>> Editore Modiv s.n.c.
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>> Direttore responsabile Cristina Mosca (non fumatrice) se volete dirle qualcosa fatelo a: redazione@c-magazine.it
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Maurizio Di Battista
(ex fumatore)
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>> Ufficio fotografico Mario Sabatini, Miriam D’Ignazio, Piergiorgio Greco, Daniele Di Vittorio, Roberto Pasquali, Gino Di Paolo, Rocco Petrei. >> Stampa AGP Arti Grafiche Picene - Maltignano (Ap) In questo numero si sono ustionati, abbronzati, raffreddati, arrabbiati, consolati, rappacificati, congratulati, indignati insieme a noi Roberto Ardizzi, Maura Di Marco, Sonia Di Massimo, Massimo Giuliano, Guernica, Nadia Miriello, Ludovica Persichitti, Anita Righetti, Giovanni Rosato, Michele Tana, Giuseppe Ursini.
>> Editore: Modiv s.n.c. Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe) Tel/fax 085.959746 - cell. 388.7960830 www.modiv.it - info@modiv.it Registrazione presso il Tribunale di Pescara n° 7/08 del 31/03/2008
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C come RUBRICHE 05 >> C come Sommario 07 >> C come Editoriale 09 >> C come Informazione 10 >> C come Food Design 61 >> C come Guernica 63 >> C come News 66 >> C come Controeditoriale SPECIALE MIELE 26 >> C come Proprietà 30 >> C come Tradizione 34 >> C come Regina SPECIALE CHEF 48 >> C come Riccette C come ABRUZZO 12 >> C come Valerio Centofanti 16 >> C come Borgo
Foto copertina: Mario Sabatini
cosa c’è nel numero NOVE
C COME SOMMARIO
54 >> C come Estero C come REPORTAGE 22 >> C come Mugnaia 39 >> C come Ripresa 40 >> C come Formaggio 44 >> C come Grappa 46 >> C come Tipico 58 >> C come Popolare
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C COME EDITORIALE di Cristina Mosca
C COME IDENTITÀ SOSPESE Cristina Mosca Direttore responsabile di C come Magazine A cosa sta pensando? Che potrebbe essere tutto così semplice. Conferma la sua amicizia? Agli uomini e alle donne di buona volontà Consente l’applicazione? Solo dell’obiettività
Voglio parlarvi di libertà di stampa. Che mi chiedo anche se sia mai esistita, visto che ogni regola ubbidisce al dio denaro. Al convegno “Identità sospese” è stata presentata un’indagine di Assostampa e Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), curata dall’inestimabile Patrizia Pennella, in cui veniva fotografato uno spaccato della condizione dei giornalisti abruzzesi. Si è parlato di articoli pagati a 2 euro (il minimo sindacale si attesta sui 10), e di retribuzioni che arrivano dopo 12 mesi. Si pensi inoltre che ogni anno si presentano all’esame da professionista una media di 1500 giornalisti, a fronte di un turn over di circa 200 posti “regolari”. È stato evidenziato che in situazioni così precarie di collaborazione, che spesso sfiorano persino il mobbing, la libertà è praticamente abortita. No, non volevo dire abolita, voglio dire proprio abortita. Esclusa da qualsiasi ipotesi, ancor prima di poter sussistere. Il convegno mi ha responsabilizzato su una questione: non ho mai reso partecipe voi lettori di una condizione molto importante, senza la quale C probabilmente non esisterebbe o sicuramente non sarebbe così ricca. Voglio dirvi che i nostri collaboratori, nonostante la maggior parte di loro sia già iscritta all’Albo e avrebbe dei diritti da accampare, scrivono, sin dal numero zero, completamente gratis, salendo sulla nostra barca spinti esclusivamente da un forte amore per la loro terra: tanto forte da volerlo comunicare anche senza la sicurezza di una retribuzione. Noi non vediamo l’ora di poter riconoscere i loro sforzi e le loro appassionate ricerche con qualcosa di più concreto: il progetto di C nasce da zero, ci vedete crescere numero dopo numero, e voglio che sappiate che il merito è soprattutto di queste identità sospese che accettano di restare sospese un altro po’, in attesa di un periodo più favorevole.E vorrei che insieme a me le ringraziaste.
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C COME INFORMAZIONE di Roberto Ardizzi, consulente SGQ
IL SERVIZIO DEI RISTORANTI DI QUALITÀ Quando è all’altezza delle nostre aspettative?
Tariffa weekend a partire da 42 euro Miniauto da 35 euro al giorno
Muoviti in sicurezza per le strade della tua città! www.cimmav.it - info@cimmav.it
Pescara, via Ferrari 153, di fronte stazione FF.SS. Info e prenotazioni: 0852121107
Ristorazione e qualità sono due termini che – nella mente di molti di noi – si dovrebbero fondere in un perfetto binomio. La grande quantità ed eterogeneità dell’offerta delle imprese ristorative rende però necessario definire alcuni standard “basilari” che si dovrebbero ritrovare come valori condivisi. Al di là dei normali obblighi di legge riguardanti il Pacchetto igiene e la Sicurezza sul luogo di lavoro, sarebbe utile stabilire degli indicatori nella qualità del servizio erogato. Nella mancanza di una guida normativa dedicata alle attività di ristorazione, gli standard vengono definiti da Disciplinari volontari e Marchi di qualità. Ecco alcuni punti cardine che evidenziano un servizio di “livello”. L’attenzione per il cliente deve presentarsi già all’esterno, garantendo la pulizia delle aree prospicienti l’ingresso, la cura di eventuali aiuole e aree verdi, una illuminazione idonea alla tipologia di ristorazione, la possibilità di parcheggiare nelle immediate vicinanze... Le aree comuni devono essere caratterizzate da una buona illuminazione e una adeguata cura del look. Non devono essere presenti barriere architettoniche, i servizi devono essere differenziati e separati dalla sala e possibilmente dotati di un courtesy service. Devono essere garantite la massima pulizia delle diverse aree (area di accoglienza del cliente, sala ristorante, toilette, cucina e magazzino) e la piena funzionalità di tutte le infrastrutture. Deve esserci una persona che accolga il cliente e lo accompagni al proprio tavolo, presenti il menù e la carta dei vini e si metta a disposizione per eventuali richieste di personalizzazione delle ordinazioni. La sala deve presentarsi in ordine, senza tavoli vuoti ancora da sparecchiare. Il menù e la carta dei vini devono essere in
buono stato, aggiornati e in numero parametrato al numero dei tavoli. La proposta gastronomica deve essere congruente con la tipologia di ristorazione (tipico, gourmet, internazionale, pizzeria...), ma comunque deve essere possibile poterla personalizzare per bambini, per diete particolari, per chi avesse intolleranze alimentari... Deve essere inoltre presente una persona che sappia dare informazioni su ricette e piatti proposti. Nella carta dei vini vanno indicate le provenienze e le etichette e deve essere possibile ordinare una consumazione al bicchiere o una bottiglia demi-bouteille. Il conto deve essere presentato in una cartellina in buono stato e indicare le singole voci di spesa. Per una maggiore trasparenza dovrebbe essere presente un menù all’ingresso del ristorante. Questi sono solo alcuni dei punti previsti dai Disciplinari di Servizio… e, come diceva un noto slogan... Meditate gente, meditate...
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C COME FOOD DESIGN di Ludovica Persichitti
IL NUOVO CIOCCOLATO È A PORTATA DI MANO Profumi, scaglie e calorie per chi non sa resistere Questa volta vorrei rivolgere l’attenzione su un protagonista che gode di fama mondiale, irresistibile, versatile, al quale ogni donna desidererebbe avvicinare le proprie labbra (e non mancano gli uomini che farebbero lo stesso) e la cui notorietà non subisce declino... Sto parlando del cioccolato! È cibo piacevolissimo e materia plastica allo stesso tempo, predisposto ad innumerevoli usi e versioni culinarie, viene continuamente sperimentato e reinterpretato con varianti e restyling non solo dagli chef, ma anche dai designer. Jakob Wagner, designer danese che ha collaborato spesso in Italia con aziende di accessori per la casa, ha ideato Chocolate Fondu, un piccolo set creato per coccolarsi con una tazza di cioccolato fuso e godersi senza fretta la propria fonduta. Una piccola candela, chiusa nel fondo della tazza in porcellana, ne garantisce la fusione. E se quello della fonduta è un piacere raro, altri progettisti hanno trovato espedienti per gustare senza eccedere. Come Nendo, giovane designer giapponese, che con il cioccolato ci ha plasmato delle matite, le chocolate-pencils. Usate con uno speciale “temperamatite” lasciano cadere leggeri
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riccioli di cioccolato: un’idea per decorare mousse e gelati o semplicemente per godersi senza rimorsi una piccola scaglia. Chi invece, stando a dieta, è più rigido nel conteggio calorico, può ricorrere a Rompibollo. Realizzata con la collaborazione di Cinzia Curitti, è una tavoletta di cioccolato i quali quadratini sono tutti di dimensioni differenti e ciascuno riporta la quantità di calorie contenute. Assolutamente light, David Edwards propone un cioccolato a zero calorie: si chiama Le Whif (www.lewhif.com) ed è proposto in tubetto... da inalare. Idea provocatoria che mette in luce la apprezzabilità olfattiva di questo dolce cibo, ma sicuramente non ne soddisfa la voglia al palato! Piacere che invece appaga appieno Finger Biscuit, il biscotto a forma di ditale progettato da Paolo Ulian che, riproponendo il gesto istintivo di immergere il dito ed assaggiare, concede una totale esperienza degustativa dell’amato cioccolato da spalmare... l’occhio ne vede la lucidità, con il tatto se ne avverte la cremosità, il gusto e l’olfatto ne percepiscono il sapore e il retrogusto di nocciola. E a proposito di sensi, il nostro discorso non finisce qui...
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C COME VALERIO CENTOFANTI di Cristina Mosca – Foto: Mario Sabatini
A CARSOLI UN TESORO DI CUCINA «Ognuno deve essere ambasciatore della sua regione» Nel suo angolo più lontano l’Abruzzo vibra forte di orgoglio e di sete di verità. Quella verità che dice “Siamo qui, e lavoriamo duramente per esserci” e che si fa da garante della cura che c’è dietro un prodotto, dietro una materia prima. A Carsoli, in provincia dell’Aquila, Valerio Centofanti, suo padre Lanfranco e sua sorella Valentina custodiscono un tesoro che si chiama, per l’appunto, “L’angolo d’Abruzzo”, sorridendo con la temperanza di chi crede in quello che fa... o di chi fa quello in cui crede. «Carsoli è a 50 Km dalla capitale del mondo, Roma – spiega Lanfranco Centofanti, che più di venti anni fa ha fondato il ristorante insieme a sua moglie Maria Teresa – eppure quello che abbiamo qui è un vero e proprio paradiso terrestre. Tutto il Centro Italia dovrebbe riscoprire l’agropastoralità e restituirle il valore che merita, in modo che abruzzesi, molisani, marchigiani, laziali si sentano i veri ambasciatori delle loro regioni: ma se non si esce dalla cultura “del conto” e non si ricomincia a pensare alla cultura della qualità sarà impossibile puntare più in alto, e convincere il turista che il Belpaese non ha perso la sua cultura microalimentare. Bisogna trasmettere l’amore per il proprio territorio: la ricchezza che ritorna da un atto d’amore ricade a pioggia su tutti». Idee chiare e spiegate con la passione tipica degli allenatori che conoscono l’importanza del lavoro di squadra. «Noi siamo alimentazione umana, emozioni, sensazioni – aggiunge Valerio Centofanti, 29 anni, al quale nel 2000 è stato passato il testimone in cucina – non omologazione: l’omologazione uccide la rarità che è in ogni materia prima. Quando un cliente ci chiede un piatto che non possiamo realizzare perché la natura in quel periodo non è stata generosa di un determinato prodotto, noi siamo quasi orgogliosi di dire che non possiamo soddisfarlo, perché questa è la firma ad una filosofia che asseconda
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i ritmi della natura, a costo di trovarsi in difficoltà. I menu infatti cambiano ogni mese». Il punto di forza della cucina Centofanti sono prodotti spontanei, carni, formaggi, salumi, funghi e tuberi provenienti dalla zona: un esempio per tutti è il tartufo, di cui Abruzzo e Molise sono le regioni più ricche di Italia, e che insaporisce la sella di coniglio che pubblichiamo nella prossima pagina e che verrà replicata dal “Gambero Rosso”. Eppure il percorso di Valerio sembrava andare in tutt’altra direzione: dopo gli studi da perito tecnico gli è capitato per combinazione di venire “preso per la gola” con i corsi di pasticceria di Angelo Di Masso, di Scanno, e da allora è stato un continuo appassionarsi ai fornelli, in nome della continuità dei sapori. «Cerco di valorizzare il meglio della cultura contadina – racconta – regalandole una presentazione più moderna, restituendola così al presente. La cucina deve saper essere anche gioco, e divertire sia chi la fa, sia chi la consuma, senza snaturare il nucleo originario del piatto. Le mie creazioni? Oserei dire umorali. A volte le cose accadono persino per caso». Non è un caso invece se Valentina, sorella maggiore di Valerio, fa da biglietto da visita del ristorante, accogliendo gli ospiti con un sorriso elegante e delicato e servendo in sala insieme a Walter, che da 18 anni fa parte dello staff. «Ho fatto il mio primo corso da sommelier a 16 anni e ho frequentato il Corso di Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Cesena – racconta Valentina – Non ho mai immaginato il mio futuro fuori da questo ristorante, anche se richiede tanto tanto tempo e tante energie, limitando la vita privata. Ma questa è casa mia e qui c’è il vero cuore di quello che facciamo noi tre, come ingranaggi insostituibili di un orologio: proporre la nostra cucina in un contesto che non sia questo e che non sia circondato da queste montagne, non avrebbe alcun senso».
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Sella di coniglio
al tartufo bianco
Pappardellealla pecora
Ingredienti per 4 persone: Un coniglio disossato; una carcassa di coniglio; sedano; carota; cipolla; pepe; sale in scaglie; rosmarino polverizzato; vino bianco; mollica di pane raffermo; lardo; olio extra vergine d’oliva; tartufo bianco.
Ingredienti per 4 persone: 1,5 kg di pecora qualità “Ciavarra”; ¼ cipolla; 1 spicchio d’aglio; 6 cucchiai olio extra vergine; q.b. di sale, pepe nero macinato, rosmarino, semi di finocchietto, q.b. ginepro, salvia, timo, lauro; ½ bicchiere di vino bianco (meglio se Trebbiano d’Abruzzo).
Preparazione: Prendere la carcassa e far rosolare in forno con sedano, carote, cipolla, pepe e olio per 20 minuti a 200°C. Ben rosolata, sfumare con vino bianco. Mettere in un tegame, aggiungere acqua fredda, portare a bollore e abbassare la fiamma. Far ridurre. Filtrare e rimettere sul fuoco fino a formare una salsa densa. Prendere le carni, stendere il coniglio e tagliarlo centralmente dalla testa alla coda; condirlo con pepe e rosmarino polverizzato. Tostare il pane e frullare con sedano, carota e cipolla. Farcire il coniglio cospargendolo con il pane appena preparato e il lardo tagliato a listarelle sottili. Arrotolare il coniglio con la pellicola, mettere in un sacchetto per il sottovuoto e cuocere per 4 ore a 60°C in forno a vapore. Rosolare il coniglio in padella antiaderente con un filo di olio. Prendere un piatto da portata, adagiarvi il coniglio ben rosolato su tutti i lati, salare con sale in scaglie, coprire con la salsa e finire con tartufo bianco a lamelle. Accompagnare con cicorietta di campo saltata in padella con aglio, olio e peperoncino.
Preparazione: In un tegame alto mettere 6 cucchiai di olio extra vergine di oliva con la cipolla e l’aglio, far rosolare ed aggiungere la pecora tagliata a pezzi non molto grandi. Far cuocere molto lentamente. Aggiungere le spezie poco per volta, sfumare con un po’ di vino bianco. Cuocere il tutto a fuoco basso per almeno 2 ore aggiungendo acqua calda. A cottura ultimata disossare e passare al macina carne; finire la salsa in padella con pecorino. Cuocere le pappardelle in abbondante acqua salata, mantecare con la salsa e impiattare. Consiglio: Mescolare tutte le spezie tra loro, tritate finemente.
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C COME BORGO Redazionale. Foto: Gino Di Paolo e Rocco Petrei
CITTÀ SANT’ANGELO, STORIA DI UN AMORE Una mission proiettata al futuro
«Se è vero che Sant’Antonio fa tredici grazie al giorno, a Città Sant’Angelo deve averne fatta una». Così Gabriele Florindi, sindaco di quello che da un mese è il primo borgo più bello d’Italia della provincia di Pescara, descrive il successo della rassegna enogastronomica “Dall’Etna al Gran Sasso”, che questo agosto, nella sua ottava edizione, è riuscita a richiamare a Città Sant’Angelo nei nove giorni di festa la bellezza di 150mila presenze, affermandosi come festa delle giovani famiglie («Mai visti tanti passeggini tutti insieme», ci racconta). Frutto del gemellaggio tra il Comune di Città Sant’Angelo e il Comune di Nicolosi (Catania), stretto nel 2001 in virtù dell’amicizia tra le rispettive Confraternite di Sant’Antonio di Padova, la rassegna “Dall’Etna al Gran Sasso” crea un vero e proprio indotto enogastronomico, turistico e non da ultimo economico per un’area inaspettatamente vasta. «Riceviamo telefonate dall’estero – racconta Vincenzo Mazzocchetti, priore della Confraternita – perché le persone fanno in modo di prendersi le ferie in corrispondenza della festa, per andare al mare il giorno e divertirsi la sera». Ventitremila arancini e 18mila cannoli siciliani (la cui cialda è siciliana, ma il ripieno è con la ricotta di pecora abruzzese)
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venduti nei nove giorni dovranno pur significare qualcosa... Perché se noi siamo quello che mangiamo, come recita un vecchio detto, allora siamo anche quello che amiamo e il piccolo miracolo di “Dall’Etna al Gran Sasso” accade in questo borgo grazie allo sforzo congiunto della Confraternita, dell’amministrazione comunale e dell’Ufficio cultura, ma soprattutto grazie alla disponibilità (e alla pazienza) dei 14mila angolani, di cui mille sono concentrati nel centro storico, che esclusivamente a titolo gratuito mettono a disposizione cortili, locali, scantinati, energie e sorrisi affinché tutti scoprano le bellezze e la storia delle strade, dei palazzi e degli otto secoli di storia del centro storico medievale. Oltre ai sei frantoi del territorio che danno origine all’olio extravergine DOP Aprutino - Pescarese, di sapore fruttato e bassa acidità, la zona ha anche viti che, coccolate da un clima mite per la vicinanza del mare, offrono da secoli pregiato vino Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano, Cerasuolo e Pecorino. Nel 1870, inoltre, la mostarda che si ottiene dai frutti maturi di senape e l’uva al mosto meritò la medaglia d’oro del Ministero dell’Agricoltura e Commercio nell’Esposizione agraria regionale abruzzese di quell’anno, come ricordato dallo storico Massimo d’Arpizio.
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Non è un caso quindi se, accanto alla manifestazione abruzzese-siciliana, Città Sant’Angelo festeggia ormai per istituzione questo grande prodotto della sua terra. L’annuncio del suo ingresso tra i Borghi più belli di Italia, infatti, è stato dato in occasione dell’inizio della 26esima Sagra dell’Uva, che sin dal 1970 possiede un’impronta territoriale assai forte e che alle sue origini era organizzata dalla Pro Loco, dalla Coldiretti e dalla Cantina Sociale di Città Sant’Angelo e soprattutto permetteva l’elezione di Miss Vigna solo tra donne angolane. La vincitrice, splendida nella sua genuinità e nella sua salute contadina, vestiva i panni di Arianna accanto alla personificazione di Bacco nella sfilata di apertura dell’edizione successiva. Alla manifestazione si accompagna la Festa Patronale del Perdono, legata al culto di San Michele Arcangelo, introdotto dai Longobardi: una Perdonanza tutta angolana, molto sentita. Oggi è l’amministrazione comunale ad occuparsi della Sagra dell’Uva, insieme alle aziende agricole, ai gruppi di volontari ed alla neonata associazione di produttori “Alto Angolano”, e la istituzionalizza insieme ad altre iniziative di lustro come la Stagione teatrale nel teatro-bomboniera, “Festa InCorso” e il Carnevale (grazie a Paola Ceresano che da oltre 20 anni ha istituito il “Palio delle Contrade”) in cui riacquista vita la maschera angolana di ‘Ndirucce, in ricordo del calzolaio Antero De Tollis che nel giorno di Carnevale riferiva tutti i pettegolezzi dell’anno senza peli sulla lingua. Come la chioccia bada ai suoi pulcini, il borgo alleva e cura le sue intelligenze, dai giornalisti ai web designer, dalle professionalità più ricercate a quelle più originali. Ecco che è stata affidata la Stagione teatrale a Germano Mazzocchetti, compositore premiato per musiche di fiction e di teatro e che ora sta lavorando al prossimo recital di Leo Gullotta. La tradizione dei fuochi pirotecnici viene proseguita dalla famiglia di Mauro Di Giacomo rendendo onore a Pasquale Baiocchi, che fu definito “l’artista del fuoco” da Edmondo De Amicis e ritenuto il pirotecnico più bravo d’Italia tanto da ricevere dal re, grazie alle vittorie nei concorsi pirotecnici, la nomina di “Cavaliere dell’Ordine della Corona” nel 1894; morì a 60 anni maneggiando esplosivi nel suo laboratorio. Nel 1993 è stata inoltre conferita la cittadinanza onoraria a Giorgio Napolitano, allora Presidente della Camera dei Deputati. Tra i personaggi illustri angolani ci sono Paolo de Cecco, che faceva parte del cenacolo michettiano; Michelangelo Castagna, promotore di una sommossa contro Gioacchino Murat; Pasquale Coppa Zuccari, Rosolino Colella e tanti altri ancora. Calcò il suolo angolano Luigi Pirandello, che nel 1906 fu presidente di commissione d’esame presso la scuola “Bertrando Spaventa”, il più antico istituto magistrale
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ad indirizzo agrario d’Italia (fu fondato nel 1878 e tra i suoi studenti ci fu anche Francesco Iovine) e oggi Istituto omnicomprensivo. Sono da visitare anche la cisterna del 1886, che regge gran parte del giardino della villa comunale, le chiese – tra cui quella di San Salvatore, oggi Museo Civico – e i palazzi gentilizi. Punta di diamante della cultura angolana è il Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea “ex manifattura tabacchi”, che specie con il progetto annuale Godart e la Settimana dei laboratori d’arte rappresenta un riferimento qualificato per i nuovi fermenti artistici nazionali e internazionali, tanto che conta partecipazioni significative alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Istanbul e collaborazioni importanti come quella con l’Istituto della Cultura Italiana di Madrid. Città Sant’Angelo ora guarda lontano. Dopo essere stata inclusa tra le “Città dell’olio”, le “Città del vino” e nel club de “I borghi più belli d’Italia”, di cui fanno parte 197 comuni, adesso punta a diventare Città Slow. «Il futuro del nostro paese è questo, il turismo – conclude Gabriele Florindi – Incentiveremo il recupero di edifici per bed&breakfast o agriturismo, specie nel centro storico, come qualche lungimirante cittadino sta già facendo autonomamente». Nel vocabolario dei cittadini parole come Facebook, telematico e semacode non fanno parte di una lingua straniera, infatti quest’anno il borgo ha ospitato la settima edizione del Premio Web Italia che con convegni, meeting, workshop e incontri il 15 e il 16 luglio ha richiamato l’attenzione di freelance e web agency di tutta Italia. «Vorrei rendere visitabile la cittadina con il cellulare – conclude il sindaco – con il software del semacode, in modo che chi fa richiesta di informazioni su una chiesa o un monumento le riceva direttamente sul display». Ci sono già due importanti vetrine on line che proiettano Città Sant’Angelo verso il futuro: il blog personale del sindaco (www.florindi.it), che fungerà da vero e proprio strumento di comunicazione e interazione con i cittadini, e www.visitacsa.it, per un’inedita visita virtuale e tridimensionale della città. Tra gli obiettivi dei prossimi anni ci sono la valorizzazione della valle del Piomba con percorsi per mountain bike o a cavallo e la restituzione alla Marina dei suoi 800 metri di litorale per renderla punto di riferimento di eventi e turismo ecologico. Tra i sogni nel cassetto ci sono infine la prima guida di Città Sant’Angelo scritta da storici angolani, da presentare alla prossima Bit di Milano; una scommessa sul polo commerciale di cui il nuovo Company Store “Città Sant’Angelo Village” si è fatto centro propulsore; ... e un decennale con i controfiocchi per “Dall’Etna al Gran Sasso”, nel 2011.
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C COME MUGNAIA di Daniele Di Vittorio. Foto: Modiv
BENVENUTI NELL’ILEX Oltre 35mila presenze in sei giorni ad Elice Come di consuetudine negli ultimi sei anni, lo scorso agosto insieme alla Sagra della Mugnaia di Elice si è svolta anche la rievocazione medievale “La notte dell’Ilex”. L’alchimista e il candelaio, il corpo di guardia e le tessitrici, il casaro e la mugnaia, la ceramista ed i chierici, i mendicanti e i maniscalchi, i preti ed i bimbi, i giullari ed i cantori...: un totale di 300 figuranti, di cui 200 elicesi si sono mascherati volontariamente in dame e feudatari, streghe e ladroni, lebbrosi e spadaccini. Sono stati loro i protagonisti, insieme alla pasta alla mugnaia, di uno spettacolo che si è svolto nel centro storico del paese. L’antico Castello Baroni, da poco acquisito dal Comune di Elice, è stato il fulcro di tutta la manifestazione. Antiche stanze sono state pazientemente restituite alla luce dai ragazzi dell’associazione culturale ElicethNos, organizzatrice della manifestazione, e riutilizzate per far rivivere le atmosfere della vita passata nell’antico maniero. La candela, unico mezzo di illuminazione, ha fatto da padrona in angoli affascinanti e pieni di mistero che hanno preso vita al calar della notte. Guerrieri e arcieri in abiti del 1200 si sono esibiti tutte le sere dando modo ai visitatori di partecipare attivamente al tiro con l’arco e alle simulazioni di battaglie con spada inscenate dalla “Fratellanza dello Scorpione” di Penne e dal gruppo d’arme dei “Bello Domique” della città di Montesilvano. Ed ancora: 10 rapaci tra cui falchi, sparvieri, gufi reali e poiane hanno dato vita a spettacoli mozzafiato dimostrando le loro abilità, mentre il gruppo di musica antica “Fairy Consort” ha presentato un concerto di musica medioevale con strumenti del passato come flauti dolci, liuti, viole e cromorni rinascimentali. Le coreografie e i balli del gruppo di danze storiche “Licita Scientia” hanno mostrato le antiche movenze dei balli medievali mentre i componenti dell’associazione “Amici della Musica” si esibivano in spettacoli di musica classica itinerante attraverso le vie del paese per allietare le
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passeggiate degli ospiti della sagra. Anche dal punto di vista enogastronomico la sagra ha avuto un grande successo: la pasta alla Mugnaia, oramai sempre più legata al territorio di Elice, è stato il piatto di punta della manifestazione, condita nel più classico dei modi con un corposo sugo di carne. Ma tutto il menu meritava rispetto: pecorara S.Agnello, formaggio pecorino fritto, porchetta abruzzese, arrosticini, contorni di verdura e non, frutta a volontà e per finire la pizza dolce. Il successo di pubblico della manifestazione è stato enorme: 13mila biglietti staccati con un totale, secondo i primi calcoli, di più di 35mila presenze.
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Il concorso fotografico In questa edizione è stato ideato un concorso fotografico “I segreti nell’Ilex” che ha consentito ai visitatori della sagra di cimentarsi in una gara all’ultimo scatto e di premiare le migliori foto scattate durante le cinque serate.
o: Gabriele 1° classificat
Profita
illese ncav eo Fra tt a M ato: ssific 2° cla
3° classi ficato: G iuditta M artinicch io
LA RICETTA DELLA MUGNAIA ALL’ELICESE di Dionina Chiavetta
Quantitativo per 4 persone: 1 busta di pasta alla mugnaia di Elice, 150 g di olio extra vergine di oliva, 200 g circa di carne di vitello e di maiale con osso, trito di cipolla, peperoni e carote, 800 g di passata di pomodoro o pomodori a pezzettini freschi, un pezzo di melanzana e peperone, parmigiano. Preparazione della salsa: soffriggere la carne nell’olio. A cottura avvenuta aggiungere il trito di cipolla, peperoni e carote e lasciare insaporire bene. Una volta rosolato aggiungere la passata, un pezzo di melanzana e di peperone. Lasciare cuocere la salsa per 30/40 minuti Preparazione della pasta: lessare la pasta per 7/8 minuti circa, scolare e lasciarla insporire nella salsa aggiungendo il parmigiano. Se necessario aggiungere un pò d’acqua di cottura (il piatto non si deve presentare secco ma cremoso) Se Concettina ed Elio hanno il merito di aver fatto conoscere la Mugnaia al pubblico abruzzese, la nonna Dionina ha il merito di aver saputo tramandare l’antica ricetta che solo le anziane donne di paese sanno custodire con tanta cura...
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Speciale Miele
C COME PROPRIETÀ di Giovanni Rosato. Foto: Mario Sabatini
UNA MINIERA DI SALUTE Cosa c’è nel nettare degli dei?
“Per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante che le api bottinano, trasformano e combinano con sostanze proprie, immagazzinandole e lasciandole maturare nell’alveare”: questa è una parte della definizione ufficiale stabilita dalla direttiva dell’Unione Europea. C’è quello Millefiori, il Millefiori di Montagna e il Monoflora, in base alle varietà di fioritura a cui hanno attinto le api che lo producono. E poi c’è il miele di Sulla, di Santoreggia, di Acacia, di Lupinella... tanti nomi con lo stesso risultato dolce e raffinato. In Abruzzo si trovano tracce dell’apicoltura da sempre, tant’è che un geografo arabo dell’alto Medioevo la definì una terra ricca di caccia e di miele. Oggi l’apicoltura è abbastanza diffusa in tutta la regione, con Tornareccio capofila delle Città Italiane del Miele. Questo prodotto è stato per millenni l’unico alimento zuccherino concentrato e grazie al suo alto valore simbolico decantato dalle civiltà del mondo è da sempre legato alle divinità con significati simbolici, magici e terapeutici. La sua composizione zuccherina fa la differenza, grazie alla ricchezza del fruttosio che conferisce al miele alcune
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proprietà che gli altri alimenti dolci non hanno. A questo zucchero si deve il maggior potere dolcificante e anche il prolungato effetto energetico del miele: il glucosio viene bruciato immediatamente, mentre il fruttosio presente nel “nettare degli dei” deve prima subire una trasformazione, restando quindi più a lungo a disposizione dell’organismo. Il miele è dotato di proprietà emollienti utili sia per la gola, sia per lo stomaco e l’intestino. Tra le caratteristiche scientificamente provate, la più interessante è sicuramente quella antibatterica legata alla presenza di sostanze biologicamente attive. Difatti è stato dimostrato che l’attività antibatterica del miele diluito è dovuta all’azione di un enzima che in particolari condizioni di diluizione produce acqua ossigenata e altri composti che bloccano la crescita dei batteri. Sono ancora molte le sostanze identificate nel miele che oltre agli zuccheri contiene un po’ tutti gli altri principi alimentari. Ci sono acidi organici, sali minerali ed enzimi. Sono stati evidenziati sino a 181 componenti. Molto poco sappiamo sulle sostanze che derivano dalle piante che hanno prodotto il nettare presenti in piccolissime quantità e che conferiscono al miele le particolari caratteristiche di colore e aroma. Quel che è certo è che il miele è un alimento complesso, totalmente naturale che può contribuire a rendere la nostra
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alimentazione più equilibrata e salutare, anche se non siamo in grado di attribuire a ogni componente una precisa funzione. Scopriamo qualche varietà di miele che viene prodotto in Abruzzo. Il miele Millefiori è di colore variabile dall’ambra chiaro al marrone scuro a seconda della fioritura prevalente e del periodo di produzione. Anche il sapore può variare dal molto dolce all’amarognolo. È molto ricco di contenuto pollinico, è ottimo per dolcificare, utile nelle affezioni dell’apparato digerente. Il miele di Acacia è uno dei mieli più conosciuti e apprezzati perché cristallizza raramente; è di colore giallo chiaro o paglierino, dal gusto dolce non acido, odore leggero quasi inesistente, aroma di vaniglia confetto. Svolge una buona azione sulla attività biliare. Il colore del miele di Lupinella va dal bianco all’ambra chiaro; il sapore è molto delicato, l’aroma leggero e ricorda i profumi del fieno fresco della montagna abruzzese. La cristallizzazione avviene lentamente, con cristalli piccoli e consistenza cremosa. Gli si riconoscono proprietà sedative ed emollienti. Il miele di erba Sulla ha un colore chiaro, odore tenue e delicato tipo fieno, sapore delicato e non persistente: è chiamato così perché viene ottenuto da una pianta da foraggio caratteristica della zona mediterranea. La sua fine consistenza e la facile solubilizzazione lo rende adatto a preparare dolci, tisane e bevande; svolge una buona azione diuretica e vitaminica. Il miele di erba medica ha un colore dal beige chiaro al nocciola, cristalli grandi e un aroma di erba o fieno. Svolge un’azione antiemorragica e viene utilizzato come integratore vitaminico. Il miele di girasole è di un colore giallo intenso, cristallizzazione molto rapida con cristalli duri e sapore meno dolce degli altri mieli che ricorda il polline. Viene consigliato nella dieta dei sofferenti di colesterolo perché ha una buona azione antinevralgica e febbrifuga. Il miele di castagno è di colore scuro, sapore amaro, forte e penetrante che lo differenzia dagli altri. È molto ricco di tannino. La melata è un miele che cristallizza poco e molto tardi, spesso resta liquido. Dal sapore di malto o caramello non eccessivamente dolce è leggermente amaro ma ricco di enzimi e di ferro: è un ottimo antianemico. Il miele di Santoreggia, infine, viene ottenuto dall’omonima erba aromatica ed è di colore ambra chiaro con riflessi verdi; odore e sapore sono persistenti, gradevoli e caratteristici.
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Speciale Miele
C COME TRADIZIONE di Anita Righetti
IL PREZIOSO SAPERE CONTADINO Sui formaggi e nella cicerchiata
Ogni casa abruzzese ha un barattolo di miele Millefiori nella dispensa. Il Millefiori è di gran lunga il più usato perché nella cultura contadina prebellica c’era una diffusa tradizione di allevare api per la produzione sufficiente alle necessità casalinghe, per cui non era necessario avere varietà diverse come oggi l’uso chiede e il mercato risponde. La produzione di miele in Abruzzo è sempre stata, per secoli, di notevole quantità e qualità. Una nota curiosa è che nella zona frentana, all’inizio del Novecento, una sposa ha avuto in dote come quota di denaro il ricavato della vendita della produzione di miele dell’anno pari a 16.000 lire di allora... che non erano proprio spiccioli. Perciò oggi le produzioni di miele non possono sorprenderci per qualità e neanche per quantità. La premessa storica era d’obbligo per questo prodotto eccellente, cosi com’è d’obbligo ricondurne la produzione alla diffusa presenza di tradizioni ebraiche, tant’è che il centro di massima produzione del miele oggi, Tornareccio, in provincia di Chieti, annovera diversi nuclei familiari con lontane radici ebree. Il miele in Abruzzo è diffuso ovunque sia come allevamento di api che come consumo del prodotto. Ha molteplici funzioni in cucina e in medicina. È interessante il fatto che venga usato
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solo per la funzione di addolcire e non per piatti agrodolce. Probabilmente anche questo è ascrivibile alla tradizione della cucina ebraica kasher, cioè conforme alle regole alimentari ebraiche, che non mescola i prodotti, ma li usa nel rispetto della loro natura. Il miele, quindi, è usato per addolcire latte caldo o the, o succhiato per lenire il mal di gola. Per completare e addolcire il decotto di gusci di mandorle dolci, cipolla e bucce di arancia, miracoloso per il catarro e le infreddature. Una punta di miele sul ciuccio calma il pianto e il dolore dei primi dentini che spuntano ai neonati, senza portare però i rischi di carie dello zucchero, grazie non solo alla dolcezza ma anche ai minerali contenuti. Oggi il miele di fiori viene prodotto in molte varietà legate al nostro territorio e quindi non solo di millefiori, ma di arancia al mare, di eucalipto e di castagno in montagna, e anche la melata da corteccia. In collina il miele di acacia è particolarmente buono grazie alla diffusissima presenza di questa pianta ed è particolarmente gradito nell’accompagnamento dei formaggi. Questo gusto introdotto a noi da cucine diverse dalla nostra ha trovato particolare attenzione per la qualità dei prodotti: sposare il nostro miele all’acacia con un nostro formaggio appena stagionato vaccino o pecorino genera
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Speciale Miele veramente un gusto paradisiaco. Accompagnarlo poi ai formaggi erborinati che qualcuno sta sperimentando o alla ricotta affumicata al ginepro è assolutamente divino! L’antico vino cotto si accompagna benissimo, ma anche i passiti che stanno affinando nelle intraprendenti cantine nostrane. Diciamo che un prodotto antico come il miele guardato con occhi diversi diventa assolutamente giovane. Abbiamo detto che il miele si usa in cucina per i dolci, ma il dolce principe della nostra cucina a base di miele è la cicerchiata. La tradizione pretende che si prepari solo per le feste di Carnevale, ma qualche pasticceria, causa la bontà, la prepara anche in periodi diversi dell’anno... anche se non mi trova d’accordo. Un uovo, un cucchiaio di zucchero, un cucchiaio d’olio, un profumo di buccia di limone grattugiata, un niente di lievito in polvere e la farina di grano tenero, che si prende per la compattezza giusta. La pasta deve essere liscia ma non dura, setosa ma non molle, lavorata velocemente ma non grumosa, compatta ma morbida per poter preparare bastoncini di pasta da tagliare a piccoli tocchetti e friggere. L’olio deve essere molto e caldissimo: le palline vanno sgrondate bene della farina messa per non farle attaccare, altrimenti fanno la schiuma che deborda e manda a fuoco la cucina. Vanno fritte appena tagliate e girate con un forchettone di legno, che non abbassa la temperatura dell’olio; vanno girate per rendere uniforme la cottura. La schiuma che viene prodotta dipende da quanta farina è rimasta attaccata alle palline, quindi consiglio di friggerne poche alla volta. Devono essere tutte dello stesso colore, tassativo! Poi vanno lasciate asciugare su carta paglia: ora sono pronte per venire passate nel miele. Le proporzioni sono per ogni tre uova nella pasta, un quarto di chilo di miele: non di più. Il solo miele (quello di arancia enfatizza la nota di limone) va messo a scaldare a fuoco alto in un tegame largo e a pareti alte. Va girato a lungo fino a quando non comincia a fare le bolle: è pronto quando tutto il miele è diventato a bolle rosso carota, solo allora riuscirà a tenere insieme le palline senza sgocciolare grevemente. Il punto di cottura del miele quindi è determinante per la riuscita di una cicerchiata. Quando il punto di rosso del miele è raggiunto vi si versano le palline e si gira velocemente con la forchetta di legno: tutte devono essere avvolte dal miele. Si spegne il fuoco e si versano su un piano già bagnato con l’acqua. Con le mani bagnate ripetutamente si dà la forma a corona, mantenendola per un attimo con le mani umide perché si consolidi. Volendo si possono aggiungere alle palline nel miele delle mandorle intere pelate e tostate, e decorare con zucchero colorato. La preparazione è molto più complessa di come sono riuscita a raccontarla, ma le nostre donne ne sono maestre!
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Speciale Miele
C COME REGINA Reportage. Foto: Piergiorgio Greco
E IL NAUFRAGAR M’È DOLCE IN QUESTO MIELE Oltre 5mila visitatori a Tornareccio
La settima edizione di “Tornareccio Regina di Miele”, la rassegna che si è svolta nell’ultimo fine settimana di settembre nella “capitale abruzzese del miele” ha chiamato a raccolta oltre 5 mila visitatori in due giorni. Complice il bel tempo, gli stand degli apicoltori e dei produttori locali disseminati lungo un affascinante percorso nel centro storico sono stati presi d’assalto da visitatori provenienti anche da fuori regione, con gruppi da Napoli e da Roma, per mangiare presso i punti ristoro con i menu a tema distribuiti gratuitamente dai cuochi dell’Associazione cuochi Val di Sangro di Villa Santa Maria, fare escursioni su Monte Pallano, visitare le botteghe artigianali con i vecchi mestieri dell’uncinetto e del ricamo a cura dell’associazione Professione Donna. Non nasconde la sua soddisfazione Nicola Pallante, sindaco di Tornareccio: «Continueremo questo lavoro nel tempo, anche facendo tesoro dei preziosi suggerimenti emersi nel corso del convegno di domenica. Il più caloroso ringraziamento va a tutti i visitatori, agli espositori e quanti, a vario titolo, hanno contribuito a questo successo». I visitatori hanno potuto assistere al simpatico concorso “Dolce Massaia”, dedicato alle donne che si sono volute cimentare nella preparazione di dolciumi a base di miele. Gran finale con musica in piazza Fontana, sotto l’affascinante “Muro rotto”, con il coro Contrappunto e la CPL band di Lanciano.
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«La formula di abbinare in una dolce esperienza il nostro prodotto di punta, il miele, con la bellezza del centro storico, si è rivelata vincente ancora una volta – ha commentato Sonia Iezzi, dell’agenzia Ars Nova, organizzatrice dell’evento – È del tutto evidente che il miele rappresenta un prodotto davvero ricercato, e questa rassegna rimane la sola grande occasione in Abruzzo per venire a contatto con questo straordinario mondo dell’apicoltura, di cui Tornareccio rappresenta l’indiscussa capitale». Punta di diamante è stato il convegno di conclusione “Il miele, le api, il lavoro: il biglietto da visita di un intero territorio”, con la partecipazione di Paolo Massobrio, giornalista e presidente del Club di Papillon, presente in tutta Italia, da anni impegnato a riscoprire l’originalità di una cultura popolare attraverso il gusto. Con lui hanno parlato di promozione territoriale il sindaco di Tornareccio, l’organizzatrice dell’evento, il giornalista e presidente del Movimento Turismo del Vino Massimo Di Cintio, il dirigente scolastico dell’Istituto alberghiero “G. Marchitelli” di Villa Santa Maria Antonio Di Lello e Lucio Cavazzoni, del consorzio Conapi Bologna. Graziosissimo il recital degli alunni delle scuole dell’infanzia e primaria, dedicato al mondo delle api. Tra le novità di quest’anno c’è stata la possibilità di partecipare ai laboratori a cura del Gruppo Mosaicisti di Ravenna, lo stesso che realizza le opere del progetto “Un
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Speciale Miele Mosaico per Tornareccio” che rende il borgo un vero e proprio museo a cielo aperto. Il vincitore dell’edizione 2009 è stato Adelchi Riccardo Mantovani, noto artista italiano che vive da anni a Berlino e che ha proposto un bozzetto dal titolo “Cuore di cera”. L’originale iniziativa ideata dal gallerista e mecenate Alfredo Paglione, giunta alla settima edizione, ha incoronato, tra gli altri venti partecipanti, anche i bozzetti di Aurelio Bulzatti, autore di “Meditante”, e di Paola Campidelli (“Camelia japonica”), finanziati rispettivamente dalla Fondazione Carichieti e dalla Banca di Credito Cooperativo Sangro Teatina. Il bozzetto di Mantovani diventerà mosaico dietro finanziamento del Comune di Tornareccio. Questa edizione di “Un mosaico per Tornareccio” si è conclusa con la donazione del mosaico tratto dal bozzetto “La rosa sibillina” di Gino Marotta, fuori concorso, al comune di Poggio Picenze, duramente colpito dal sisma del 6 aprile scorso. «Fin dagli inizi del mio lavoro – è il commento di Paolo
Massobrio – il miele di Tornareccio figurava nella selezione del mio privilegio. E ne sono orgoglioso, perché è un miele distinto che unisce il favore della natura, e quindi un territorio unico, con il sapere: quello che in gergo enoico viene definito come “terroir”. Ora, io credo che il miele di Tornareccio sia una naturale de.co. (denominazione comunale) e invito il Comune a deliberare l’adozione di questo prodotto identitario censendo una realtà in un dato momento storico. In quanto al consumo del miele sono dell’idea che si debba incominciare a dire che non è un medicinale, è innanzitutto una cosa buona, una delle cose più buone d’Italia. Ed è uno di quei prodotti che alla parola “buono” unisce anche la parola bene, benessere. E per questo, a 360°, è salutare». Partner dell’evento sono l’Associazione nazionale Città del Miele, Arssa, Regione Abruzzo, Provincia di Chieti, Camera di Commercio di Chieti, Banca di Credito Cooperativo Sangro-Teatina, Gal Maiella Verde, Comunità Montana Val Sangro zona “S”. .
RAVIOLI IN SALSA DI PISTACCHIO CON CROCCANTE DI MIELE di Domenico Di Nucci Ingredienti per 4 persone: 400 gr di ravioli di carne; 200 gr di pistacchio; 20 gr di cipolla; 1 l di panna; 100 gr di parmigiano grattugiato; 1 noce di burro; una spruzzatina di brandy; 2 cucchiai di zucchero; 2 cucchiai di miele di sulla o di acacia. Preparazione: Tritare le cipolle finemente, far imbiondire il burro e lasciarle rosolare. Aggiungere pistacchio tritato, sfumare con il brandy e spargere il parmigiano grattugiato. A parte cuocere i ravioli; mantecare con la salsa ottenuta con i pistacchi. Il miele va caramellato a parte con lo zucchero: quando si sarà raffreddato, spezzettarlo e aggiungerlo alla pasta calda: si scioglierà!
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C COME RIPRESA Foto: Modiv
A CAMARDA SI RIPARTE DAL CIBO I Moscardi si lanciano in una nuova avventura “Elodia” riparte ma non nel vecchio ristorante di Camarda, che a seguito del sisma ha avuto forti lesioni ed è ancora inagibile, bensì in un’altra struttura, e si fa in tre, dando altrettanti appuntamenti per il futuro: “L’osteria Moderna” (inaugurata il 28 settembre), il “Ristorante nel parco” (data prevista in ottobre) e il “Relais nel parco” (in novembre). Il giorno dell’inaugurazione de “L’osteria Moderna, tutto il mondo enogastronomico ha voluto omaggiare della sua presenza la famiglia Moscardi, dagli esponenti dell’associazione “Qualità Abruzzo”, di cui Antonello Moscardi è il presidente, ai più noti rappresentanti delle aziende, con un occhio particolare per quelle aquilane. È stato anche presentato il progetto “Melodia di sapori Ursini”: un linea di prodotti nuova, originale e stuzzicante che combina l’estro della famiglia Moscardi e l’eccellenza agro-alimentare aquilana con la maestria dell’azienda Ursini nel settore degli oli e delle specialità. I prodotti, raccolti in un elegante cofanetto, si propongono come un elegante regalo di Natale per i dipendenti, aiutando così il rilancio della micro economia provinciale. Una particolare iniziativa si è svolta poi qualche giorno dopo ed ha avuto ancora il ristorante “Elodia” come protagonista: sono stati presentati a Santo Stefano di Sessanio, a pochi chilometri da L’Aquila, i risultati di una indagine condotta dall’istituto di ricerca Gpf per conto dell’azienda veronese di salumi Negroni: giornalisti di testate nazionali ed esperti di enogastronomia sono stati invitati all’esposizione dei risultati di questi ricerca e la sera hanno cenato presso il ristorante della famiglia Moscardi. Dalla ricerca sui “Foodies”, ossia le nuove tendenze in fatto di cibo, si evince che sono circa 4,5 milioni gli italiani (il 9,8% della popolazione) disposti a spostarsi da un capo all’altro dell’Italia alla ricerca del buon cibo e del buon vino, e che sono desiderosi di scegliere sempre il meglio, magari anche spendendo qualcosa di
più nelle salumerie e nelle gastronomie piuttosto che nei supermercati. Si capisce che il fenomeno è qualcosa di più che una semplice moda, visto anche che il loro numero cresce al ritmo di 250 mila nuove persone ogni anno. Nell’occasione l’azienda Negroni ha regalato al ristorante una affettatrice professionale come piccolo stimolo alla ripartenza. Alla serata ha partecipato anche Marzia Buzzanca di “Vinalia”, un locale che prima del 6 aprile animava il centro storico de L’Aquila, oggi “zona rossa”. I due ristoranti sono stati indicati dal giornalista Antonio Paolini, perché «entrambi hanno acquisito consapevolezza che non fanno solo ristorazione – ha dichiarato – bensì cultura».
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C COME FORMAGGIO di Massimo Giuliano. Foto: Slow Food/Modiv
FATE “CHEESE...!” Il cacio abruzzese a Bra e Gessopalena Due vetrine d’eccellenza in un breve periodo di tempo hanno fatto conoscere i formaggi abruzzesi ai buongustai: a Gessopalena per la quarta edizione di “Buon Gusto” e a Bra in occasione di “Cheese”, l’appuntamento biennale di Slow Food interamente dedicato al cacio. Durante “Cheese”, una manifestazione di livello internazionale che tra convegni e degustazioni di produttori provenienti da tutto il mondo si propone come un momento importante per confrontare la qualità delle nostre specialità tipiche con ciò che è “esotico”, Slow Food Abruzzo ha fatto il punto sulla situazione del comparto agroalimentare locale, pressoché fermo dai giorni del terremoto. Raffaele Cavallo, presidente di Slow Food Abruzzo, ha elogiato la promozione dei prodotti alimentari abruzzesi da parte di Eataly e Unicoop e ha annunciato un imminente accordo di filiera diretta tra i produttori della provincia aquilana e alcuni locali recensiti dalla guida Osterie d’Italia per l’acquisto di materie prime. Silvia De Paulis, agronoma del Parco Gran Sasso, ha invece sottolineato
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quanto la situazione sia ancora drammatica, con tanta gente senza casa e più di un migliaio di attività commerciali ferme da mesi: «La Protezione Civile ha fatto un ottimo lavoro, la solidarietà degli italiani è stata straordinaria, ma il fatto che anche i rappresentanti di Comuni e Regioni siano stati colpiti dal terremoto ha complicato sicuramente gli interventi istituzionali». Il Parco Gran Sasso è stato l’unico parco italiano ad aver portato le proprie produzioni lattiero-casearie a Bra e si è presentato a “Cheese” con lo spazio espositivo “La Via lattea del Parco”, dove hanno trovato spazio sia i formaggi che i mieli dell’area del Gran Sasso. Non sono mancati, ospitati dallo stand della Regione Abruzzo, i pastori di “Parco Produce”, che nonostante gli ostacoli continuano a rappresentare una risorsa per il territorio e per l’economia, capaci di ottenere sapori unici invidiati e ricercati in tutto il mondo. Lo dimostra, tra l’altro, il fatto che anche in questa edizione, tra migliaia di produttori presenti, la foto simbolo della manifestazione scelta dal quotidiano “La Stampa”
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sia stata proprio quella dei pastori d’Abruzzo. Il messaggio che arriva da Bra è chiaro: l’Abruzzo ritrovi la sua strada, valorizzando quegli elementi di originalità e cultura materiale, e quei produttori, come quelli di “Parco Produce”, che ne fanno una regione unica al mondo. Riscontri positivi anche per “Buon Gusto”, il tradizionale appuntamento a Gessopalena sull’arte casearia che propone il meglio della produzione regionale: «Una quarta edizione che abbiamo voluto potenziare e soprattutto inquadrare nel Progetto più ampio che stiamo portando avanti - ha detto l’assessore regionale all’agricoltura, Mauro Febbo - e cioè di rivalutazione e promozione generale del nostro territorio con le sue tipicità, insieme al marchio Buon Gusto che poco tempo fa abbiamo già presentato per la carne di agnello. Continuiamo, dunque, sul concetto di etichetta delle genuinità abruzzesi, in questo caso dei nostri formaggi, protagonisti della rassegna che sta per svolgersi». “Buon Gusto” 2009 ha riproposto la mostra-mercato dei formaggi, l’atteso concorso regionale che premia le eccellenze casearie; i laboratori del gusto, degustazioni e minicorsi guidati da tecnici Arssa, Slow Food, Onav e Onaf; e ancora, il ristorante Gran Gourmet affidato alla consulenza di Gino Primavera, che ha permesso a Federico Anzellotti, presidente nazionale dell’Associazione pasticceri, di presentare i suoi cioccolatini al formaggio pecorino. Per completare il tutto, convegni, la tradizionale gara di ruzzola e musica con giovani gruppi emergenti. «Sono state circa 40 le aziende partecipanti – spiega il sindaco di Gessopalena, Antonio Innaurato – e il connubio trazione-imprese crediamo sia vincente, sia sotto il profilo della qualità che della quantità». Tra i vincitori del concorso, l’azienda agricola Mario Verna di Guardiagrele si è aggiudicata la categoria “Fior di latte”, mentre la categoria “Giuncata” è stata conquistata dall’azienda agricola Sammartino di Alessio Scarpone, di Teramo. La “Caciotta vaccina da 15 a 30 giorni” è andata al caseificio Pietra Penta di Gessopalena, mentre il caseificio San Giovanni di Montazzoli ha trionfato sia nella categoria “Caciotta vaccina di oltre 30 giorni” sia nella “Scamorza passita”. La categoria “Caciocavallo” è stata vinta dall’azienda agricola La Grancia di Sant’Angelo, di Villetta Barrea. La “Pecorino fino a 90 giorni” ha visto primeggiare l’azienda I Sapori del Gran Sasso di Pietracamela. La “Pecorino oltre 90 giorni” se l’è aggiudicata la cooperativa agricola Masserie del Parco di Arsita. Infine, la “Caprini” è stata conquistata dall’azienda agricola Cantalupo di Antonio La Gatta, di Tocco Casauria. Non ci sono dubbi, ormai: “Buon gusto” si conferma uno dei più accreditati viaggi culturali e sensoriali nell’arte casearia, per consentire al territorio abruzzese di valorizzare i prodotti caseari tradizionali, frutto dell’antica cultura pastorale locale.
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C COME GRAPPA Reportage. Foto Modiv
ANCHE IL PECORINO PUÒ AVERE 40 GRADI Arriva da Tocco da Casauria un prodotto speciale
Chi conosce la Centerba pensa subito all’azienda Toro, ma non sempre sa che sotto lo stesso marchio vengono prodotti anche limoncello, punch, ratafià e sambuca. L’ultimo prodotto proveniente dalla distilleria di Tocco da Casauria è stato presentato in una festa estiva al di sopra degli schemi, in un allegro sabato sera pescarese: è la grappa di pecorino “Berlocche”, che si affianca alle grappe di Montepulciano e di Trebbiano già esistenti in commercio e che quest’anno viene confezionata in 2000 bottiglie numerate da 50 cl con produzione limitata certificata. Alla festa che si è svolta presso lo stabilimento balneare “Bordopiscina” erano presenti giovani giornalisti di quotidiani e della stampa specializzata, rendendo così chiaro l’intento di rinnovare il target dell’azienda. Il vitigno Pecorino venne inizialmente coltivato nella zona più a Sud della regione Marche ed in particolare in provincia di Ascoli Piceno. Un po’ più a Sud, in Abruzzo, il vitigno si trasforma per la natura del suolo e per i metodi di coltivazione, però vi si ricava un vino non dissimile dal marchigiano, di colore giallo paglierino tendente al dorato, con profumi caratteristici e gradazione che spesso raggiunge i 14 gradi. Anche nel Chietino e nel Pescarese è possibile trovare minuscole produzioni di questo vino, che per le sue caratteristiche sta iniziando ad avere ottimo successo. Il vitigno di questo due province sembra essere quello teramano, reimpiantato. Il nome strano di questo vitigno, “pecorino”, ci riporta agli
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anni dei tratturi, quando i pecorai a settembre lasciavano le montagne per scendere al mare: si racconta che le pecore fossero ghiotte di questi grappoli, ma è anche leggenda che il nome sia derivato dalla forma del grappolo somigliante alla testa di una pecora. La grappa di Pecorino “Berlocche”®, ottenuta esclusivamente da vinacce di questo vitigno, hanno un profumo forte di frutta fresca, erbe aromatiche e biancospino, che si chiude con una leggera nota amara di mandorla. Ma come si fa la grappa? I primi documenti che raccontano della distillazione dell’acquavite risalgono all’anno 1000. La consuetudine si è diffusa poi nei secoli, in particolare nelle regioni del nord Italia (Piemonte, Lombardia e Triveneto), ma prima di conquistarsi uno spazio sulle tavole e nei salotti più eleganti, dove ormai è di moda da parecchi anni, la grappa è sempre stata considerata come l’acquavite dei poveri, che distillavano in cantina le vinacce, cioè quanto restava ai contadini dopo la pigiatura dell’uva. Da allora sono cambiate molte cose. La tecnologia, unita alla tradizione, ha consentito di produrre grappe dalla qualità e dal gusto sopraffini, mentre la produzione “casalinga” è gradualmente caduta in disuso, tranne che nelle campagne di Piemonte, Lombardia e Triveneto, anche perché la distillazione è stata dichiarata illegale e perseguita molto severamente: per questo, prima di accendere il fuoco sotto l’alambicco per produrre anche un solo bicchierino di grappa, è assolutamente consigliabile consultare l’Ufficio Tecnico di Finanza...
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C COME TIPICO Reportage. Foto: Modiv
IL FESTIVAL DEL PEPERONE DOLCE Ad Altino c’è un prodotto da tutelare Per due giorni il 12 e il 13 settembre il centro storico di Altino, in provincia di Chieti, ha ospitato stand enogastronomici, degustazioni, laboratori di vimini, legno, pietra, rame e merletti per il primo Festival del Peperone dolce, grazie all’intraprendenza della giovanissima associazione del Peperone dolce di Altino Oasi di Serranella. Punta di diamante della manifestazione è stata l’ideazione del primo “Palio culinario delle contrade”: sette squadre hanno proposto un intero menu basato sul peperone dolce di Altino. La Contrada Sant’Angelo ha presentato pane con frittatine al peperone dolce; pasta aglio, olio e peperone dolce; “checocc, paten e pizz de gradigne, sardell fritt e peparuole” e “lu peccellate”. La Contrada Quart a mont ha proposto frittelle, rustico e formaggi con marmellata al peperone dolce; sagnette rosse con crema di ceci; ciff e ciaff di pollo con peperoni e dolci del buongustaio. La Contrada Altino, frittata con verdure e bruschetta con peperone; fagiolata a sorpresa; ciff e ciaff con peperoni e ciambelle fritte. La contrada Briccioli ha gareggiato con fantasia di sapori; pasta e patate alla contadina; salto di peperoni e salsiccia e fiadone con ricotta e mentuccia. La Contrada La Selva ha presentato pizza scima, rustico e peperoni fritti; “fasciuol e paten de na vot”, “pallotte casce e ove” e dolce al cioccolato con peperone. La Contrada Colli ha proposto la “pulènde a la vrace ‘nghe le savcicce”; il “pèn vreugnause ‘nghe lu cace”; i “ciucciarielle ‘nghe lu pepèune pestiete”; il “baccalà lacce e pepèrune arroscte” e i “cellucce a le cèice e lu mmestecotte”. Infine la Contrada Fonte e Mandrelle ha gareggiato con un trittico di rustici, spaghetti alla “vracetta di Panzella”, peperoni ripieni e zucca gialla e dolci tipici altinesi. La giuria è stata composta da giornalisti e da esperti del settore che hanno decretato la vittoria della Contrada Colli: a lei il diritto di esporre il trofeo, una grande
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“piletta” in legno (mortaio usato per polverizzare il peperone seccato), realizzato dall’artigiano Franco Pugliese. Nei giorni di sabato e domenica, dalle 17 a sera tardi, sono stati calcolati ben 5mila visitatori, con 3mila pasti venduti dalle sette contrade in gara, in un grande clima di festa che si è mantenuto intenso fino a tarda notte con strumenti musicali popolari, karaoke, band dal vivo, e balli popolari. Sono state organizzate visite guidate sia presso il museo dei mestieri e sapori della Val di Sangro, sia con un itinerario virtuale nell’Oasi di Serranella. «Con soddisfazione enorme in termini di presenze e di qualità – dichiara il sindaco di Altino Camillo Di Giuseppe – abbiamo raggiunto l’obiettivo primario di valorizzare sia il nostro centro storico sia il nostro prodotto principe, il peperone dolce, protagonista in squisitezze come la Ventricina del Vastese o il Brodetto e che oggi è ancora motivo di orgoglio per i produttori di Altino». Il peperone dolce di Altino o di Serranella, infatti, è caratteristico del territorio tra i fiumi Sangro e Aventino, in particolare dei comuni di Altino, Roccascalegna, Casoli, Archi, Atessa e Sant’Eusanio. La prima documentazione certa che parla della coltivazione del peperone in Abruzzo è datata 1752 ed è il testo “Origine e storia delle piante coltivate in Abruzzo”, a cura di Aurelio e Giuseppe Manzi. In questo testo ci si riferisce ad un atto notarile relativo al territorio del Sangro Aventino in cui la pianta viene citata con il nome di “peparoli”. «Questa manifestazione è riuscita perfettamente grazie all’entusiasmo e alla collaborazione di tutte le contrade – aggiungono il presidente dell’associazione del Peperone Dolce Tino Bellisario e l’organizzatore del Festival Giovanni Rosato – È viva la necessità di riconoscersi in una identità definita, che non può che raccogliersi intorno a questo prodotto. Ci diamo appuntamento al prossimo anno con mille altre ricette e idee... da diffondere come il seme del peperone».
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C COME RICETTE
Speciale Chef
a cura delle associazioni cuochi della FIC – Foto Modiv / Mario Sabatini
CUOCHI IN FESTA A VILLA... Oltre 6mila presenze per la Rassegna dei Cuochi
Dal 9 all’11 ottobre il centro storico di Villa Santa Maria è stato animato dalla trentunesima Rassegna dei Cuochi con percorsi del gusto e stand enogastronomici. La sublime arte della cucina della storica patria dei cuochi famosi e celebrati in tutto il mondo ha richiamato nel borgo di Villa Santa Maria 6mila visitatori in tre giorni, totalizzando 3mila pasti serviti nelle isole gastronomiche e a Palazzo Caracciolo nelle cene di gala. «Abbiamo calcolato il 30% di presenze in più rispetto alla trentesima edizione – dichiara soddisfatto il sindaco Francesco Falconio – Insieme alla decisione di riportare la manifestazione nel centro storico, a parità di buone condizioni atmosferiche che ci hanno sostenuto anche quest’anno, riteniamo che abbiamo dato maggiore respiro a questa Rassegna con la nuova strategia di organizzazione e promozione, a cominciare dal sito, rinnovato nella grafica e nei contenuti». Il programma realizzato da E.ge.r.cu (Ente gestione rassegna cuochi), Comune di Villa Santa Maria e Associazione cuochi Valle del Sangro ha previsto l’inaugurazione della rassegna, venerdì 9 ottobre, con il rito solenne dell’accensione della lampada votiva a San Francesco Caracciolo, il patrono dei cuochi nativo proprio di Villa Santa Maria. Sabato mattina si è svolto il concorso gastronomico “Il Tempio della pasta”, nel quale alcuni rappresentanti dell’associazione Cuochi, presieduta da Domenico Di Nucci, hanno interpretato nel cortile Caracciolo i vari
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formati della pasta Delverde (gramigna, trofie bio, linguine integrali, garganelli, riso, sfoglia per lasagne, ravioli ricotta e spinaci, chitarra, sagnette, mezze maniche, pelati in barattolo) sulle basi della cucina mediterranea. La giuria, presieduta da Vincenzo Ambrosini, docente presso l’Istituto alberghiero “Leonardo Da Vinci” de L’Aquila, e composta da Antonio Melchiorre (general manager del Grand Hotel “Santa Lucia” di Napoli), dagli chef Angelo Maiocco e Lucio Macerollo, dalla turista Marge Skipper e dal nostro direttore marketing Daniele Di Vittorio, ha individuato come vincitore del concorso il piatto di Linguine integrali biologiche con ragù di gallo, salsicce bianche al finocchietto selvatico e scamorza sangrina, in virtù della valorizzazione dei prodotti del territorio, della migliore rivisitazione dei prodotti stessi e del gusto forte e gentile come l’Abruzzo. La tre giorni è stata animata da esibizioni di chef, sommelier e barman acrobatici dell’Aibes; isole gastronomiche; pranzi e cene di gala a Palazzo Caracciolo; e performance di intaglio e decorazioni in diretta che hanno avuto il loro culmine nel tradizionale buffet dimostrativo con “sculture”, decorazioni, composizioni e fantasia, opera della sapienza e dell’arte dei cuochi villesi. La Rassegna dei Cuochi gode del patrocinio della Regione Abruzzo, Provincia di Chieti, Comunità Montana Valsangro Zona “S”. Sponsor ufficiali: Cassa di Risparmio di Chieti, Vini San Mauro, Delverde. .
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Speciale Chef
...E A PESCARA Presentato a Loreto “Lu Carrature d’ore” 2010
In occasione della Festa del cuoco, il 12 ottobre l’associazione provinciale cuochi di Pescara ha offerto a circa cento ospiti tra berrette bianche e ospiti della stampa, della politica e della ristorazione un menu delizioso presso il Castello Chiola di Loreto Aprutino. La serata si è aperta con un commosso ricordo: quello a Giampaolo Cangi, segretario generale della Federazione Italiana Cuochi, scomparso tre ore prima della cena di gala. «Lo conoscevo da oltre trent’anni – ha raccontato il presidente regionale della Fic Antonio De Sanctis – è stato sempre presente e attivo, ed è stato fra i promotori dell’istituzione della Festa nazionale del Cuoco per il 13 ottobre, in occasione dell’anniversario della nascita di San Francesco Caracciolo». Le delizie servite a tavola hanno visto protagonista il Finger food preparato dal team dell’associazione vincitore del campionato italiano di cucina mediterranea: per esempio le polpettine di alici e peperoni e la caprese scomposta di Gianluca Carrozzi; le pallotte cacio e ove e la mezzamanica soffiata con mousse di gamberi di Vito Giansante; la millefoglie di zucchine e salmone marinato con insalatina di germogli e riduzione di aceto balsamico e la crema di fagioli Tondino e raviolo croccante con pecorino e peperone secco, di Mario Rabottini; il barattolino di cotiche e fagioli con crostini di pane all’olio e la terrina di coniglio con dressing ai frutti bosco, di Silvestro Ruggieri. Dopo l’intervento di Guerino Testa, presidente della provincia di Pescara, e il saluto di Lorenzo Pace, presidente
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dell’associazione provinciale cuochi, sono stati serviti a tavola baccalà candito con pane cotto, pesto di olive e crema di basilico di Nicola Fossaceca, premiato ad Arezzo come chef emergente del centro Italia; scrippelle croccanti alla pecorara su salsa di pomodoro e basilico di Michele Ottalevi, campione nazionale di cucina mediterranea; la guancia di maiale al Montepulciano d’Abruzzo con ortaggi in agrodolce di Moreno D’Antuono, che l’anno scorso si è classificato secondo al 19esimo concorso gastronomico regionale “Lu Carrature d’Ore”; e il semifreddo agli agrumi con salsa al rosmarino e olio agrumato di Lucio D’Angelo, rappresentante per la Fic della cucina pescarese. Gli chef hanno reso omaggio ai diciannove colleghi che dal giorno del sisma si sono alternati per dare da mangiare agli ospiti della tendopoli allestita dalla Cgil a Coppito, preparando circa 800 pasti al giorno tra colazione, pranzo e cena: parliamo di Nicolò Di Garbo, Rino Saturni, Michele Ottalevi, Enzo Piccirilli, Ermanno Kausch, lo stesso Lorenzo Pace, Antonio Massaro, Vincenzo Iannacco, Luca Mastromattei, Francesco Cinapri, Francesco Adonide, Vincenzo Scerpa, Francesco Angelini, Antonio Di Tullio, Marco Giansante, Nicola Fossaceca, Fernando Crisci, Gabriele Mancinelli e Giuseppe Savini. In occasione della cena è stata presentata la prossima edizione de “Lu carrature d’ore” che si svolgerà al Grand Hotel Adriatico di Montesilvano dal 12 al 19 marzo, coinvolgendo come sempre cuochi professionisti e allievi degli istituti alberghieri d’Abruzzo. .
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Speciale Chef TARTARA DI SCAMPI SU BUDINO DI ZUCCHINE E CAVIALE D’ARANCIO
GALANTINA DI FARAONA AL TARTUFO NERO E MARMELLATA DI CIPOLLE BIANCHE
di Michele Ottalevi, ass.ne cuochi Pescara
di Francesco Liquori, ass.ne cuochi Teramo
Ingredienti per 4 persone. Per la tartara: 500 g di scampi dell’adriatico, timo, limone, sale e pepe q.b. Per il budino: 300 g di zucchine, 100 g di cipolla , 100 g di carota, 50 g di sedano, 80 g d’olio extravergine d’oliva, 20 di burro. Per il caviale: 100 g di succo d’arancia, 1 g di agar-agar, 300 g di olio di semi. Per la tartara: sgusciare gli scampi e marinare con timo limone, sale, olio e lasciare in frigo per 1 ora. Per il budino: bollire i carapaci con metà del sedano, carota, cipolla e ricavare un brodo. Tagliare a concassè metà delle zucchine: il resto cuocerle per 10 minuti con il brodo, frullare il tutto e lasciar raffreddare. Tritare carota, cipolla e imbiondire nel burro, aggiungere le zucchine a concassè, unire la salsa di zucchine, scaldare a fuoco moderato, aggiungere l’agar-agar e frustare. Dividere il composto in 4 stampini in acciaio e passare in abbattitore per pochi minuti. Per il caviale: bollire il succo d’arancio, unire l’agar-agar e girare con la frusta. Portare alla temperatura di 45°. In una bastardella in acciaio versare l’olio alla temperatura di 12°. Con una siringa tirare su il succo d’arancio e delicatamente lasciare cadere nell’olio piccole gocce, spostandole su tutto il perimetro, evitando che si accumulino una sull’altra. Mettere al centro dei piatti il budino di zucchine, battere a coltello gli scampi, pepare leggermente e sistemarli sul budino, sopra mettere la testa di uno scampo, una spirale di pane fritto e alcune sfere di caviale. Ai lati del budino sistemare il caviale, guarnire con germogli di basilico rosso e alcune gocce d’olio extravergine d’oliva.
Ingredienti per 6 persone. Per la galantina: 1 faraona, 300 g carne di vitello, 150 g carne di maiale, 100 g pane integrale raffermo, 50 g di pecorino abruzzese, 20 g di lardo, 10 g di tartufo nero, 100 g di latte, 2 uova, 3 rametti di timo, sale e pepe q.b. Per la marmellata di cipolle bianche: 500 g di cipolle mondate, 20 g di sale fino, 25 g di zucchero di canna, 25 g di miele, 2 lt di Trebbiano d’Abruzzo, 50 g di vino cotto abruzzese. Per la guarnizione: pistilli di zafferano, valeriana, tartufo.
MALTAGLIATI CON FRUTTI DI MARE , COULIS DI PEPERONE GIALLO E JULIENNE DI ZUCCHINE.
TRASPARENZA DI PATATE ALL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA E FRUTTI DI BOSCO
di Domenico Di Nucci, ass.ne cuochi Valle del Sangro
Ingredienti per 4 persone: per i maltagliati: 400 g di farina di semola, 4 uova, 20 g d’olio extravergine d’oliva, 5 g di peperone secco macinato, sale q.b. Per la salsa: 100 g di vongole veraci, 500 g di astice, 100 g di calamari, 100 g di panocchie, 100 g di scampi, 2 spicchi d’aglio, 1 cipolla, 100 g di zucchine, 50 g d’olio extravergine d’oliva, 20 g di trebbiano d’abruzzo,sale q.b. Per il coluis: 1 peperone giallo, 1 spicchio d’aglio, 50 g di cipolla, 50 g d’olio extravergine d’oliva, 100 g di zucchine, sale q.b. Per la pasta: impastare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo e lasciare riposare per 20’. Stenderla con l’apposita macchinetta ottenendo delle sfoglie, tagliare a strisce di lunghe 10 cm, larghe 2 e tagliare in maltagliati. Per la salsa: sviscerare, tagliare e lavare i pesci. Rosolare nell’olio l’aglio, unire i frutti e sfumare con vino. Per il coulis: montare il peperone, rosolare la cipolla in metà olio, aggiustare di sale, lasciare cuocere, se necessario, con del brodo vegetale e frullare ottenendo una crema. Tagliare le zucchine a julienne, passarle in padella con il resto dell’olio e l’aglio e unirle alla crema di peperoni. Cuocere la pasta e amalgamarla con frutti di mare e la crema di peperoni.
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Per la galantina: disossare la faraona, salare e pepare. Ammollare il pane nel latte, separare le uova e montare a neve gli albumi. Macinare due volte il vitello, il maiale, il lardo e il pane strizzato. Impastare con i tuorli, il tartufo a scaglie, il pecorino e le foglioline di timo. Aggiustare di sale e pepe, incorporare gli albumi, mescolare con cautela; farcire la faraona, cucire e legare con lo spago e cuocere in sottovuoto con forno a vapore a 90° C e sonda a cuore 88°C. Per la marmellata: affettare le cipolle grossolanamente, cospargere con il sale e lasciare sgocciolare per 2 ore. Bollire il Trebbiano, farlo ridurre della metà; aggiungere le cipolle, lo zucchero, il miele e far ridurre ancora della metà. Raffreddare a temperatura ambiente, rimettere sul fuoco, aggiungere il vino cotto e fare ridurre della metà. Affettare la galantina sottilmente; mettere al centro dei piatti un cespo di valeriane, sistemare sopra 3 fette di galantina per porzione. A lato mettere una cucchiaiata di marmellata e decorare con il tartufo in scaglie e pistilli di zafferano.
di Doriano Petricca, ass.ne cuochi L’Aquila
Ingredienti per 4 persone. 300 g patate di Avezzano già lesse, 150 g di mascarpone, 75 g di zucchero a velo, 330 g di panna fresca, 30 g olio extravergine d’oliva. Per la salsa: 150 g di frutti di bosco, 50 g di zucchero, 30 g d’acqua.
Frullare le patate con il mascarpone, l’olio e lo zucchero. Diluire con la panna, versare nel sifone da ½ litro, caricare con una bomboletta di gas, agitare bene e lasciare in frigorifero per 3 ore. Per la salsa: unire tutti gli ingredienti portare a bollore, frullare, passare al colino e lasciare raffreddare. Sifonare la spuma in 4 bicchieri, irrorare con la salsa e decorare la superficie con una cialda di zucchero colorata con l’alchermes
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C COME ESTERO di Nadia Miriello - Foto: archivio Roberto Pasquali
“NIENTE SPAGHETTI, SIAM LITUANI!” Eppure in Abruzzo c’è chi li ha presi per la gola
Provate a chiedere ad un russo doc di cucinarvi p-a-st-a. Probabilmente lo vedrete alle prese con un pentolone strabordante d’acqua, spaghetti impietosamente spezzati (sigh!) in ammollo, una bella manciata di sale sul fondo e via così: s’accende in ultimo il fuoco per bollire tutto insieme appassionatamente, fino a cottura, o stracottura. Infine, condimento. Un sacrilegio per gli aficionados della dieta mediterranea. Stessa cosa, suppergiù, farebbero i vicini bielorussi e lituani: una z-u-p-p-a, forse, fedele alla propria tradizione culinaria, ma decisamente non una pasta come
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Dio comanda. A tavola noi abruzzesi e loro, popoli che vivono dagli Stati baltici in là, siamo due universi paralleli che non si sarebbero mai incontrati se non fosse stato per l’intraprendenza di Roberto Pasquali, imprenditore nato e cresciuto a Viterbo, che vive a Pescara per lavoro da ormai 35 anni e ha un particolare fiuto per gli affari stretti con l’Oriente a noi più prossimo. Soprattutto in fatto di “magna&bevi”. Il coraggio certo non gli è mancato quando, cinque anni or sono, con in valigia una decina d’anni d’esperienza imprenditoriale
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nella comunicazione e cognizione quasi nulla della lingua autoctona, è partito alla volta di Vilnius, capitale lituana, e lì ha iniziato a intessere la sua piccola rete di relazioni “strategiche”. In un Paese dove allora circolavano ancora pochissimi connazionali e di abruzzesi neanche l’ombra, Pasquali ha fatto conoscere la regione italiana dei Parchi e dell’ospitalità enogastronomica alle autorità locali, stuzzicando l’appetito anche all’Ambasciata e all’Istituto italiano di cultura, per ritagliarsi a poco a poco un posto privilegiato nel cuore e... nello stomaco di quella gente. Impresa non facile, a dire il vero. Sì, perché se Russi e Bielorussi amano l’Italia e sono sufficientemente aperti al nuovo/diverso, i Baltici sono più diffidenti verso gli stranieri e poco inclini a cambiar abitudini, alimentari in primis. «Io ho fatto un po’ da apripista in tal senso – fa notare Pasquali – posso dirlo con certezza, senza presunzione». Dal 1995 la sua società ha cambiato nome e recentemente ha allargato gli orizzonti verso la Bielorussia, pensando già a come “agganciare” la Russia. Ma gli intenti restano quelli: promuovere l’imprenditoria abruzzese nei mercati dell’area, privilegiando l’agroalimentare, settore tra i meno intaccati dalla crisi, e al contempo organizzare eventi “culinarculturali”, come fiere, concerti, spettacoli teatrali e incontri letterari che abbiano un buon ritorno d’immagine, economico e turistico per la nostra terra. Negli ultimi anni la mission imprenditoriale di Pasquali si è fatta più possibile grazie alla fattiva collaborazione con l’ambasciatore Giulio Prigioni che, dopo averlo supportato a Vilnius per tre anni, da febbraio rappresenta l’Italia a Minsk, e anche nella capitale bielorussa si sta dando parecchio da fare per sponsorizzare l’Abruzzo. È proprio grazie a lui che il 2 giugno scorso, nel primo “Italian Summer Festival” della città, dedicato appunto all’Abruzzo, è stata organizzata una serata dannunziana con recital di Daniela Musini e un concerto per le popolazioni colpite dal terremoto, durante il quale l’ambasciatore ha lanciato un appello a comprare prodotti nostrani. Sul palco il pescarese Pino Ruggieri con la band “Italian Chansonnier” ha proposto brani di Fred Buscaglione, Nicola Arigliano e Lelio Luttazzi, oltre a presentare l’inedito “Tangenziale Est”, parte di una raccolta live dei più bei concerti tenuti in Italia, arricchita da una personalissima versione di “Nel blu dipinto di blu” di Modugno. Rotto il ghiaccio con il “Minsk Tour”, quest’inverno Pasquali riporterà Ruggieri e i suoi in Bielorussia, prevedendo anche qualche tappa in Russia e Lituania: note e specialità delle nostre parti si faranno apprezzare nei migliori “discoristo”, come Pasquali chiama i locali tipici della zona dove «si mangia, si beve e si balla». Fra qualche tempo, auà, pure all’abruzzese maniera.
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SE ‘RUSTELLE E SHASHLIK VANNO A BRAC(C)ETTO...
La colazione russo-baltica è decisamente salata, a base di formaggi, insaccati e carne, accompagnati da pane, per lo più nero, e verdura, soprattutto fresca. Il pranzo quasi non esiste, di conseguenza la pasta non ha un posto privilegiato nella quotidianità come da noi: la mangiano eccezionalmente nei pochi ristoranti italiani e, a dire il vero, neanche la gradiscono tanto, probabilmente perché la cucinano come una zuppa, un classico del loro menù, e hanno scarsa conoscenza delle ricette. I dolci non mancano mai in tavola, così come tè e caffè van bene a tutte le ore. «Non hanno un preciso ordine alimentare – sintetizza Pasquali – per cui possono prendere il cappuccino più un morso di pane e salame, e non contenti berci insieme, anche di prima mattina, vodka, cognac o champagne, che insieme al vino bianco è la loro bevanda preferita durante il giorno». Tracciato questo quadretto, è davvero arduo trovare un’affinità mangereccia tra l’Abruzzo e Lituania e dintorni. Vengono in soccorso gli arrosticini, cugini alla lontana degli “shashlik” (il nome russo è impronunciabile), ossia spiedoni di carne, di solito agnello ma anche pollo, maiale e vitello, marinata con il limone e cotta alla brace, utilizzando eventualmente spezie per insaporirla e vodka o birra per ammorbidirla. «L’attrezzatura in fondo è la stessa – osserva Pasquali – solo che lo spiedo è in ferro e i pezzi di carne sono più grandi, in proporzione alla loro mole». Scherzando scherzando, nasce l’idea di organizzare un evento per testare il connubio ‘rustelle-shashlik. Con una certezza: nei bicchieri trionferà il Montepulciano, da noi un imperativo e anche lassù molto ricercato.
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C COME POPOLARE di Michele Tana
BONTÀ ALIMENTARI A TAVENNA Gli abruzzesi di Keste Terre in Molise Grande successo all’inizio di settembre per le tradizioni popolari in festa durante la tre giorni di “Artigianato a Tavenna”, l’iniziativa giunta alla sesta edizione e legata alla ricorrenza di Santa Irene con l’obiettivo di celebrare un patrimonio di arte culinaria, sapienza artigianale e bontà enogastronomiche di primissimo piano nell’ambito locale. È stato il sindaco Leonardo Del Gesso ad operare il classico taglio del nastro e a dare dunque il via libera alla curata e ben organizzata manifestazione il primo settembre. Erano presenti, oltre ai rappresentanti dell’amministrazione comunale e a tanti visitatori, l’onorevole Anita Di Giuseppe, il presidente della Provincia di Campobasso Nicola D’Ascanio, ed il consigliere regionale Antonio Chieffo. Un momento intenso e molto sentito dall’intera comunità, quello del taglio del nastro, come rimarcato in particolare dallo stesso sindaco Del Gesso e dagli assessori all’artigianato e al turismo Claudio Benedetto, ed alle politiche sociali e al bilancio Vincenza Del Gesso. Erano tanti gli stand allestiti ed è stato subito dato spazio alle bontà della cucina locale. È stato letteralmente assaltato lo spazio degustazioni, sapientemente curato dall’affiatato gruppo dell’associazione Keste Terre Onlus di Montenero di Bisaccia, che in collaborazione con Provincia e Comune ha offerto un succulento piatto di cavatelli al sugo di ventricina e l’ottima carne di pecora “alla Santa Irene”: piatti preparati dagli chef del sodalizio perfettamente in linea con i segreti della cucina locale, annaffiati dall’ottimo vino prodotto in paese. I rappresentanti del gruppo, tra cui il socio fondatore Massimo Di Stefano, il presidente della sezione regionale Molise Pasqualino Manes, il vice presidente vicario Paolo Di Paolo ed il dirigente Silvano Foia, si sono detti davvero soddisfatti per gli esiti della serata, nel corso della quale, ad offerta libera, sono stati raccolti fondi da destinare alle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto del 6 aprile. Molto apprezzato è stato anche lo spettacolo musicale
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serale, animato dal sempre attivo ed intraprendente Andrea Desiato. “Artigianato a Tavenna” ha proseguito il suo percorso con il mercatino nelle vie centrali del paese che accolgono anche la tradizionale Fiera del 2 settembre, anticamente dedicata in modo particolare al mercato del bestiame, da cui la manifestazione di questi giorni trae spunto: lo sottolinea l’assessore Benedetto ricordando le tradizioni tavennesi, quelle della cucina, con la carne di pecora che veniva consumata dai tanti allevatori che arrivavano a Tavenna, ma anche della maestria di molti artigiani del paese. Altri momenti importanti sono stati la sagra della carne “alla Santa Irene”, i riti religiosi e lo spettacolo finale con le cover della splendida Laura Pausini con protagonista Kalidra.
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C COME GUERNICA di Guernica - http://atuttavita.blogspot.com
ARCIMBOLDO, QUESTO SCONOSCIUTO La Praga più nota e splendida sarà barocca, ma l’anima della città si fa manieristica nel periodo più interessante della storia ceca: l’epoca rudolfiana. Alla corte di Rodolfo II scompaiono tutte le forme di proporzione e composizione ideali e armoniose esaltate dal Rinascimento. Le sembianze si allungano, si torcono, arrivando a deformarsi in posture e atteggiamenti infedeli all’anatomia stessa; subentra un ardito dinamismo della scena; le opere diventano complesse, eccessive e l’uso della luce ricorre a tonalità non tradizionali, divenendo irrazionale. Rodolfo vive la sua giovinezza in un contesto nel quale l’Umanesimo tardo rinascimentale resiste ancora. Si crede di vivere in un mondo magico nel quale cultura e natura sono intimamente intrecciate, e si attribuisce contenuto magico a pietre preziose, poste al vertice dell’ordine divino delle cose, appena dopo Dio. Spostata la corte a Praga, Rodolfo creò la Wunderkammer di Ambras. Tra gli artisti e i pittori di cui Rodolfo amava circondarsi, personalità eclettica e originalissima fu Giuseppe Arcimboldo. Nato da una storica famiglia di Milano, si trasferì a Vienna e assunse la carica di pittore di corte. Raggiunse la notorietà per aver dipinto delle fisionomie, alterando le sembianze umane nelle Quattro Stagioni e nei Quattro Elementi. Esse sono costituite da un intreccio di frutta, fiori e animali rendendo un complesso significato allegorico, connesso al passato e alle aspirazioni asburgiche. Dopo Bosch, è certamente il pittore del surrealismo intellettuale, del grottesco e allegorico. Il capolavoro più noto dell’Arcimboldo è Vertumno (1591), eseguito ai tempi dell’ultimo soggiorno milanese. Il dio romano del capodanno e dei commerci nasconde i lineamenti di Rodolfo II. A Vertumno la mitologia attribuisce infinite possibilità di mutazione e probabilmente il pittore allude simbolicamente alle trasformazioni alchemiche su cui s’incentravano gli studi di Rodolfo. Vediamo che la fronte è una zucca, il collo un napo con tanto di radice esposta, il naso una pera, le due guance una mela e una pesca, le sopracciglia delle spighe di grano, la palpebra sinistra un baccello di piselli e la pupilla
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destra una mora, la sinistra una ciliegia, il bianco dell’occhio uva spina, il labbro superiore fragole di bosco e quelle inferiori ciliegie. Ogni particolare ha un significato che in parte ci sfugge. Tuttavia sappiamo che erbe, fiori e frutti erano utilizzati da speziali, medici e alchimisti seguendo appositi cerimoniali. Ad esempio, le spighe gialle erano raccolte durante le notti di luna nuova, nascoste sotto terra in un vaso di coccio e poi distillate in un contenitore di rame per ottenere il “saturnino”. Questo permetteva di preparare la polvere necessaria alla trasmutazione. Si scopre la ricerca del passaggio fra i quattro elementi. Percorrendo ancora la figura notiamo al posto del Toson d’Oro un groviglio di garofani, rose, gigli, fiori di zucca e tulipani, ciascuno con una precisa simbologia. Spicca il collegamento tra cibi vegetali, natura e il messaggio che l’artista lascia ai posteri e che da più di cinque secoli è rimasto inalterato nella simbologia della tela.
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C COME NEWS
È uscito Settembrì È nato il primo giorno di autunno, cioè proprio il 21 settembre, “Settembrì”. La vendemmia era ancora in pieno svolgimento e Cantina Tollo ha presentato il suo vino vendemmia 2009, il primo in Italia a venire imbottigliato. Prodotto con uve Chardonnay 100% vendemmiate a metà agosto, dopo poche settimane dalla vendemmia è uscito sul mercato per dare nel bicchiere intense sensazioni floreali e fruttate e permettere, così, al consumatore di assaporare gli ultimi profumi dell’estate. «Se Cantina Tollo può uscire sul mercato con un vino a poche settimane dalla vendemmia – afferma il Direttore Giancarlo Di Ruscio – è grazie alla tecnologia all’avanguardia messa a punto in questi anni». Di colore giallo paglierino con riflessi verdolini, ha odore fruttato intenso con sentori di frutta esotica, banana e sapore di media struttura, fresco ed avvolgente, leggermente vivace. Ottimo come aperitivo nelle ultime giornate calde, è ideale in abbinamento a pesce, crostacei, risotti di pesce, spaghetti alle vongole, chitarrina allo scoglio, arrosti di pesce, salmone, carni bianche e formaggi freschi.
Una pizza per l’Abruzzo
È stato un trionfo di solidarietà e amicizia “Una pizza per l’Abruzzo”, l’iniziativa che l’Assopizzeria Confesercenti, il gruppo pizzeria “La caretera” di Gavirate e l’associazione regionale Pizz’abruzzo doc hanno organizzato il 15 settembre a Schiranna di Varese negli stand della Festa della pizza varesina. Guidati da Leone Coppola, i pizzaioli di Confesercenti hanno sfornato centinaia di pizze Margherita e con la ventricina del vastese, portata per l’occasione da Nicola Salvatore, presidente di Pizz’Abruzzo. Il ricavato della vendita sarà utilizzato per la ricostruzione di una pizzeria dell’Aquila recentemente colpita dal terremoto. «Quest’anno ci sembrava doveroso pensare all’Abruzzo – ha spiegato Leone Coppola – al quale vogliamo testimoniare tutta la nostra vicinanza in questo momento così difficile... Con un solo trancio di pizza si può fare veramente tanto». Nicola Salvatore ha donato targhe ricordo, pubblicazioni sull’Abruzzo a tavola e materiale promozionale sui prodotti tipici abruzzesi al direttore Gianni Lucchina e al presidente Cesare Lorenzini della Confesercenti Varesina.
Un bando per i piccoli Comuni Ammontano a 4 milioni 685 mila euro i finanziamenti complessivi previsti dal bando sui “centri commerciali naturali”. Sono tre le tipologie di intervento: la prima riguarda progetti di riqualificazione urbana proposti da Comuni, Enti Parco, associazioni di commercianti e di operatori turistici; la seconda contempla la realizzazione di strutture di potenziamento dei servizi alle imprese associate, la riqualificazione e l’ammodernamento di esercizi esistenti e l’organizzazione di spazi urbani per attività commerciali, proposti da associazioni di imprese, consorzi, enti locali ed enti pubblici. La terza riguarda interventi per iniziative di riqualificazione dei centri storici proposti da Comuni, Comunità montane ed Enti parco. «Il progetto – ha spiegato l’assessore regionale allo sviluppo economico Alfredo Castiglione – intende riqualificare il sistema distributivo di quelle zone marginali e più esposte al rischio di degrado, ma il bando è aperto all’intero territorio abruzzese» In tutti e tre i casi il finanziamento regionale copre solo una parte del costo dell’intervento, con massimo 100 mila euro.
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C COME NEWS
C COME NEWS
L’Angola incontra Pescara
Camplone pasticciere dell’anno
Teramo in Tavola
“Degusta” a Roccaraso
Formaggi in America
Tenuta Ulisse vince a Londra
Cooperazione ed interscambio commerciale sono stati i temi alla base degli incontri svolti presso il padiglione espositivo del Porto Turistico “Marina di Pescara” tra la Camera di Commercio di Pescara ed una delegazione angolana in visita in Abruzzo dal 10 al 15 settembre ed accompagnata dall’Associazione “Marco Di Martino”, un’associazione umanitaria onlus che si prefigge la realizzazione di opere umanitarie. L’Ente ha accolto la delegazione in un meeting con il presidente Daniele Becci e la Giunta. Scopo dell’incontro è stato creare una rete di mutua assistenza tra l’imprenditoria locale e quella africana, in modo da realizzare investimenti sul territorio dell’Angola, solido nella tradizione agro-economica con buone opportunità nel comparto turistico. Per l’occasione sono stati realizzati incontri one to one in relazione ai settori di turismo e comparto alimentare; di edilizia, officine meccaniche e prodotti ferramentosi; e di formazione. Gli incontri hanno conseguito un successo tale da proseguire per più di quattro giorni, ponendo così le basi per una reale e proficua collaborazione.
La seconda edizione dell’“Award del Pasticciere” è stata vinta da Fabrizio Camplone, della pasticceria pescarese “Caprice”. La competizione si è svolta a Roma presso l’istituto di istruzione superiore “Domizia Lucilla”, con l’intento di promuovere l’alta pasticceria presso gli studenti delle scuole alberghiere. I pasticcieri che hanno superato le fasi eliminatorie sono stati associati alle squadre in gara nel contest finale, capitanate da quindici tra i migliori pasticcieri italiani. Hanno partecipato Fabrizio Camplone, Salvatore Cappello, Paolo Caridi, Giuseppe Catanese, Antonio Cesarò, Vincenzo Cipolla, Fabrizio Donatone, Vito Filingeri, Marco Giovine, Giuseppe Manilia, Stefano Marinucci, Angelo Musolino, Mirko Palmieri, Sergio Signorini e Gennaro Volpe. Ognuno di loro ha scelto un secondo e un giovane aiutante: Fabrizio Camplone ha scelto il biellese Valerio Angelino Catello e Agostino Balzi. Nella prova finale, hanno creato una mousse al cioccolato con croccantino alla cannella ripieno di banane cotte al rhum. L’evento è promosso da Reed Business tecnologie.
Grande successo per il primo concorso enogastronomico internazionale “Teramo in tavola” dell’istituto professionale di Stato “Lorenzo Di Poppa” realizzato con la collaborazione di quattordici comuni teramani e il contributo di enti e associazioni. Quindici istituti alberghieri italiani ed esteri e dieci ristoranti locali hanno interpretato la cucina dell’Appennino teramano tra il 21 e il 24 settembre. Il primo premio è andato alla francese Ecole “Hoteliere du Perigord” che ha esibito gnocchi tricolore ai sapori e profumi del Parco; il secondo, l’ipssar “Ferraris” di Caserta con paccheri di gragnano farciti con straccetti di agnello e carciofi marinati su vellutata di fagioli e zucca. Al terzo posto si è classificato l’ipssar “De Gennaro” di Vico Equense (Na) con lombetto di agnello alle erbe aromatiche su tortino croccante di farro di Torano e caprino di Farindola al profumo di liquirizia di Atri e miele di Tornareccio. Al quarto posto c’è l’ipssar “Graziani” di Torre Annunziata con paccheri di grano duro con farcia di agnello dei monti abruzzesi e vellutata di fagioli bianchi del Gran Sasso-Laga.
Sono stati sessantotto gli stand che questo agosto, provenienti dall’Abruzzo e da fuori, hanno partecipato alla seconda edizione di “Degusta” nel Palaghiaccio di Roccaraso (Aq). La manifestazione dedicata ai prodotti del territorio è stata caratterizzata da un incontro sul tema “Agricoltura di montagna: quali prospettive”, nel corso del quale sono state presentate relazioni su temi della biodiversità, della zootecnia, delle energie da fonti rinnovabili e della silvicoltura. Ogni sera venivano rappresentate tutte le categorie: olio, vino, formaggi, salumi, miele, tartufi, pane, dolci tipici e liquori. Tra le istituzioni che hanno partecipato alla manifestazione ci sono i Comuni di Scanno e Roccaraso, l’Enoteca Regionale d’Abruzzo, i Consorzi Olio extravergine DOP Aprutino-Pescarese e Produttori Solina d’Abruzzo, il Centro agroalimentare La Valle della Pescara, le associazioni di categoria Coldiretti, CIA - Confederazione Italiana Agricoltori. Era presente anche il Pastabus del pastificio Delverde, nel quale erano impegnati gli chef dell’Associazione Nazionale Cuochi della provincia di Pescara.
Il Washington Post ha pubblicato una recensione lusinghiera sui prodotti della Valle del Sagittario, sbarcati negli USA grazie alla famiglia Marcelli che cura l’export dei prodotti di Parco Produce negli Stati Uniti da circa un anno. Ricotta affumicata al ginepro, pecorino classico, ricotta scorza nera, brigantaccio, muffato, gregoriano, ricotte “maritate” e poi ancora mieli, composte, zafferano, olio e altro ancora sono da poco disponibili sulle tavole più raffinate della East Coast ma vantano già referenze eccezionali nei menu di alcuni dei più noti ristoranti di New York. Qualche esempio: Babbo, già “miglior nuovo ristorante” alla sua apertura nel 1998 e oggi punto di riferimento per i gourmet della Grande Mela; l’elegante Bar Boulud a Broadway; i grandi spazi di Del Posto, uno dei cinque ristoranti di New York a meritare due stelle Michelin; e “Locanda Verde”, il ristorante di proprietà dell’attore Robert De Niro. Nunzio Marcelli, partner della Marcelli Formaggi, ricorda la proposta di rendere obbligatorio, nei supermercati italiani, riservare una percentuale espositiva ai prodotti abruzzesi.
Il 2 Settembre Tenuta Ulisse di Crecchio (Ch) è stata premiata all’International Wine Challenge 2009 di Londra con l’“Italian White Trophy” e il “Pecorino Trophy” nella splendida cornice del Grosvenor Hotel di Londra, davanti ad oltre 900 inviati provenienti dal settore enologico mondiale. L’Italia è così sul gradino più alto del podio con i due premi assegnati a “Unico” Pecorino Terre di Chieti IGT 2008, un vino che ha già conquistato la Medaglia D’Oro nello scorso maggio, nella medesima competizione. Il Trophy è il massimo riconoscimento attribuito dall’International Wine Challenge di Londra, dove con il premio Italian White Trophy, il Pecorino 2008 della Tenuta Ulisse è considerato il Miglior Vino Bianco D’Italia. Il Wine Challenge si svolge in una terra che tradizionalmente non è annoverata tra le produttrici di vino e considerata perciò “terra neutra”. Vi partecipano ogni anno oltre 10.000 vini, impegnando centinaia di giudici e molti tra i più importanti enologi, sommelier, e giornalisti provenienti da molte nazioni.
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C COME CONTROEDITORIALE
di Peppe Ursini
OLIO: COSA MANCA A CONCORSI E PREMI. In generale funzionano tutti così: il produttore fa la domanda di partecipazione al concorso e da regolamento fa pervenire i suoi oli alle varie sedi ed entro i termini stabiliti, pagando un minimo per i costi di gestione del concorso. Possono partecipare tutti, basta essere un produttore accreditato (anche se per essere un produttore non è obbligatorio possedere piante di ulivo o frantoi) e avere un minimo di bottiglie da mostrare, indipendentemente dal fatto che queste bottiglie siano in vendita oppure no. Cosa avviene spesso? Nella migliore delle ipotesi capita che il concorso venga vinto da un’azienda credibile, ma molte volte, invece, l’olio che ha vinto non andrà in commercio, perché spesso il quantitativo prodotto è stato finalizzato solo alla partecipazione del concorso: quel poco imbottigliato andrà agli amici e parenti del produttore, il quale alla fine vende al pubblico tutt’altro olio ma si vanterà e avvantaggerà del premio. In tanti comprano un olio credendo sia quello premiato... ma non sanno che in realtà ne stanno comprando un’altro.... Ecco che il Concorso o il Premio contribuiscono a creare il mostro... Ma perché succede questo? Non esistono paletti o vincoli alla partecipazione. Non si osserva se il produttore crea economia con quel prodotto, quindi la porta resta aperta per uno stuolo di medici, avvocati o comunque professionisti annoiati con tenute agricole improbabili e che propongono la loro bottiglia creata più che altro per impressionare gli amici. Non si giudica l’alto livello produttivo globale dell’azienda, che magari propone più di un extra vergine di gran classe: ogni azienda o presunta tale, invece, partecipa con un solo olio e magari prodotto per sole cento bottiglie in tutto. Non si giudicano i prodotti prelevati sul punto vendita e non ci si chiede se i prodotti inviati siano in commercio né se il pubblico li vedrà mai. Infine non è ancora pronto un panel di assaggiatori veramente scevri da condizionamento esterno:
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vengono inseriti tecnici estremamente preparati, sì, ma non tutti e 8 gli assaggiatori (numero minimo previsto per un panel) sono alla stessa altezza. Ora come ora, mezzo punto in più o in meno assegnato dal meno preparato di loro è sufficiente per far slittare anche dal primo al sesto posto la posizione di un olio in concorso: quanto meritatamente? Nei concorsi avviene una valutazione ancora troppo empirica, troppo casuale. Ho contato più di 20 vincitori in Italia, tra concorsi nazionali e regionali, che nella stessa annata e dunque con gli stessi oli cambiano sempre. Come è possibile che chi vince ad un concorso nazionale poi si classifica male ad uno regionale? È come se i calciatori della nazionale Italiana stessero in panchina nei campionati di calcio interregionali... Non ho nulla contro i giudici di gara, perché personalmente credo che siano i metri di valutazione e di selezione a dover cambiare: ecco perché da anni non partecipo più né a concorsi regionali, né a quelli nazionali. Io non ci sto: non voglio essere sottoposto a valutazioni superficiali, siano esse positive o negative. Direte voi: è possibile che non esista un concorso davvero completo e valido? In realtà qualche piccola oasi c’è, anche se la perfezione fondamentalmente non esiste. Sto pensando alla Guida agli Extra Vergini di Oliva di Slow Food, che è tra le più vicine all’idea di concorso meritocratico che io e – come ho avuto modo di constatare – altri produttori di diverse regioni - sogniamo. Dietro alla Guida non c’è infatti un Concorso o un Premio: non valuta solo un prodotto, relaziona in modo compiuto le aziende partecipanti (anche se non avviene una scrematura in base alla loro reale consistenza) e, soprattutto, non pretende di decretare un vincitore assoluto. Anche qui troviamo prodotti presentati dai produttori e non selezionati sul mercato, ma perlomeno nessuno sale sul podio.