Lewis Carroll Adattamento a cura di
Stefano Bordiglioni e Manuela Badocco
Alice nel Paese delle meraviglie Illustrazioni di
Marco Bregolato
CON AUDIOLIBRO I CLASSICI
© 2019 by Mondadori Education S.p.A., Milano Tutti i diritti riservati www.mondadorieducation.it Prima edizione: marzo 2019 Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specifcamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifche. Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.
Coordinamento Redazione Impaginazione Copertina Illustrazioni
Maria Cristina Scalabrini, Alessia Vecchio Anna Rossi Silvia Bianchin Silvia Bianchin Marco Bregolato
Contenuti digitali Audiolibro
Sidecar Studio, Verona
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Lewis Carroll
Alice nel Paese delle meraviglie Adattamento a cura di Manuela Badocco Stefano Bordiglioni Illustrazioni di Marco Bregolato Apparato didattico a cura di Anna Rossi
Indice
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Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12
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Qualcosa in piĂš Il mondo di Alice
Capitolo 1
Alice sedeva in riva al fiume in un caldo pomeriggio d’estate. Diede uno sguardo al libro che sua sorella stava leggendo: non c’erano illustrazioni. “Un libro senza figure non serve a nulla,” rifletté Alice soffocando uno sbadiglio. Pensava di alzarsi per raccogliere margherite quando un Coniglio Bianco le passò accanto. Alice si meravigliò nel vedere che indossava un panciotto e che tirava fuori dal taschino un orologio. panciotto: è un indumento maschile senza maniche che si indossa sopra la camicia; è detto gilè.
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– Oh, povero me, come sono in ritardo! – borbottò il coniglio. Poi scomparve dentro una tana sotto a una siepe. Senza pensarci, Alice lo seguì. Si infilò anche lei sotto la siepe, ma subito si sentì precipitare verso il basso. Per fortuna stava cadendo lentamente. Mentre scendeva vide carte geografiche appese alle pareti e scaffali pieni di libri. – Forse raggiungerò il centro della Terra – disse a voce alta. – Chissà dove mi trovo? E a quale profondità? Alice pensò alla sua gatta: “Povera Dina, speriamo che a casa ti diano una tazzina di latte. Vorrei tanto che tu fossi con me”.
Alice, insonnolita dalla discesa, continuò a parlare fra sé: – Chissà se le gatte mangiano i pipistrelli? E chissà se i pipistrelli mangiano le gatte?... Era ormai sul punto di appisolarsi quando atterrò morbidamente su un mucchietto di foglie. Si trovò in un corridoio che portava a una sala con diverse porte, tutte chiuse. Mentre provava inutilmente ad aprirle, inciampò in un tavolino di vetro. Sul ripiano luccicava una minuscola chiave d’oro, troppo piccola per le serrature di quelle porte.
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Ma dietro una tenda di velluto c’era una porticina che non aveva notato prima. Alice provò la chiave e la porticina si spalancò. Si inginocchiò e al di là della porticina vide un corridoietto in fondo al quale c’era il più bel giardino che avesse mai visto, con aiuole fiorite e fontane zampillanti. E che fresco in quel giardino delizioso! Purtroppo, mai e poi mai sarebbe riuscita a passare da quell’uscio così piccino. Mentre pensava al da farsi, vide sul tavolino una bottiglietta. BEVIMI, c’era scritto sull’etichetta. Alice controllò bene che non ci fosse scritto VELENO, poi ne assaggiò il contenuto: sapeva di torta di amarene e di tacchino
arrosto, di gelato, caramelle e pan di burro. Lo bevve tutto e si sentì diventare piccola. Ma aveva dimenticato la chiave sul tavolino e ora era diventata così piccola che non riusciva più a prenderla. Sentì le lacrime pungerle gli occhi e abbassò lo sguardo. Sotto il tavolino giaceva un pasticcino con una bella scritta fatta di chicchi di ribes: MANGIAMI. Alice pensò che forse quel dolcetto l’avrebbe fatta crescere. Ne staccò un pezzettino con i denti e vide che non accadeva nulla. Allora lo mangiò tutto.
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Capitolo 2
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Alice guardò i suoi piedi allontanarsi e le gambe che si allungavano. – Sempre più strano! – gridò. – Addio, piedi! La sua testa urtò il soffitto. Ora era alta quasi tre metri. Prese la piccola chiave d’oro sul tavolino, ma si rese conto che non sarebbe riuscita a passare attraverso la porticina. Sedette a terra e stavolta pianse davvero. Versò litri di lacrime che formarono una pozza sul pavimento che arrivava fin quasi a metà della sala.
Smise di singhiozzare quando vide passare il Coniglio Bianco. Elegantissimo, con guanti e ventaglio, borbottava di una certa Duchessa che lo stava aspettando. Cercò di chiamarlo: – Per piacere, signor… – Ma il Coniglio trasalì, poi corse via senza degnarla di uno sguardo, perdendo i guanti e il ventaglio. Alice li raccolse. – Che strano! Qui è tutto molto strano! E che caldo! – sbuffò Alice agitando il ventaglio. Poi si accorse che più si sventolava e più rimpiccioliva.
trasalì: sobbalzò, si spaventò.
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Per fortuna gettò via il ventaglio prima di scomparire del tutto. Tornò di corsa alla porticina, ma la chiavetta era rimasta ancora sul tavolo. Che disastro! Mentre pensava al da farsi, scivolò e si ritrovò a nuotare nella pozza sul pavimento: – Che buffo cercare di galleggiare nelle mie stesse lacrime! – disse. Proprio allora vide un Topo che, come lei, era scivolato e cercava di non annegare. Provò ad attirare la sua attenzione, ma il topo non fece caso a lei. Alice provò a raccontargli della sua gatta: – Dina è così graziosa e soffice quando la prendi in braccio. Fa le fusa, poi si lecca le zampe e si pulisce il musetto. È bravissima a dar la caccia ai topi…
Improvvisamente Alice si interruppe: – Oh, scusami, dimenticavo che non ti piacciono i gatti! – gridò. – A te piacerebbero i gatti se tu fossi me? – strillò il Topo, offeso. A quel punto la pozza stava diventando molto affollata. C’erano caduti dentro altri animali: un’Anatra, un Dodo, un Pappagallo Arcobaleno, un Aquilotto e altre strane creature. Nuotarono tutti verso riva, con Alice in testa al gruppo.
Dodo: era un uccello simile a un colombo che però non sapeva volare. Oggi non esiste più.
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Capitolo 3
La strana comitiva raggiunse la riva: uccelli con penne gocciolanti e animali col pelo fradicio. Dopo lunghe discussioni su quale fosse il modo migliore per asciugarsi, il Topo gridò: – Mettetevi a sedere! Vi seccherò e vi asciugherò ben bene! Alice temeva di prendere un raffreddore se fosse rimasta a lungo bagnata, e così sedette con gli altri. Il Topo stava al centro. – Ehm! – cominciò. – Vi racconterò la storia più noiosa che io conosca. 12
seccherò: rendere arido, togliere l’acqua.
È così seccante che vi asciugherete in un attimo. E iniziò un racconto di conti, conquistatori e re. Poi si rivolse ad Alice: – Come va, mia cara? – Più bagnata che mai – rispose lei, sconsolata. – Secondo me, – disse il Dodo – il modo migliore per asciugarsi sarebbe una corsa. Tracciò per terra un cerchio, poi tutti cominciarono a correre di qua e di là. Corsero per circa mezz’ora. Quando furono asciutti, il Dodo gridò: – Fine della gara! Hanno vinto tutti e tutti devono avere un premio. seccante: noioso, fastidioso. “Seccare” può avere due significati: “asciugare, togliere l’acqua”, oppure “dare fastidio, annoiare”.
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Un coro di voci chiese: – Ma chi consegnerà i premi? – Ma lei, naturalmente! – disse il Dodo indicando Alice. Alice non sapeva che fare, così cercò nelle tasche del vestito e tirò fuori una scatolina di confetti che, per fortuna, l’acqua non aveva bagnato. Distribuì i confetti e ce n’era esattamente uno a testa. – Ma scusate, anche lei deve avere un premio! – disse il Topo. – Cos’altro hai in tasca? – Solo un ditale – rispose Alice. – Consegnamelo – disse il Dodo. Tutti le si avvicinarono intorno mentre il Dodo le porgeva solennemente il ditale, dicendo: 14
ditale: piccolo bicchierino di metallo in cui si infila il dito con cui si cuce per non pungersi con l’ago.
– Ti preghiamo di accettare questo elegante ditale. Tutti applaudirono. Ad Alice scappava da ridere, era tutto cosÏ assurdo! Ma prese il ditale e fece un inchino.
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– Vorrei tanto che Dina fosse qui. – disse la bambina. – E chi è Dina? – chiese il Pappagallo Arcobaleno. – È la mia gatta. Non puoi immaginare quanto sia brava a correr dietro ai topi! E vorrei che la vedessi quando corre dietro agli uccellini! Queste parole provocarono un gran trambusto. Una vecchia Gazza disse che aveva mal di gola e doveva tornare a casa al caldo. Una Canarina chiamò i suoi piccoli con la scusa che era tardi e dovevano andare subito a dormire. Scomparvero tutti in un baleno e Alice rimase sola. Dopo un po’ le parve di sentire dei passi. 16
gran trambusto: gran confusione.
Capitolo 4
Era il Coniglio Bianco: – Povere zampe mie e poveri i miei baffi! Alice lo sentì borbottare: – La Duchessa mi concerà per le feste! Chissà dove li ho lasciati? Alice intuì che stava cercando i guanti e il ventaglio. Si guardò attorno, ma non li trovò: la sala, il tavolino e la porticina erano spariti. Il Coniglio si accorse di lei e la chiamò: – Aiutami subito, Mary Ann! Corri a casa e portami un paio di guanti e un ventaglio. concerà per le feste: sgriderà, rimprovererà duramente.
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Alice capì che l’aveva scambiata per la sua cameriera, ma corse via senza spiegargli che si era sbagliato. Arrivò davanti a una linda casetta. Entrò e trovò guanti e ventaglio appoggiati su un tavolo. C’era anche una bottiglietta senza alcuna scritta. Alice tolse il tappo e se la portò alle labbra. – Ogni volta che mangio o bevo succede qualcosa – si disse Alice. E ancor prima che avesse bevuto metà della bottiglia, Alice si trovò con la testa premuta sul soffitto. Continuava a crescere e dovette infilare un braccio fuori dalla finestra e un piede su per il caminetto. Era una situazione molto scomoda. 18
linda: pulita e ordinata.
Dopo un po’ sentì delle voci. Qualcuno provò ad aprire la porta, ma il gomito di Alice lo impediva. Erano il Coniglio Bianco e i suoi aiutanti. Cercarono di entrare nella casetta senza riuscirci. Poi uno di loro disse: – Una carriola basterà. E un attimo dopo una manciata di sassolini piovve dalla finestra. Alice notò sorpresa che i sassolini si trasformavano in dolcetti non appena toccavano il pavimento.
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“Se mangio uno di questi dolcetti,” pensò, “cambierò di sicuro statura”. Perciò inghiottì un dolcetto e fu felice di notare che cominciava a rimpicciolire. Non appena fu abbastanza piccola da passare dalla porta, corse fuori di casa e fuggì nel bosco. – La prima cosa da fare – disse fra sé e sé – è cercare di tornare alla mia solita statura. Alice guardò bene fra l’erba, ma non vide nulla che si potesse mangiare o bere. C’era un grosso fungo, lì vicino, alto all’incirca quanto lei. Si alzò in punta di piedi per vedere se sopra ci fosse qualcosa e i suoi occhi incontrarono quelli di un grande bruco blu.
Capitolo 5
– Chi sei? – le chiese il Bruco. Alice rispose timidamente: – Non… non saprei. Stamattina sapevo bene chi fossi, ma poi sono successe molte cose. Cambiare dimensioni tante volte mi ha confuso le idee. Il Bruco poi disse: – Di che statura vorresti essere? – Veramente, – rispose Alice – mi piacerebbe essere un po’ più alta. – Allora ascolta, – disse il Bruco – un lato ti farà crescere e l’altro lato diminuire.
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“Un lato di cosa? L’altro lato di cosa?”, pensò Alice. – Del fungo – rispose il Bruco, proprio come se Alice avesse parlato a voce alta. Un attimo dopo il Bruco era scomparso. Alice allargò più che poté le braccia intorno al fungo e staccò con ciascuna mano un pezzetto del suo cappello. Provò a sgranocchiare il pezzetto che teneva nella mano destra. Un momento dopo sentì il mento sbattere sul piede.
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Così si mise a mangiare in fretta un po’ dell’altro pezzo. Il collo le si allungò tanto che non vedeva più le spalle. Udì un sibilo e vide che un piccione le stava volando in faccia. – Serpente! – le gridò l’uccello. – Non sono un serpente! Lasciami in pace – disse Alice. – Devo covare le mie uova – continuò il Piccione. – Vattene, brutto serpente! – Ti ripeto che non sono un serpente. Sono una bambina –
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disse Alice, un po’ incerta per via di tutte le trasformazioni che le erano accadute quel giorno. – Ho visto molte bambine, – replicò il Piccione – ma nessuna con un collo così lungo! Sei un serpente, è chiaro. O vorresti dirmi che non hai mai assaggiato un uovo? – Certo che ho assaggiato delle uova, – disse Alice – ma le bambine mangiano le uova. – In questo caso, – disse il Piccione – che cosa vuoi che mi importi se sei una bambina oppure un serpente? È chiaro che stai cercando delle uova. – Importa a me – rispose Alice. – Non sto cercando delle uova e in ogni caso non mi piacciono crude.
– Allora vattene! – disse il Piccione, sistemandosi nel suo nido. Alice cominciò a mordicchiare pezzetti di fungo, diventando ora più alta, ora più bassa, finché si accorse di essere ridiventata della sua statura normale. Camminando nel bosco, si trovò di fronte una casina alta poco più di un metro. “Non posso presentarmi a chiunque abiti lì con questa statura. Li spaventerei!” pensò Alice. Così cominciò a mordere il pezzetto di fungo che teneva nella mano destra. Si avvicinò alla casa solo quando ebbe ridotto la sua statura a circa venti centimetri. 25
Capitolo 6 Alice stava riflettendo, quando dal bosco uscì correndo un valletto in livrea. Aveva una faccia da pesce e bussò alla porta. Venne ad aprire un altro valletto in livrea, con la faccia da rana. Alice vide che tutti e due avevano i capelli incipriati e pieni di riccioli. Il Valletto-Pesce porse una lettera all’altro, dicendo: – Per la Duchessa. Un invito da parte della Regina per una partita di croquet.
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valletto: cameriere. livrea: abito indossato dai maggiordomi e dai camerieri di famiglie nobili. incipriati: coperti di cipria, una polvere profumata. croquet: è uno sport. Consiste nel far passare una palla sotto a degli archetti con un martello di legno.
Entrambi si inchinarono ma i loro riccioli si impigliarono tra loro. Alice si rifugiò nel bosco per non far sentire che le scappava da ridere. Quando tornò vicino alla casetta, il Valletto-Pesce se n’era andato e l’altro stava seduto a terra. Alice bussò alla porta, poi entrò in una cucina. La Duchessa era seduta e cullava un bambino. La cuoca mescolava una pentola fumante. Alice cominciò a starnutire. – Ci deve essere troppo pepe in quella zuppa – disse la bambina. Anche la Duchessa e il bebè starnutivano. Accanto al caminetto stava accovacciato un grosso gatto. 27
Aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. – Per favore, signora, – chiese Alice – potrebbe dirmi perché il suo gatto sorride così? – È un Ghignagatto, ecco perché! E adesso tienilo tu! – disse la Duchessa ad Alice, porgendole il bambino. – Io devo prepararmi per la partita di croquet con la Regina. La bambina lo cullò e lo portò fuori. Il piccolo smise di starnutire ma cominciò a grugnire. Alice notò che aveva naso e occhi da maialino. 28
grugnire: è il verso tipico del maiale.
Anzi, era proprio un porcellino e quando lo posò a terra, lui trotterellò verso il bosco. Ma ecco il Ghignagatto: se ne stava accovacciato sul ramo di un albero. Alice pensò che era meglio trattarlo con rispetto. – Ghignagattino, vorresti dirmi per piacere chi abita da queste parti? – Là, – disse il Gatto – abita un Cappellaio. E là abita una Lepre Marzolina. Vai pure da chi vuoi, tanto sono matti tutti e due. Anche io sono matto. E anche tu… – Come fai a sapere che sono matta? – Devi esserlo per forza, altrimenti non saresti qui – disse il Gatto e scomparve. Cappellaio: persona che per lavoro fabbrica o vende cappelli.
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Alice si incamminò e dopo poco vide la casa delle Lepre Marzolina. Aveva il tetto di pelliccia e i camini a forma di lunghe orecchie. La casa era grande e Alice diede un piccolo morso al pezzetto di fungo di sinistra, facendo così aumentare un po’ la sua statura. Si avvicinò.
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Capitolo 7
Davanti alla casa c’era un tavolo apparecchiato. La Lepre e il Cappellaio sorseggiavano tè, appoggiando i gomiti su un ghiro addormentato. Il tavolo era molto grande, ma i tre se ne stavano in un angolo. Quando si accorsero di lei, la Lepre e il Cappellaio cominciarono a gridare che non c’era più spazio. – C’è un sacco di spazio, invece! – ribatté Alice, offesa. Poi si sedette a capotavola. Purtroppo non era facile far conversazione con quegli strani personaggi. Le offrivano del vino e c’era solo tè.
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Consultavano un bizzarro orologio che indicava i giorni del mese, ma non le ore. La Lepre guardò tristemente l’orologio: – Eppure ho usato burro sopraffino per ungere gli ingranaggi. Non capisco come mai non funziona… – Non avresti dovuto usare il coltello del pane per spalmarlo – brontolò il Cappellaio. – Devono esserci finite dentro delle briciole. 32
bizzarro: strano, fantastico. sopraffino: molto pregiato, raffinato.
La Lepre immerse l’orologio nella tazza di tè: – Era burro sopraffino – ripeté. Alice era confusa: – Non capisco – disse – per quale motivo ci sono sul tavolo tanti servizi da tè? Siete solo in tre... Il Cappellaio scosse tristemente la testa: – È perché ho litigato con il Tempo lo scorso marzo. Da quel giorno è sempre l’ora del tè e non abbiamo tempo neppure di lavare le tazze. Così continuiamo a spostarci intorno al tavolo. – Ma che cosa succede quando tornate al punto di partenza? – osò chiedere Alice. – Basta, cambiamo argomento – intervenne la Lepre, sbadigliando. 33
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– Propongo che il Ghiro ci racconti una storia. Il Ghiro aprì lentamente gli occhi: – C’erano una volta tre sorelline, – cominciò – che vivevano in fondo a un pozzo di melassa. Disegnavano. – Che cosa disegnavano? – chiese Alice. – Melassa – rispose il Ghiro. Poi continuò: – Disegnavano melassa e altre cose con la M. – Perché? – chiese Alice. – Ma stai zitta! – disse il Cappellaio. Il Ghiro si addormentò all’istante. Alice, offesa, si alzò e se ne andò. Quando si voltò vide che il Cappellaio e la Lepre stavano cercando di mettere il Ghiro addormentato nella teiera. melassa: liquido scuro simile al miele.
– Non ho mai preso il tè in compagnia di gente più sciocca! – disse Alice entrando nel bosco. Mentre lo diceva, notò che nel tronco di un albero c’era una porticina. Entrò e si trovò di nuovo nella sala con il tavolino di vetro. “Questa volta me la caverò meglio,” pensò e, presa la chiave d’oro, aprì la prima porticina, quella che dava sul giardino. Poi mordicchiò un pezzetto di fungo che aveva conservato in tasca, finché non divenne alta circa trenta centimetri. Entrò finalmente in quel fresco giardino pieno di fontane e di fiori.
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Capitolo 8
C’era un grande rosaio con rose bianche e dei giardinieri le stavano dipingendo di rosso. Erano vestiti con carte da gioco. – Perché dipingete le rose di rosso? – chiese Alice. Uno dei giardinieri spiegò che avevano piantato per sbaglio una pianta di rose bianche. Siccome la Regina voleva solo rose rosse, stavano cercando di rimediare. – Se la Regina lo scopre – continuò il giardiniere – ci farà tagliare la testa.
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In quel momento si sentirono dei passi e i giardinieri si buttarono con la faccia a terra. Qualcuno gridò: – La Regina! Alice si voltò e vide un corteo. Davanti a tutti marciavano dieci soldati, seguivano dieci cortigiani e dieci principini ornati di cuori. Infine venivano gli ospiti, per lo più Re e Regine del mazzo di carte. Tra loro Alice riconobbe il Coniglio Bianco. Seguiva il Fante di Cuori che reggeva fra le mani un cuscino rosso e, in fondo al corteo, il Re e la Regina di Cuori.
cortigiani: persone che vivevano alla corte dei reali. ornati: abbelliti.
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Quando il corteo arrivò davanti a lei, tutti si fermarono e la Regina le chiese: – Come ti chiami? – Mi chiamo Alice, se così piace a Vostra Maestà, – rispose Alice molto educatamente. – E questi chi sono? – chiese la Regina, indicando i giardinieri stesi a terra. – E io come faccio a saperlo? – rispose Alice, meravigliandosi del proprio coraggio. La Regina arrossì di rabbia e gridò: – Tagliatele la testa! – Sciocchezze! – disse Alice. La Regina restò in silenzio, poi domandò: – Sai giocare a croquet? – Sì! – gridò Alice. – E allora vieni! – disse la Regina.
Alice si unì al corteo. – Ai vostri posti! – gridò la Regina. Alice non aveva mai visto un campo da gioco più strano. Era pieno di buche, le palle erano porcospini e le mazze erano fenicotteri. I soldati si piegavano, appoggiando le mani sui piedi, per fare gli archetti. I giocatori non rispettavano i turni e i porcospini fuggivano via. La Regina continuava a gridare di tagliare la testa a questo o a quello. Era molto difficile giocare in quelle condizioni.
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Capitolo 9
– Hai già visto la Finta Tartaruga? – Alice sobbalzò a quelle parole. La Regina stava di fronte a lei e la guardava. – No, non so nemmeno cosa sia – rispose la bambina. – Allora chiederemo al Grifone di accompagnarti a vederla. Il Grifone dormiva sdraiato al sole. – Svegliati, pigrone! – disse la Regina. – Accompagna questa signorina dalla Finta Tartaruga per ascoltare la sua storia.
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Grifone: animale fantastico, con la testa, le ali e le zampe anteriori da aquila e il resto del corpo da leone.
Il Grifone si tirò su e si avviò insieme ad Alice. Giunsero poco dopo ad uno scoglio sul quale stava la Finta Tartaruga. Sembrava triste e Alice la sentì sospirare. – Questa signorina, – disse il Grifone – vuole sentire la tua storia. – Ora gliela racconto – disse la Finta Tartaruga. – Un tempo ero una Vera Tartaruga. Ero piccola e andavo a scuola in mare. Avevamo un vecchio maestro che chiamavamo Testuggine.
Testuggine: animale simile alla tartaruga che vive sulla terraferma.
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– Perché lo chiamavate Testuggine? – chiese Alice. – Lo chiamavamo Testuggine perché era molto testardo e ci spiegava i testi – disse la Finta Tartaruga. – Andavamo a scuola tutti i giorni. Era una delle migliori scuole – continuò la Tartaruga. – Anch’io sono stata in una scuola simile, – disse Alice – non c’è bisogno di darsi tante arie. – Con gli extra? – chiese ansiosa la Finta Tartaruga. – Sì – disse Alice. – C’erano lezioni di francese e di musica. – E di bucato? – chiese la Tartaruga. 42
extra: in più, in aggiunta. bucato: il lavaggio dei panni.
– No di certo! – replicò Alice indignata. – Ah, allora la tua non era una buona scuola! E poi avevamo lezione di Mistero, di Disimpegno, di Schizzo e di Svenimento a Spirale. – Quante ore di lezione avevate al giorno? – chiese Alice. – Dieci ore il primo giorno, – disse la Tartaruga – nove il secondo e così via. – Che strano orario! – esclamò Alice. – Allora l’undicesimo giorno era forse vacanza? – Certo che era vacanza – disse la Finta Tartaruga. – E il dodicesimo giorno? – continuò Alice, interessata. – Basta così, – interruppe il Grifone – ora raccontale dei giochi.
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Capitolo 10
La Finta Tartaruga sospirò. Per qualche minuto i singhiozzi le soffocarono la voce. Alla fine riprese a parlare, con le guance rigate di lacrime: – Non so se ti hanno mai presentato un’aragosta. Alice stava per dire che una volta ne aveva mangiata una, ma si corresse in fretta: – No, mai. – Dunque non avrai idea di quanto sia deliziosa una quadriglia di Aragoste. – No, davvero – disse Alice. – Che tipo di ballo è? 44
quadriglia: danza eseguita da quattro coppie di danzatori che si muovono scambiandosi di coppia.
– Bisogna mettersi in fila sulla riva del mare… – disse il Grifone. – Due file! – gridò la Finta Tartaruga. – Foche, tartarughe, salmoni. E poi si fanno due passi in avanti.
– Ciascuno in coppia con un’aragosta! – gridò il Grifone. – Naturalmente, – disse la Finta Tartaruga, – poi ci si scambia la ballerina. Dopodiché si lanciano le… – Le aragoste! – gridò il Grifone con un balzo per aria.
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– In mare, il più lontano possibile! – urlò la Finta Tartaruga. – Si nuota all’inseguimento! – strillò il Grifone. – Si fa un salto mortale nell’acqua! – urlò la Finta Tartaruga facendo capriole. – Ci si scambia di nuovo le aragoste! – sbraitò il Grifone. – E questa è la prima figura – disse la Finta Tartaruga abbassando la voce. Si sedette di nuovo calma e triste e guardò Alice. – Dev’essere un ballo graziosissimo! – disse Alice. – Mi piacerebbe provarlo. – Faremo a meno delle aragoste – disse il Grifone. 46
figura: nella danza, una “figura” indica i movimenti che fanno i danzatori.
Così cominciarono a danzare intorno ad Alice, pestandole di tanto in tanto i piedi, mentre la Finta Tartaruga cantava. All’improvviso si sentì un grido lontano: – Comincia il processo! – Sbrigati! – disse il Grifone ad Alice, trascinandola per mano in gran fretta, senza aspettare la fine della canzone. Corsero via, accompagnati dalle malinconiche parole del canto della Finta Tartaruga: – Zuppa della sera, meravigliosa, meravigliosa Zuppa!
malinconiche: tristi.
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Capitolo 11
Quando arrivarono, videro il Re e la Regina di Cuori sul trono, circondati da una folla di animaletti e da carte da gioco. Davanti stava il Fante, incatenato tra due soldati. Vicino al Re c’era il Coniglio Bianco, con una tromba e un rotolo di pergamena. Nell’aula si trovava un tavolo con sopra un gran piatto di crostatine con un’aria così appetitosa che ad Alice venne subito fame. Si guardò intorno. – Quello è il giudice, – disse tra sé, – lo riconosco dalla parrucca.
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rotolo di pergamena: veniva utilizzato per scrivere prima dell’invenzione della carta. Era fatto con la pelle di animale. I fogli di pergamena erano molto lunghi, per cui venivano arrotolati.
In effetti, il giudice era il Re e teneva la parrucca sopra la corona. – E quella è la giuria – mormorò Alice, guardando dodici creature, in parte uccelli e in parte animali d’altro tipo. Tutti e dodici stavano scrivendo su delle lavagnette. – Che cosa fanno? – chiese Alice al Grifone. – Scrivono il loro nome per paura di dimenticarlo, – sussurrò il Grifone. In quel momento il Coniglio Bianco gridò: – Silenzio in aula! – poi diede fiato alla tromba e srotolò la pergamena: giudice e giuria: hanno il compito di decidere se una persona ha rispettato o no una legge. diede fiato alla tromba: una volta, prima di leggere gli avvisi del re, la gente veniva richiamata dal suono delle trombe.
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– La Regina di Cuori ha fatto le crostate un bel giorno d’estate; Il Fante di Cuori ha rubato le crostate e via se le è portate! – Chiamate il primo testimone – disse il Re. Il primo testimone era il Cappellaio. Entrò con una tazza di tè in una mano e un pezzetto di pane e burro nell’altra. – La prego di scusarmi, Maestà, – disse – ma non avevo finito di prendere il tè quando mi hanno chiamato. – Quando avevi cominciato? – chiese il Re. Il Cappellaio guardò la Lepre Marzolina: – Credo fosse il quattordici marzo – disse. – Il quindici – disse la Lepre.
– Il sedici – aggiunse il Ghiro. – Togliti il cappello – disse il Re al Cappellaio. – Non è mio – rispose il Cappellaio. – Rubato! – esclamò il Re ai giurati che si affrettarono a scrivere sulle lavagnette. – Io faccio il cappellaio. I cappelli li tengo per venderli. Non ne ho di miei – spiegò. La Regina cominciò a fissare il Cappellaio che sembrò confuso e diede un morso alla tazza invece che al pane e burro. Proprio in quel momento Alice sentì una strana sensazione: stava ridiventando grande. – Vorrei che tu non mi schiacciassi così. Non riesco a respirare, – disse il Ghiro che le sedeva accanto.
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Poi si alzò e cambiò posto. – Chiamate il secondo testimone, – disse il Re. Entrò la cuoca della Duchessa che aveva in mano il porta pepe. – Di cosa sono fatte le crostate? – chiese il Re. – Di pepe, – rispose la cuoca. – Di melassa, – disse il Ghiro con voce assonnata dietro di lei. – Tagliate la testa a quel Ghiro! – strillò la Regina. – Acchiappatelo! Ci fu una gran confusione e il Ghiro fu mandato fuori dall’aula. Quando tornò la calma, la cuoca era sparita. – Non importa! – disse il Re – Venga avanti il terzo testimone! Alice rimase sorpresa quando il Coniglio Bianco chiamò: – Alice!
Capitolo 12
– Eccomi! – gridò Alice, senza pensare a quanto fosse cresciuta negli ultimi minuti. Balzò in piedi e rovesciò il banco dei giurati, che caddero a terra. – Vi prego di scusarmi! – esclamò dispiaciuta. Quando tutti tornarono ai loro posti, il processo poté continuare. – Che cosa sai tu di questa faccenda? – chiese il Re. – Niente di niente? – Niente di niente. – confermò Alice.
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– Questo è molto importante, – disse il Re ai giurati. Il Coniglio Bianco intervenne: – Sua Maestà voleva dire poco importante, naturalmente. A questo punto il Re esclamò: – Silenzio! Tutte le persone alte più di un miglio devono lasciare l’aula. Tutti guardarono Alice. – Non sono alta un miglio – disse lei – e non me ne andrò. Il Re impallidì: – Formulate il verdetto – disse alla giuria. – Aria fritta e stupidaggini! – disse Alice. – Tagliatele la testa! – gridò la Regina.
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miglio: in Gran Bretagna le distanze vengono misurate in “miglia”, mentre in Italia vengono misurate in metri. Un miglio è lungo circa 1609 metri. verdetto: la decisione della giuria.
– Che m’importa di voi? – disse Alice, che ora aveva acquistato la sua piena statura e non aveva più alcun timore. – Siete solo un mazzo di carte da gioco! A queste parole le carte si sollevarono in aria per ricadere volando su di lei. Alice lanciò un grido. Si ritrovò distesa sulla riva del fiume, con la testa in grembo a sua sorella. Alcune foglie secche le erano volate sul viso. – Svegliati, Alice! – le diceva sua sorella, liberandola delicatamente dalle foglie. – Hai dormito abbastanza! timore: paura.
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– Ho fatto un sogno così curioso! – disse Alice e raccontò a sua sorella tutte le strane avventure. Sua sorella le diede un bacio e disse: – È stato un sogno davvero strano, ma ora andiamo a prendere il tè, che si sta facendo tardi. Alice si alzò e corse via pensando al suo sogno meraviglioso e al Paese delle Meraviglie.
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Qualcosa in più
Alice nel Paese delle meraviglie è uno dei libri più conosciuti al mondo. Il suo autore, Charles Lutwidge Dodgson, era professore di matematica in uno dei collegi più severi di Oxford, in Inghilterra. Per questo, quando pubblicò il libro, decise di non usare il suo vero nome e scelse quello di Lewis Carroll. Charles Lutwidge Dodgson era il primo di nove figli e passò la sua infanzia in una casa di campagna isolata dove trascorreva il tempo a raccontare ai fratelli storie divertenti e buffe. Diventato grande, continuò a raccontare e a inventare storie per i bambini figli di amici e conoscenti. Il giorno del compleanno di Alice, la figlia di un conoscente, Charles Lutwidge Dodgson inventò la storia di Alice nel Paese delle meraviglie. La storia piacque così tanto che decise di pubblicarla.
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Il mondo di Alice 1 Quale personaggio ti è piaciuto di piÚ? Cerchialo in rosso. Alice
Coniglio Bianco
Regina
Cappellaio
Lepre
Ghignagatto
2 Collega ogni animale al luogo dove incontra Alice.
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Dodo
bosco
Bruco
sala con tante porte
Ghiro
scoglio
Grifone
tavola con le tazzine di tè
Testuggine
campo da croquet
3 Colora di rosso gli oggetti che hanno il potere di ingrandire, di verde quelli che possono rimpicciolire e di blu quelli che possono fare entrambe le cose. Bottiglietta con scritto BEVIMI (cap 1)
Pasticcino MANGIAMI (cap 1) Sassolini che si trasformano in dolcetti (cap 4)
Ventaglio (cap 2)
Bottiglietta senza alcuna scritta (cap 4) Fungo (cap 5)
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4 Seccare (Cap 3) può avere due significati: asciugare, togliere l’acqua, oppure annoiare, dare fastidio. Nelle seguenti frasi sottolinea con il colore corrispondente al significato corretto. • Per non far seccare i fiori, devi cambiare l’acqua del vaso tutti i giorni. • Smettila di seccare con le tue domande! • D’estate la nonna fa seccare i pomodori sul balcone. • Per non seccare i vicini, abbassa il volume della televisione. 5 La storia che hai letto: ■ è successa veramente ad Alice. ■ è un sogno di Alice. ■ è una storia che ha raccontato la sorella di Alice. 60