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Un’introduzione La fantascienza è da sempre dell’immaginario popolare.
un
terreno
importante
Cosa c’è sulla luna? Chi guida gli ufo? Ma anche: il vicino è realmente chi sembra o è stato sostituito da un clone alieno in virtù di un’invasione silenziosa della terra? Ci stanno occupando, quindi? Il governo mondiale è complice? I marziani sono buoni o ci stermineranno tutti? La fantascienza, sin dalla sua (pur recente) nascita, è lo specchio del rapporto che abbiamo con il tempo che stiamo vivendo, con la tecnologia e con il progresso. Il Collettivo Artistico Ronin, dopo essersi misurato col tema dell’horror classico, in questo secondo numero speciale si confronta con una fantascienza dal sapore un po’ “vecchio stampo” e con i suoi topos canonici. Ogni team artistico ha quindi affrontato la retro fantascienza a modo proprio, misurandosi con i temi più significativi del genere o con la sua peculiare estetica. Sarete voi lettori a decretare con quale e quanto successo. Spero comunque che vi possiate divertire a leggere le storie che seguono tanto quanto gli artisti si son divertiti a crearle. Vi aspettiamo sui nostri canali per le nostre produzioni gratuite. Grazie per il supporto. Ronin RONIN Periodico gratuito online del Collettivo Artistico Ronin. Progetto editoriale, impaginazione e grafica: Pietro Rotelli Redattore Capo: Luigi Chialvo Responsabili settore: Prosa: Riccardo Sciarra Fumetti: Francesca Dea Illustrazioni: Nello Caiazza Poesia e progetti speciali: Ivan Paduano Interviste e recensioni: Francesco Balestri Ogni diritto relativo alle storie qui contenute è dei singoli autori, ogni autore si assume la responsabilità dei contenuti della propria opera. www.roninmag.it
pietro rotelli’s
sto ia : Diser gni: lp.. preLliZzola oteLli
... e ora aCcogliamo un’altra nostra soreLla, un’altra doNna viTtima di violenza, come tuTte noi! neLl
Grazie. oGgi sono qui per raCcontare gli stupri, le boTte e le umiliazioni che tante come me subiscono ogni giorno...
“... nel silenzio e neLla complicità di tuTti...”
... comprese voi! tuTte voi! cieche ed indiFferenti verso i problemi di noi androidi. ePpure soFfriamo, piangiamo e amiamo tanto quanto voi.
sei un androide?! cosa ci fai qui? questa è una manifestazione per vere doNne!
pensavo foSse una manifestazione contro la violenza. oPpure per eSsere viTtime servono neceSsariamente le ovaie?
buUuUuUuUuUuUu
hai sentito, androide? qui non c’è posto per queLle come te. vai via!
la violenza è sempre violenza. anche se compiuta neLl’indiFferenza di tuTti.
I dodici giorni del dottor Neal Beno Franceschini Il dottor Neal si svegliò disteso su un letto rigido, immerso in una luce bianca. Non era in grado di dire dove si trovasse, né come ci fosse arrivato. Ricordava soltanto che due uomini scesi da una Studebaker Commander nera del 1951 lo avevano prelevato dal laboratorio mentre stava per avviare la sperimentazione del dispositivo Ohio-R. Quando ebbe la forza di tirarsi su, Neal scoprì di essere in una stanza circolare avvolta da una nebbia densa e inodore. Davanti a lui c’era una creatura alta quanto due uomini, molto esile, con braccia lunghe e sottili che terminavano in mani a tre dita. La testa cuneiforme dal mento appuntito e dalla fronte ampia era sorretta da un collo che si ergeva dalle piccole spalle per quasi un quinto del corpo. Nel complesso, però, la figura ispirava una sensazione di grande leggerezza, esaltata dalla fine veste grigia che scendeva fino ai piedi. «Oh, spero che stia bene, dottor Neal», disse la creatura con voce delicata, quasi cantata. Neal non rispose. Il suo primo pensiero fu di essere sotto l’effetto di un qualche narcotico. «Oh, non è nostra intenzione farle del male, né trattenerla oltre il tempo necessario.» «Chi… cosa… sei? Dove sono?» «Oh, io sono Tuu-Riuus e provengo dal pianeta Euus-Taa. Sono
uno studioso di lingue della Via Lattea.» Il volto dell’alieno, piatto e dai grandi occhi neri, era inespressivo, fatta eccezione per il sollevamento degli zigomi appena accennati – che sulla Terra sarebbe stato interpretato come un sorriso. La testa invece ondeggiava da un lato all’altro quando l’extraterrestre parlava, restando ferma nelle pause. Neal si sentiva calmo e se ne stupiva. Per quanto si fosse preparato all’idea di un incontro con loro, si aspettava che la presenza di una creatura cosmica gli avrebbe creato qualche apprensione. Eppure era completamente rilassato: “Sì, mi hanno drogato”, pensò. «Oh, capisco il suo disorientamento. Non abbiamo usato dei modi gentili per condurla qui. D’altronde dobbiamo affidarci a voi umani per operare sulla Terra, ma riconoscerà che avete grandi limiti nella gestione degli affari più delicati.» «Dove sono?» «Oh, è a bordo dell’astronave Maa-Euus. Siamo attorno al pianeta che chiamate Marte.» Neal sentì la testa girargli. Riuscì ad alzarsi dal letto, ma i suoi piedi scomparvero nella nebbia che si accumulava sul pavimento scorrendo come un compatto fiume gassoso. «Oh, mi segua, per favore. Abbiamo ricreato l’atmosfera di Euus-Taa, quindi è probabile che i suoi sensi le restituis-
cano strane impressioni, però non c’è niente di nocivo.» Sapendo di non avere alternative, Neal si portò traballando a fianco di Tuu-Riuus. Si accorse che le pareti della struttura non erano un limite fisico, ma una percezione visiva che si rinnovava a ogni passo. L’ambiente sembrava costantemente espandersi per linee rotonde, come se tutto fosse un’enorme sfera di foschia bianca. Dopo quello che a Neal sembrò un lungo tragitto, nel campo visivo cominciarono ad apparire centinaia di creature impegnate a manovrare dei calcolatori dotati di schermi, sui quali erano trasmesse inquadrature dei più comuni luoghi della vita umana. «Osservi. – Disse Tuu-Riuus allargando un lungo braccio. – Questo è il mondo attraverso gli occhi dei suoi simili. O meglio, di alcuni individui che definiamo vettori.» Neal si voltò di scatto: «Siete già tra noi! Avete intenzione di invadere la Terra?» Gli zigomi dell’alieno si sollevarono: «Oh, no, dottor Neal. Lasci che le spieghi.» Tuu-Riuus riprese a muoversi lungo l’interminabile fila di monitor. «Oh, il mio popolo ha imparato che gli umani sono terribilmente indisciplinati e sempre a rischio di compiere magistrali sciocchezze collettive. Per noi è un dispiacere sapervi destinati all’autodistruzione, unici tra i senzienti di questa galassia a non partecipare al miglioramento dimensionale. Ecco perché abbiamo ideato un metodo per cercare di aiutarvi, il dispositivo di controllo Vaaes. Oppure, con un ter-
mine a lei più noto, Ohio-R.» Neal sorrise amaramente. La sua ricerca aveva colto nel segno: lo strumento ritrovato sul disco volante precipitato in Nevada era davvero un’arma per il condizionamento di massa. «Oh, troverà molto interessante questo settore», disse Tuu-Riuus indicando dei calcolatori più grandi dei precedenti e inseriti in una cabina. Gli schermi mostravano immagini di politici, artisti e uomini d’affari ripresi dallo sguardo dei vettori. Neal si pietrificò quando vide che una delle telecamere viventi – come l’aveva ribattezzata nella propria mente – stesse parlando con Eisenhower, mentre un’altra era alle prese con Molotov, o comunque con un altro pezzo grosso sovietico: «Quindi tenete in pugno i governi mondiali…» «Oh, no! Noi installiamo delle capsule in soggetti a contatto diretto con i vertici della vostra società. Quando ci accorgiamo che una situazione può divenire di estremo pericolo, allora inviamo il personale adattato all’atmosfera terrestre per attivare il dispositivo di controllo. Così possiamo infondere prassi e parole distensive al fine di evitare il peggio.» «E nessun altro, a parte i vettori, è a conoscenza dei vostri piani?» Tuu-Riuus sollevò gli zigomi: «Oh, no, abbiamo gli strumenti necessari per tutelarci. I vostri leader, però, agiscono secondo la propria volontà, nel bene e nel male. Noi affianchiamo loro dei potenziali freni d’emergenza, ma non andiamo oltre: siete liberi di annichilirvi. Voi terrestri per esempio avete un’insana passione per la
fissione nucleare e prima o poi farete dei danni. Essere vicini a chi comanda ci facilita nello scongiurarvi catastrofi peggiori, ma se vi decideste a cooperare con noi, l’equilibrio galattico ne trarrebbe un gran giovamento.» «Ero a un palmo dalla verità…» «Oh, più o meno. Lei ha ricostruito in modo approssimativo un dispositivo di controllo, ma non ne ha capito il reale utilizzo. Ha scoperto che l’apparecchio agisce sulle onde cerebrali, però ha pensato erroneamente che servisse a guidare in modo indifferenziato tutti gli umani. Ha provato addirittura ad alterare le frequenze per smascherare gli infiltrati, come dire, alieni. Forse non sarebbe mai arrivato alla soluzione, ma non potevamo rischiare.» «Che cosa mi farete?» Gli zigomi di Tuu-Riuus si inarcarono come mai prima: «Oh, niente. Dovrà collaborare con noi per favorire la procedura. Potrà rientrare sulla Terra, purché accetti le nostre condizioni. Le applicheremo una capsula e lavorerà con noi, che significa prima di tutto aiutare l’umanità. Le garantisco personalmente che otterrà delle posizioni dal grande prestigio sociale e che non interferiremo con la sua vita affettiva. Però non deve tradirci. – La testa di Tuu-Riuus smise di oscillare. – Come le ho già detto, per certe faccende dobbiamo servirci dei terrestri, che non sono la razza più galante dell’Universo.» Neal non sapeva che cosa rispondere. Era su un’astronave intorno a Marte, quindi non aveva scelta. Per quanto ne
sapeva, quelle creature dal lungo collo, all’apparenza così gentili, potevano essere mostri vendicativi. Doveva saperne di più, gli sfuggivano troppi particolari. Perché gli alieni non intervenivano anche contro i disastri naturali o le epidemie? Il loro comportamento era disinteressato? La costrizione lo rendeva comunque un collaborazionista? Avrebbe davvero mantenuto una propria volontà? Quei dubbi erano così vorticosi che il dottor Neal non si rese nemmeno conto di essere tornato al punto di partenza, il letto rigido. «Percepisco i suoi legittimi timori. Le forniremo il tempo e le informazioni per decidere. Avrà a disposizione dodici giorni su questa astronave, che sulla Terra equivalgono a un giorno. Dopo saremo noi a scegliere per lei, ma mi addolorerebbe molto doverlo fare.» «Credo di non avere via d’uscita. C’è qualche altra possibilità, forse?» «Oh, sì, dottor Neal. Qualora lo preferisca, potrà restare con noi. Lei avrà l’opportunità di conoscere ciò che solo pochi rappresentanti della sua specie hanno conosciuto, mentre noi potremo approfondire i nostri studi sulla fisiologia umana. Grazie per la cortese conversazione.» L’alieno scomparve nella foschia. Neal tentò di seguirlo, ma qualcosa gli impedì di allontanarsi troppo dal letto: un’invisibile barriera di forza gli bloccava il passo. Le pareti rotonde erano diventate concrete, come si conviene a una prigione.