’è tantissima incompetenza. Le persone risultano molto intercambiabili tra loro, per questo dico che la formazione e l’esperienza sono fondamentali. Voi giovani avete molta più fortuna, perché potete accedere a strumenti tecnologici che per noi risultano leggermente più ostici, ma dovete rimboccarvi le maniche: per voi il futuro è molto più incerto, la concorrenza è spietata, dovrete fare molti sacrifici. Per questo è fondamentale chiedersi se è davvero il lavoro giusto. Non è abbastanza vestirsi bene: quello dello stylist è anche un lavoro di burocrazia, di pubbliche relazioni: essere gentili, saper scrivere correttamente una mail. Non dovete avere paura di fare esperienza: anche quella che vi sembrerà più scollegata rispetto al vostro lavoro, vi sarà utile un giorno. Se si hanno le idee chiare, è possibile riuscire, nonostante la strada sia in salita.


Intervista a Cristiano Burani

FW 18 / 19 - CRISTIANO BURANI

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RITRATTI DI CARTA BLACK FASHION SUPERHERO André Leon Talley è un giornalista di moda statunitense. Con un’immagine e un carisma unici, è stato uno dei primi afroamericani ad avere avuto successo nel fashion system di Virginia Amoruso

André Leon Talley, nato a Washington nel 1949, è un giornalista di moda statunitense. Dopo aver lavorato presso le riviste Interview e The New York Times, nel 1983 inizia a scrivere per Vogue e nel 1988 ne diviene direttore artistico. Dal 1995 è stato per tre anni direttore dell’edizione parigina di W Magazine, per poi tornare a Vogue, dove tiene una rubrica molto seguita dai lettori. Circondato da una famiglia a maggioranza femminile, André Leon Talley ha incontrato nella sua vita professionale icone dell’arte, tra cui Andy Warhol, e della moda, come Diana Vreeland, che lo hanno incoraggiato a creare il suo inconfondibile stile personale e di lavoro. Nel 1975 Warhol rilascia un’intervista in cui ricorda il primo giorno di lavoro di André a Interview: «Entrò in ufficio con una camicia safari color cachi e bermuda, calzini coordinati al ginocchio e un cappello per la pioggia di Abercrombie&Fitch: sembrava un colonialista di Kipling in Kenya, sebbene André sia nero e alto come un giocatore degli Harlem Globetrotters». Le sue mansioni erano molto semplici, ancora lontane dal lavoro di styling alle fashion week internazionali: qui doveva occuparsi anche di pulizie e fare interviste telefoniche seduto a una scrivania. Iniziarono a chiamarlo “André l’intervistatore”, poiché spesso, quando alzava la cornetta, esordiva con un festoso: «Bonjour!». In un’intervista al New York Times, Talley dice: «Mia nonna e Diana Vreeland avevano un modo molto simile di apprezzare il lusso, ne vedevano l’essenziale: la brillantezza». Ispirato sin da piccolo dallo stile sempre impeccabile della nonna, ora Talley è un personaggio iconico del panorama editoriale della moda, assiduo frequentatore delle fashion week, che ha usato la sua influenza nel settore per promuovere molti stilisti afroamericani. Il suo stile è sempre colorato ed eccentrico, perfettamente intonato alla sua personalità, grazie alla quale oggi è diventato anche un noto personaggio televisivo. Infatti, dal 2010, è giudice di America’s Next Top Model, oltre a essere apparso in film e serie tv come Sex and the City e nei documentari Valentino: The Last Emperor e The September Issue. La svolta della sua carriera avviene nel 1988, quando la direzio-

ne di Vogue cambia ancora: è Anna Wintour a prendere le redini e Talley diventa direttore creativo della rivista. Da allora A.L.T. è diventato un emblema del magazine, oltre a essere personal stylist e shopper di molti personaggi: da Diana Ross a Alicia Keys, da Gwyneth Paltrow a Serena Williams. Nel 2007 si è collocato alla 45esima posizione della classifica stilata dalla rivista Out relativa ai cinquanta uomini gay più influenti in America. Nel 2013 ha lasciato la redazione di Vogue Usa, per diventare direttore di Numéro Russia, ruolo che ha abbandonato dopo un anno per il clima omofobo che c’è nel Paese. Ora il suo interesse volge verso la comunicazione online di moda. La sua storia è ora raccontata da un documentario. Il film, che vede alla regia Kate Novack (già autrice e produttrice del pluri acclamato Page One: Inside the New York Times), è stato proiettato in anteprima al Toronto Film Festival e ha un titolo che, di fatto, suona deliziosamente tailor-made: The Gospel According to André. Tante le personalità che hanno contribuito con i loro pensieri e ricordi, tra cui Tom Ford, Marc Jacobs, Valentino Garavani, Diane von Fürstenberg, Manolo Blahnik, Fran Lebowitz e ovviamente Anna Wintour, con cui Leon Talley ha collaborato dal 1988 al 2013. Fonti: Wikipedia.org, Vogue.it, The New York Times, Interview, Wwd.com


Ritratti di carta

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INTERPRETE DI METAMORFOSI SOCIALI Tra le prime giornaliste di costume e moda, Irene Brin ha raccontato la storia della società italiana in anni di transizione e ha contribuito a creare il fascino del made in Italy di Valeria Lombardi

Irene Brin, all’anagrafe Maria Vittoria Rossi, nata a Roma il 14 giugno 1911, fu giornalista di costume, scrittrice, viaggiatrice, mercante d’arte e donna di grande cultura, intelligenza e stile. Era una delle donne più cosmopolite di quell’epoca, euforica e contraddittoria. Come scrittrice, giornalista e traduttrice descrisse con brillante ironia il secolo che ha vissuto: il Novecento. L’approccio con il mondo del giornalismo cominciò a Genova, dove iniziò a scrivere articoli di costume per il quotidiano Il Lavoro, presso il quale le venivano affidati i cosiddetti “cani schiacciati”, ovvero la composizione di articoli di cronaca nera. In 37 anni di appassionato e intenso lavoro, i numerosi pseudonimi (Mariù, Maria del Corso, Morella, Ortensia, Marlene, Contessa Clara, Irene Brin) usati da Maria Vittoria Rossi, invasero le pagine delle numerose riviste, di cui divenne collaboratrice. Nel 1937 sposò Gaspero del Corso, con cui fondò nel 1946 la galleria d’arte romana L’Obelisco, trasferendosi a Roma. Qui iniziò a frequentare i salotti mondani e a descriverne gli avvenimenti e le persone: le sue brillanti doti comunicative le permisero di raccontare con spiccata ironia i protagonisti dell’epoca, ma nello stesso tempo di ricercare il senso profondo delle cose che animava la sua sete di cultura. Si districò abilmente su più registri narrativi, dimostrando una grande conoscenza dei diversi generi letterari. L’esperienza dell’Obelisco ebbe nella sua vita un duplice scopo: quello di contribuire a far giungere in Italia artisti stranieri e, viceversa, quello di far conoscere l’arte italiana nel mondo, ma servì anche a promuovere e divulgare la cultura italiana della moda. Nel 1941 Irene Brin cominciò la sua collaborazione con la rivista internazionale d’alta moda Bellezza. La moda era per Irene un efficace mezzo per diffondere conoscenza, abitudini di vita e attività culturali. Più che la descrizione di un abito o di un accessorio, alla giornalista interessava l’individuo, uomo o donna che fosse, la città, il paesaggio. Scrisse per numerosi quotidiani e periodici, tra cui Il Messaggero, Il Giornale d’Italia, Corriere della Sera. Le cronache mondane e di costume, con le quali ritrasse gli stili di vita degli italiani tra le due guerre, confluirono nel volume Usi e costumi 1920-1940. La sua acuta sensibilità era in grado di intercettare le novità in

letteratura, cinema e musica. In un momento storico in cui l’Italia stava assumendo le sembianze di un Paese moderno, Irene si fece interprete di alcune metamorfosi sociali. Ben presto le venne riconosciuto il ruolo di ambasciatrice del made in Italy. Nel 1950, infatti, diventò Rome editor di Harpers’ Bazaar, anello di congiunzione tra i mercati americani e l’industria dello stile italiano, ruolo che manterrà fino al 1969. Irene Brin rappresentò per l’America di Harpers’ Bazaar la sintesi italiana tra costume aristocratico e rivoluzione anticonformista. Dopo quello americano, arrivò nel 1955 anche il riconoscimento italiano: le fu attribuito il titolo di cavaliere ufficiale dell’ordine al merito della repubblica italiana per aver collaborato alla diffusione del made in Italy. Colpita da tumore, si spense il 31 maggio 1969 nella sua amata Sasso di Bordighera. In seguito alla sua scomparsa, il sarto Alberto Fabiani le dedicò la collezione primavera-estate 1970. Fonti: Giardinoirene.it, Wikipedia.org, Vogue.it


#1 THE ROOM PHOTOGRAPHER FILIPPO FORTIS STYLIST LUCA TERMINI MAKE-UP & HAIR GIORGIA GERVASIO GIANLUCA CASU PHOTOGRAPHER FILIPPO FORTIS STYLIST LUCA TERMINI MAKE-UP & HAIR GIORGIA GERVASIO GIANLUCA CASU MODELS AUGUSTINA WAVE MATHILDA BRAVE MODELS


EDITORIALE MODA

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SUIT – JUST CAVALLI SHOES – FABI SHOES – LOUBOUTIN

EDITORIALE FEMMINILE ESTERNO


EDITORIALE MODA EDITORIALE FEMMINILE ESTERNO

DRESS – LONGCHAMP GLOVE END VEST – SEDIK MILANO


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EDITORIALE MODA EDITORIALE FEMMINILE ESTERNO


EDITORIALE MODA

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EDITORIALE FEMMINILE ESTERNO

DRESS – LONGCHAMP GLOVE END VEST – SEDIK MILANO


EDITORIALE MODA EDITORIALE FEMMINILE ESTERNO

DRESS – ELISABETTA FRANCHI


EDITORIALE MODA SUIT – JUST CAVALLI

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SHOES – FABI

BAG – CHANEL

EDITORIALE FEMMINILE ESTERNO


EDITORIALE MODA EDITORIALE MASCHILE ESTERNO

TRENCH – MANGANO SHOES – LOUBOUTIN


EDITORIALE MODA

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EDITORIALE MASCHILE ESTERNO

TOTAL LOOK SEDIK MILANO SHOES – SAMUELE FAILLI


EDITORIALE MODA EDITORIALE MASCHILE ESTERNO


EDITORIALE MODA

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EDITORIALE MASCHILE ESTERNO

BAG CHANEL


EDITORIALE MODA EDITORIALE MASCHILE ESTERNO

SUIT – JUST CAVALLI TOTAL LOOK – ASOS


EDITORIALE MODA

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EDITORIALE MASCHILE ESTERNO


#2 MAN STYLE PHOTOGRAPHER ENTION SULLO STYLISTS LUCA TERMINI


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JACKET AND TROUSERS – TELA GENOVA, TRECH – ALLEGRI, SHIRT AND BELT – MASSIMO REBECCHI, HAT – TAGLIATORE


JACKET AND TROUSERS – PAOLONI, PULLOVER – PRINGLE OF SCOTLAND, BELT – ADRIANO MENEGHETTI, SHOES – STEVE’S


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JUMP – GILBERTO CALZOLARI


JACKET – MINIMUM, SHIRT – VINTAGE MARTIN LUCIANO, DENIM – LEVI’S


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JACKET – LEVI’S, TRACKSUIT PANTS – ADIDAS, TROUSERS – SEVENTY, SHOES – STONE FLY


SUIT – PAOLONI - JACKET AND SHOES - VINTAGE


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PULLOVER – PRINGLE OF SCOTLAND, JACKET – TAGLIATORE, SUN GLASSES – GUCCI


APERTURA BELLEZZA FOTO EDITORIALE BELLEZZA

#VIBRANTLIPS


MFW Backstage

FW 18 / 19 - MILANO

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Pedro Pedro F/W 2018/19

Vien F/W 2018/19


Antonio Croce F/W 2018/19

Carlos Gil F/W 2018/19

Daizy Shely F/W 2018/19


MFW Backstage

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Gabriele Colangelo F/W 2018/19

Cristiano Burani F/W 2018/19

Dolce & Gabbana F/W 2018/19


#3 VIBRANT LIPS PHOTOGRAPHER FILIPPO FORTIS MAKE-UP ARTIST GIULY VALENT MODEL LEANNE DE HAAN THANKS TO CRISTIANO BURANI


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GIRL ABOUT TOWN PHOTOGRAPHER FRANCESCO ALLEGRETTI STYLIST ANDREA BARRA MAKE-UP & HAIR MARCO ZITA ELIJA GUETIERRES MODELS AZEB 26 MODELS CELIA JOHSON WONDERALL


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COAT AND SKIRT - PIERANTONIO GASPARI BLOUSE - GARAGE NOUVEAU


COAT - FREEDOM DAY DRESS - PICCIONE PICCIONE


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LEFT: MAXI SHIRT - AMEN PANTS - MADAME BEOWICH BAG - AMANTI RIGHT: BLACK SHIRT - AMEN LIGHT PINK SKIRT - SIMON CRACKER


COAT AND SKIRT - PIERANTONIO GASPARI BLOUSE - GARAGE NOUVEAU


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BLOUSE - DORIS S MAXI SKIRT - OTTO D’AME


BLACK SHIRT - AMEN LIGHT PINK SKIRT - SIMON CRACKER SHIRT - AMEN SKIRT -DORIS S


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BLOUSE - GARAGE NOUVEAU SKIRT - BOTONDI


FUORISALONE 2018 our journey in the design city

Nitto Design / HARU stuck-on design Bring colour into your life “HARU stuck-on design” presenta un nastro adesivo che utilizza la tecnologia di Nitto e raramente lascia tracce di colla dopo essere stato applicato e rimosso. È disponibile in un’ampia gamma di colori e dimensioni e può essere utilizzato per aggiungere colore a pareti e pavimenti semplicemente applicandolo.

Eileen Fisher / Edelkoort Waste no more Tessuti riciclati, texture, colori e pattern bellissimi. Una riflessione sullo spreco e sul fast fashion.

Baars / Bloemhoff Transition III Experimental Invertiveness L’installazione mette in luce, in un’unica suggestiva location, il lavoro e la creatività di sei importanti studi di progettazione olandesi, che sperimentano i materiali in modo innovativo. È il caso delle lampade disegnate da Floris Wubben, Crystal Shift e Crystal Twist, che interpretano la pietra acrilica HI-MACS®, lavorata per la prima volta con una tecnica artigianale “a strappo”, spostando l’attenzione sulla struttura interna, piuttosto che sulla sua superficie.


Fuorisalone 2018

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Ventura Centrale ex magazzini raccordati della Stazione Centrale in via Ferrante Aporti

Denis Guidone / Tomoko Fuse / Masahiko Aso Karesansui Lampade origami in carta. La tradizione della carta washi giapponese unita alle tecniche di lavorazione permettono al designer italiano di creare lampade origami in carta. Questa carta è più resistente e permette realizzazioni estendibili e riducibili a pochi centimetri per l’imballaggio e il trasporto.

Stephan Hürlemann and Horgenglarus Giants with Dwarf Marionette giganti assemblate dal designer svizzero usando pezzi di mobili. Lo spettatore può anche interagire con loro: tirando gli anelli in legno sospesi, le marionette prendono vita.

The Diner di Rockwell a Ventura Secondo anno per il circuito Ventura Centrale e gli spazi di via Ferrante Aporti, sotto le volte degli ex magazzini raccordati a ridosso della Stazione Centrale. Tra le novità 2018, “The Diner”, l’installazione di David Rockwell per la rivista statunitense Surface Magazine: un allestimento speciale ispirato all’archetipo del ristorante americano, tra talk diurni e party fino a tarda notte.


REM Atelier “Trestle Dazzle”, in basso a sinistra, gioca con la struttura dei cavalletti, girandoli e posizionandoli in modi diversi, modificandone la funzione, lasciandola da qualche parte tra una scultura e/o un oggetto utile. In basso a destra, l’opera “Bombolo” di Andrea Maestri, ricca di palette multicolori e luccicanti, celebra l’atmosfera stravagante come un personaggio che si esibisce sul palcoscenico. In alto a sinistra l’opera “Ohala”, specchio gioiello, arricchito da pennacchi lunghi e morbidi, immaginato dall’artista come un ballerino fiammeggiante.


Fuorisalone 2018

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Ventura Future FuturDome, via Paisiello 6, Milano, sede di Ventura Future

David Nicholas / Triangoli Puoi aggiungerli alla fine o iniziare con loro. I vasi sono gli oggetti che possono dare carattere a qualsiasi spazio. Sono re di trasformazione! Triangoli è una collezione di vasi, scolpiti da blocchi di marmo diversi. Sono immaginati come corone, rendendoli fragili e maestosi, seri e giocosi. Creano un elemento di sorpresa in uno spazio mentre sembrano infinitamente classici. Il vaso “Triangoli White” è realizzato a mano in Italia con la massima qualità di marmo arabescato.


Porta Venezia “in Design”

Louis Vuitton A Palazzo Bocconi, in corso Venezia, questa collezione di oggetti ispirati al viaggio si arricchisce di due nuovi item (il “Diamond Mirror” di Marcel Wanders e il “Ribbon Dance” di André Fu) e di “Les Petits Nomades”: elementi decorativi per la casa, firmati da designer che già collaborano con il brand francese del lusso.


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Intervista Rebecca Coltorti Digital Media Mix Chi sei e di cosa ti occupi? Mi chiamo Rebecca, ho 23 anni e sono una mixed media artist. Nei miei lavori unisco le tecniche digitali a quelle tradizionali, come la pittura. Lavoro nel campo della moda, creando artwork per brand e riviste. Cosa significa per te occuparti di visual? Per me occuparmi di visual significa stupire l’osservatore. Il mio obiettivo è quello di catturare la sua attenzione, creare qualcosa che non passi inosservato e che sia inconfondibile, pur mantenendo armonia ed equilibrio nel risultato finale. L’estetica è un fattore decisivo per il tuo stile di comunicazione? L’estetica è tutto per me. Ho cercato negli anni di crearne una strettamente personale. Non è facile: da una parte sento il bisogno di evolvermi costantemente, dall’altra quello di rafforzare il mio stile in modo che sia immediatamente riconoscibile. Nell’era di Instagram c’è una forte competizione e avere una personalità artistica decisa è fondamentale.

ph: Fabio Bozzetti

Il content marketing ha bisogno di visual? Certamente. L’enorme ascesa di social che si basano sulla condivisione di immagini e video, come Instagram e Pinterest, è un chiaro segnale di come questa sia un’era visiva. Le immagini sono un mezzo di comunicazione potente, capaci di coinvolgere l’utente e dare messaggi chiari. Come vedi la moda attuale? In quale cosa credi che bisogna diversificare? Se potessi permettermi di muovere una critica, sarebbe rivolta ai magazine. Percepisco un appiattimento generale: la scelta degli editoriali ricade sempre sullo stesso stile di scatto. C’è poca apertura verso altre tipologie di immagini e di styling. Riscontro anche una certa resistenza verso editoriali con interventi illustrativi o artistici. ph: James Beddoes



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