Il Primo Novecento 14
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CONTESTO
PITTURA
1910
SCULTURA E ALTRI PERCORSI
ARCHITETTURA
1917 Rivoluzione russa
• HUB ART Archivio di immagini
• MAPPA VISUALE in formato poster
• GLOSSARIO di storia dell’arte
• GLOSSARIO MULTILINGUE
1922 Mussolini capo del governo in Italia
1914-1918 Prima guerra mondiale
1934 Hitler cancelliere tedesco
1929 Crollo della Borsa di Wall Street
1939-1945 Seconda guerra mondiale
1917 PITTURA METAFISICA
Giorgio de Chirico, Le Muse inquietanti
1910-1911 FUTURISMO
Umberto Boccioni, La città che sale
1913 ESPRESSIONISMO
Ernst Ludwig Kirchner, Strada berlinese
1910 ASTRATTISMO Kandinskij, Primo acquerello astratto
1913 FUTURISMO Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio
1924 SURREALISMO
1919 DADA Marcel Duchamp, L.H.O.O.Q.
1928-1931 RAZIONALISMO
Le Corbusier, Villa Savoye
1932-1936
RAZIONALISMO
Giuseppe Terragni, Casa del Fascio
1935-1939
ARCHITETTURA ORGANICA
Frank Lloyd Wright, Casa sulla cascata
CONTESTO
Lo sviluppo, il progresso e la pace che caratterizzarono l’inizio del XX secolo ebbero una tragica fine con la Prima guerra mondiale, che provocò milioni di morti, danni materiali pesantissimi e profonde ferite nelle coscienze. La fine della guerra, nel 1918, non significò pace duratura, perché la nascita delle dittature fascista e nazista, insieme a una gravissima crisi economica iniziata negli Stati Uniti, portarono ad altre tensioni e poi a un’altra disastrosa guerra
Nei primi anni del Novecento il progresso e lo sviluppo generarono fiducia ma anche profonde riflessioni sull’individuo, che si interrogò sul proprio ruolo nella società.
In questo periodo nacquero le Avanguardie, dei movimenti che cambiarono radicalmente l’arte, ponendo al centro dell’interesse l’espressione della visione dell’artista e la sperimentazione di nuovi linguaggi.
Il Primo Novecento
Dalla Belle Époque alla Prima guerra mondiale
Il XX secolo cominciò all’insegna del progresso, della pace e dello sviluppo, tanto che gli anni dal 1871 al 1914 furono definiti la Belle Epoque, l’epoca bella. Grazie alle innovazioni tecnologiche, gli stili di vita erano cambiati, il benessere coinvolgeva un maggior numero di persone, si diffondevano abitudini un tempo destinate a pochi, come le vacanze, i divertimenti nel tempo libero, il piacere di arredare le case con oggetti di gusto e di vestirsi alla moda.
• VIDEOCONTESTO
• PRESENTAZIONE MODIFICABILE
1 Alcuni artisti si arruolarono nella Prima guerra mondiale: nella foto, da sinistra, Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Antonio Sant'Elia e Mario Sironi
Tuttavia questo periodo d’oro dell’Europa e degli Stati Uniti posava su basi fragili, perché sia le relazioni tra le potenze mondiali sia i rapporti tra i grandi imperi economici erano all’insegna della più accanita competizione. Bastò poco perciò per innescare la miccia della prima grande tragedia del Novecento: l’attentato avvenuto nel 1914 contro l’erede al trono imperiale austroungarico scatenò la Prima guerra mondiale, che in oltre quattro anni provocò la morte di milioni di persone, tra militari e civili 1
La crisi economica e le dittature
La guerra lasciò ferite profonde nella società, nella politica e nell’economia.
Dal 1917 in Russia si instaurò una dittatura comunista. Nel 1922 in Italia cominciò il regime totalitario fascista sotto la guida di Benito Mussolini. Negli Stati Uniti il sistema economico e produttivo conobbe la più grave crisi economica mai avvenuta: dal 1929, con il crollo della Borsa di New York, fallirono centinaia di imprese e la popolazione fu ridotta alla fame. La crisi si propagò anche all’Europa e fu una delle cause della nascita in Germania del Partito nazista di Adolf Hitler, che prese il potere nel 1933 instaurando un regime totalitario
La Germania nazista si alleò con l’Italia fascista nell’intento di dominare l’Europa, che nel 1939 piombò di nuovo nella tragedia di un nuovo conflitto, la Seconda guerra mondiale.
La riflessione sull’individuo
Già all’inizio del secolo l’impetuoso sviluppo economico che aveva cambiato mentalità e stili di vita aveva portato molti intellettuali a profonde riflessioni sul ruolo dell’individuo nella società. In particolare una nuova disciplina, la psicanalisi, si dedicò a indagare quella parte della mente umana che influisce sui nostri comportamenti ma della quale non siamo consapevoli, l’inconscio. Secondo Sigmund Freud, padre della psicanalisi, l’inconscio tiene prigionieri desideri e paure che possiamo “liberare” grazie all’interpretazione dei sogni
La Prima guerra mondiale, con le devastazioni morali e materiali che produsse, da un lato accentuò il bisogno di guardare dentro sé stessi per ricostruirsi dopo la catastrofe e dall’altro generò un senso di disillusione verso la civiltà industriale e il progresso.
Le Avanguardie artistiche
In ambito artistico, i cambiamenti che interessarono il mondo occidentale nei primi decenni del Novecento furono dirompenti e rivoluzionari. È questo infatti il periodo in cui nacquero dei mo-
vimenti talmente innovativi da essere definiti “avanguardie”, un termine che proviene dal linguaggio militare e indica quei gruppi di soldati che per primi si lanciano all’assalto per conquistare posizioni. Gli artisti delle avanguardie del Novecento furono proprio questo: innovatori coraggiosi, consapevoli della propria forza di rottura degli schemi dell’arte; le loro armi furono la sperimentazione espressiva e tecnica, la continua ricerca di nuovi linguaggi. Gli artisti delle Avanguardie interpretarono temi che erano diventati centrali nel contesto sociale e culturale dei loro anni: la ricerca sull’individuo e l’introspezione, la necessità di rappresentare le emozioni e la spiritualità, la scoperta dell’inconscio e del valore dei sogni, i lati esaltanti e quelli distruttivi del progresso. Alcune avanguardie, come l’Espressionismo e il Surrealismo, adottarono linguaggi in parte ancora legati alla riconoscibilità della realtà, altre come il Cubismo, il Futurismo e l’Astrattismo 2 rifondarono su nuove basi la rappresentazione del mondo e dell’interiorità.
ESPRESSIONISMO
L’Espressionismo mise al centro delle opere le emozioni degli artisti. I pittori espressionisti pensavano alla realtà come a qualcosa di soggettivo, che ognuno vive e sente in maniera personale. Perciò, mentre l’artista impressionista dipingeva il mondo come lo percepiva con i sensi (soprattutto con la vista), l’artista espressionista lo dipingeva come lo sentiva attraverso le proprie emozioni. Altre caratteristiche fondamentali dell’Espressionismo sono la deformazione delle figure e l’uso antinaturalistico del colore. Gli artisti espressionisti furono tutti accomunati da una produzione che esprimeva lo stato di malessere e la crisi esistenziale dell’epoca in cui vissero.
L’Espressionismo tedesco e quello austriaco proposero colori innaturali e violenti e figure rappresentate spesso deformate in maniera tragica. L’Espressionismo francese fu più poetico e gioioso, si concentrò soprattutto sulle possibilità espressive del colore e sulla semplificazione delle forme.
Edvard Munch
Il precursore
Il norvegese Edvard Munch (1863-1944) è considerato il precursore dell’Espressionismo, perché ne anticipò alcuni temi, come l’attenzione all’interiorità. Fin dalla più giovane età ebbe una vita tormentata da lutti familiari che lo segnarono per sempre. Di dieci anni più giovane di Vincent van Gogh, è spesso paragonato a quest’ultimo perché entrambi nelle loro opere cercarono di esprimere la condizione umana. Munch in particolare scrisse: «non ci dovrebbero più essere dipinti di interni, con gente che legge e donne che lavorano a maglia. Al loro posto ci deve essere gente che respira, sente, soffre e ama».
L’urlo
L’urlo 3 , il più celebre quadro di Munch, è un autoritratto. L’opera ci racconta non soltanto il dolore dell’artista, ma anche quello della natura, che assiste e partecipa a questo momento. Le altre figure restano indifferenti e inconsapevoli: sono distanti, sullo sfondo, e la prospettiva della ringhiera tende ad aumentare questa distanza fisica e psicologica. I volti sono deformati e spettrali, come spesso accade nelle opere di Munch. I colori sono violenti e accesi, per nulla naturalistici. L’artista stesso ci racconta la genesi dell’opera: «Una sera stavo camminando lungo una strada di collina vicino a Oslo insieme a due amici. In quel momento la vita mi aveva squarciato l’anima. Il sole tramontò, si era ritirato pieno di fuoco sotto l’orizzonte. Poi mi sembrò come se un fuoco fiammeggiante squarciasse la volta del cielo. L’aria diventò come sangue. I volti dei miei amici divennero di un abbagliante giallo-bianco. Sentii un grande grido, udii davvero un grande grido. I colori della natura si spezzarono. Queste oscillazioni di luce non solo mi hanno fatto vibrare l’occhio, ma anche l’orecchio, tanto che io ho sentito davvero un grido. Poi ho dipinto il quadro».
Edvard Munch, L’urlo, 1893, olio, tempera e pastello su cartone, 91 x 73,5 cm, Oslo, Nasjonalgalleriet.
CO NFRONTO Autoritratti dell’inquietudine
Un’importante mostra del 2015, che metteva a confronto Vincent van Gogh ed Edvard Munch, si apriva con questi due autoritratti. Il primo rappresenta Vincent a 35 anni 4 , il secondo mostra Edvard a 63 anni 5 . Lo sguardo di Van Gogh è solenne, quello di Munch provocatorio. All’immagine di Van Gogh, con i colori sulla tavolozza
Sera sulla via Karl Johan
Munch tenne sempre un atteggiamento molto critico verso la società del suo tempo, ritenendola superficiale e priva di valori autentici.
Se osserviamo il dipinto Sera sulla via Karl Johan 6 , notiamo una folla di borghesi a passeggio, chiusi nei loro cappotti e con cappelli alla moda, ma i loro volti assomigliano a dei teschi
Non c’è nessuna relazione tra loro, sembrano manichini privi di vita e di sentimenti. Sulla destra del quadro, la persona che sta camminando da sola in direzione opposta è l’artista stesso. Il dipinto ci trasmette così il senso di solitudine di Munch, il suo sentirsi incompreso.
che sono gli stessi del quadro (come se volesse dirci che stava realizzando proprio quel ritratto) si contrappone un’immagine di Munch che punta a mettere una distanza tra sé e l’osservatore. L’autoritratto occupa un posto privilegiato nella produzione di entrambi perché era un modo per riflettere sulla propria inquietudine.
Vincent van Gogh, Autoritratto al cavalletto, 1887-1888, olio su tela, 65,5 x 50,5 cm, Amsterdam, Van Gogh Museum..
5 Edvard Munch, Autoritratto con tavolozza, 1926, olio su tela, 91,5 x 73 cm, Collezione privata.
Henri Matisse
L’energia dei Fauves
Henri Matisse (1869-1954) faceva parte dei Fauves, un gruppo di pittori francesi che dipingeva con colori accesi e violenti, e che proprio per questa caratteristica vennero inizialmente definiti fauves, ossia “belve”.
L'Espressionismo francese dei fauves si caratterizzò per un approccio non tormentato e introspettivo, come quelli tedesco e austriaco, ma piuttosto per la rappresentazione dell’energia vitale espressa dalla forza dei colori accesi. I fauves guardano agli innovatori di fine Ottocento: Gauguin, Seurat, ma soprattutto Cézanne. Da lui prendono l’interesse per la struttura delle cose ma la combinano a colori accesi per esprimere le emozioni.
La stanza rossa
Anche Matisse dimostrò maggiore interesse per il colore che per la forma, con l’intento di esprimere i propri sentimenti. La visione del mondo di Matisse è caratterizzata da colori vivaci che restituiscono un’idea gioiosa del mondo, dipinto in maniera essenziale.
Ne La stanza rossa 7 il colore diventa il protagonista assoluto della composizione: pareti e tovaglia non si distinguono tra loro, non esistono ombre né sfumature.
Per il pittore non è importante rappresentare la realtà in maniera fedele, ma piuttosto far diventare il colore, in quanto espressione delle emozioni, unico vero soggetto del quadro.
La Danza
Questo grande dipinto di Matisse 8 è ambientato in un prato verde. Lo sfondo è blu e la presenza di questi due colori freddi crea un forte contrasto con i colori caldi con cui sono stati dipinti i personaggi. Le pennellate sono larghe e le figure sono piatte, prive di volume. L’opera trasmette un senso di pace e di gioia grazie al girotondo creato dalle figure.
I collage
Nell’ultima parte della sua carriera Matisse si dedicò ai collage. Non si tratta tuttavia di semplici ritagli di carta incollati: il termine gouaches découpées (“acquerelli ritagliati”) 9 indica infatti che l’artista ritagliava carte colorate dipinte con tempera molto liquida, prima di incollarle per creare fantasiose e coloratissime composizioni.
Henri Matisse, Il pappagallo e la sirena, 1952, tempera su carta, ritagliata e incollata su tela bianca, 337 x 768,5 cm, Amsterdam, Collezione Stedelijk Museum
Egon Schiele e Oskar Kokoshka
L’Espressionismo a Vienna
Egon Schiele e Oskar Kokoschka, entrambi allievi di Gustav Klimt, furono i due principali esponenti dell'Espressionismo austriaco. Essi, pur maturando il proprio stile nell’ambito della Secessione viennese, approdarono a risultati distanti dalla ricchezza di colori e di materiali di Klimt.
Egon Schiele e l’autoritratto
Egon Schiele (1890-1918) visse un’esistenza breve, segnata dai lutti familiari. Attraverso i suoi disegni è facile comprendere come la sua esistenza sia stata influenzata dal dolore. I soggetti delle sue opere, spesso nudi, sono persone ossute e spigolose, sofferenti, deformate
Il genere pittorico da lui più amato è stato quello dell’autoritratto. L’artista ne realizzò un centinaio
10 Egon Schiele, Autoritratto con casacca arancione, 1913, acquerello e matita su carta giapponese, 48,3 x 31,7 cm, Vienna, Graphische Sammlung Albertina.
e per lui furono l’occasione per indagare sé stesso, la sua personalità, la sua vita.
In questo 10 notiamo il suo corpo magrissimo, le braccia lunghe e le mani troppo grandi, caratteristiche tipiche della sua pittura. L’espressione è inquieta. Attorno alla figura non c’è niente, solo un bordo bianco e un fondo giallo.
Oskar Kokoschka e la ricerca su sé stesso
Oskar Kokoschka (1886-1980) fu pittore e scrittore. Dipingeva per capirsi, per studiarsi, per analizzare le relazioni che intratteneva con gli altri. Attraverso l’interpretazione dei suoi stessi lavori, poteva indagare aspetti di sé che altrimenti pensava di non poter conoscere. Questa profonda ricerca emerge nella serie di quattrocento opere, tra tele e disegni, che il pittore dipinse durante i due anni di relazione con Alma Maria Schindler. In questo quadro 11 il pittore si è ritratto al fianco di Alma. Quando ebbe finito di dipingere, le disse che era il quadro del loro fidanzamento. Mise in questo quadro tutto sé stesso e tutto l’amore per Alma.
11 Oskar Kokoschka, Doppio ritratto, 1912-1913, olio su tela, 100 x 90, Essen cm (Germania), Museum Folkwang.
OPERE & STORIE L’amore di Alma e Oscar
La storia d’amore tra Alma Maria Schindler e Oscar Kokoschka iniziò nel 1912. Alma era una delle donne più belle di Vienna, colta, ricca, conosciuta in tutti i salotti della città per la sua splendida voce. Era una compositrice. Da ragazza era stata fidanzata con Gustav Klimt, ma aveva poi sposato il grande compositore Gustav Mahler. Il matrimonio fu breve e quando Alma e Oscar si incontrarono, lei era da poco rimasta vedova, aveva 33 anni, il pittore 27. La loro relazione fu fin da subito tormentata poiché l’artista era gelosissimo. Dopo due anni burrascosi, Oscar chiese a Alma di sposarlo. Lei gli rispose pretendendo come prova d’amore un vero capolavoro.
Fu così che Oscar comprò una tela enorme e la tagliò delle dimensioni di un letto matrimoniale. Chiese alla donna di posare per lui e si mise al lavoro. Era il gennaio 1914. Alla fine del novembre dello stesso anno il quadro era concluso.
Nell’opera Oscar e Alma giacciono abbracciati in quello che avrebbe dovuto essere un letto ma che in realtà sembra una barca trascinata dal vento, in mezzo alle onde. La donna ha i capelli sciolti, gli occhi chiusi e sembra addormentata sul petto dell’uomo. Lui invece è sveglio con lo sguardo fisso e vuoto, puntato lontano.
Quando il poeta espressionista Georg Trakl, amico del pittore, vide l’opera, scrisse questi versi:
«Su livide rocce precipita, ebbra d’amore l’ardente sposa del vento»
Ed è proprio La sposa del vento, il titolo scelto da Oscar per l’opera.
Oskar Kokoschka, La sposa del vento, 1914, olio su tela, 181 x 220 cm, Basilea, Kunstmuseum Basel.
Quello sguardo puntato verso l’infinito e i colori freddi e lividi furono un triste presagio: la Prima guerra mondiale era alle porte e il loro amore stava finendo, perché Alma si era innamorata dell’architetto Walter Gropius. Oscar vendette il quadro e col ricavato comprò un cavallo e una divisa e si arruolò nell’esercito. Di lui dissero che voleva solo morire.
Ernst Ludwig Kirchner
Un “ponte” tra due mondi
A Dresda nel 1905 venne fondato il gruppo Die Brücke, che significa “il ponte”, proprio per indicare che la pittura è un ponte, un collegamento, tra il mondo esterno e quello interiore, ma anche tra l’arte del passato e quella contemporanea. Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938) fu uno dei fondatori di Die Brücke, e la sua pittura mostra le caratteristiche fondamentali dell’Espressionismo tedesco:
• figure deformate,
• uso personale del colore,
• arte come mezzo per esprimere le emozioni. Uno dei tratti distintivi dell’opera di Kirchner è l’uso di linee spigolose, impiegate per esprimere il suo disappunto verso la società.
Strada berlinese
Nel 1911 il gruppo Die Brücke si trasferì a Berlino e Kirchner rimase colpito dalla vita della città. In Strada berlinese 12 notiamo due signore molto appariscenti, con elegantissimi cappelli, che si rivolgono a due giovani uomini. Alle loro spalle si riconoscono la folla dei passanti e un tram trainato da cavalli. Tutti i volti, dipinti con pennellate veloci e nervose, sembrano maschere, sono inespressivi, gli occhi sono senza pupille.
Autoritratto in divisa
Nell’Autoritratto in divisa 13 Kirchner affronta il tema della rappresentazione di sé, un soggetto ricorrente nella pittura espressionista. L’artista si mostra con la divisa da soldato della Prima guerra mondiale, e sembra un manichino, un uomo senza più voglia di vivere, con gli occhi vuoti e inespressivi. La mano monca in primo piano rappresenta l’arte mutilata per effetto della guerra, che sfregia la creatività. Lo spazio è quello del suo studio, con il dipinto di un nudo di donna, che ha i caratteri tipici della pittura espressionista.
SCUOLA DI PARIGI
Con Scuola di Parigi si intende un gruppo di artisti di varie nazionalità, riuniti nella capitale francese, che si erano accostati in maniera differente all’Espressionismo, senza rimanere tuttavia indifferenti all’influenza di altre Avanguardie. In questo gruppo figurano il pittore russo d’origine ebrea Marc Chagall e l’italiano Amedeo Modigliani.
SCULTURA
Anche lo scultore romeno Constantin Brâncuși faceva parte della Scuola di Parigi. Studiò l’opera di Rodin ma si allontanò presto dal suo realismo, preferendo l’essenzialità dell’arte primitiva, che influenzò profondamente anche le sculture di Modigliani
Marc Chagall
Una pittura dolce
Marc Chagall (1887-1985) giunse a Parigi dalla Bielorussia nel 1910. Ebbe una vita lunghissima e attraversò il Novecento con tutti suoi drammi senza perdere la fede e senza smettere di sognare. La sua pittura, molto dolce e poetica, fu influenzata dall’uso del colore anti naturalistico dei Fauves I suoi temi prediletti furono quelli legati alla rappresentazione del suo mondo interiore: l’affetto per la famiglia, la nostalgia per il suo paese d’origine, la tradizione ebraica e l’amore per la moglie
Bella
Caratteristici della sua arte sono la presenza di animali, che rappresentano lo stretto rapporto uomo-natura. Nelle opere di Chagall è spesso presente la dimensione del volo , simbolo della libertà e del viaggio verso il Paradiso.
Le sue opere esprimono la sua inesauribile fantasia, sempre indirizzata alla ricerca di un'atmosfera serena.
La passeggiata
Il dipinto più celebre di Chagall è La passeggiata 14 . Qui l’artista si raffigura con la moglie: i due si tengono per mano e la donna vola felice, come se stesse danzando. Marc e Bella sono innamorati, liberi e in pace con la natura: lo capiamo dal fatto che l’uomo tiene nella mano destra un uccellino. Alle loro spalle vediamo la città di Vitebsk (in cui Chagall era nato), ai loro piedi c'è il necessario per un picnic, a sinistra in primo piano un ramo fiorito è una metafora della primavera del loro amore.
La
Amedeo
Modigliani
La passione per i ritratti
Amedeo Modigliani (1884-1920) fu pittore e scultore. Nato a Livorno, si spostò a Parigi dove l’arte delle Avanguardie si stava sviluppando con grande creatività e libertà. La sua passione furono i ritratti che realizzò per tutta la vita per indagare le profondità dell’animo umano e quindi con autentico spirito espressionista. Le persone dipinte da Modigliani spesso non sono riconoscibili se non per l’acconciatura, qualche oggetto o qualche altro piccolo dettaglio. Hanno frequentemente lunghi colli e occhi senza pupille che simboleggiano l’impossibilità per il pittore di conoscere fino in fondo il soggetto che ritrae 15
Modigliani in scultura si mosse sulle stesse suggestioni di Brancusi e in pittura fu profondamente colpito da Cézanne: nelle opere di entrambi gli
15 Amedeo Modigliani, Occhi azzurri (Ritratto di Madame Jeanne Hébuterne), 1917, olio su tela, 54,6×42,9 cm, Philadelphia, Philadelphia Museum of Art.
artisti trovò quell’essenzialità delle forme che fu anche al centro della sua ricerca artistica.
Teste di donna dipinte e scolpite
Nella Testa di giovane donna 16 dipinta emerge l’approccio da scultore che caratterizzò la produzione artistica di Modigliani: l’impasto del colore è denso e materico e non è distribuito uniformemente su tutta la tela. Il soggetto non è riconoscibile: l’intento dell’artista era infatti quello di rappresentare gli esseri umani nella loro essenza.
Nella Testa di donna 17 scolpita emerge il richiamo all’arte primitiva non solo nello stile ma anche nella tecnica: l’opera ci appare essenziale, le forme sono pulite, semplificate, eppure conservano una grande forza espressiva. Le caratteristiche sono le medesime dei ritratti pittorici: semplificazione delle forme, colli e nasi allungati, occhi ovali chiusi o privi di pupille. L’artista non poté coltivare molto la scultura, sua vera passione, a causa della polvere di lavorazione che aggravava le sue già precarie condizioni respiratorie.
16 Amedeo Modigliani, Testa di giovane donna 1915, olio su tela, 46 x 38 cm, Milano, Pinacoteca di Brera.
Maschera Fang (tribù originaria del Camerun), fine del XIX secolo.
17 Amedeo Modigliani, Testa di donna, 1912, pietra calcarea, 68,3 x 15,9 x 24,1 cm, New York, Metropolitan Museum of Art.
Constantin Brâncuși
Le forme perfette
Per tutta la vita Brâncusi lavorò all’idea della semplificazione delle forme: la sua ricerca partiva dallo studio dell’arte primitiva per arrivare a un linguaggio essenziale e simbolico, lontano da ogni stile codificato, come è possibile apprezzare in Musa dormiente 19 . L’opera fu realizzata in marmo e successivamente in diverse copie in bronzo. La donna è ridotta alla sola testa, che viene presentata rovesciata, appoggiata su un fianco, come se stesse dormendo. Gli occhi sono chiusi e il volume è un ovale dal quale si stacca solo il naso sottile.
CO NFRONTO Il primitivismo
Modigliani, come molti artisti delle Avanguardie del Primo Novecento, fu profondamente influenzato dall'arte primitiva, ossia dall'arte dei popoli africani, asiatici e dell'Oceania che avevano subito la colonizzazione: nacque così una vera e propria tendenza artistica detta primitivismo. Anche questo interesse era frutto della continua ricerca espressiva: gli artisti trovarono in maschere e sculture dei popoli primitivi ciò che, secondo loro, l'arte europea aveva perduto, ossia una grande forza espressiva e una grande spontaneità, che erano due degli obiettivi delle Avanguardie. Nella Testa di donna di Modigliani 17 la stilizzazione del volto è simile a quella della maschera africana 18
OPERE & STORIE
Scherzi artistici
Le sculture di Modigliani furono al centro di una bravata orchestrata da tre ragazzi nel 1984, nel centenario della nascita dell’artista. Essi fecero credere di aver trovato nuove opere dello scultore: una leggenda raccontava infatti che Modigliani avesse gettato via diverse sue “teste” nel canale di Livorno perché insoddisfatto. In realtà furono proprio i tre ragazzi a scolpire quelle teste.
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CUBISMO
I fondatori del Cubismo sono Georges Braque e Pablo Picasso. Il nome nacque nel 1908, quando il giornalista Louis Vauxcelles, osservando alcune opere di Braque disse: «Maltratta le forme, riduce tutto a schemi geometrici, a cubi». In realtà il Cubismo era una rivoluzione nel modo di dipingere.
Da Giotto all’Ottocento i pittori avevano tentato di rendere realisticamente su una superficie piana lo spazio tridimensionale, Picasso e Braque invece guardarono a Cézanne, che aveva compiuto il percorso inverso: riducendo le forme a cubi, cilindri e sfere aveva piegato la realtà tridimensionale a quella bidimensionale della tela.
Ma Picasso e Braque non si fermarono qui e scelsero di cogliere i molteplici aspetti della realtà contemporaneamente, rinunciando non solo alla tridimensionalità ma anche al punto di vista unico. Con il Cubismo le figure, gli oggetti e i paesaggi venivano così frammentati e ricomposti sulla tela in modo non realistico, rappresentando sia la visione frontale sia una o più visioni laterali.
Georges Braque
Scomporre la realtà
Georges Braque (1882-1963) rimase colpito dalla mostra dei fauves del 1905 e aderì al loro stile, ma lo studio di Cézanne e l’incontro con Picasso diedero vita alla sperimentazione cubista. Nel dipinto Case all’Estaque (nel sud della Francia) 20 è evidente l’influsso di Cézanne. L’immagine del paesino è estremamente semplificata: la geometria prevale sul realismo e gli unici colori impiegati sono il verde e l’ocra, alternati e stesi con larghe pennellate. Due anni dopo l’artista realizzò Violino e brocca 21 , nel quale è presente una scomposizione degli oggetti per fornirne diversi punti di vista: il fronte, il retro e persino l’interno delle loro forme.
VITA D’ARTISTA • Pablo Picasso
Pablo Picasso viveva a Parigi nel posto più panoramico della città, Montmartre, in un quartiere che ora come allora pullula di caffè alla moda, artisti e gallerie d’arte. Era nato lontano da lì, in Spagna, a Malaga, il 25 ottobre 1881. Dotato di innata creatività e spiccate doti artistiche, aveva frequentato fin da piccolo la Scuola di Belle Arti di La Corunˇa dove suo padre José Ruíz y Blasco era insegnante di disegno.
Nel 1904 si era stabilito definitivamente nella capitale francese e aveva stretto amicizia con molti importanti colleghi. Non che fosse simpatico! Egocentrico, presuntuoso, era costantemente in competizione con gli altri artisti. Lo si poteva incontrare quasi ogni giorno al Café au deux Magots oppure al Bateau Lavoir, una sorta di officina per artisti dove aveva affittato una stanza per lavorare e dove nel 1907 dipinse il suo primo capolavoro cubista, Les demoiselles d'Avignon. Spesso squattrinato, barattava le sue opere con pasti o spettacoli nei cabaret, oppure le scambiava coi suoi colleghi.
Fu proprio nel 1907 che avvenne uno dei baratti più famosi, quello tra una sua natura morta e un ritratto opera di Henri Matisse Matisse non era ben visto da Picasso e dai suoi amici. Più vecchio di loro, parlava di arte come fosse un professore e aveva una bella famiglia, moglie e tre figli. La primogenita Marguerite era il soggetto del quadro che Pablo voleva da Henri.
Matisse diceva di avere imparato a disegnare dai suoi figli, di avere appreso da loro la semplicità e la potenza del disegno infantile. Picasso rincorreva da sempre quel sogno di semplicità. Da vecchio disse: «A 12 anni dipingevo come Raffaello. Ma mi ci è voluta una vita per imparare a dipingere come un bambino».
Forse per questo Pablo volle il ritratto di Marguerite: un dipinto tanto semplice quanto efficace a livello di comunicazione. La ragazza è disposta frontalmente, col naso disegnato di profilo, i capelli sono raccolti, indossa un abito verde. Lo sfondo alle sue spalle è giallo, quasi oro e l’immagine che ne scaturisce è quella di un’icona sacra. Picasso tenne con sé il quadro per tutta la vita. Non poteva però ammettere di esserne affascinato, non poteva riconoscere la bravura di Matisse. E fu così che la sera dello scambio, non appena il francese lasciò il Bateau Lavoir, prese le freccette con la ventosa e iniziò a colpire l’immagine di Marguerite, sghignazzando coi suoi amici.
Chi lo avrebbe mai detto? il grande Picasso, in preda all’invidia, non sapeva trattenere i propri impulsi, dimostrandosi infantile, fragile e piccolo.
• VIDEOBIOGRAFIA
• LETTURA ESPRESSIVA
• VIDEOLETTURA I tori
O RIENTAMENTO
Riconoscere l'invidia e la gelosia
Conosci l’invidia? Sai distinguerla dalla gelosia? Sei mai stato preda di queste emozioni? Qualche tuo amico è invidioso o geloso?
Racconta la tua esperienza in un breve scritto.
Pablo Picasso
Prima del Cubismo
Pablo Picasso nacque nel 1881 in Spagna e morì nel 1973. La sua eccezionale esperienza artistica ha dunque attraversato e interpretato buona parte del Novecento. I primi anni trascorsi a Parigi non furono facili per lui, che era giunto nella capitale francese nel 1900. Armato solo di un enorme talento, l’artista faticava a sopravvivere e si sentì vicino al mondo dei poveri e degli emarginati. Li ritrasse declinando le tonalità del blu e compose dipinti con figure malinconiche, chiuse nella propria solitudine 22 . Questo periodo fu definito il “periodo blu” di Picasso. La stessa malinconia si ritrova nelle opere della fase successiva, il cosiddetto “periodo rosa”, in cui però prevalgono le tonalità chiare e i toni pastello. I dipinti di questo periodo sono accomunati anche dalla scelta dei soggetti, ossia la gente del circo, come lo struggente La famiglia di saltimbanchi 23 , in cui i personaggi non sembrano comunicare tra loro. Solo la bambina tiene la mano di Arlecchino stabilendo così un contatto con una delle figure. Il tema del circo fu per l’artista un modo per rappresentare la solitudine dell’uomo.
La rivoluzione delle
Demoiselles d’Avignon
Questo quadro del 1907 24 è il primo esperimento cubista di Picasso e quando fu esposto suscitò un enorme scalpore, persino tra i suoi colleghi artisti. Il titolo significa “le signorine di Avignone” e rappresenta cinque prostitute, più una piccola natura morta. Le donne appaiono deformate, il disegno è schematico e semplificato, le figure sono tratteggiate con linee spezzate e taglienti, senza ricorrere né al chiaroscuro né ad alcuna ombreggiatura. La prospettiva è annullata: la stanza non appare tridimensionale, è priva di profondità. Non è possibile individuare
il punto di vista perché volti e corpi sono rappresentati sia di fronte sia di profilo:
• nella prima donna in piedi a sinistra il corpo e il volto sono rappresentati di profilo e l’occhio è disegnato come se fosse visto frontalmente;
• nelle due figure a fianco la situazione si inverte, il viso è girato di fronte ma il naso è disegnato di profilo;
• la donna in basso a destra è rappresentata addirittura di spalle ma la testa è girata con una innaturale torsione del busto.
Nell’opera si riconoscono l’influsso di Cézanne nella geometrizzazione delle forme e quello delle maschere africane
24 Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon, 1907, olio su tela, 243,9 x 233,7 cm, New York, Museum of Modern Art.
Guernica: l’orrore della guerra
Il 17 luglio 1936 il generale Francisco Franco compì un colpo di stato che provocò in Spagna una sanguinosa guerra civile. Il regime nazista tedesco e quello fascista italiano intervennero a sostegno di Franco e il 26 aprile 1937 gli aerei delle due nazioni alleate effettuarono un bombardamento che rase al suolo la città di Guernica, nel nord della Spagna. Picasso sentì forte l’esigenza di rappresentare gli effetti disastrosi del bombardamento, che provocò la morte di centinaia di civili, e in poche settimane dipinse Guernica 25 con un lavoro frenetico preceduto da un centinaio di studi preparatori.
La frammentazione delle figure tipica del Cubismo si adattava perfettamente agli scopi dell’artista perché gli permetteva di far risaltare gli elementi simbolici e drammatici della scena.
L’intento di Picasso era quello di scuotere le coscienze: per questa ragione l’opera ha dimensioni enormi, non le si può sfuggire e l’osservatore è “costretto” ad assistere agli orrori causati dal bombardamento.
L’effetto drammatico della composizione è accentuato dalla scelta dei colori, forse suggerita dalle foto in bianco e nero del bombardamento che Picasso poté vedere sui giornali, ma più probabilmente imposta dalla necessità di sottolineare la devastazione e l’assenza di ogni forma di vita. Leggendo il quadro da sinistra verso destra riconosciamo diverse immagini, ognuna delle quali è rappresentata da più punti di vista contemporaneamente. Le interpretazioni di queste figure sono numerose: la donna e il bambino potrebbero rappresentare gli orrori della guerra e ricordano l’iconografia cristiana della Pietà e della Strage degli innocenti; il toro rappresenterebbe la forza bruta del nazismo; il fiore in mano al soldato indicherebbe la speranza che resiste; il cavallo che nitrisce disperato simboleggerebbe il popolo spagnolo; il lampadario somiglia a un occhio e potrebbe alludere alla presenza di Dio che vede ogni cosa; il lume a petrolio è un oggetto del passato, perché la guerra rappresenta una regressione per l’umanità.
DIDATTICA IMMERSIVA
IMMAGINE INTERATTIVA
Guernica
CO NFRONTI Il richiamo al passato
Guernica è la dimostrazione di quanto Picasso avesse studiato e amato l'arte dei secoli precedenti. Nell'opera sono presenti infatti numerosi riferimenti iconografici: per esempio il cavallo scheletrico riecheggia quello del Trionfo della morte conservato a Palermo 26 ; ma sono presenti suggestioni dalla Fucilazione di Goya (▶vedi p. 397) e dall'opera di Raffaello L'incendio di Borgo delle Stanze Vaticane 27 .
I funerali dell’anarchico Pinelli
Guernica ha costituito un precedente importante di denuncia e partecipazione del mondo dell’arte agli eventi sociali e politici. Nel 1974 l’artista italiano Enrico Baj (1924-2003) l’ha declinata per raccontare la morte di Giuseppe Pinelli, l’anarchico, morto in circostanze ancora oggi ignote, il 15 dicembre 1969, mentre si trovava nella Questura di Milano per accertamenti volti a stabilire il suo coinvolgimento nella strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Pinelli fu poi ritenuto estraneo ai fatti ma sulla sua caduta dalla finestra della Questura non fu mai fatta chiarezza. L’opera di Baj 28 è un monumentale collage lungo 12 metri incentrato sulla “caduta”: Pinelli è a testa in giù e diverse mani scendono dall’alto. Diciotto figure si dispongono a destra e a sinistra: sette uomini dello Stato e undici compagni di Giuseppe. Tutte le figure sono realizzate con sagome di legno dipinte in acrilico e vestite di stoffa, smontabili in pezzi simili a un puzzle. Un altro pannello è posizionato al centro, sopra Pinelli: si tratta della finestra teatro del dramma. Tre sagome staccate, installate vicine al pannello, raffigurano la moglie e le figlie. Baj rappresentò anche se stesso e suo figlio Pietro: si tratta del bimbo col pellicciotto e dell’uomo di profilo vicino a lui.
LETTURA D’OPERA
ORGANIZZATORE
GRAFICO SCARICABILE
Ritratto di Dora Maar
L’opera ritrae Dora Maar, compagna e musa ispiratrice di Pablo Picasso dal 1936 al 1943. Alla donna l’artista dedicò diversi ritratti; in questo, del 1937, Dora è seduta su una sedia e appoggia elegantemente la mano destra sul viso. La giovane sembra racchiusa dentro uno spazio ristretto, reso claustrofobico dall’uso delle righe sullo sfondo. La costruzione dello spazio porta l’attenzione sulla donna. I colori sono innaturali, forti e vivaci: la donna indossa una casacca e una gonna a quadri di colore rosso, le unghie rosse risaltano e la scelta di usare tinte diverse per i due occhi cattura lo sguardo dell’osservatore. Il volto di Dora è rappresentato contemporaneamente sia di fronte sia di profilo secondo la visione dello stile cubista che prevedeva di inquadrare i soggetti da molte direzioni contemporaneamente, abolendo la prospettiva e dipingendo simultaneamente nello spazio immagini che venivano percepite in maniera successiva nel tempo.
QUANDO?
Rileggi il testo e la didascalia e riporta l’anno di realizzazione dell’opera. Quale altra opera d’arte venne realizzata da Picasso in questo anno?
DOVE?
Leggi la didascalia e riporta il nome del Museo che conserva il dipinto. Consultane il sito https://q3.hubscuola.it/lwxl e riporta sul quaderno la storia della sua fondazione e della sede espositiva.
CHE COSA?
Hai letto che questo ritratto è uno dei tanti che l’artista dedicò alla compagna Dora Maar. Cerca in Internet almeno un’altra opera che rappresenti la donna e scrivi una breve descrizione indicando:
• come la donna viene rappresentata;
• quali colori usa l’artista.
COME?
Rileggi il testo che descrive l’opera e le pagine che spiegano l’origine e le caratteristiche del Cubismo, poi prova a spiegare con parole tue perché l’opera può essere definita cubista.
OPERE & STORIE Dora Maar, molto più di una musa
Dora Maar conobbe Picasso a Parigi quando l’artista già godeva di fama internazionale. Ricordata in modo riduttivo come la “donna che piange” dei quadri di Picasso, Dora fu artista, pittrice e fotografa (▶vedi p. 526). Celebri sono le sue fotografie di Picasso mentre realizza Guernica. Purtroppo la presenza ingombrante del compagno sovrastò la sua personalità. Picasso ad esempio la convinse a lasciare la fotografia per la pittura, poiché considerava il mezzo fotografico meno degno, ma non la ritenne mai all’altezza e criticò sempre i suoi lavori.
Pablo lasciò Dora nel 1943 preferendole Françoise Gilot, poco più che ventenne. Dora cadde in depressione ma, superata la crisi, si ritirò nel paese di Ménerbes, nella casa che le aveva regalato Picasso, continuando a dipingere fino alla morte nel 1997.
CHE COSA RACCONTA L’ARTE DI ME?
IDEE Se tu dovessi scegliere una persona alla quale dedicare una serie di ritratti, chi sceglieresti e perché? Che cosa ti piacerebbe far emergere nel dipinto?
EMOZIONI Come ti sembrano i colori che Picasso ha scelto per rappresentare Dora Maar? Tu quali colori sceglieresti e perché?
Sonia e Robert Delaunay
Il colore nel Cubismo
Sonia e Robert Delaunay, seguaci di Braque e Picasso ma anche di Seurat e Cézanne, fecero evolvere il linguaggio cubista verso nuove scelte stilistiche. I coniugi partirono dalla considerazione che le opere cubiste erano giocate su una gamma troppo ristretta di colori: per questa ragione nei loro lavori 29 30 il colore diventa protagonista assoluto e si sostituisce a poco a poco alle immagini.
Queste teorie si basavano sul concetto di simultaneità legato alla percezione del colore (▶vedi p. 458).
Sonia estese le sue ricerche dalla pittura alla creazione di carte e tessuti sui quali stampava i suoi motivi e realizzò capi d’abbigliamento 31 e arazzi. Parlava dei suoi quadri e delle sue stoffe utilizzando l’aggettivo “simultanei”, per descrivere il fatto che fossero realizzati con colori puri e luminosi e con forme geometriche che producevano una sensazione di vitalità ed energia che ben si adattava alla vita moderna.
29 Robert Delaunay, La Squadra di Cardiff, 1912-1923, olio su tela, 326 x 208 cm, Parigi, Museo d'Arte Moderna.
30 Sonia Delaunay, Dubonnet, 1914, tempera su tela, 61 x 76 cm, Madrid, Museo Nacional Reina Sofía.
31 Sonia Delaunay, Sciarpe e cappelli, collezione privata.
FUTURISMO IN PITTURA
La nascita del Futurismo è del 1909, anno in cui lo scrittore e poeta Filippo Tommaso Marinetti pubblicò a Parigi sulla rivista Le Figaro un manifesto, ossia un documento programmatico, in cui sosteneva il culto per il coraggio e per l’audacia, l’amore per il pericolo, il mito della velocità, la lotta contro il passato. Al manifesto di Marinetti seguirono altri manifesti, in particolare quello dei pittori futuristi del 1910, firmato dai protagonisti del movimento artistico tra i quali Umberto Boccioni e Giacomo Balla. I futuristi amavano il progresso, identificavano la modernità con la velocità, erano a favore delle nuove scoperte tecnologiche e svilupparono un vero e proprio culto per tutto ciò che era legato al mondo dei motori e delle macchine. Favorevoli alla guerra, essi furono interventisti nel 1915 e sostenitori del regime fascista.
Giacomo Balla
Il culto del movimento
Il torinese Giacomo Balla (1871-1958) fu influenzato dalla pittura divisionista e si interessò alla fotografia e al cinema. A Balla interessava soprattutto la rappresentazione del movimento, infatti scrisse: «Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono».
Nell’opera dei futuristi anche i titoli hanno una grande rilevanza nel sottolineare il culto del movimento e questo emerge chiaramente nell’opera Dinamismo di un cane al guinzaglio 32 . In essa vediamo simultaneamente una successione di gesti, sovrapposti e bloccati, compiuti nell’arco di alcuni secondi da un cane bassotto e dalla sua padrona. L’azione non coinvolge lo spazio circostante ma riguarda solo la donna e il cane: non sappiamo nulla di loro, il cuore della rappresentazione è il “dinamismo”, proprio come mette in evidenza il titolo. Altrettanto significativo il titolo dell'opera Mercurio che passa davanti al Sole visto dal cannocchiale, 33 dove il tema del movimento è applicato all'astronomia.
LETTURA D’OPERA
ORGANIZZATORE
GRAFICO SCARICABILE
Bambina che corre sul balcone
In questa tela l’artista decise di riprodurre, come in una sequenza cinematografica, l’immagine di una bambina che sta correndo su un balcone. Fu egli stesso a raccontare la nascita del quadro, avvenuta quasi per caso, mentre dall’interno di una stanza buia osservava la corsa di sua figlia su un balcone assolato.
L’opera risente dell’influenza delle ricerche del suo amico Anton Giulio Bragaglia, esperto di cinematografia, ma anche della tecnica dei divisionisti, pittori che dipingevano con pennellate di colori puri disposte una accanto all’altra (▶vedi p.460).
La figura della bambina è dipinta per intero e di profilo e si ripetono la testa, i piedi, le gambe, le mani. I colori sono vivaci con una prevalenza di blu e azzurri.
L’azzurro evidenzia i contorni della figura, mentre alcuni tocchi di rosa delineano il volto e le gambe.
CHE COSA?
• Quante teste riesci a contare? (conta anche quelle che compaiono parzialmente).
Questo numero è significativo perché sono esattamente i fotogrammi al secondo di una pellicola cinematografica.
• La ragazza corre su un balcone. Come viene resa la ringhiera?
COME?
• Osserva lo spazio. Ti sembra che Balla realizzi un’opera attenta alla prospettiva o piuttosto un’opera bidimensionale?
• Osserva il modo in cui i colori sono accostati sulla tela e prova a spiegare perché questa tecnica ricorda la pittura divisionista.
PERCHÉ?
In Bambina che corre sul balcone emerge chiaramente l’attenzione dei futuristi per la resa del movimento. In che cosa quest’opera si differenzia da Dinamismo di un cane al guinzaglio (▶vedi p. 503)? In quale opera, oltre all’idea del movimento, c’è anche la volontà di rendere lo spostamento nello spazio?
LINK TECNOLOGIA
La cronofotografia
Balla era molto interessato al tema del movimento ed essendo anche fotografo prestò molta attenzione ai recenti risultati della cronofotografia. In particolare, gli studi relativi a quest’opera rimandano alle sequenze di movimento ottenute da Étienne-Jules Marey (1830- 1904), che nel 1883 fotografò un uomo in marcia e in corsa. Marey fotografò i suoi modelli contro un fondale scuro; al contrario Balla, forte delle sue esperienze da pittore divisionista, rappresentò la figura in movimento coinvolgendo anche lo spazio e soprattutto sfruttando il colore che all’epoca non era presente nelle fotografie, scattate esclusivamente in scala di grigi.
CHE COSA RACCONTA
L’ARTE DI ME^?
RICORDI ED EMOZIONI
Come hai letto, l'idea per questo dipinto venne a Balla osservando sua figlia che correva sul balcone. Ti è mai capitato di essere rimasto affascinato da una scena, un movimento, un dettaglio quasi per caso? Se non ti è mai capitato, presta attenzione nei prossimi giorni e fissa il ricordo sul tuo Diario visivo indicando che cosa ti ha emozionato.
Fortunato Depero
Geometria e colore
Fortunato Depero (1892-1960) scrisse con Giacomo Balla il manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo (1915) che già dal nome rende l’idea della volontà dei due artisti di estendere le idee del Futurismo a ogni campo della vita, dalla pittura all’arredamento, dall’abbigliamento ai giocattoli, dai manifesti pubblicitari ai libri.
Il Futurismo di Depero è geometrico, colorato e divertente. L’arte di Depero è popolata da personaggi ottenuti da forme geometriche elementari, come il cono, il cubo, il cilindro. Li chiamò “automi” e rappresentavano personaggi-tipo, raffigurati più volte mentre compiono lo stesso gesto, come è possibile osservare in Festa della Sedia 34 . Queste figure ripetute sono la risposta dell’artista all’idea del progresso e della macchina che altri futuristi espressero attraverso il dinamismo dei loro soggetti. Depero lavorò anche nel campo della pubblicità 35 Celebre il manifesto per il Bitter Campari, un aperitivo alcolico del quale progettò anche la bottiglietta, ancora oggi in uso.
Umberto Boccioni
Una vita breve, votata all’azione
Umberto Boccioni (1882-1916) fu pittore e scultore. A partire dal 1910 iniziò a concentrare la sua attenzione sulla velocità, il movimento e l’azione, che legò in particolare alla vita frenetica delle città. Boccioni morì a soli 33 anni, per una caduta da cavallo durante un’esercitazione militare: l’anno prima, allo scoppio del conflitto mondiale, si era arruolato come volontario nell’esercito.
La città che sale
È ritenuto il primo quadro futurista di Boccioni 36 , anche se lo stile e la pennellata ricordano ancora la pittura divisionista. Il dipinto rappresenta in maniera simbolica il progresso e la crescita di Milano agli inizi del XX secolo e fu dipinto dall’artista quando abitava nel capoluogo lombardo. All’estrema destra, sullo sfondo, è possibile scor-
gere le impalcature di un palazzo in costruzione: la “città che sale” è appunto la città in costruzione con i suoi nuovi e moderni edifici a più piani. In primo piano si scorgono quattro uomini e due cavalli: le bestie sono agitate, rappresentano la forza e il movimento, e gli uomini cercano di trattenerle. Uomini e animali sono fusi insieme in un’azione dinamica che si svolge in un tempo breve e concitato. La pittura è stesa con pennellate oblique e filamentose che ben descrivono il movimento delle figure.
Rissa in galleria
Anche in quest’opera 37 il movimento è il principale protagonista. Attirata da una rissa, una folla di persone curiose si accalca per guardare: Boccioni concentra l’attenzione sul movimento rapido dei diversi gruppi e delle singole figure. La pittura è stesa a piccoli tocchi e risente della tecnica divisionista. Anche le ombre sono colorate, come accadeva nell’Impressionismo.
37 Umberto Boccioni, Rissa in galleria, 1910, olio su tela, 74 x 64 cm, Milano, Pinacoteca di Brera.
38 Umberto Boccioni, Volumi orizzontali, 1912, olio su tela, 95 x 95 cm, collezione privata.
CO NFRONTO Futurismo e Cubismo
Osservando questi ritratti 38 39 senza leggere le didascalie, sapresti dire quale delle due opere è cubista e quale è futurista? Cubismo e Futurismo sono due movimenti artistici pressoché contemporanei, accostabili per alcune caratteristiche ma concettualmente molto diversi. Le tre caratteristiche principali che accomunano Futurismo e Cubismo sono:
• la rappresentazione del movimento;
• il superamento del concetto di prospettiva rinascimentale;
• la deformazione delle figure.
Cerchiamo adesso di capire in che cosa si differenziano e partiamo proprio dalla rappresentazione del movimento.
Nella pittura futurista a muoversi è l’oggetto della rappresentazione (pensa al cane al guinzaglio di Balla a p. 501).
Nella pittura cubista, invece, è il pittore a muoversi intorno all’oggetto e a fornirne una rappresentazione sincera, un insieme di immagini dell’oggetto visto da diverse posizioni. La rappresentazione delle figure, quindi, assume un significato molto differente: per il Futurismo scaturisce dalla sovrapposizione di diversi “fotogrammi”, per il Cubismo è l’insieme delle vedute che è possibile restituire osservando l’oggetto da molteplici punti di osservazione.
39 Pablo Picasso, Ritratto di Ambroise Vollard, 1909-1910, olio su tela, 92 x 65 cm, Mosca, Museo Puškin.
FUTURISMO IN SCULTURA
La scultura di Umberto Boccioni rappresenta la realizzazione del programma teorico che il gruppo futurista espresse nel 1912 nel Manifesto tecnico della scultura futurista. Essa doveva essere sintetica, dinamica e doveva rappresentare la fusione tra la figura rappresentata e lo spazio circostante.
Moneta da 20 centesimi di euro.
40 Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913, bronzo 112 x 40 x 90 cm, Milano, Museo del Novecento.
Forme uniche della continuità nello spazio
Il soggetto dell’opera è un uomo che corre, ma a essere rappresentato è il concetto stesso di movimento. La velocità con la quale l’uomo si sposta è tale che il suo corpo si deforma, come se l’impatto con l’aria e la pressione fossero in grado di modellarlo. Le braccia non sono rappresentate e la testa è piccola e aerodinamica. Boccioni realizzò quest’opera in gesso e solo dopo la sua morte furono fuse diverse copie in bronzo 40 , oggi conservate nei musei di tutto il mondo. L’immagine di quest’uomo, simbolo dell’avanzata inesorabile del progresso e della modernità, è stata scelta come effige per la moneta italiana da 20 centesimi di euro 41
NFRONTO Futuro e classicità Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto del Futurismo scriveva: «Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia». Boccioni sembra guardare , un capolavoro dell'arte ellenistica che cercava di rendere l'idea del movimento con il panneggio, le ali spiegate, la tensione del corpo proteso in avanti.
Nike di Samotracia, 190 a.C. ca., marmo di Paro, h 275 cm, Parigi, Museo del Louvre
ASTRATTISMO
Con il termine Astrattismo si indica l’arte che prende le distanze dalla rappresentazione della realtà e sceglie di liberare il colore e la forma dal soggetto. Colore e forma perciò non devono essere considerati solo strumenti per restituire la realtà e non hanno bisogno di rappresentare nulla per essere arte: sono essi stessi arte, anche quando non sono utilizzati per raffigurare il mondo visibile.
In pittura l’Astrattismo si espresse in due tendenze: una cosiddetta lirico-spirituale, rappresentata da Vasilij Kandinskij e Paul Klee, e un’altra detta razionale-matematica, interpretata da Piet Mondrian.
Vasilij
Kandinskij
Dall’Espressionismo all’Astrattismo
• VIDEOBIOGRAFIA Vasilij Kandinskij
• VIDEOLETTURA
Primo acquerello astratto
Cerca in Hub Art un’opera del movimento Il Cavaliere azzurro: con quale linguaggio esprime sentimenti positivi?
Vasilij Kandinskij (1866-1944) è ritenuto il “padre” dell’Astrattismo. Nel 1908 egli si spostò da Mosca, dove era nato e dove lavorava come avvocato, a Murnau in Germania, dove iniziò a dipingere. Le sue prime opere, come Paesaggio a Murnau I 42 , possono essere definite espressioniste, vicine alle scelte di Matisse e lontane dalle immagini tormentate dei contemporanei tedeschi. Nel 1911 a Monaco fondò con il collega Franz Marc il movimento Der Blaue Reiter (“Il Cavaliere Azzurro”) che si proponeva di promuovere i contenuti più spirituali della realtà, i sentimenti positivi, rappresentando il trionfo del bene sul male. Il nome del gruppo ricordava la passione per i cavalli di Franz Marc e il valore spirituale del colore azzurro, utilizzato per esempio nella pittura cristiana per dipingere il velo della Madonna.
Primo acquerello astratto
In quest’opera 43 non è possibile riconoscere nulla del mondo visibile. Si tratta di una serie di segni e di macchie colorate, realizzati con gli acquerelli e disposti in apparenza senza una logica, in realtà rispondenti a un preciso progetto dell’artista. Egli compose l’opera ispirandosi ai disegni dei bambini e, come spiegò nel suo libro Lo spirituale nell’arte (1911), a ogni forma e colore corrispondeva una valenza simbolica: il rosso e il giallo erano i colori della gioia, della passione e della forza; l’azzurro e il blu quelli dello spirito e della meditazione, ma anche della tristezza e della malinconia. Ai colori caldi si addicevano meglio forme spigolose come quella del triangolo, mentre a colori freddi forme tondeggianti. Secondo Kandinskij il pittore poteva comunicare utilizzando queste forme e questi colori, senza passare attraverso la rappresentazione della realtà, parlando quindi in maniera diretta con lo spirito dell’osservatore.
Composizione VI
Esiste un aneddoto interessante intorno al rapporto che Kandinskij, che suonava il violoncello e il pianoforte, istituì tra pittura e musica. Nel 1896,
tornando a casa da un concerto, si rese conto di come la musica avesse esercitato un’influenza sul proprio spirito, emozionandolo profondamente, pur non contenendo parole o segni riconducibili alla realtà. Fu in quella occasione che iniziò a pensare a un collegamento tra musica e pittura, poi elaborato a partire dal 1909 in una serie di lavori che intitolò attingendo alla terminologia musicale. In queste opere esisteva una corrispondenza tra nota musicale e segno pittorico, e il segno non era una nota sul pentagramma ma un punto più o meno grande o una linea più o meno lunga. Nell’ambito di questa ricerca nacque Composizione VI 44 , alla quale lavorò per sei mesi. L’opera è gigantesca perché l’intenzione dell’artista era quella di far provare allo spettatore la sensazione di essere inghiottito dal colore.
OPERE & STORIE La “nascita” della pittura astratta
Per spiegare la nascita dell’Astrattismo si racconta spesso un aneddoto divertente.
Kandinskij era a Murnau, dove si dedicava a dipingere paesaggi, e un giorno la sua compagna Gabriele Münter appoggiò uno dei dipinti sotto una finestra ad asciugare. Dopo alcuni giorni il pittore lo rivide e gli sembrò mai visto
prima e incredibilmente bello. Per forza: era al contrario! Questa esperienza condusse Kandinskij a maturare la convinzione che non fosse necessario dipingere la realtà per suscitare emozioni nell’osservatore e che, anzi, già solo le forme e i colori potevano entrare in risonanza con il nostro spirito.
44 Vasilij Kandinskij, Composizione VI, 1913, olio su tela, 195 x 300 cm, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage.
Paul Klee
Gli inizi tra Cézanne e l’Espressionismo
Paul Klee (1879-1940) nacque in Svizzera e studiò all’Accademia di Monaco di Baviera. Nel 1911 conobbe Franz Marc e Vasilij Kandinskij, che lo invitarono alla seconda mostra del Cavaliere Azzurro nel 1912. Come per Kandinskij, anche per Klee esisteva un legame tra musica e pittura ed erano sufficienti i colori a esprimere la sua visione personale della realtà.
Le sue prime opere, legate sia alla ricerca di Cézanne sia a quelle dei cubisti e degli espressionisti, sono ancora figurative, come emerge chiaramente in lavori come Il monte Niesen (una montagna nei pressi di Monaco) 45 che ricorda i quadri che Cézanne dedicò alla Montagna Sainte-Victoire (▶vedi p. 447). Qui Klee rappresenta la realtà scomponendola in forme geometriche semplici e nitide.
Nella parte inferiore sia la natura sia le case sono semplici pennellate realizzate ad acquerello
Nella parte superiore il cielo ospita il sole, la luna e le stelle, rappresentati in maniera infantile e poetica, con pochi tratti scuri che contrastano con il chiarore dello sfondo.
Poesia e spiritualità
Progredendo nelle proprie ricerche, Klee sentì sempre più forte l’esigenza di semplificare le forme. In lui si avverte forte la componente poetica e spirituale che lo condusse addirittura a inserire interi testi all’interno dei quadri.
Ne Il Clown 46 Klee si avvicinò alla ricerca di Picasso ma anche alla semplificazione delle forme praticata nel disegno dei bambini. Il volto ovale è diviso con una linea a zig-zag che definisce il naso, e gli occhi hanno forme differenti come nei quadri cubisti. Su tutto predomina una grande armonia tra i colori, che si esaltano reciprocamente: il cappello, il bottone dell’abito e il collo, tutti di colore verde, si stagliano sullo sfondo rosso (rosso e verde sono colori complementari).
La figura del clown è ricorrente nell'opera di Klee: è una figura allegra, ma suscita anche malinconia, è un ribelle che sfida le regole come l'artista libera la creatività con l'arte.
L’arte totale
Klee avrebbe voluto insegnare all’Accademia di Belle Arti di Stoccarda, ma fu ritenuto “troppo sognatore” e la sua domanda fu respinta. L’anno successivo, nel 1920, fu chiamato al Bauhaus (▶vedi p. 530) dove poté educare gli allievi alla sua idea di “arte totale”, un’arte che riuniva in sé pittura, letteratura e musica
Ciò emerge chiaramente in opere come Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte 47 , dove i versi della poesia sono parte integrante dell’opera e le immagini del testo sono rievocate dalla scelta dei colori.
CON CODICI, TEMI E TECNICHE
Ruba come un artista!
Scegli una delle opere di Klee e prova a interpretarla. Partendo dal soggetto, puoi cambiare la tecnica, i colori, aggiungere particolari, trasformarla in qualcosa di autenticamente tuo.
Lo scrittore e artista Austin Kleon, nel suo libro
Ruba come un artista, ci insegna questo importante concetto: tutte le volte che partiamo da un’opera altrui e ci lavoriamo sopra, trasformandola con la nostra sensibilità e la nostra creatività, quel lavoro non appartiene più all’autore originario ma diventa completamente nostro! Se parti dal lavoro di qualcun altro e impari a trasformarlo con la tua sensibilità, quel lavoro non sarà più lo stesso. Ma attenzione!
Trasformare non è copiare. Osserva i lavori dei tuoi compagni e delle tue compagne, ispirati a Donna in abito contadino e rafforza in te questa convinzione.
Paul Klee, Donna in abito contadino, 1940, pasta colorata su carta montata su pannello, 48 x 33 cm, Berna, Paul Klee Foundation Kunstmuseum.
Piet Mondrian
Il Neoplasticismo
Il percorso dell’olandese Piet Mondrian (1872-1944) non è molto diverso da quelli di Kandinskij e di Klee: partito dalla pittura espressionista, approdò all’Astrattismo. Mondrian però prese la strada dell’astrattismo geometrico è fondò nel 1917 un movimento chiamato Neoplasticismo (o De Stijl, “lo stile”, dal nome della rivista che nacque in parallelo al movimento) che avrebbe avuto un’enorme influenza non solo sulla pittura ma anche sull’architettura, l’arredamento e persino l’abbigliamento nel corso del Novecento e fino ai nostri giorni.
La serie degli alberi
Si può seguire il percorso di Mondrian verso l’astrazione e l’abbandono del figurativo attraverso la serie dedicata agli alberi.
Albero rosso 48 (1908) rappresenta un albero spoglio: il disegno è molto leggibile anche se i colori sono usati con grande energia e ricordano l’approccio dei fauves
Con Albero grigio 49 (1911) il pittore fa un passo in avanti verso l’astrazione: il profilo della pianta è ancora riconoscibile, ma il trattamento dello sfondo fa intravedere una trama geometrica di triangoli e rettangoli corrispondenti al verso delle pennellate.
In Melo in fiore 50 (1912) l’albero scompare quasi del tutto: i rami sono staccati dal tronco e appaiono come semplici linee curve, simili a quelle sul terreno e a quelle che definiscono lo spazio del cielo.
Quadro I
Con Quadro I 51 del 1921 il mondo visibile scompare completamente e l’opera d’arte diventa pura astrazione fatta di linee verticali e orizzontali, figure piane e campi di colore piatto.
CO NFRONTO
Una poltrona come un quadro
Tutte le opere realizzate da Mondrian tra il 1920 e il 1940 si basano sull’impiego di pochi colori (principalmente il bianco, il giallo, il rosso e il blu) stesi all’interno di rettangoli e quadrati di diverse dimensioni, il cui perimetro è determinato da spesse linee rette disposte orizzontalmente e verticalmente, solitamente di colore nero. In queste composizioni il bianco rappresenta la luce. Anche gli impressionisti e i cubisti avevano utilizzato prevalentemente colori primari, ma Mondrian costruisce la sua opera non con l’intento di emozionare o di rappresentare i molteplici aspetti della realtà, bensì di dare all’arte il rigore e la dignità della geometria. Da qui il nome di Astrattismo razionale-matematico.
Ogni quadro raggiunge il proprio equilibrio grazie alla disposizione dei colori: in Quadro I, per esempio, il rettangolo nero in alto a sinistra disposto in orizzontale è bilanciato dal rettangolo in basso a destra di colore blu disposto in verticale. La forza del grande quadrato rosso è smorzata dai due rettangoli bianchi disposti al di sotto, che insieme hanno la medesima superficie di quello rosso. Come faceva Mondrian a disporre i colori in modo che ci fosse un perfetto equilibrio e che nessuna campitura dominasse sulle altre? Provando e riprovando, avvalendosi anche dell’uso di nastri colorati che poteva riposizionare a suo piacimento finché non otteneva il risultato desiderato.
Il Neoplasticismo voleva introdurre un linguaggio comune a tutte le arti e anche agli elementi di arredo. Uno dei prodotti più famosi in questo ambito è la Sedia rosso-blu ideata dall’architetto olandese Gerrit Rietveld (1888-1964), anch’egli membro del gruppo De Stjl. La poltrona, apertamente ispirata alle opere di Mondrian, fu ideata nel 1918 ed è ancora oggi in produzione.
Kazimir Malevič
Il quadrato nero su fondo bianco
Le composizioni astratte non ti trasmettono le stesse emozioni dei quadri figurativi? Forse perché non conosci la storia del Quadrato nero su fondo bianco di Kazimir Malevicˇ (1879-1935), che l’artista ucraino dipinse nel 1915 52 . Il giorno in cui iniziò a dipingere il Quadrato nero Malevicˇ decise che quel quadro avrebbe rappresentato il mare. Non le onde, ma proprio le profondità più buie. E decise anche che avrebbe rappresentato un paesaggio, un ritratto, una festa da ballo... che avrebbe contenuto tutto il mondo visibile perché quel quadrato nero non cancellava la storia dell’arte ma la conteneva. Per far capire quanto fosse sacro per lui quel quadrato, lo espose a San Pietroburgo in occasione di una mostra importante. Non lo appese in un posto qualunque, bensì all’angolo in cui si incontrano due pareti, in quello che i russi chiamavano “angolo bello” e che riservano alle icone sacre. Un quadrato nero nell’angolo bello, perché anche l’arte astratta può emozionarci e farci ricordare che in fondo al mare,
CON CODICI, TEMI E TECNICHE
Il fascino del quadrato
Un altro grande artista astratto è stato il tedesco Josef Albers (1888-1976). Celebre per la serie Omaggio al quadrato, Albers ha usato la forma più semplice per rivelare la complessità della percezione visiva e le infinite variazioni del colore.
• Per realizzare la tua composizione sul quadrato puoi usare carte tinte da te oppure ritagli riciclati come nell'esempio qui a lato.
• Per tingere le carte, utilizza il caffè, il curry, il tè, la curcuma e anche l’acqua di cottura delle cipolle rosse.
• Ritaglia quadrati di grandezza diversa e crea composizioni ispirate al lavoro di Albers.
52 Kazimir Malevič, Quadrato nero su fondo bianco, 1915, olio su tela, 79,5 x 79,5 cm, Mosca, Galleria Tret’jakov.
in fondo all’anima, c’è la vita: anche quando sembra non esserci più nulla, qualcosa si muove, qualcosa può riempirci di speranza e commuoverci.
Joseph Albers, Studio per Omaggio al quadrato, 1964, olio su tela, Lisbona, Museo Berardo.
MATERIALI UTILI
DADA
Il termine “dada” fu pronunciato per la prima volta a Zurigo nel giugno 1916 in occasione di uno spettacolo teatrale e fu poi scritto in un primo “manifesto” dallo scrittore tedesco Hugo Ball. Non è un caso che ciò sia avvenuto in Svizzera, Paese neutrale nel quale si era riunito un gruppo di artisti che volevano sfuggire agli orrori della guerra.
Il movimento mise in discussione tutta l’arte del passato e appoggiò quelle scelte di rottura con la tradizione che erano state avviate dai cubisti e dai futuristi. Dada non significa nulla e fu scelto proprio per questo, per definire un’arte dallo spirito irrazionale e provocatorio che faceva poco uso delle tecniche artistiche tradizionali. Gli artisti Dada utilizzarono i collage e gli assemblaggi, mettendo insieme anche materiali poveri e rifiuti, in modo inconsueto, coraggioso e irrazionale.
I collage dada
Una critica alla società
Il contenuto dei collage dada rappresenta non solo una frattura con l’arte precedente, ma anche e soprattutto una feroce critica della società contemporanea.
Hannah Höch (1889-1978) fu una paladina dei diritti delle donne artiste all’interno del movimento Dada. Contrariamente a quello che potremmo pensare, a una straordinaria modernità di pensiero in campo artistico non corrispondeva ancora alcuna attenzione verso la parità di genere. In questo collage 53 varie fotografie di uomini e poche immagini di donne sono incollate insieme a elementi meccanici e scritte che formano la parola Dada. Come sottolinea il titolo, l’opera rappresenta una critica alla cultura dominante, nazionalista e favorevole alla guerra, e contesta l’esaltazione della figura del militare che si sacrifica per la patria.
LINK STORIA Metropolis
Sicuramente alle opere di Hannah Höch guardò Paul Citroen (1896-1983), un altro artista dada che nel 1923 si iscrisse alla scuola del Bauhaus di Weimar. Alla mostra annuale della scuola l’artista espose alcune tavole di fotomontaggi ispirate al tema della città. La più celebre è Metropolis, un collage ottenuto componendo in modo molto meticoloso oltre 200 immagini, tratte da cartoline e fotografie che l’artista collezionava. Egli propone una città del futuro, maestosa, che sembra quasi autogenerarsi e replicarsi come un organismo vivente. L’opera ispirò il regista Fritz Lang in visita alla mostra. Dopo tre anni Lang decise di dare al suo film Metropolis lo stesso titolo ideato da Citroen.
53 Hannah Höch, Taglio con coltello da cucina Dada attraverso la prima era germanica dalla cultura del ventre pieno di birra della Repubblica di Weimar , 1919, collage, 114 x 90 cm, Berlino, Staatliche Museen, Nationalgalerie.
• VIDEOBIOGRAFIA Marcel Duchamp
• VIDEO TECNICA Papièr collé e collage
Marcel Duchamp
L’invenzione del ready made
54 Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta (replica del 1951), ruota in metallo montata su sgabello in legno verniciato, complessivamente
128,3 x 63,8 x 42 cm, New York, Museum of Modern Art.
55 Marcel Duchamp, Fontana, 1917 (replica del 1964), porcellana, 36 x 48 x 61 cm, Londra, Tate Britain.
Marcel Duchamp (1887-1968) è stato uno dei più importanti artisti del Novecento e, dopo aver sperimentato la pittura, la sua visione rivoluzionaria dell’arte incrociò quella dell’esperienza dada, della quale fu prima anticipatore e poi tra i maggiori esponenti. La sua invenzione più famosa, che precedette il dadaismo e che poi ne divenne uno degli elementi chiave, è quella del ready-made (che significa “già pronto”), ossia un oggetto già esistente e spesso di uso quotidiano eletto a opera d’arte per effetto della scelta dell’artista. In alcuni casi venivano utilizzati gli oggetti così com’erano, senza alcun intervento da parte dell’artista, in altri casi, chiamati ready-made rettificati, l’artista compiva degli interventi di assemblaggio o di aggiunta di elementi. Il ready-made rappresentava la rottura totale con la tradizione artistica e al tempo stesso la volontà di provocare una reazione nel pubblico.
Ruota di bicicletta
Il primo ready-made di Duchamp, Ruota di bicicletta 54 , è del 1913. Si tratta di una comune ruota fissata attraverso la forcella a uno sgabello di legno. I due oggetti non hanno nulla in comune tra loro, sono stati strappati dal loro contesto e non svolgono più la funzione originaria: la ruota viene fissata a uno sgabello che, essendo un oggetto statico, nega alla ruota sia il suo utilizzo pratico sia la possibilità di essere simbolo di movimento.
Fontana
La più irriverente opera di Duchamp è certamente Fontana 55 . Rispetto a Ruota di bicicletta non prevede l’assemblaggio di due oggetti ma è l’orinatoio stesso a essere elevato a opera d’arte. L’orinatoio è stato semplicemente capovolto, firmato con uno pseudonimo (R. Mutt) ed esposto. L’originale di quest’opera è andato perduto. Sembra che durante un trasloco sia stato buttato via dai facchini addetti al trasporto: l’artista non si scompose per l’accaduto, comprò un altro sanitario e lo firmò nuovamente. In occasione di questo “incidente” ammise che le opere d’arte dada potevano anche essere gettate alla fine della mostra poiché ormai avevano assolto al loro compito di provocare e smuovere le coscienze.
L. H. O. O. Q.
Un’altra originalissima operazione compiuta da Duchamp è quella che ha come titolo L.H.O.O.Q. 56 , conosciuta anche come “Gioconda con i baffi”. L’azione provocatoria è qui ostentata sia nel disegnare i baffi e il pizzetto su una riproduzione del capolavoro di Leonardo sia nella scelta del titolo. Infatti le iniziali lette in francese senza interruzione suonano come la frase volgare Elle a chaud au cul (“Lei ha caldo al sedere”).
L’intento di Duchamp non era quello di deturpare la Gioconda ma piuttosto di schierarsi contro l’ammirazione passiva delle opere d’arte e stimolare nel pubblico una reazione su questo tema.
Man Ray
Un artista totale
Man Ray (1890-1976) fu un artista a tutto tondo: negli anni Dieci, negli Stati Uniti, suo paese d’origine, realizzò opere che precorrevano la nascita del movimento Dada. Nel 1921 si trasferì a Parigi e dopo il dada sperimentò il Surrealismo. Fu pittore, fotografo, regista cinematografico e grafico. Usò ogni tipo di tecnica: da quelle più tradizionali all’aerografo, dagli assemblaggi alla fotografia, giungendo a vere e proprie invenzioni, come i rayographs, (▶vedi p. 527)
Un regalo provocatorio
Man Ray realizzò anche un ready-made in puro stile dada. All’inizio del XX secolo i ferri da stiro erano piastre dotate di un manico, che per poter essere utilizzate venivano appoggiate sulla stufa e riscaldate. Man Ray incollò sulla piastra del ferro una serie di chiodi, rendendo così l’oggetto inutilizzabile. Il contrasto è volutamente rafforzato dal titolo dell’opera, Regalo 57 , che contraddice ironicamente e provocatoriamente l’oggetto.
56 Marcel Duchamp, L.H.O.O.Q., 1919, ready-made rettificato, 19,7 x 12,4 cm, collezione privata.
SURREALISMO
Nel 1924 il poeta André Breton pubblicò il Manifesto del Surrealismo, consacrando ufficialmente il movimento che dalla Francia si diffuse presto in Europa e raggiunse gli Stati Uniti. I surrealisti ritenevano che l’arte fosse una forma di liberazione per l’individuo e dovesse nascere dall’inconscio, ossia l’insieme delle attività mentali (pensieri, emozioni, istinti) di cui non siamo consapevoli ma che condizionano il nostro comportamento. Nacquero così i segni e i personaggi di Miró, gli spazi illusori di Magritte, i paesaggi fantastici di Dalí.
Joan Miró
Il mondo e dell’infanzia
Il Surrealismo del catalano Joan Miró (18931983) fu definito “infantile” da André Breton. Con questo aggettivo il poeta voleva evidenziare la vicinanza di questo artista con il mondo dei sogni e con quello dei segni tipico dei bambini.
La fattoria
58 Joan Miró, Montroig: la fattoria, 1921-1922, olio su tela, 123,8 x 141,3 cm, Washington D.C., National Gallery of Art.
In questo dipinto 58 il paesaggio è ancora descritto in maniera minuziosa con un’abbondanza di particolari. Dei quadri dedicati alla sua terra (in questo caso la fattoria di famiglia nel paese catalano di Montroig) Miró scrisse infatti: «Ciò che più mi interessa è la calligrafia di un albero o di un tetto, foglia per foglia, rametto per rametto, filo d’erba per filo d’erba e tegola per tegola». La prospettiva è impiegata in modo funzionale: per esempio l’aiuola è vista dall’alto mentre l’interno del fienile è ripreso dal basso, come se il punto di fuga fosse in mezzo a questi due spazi, cosa però contraddetta dal disegno dalla fattoria. Molteplicità di punti di vista e semplificazione del disegno avvicinano l’opera alla ricerca dei cubisti.
Contadino catalano con chitarra
Appena un paio d’anni dopo aver dipinto La fattoria, Miró realizzò Contadino catalano con chitarra 59 compiendo un distacco completo dalla realtà. Il contadino è immerso in un paesaggio simbolico di segni Non ci sono riferimenti spaziali, il corpo è una riga nera che si stacca dallo sfondo blu, e dell’uomo si distinguono solamente il berretto rosso e la pipa.
59 Joan Miró, Contadino catalano con chitarra 1924, olio su tela, 147 x 114 cm, Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza.
Il carnevale di Arlecchino
È una delle opere più celebri dell’artista 60 . La scena è ambientata in uno spazio chiuso, uno dei pochi elementi riconducibili alla realtà, insieme con la finestra, il tavolo e la scala a pioli Arlecchino, vestito di bianco con la testa mezza rossa e mezza blu, è immerso tra altre figure fantastiche, in un carnevale di simboli e immagini scaturite dal mondo dei sogni, rappresentate attraverso segni che sembrano tracciati da bambini.
60 Joan Miró, Il carnevale di Arlecchino, 1924-1925, olio su tela, 66 x 93 cm, Buffalo, (New York), Albright-Knox Art Gallery.
CO NFRONTO Il Surrealismo in movimento di Calder
L’americano Alexander Calder (1898-1976) è stato uno dei più originali interpreti del Surrealismo, per molti aspetti vicino a quello di Mirò: per esempio nella combinazione di colori vivaci e forme “leggere”. La formazione da ingegnere meccanico lo fece interessare al dinamismo, fornendogli le competenze necessarie a elaborare una nuova tipologia di scultura, la cosiddetta “scultura cinetica”, ossia in movimento. Nelle sue opere chiamate Mobiles Surrealismo e Astrattismo si combinano (egli stesso definì folgorante la conoscenza di Mondrian) uscendo dalla bidimensionalità della pittura per esprimersi in creazioni non solo tridimensionali ma anche capaci di muoversi, grazie all’aria oppure a dispositivi meccanici.
Alexander Calder, Senza titolo, 1976, alluminio e acciaio, 910,3 x 2315,5 cm, Washington, National Gallery of Art.
René Magritte
Enigmi visivi
Il belga René Magritte (1898-1967) basò il proprio lavoro sulla rappresentazione di oggetti e situazioni in contesti che andavano oltre la realtà (da qui il termine “surreale”, ossia oltre il reale) raffigurati con una nitidezza quasi fotografica. Celebri i suoi enigmi visivi, immagini originali e misteriose con cui trasmetteva complessi significati allegorici. «Ogni cosa che vediamo ne nasconde un’altra e vorremmo vedere cosa nasconde ciò che è visibile», sosteneva Magritte, spiegando così il bisogno umano di andare oltre l’apparenza delle cose e,
nello stesso tempo, mettendo in discussione il modo tradizionale di percepire la realtà.
La condizione umana I
In quest’opera 61 il pittore ha rappresentato una tela (un quadro nel quadro) che sembra essere un’esatta riproduzione della veduta oltre la finestra. Ma come possiamo verificare che oltre la finestra ci sia proprio un albero come quello rappresentato sulla tela? L'artista gioca sul significato stesso della realtà. Dove comincia il sogno e dove la vita reale? Magritte vuole mettere in evidenza il fatto che ciascuno crede di avere una visione oggettiva del mondo mentre, in realtà, ciò che vede è frutto di credenze e percezioni individuali
René Magritte, La condizione umana I, 1933, olio su tela, 100 × 81 cm, Washington, National Gallery of Art.
Salvador Dalí
Il sogno, il tempo, la memoria
Salvador Dalí (1904-1989) arrivò al Surrealismo grazie al suo amico Joan Miró che lo introdusse nel gruppo di André Breton nel 1929. Un anno dopo Dalí aveva già sviluppato uno stile personale, fondato sulla rappresentazione di immagini irrazionali, legate al sogno e all’inconscio. Il dipinto La persistenza della memoria 62 , noto anche come Gli orologi molli, è uno dei capolavori di Dalí. Su una spiaggia deserta osserviamo cinque oggetti strappati al loro contesto naturale e rappresentati con un aspetto inusuale. Si tratta di quattro orologi, tre dei quali sono molli e prendono la forma del sostegno su cui sono appoggiati, e di una grande conchiglia che però ha il profilo del pittore. Non c’è niente di consueto in questo quadro, che sembra un sogno (infatti l’artista si è raffigurato con gli occhi chiusi). L’opera allude alla soggettività della percezione del tempo: gli orologi sono molli perché il tempo “si adatta” a ciascuno di noi, o meglio ognuno di noi percepisce lo scorrere del tempo in modo soggettivo e quello che per qualcuno può sembrare un tempo infinito,
CON CODICI, TEMI E TECNICHE I calligrammi
Una delle forme d’arte più interessanti sorte all’interno del movimento surrealista fu il calligramma. Nei calligrammi il poeta disegna un oggetto collegato al tema principale della poesia creando un’opera che intreccia parole e immagine. Prova anche tu a scegliere una poesia e a dargli la forma del soggetto di cui parla come nell'esempio che trovi qui sotto.
Mario Faustinelli, Acquario, da Le rime-figure o il gioco dei calligrammi, Mursia
per qualcun altro sembra un istante. Vale lo stesso per la memoria, che è personale e soggettiva: dello stesso evento ognuno conserva ricordi diversi.
62 Salvador Dalí, La persistenza della memoria, 1931, olio su tela, 24 x 33 cm, New York, Museum of Modern Art.
PITTURA METAFISICA
La pittura metafisica ha come soggetto paesaggi e atmosfere misteriosi, dove tutto è apparentemente immobile e collocato in un tempo indefinibile.
La parola metafisica deriva dal greco metà-tàphysiká e significa “dopo le cose fisiche”, proprio per intendere che l’arte doveva dedicarsi alla raffigurazione di ciò che era oltre l’apparenze materiale degli oggetti. I pittori metafisici non si riunirono in un gruppo vero e proprio e il principale artista metafisico fu Giorgio De Chirico.
Giorgio De Chirico
Il mistero della realtà
Nato in Grecia, Giorgio De Chirico (1888-1978) frequentò l’Accademia di Belle Arti di Atene e approfondì gli studi tra Monaco e Parigi, dove rimase fino allo scoppio della Prima guerra mondiale. Conobbe le Avanguardie ma entrò in conflitto con le teorie dei cubisti e soprattutto dei futuristi, dei quali criticò la ricerca di un’arte “moderna”. Per De Chirico l’arte non doveva intrattenere alcun legame con la realtà né con la contemporaneità, ma doveva svelare il senso profondo delle cose e meravigliare attraverso il mistero che si cela dietro l’apparente banalità degli oggetti. Alla velocità dei futuristi contrappose la calma di spazi immobili e quasi deserti, lasciandosi ispirare dalle forme perfette della scultura classica.
Le muse inquietanti
Come era accaduto per il Surrealismo, anche De Chirico accostò oggetti fuori contesto in modo apparentemente irrazionale e inspiegabile, come accade ne Le muse inquietanti 63
In primo piano distinguiamo tre figure, a metà tra la statua e il manichino: sono figure anonime, senza volto, solitarie e immobili, che gettano lunghe ombre scure alle loro spalle.
Sullo sfondo a destra è possibile riconoscere il Castello Estense di Ferrara mentre a sinistra si trova una fabbrica, riconoscibile dalle alte ciminiere.
Tutti questi elementi ci consentono di interpretare il significato dell’opera: il passato, rappresentato dal castello, è qualcosa di irripetibile; il presente, simboleggiato dalle fabbriche, con la sua incessante corsa verso il futuro, rischia di trascinare l’uomo verso la perdita di identità (i manichini infatti non hanno una faccia), lontano dalle proprie radici e dalla propria cultura. In quest’opera è possibile riconoscere dunque una critica al Futurismo e una volontà di riproporre i valori del passato. Non a caso De Chirico definiva sé stesso un artista “classico”.
Giorgio de Chirico, Le Muse inquietanti, 1917, olio su tela, 97 x 66 cm, collezione privata.
RITORNO ALL'ORDINE
All'inizio degli anni Venti in Italia si formarono dei gruppi di artisti che, in modi diversi, sentirono l'esigenza di superare l'esperienza travolgente delle Avanguardie e di ricostruire un'identità personale e nazionale dopo i traumi provocati dalla Prima guerra mondiale.
Mario Sironi
Mario Sironi (1885-1961) fu uno dei massimi esponenti del gruppo Novecento che guardò alle tradizioni artistiche del passato. Nei suoi lavori è come se alla necessità nel mondo reale di riorganizzare e ricostruire le città dopo il conflitto mondiale, corrispondesse il bisogno di recuperare lo stile pittorico “ordinato”, figurativo, realistico ed essenziale del passato. I suoi modelli furono tratti dalla tradizione etrusca e da quella medievale e rinascimentale.
Questa situazione emerge chiaramente nel suo dipinto L'allieva 64 . La figura della giovane donna, disposta di tre quarti, come nei dipinti del Cinquecento, è circondata da oggetti che evocano il passato: sulla destra una piramide, sulla sinistra una brocca e una statuetta femminile, simbolo di bellezza e proporzione. L’allieva è disegnata in modo essenziale ma tradizionale, senza la scomposizione cubista o l’interpretazione cromatica espressionista. Tutto è calma, silenzio, equilibrio
Giorgio Morandi
Un percorso autonomo e originale fu quello di Giorgio Morandi (1890-1964) che si dedicò in maniera prioritaria alle nature morte 65 . Si ispirò a di Cézanne, sperimentò il Futurismo e la pittura metafisica. Morandi dipinse poche figure umane, si rappresentò raramente e dedicò quasi tutti i suoi lavori al mondo degli oggetti: bicchieri, bottiglie, vasi, lumi, caraffe e caffettiere. Morandi cerca di attirare l’attenzione su questi oggetti, di renderli unici, di dare un carattere speciale a queste immagini che appartengono al quotidiano di ciascuno. Quelle di Morandi non sono opere di fantasia. Egli non concesse mai nulla all’invenzione: i suoi quadri furono dipinti dal vero, perlopiù all’interno della sua abitazione. Egli diceva: «Bisogna ritrovare il significato delle cose, ricominciare a guardare le cose».
Giorgio Morandi, Natura morta con tavolo rotondo, 1920, olio su tela, 60,5 x 66,5 cm, collezione privata.
FOTOGRAFIA
Il mondo dell’arte del Primo Novecento fu attraversato dalla rivoluzione della macchina fotografica che, divenuta ormai una realtà, acquisì una crescente importanza anche grazie alle fotografe. Ciò non significa che le donne siano state accettate senza riserve, ma solo che non dovettero scavalcare recinti insormontabili, come quelli del mondo della pittura o della scultura. Lo sguardo speciale di cinque donne attraverso i loro obiettivi mette in luce possibilità inesplorate.
Fotografia surrealista
Dora Maar
Nota per essere stata compagna e musa ispiratrice di Picasso (▶vedi p. 499), Dora Maar è stata fotografa e pittrice di grande talento. Si formò presso una scuola che sosteneva l’integrazione delle donne nel mondo dell’arte. Fu anche assistente di Man Ray dal quale apprese la tecnica della rayografia. Nel 1931 aprì uno studio specializzato in fotografia di moda e si distinse per l’originalità dei suoi scatti che impiegavano tecniche sperimentali, proponevano tagli prospettici, deformazioni, fotomontaggi. In questo scatto del 1934 66 una mano femminile sbuca da una conchiglia con un cielo tempestoso sullo sfondo. La composizione, come tutta la produzione di Dora Maar, resta impossibile da decifrare del tutto per gli accostamenti insoliti e spesso illogici tipici dello stile surrealista.
Claude Cahun
La francese Claude Cahun (1894-1954) è stata scrittrice e fotografa. Negli anni Venti fu a Parigi e aderì al Surrealismo, che sviluppò attraverso i suoi scatti per tutta la vita 67 . Strinse in particolare amicizia con André Breton e con il pittore Max Ernst.
Nel 1938, a causa delle sue origini ebraiche, dovette lasciare Parigi e si rifugiò con la sua compagna, Suzanne Malherbe, in Inghilterra, sull’isola di Jersey. La vita sull’isola fu serena fino al 1940 quando i tedeschi occuparono Jersey. Suzanne e Claude decisero di restare ma anche di opporre resistenza. Non potendo combattere misero in atto una serie di azioni provocatorie e sovversive.
Dal 1940, per quasi quattro anni, le due donne condussero una campagna per demotivare le truppe d‘occupazione. Con l’aiuto di volantini satirici scritti in lingua tedesca e firmati “Soldato senza nome” si proponevano di incoraggiare i soldati tedeschi a dubitare della validità della guerra e a ribellarsi agli ordini dei loro superiori. Nel 1944 le due donne vennero arrestate, condannate e impriogionate.
CO NFRONTO
I rayographs di Man Ray
Due delle fotografe che incontri in queste pagine, Dora Maar e Lee Miller, furono muse e assistenti dell'artista Man Ray (▶vedi p. 519). La fotografia per Man Ray fu un mezzo per guadagnarsi da vivere, infatti si avvicinò al mondo della moda. Primo fotografo surrealista, scoprì alcune tecniche che lo renderanno famoso, come i rayographs, immagini fotografiche ottenute appoggiando degli oggetti direttamente sulla carta sensibile. Egli utilizzò anche la tecnica della solarizzazione, ottenendo fotografie i cui soggetti sono contornati da un bordo nero che li fa sembrare dei disegni. Man Ray affermava: “mi sono spesso divertito a fare fotografie che possono essere scambiate per riproduzioni di dipinti che sono stati ispirati da fotografie”.
Claude Cahun, Autoritratto, 1927, stampa alla gelatina d'argento, 11,9 x 9 cm.
Cerca in HUB Art altre fotografie di Man Ray digitando il nome dell'artista nella stringa di ricerca.
Fotografia come documento
Fotografia di guerra:
Lee Miller
Elizabeth Miller (1907-1977) è stata una donna piena di talento, continuamente in cerca di sé stessa tra New York, Parigi, Il Cairo, Londra, fino a Dachau. Il suo viso divenne famosissimo, riprodotto su riviste, foto e ritratti. Fu la donna dai mille volti e dalle molteplici personalità: di una bellezza fuori dal comune, fu prima modella e poi fotografa, musa ispiratrice e artista, reporter e inviata di guerra. Andò a Parigi per imparare la fotografia e lo fece da uno dei migliori, Man Ray. I due si innamorarono e Man Ray introdusse Lee Miller – iniziò a farsi chiamare così nel frattempo – nel mondo dell’arte e della fotografia parigina.
La relazione ebbe un finale improvviso: Lee lasciò Man Ray, imbarcandosi senza preavviso per fare ritorno a New York dove aprì il suo primo studio fotografico.
Tornò in Europa come reporter di guerra e fu autrice di scatti memorabili. Fu tra le prime a entrare nel campo di concentramento di Dachau il 30 aprile 1945, giorno della liberazione, e immortalò i prigionieri, le cataste di ossa, il fumo che usciva dai forni crematori. La foto che qui vediamo 68 risale allo stesso giorno ma fu eseguita in un posto diverso. Era sempre il 30 aprile 1945 quando Adolf Hitler si suicidò. Lee Miller entrò nell’appartamento del Führer a Monaco di Baviera, andò in bagno, si spogliò ed entrò nella vasca. Fu lei a costruire la scena, ma lo scatto è di David Scherman. Nella foto si notano gli anfibi sporchi del fango del campo di Dachau sul tappetino bianco, la foto di Hitler sul bordo della vasca, la divisa da reporter ripiegata sullo sgabello. La cosa più sbalorditiva di questo scatto è che il bagno di un mostro può essere esattamente come il nostro. La fotografa sembra volerci dire che anche Hitler, uno degli uomini più spaventosi della storia, al mattino si alzava, andava in bagno, entrava nella vasca, si guardava allo specchio.
Miller e David Sherman,
Fotografia sociale:
Tina Modotti
Tina Modotti (1896-1942), fu modella, attrice, fotografa e combattente. Nata a Udine da famiglia operaia, emigrò in America a 17 anni. I ricordi che rimasero per sempre con lei e ne forgiarono il carattere furono la partecipazione a un corteo operaio da bambina sulle spalle del padre, il viaggio sulla nave Moltke come passeggera di terza classe verso l’America, e l’odore degli acidi di sviluppo della camera oscura di suo zio Pietro, fotografo professionista.
I Modotti si stabilirono a San Francisco: il padre lavorava nei cantieri, Tina e i fratelli in fabbrica. Nel frattempo studiava, recitava a teatro da dilettante e viaggiava.
Presto iniziò a essere ingaggiata come attrice professionista, prima in spettacoli teatrali e poi in film muti, e a frequentare il mondo dello spet-
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tacolo e dell’arte. Un giorno conobbe il fotografo Edward Weston, se ne innamorò e lo seguì in Messico, dove si era spostato per lavoro.
Dentro di lei si fece vivo il ricordo dell’odore degli acidi di sviluppo che usava suo zio quando era bambina e decise che era giunto il momento di spostarsi dall’altra parte dell’obiettivo.
Nella sua memoria, nel suo lavoro, non mancarono mai la dimensione socialista di suo padre, l’aver conosciuto la fame, il bisogno di giustizia sociale che aveva condotto lei e la sua famiglia ad attraversare l’oceano.
Tina fissò il mondo in scatti dalle geometrie perfette con uno sguardo che dimostrava empatia. Nacquero così immagini memorabili, come Donna con bandiera 69 , che non sono semplicemente la documentazione di una fotoreporter, ma le foto di una donna che, mentre ritraeva gli altri, seppe fissare su carta la sua storia personale.
Fotografia e giornalismo: Dorothea Lange
La fotografa americana Dorothea Lange (18951865) trascorse un’infanzia segnata dalla malattia e dai problemi familiari. Da bambina fu colpita dalla poliomelite e, quando aveva solo 12 anni, il padre abbandonò lei e la famiglia. Inizialmente si dedicò al ritratto fotografico, ma a partire dal 1932 si impegnò nella fotografia sociale. Tra il 1932 ed il 1939, Dorothea Lange lavorò col marito, Paul S. Taylor, a un progetto di documentazione dei problemi sociali legati alla Grande depressione seguita alla crisi del 1929. Immortalò la crisi del mondo dell’agricoltura, i braccianti, gli operai disoccupati, gli immigrati. La foto Migrant mother 70 divenne una vera icona del “giovedì nero”, quando ci fu il crollo della Borsa di New York (24 ottobre 1929) ed è utilizzata ancora oggi per illustrare le condizioni di vita dei braccianti dell’epoca. Ritrae Florence Leona Christie Thompson, madre di sette figli, nei pressi di un campo di piselli in California.
ARCHITETTURA
A partire dagli anni Venti, in architettura si affermò il Razionalismo che sosteneva la necessità di creare spazi che non fossero solo belli ma anche funzionali.
Il Razionalismo ebbe caratteristiche diverse nei Paesi in cui si sviluppò. In Germania il Bauhaus puntava a un’architettura “globale” che coinvolgesse anche l’artigianato e la produzione industriale. In Francia Le Corbusier sviluppò edifici basati sulla ripetizione di forme geometriche e sulla centralità della figura umana nella progettazione.
In Italia l’architettura d’epoca fascista è caratterizzata da un lato dalla monumentalità, dall’altro dalla semplicità delle strutture.
Negli Stati Uniti nacque per opera dell’architetto Frank Lloyd Wright l’Architettura organica, espressione che definisce edifici integrati nella natura, spesso costruiti utilizzando materiali tipici dei luoghi in cui venivano realizzati.
Walter Gropius
Il Bauhaus
L’architettura razionalista fu portata avanti e promossa dal Bauhaus, la “casa del costruire”, una scuola fondata da Walter Gropius (1883-1969) che puntava a riorganizzare il rapporto tra arte, artigianato e industria. Al Bauhaus venivano insegnate numerose discipline: scultura, pittura murale, tessitura, fotografia, lavorazione dei metalli, del legno, della pietra, della ceramica e a partire dal 1927 fu inserita anche l’architettura. Gli studenti seguivano lezioni teoriche e pratiche, erano a contatto con il mondo del lavoro; tra i loro insegnanti vi furono, oltre a Gropius, gli artisti e architetti più importanti dell’epoca, da Klee a Kandinskij a Mies van der Rohe. La scuola si spostò in diverse sedi e fu definitivamente chiusa nel 1933 con l’avvento del nazismo.
DIDATTICA IMMERSIVA
GOOGLE EARTHTM L'architettura del Movimento Moderno
Walter Gropius progettò gli edifici che ospitarono la seconda sede della scuola a Dessau. Il Bauhaus di Dessau 71 fu quello che oggi chiameremmo un campus universitario: ospitava aule, laboratori, biblioteche, mense, alloggi, uffici, sale riunioni. Comprendeva cinque edifici diversi in base alla funzione: il blocco che ospitava le aule e quello dei laboratori disponevano di vetrate per consentire un’adeguata illuminazione degli interni; il blocco degli alloggi aveva invece comuni finestre e balconcini.
Mies van der Rohe
Eleganza e tecnologia
Quando si parla di Mies van der Rohe (1886-1969) si parla di “classicismo tecnologico”: egli fu un architetto razionalista che seppe non solo utilizzare i nuovi materiali da costruzione e parlare il linguaggio del Bauhaus ma anche e soprattutto utilizzare le più recenti innovazioni tecnologiche in edifici moderni e funzionali. I suoi edifici sono elegantissimi senza l’utilizzo di decorazioni e hanno la peculiarità di mettere in contatto gli spazi interni con quelli esterni attraverso l’uso di ampie vetrate.
Casa Tugendhat
Casa Tugendhat 72 fu costruita su progetto di Mies van der Rohe per un committente che non aveva posto limiti di spesa ed è quindi un edificio sontuoso. L’architetto seppe armonizzare le sue idee di architettura razionalista con scelte tecnologiche all’avanguardia. La struttura portante è in pilastri di acciaio cruciformi, rivestiti in lamiera. Ogni spazio è organizzato in maniera funzionale: le stanze di servizio sono sul perimetro esterno dell’edificio mentre le altre affacciano sul giardino interno e non
hanno finestre su strada per garantire la privacy. La grande vetrata della sala scorre verticalmente nel pavimento grazie a un comando elettrico, scomparendo e mettendo così in comunicazione diretta spazio interno ed esterno. Anche gli arredi sono progettati da Mies, inclusa la celebre sedia Barcellona, con struttura in acciaio e seduta imbottita rivestita in pelle, che viene prodotta ancora oggi. Un lusso essenziale, dunque, che Mies riassumeva nel motto Less is more cioè "il meno è il più".
Le Corbusier
La plasticità del calcestruzzo
Le Corbusier, pseudonimo dello svizzero Charles-Édouard Jeanneret (1887-1965), è stato un architetto, urbanista, pittore e ▶designer che, attraverso le sue opere e i suoi scritti, diffuse i principi dell’architettura razionalista. Mentre Mies continuò per tutta la vita a realizzare edifici in acciaio e vetro, Le Corbusier preferì il calcestruzzo, che imparò a lavorare con la creatività con cui uno scultore scolpiva la pietra. Questo emerge più che mai nella copertura della chiesa di Notre-Dame de Haut 73 a Ronchamp che ha un forte valore plastico e sembra ispirata alle forme del mondo animale: Le Corbusier dichiarò infatti che l’idea di questo tetto gli venne osservando il guscio di un granchio sulla spiaggia.
Villa Savoye e i cinque
punti dell’architettura moderna
Tra il 1929 e il 1931 Le Corbusier progettò Villa Savoye 74 , in cui mise in pratica le sue convinzioni in materia di progettazione e stabilì una serie di regole, i 5 punti dell’architettura moderna 75 , che poi applicò più o meno fedelmente in tutte le costruzioni successive
• Pilastri (in francese pilotis): la casa deve poggia-
Tetto-terrazza
Finestra a nastro
Facciata libera
74 Le Corbusier, Villa Savoye, veduta frontale, 1928-1931. Poissy (Parigi).
Pianta libera
Pilotis
Prospettiva dall’alto di Villa Savoye con indicati gli elementi che corrispondono ai 5 punti dell’architettura moderna.
re su strutture verticali a pilastro, in modo da avere il pianterreno libero e isolare l’abitazione dall’umidità di risalita.
• Pianta libera: grazie ai pilastri non sono più necessari i muri portanti e la suddivisione dello spazio interno può essere effettuata in modo libero.
• Facciata libera: per lo stesso motivo per cui si deve avere una pianta libera, anche la facciata può essere articolata liberamente.
• Finestre a nastro: la facciata libera può prevedere finestre continue su tutti i lati che consentono un panorama a 360° e un’illuminazione ottimale degli spazi interni.
• Tetto-giardino: il tetto pianeggiante realizzato con solaio in cemento armato può ospitare un giardino e ricreare idealmente il contatto tra l’edificio e la natura circostante.
GLOSSARIO
designer
Chi si occupa di design, ossia della progettazione di oggetti prodotti industrialmente.
Le Corbusier, Cappella di Notre-Dame du Haut, 1950-1955, Ronchamp (Francia).
I progetti residenziali
Progettata da Le Corbusier tra il 1946 e il 1952, l’ nité d’habitation 76 (Unità d’abitazione) rappresen ta una svolta nella progettazione residenziale. Il nome fa riferimento al fatto che l’edificio rappre senta una piccola cittadina: si tratta di un blocco di 18 piani, contenente oltre 300 appartamenti, con una galleria commerciale e aree dedicate ai servizi, come l’asilo e la palestra. Le superfici ven nero volutamente lasciate con i segni delle casse forme in cui era stato gettato il cemento armato
Il rapporto tra essere umano e spazio: il Modulor
Le Corbusier era convinto che gli edifici dovessero essere “a misura d’uomo” e per questo formulò il concetto di Modulor 77 , un sistema per dimensionare gli spazi che teneva conto delle dimensioni di un uomo adulto. Nell’idea dell’architetto l’uomo diventava l’unità di misura e quindi il sottomultiplo per progettare la singola abitazione; questa a sua volta era il sottomultiplo dell’edificio residenziale e questo era il sottomultiplo della città, e così via.
Marcello Piacentini
79 Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano, Palazzo della Civiltà Italiana, 1938-1942, Roma.
Geometrie monumentali
Marcello Piacentini (1881-1961) fu uno degli architetti prediletti dal regime fascista. Realizzò numerose architetture in uno stile che potremmo considerare la rivisitazione in chiave razionalista della tradizione costruttiva antica. Il suo progetto per il Palazzo di Giustizia di Milano 78 diventò il modello di riferimento per numerosi altri tribunali italiani (come quelli di Forlì e di Palermo), edificati negli stessi anni. Si tratta di un grande blocco che sembra una fortezza inespugnabile, interamente rivestito in pietra. Sulla facciata spicca un ordine gigante di pilastri e l’accesso avviene attraverso una scenografica scalinata.
Nel 1938 Piacentini assunse la direzione del cantiere per l’Esposizione Universale di Roma, che avrebbe dovuto svolgersi nel 1942. La commissione esaminatrice da lui presieduta promosse il progetto di Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano per il Palazzo della Civiltà italiana 79 che divenne il progetto simbolo di questo ampio cantiere. Le forme nitide della palazzina a pianta quadrata con quattro facciate identiche tra loro rivestite in travertino, scandite da aperture ad arco a tutto sesto prive di qualunque decorazione, ricordano gli edifici dipinti da Giorgio de Chirico.
La ripetizione degli archi su tutto il perimetro è ciò che giustifica il nomignolo con cui è anche conosciuto, “Colosseo quadrato”.
78 Marcello Piacentini e Ernesto Rapisardi, Palazzo di Giustizia, 1929-1947, Milano.
Giuseppe Terragni
La casa del Fascio a Como
Giuseppe Terragni (1904-1943) lavorò per il regime fascista unendo scelte stilistiche tipiche dell’architettura razionalista con un gusto severo e rigoroso che piacque a Mussolini. Una delle più riuscite architetture edificate tra le due guerre è la sua Casa del Fascio a Como 80 . L’edificio, che ospitava la sede del Partito Nazionale Fascista, si presenta come un mezzo cubo: la pianta è quadrata e l’altezza dell’edificio è metà del lato. Ogni decorazione superflua è abolita e l’edificio appare semplice ed elegante, anche grazie al rivestimento in marmo. Le facciate sono tutte diverse, ma organizzate secondo lo stesso modulo quadrato che si ripete sette volte in senso orizzontale e quattro in senso verticale.
80 Giuseppe Terragni, Casa del Fascio, 1932-1936, Como.
Frank Lloyd Wright
La Casa sulla cascata
Edificio esemplare dell’architettura organica è la Casa sulla Cascata 81 , costruita dall’architetto Frank Lloyd Wright (1867-1959) tra il 1934 e il 1937. L’edificio, sorto come villa per il fine settimana del facoltoso committente, fu costruito sopra una cascata alta pochi metri, integrandosi perfettamente con il contesto naturale. Furono gli spazi a essere progettati per adattarsi all’ambiente e non viceversa, non fu cioè modificato il corso del ruscello o scavata la roccia. Laddove possibile, per costruire l’edificio furono impiegati i materiali presenti sul posto: per esempio, per l’ampio salone al primo piano fu realizzato un pavimento della stessa pietra su cui scorre il ruscello.
Il Museo Guggenheim a New York
Verso la fine della sua carriera, Wright fu incaricato dal ricchissimo mecenate Salomon Robert Guggenheim, di progettare a New York un museo in cui esporre la sua collezione d’arte che racchiudeva numerosi capolavori. Il progetto del Museo Guggenheim 82 confermò la scelta dell’architetto di ispirarsi al mondo naturale: fu infatti proprio la forma di una conchiglia a suggerirgli la possibilità di sviluppare la zona espositiva dell’edificio lungo una spirale che sale dal piano terreno sino
al sesto dove si trova il grande lucernario circolare. I visitatori perciò non passano da una sala all’altra per ammirare le opere, ma scendono lungo una rampa leggermente inclinata. Vista dall’esterno, la spirale che si apre verso l’alto, ma di altezza contenuta, contrasta con i parallelepipedi dei grattacieli circostanti.
Fai arte con il breaking
La creatività appartiene a ognuno di noi e imparare a conoscere i processi creativi può essere utile a sfruttare in modo consapevole questo dono. In arte con la parola “breaking” si intende la nostra capacità di “frammentare” (letteralmente) qualcosa di intero, riassemblandolo in maniera nuova per giungere a un’immagine diversa da quella di partenza. Col breaking è possibile lavorare su un solo soggetto, smontandolo e rimontandolo senza rispettare l’aspetto originario, come fecero i cubisti, oppure su più soggetti, mettendo insieme parti appartenenti a elementi diversi, come fecero ad esempio i dadaisti e i surrealisti.
OBIETTIVI
Ideare, progettare e realizzare elaborati personali applicando le regole del linguaggio visivo, scegliendo tecniche opportune e ispirandosi alla Storia dell’arte
Produrre riflessioni scritte e orali e argomentare
LIFE SKILLS
Pensiero critico Pensiero creativo
Comunicazione efficace
Pensa ai volti delle Demoiselles d'Avignon di Picasso, con la vista laterale dei nasi montata sul viso inquadrato frontalmente; ai corpi straziati di Guernica dove Picasso ha impiegato il breaking per raccontare gli orrori della guerra.
Rifletti sulle sperimentazioni surrealiste nelle foto di Dora Maar (dove una mano esce da una conchiglia) o sulle città di Paul Citroen.
1 SPERIMENTA A PARTIRE DA ALCUNI STIMOLI
Ti proponiamo di realizzare un collage. Per realizzarlo, puoi scegliere la strada che preferisci, prendendo spunto da artisti diversi.
Le scelte degli artisti
• Metti insieme oggetti e/o soggetti che nella realtà non hanno relazioni tra loro: questo è quello che ha fatto Man Ray col suo ferro da stiro.
• Lavora sulla “scala” ossia sulla grandezza delle parti che assembli: questo è quello che ha fatto Hannah Hoch.
• Esplora il breaking secondo Picasso e crea un collage cubista che rappresenti un soggetto inquadrato da diversi punti di vista contemporaneamente.
2 PROCURATI RIVISTE E LIBRI DA MACERO
Per fare un bel collage è necessario sfogliare libri e riviste con illustrazioni di diversa natura per poter creare connessioni tra elementi differenti (riviste di moda, giornali di arredamento, pubblicazioni sul mondo animale o altre di gossip…). Non devi necessariamente partire da un titolo o da un tema definito, ma lasciati suggestionare dalle illustrazioni che incontri, scegli le immagini che ti colpiscono.
Ritagliale e inizia a pensare come sovrapporle e collegarle.
3 SPIEGA IL TUO COLLAGE
Nel Diario Visivo, racconta come hai messo insieme le parti del collage, quali elementi hai scelto per primi e come sei arrivato alla soluzione definitiva. Spiega infine il significato che hai dato al tuo lavoro.
Altre persone lo interpreteranno in modo diverso dal tuo e questo è proprio l’aspetto più affascinante del lavoro che hai fatto: la possibilità che ognuno di noi ha di leggere liberamente un’opera d’arte, specialmente se non è realistica.
Ricorda sempre le parole di Matisse:
Vedere è un’operazione creativa che richiede uno sforzo
Questo significa che la visione è un processo attivo, non passivo, che implica il riconoscimento di ciò che percepiamo e l’associazione libera di significati, ricordi ed emozioni che sono differenti per ognuno di noi.
• TUTORIAL E MATERIALI UTILI
• ALTRI ESEMPI DI LABORATORIO
• SCHEDA DI VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE
GUARDA E IMPARA
Federica ha scelto di unire due sue grandi passioni, quella per il mare e quella per gli animali, in un collage divertente illuminato da uno sfondo giallo, caldo e luminoso. Paride ha invece creato un collage a partire dal ricordo del racconto del biologo Francesco Tomasinelli, incontrato a scuola.
INSIEME È FACILE
IL PRIMO NOVECENTO
CONTESTO I primi anni del XX secolo sono caratterizzati da pace e sviluppo, ma con lo scoppio della Prima guerra mondiale tutto cambia: dopo i disastri provocati dal conflitto, una profonda crisi investe la società, la politica e l'economia; si formano i regimi totalitari.
A partire dai primi anni del Novecento nascono le Avanguardie artistiche, movimenti che rivoluzionano il modo di dipingere e di scolpire. Gli artisti delle Avanguardie rompono gli schemi dell'arte, sperimentano nuove tecniche, interpretano i temi del loro tempo, vogliono esprimere la loro personale visione del mondo.
PITTURA Espressionismo Il suo precursore è il norvegese Edvard Munch. Si afferma poi in Germania, Austria e Francia. L'Espressionismo privilegia le emozioni dell'artista, espresse con figure deformate e uso personale del colore. In Germania e Austria è caratterizzato dal disagio esistenziale e dai colori cupi; i maggiori esponenti sono Ernst Ludwig Kirchner, Egon Schiele e Oskar Kokoschka. In Francia Henri Matisse e i Fauves esprimono le loro emozioni con colori accesi che manifestano energia e gioia di vivere.
Cubismo I fondatori sono Georges Braque e Pablo Picasso. Rivoluziona il modo di rappresentare la realtà mostrandola da diversi punti di vista simultaneamente ispirandosi alla geometrizzazione delle figure sperimentata da Paul Cézanne. Il primo esperimento cubista è il dipinto Les Demoiselles d'Avignon di Picasso, uno dei maggiori artisti del Novecento. Un'altra opera fondamentale di Picasso è Guernica, che mostra gli effetti della guerra civile spagnola del 1936-1939. Futurismo È un Avanguardia italiana. In pittura le opere futuriste rappresentano il movimento di figure e oggetti, scomponendolo nelle sue diverse fasi. I maggiori artisti futuristi sono Giacomo Balla e Umberto Boccioni che fu anche scultore.
Scuola di Parigi Sono un gruppo di artisti stranieri che lavorano a Parigi dall'inizio del secolo agli anni Venti. Ne fanno parte Marc Chagall, Amedeo Modigliani e Konstantin Brancusi Chagall ha una pittura dolce e poetica. Modigliani si esprime soprattutto nei ritratti, che indagano l'animo umano. Brancusi in scultura semplifica le forme ed è influenzato, come Modigliani, dall'arte primitiva.
Les Demoiselles d'Avignon di Picasso
Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni
Primo acquerello astratto di Kandinskij
Astrattismo Supera la rappresentazione del mondo visibile per affidarsi esclusivamente a linee, forme e colori. Si distingue in due filoni:
• astrattismo lirico, il cui fondatore e maggior esponente è Vasilij Kandinskij;
• astrattismo geometrico, il cui fondatore e maggior esponente è Piet Mondrian.
Kandinskij usa colori, linee e forme per comunicare la spiritualità e le emozioni.
Mondrian fonda il movimento del Neoplasticismo e crea composizioni geometriche usando linee e colori primari.
Un altro grande esponente dell'Astrattismo poetico e spirituale è Paul Klee.
Dada La parola “dada” non significa nulla perché gli artisti di questa Avanguardia mettono in discussione il fatto che l'arte debba comunicare dei significati. Marcel Duchamp inventa i ready made, ossia degli oggetti di uso comune che l'artista decide di elevare a opere d'arte, senza nessun intervento da parte sua o soltanto con alcune modifiche.
Surrealismo Sostiene che l'arte debba essere un modo per liberare la parte nascosta della nostra mente (l'inconscio) e rappresentare le associazioni irrazionali di immagini, come avviene nei sogni. I maggiori artisti sono René Magritte, che dipinge immagini enigmatiche e illusorie; Joan Mirò che è ispirato dai sogni e dai segni infantili; Salvador Dalì che privilegia la rappresentazione dei sogni e dei ricordi.
La pittura metafisica di Giorgio De Chirico si dedica a indagare il senso profondo della realtà rappresentato attraverso oggetti semplici ma misteriosi.
ARCHITETTURA In architettura gli anni Venti del Novecento sono caratterizzati dal Razionalismo, che sostiene l'importanza della funzione degli edifici nei confronti della forma. Nell'ambito del Razionalismo troviamo diverse tendenze. Il Bauhaus, fondato da Walter Gropius sostiene l'importanza dei uno stretto rapporto tra progettazione architettonica, produzione industriale e creazione artistica.
Le Corbusier è il maggior sostenitore del principio che la forma degli edifici debba seguire la funzione; ideò i 5 principi dell'architettura moderna che debbono essere alla base della progettazione.
Frank Lloyd Wright è l'inventore dell'architettura organica e sostiene che tutto ciò che si costruisce debba essere in armonia con la natura.
Verifica VERIFICA
CONTESTO
1. Rispondi alle seguenti domande.
a. Come si chiama il periodo compreso tra il 1871 e il 1914?
b. Che cosa accade nel 1914?
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Correggi quelle false sul quaderno.
a. La Prima guerra mondiale lascia profonde ferite nella società. V F
b. Nel 1914 inizia in Italia il regime fascista. V F
c. La crisi della Borsa di Wall Street del 1929 è una delle cause dell’affermazione del Partito nazista in Italia. V F
d. Nel 1929 inizia la Seconda guerra mondiale. V F
3. Quale nuova disciplina nasce nel XX secolo? Perché è importante per l’arte?
4. Che cosa significa il termine “avanguardie”?
PITTURA
Espressionismo
5. Perché Edvard Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo?
6. Descrivi sul quaderno L’Urlo, l’opera più significativa di Munch, usando queste espressioni. dolore della natura • dolore dell’uomo • volti deformati • colori accesi
7. Spiega sul quaderno la differenza tra Espressionismo tedesco ed Espressionismo francese. Puoi usare alcune di queste parole chiave.
figure deformate • colori violenti • colori vivaci • forme semplificate
8. Abbina le opere all’autore e indica se fanno parte dell’Espressionismo tedesco (ET), austriaco (EA) o francese (AF).
Scuola di Parigi
Figura ...... Oscar Kokoshka
Figura ...... Ernst Ludwig Kirchner
Figura ...... Henri Matisse
9. Indica se le seguenti affermazioni sono riferibili a Chagall (C), Modigliani (M) o Brancusi (B).
a. Affetto per la famiglia e nostalgia sono tra i temi prediletti.
b. Le figure ritratte sono caratterizzate da lunghi colli e occhi senza pupille.
c. Lavora per tutta la vita alla semplificazione delle forme.
Cubismo
10. Completa le seguenti frasi riferite al Cubismo.
a. Le figure, gli oggetti e i paesaggi vengono frammentati e ricomposti sulla tela in modo non realistico, rappresentando sia la visione frontale sia
b. Il termine Cubismo fu coniato nel
c. Due tra i maggiori esponenti del Cubismo sono Georges Braque e
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11. Che cosa rappresenta l’opera Guernica di Picasso?
Futurismo
12. Chi ha scritto il Manifesto della pittura futurista?
13. Descrivi le caratteristiche della pittura futurista in un breve testo che contenga queste parole: movimento • progresso • velocità
14. Indica quale tra le seguenti opere è futurista, poi scrivine autore e titolo.
Astrattismo
15. Quali sono le funzioni di colore e forme per l’Astrattismo?
16. Abbina le seguenti opere ai concetti chiave e indicane l’autore.
Figura ...... Disegno infantile
Figura ...... Astrattismo geometrico
Figura ...... Colori e forme con valore simbolico
Dada
17. Quale tecnica artistica inventò Marcel Duchamp?
Scrivi il titolo di una sua opera realizzata con questa tecnica.
• PRESENTAZIONE MODIFICABILE
• GLOSSARIO MULTILINGUE
Surrealismo
18. Abbina le opere all’autore e per ognuna indica almeno una caratteristica dello stile.
Figura ...... Salvador Dalì
Figura ...... Joan Mirò
Figura ...... René Magritte
Pittura metafisica
19. Quali sono le caratteristiche della pittura metafisica?
SCULTURA
20. Indica quale tra le seguenti frasi non è corretta per descrivere la scultura di Boccioni Forme uniche della continuità nello spazio.
a. Il soggetto rappresentato è un uomo che corre.
b. L’opera è in marmo.
c. L’immagine è simbolo di progresso e modernità.
ARCHITETTURA
21. Indica se le seguenti affermazioni si riferiscono a Walter Gropius (A), Le Corbusier (B), Giuseppe Terragni (C) o Frank Lloyd Wright (D).
a. Ha realizzato la Casa del fascio a Como.
b. Ha progettato la sede del Bauhaus.
c. Ha formulato il concetto di Modulor.
d. Ha progettato architetture in armonia con la natura.
Punteggio /21