Eva Cantarella Giulio Guidorizzi
GEA & CHRONOS
Spazio
Tempo Civiltà
1. dalla preistoria a giulio cesare italia, europa
ORIENTAMENTO INTELLIGENZA ARTIFICIALE EDUCAZIONE CIVICA
La civiltà greca dalle origini alle guerre persiane
Ditemi adesso, o Muse, che abitate l’Olimpo –voi, dee, voi siete sempre presenti, tutto sapete, noi la fama ascoltiamo, ma nulla vedemmo –quali erano i capi e i guidatori dei Danai; la folla io non dirò, non chiamerò per nome, nemmeno s’io dieci lingue e dieci bocche avessi, voce instancabile, petto di bronzo avessi […].
Ma dirò i capi di navi e tutte le navi.
(Iliade, II, 484-493; trad. di R. Calzecchi Onesti)
Una cultura dalle radici molto antiche
La civiltà egea affonda le sue radici nel passato più remoto della storia umana: nella stessa epoca in cui a Uruk e Lagash in Mesopotamia, o a Menfi e Tebe in Egitto si iniziava a usare la scrittura, nelle Cicladi – nel cuore del mar Egeo, appunto – doveva essere fiorita una civiltà raffinata, in cui si praticavano il canto e la poesia, come testimoniano alcune preziose statuette di marmo intagliato (risalenti alla prima metà del III millennio a.C.) che raffigurano suonatori di diversi strumenti musicali. Le prime immagini di questa cultura sembrano in effetti gioiose, animate da una particolare vivacità e creatività espressiva, che forse riflettevano i costumi di questi popoli, inseriti in un mondo di relazioni estremamente articolato: quel mondo comune mediterraneo – in realtà concentrato soprattutto nel Mediterraneo orientale – che riuniva in una sola rete di contatti, comunicazioni e scambi i popoli dei Balcani, della Penisola anatolica, del Vicino Oriente, dell’Arabia e dell’Africa nordorientale; scambi che poi, da queste coste, venivano proseguiti nelle regioni dell’entroterra, o in regioni ancora più distanti.
Alle origini della guerra di Troia
La centralità dell’Egeo, del resto, se da un lato predisponeva naturalmente i popoli che vi erano insediati ai contatti con le zone limitrofe, per altro verso rendeva estremamente appetibile il controllo di queste terre, che furono dunque interessate da frequenti migrazioni, o veri e propri tentativi di conquista da parte di genti provenienti dall’esterno. Tra queste ultime, un gruppo particolarmente agguerrito fu quello degli Indoeu-
Questo tu sappi e gente vile non frequentare ma tienti stretto sempre ai buoni: bevi e mangia con loro, siedi con loro a banchetto e cerca di piacere a chi ha potere grande. Dai buoni il bene imparerai, ma se ti mescoli ai vili perderai anche il senno che già possiedi.
Appresa questa lezione, frequenta i buoni! Potrai dire un giorno che io ben consiglio gli amici miei.
(Teognide, I, 31-38; trad. di F. Ferrari)
ropei, che durante la prima metà del II millennio a.C. scesero lungo la Penisola balcanica, occuparono dapprima la Grecia continentale e poi le regioni insulari e Creta, giungendo a dialogare da pari con gli Egizi e con gli Ittiti, o a entrare addirittura in conflitto con loro per dispute di controllo territoriale. La stessa guerra di Troia – o l’evento che forse fece da seme alla elaborazione della tradizione mitica su quello scontro – deve molto probabilmente essere ricondotta proprio a un quadro storico simile: questi bellicosi Indoeuropei, infatti, erano i progenitori dei Greci di epoca storica, meglio noti come “Micenei”.
L’invenzione della pólis
Ma anche durante i cosiddetti “secoli bui”, successivi al crollo dei palazzi micenei, la vocazione “internazionale” degli abitatori dell’area egea non venne meno, anche se si manifestò su scala ridotta, né cessarono i flussi migratori verso la Grecia, che anzi portarono all’insediamento di nuovi gruppi di Indoeuropei, appartenenti a un unico ceppo, ma distinti in differenti “stirpi”: erano ancora Greci, che però si distinguevano in Ioni, Dori ed Eoli. E così, a partire dalla fine del IX secolo a.C., il consolidamento della loro presenza nel territorio greco continentale e insulare, lo sfruttamento delle relazioni con i popoli confinanti e l’incremento delle attività produttive e del benessere da esse dipendente contribuirono allo sviluppo di una civiltà dai tratti molto peculiari, probabilmente unici nel panorama dei grandi Stati che fino ad allora si erano imposti nel panorama mediterraneo. Quasi tutti i Greci di quest’epoca, infatti, si riconoscevano come appartenenti a una cultura comune, fatta di lingua, religione,
Civiltà minoica
Civiltà micenea
(estensione al XIII sec. a.C.)
Grecia delle póleis
Confini degli Stati attuali
costumi condivisi, ma nel contempo nutrivano un forte senso di identificazione con la propria città – la propria pólis – che anzi rappresentava il nucleo “politico”, appunto, di riferimento. In quasi tutte le città, le decisioni erano prese o quantomeno sancite dall’insieme dei cittadini, o da una collettività ristretta che era espressione dei maggiori interessi della città stessa: “pochi” (olígoi) uomini, dunque, ma capaci di esprimere un comando corale (una olig-archía), comunque ben distante dalla volontà singola di un faraone egizio o di un sovrano babilonese. E il fatto che questi cittadini – per lo più proprietari di terre, e poi anche artigiani e commercianti – fossero anche coinvolti in prima persona nella difesa della loro pólis, come soldati della città, contribuiva ulteriormente alla presa di coscienza del proprio ruolo sociale e dell’importanza della partecipazione attiva alla vita politica della comunità.
Panellenismo e identità politica Queste sono premesse indispensabili per capire molti degli sviluppi che la storia greca ebbe nel corso dell’età arcaica. E si trattò di sviluppi in parte comuni, come la promozione della grande ondata coloniale verso Oriente e verso Occidente, o come l’elaborazione di un sistema di istituzioni e valori condivisi da tutti i Greci (“pan-ellenici”); ma anche di sviluppi singolari, che portarono la maggior parte delle città a elaborare forme di civiltà esclusive, talora anche molto distanti l’una dall’altra. Basti pensare, a questo proposito, alla spiccata divaricazione dei destini di Sparta e Atene: la prima sempre più irrigidita e chiusa, nel tentativo di preservare un delicato bilanciamento interno di forze; la secon-
da sempre più propensa a espandersi, e soprattutto a valorizzare – al suo interno – quella possibilità di partecipazione alla guida della pólis che era appunto stata una delle invenzioni più significative della civiltà greca. Proprio su questa visione politica, del resto, alla fine dell’età arcaica si sarebbe giocato lo scontro con l’impero persiano, retto da un potere autocratico che risultava inconciliabile con il sistema di pensiero greco.
accarezza le teste dei suoi cavalli, in questo frammento di vaso a figure nere (del VI secolo a.C.). L’eroe omerico per eccellenza rappresenta il modello del guerriero arcaico, impegnato in un solitario scontro con il nemico: venne superato dall’ideale oplitico, della partecipazione del cittadino-soldato alla difesa collettiva del proprio gruppo, e della propria pólis.
GEA& CHRONOS SINCRONIE E ALTRE CIVILTÀ
Mondo greco
Nel corso del II millennio e della prima metà del I millennio a.C., l’area greco-egea fu interessata da una successione di movimenti di popoli e, soprattutto, dall’arrivo degli Indoeuropei, che segnarono un profondo spartiacque culturale. Ma gli Indoeuropei non arrivarono in blocco, bensì per ondate: dapprima i Micenei, antenati dei Greci; poi i gruppi dei veri e propri Greci, forse già differenziati per ceppi etnici. Furono questi ultimi a consolidare la loro presenza nella regione e, soprattutto, a resistere a ulteriori tentativi di occupazione da parte di civiltà “esterne”, come quella orientale rappresentata dai Persiani: il sistema delle città che si era andato definendo nel corso dell’età arcaica (dal IX-VIII secolo a.C. in poi) riuscì infatti a mantenere la propria autonomia anche di fronte a una compagine statale di dimensioni incomparabilmente maggiori.
1700 a.C.
Nella Creta controllata dai Minoici era adottata la scrittura, che veniva impiegata per scopi pratici, soprattutto burocratici: ci sono note soprattutto una scrittura geroglifica e una più stilizzata (“Lineare A”). Non è detto però che questi fossero gli unici sistemi in uso sull’isola, come potrebbe far ipotizzare il disco di Festo. Si tratta di un piccolo oggetto di terracotta (del diametro di 16 centimetri), datato al 1700 a.C. e proveniente appunto dal palazzo minoico di Festo (sulla costa meridionale dell’isola, praticamente a sud di Cnosso): il disco contiene 241 simboli, incisi sulle sue due facce, di cui però sono ancora discussi il significato e lo scopo, ossia il senso del messaggio da essi custodito.
1900 a.C.
A Creta, i Minoici iniziano a organizzarsi in unità amministrative che hanno come centro i palazzi.
1200 a.C.
In Grecia, a Creta e nelle isole dell’Egeo si conclude la fase micenea: i palazzi vengono abbandonati o sono distrutti; si smette di usare la Lineare B.
Egitto •
Vicino Oriente
La civiltà greca è relativamente giovane, soprattutto se confrontata con quella egizia e quella mesopotamica. Anche i Micenei giunsero nel territorio greco quando l’Egitto inaugurava già il periodo del Nuovo regno, o quando gli Ittiti iniziavano la propria affermazione nella Penisola anatolica e arrivavano a minacciare le frontiere babilonesi ed egizie. Un evento che destabilizzò globalmente il Mediterraneo orientale fu poi l’avvento (o il semplice spostamento) dei “popoli del mare”, che in Grecia contribuì al crollo della civiltà palaziale e preparò il terreno per la nuova civiltà della pólis. La vera e propria storia greca, quindi, si allineò soltanto alle vicende degli Assiri e poi dei Persiani, che dalla fine del VI secolo a.C. estesero la propria sfera di influenza allo stesso Egitto, venendo così a rappresentare l’unico grande “antagonista” della scena politica internazionale.
1680-1650 a.C.
Gli Ittiti sono governati dal re Labarna: inizia la fase del cosiddetto “Antico regno”.
Un periodo di grande fioritura del regno ittita iniziò nel 1400 a.C. e perdurò fino al suo crollo: il cosiddetto “Nuovo regno”. In questo periodo, la lavorazione dei metalli, per esempio, raggiunse altissimi livelli, come documenta questo splendido vaso d’argento, che ha un’estremità lavorata a forma di cervo; la pancia del vaso, cilindrica, è invece decorata da personaggi che portano doni al sovrano, pure presente nella scena e protetto dalla divinità.
Durante i cosiddetti “secoli bui” sembra che i Greci non abbiano usato la scrittura: ciò però non impedì alle comunità che continuavano a popolare la Grecia di sviluppare nuove forme di organizzazione sociale (soprattutto di villaggio), come pure una cultura peculiare. In Eubea, a Lefkandi, è stata scoperta la tomba monumentale di un personaggio ricco e potente, a cui dopo la morte furono tributati particolari onori; nel suo corredo funebre fu rinvenuta anche una statuetta di terracotta raffigurante un centauro, forse a rappresentare il personaggio di qualche racconto mitico.
I Corinzi fondano la colonia di Siracusa, in Sicilia.
Regno del re assiro Tiglatpileser, che estende i suoi domini fino al Mediterraneo, conquistando l’Anatolia meridionale e la Siria.
Nel corso del VI secolo a.C. Atene diventa un centro economico e culturale di primo piano e vi operano artisti di eccezionale spessore. Un esempio del livello raggiunto è fornito da questa anfora (databile al 540-530 a.C.) di Exekias, in tal caso sia ceramista sia decoratore del vaso: la scena rappresentata – Aiace e Achille che giocano a scacchi, in un momento di pausa durante la guerra di Troia – è organizzata con una raffinatissima capacità di bilanciamento dei soggetti e una eccezionale cura dei dettagli.
Arcontato di Solone ad Atene.
Battaglia di Karkemish tra Egizi e Babilonesi, guidati da Nabucodonosor II, che porta il suo esercito alla vittoria.
722-705 a.C.
Il re Sargon II ampliò ulteriormente il territorio controllato dagli Assiri, contribuendo alla creazione di una sorta di impero universale che andava dalle pianure mesopotamiche alle coste del Mediterraneo orientale. Fondò anche una nuova capitale (oggi presso Khorsabad, in Iraq), vicino all’antica Ninive, e qui fece costruire il suo palazzo, che venne decorato da splendidi rilievi e sculture: in questo rilievo di uno dei muri, per esempio, compare lo stesso Sargon (a destra), mentre riceve un dignitario di corte.
Tirannide di Pisistrato e dei Pisistratidi ad Atene. I Greci vincono i Persiani a Maratona. I Greci vincono i Persiani a Salamina e i Cartaginesi a Imera.
I Persiani guidati dal re Ciro conquistano Babilonia.
I Greci ottennero dal faraone Amasi (Ahmose II) il permesso di fondare una città sul delta del Nilo: questa colonia fu chiamata “Naucrati” e divenne ben presto un centro nevralgico del commercio tra le póleis greche e il regno egizio. Naucrati fu famosa in particolare per la produzione di vasi e recipienti in faïence: una sorta di pasta vetrosa (simile alla maiolica), di cui sono fatti questi piccoli contenitori per oli, di forma animale.
6 La Grecia delle póleis
GLI ANTEFATTI
L’età oscura che seguì alla caduta della civiltà micenea vide la frammentazione del territorio e il regresso a un’economia di sussistenza. Al tempo stesso, però, nelle nuove comunità di villaggi sono maturati caratteri comuni politici, culturali e religiosi che porteranno alla formazione delle nuove istituzioni della Grecia arcaica.
LO SCENARIO
L’inizio dell’epoca arcaica della storia greca si colloca nel passaggio dal IX all’VIII secolo a.C. I “nuovi” Greci sono costituiti da Dori, Eoli e Ioni, popolazioni di provenienza diversa ma accomunate da una propria scrittura alfabetica e da una cultura comune, che si esprime nel culto di dèi antropomorfi, nel valore attribuito agli oracoli, nelle competizioni sportive e nello sviluppo della filosofia. La frammentazione dei Greci si esprime invece nelle comunità in cui vivono: le póleis, piccole città-Stato indipendenti, prima governate dall’aristocrazia e, in seguito a lotte civili, da tiranni. La crescita economica e demografica e i conflitti interni alle póleis aumentano il fenomeno della colonizzazione di nuove terre in tutto il Mediterraneo.
“L’uomo è un animale politico.
(Aristotele, Politica, I, 2)
Gli inizi dell’età arcaica
Cambiamenti economici e culturali Durante la cosiddetta “età oscura” ( p. 145) seguita alla caduta dei regni micenei, il territorio greco era stato interessato da una serie di importanti movimenti migratori, ultime manifestazioni di un fenomeno documentato per l’intero II millennio a.C. Questi spostamenti avevano provocato vari mutamenti (il ritorno a un’economia di sussistenza, la fine degli scambi a lungo raggio, ma anche la diffusione della metallurgia del ferro) che caratterizzarono i secoli dal XII al X a.C., in modi diversi a seconda delle diverse regioni della Grecia. Tra gli ultimi movimenti migratori di questo periodo va collocata, intorno al 1000 a.C., la cosiddetta “prima colonizzazione”, che portò i Greci a insediarsi sulle coste dell'Asia Minore.
Nel corso del IX secolo a.C., la Grecia fu interessata da cambiamenti economici, sociali e culturali, che segnarono una profonda cesura rispetto al passato: gli storici, quindi, con questo secolo fanno finire la cosiddetta “età oscura” e iniziare quella che viene tradizionalmente detta “età arcaica” della storia greca. Un segnale evidente dell’inizio di una nuova epoca è rappresentato dal fatto che all’VIII secolo a.C. risalgono anche le prime attestazioni di nuove forme di scrittura greca, basate su un sistema alfabetico molto diverso dalla Lineare B dei Micenei e che i Greci avevano elaborato adattando alla loro lingua l’alfabeto dei Fenici. Da questo momento in poi, quindi, torniamo a disporre di materiale documentario scritto, che facilita la ricostruzione degli eventi storici dell’epoca.
Le tre stirpi greche: Dori, Ioni, Eoli La Grecia dell’inizio dell’età arcaica appare molto diversa dalla Grecia micenea, anzitutto per effetto di quei movimenti migratori di cui abbiamo appena parlato. Alla fine della cosiddetta “età oscura”, il territorio greco ci appare occupato da tre differenti stirpi, o “popoli” (éthne , in greco): i Dori, gli Ioni e gli Eoli. Ogni stirpe aveva un dialetto proprio (con varianti regionali), costumi e leggi diverse, istituzioni politiche e sociali particolari, anche se ciò non impediva ai Greci di riconoscersi in una cultura di fondo comune
I Dori, scesi dal Nord, si erano stanziati soprattutto nel Peloponneso e qui sorgevano le loro più importanti città: Sparta, Corinto, Argo; doriche erano anche la costa sud-occidentale dell’Asia Minore e le principali isole dell’Egeo meridionale, tra cui Creta e Rodi. Affini al dorico erano i dialetti delle popolazioni stanziate nelle regioni nord-occidentali della Grecia (come l’Etolia e l’Epiro), che praticavano semplici forme di economia agro-pastorale. Gli Ioni si erano stanziati nella parte centrale della costa dell’Asia Minore (detta appunto “Ionia”); alla stessa stirpe appartenevano anche gli abitanti dell’Attica, la regione dove si trovava Atene, e quelli della maggior parte delle isole dell’Egeo, tra cui l’Eubea e le isole Cicladi. Gli Eoli popolavano la parte settentrionale della costa dell’Asia Minore e la vicina isola di Lesbo; di stirpe eolica erano anche gli abitanti della Tessaglia e della Beozia, di cui Tebe era la città principale.
Nuove forme di organizzazione sociale: la polis La divisione in stirpi rappresentava soltanto un aspetto della frammentazione dei Greci in moltissime comunità autonome: tra queste, particolarmente distintiva della civiltà greca fu la polis (al plurale póleis), termine che identificava sia la “città”, sia la “comunità ” dei cittadini. Ma che cosa erano le póleis? E perché la fine della cosiddetta “età oscura” segnò la nascita di queste forme di organizzazione? Non vi fu una sola causa, ma diverse concause, un insieme di eventi che interagirono fra loro e portarono a una progressiva evoluzione dei modi di vita e delle forme di organizzazione della società, sino alla vera e propria definizione della polis come istituzione politica. Le ricerche archeologiche, in particolare, hanno permesso di evidenziare una serie di fenomeni verificatisi tra il IX e il VII secolo a.C.
GLOSSARIO STORICO
Alfabeto fenicio I Fenici hanno perfezionato una scrittura di tipo alfabetico e su questa i Greci hanno apportato cambiamenti: consulta il paragrafo a p. 89.
Un vasetto per unguenti e profumi (arýballos) a forma di civetta del 630 a.C. circa, proveniente da Corinto e conservato allo Staatliche Antikensammlungen di Monaco.
Un modellino di granaio a cinque contenitori (oppure, secondo un'altra interpretazione, di arnie), rinvenuto nel corredo funebre di una donna (metà del IX secolo a.C.): potrebbe essere stato sepolto con la defunta come segno della sua ricchezza in vita.
L’incremento della produzione agricola Una testimonianza interessante è anzitutto fornita dai corredi funerari, ossia dagli oggetti che i Greci usavano collocare nelle tombe: questi oggetti, infatti, erano collegati con il posto occupato dal defunto nella comunità, e quindi ci consentono di riconoscere le distinzioni sociali e di ricchezza. Con frequenza crescente, a partire dall’850 a.C. circa, all’interno delle tombe furono collocati, tra altri oggetti, anche dei modellini di terracotta dipinta: per molto tempo si è ritenuto che rappresentassero un tipo di granaio, ma più recentemente gli studiosi li hanno interpretati come raffigurazioni di arnie, le cassette in cui vengono allevate le api. In entrambi i casi, la presenza di questi oggetti nei corredi funerari sottolinea l’importanza di un surplus di prodotti derivati dall’agricoltura o dall’allevamento, che garantiva un aumento del tenore di vita.
Di questo incremento dell’attività agricola possiamo riconoscere anche un’autorevole testimonianza letteraria nel poema Le opere e i giorni di Esiodo, dove si celebra fra l’altro la fondamentale importanza dell’aratura: «Quando il tempo di arare è giunto per i mortali, allora veramente bisogna darsi da fare – tu e i tuoi servi – per arare la terra al momento giusto, all’asciutto e al bagnato, affinché i campi si riempiano di messi. Se rivolterai la terra a primavera, d’estate quel terreno arato non ti deluderà».
La crescita demografica e le sue conseguenze Lo sviluppo economico determinato da questa nuova vitalità dell’agricoltura ebbe come effetto un notevole incremento demografico: le possibilità di mantenere i figli erano maggiori di prima e la mortalità infantile diminuì. Dagli scavi archeologici effettuati nei luoghi destinati alle sepolture ad Atene, Argo e Corinto si deduce che la popolazione nell’VIII secolo a.C. crebbe in misura considerevole. Anche il fatto che Sparta tra l’VIII e il VII secolo a.C. ebbe bisogno di espandere il proprio territorio, dapprima verso la Laconia meridionale e poi verso la Messenia, fa ipotizzare una crescente pressione demografica e la conseguente necessità di occupare nuove terre. Un altro segno dell’aumento della popolazione fu l’inizio, intorno alla metà dell’VIII secolo a.C., del movimento di colonizzazione: città come Calcide, Corinto, Eretria, Megara, Mileto inviarono gruppi di cittadini in zone anche molto lontane dalla Grecia. I coloni raggiunsero la Sicilia, la Francia meridionale, il mar Nero e il Nord Africa ( p. 160).
STUDIO ATTIVO INTERPRETARE LE CARTE
Rispondi alle domande sulla base dei contenuti della carta.
• Dove si sono stanziati, rispettivamente, Dori, Eoli e Ioni?
• Quali sono le città più importanti di queste popolazioni?
• Quale delle tre popolazioni ha più stanziamenti in mare?
• Apri la carta su HUB Maps e svolgi l’attività Esplora
HUB MAPS
Le migrazioni di Dori, Ioni, Eoli
Le migrazioni di Dori, Ioni ed Eoli
Caratteri e istituzioni della polis
Il governo delle aristocrazie e la “riforma oplitica” L’incremento della produzione agricola e la crescita demografica portarono a una organizzazione più strutturata e complessa della vita sociale e della gestione del potere. All’inizio dell’età arcaica, infatti, le famiglie aristocratiche possedevano la maggior parte delle terre e ottenevano i maggiori benefici dalla crescita dell’economia, mentre i contadini piccoli proprietari terrieri erano sottoposti all’arbitrio dei capi e penalizzati dall’amministrazione della giustizia: il poeta Esiodo, per esempio, si scaglia contro i giudici corrotti, «divoratori di doni» che emettono «tortuose sentenze» in favore dei più ricchi.
Col tempo, tuttavia, le condizioni dei contadini migliorarono grazie alla loro partecipazione alla difesa della comunità . Nelle epoche precedenti, quando l’economia era prevalentemente pastorale, ciascuno poteva badare alle mandrie per proprio conto; ora, invece, la difesa del territorio richiedeva un’attenzione continua e venne affidata a quelle stesse persone che si occupavano anche delle varie fasi della lavorazione dei terreni e della produzione agricola (aratura, semina, raccolto).
I contadini, perciò, furono portati ad associarsi, dando omogeneità al loro modo di combattere: la guerra di tipo “omerico”, caratterizzata dai duelli tra aristocratici che combattevano a cavallo, fu così sostituita da una nuova organizzazione difensiva e da una nuova tecnica di combattimento, alla quale partecipavano sullo stesso piano e con gli stessi mezzi tutti coloro che avevano interesse a difendere i raccolti e la terra. Si sviluppò così una comunità di contadini-soldati, detti “opliti”, che combattevano fianco a fianco in uno schieramento detto “falange”, in cui ogni soldato era responsabile della difesa del compagno che aveva accanto. Il combattimento nelle falangi oplitiche portò i contadini-soldati a superare l’individualismo integrandosi in un gruppo omogeneo, e quindi a diventare sempre più consapevoli del loro peso sociale, ossia del ruolo che avevano in quanto gruppo organizzato all’interno delle comunità. La falange oplitica era già pienamente sviluppata intorno alla metà del VII secolo: a questo periodo risale infatti la cosiddetta “olpe Chigi” (l’olpe era un vaso usato per versare vino o acqua), oggi conservata al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, su cui è raffigurato uno scontro tra due schiere di opliti che combattono a ranghi serrati. Nel frattempo, la crescita economica offriva opportunità di arricchimento anche a quanti praticavano i commerci, consentendo a famiglie di estrazione non aristocratica di migliorare il loro tenore di vita e aumentando quindi le rivendicazioni per una maggiore condivisione del potere politico. Tutto ciò rese ancora meno tollerabili le disparità sociali che caratterizzavano le comunità greche, e la formazione delle póleis rispose a molte di queste nuove esigenze.
STUDIO ATTIVO INTERROGA L’IMMAGINE
Considera questo dettaglio dell’olpe Chigi e rispondi alle domande.
• Come sono chiamati i soldati che combattono tra loro? Possono essere distinti gli uni dagli altri?
• Come si schieravano in battaglia?
• Qual è il contesto sociale e politico in cui si svolgeva questo tipo di combattimento?
Perché è rappresentativo del sistema delle póleis?
HUB LIBRARY
Esiodo Gli aristocratici “divoratori di doni”
Usa la funzione Esplora di HUB Library per contestualizzare il discorso di Esiodo sulla giustizia corrotta della sua epoca.
Tirteo Il valore dell’oplita
Questo brano del poeta spartano Tirteo (VII secolo a.C.) è un appello ai giovani e ruota intorno alla contrapposizione tra il soldato e l’esule. Svolgi le attività.
GLOSSARIO STORICO
Oplita Termine che deriva dal greco hópla, «armi», che costituivano il corredo di questi soldati, armati di elmo, corazza pesante, schinieri in bronzo, spada e lancia.
Falange Formazione compatta di opliti dotati di una lancia e di uno scudo tenuto accostato a quello dei compagni. È un modello ripreso in seguito: consulta il glossario.
GLOSSARIO STORICO
Oligarchia Consulta la voce nel glossario e approfondisci le diverse forme di governo cliccando su #forme di governo
La polis: “città” e “comunità” Accanto alle trasformazioni economiche e sociali fin qui descritte, un altro fattore essenziale nel lungo processo che portò alla nascita della polis fu quello ideologico e identitario: all’interno di una polis, infatti, ogni cittadino si riconosceva come parte di un’unica comunità organizzata sulla base di leggi e culti condivisi. A partire almeno dall’VIII secolo a.C. la parola polis venne usata per indicare sia la “città” in senso fisico, sia la “comunità” dei cittadini che la abitava, con le loro forme di aggregazione e organizzazione sociale.
La polis, infatti, era soprattutto un’unità politica autonoma: quella che oggi definiremmo “città-Stato”. Questa unità politica si fondava sullo stretto legame tra la comunità dei cittadini e il territorio in cui questi vivevano, che veniva gestito sulla base di decisioni prese in comune. Il territorio era composto da tre elementi in stretta interdipendenza reciproca: la città vera e propria, in cui si concentravano i processi decisionali; la campagna (in greco chóra), che grazie alla coltivazione forniva il sostentamento alimentare ai cittadini; e le aree di confine (in greco eschatiá), in genere utilizzate a pascolo e sede di culti importanti per la comunità.
L’elemento che rendeva la polis un’assoluta novità nel mondo antico era il principio secondo il quale essa era autonoma, cioè libera da qualunque ingerenza esterna, e al suo interno la sovranità non spettava a una o più persone, alle quali gli altri erano sottomessi, ma a tutti i membri della polis stessa, vale a dire tutti i cittadini (polítai). La qualifica di cittadino, per un Greco, era fondamentale: ogni maschio adulto era, prima di ogni altra cosa, un polítes che partecipava alla vita collettiva, cioè all’amministrazione e alla difesa della polis.
Nella polis la vita ruotava attorno all'acropoli e all'agorá («piazza»). L’acropoli, circondata da mura difensive, offriva rifugio ai cittadini; inoltre ospitava i templi principali e dunque era il luogo sacro per eccellenza. L’agorá, invece, era il centro della vita pubblica: qui si teneva il mercato e si riunivano in assemblea i cittadini maschi adulti.
Nell'immagine, acropoli e agorá di Atene.
I diversi possibili ordinamenti costituzionali Quando si parla di polis si tende a pensare al modello rappresentato dall’Atene democratica del V secolo a.C. ( p. 233), ma in realtà le forme istituzionali delle póleis erano molteplici e diversificate. In ogni città c’erano magistrati che esercitavano il potere in nome del popolo; oltre alle assemblee di tutti i cittadini, con funzioni legislative e/o giudiziarie, esistevano anche consigli ristretti, composti dagli anziani o dagli ex magistrati. I magistrati superiori potevano essere uno o più di uno, restare in carica per un periodo limitato o a vita, eletti dal popolo o scelti a sorte. Se il magistrato era unico e restava in carica a vita, spesso non doveva rispondere dei propri atti al popolo e veniva chiamato “re” (basiléus): in questo caso parliamo di “polis monarchica”. Era comunque un’istituzione molto diversa dalle monarchie delle civiltà orientali, poiché il basiléus esercitava la sovranità in nome del popolo
AGORÁ
In alternativa, il governo poteva anche essere gestito da un gruppo ristretto di persone e in tal caso la polis era definita “aristocratica”, oppure “oligarchica”: il termine “aristocrazia” significa «governo dei migliori» (áristoi), mentre il termine “oligarchia” significa «governo di pochi» (olígoi). Infine, quando una città era governata dalla comunità dei cittadini nel suo insieme (il “popolo”, in greco démos), la polis era detta “ democratica”. Spesso all’interno della stessa polis erano compresenti elementi dei diversi ordinamenti e il governo era il frutto dell’equilibrio tra le istanze di diversi gruppi sociali: ad Atene, per esempio, la polis democratica per eccellenza, erano comunque presenti anche un basiléus (con funzioni soprattutto religiose) e un consiglio ristretto di matrice oligarchica, l’Areopago, portavoce degli interessi degli aristocratici. Non di rado, inoltre, in una polis potevano verificarsi passaggi da una forma di governo all’altra, e con governi ibridi, cioè con caratteristiche delle diverse forme.
Paidéia: l’educazione greca
Imparare con l’amore Così, con le parole dei poeti, l’educazione fu a lungo impartita in luoghi che non erano ancora le scuole, istituite molto più tardi. I luoghi della paidéia, infatti, erano altri: per i ragazzi più giovani, per esempio, era certamente il rapporto con un amante adulto. Per un ragazzo, infatti, avere una relazione sessuale con un adulto era non solo accettabile, ma anche, a certe condizioni, socialmente apprezzato: il ragazzo doveva avere un’età “vicina alla ragione” (forse tra i 15 e i 18 anni) e l’adulto doveva dimostrare di essere serio nelle sue intenzioni, affidabile nei sentimenti e mosso da un amore soprattutto spirituale e intellettuale. Tra il giovane e l’adulto si instaurava un rapporto certamente fisico, ma anche pedagogico, in cui l’insegnamento e lo sviluppo personale avevano un ruolo preminente. L’amore tra giovani e adulti, insomma, lungi dall’essere una colpa, era uno strumento di crescita e conquista della saggezza.
Imparare con la poesia: Esiodo In epoca arcaica, la paidéia («formazione» o «educazione», da páis, «ragazzo») era ispirata ai valori eroici insegnati dai poemi epici, recitati in pubblico con performance dal forte impatto: gli spettatori, molto coinvolti nelle storie narrate, erano portati a riflettere sul comportamento dei personaggi, approvandolo o criticandolo.
La diffusione della scrittura segnò una radicale trasformazione della cultura, ma, prima che la parola scritta si affermasse del tutto, quella orale rimase a lungo un importante strumento pedagogico. Anche nell’età della polis , infatti, a trasmettere senso civico e valori furono per lungo tempo i poeti. Il primo (dopo Omero) fu Esiodo, vissuto in Beozia tra l’VIII e il VII secolo a.C., autore del poema Le opere e i giorni, nel quale impartiva insegnamenti pratici per l’agricoltura, indicando i periodi dell’anno e i giorni nei quali compiere determinate attività. Ma non era tutto. Partendo dal racconto di una favola, quella dello sparviero e dell’usignolo, Esiodo affrontava anche il problema della giustizia: un giorno, lo sparviero, affamato, aveva afferrato con gli artigli ricurvi un usignolo. E alle preghiere di quello, che lo implorava di liberarlo, così aveva risposto (vv. 202 ss.):
È folle chi vuole opporsi ai più forti: non ottiene vittoria e oltre alla vergogna subisce il dolore.
Di umili origini, Esiodo percepiva la violenza di una giustizia amministrata da giudici corrotti e «divoratori di doni» ( HUB Library, p. 157) e sentiva l’esigenza di uno Stato che garantisse l’uguaglianza davanti alla legge: un tema che diventerà poi uno dei fondamenti della democrazia ateniese.
Imparare bevendo insieme: il simposio Un luogo di educazione della gioventù aristocratica era il simposio, un banchetto serale (che non di rado durava fino a tarda notte) durante il quale – mangiando e soprattutto bevendo (syn pínein, «bere insieme») – i convitati ascoltavano i versi di poeti lirici e assistevano a spettacoli di danza ed esibizioni acrobatiche. Arrivati a un certo punto della serata, terminata la cena vera e propria, quando si iniziava a bere, aveva inizio la discussione di un argomento concordato in precedenza. La discussione era guidata da un simposiarca (il capo della serata) e si svolgeva secondo precise regole di comportamento (per esempio, l’ordine degli interventi). Al simposiarca toccava anche decidere – cosa importantissima – le proporzioni della mescolanza tra vino e acqua. I Greci, infatti, non bevevano mai vino puro. Il loro vino era molto alcolico (a causa della vendemmia tardiva) e berlo puro portava facilmente all’ubriachezza, ritenuta indegna di persone civili. Ma se l’ubriachezza andava evitata, il vino era anche un dono degli dèi, e quindi assunto nella giusta quantità aveva proprietà benefiche: consentiva di sperimentare i piaceri, imparando quella misura che era la regola di vita dei Greci. La mescolanza del vino e dell’acqua realizzava quindi l’ideale morale dell’equilibrio e della misura: un insegnamento che i ragazzi aristocratici dovevano apprendere e mettere in pratica.
Immagina di dover organizzare tu un simposio: scegli un argomento di discussione che abbia a che vedere con temi attuali (la transizione ecologica, l’intelligenza artificiale, l’impegno politico e sociale), o che ti stanno a cuore, e proponilo alla classe. Assumi anche il ruolo del simposiarca, annotando l’ordine degli interventi e coordinando la discussione.
GLOSSARIO STORICO
La grande espansione coloniale
Salariato Colui che riceve un salario in cambio di una prestazione di lavoro. Il latino salarium significa «razione di sale»: consulta il glossario per capire il perché di questa etimologia.
Indigeno Chi è originario del territorio in cui vive; la popolazione che storicamente ha da sempre abitato un territorio.
La polis come luogo di conflitto: la questione agraria I profondi cambiamenti economici, istituzionali e sociali che interessarono il mondo greco a partire dal IX secolo a.C. trovarono espressione non soltanto nella formazione delle póleis, ma anche nel trasferimento del modello della polis in nuove regioni, molte delle quali occupate dai Greci per la prima volta. La formazione della polis, infatti, fu di per sé stessa causa di forti tensioni: l’idea che ogni cittadino avesse pari diritti rispetto agli altri amplificava le forme di conflitto sociale, che fino a quel momento erano rimaste latenti sotto il governo delle aristocrazie. In assenza di un complesso sistema gerarchico analogo a quello delle civiltà del Vicino Oriente, il cittadino di una polis greca aveva maggiore coscienza di sé, del proprio ruolo all’interno della comunità, e anche dei suoi potenziali diritti. Questo valeva per tutte le fasce della popolazione: dagli aristocratici, agli artigiani e commercianti, ai contadini. Per questo motivo, fin dall’VIII secolo a.C. molte póleis divennero luogo di scontri, non soltanto tra gruppi aristocratici rivali (le eteríe: p. 166) che si contendevano il potere, ma anche tra diverse classi sociali. Questi conflitti erano acuiti dalle disuguaglianze causate dallo sviluppo della proprietà privata della terra. In caso di un raccolto insufficiente, infatti, i piccoli proprietari potevano avere difficoltà a garantire la sussistenza della propria famiglia ed erano costretti a indebitarsi con una persona più ricca (in genere un aristocratico), dando come garanzia del proprio debito l’unica cosa che possedevano: la terra. Se però non erano in grado di saldare il debito, dovevano cedere la loro proprietà al creditore (colui che aveva fatto il prestito), continuando a lavorare al loro servizio come semplici salariati. In molte póleis ciò produsse la formazione di una piccola classe di grandi proprietari terrieri, contrapposti a una massa di contadini poveri.
Una tabella bronzea del IV secolo a.C. riguardante una legge sui prestiti, proveniente da Locri Epizefiri (sulla costa dell’attuale Calabria). Spesso le leggi erano incise sulla pietra o sul legno per essere esposte al pubblico.
La “grande colonizzazione” greca Questa situazione contribuì ad alimentare una imponente ondata migratoria , che gli storici hanno chiamato "grande colonizzazione" o "seconda colonizzazione", per distinguerla dalla “prima colonizzazione”, avvenuta intorno al 1000 a.C., che aveva portato coloni greci sulla costa occidentale dell’Asia Minore.
Tra l’VIII e il VI secolo a.C. molte póleis greche promossero la fondazione di decine di nuove città in tutto il Mediterraneo, dalle coste della Francia meridionale (dove fu fondata la colonia di Marsiglia) a quelle dell’Africa (dove fu fondata Cirene). Nacquero colonie anche sulle coste del mar Nero, ma gli insediamenti più importanti sorsero in Sicilia e in tutta l’Italia meridionale: una vasta area che prese il nome di “Magna Grecia” (ovvero «Grande Grecia», p. 162).
In genere, i coloni occupavano le fasce costiere (raggiunte per mare), per poi espandersi verso l’interno, anche attaccando le popolazioni locali. Ma talvolta accadeva che i coloni, sotto la pressione degli indigeni, dovessero sgomberare zone faticosamente occupate. In genere, i Greci riuscirono a stanziarsi in quelle aree in cui non vi erano formazioni statali organizzate, mentre vennero respinti dalle zone già occupate dai Fenici (in Africa, Spagna e Sicilia) e dagli Etruschi (nell’Italia centrale).
La composizione sociale dei coloni La fondazione di una colonia (che i Greci chiamavano apoikía , termine che possiamo rendere come «abitare lontano da casa ») non era, comunque, una caotica emigrazione di individui spinti dalla disperazione e dalla fame, ma un ordinato trasferimento di forme politiche e culturali. Alla spedizione partecipavano le categorie sociali più disparate : membri di fazioni politiche sconfitte, esponenti dell’aristocrazia in cerca di fortuna, cittadini poveri che non avevano possibilità di sopravvivere decorosamente in patria. La fondazione di una colonia richiedeva una
accurata organizzazione e implicava un notevole dispendio di risorse economiche per l’allestimento di una flotta, la costruzione del nuovo insediamento, la sua difesa militare, e infine per il mantenimento dei contatti tra colonia e città di partenza, detta metrópolis («città madre»). Talvolta, quando gli aspiranti erano troppo numerosi o non vi era accordo su chi dovesse partecipare all’impresa coloniale, i cittadini destinati a partire venivano scelti mediante un sorteggio pubblico.
Le nuove colonie: una società più egualitaria La metropoli metteva a disposizione le navi e forniva supporto economico e militare. Prima della partenza spesso veniva consultato l’oracolo di Apollo, a Delfi (sede di uno dei più importanti santuari panellenici, p. 172), per ottenere il beneplacito divino alla spedizione; poi era nominato un ecí sta , ossia «fondatore», che guidava la spedizione con pieni poteri civili e militari. I coloni, portando nelle nuove terre le loro usanze e i loro costumi e rituali, fondavano in terra straniera una specie di succursale, ossia una sede distaccata e secondaria della loro città d’origine. La nuova città era pienamente autonoma e politicamente indipendente dalla madrepatria; tuttavia, tra le due entità politiche, la vecchia e la nuova, si conservavano stretti legami, tanto che era possibile mantenere il doppio diritto di cittadinanza. Nelle città di nuova fondazione, spesso si venivano a creare anche nuovi equilibri sociali e politici, diversi rispetto a quelli della madrepatria: la colonia, infatti, era un mondo più libero e meno sottoposto al peso delle tradizioni e all’autorità delle famiglie dominanti. In particolare, la distribuzione delle terre in porzioni uguali fatta al momento della fondazione e la possibilità di espandersi ulteriormente verso i territori interni garantivano la formazione di una società più egualitaria: i privilegi di ricchezza e prestigio, che nella madrepatria erano nelle mani dei grandi proprietari terrieri, nelle colonie avevano minor peso. Sotto molti aspetti, quindi, il mondo coloniale di questo periodo era all’avanguardia. Lo dimostra anche il fatto che proprio in esso maturò per la prima volta la necessità di dare una definizione scritta alle leggi: tra i più antichi legislatori i Greci annoveravano, ancora nel VII secolo a.C., Zaleuco di Locri Epizefiri (in Calabria), Caronda di Catania, Diocle di Siracusa. Le colonie inoltre erano anche pienamente inserite nei fermenti culturali del mondo greco: si pensi soltanto ai grandi filosofi attivi in Magna Grecia, per esempio Pitagora, originario di Samo (nella Ionia) ma attivo a Crotone, Parmenide di Elea, Empedocle di Agrigento.
STUDIO ATTIVO INTERPRETARE LE CARTE
L’espansione coloniale della Grecia arcaica
Metropoli Colonie
Confini degli Stati attuali
Una coppa attica con la rappresentazione di alcuni uomini coinvolti in una pubblica discussione (V secolo a.C.).
Rispondi alle domande sulla base dei contenuti della carta.
• Dove si concentrano le metropoli («città madri») greche?
• In quali degli Stati attuali si trovano le colonie greche?
• Quali sono la colonia più a est e quella più ovest? In quali Stati attuali si trovano?
La colonizzazione della Magna Grecia e della Sicilia L’Italia meridionale e la Sicilia, geograficamente più vicine alla Grecia, furono, come abbiamo accennato, l’obiettivo principale della colonizzazione in Occidente. La più antica colonia greca fu Ischia (il cui nome greco era Pithecúsa , ossia «isola delle scimmie»), che venne fondata attorno al 770 a.C.: proprio qui è stata trovata la cosiddetta “coppa di Nestore”, un reperto che contiene una delle più antiche testimonianze della scrittura alfabetica greca ( p. 155).
Poco dopo Ischia, fu fondata Cuma , sulla costa campana, e più tardi, sempre nella stessa zona, sorsero Napoli (ossia «città nuova»), Poseidonia (la futura Paestum) ed Elea (o Velia). L’espansione dei Greci verso nord fu però bloccata dai popoli del Lazio e soprattutto dagli Etruschi.
Sulle coste della attuale Puglia fu fondata Taranto (l’unica colonia di Sparta), mentre nel territorio delle odierne Basilicata e Calabria sorsero Metaponto, Eraclea , Sibari, Crotone, Locri e Reggio.
In Sicilia, invece, i Greci dovettero aprirsi la via lottando contro le popolazioni locali (Siculi e Sicani), ma soprattutto contro i Fenici di Cartagine, che avevano occupato la parte occidentale dell’isola, fondandovi le importanti colonie di Palermo e di Trapani ( p. 88). A partire dal VII secolo a.C. (e per quasi trecento anni), la linea di confine subì molti spostamenti; i Greci occuparono soprattutto le regioni orientali (rivolte verso la loro madrepatria), mentre i Cartaginesi rimasero arroccati nella parte occidentale della Sicilia.
La principale città greca della Sicilia fu Siracusa , fondata da coloni di Corinto nel 733 a.C.: essi scacciarono i Siculi dall’isola di Ortigia, dove sorse il cuore della città antica, e successivamente si estesero sino a conquistare tutta la fertile pianura ai piedi dell’Etna . Questa zona divenne un importante granaio, capace di sfamare una popolazione numerosa e produrre un surplus agricolo che alimentava l’esportazione verso la madrepatria. Verso ovest fu fondata Akrágas (Agrigento), e ancora più a occidente Selinunte, estremo avamposto greco contro le città cartaginesi.
Splendori delle colonie: templi e tombe dipinte
Paestum è il nome dato dai Romani all’antica Poseidonia, costruita dai coloni greci nei pressi di Salerno. Il tempio più recente e meglio conservato dell’area è quello di Poseidone (460-440 a.C.): costruito negli anni in cui si ergeva il Partenone ad Atene ( Visita guidata, p. 238), è un tempio di ordine dorico, con 6 colonne sul lato corto e 14 su quello lungo. Più antica è la Tomba del tuffatore (480-470 a.C.), una sepoltura a cassa
decorata all’interno con splendidi affreschi e scoperta nel 1968 in una piccola necropoli nei pressi della città. Prende il nome dalla suggestiva decorazione della lastra di copertura: un giovane che si tuffa, a significare, con ogni probabilità, il passaggio dalla vita alla morte. Questi affreschi sono uno dei pochi esempi di pittura della Magna Grecia giunti fino ai nostri giorni; sono conservati al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.
Messina , Catania , Taormina , Gela , Imera , Megara Iblea e molti altri notevoli centri abitati andarono a completare il quadro di questa nuova colonizzazione, destinata a cambiare del tutto il volto del Mediterraneo.
STUDIO ATTIVO INTERPRETARE LE CARTE
La Sicilia e la “grande colonizzazione”
mar Tirreno
Palermo
Solunto
Imera
Mozia
Selinunte
SICANI
Eraclea Minoia
Agrigento
mar Mediterraneo
Colonie greche
Colonie fenicio-puniche
Gela
Camarina
Lipari
Milazzo
Lentini
Casmene
Akrai
Messina
Naxos
Catania
Megara Iblea
Siracusa
Eloro
Sulla base delle informazioni contenute nella carta e in riferimento a quanto hai studiato nel paragrafo rispondi alle domande.
• Quali popolazioni abitavano la Sicilia prima della colonizzazione greca? Quali furono i rapporti dei coloni con queste popolazioni?
• In quale area dell’isola c’erano le più importanti colonie fenicie?
• Dove si stanziarono i Greci? Perché proprio in quelle aree?
• Qual era la più importante colonia greca?
L’antica Agrigento, definita dal poeta greco Pindaro la «bellissima città dei viventi», era un aggregato urbano tra i più grandi dei territori colonizzati, fondato all’inizio del VI secolo a.C. A sud della città venne costruita durante il V secolo l’area che oggi è nota come la Valle dei Templi. La parte principale del sito è costituita da un percorso lungo il quale troviamo ben dodici templi, tutti di ordine dorico, ma comprende anche necropoli e santuari.
Nell’immagine, vediamo i resti del tempio di Castore e Polluce, con la città attuale sullo sfondo: un esempio di crescita edilizia non sempre rispettosa degli equilibri del territorio. I riquadri decorati (metope) appartengono, invece, al Tempio di Selinunte, dedicato alla dea Era e costruito nel corso del V secolo a.C. Riproducono soggetti mitici: qui riconosciamo sopra Era e Zeus e sotto Artemide e Atteone.
GLOSSARIO STORICO
Ingrosso e dettaglio Il primo indica l’acquisto di una merce in grandi quantità da parte del commerciante direttamente dal produttore; il secondo indica la vendita in piccole quantità ai consumatori.
Identità e monete
Una dracma ateniese (in alto) con incise, da una parte, la testa della dea Atena con l’elmo e una corona di foglie di olivo, dall’altra, la civetta, animale-simbolo di Atene. Ogni polis batteva moneta e ciascuna aveva un suo segno particolare che ne permetteva l’identificazione: sulle monete di Taranto c’era per esempio un delfino, su quelle di Sibari un toro (in basso a sinistra), su quelle di Siracusa una donna circondata da delfini (in basso a destra). Talvolta accanto al proprio simbolo le colonie riproducevano quello della madrepatria.
L’evoluzione della polis arcaica: sviluppo economico e tirannide
Lo sviluppo degli scambi commerciali Nel corso dell’età arcaica la Grecia conobbe un grande sviluppo economico, agevolato dall’aumento della produzione agricola e della popolazione, nonché dalla crescita degli scambi di merci tra madrepatria, colonie e popoli confinanti. Col tempo si formò così quella che potremmo definire una vera e propria “classe media”: artigiani che producevano manufatti di uso comune e di lusso (soprattutto vasi decorati), marinai e armatori, mercanti all’ingrosso e al dettaglio
Questo vivace mondo commerciale e il diffuso benessere che ne derivò contribuirono, d’altro canto, ad accentuare gli squilibri economici all’interno delle póleis e ad alimentare nuove tensioni. Questo avvenne soprattutto nelle madrepatrie, dove i proprietari terrieri, appartenenti all’orgogliosa aristocrazia militare, vedevano la loro supremazia minacciata dai nuovi ricchi, fondamentalmente estranei al sistema di valori tradizionali. «Molta gente dappoco si è arricchita, e i nobili sono in miseria», scriveva nel VI secolo a.C. il poeta Teognide di Megara, che rappresentava la voce dell’aristocrazia, impotente davanti alla trasformazione della società:
la città è la stessa, ma la gente è cambiata: quelli che prima non conoscevano né diritto né leggi e si vestivano con pelli di capra sono ora potenti, e s’ingannano l’uno con l’altro e non hanno nessuna idea del bene e del male. (I, 53-60)
L’introduzione del sistema monetario La vivacità economica del mondo greco ricevette un forte impulso anche dall’ introduzione della moneta , inventata dai Lidi (stanziati in Asia Minore) nel VII secolo a.C. e giunta ai Greci attraverso le isole dell’Egeo. Già prima dell’introduzione della moneta venivano usate in Grecia piccole barrette di ferro, chiamate oboli (obolói), che costituivano una forma di metallo facilmente trasportabile e scambiabile con beni e merci di ogni sorta. Soltanto verso la fine del VII secolo in Lidia venne inventata la moneta, costituita da piccoli pezzi di metallo (soprattutto elettro, una lega di oro e argento) il cui valore era garantito dall’autorità statale mediante la presenza di simboli o immagini.
L’adozione del sistema monetario costituì una svolta fondamentale nella storia, non solo economica, del mondo antico, e soppiantò la pratica fino ad allora comune del semplice scambio di merci (o “baratto”). Inoltre, la moneta contribuì a spezzare l’equivalenza tra ricchezza e proprietà terriera: in una piccola borsa piena di monete, facilmente trasportabile in ogni luogo, poteva stare l’equivalente di molto terreno.
Col tempo, ogni polis iniziò a coniare una propria moneta, determinandone il peso e il valore. Ben presto, tuttavia, molte città, per facilitare gli scambi, si adeguarono ai sistemi di peso usati dalle póleis più attive sul piano commerciale, come Egina o le città dell'Eubea; la moneta destinata a diventare la più importante fu comunque quella ateniese, la dracma. Soltanto a Sparta la legislazione locale proibì l’emissione di monete e mantenne l’uso delle barre di ferro, per scoraggiare l’accumulo di ricchezze.
L’introduzione della moneta determinò anche la nascita di servizi associati alla gestione del denaro corrente. Alcuni privati, per esempio, iniziarono a esercitare attività simili a quelle delle banche: prestavano denaro dietro pagamento di interessi e garantivano ai propri clienti all’estero una presentazione presso altri prestatori, loro corrispondenti. Questi banchieri privati poi investivano i loro guadagni in proprietà terriere o in altre attività, favorendo in questo modo un ulteriore incremento del sistema commerciale.
Tra i più attivi prestatori di denaro figuravano anche i templi, dove i doni preziosi e le offerte dei fedeli finivano per costituire capitali ingenti, ai quali si aggiungevano quelli dei privati cittadini che vi depositavano i loro risparmi (dato che i templi erano conside-
rati luoghi sacri e inviolabili). I funzionari dei grandi santuari, quindi, potevano prestare denaro a interesse e finanziare le spese pubbliche delle città: il tempio di Apollo a Delo, per esempio, prestava capitali con un interesse elevato.
Dall’aristocrazia alla tirannide Col passare del tempo, gli effetti di questo grande sviluppo economico si fecero sentire anche sull’evoluzione costituzionale delle città greche. In molte póleis, tra il VII e il VI secolo a.C., si affermarono per esempio ordinamenti politici timocratici, cioè fondati sulla partecipazione dei polítai al governo della città in base alle ricchezze, soprattutto fondiarie, che ciascuno possedeva (“timocrazia”, infatti, significa «governo basato sulla ricchezza»).
Questo sistema, però, non cancellò i motivi di instabilità politica: da un lato, infatti, le antiche aristocrazie non volevano rassegnarsi a cedere il potere, dall’altro i commercianti e gli artigiani aspiravano a un maggior peso nella vita civile; sulla parte più povera della popolazione, inoltre, pesava la sostanziale esclusione dalle magistrature della polis. Tutto ciò provocò violente lotte civili (cioè tra cittadini della stessa città) che in molte póleis portarono alla nascita di una nuova forma di governo, detta “tirannide”.
Le basi del potere dei tiranni A differenza del re (basiléus), che otteneva il potere per via ereditaria o in base alle regole stabilite all’interno della singola polis, il tiranno era colui che s’impadroniva del governo con procedure straordinarie , in certi casi addirittura illegali. Sebbene con il tempo il termine “tirannide” abbia assunto una connotazione negativa, di molti tiranni la tradizione storica conserva un ricordo in generale positivo; il fenomeno della tirannide, nella Grecia arcaica, rappresentò infatti una tappa importante di sviluppo dei governi delle póleis verso forme più evolute di condivisione del potere.
In generale i tiranni erano persone particolarmente abili ed energiche, quasi sempre di estrazione aristocratica, che avevano conseguito una grande popolarità a seguito di imprese militari o per riconosciuta saggezza e autorità, e si appoggiavano alle classi sociali tradizionalmente escluse dal potere. Rifiutando le regole della competizione aristocratica, i tiranni contrastavano il potere dei loro pari, ricercando l’appoggio della “classe media” dei commercianti e degli artigiani, ma anche dei cittadini più umili. Politiche comuni a molti tiranni furono la realizzazione di grandi opere pubbliche, che offrivano lavoro e quindi opportunità di ricchezza sia agli artigiani specializzati sia ai contadini rimasti privi di terra; la promozione dei commerci e dei rapporti internazionali; il tentativo di sottrarre i cittadini più poveri al controllo degli aristocratici, rafforzando la coesione della cittadinanza a discapito dei rapporti familiari e di clan.
SPUNTI INTERDISCIPLINARI
EDUCAZIONE FINANZIARIA
Dal metallo alla Rete: la moneta elettronica
L’adozione della moneta al posto del baratto nel mondo antico può essere a buon diritto definita una svolta storica. Passando ai giorni nostri, una svolta è costituita senza dubbio dalla possibilità di pagare con moneta “virtuale” (e-money), cioè online. Oggi infatti l’uso del contante è sempre più messo da parte a favore di pagamenti che è possibile fare disponendo di un conto corrente bancario o utilizzando strumenti come i cosiddetti “borsellini elettronici” (e-wallet), sviluppatisi grazie alla crescita dell’acquisto di beni e servizi online ed emessi da istituti controllati dalle banche centrali. I due tipi principali di moneta elettronica sono le carte prepagate (il titolare deposita un certo valore monetario presso l’ente di riferimento, che a sua volta carica il valore equivalente sulla carta); e l’invio di denaro di-
Ricchezze/proprietà fondiarie Sono i beni immobili, cioè quelli collegati al suolo, come per esempio i terreni agricoli e le case. GLOSSARIO STORICO
In questo antico cratere (risalente al VII secolo a.C.) sono rappresentate due scene di vita aristocratica: nella fascia superiore un banchetto, nella fascia inferiore una corsa di cavalieri.
rettamente dal proprio computer o smartphone. Se la moneta tradizionale, cartacea o in metallo, è garantita da una serie di elementi materiali che ne rendono difficile la falsificazione, la moneta e i pagamenti elettronici sono protetti da meccanismi di sicurezza informatica.
Un tipo di moneta virtuale nata negli ultimi decenni è il bit coin. Si tratta di una criptovaluta: ne hai mai sentito parlare? Fai una ricerca online compilando una breve scheda informativa così strutturata:
• significato di “criptovaluta” e definizione di bit coin;
• modalità di utilizzo;
• pro e contro.
STUDIO ATTIVO COLLEGARE CAUSE ED EFFETTI
Segui lo schema dei rapporti causa-effetto per esporre il paragrafo.
• Introduzione della moneta
➔ incremento dello sviluppo economico delle póleis
• Sviluppo economico
➔ tensioni sociali
• Instabilità politica
➔ affermazione della tirannide
Gli aristocratici contro i tiranni: le “eterìe” In genere gli aristocratici reagivano alla presa del potere da parte dei tiranni organizzandosi in gruppi, i cui membri si chiamavano tra loro hetáiroi (ossia «compagni»): questi gruppi erano spesso in conflitto tra loro e avversi a chiunque compromettesse l’equilibrio oligarchico di una città. Tra i documenti dell’epoca di cui disponiamo è esemplare la storia dell’isola di Lesbo, riflessa nelle opere del poeta Alceo (vissuto intorno al 600 a.C.). Parlando di Pittaco, che aveva tradito l’eterìa per diventare tiranno, Alceo dice:
Un giorno giurammo in comune di non tradire mai nessuno dei compagni, ma di morire uccisi per mano dei potenti di allora oppure ucciderli e liberare il popolo dalle sofferenze. Ma lui, il grassone [cioè Pittaco], non parlò dal profondo del cuore, e ora senza pudore calpesta il giuramento e divora la città contro ogni legge. (fr. 129 Lobel-Page)
Il giudizio sprezzante di Alceo, colpito nei suoi interessi e nel suo orgoglio di aristocratico dal “tradimento” del suo ex compagno, è tanto più significativo in quanto Pittaco in realtà venne ricordato dalla tradizione come un governante saggio e imparziale, tanto da essere annoverato tra i cosiddetti “Sette Sapienti ”, i più importanti filosofi e legislatori della Grecia arcaica.
I grandi tiranni dell’età arcaica Le più importanti tirannidi di epoca arcaica furono quelle della zona dell’ Istmo di Corinto, che per la sua grande vitalità commerciale conobbe molto precocemente le trasformazioni sociali di cui abbiamo parlato. Nella seconda metà del VII secolo a.C. Corinto fu governata prima da Cipselo e poi dal figlio Periandro: sotto il loro governo la città attraversò il momento del suo massimo splendore (e anche Periandro, come Pittaco, fu annoverato tra i “Sette Sapienti”). Alla prima metà del VI secolo a.C. risale invece la tirannide di Clistene a Sicione, sotto il cui governo questa città del Peloponneso riuscì a ottenere il controllo sulle rotte commerciali del golfo di Corinto.
In area ionica si ricorda soprattutto Policrate, tiranno di Samo nel VI secolo a.C., che riuscì a costruire una grande flotta e a fare della sua isola una delle potenze della Grecia; proprio per sfuggire alla tirannide di Policrate, Pitagora di Samo lasciò l’isola per trasferirsi in Magna Grecia, a Crotone, dove fondò la sua famosa scuola filosofica. All’incirca nello stesso periodo, anche Atene visse l’esperienza della tirannide, con Pisistrato e i suoi figli, che gettarono le basi per la grande fioritura commerciale e politica della città che avrebbe toccato il suo apice nel V secolo a.C.
Tiranni sono attestati anche nel mondo coloniale: per esempio Falaride ad Agrigento, che le fonti rappresentano come un uomo violento e crudele (si ricorda la leggenda del toro di bronzo, all’interno del quale il tiranno avrebbe fatto arrostire i suoi nemici). A partire dal V secolo, soprattutto a causa della pressione militare dei Cartaginesi, le tirannidi di Sicilia assumeranno tratti decisamente imperialisti, con lo scopo di superare la ristretta dimensione della polis per costruire un più esteso stato territoriale.
Periandro
Il padre, primo tiranno di Corinto La città di Corinto divenne, tra il VII e il VI secolo a.C., uno dei grandi empori del Mediterraneo, che, tra le altre merci, esportava ovunque un tipo di ceramica molto raffinata e costosa prodotta dai suoi artigiani. Posta tra due mari, era un luogo ideale come scalo commerciale e come porta d’ingresso al Peloponneso. In epoca arcaica, la città era nelle mani di un gruppo oligarchico i cui membri erano imparentati tra loro, i Bacchiadi, che erano soprattutto proprietari terrieri. Uno di loro, Cipselo, finì per impadronirsi della città sterminando gli altri oligarchi e divenne quindi il primo tiranno di Corinto; tenne il potere per trent’anni, a partire dal 628 a.C. Sotto di lui l’epicentro della vita di Corinto si spostò dalla terra al mare, e nuove classi sociali (marinai, artigiani, commercianti) gli garantirono il loro appoggio. La città si arricchì, la sua flotta divenne la principale della Grecia. Cipselo riuscì a trasmettere il potere al figlio Periandro, il quale lo tenne per altri quarant’anni, durante i quali la città continuò la sua espansione: tra le sue opere si ricorda una rampa di 8 chilometri (di cui sono tuttora visibili i resti) che consentiva
di trasportare le navi via terra attraverso l’istmo (la lingua di terra che unisce due territori estesi), evitando il giro del Peloponneso.
Periandro: un “sapiente” sanguinario Periandro si circondava di una guardia del corpo di mercenari, grazie alla quale riuscì a evitare di essere rovesciato. Di lui si diceva che fosse un uomo sanguinario: Erodoto, che ne parla, racconta due storie, a metà tra leggenda e storia. La prima racconta di come Periandro, temendo di essere spodestato, fece domandare a un altro tiranno suo alleato, Trasibulo di Mileto, in che modo avrebbe potuto tenere il potere. Trasibulo non rispose ma condusse il messaggero in un campo di grano, e mentre questi ripeteva la domanda, Trasibulo senza rispondere recise le spighe di grano più alte col suo bastone, poi lo congedò. Quando il messaggero riferì la scena a Periandro, questi comprese subito l’enigma: “taglia le teste di quelli che emergono troppo”. E così fece. Periandro era considerato uno dei “Sette Sapienti”: di lui si ricordano alcune massime, tra cui “pensa al tutto” (cioè non ti perdere nei dettagli), “sii uguale con gli amici, sia nella fortuna che nelle avversità”, “i piaceri sono mortali, la virtù immortale”.
Una storia pulp La seconda storia di cui parla Erodoto è un po’ pulp. Periandro sposò una bellissima donna che si chiamava Melissa (cioè « ape »); ma era un uomo iracondo e la moglie gli teneva testa. Da lei ebbe due figli. Mentre era incinta del terzo, scoppiò un violento litigio durante il quale Periandro le scagliò contro uno sgabello che la colpì alla testa, uccidendola.
Dopo questo evento seguirono varie disgrazie, tanto che il tiranno decise di mandare degli emissari all’oracolo dei morti di Efira, in Epiro: era un santuario in cui si evocavano le anime dei defunti per trarne responsi ( p. 171). Quando i sacerdoti entrarono nel luogo delle evocazioni – una stanza sotterranea – si materializzò l’anima di Melissa che disse « sono nuda, ho freddo». Poi spiegò che era adirata perché suo marito l’aveva sepolta modestamente, senza le sue vesti più belle.
Dopo avere sentito il responso, Periandro istituì una festa femminile, a cui convennero le donne più ricche di Corinto, con le vesti più belle e cariche di gioielli. Nel bel mezzo della festa, le guardie di Periandro si precipitarono sulla piazza e strapparono le vesti alle donne. Poi Periandro diede ordine che fossero raccolte davanti al sepolcro di Melissa e le fece ardere, come offerta per lei.
Dopo la morte di Periandro, il potere passò a suo figlio Psammetico: ma il tempo della tirannide era finito e il nuovo tiranno fu presto abbattuto. Ormai (siamo circa alla metà del VI secolo) l’era delle tirannidi volgeva alla fine.
Il tiranno Policrate e l’invidia degli dèi
Nel libro III delle sue Storie, Erodoto di Alicarnasso racconta la vicenda di Policrate, tiranno dell’isola di Samo, che si impadronì del potere nel 537 a.C. abbattendo il dominio dell’aristocrazia dei proprietari terrieri. Policrate allestì una potente flotta grazie alla quale riuscì a trasformare Samo in una grande potenza, ottenendo l’egemonia sul mare Egeo e stipulando alleanze con altri tiranni greci (in particolare Pisistrato di Atene) e con il faraone egizio Amasi. Nel racconto di Erodoto, gli straordinari successi ottenuti da Policrate suscitano tuttavia la reazione delle divinità, che decidono di rovesciare la sua sorte: dopo quindici anni di governo, infatti, il tiranno verrà infine catturato e ucciso con l’inganno dai Persiani. All’epoca in cui Cambise 1 combatteva contro l’Egitto, gli Spartani erano in guerra pure loro, contro l’isola di Samo e Policrate figlio di Eace, che si era impadronito del potere grazie a una insurrezione. In un primo momento Policrate aveva diviso la città in tre parti e ne aveva assegnate due ai fratelli Pantagnoto e Silosonte; ma più tardi aveva soppresso Pantagnoto e mandato in esilio Silosonte, il più giovane, diventando padrone dell’intera Samo; poi aveva stretto vincoli di ospitalità con Amasi re dell’Egitto, mandandogli doni e ricevendone a sua volta. In breve tempo la fortuna di Policrate crebbe assai e divenne argomento di ammirati discorsi nella Ionia e in tutto il resto della Grecia. […]
Non sfuggirono ad Amasi le grandi fortune di Policrate, anzi cominciò a impensierirsi e, siccome questa prosperità cresceva sempre di più, Amasi inviò a Samo una lettera con il seguente messaggio: “Amasi dice a Policrate: è bello sapere che un ospite e amico gode di florida sorte, ma a me i tuoi grandi successi non piacciono, perché so quanto la divinità sia invidiosa. In un certo senso per me e per le persone che mi stanno a cuore vorrei che non tutto andasse bene, che qualcosa fallisse; vorrei una vita ricca di alti e bassi, piuttosto che successi continui. Non ho mai sentito raccontare di nessuno tra i favoriti in pieno dalla sorte, che non sia finito malamente, stroncato dalle radici. E tu allora dammi retta, procedi così di fronte alla buona sorte: pensa qual è l’oggetto per te più prezioso, la cui perdita ti rattristerebbe maggiormente in cuore, e quando l’avrai trovato, gettalo via, che non possa mai più comparire in mezzo agli uomini. E se dopo non si alternassero per te fortune e disgrazie, ricorri di nuovo al rimedio che ti ho suggerito”. Policrate lesse i consigli di Amasi, ne riconobbe la bontà e cominciò a cercare fra i suoi tesori l’oggetto che più gli sarebbe spiaciuto perdere, finché lo trovò: possedeva un sigillo incastonato su un anello d’oro, uno smeraldo, opera di Teodoro figlio di Telecle di Samo. Appena ebbe deciso di disfarsene, si comportò come segue: equipaggiò una pentecòntera 2 , vi salì a bordo e ordinò di spingersi al largo; quando fu lontano dall’isola, si sfilò l’anello di fronte a tutti i suoi marinai e lo gettò in mare, poi si allontanarono; e Policrate tornò a casa davvero pieno di tristezza. Ma ecco che cosa gli accadde quattro o cinque giorni dopo: un pescatore aveva catturato un pesce molto grosso e molto bello e lo aveva ritenuto un dono degno di Policrate; quindi lo trasportò fino alle porte della reggia di Policrate e chiese di vedere il re; quando gli fu possibile, gli consegnò il pesce dicendo: “Mio re, io l’ho pescato, ma poi non mi è parso giusto portarlo al mercato, anche se sono uno che vive soltanto del proprio lavoro: a me sembrava degno di te e della tua autorità: ecco perché te l’ho portato in regalo”. Il re, lieto di tali parole, gli rispose: “Hai fatto benissimo e io ti ringrazio doppiamente, per il dono e per ciò che hai detto; e ti invitiamo a pranzo”. Il pescatore entrò allora nella reggia tutto orgoglioso dell’invito; i servi, tagliando il pesce, gli trovarono nel ventre il sigillo di Policrate; come lo videro, subito lo presero e pieni di gioia lo portarono a Policrate; e nel darglielo gli spiegarono come lo avessero ritrovato. Policrate capì che si trattava di un segno divino; descrisse in una lettera cos’aveva fatto e cos’era capitato e la inviò in Egitto. Amasi lesse il messaggio di Policrate e comprese che nessun uomo può sottrarre un altro uomo al suo destino futuro: Policrate, fortunato in tutto al punto di ritrovare ciò che gettava via, avrebbe avuto certamente una brutta fine.
(trad. di Luigi Annibaletto, Mondadori, Milano 1993)
Fonte
• Erodoto, Storie, 3.39-43
Epoca
• V secolo a.C.
Le rovine dell’Heraion di Samo, tempio ionico dedicato a Era e situato nella parte meridionale dell’isola (VII-VI secolo a.C.).
L’unica colonna rimasta faceva parte del tempio di Policrate.
1. È il re persiano figlio di Ciro e suo successore, che regna dal 529 al 522 a.C.; nel 525 a.C. sconfisse gli Egizi ed entrò vittorioso nella loro capitale, Menfi.
2. Una nave con cinquanta rematori. Immagina di essere Policrate e scrivi tu il contenuto della lettera che il tiranno scrive ad Amasi, dopo il ritrovamento del suo sigillo da parte del pescatore. Usa un tono drammatico, come si addice alla situazione di un uomo terrorizzato dal suo destino e impotente nei confronti del volere degli dèi.
SCRITTURA CREATIVA
La cultura comune dei Greci
La consapevolezza di una identità “comune” Sin dall’inizio dell’età arcaica il mondo greco si presentò, come abbiamo visto, come un sistema di città-Stato indipendenti, politicamente divise e geograficamente disperse. I Greci, però, erano consapevoli di appartenere a uno stesso popolo, di parlare la stessa lingua (sia pure con varie differenze dialettali) e di costituire una civiltà unitaria, che condivideva credenze religiose, pratiche cultuali, usanze e valori, oltre che un complesso di miti e racconti trasmessi dalla viva voce dei poeti.
Le prime attestazioni dell’alfabeto greco In genere si ritiene che l’alfabeto greco sia stato adattato dall’alfabeto fenicio intorno al X-IX secolo, probabilmente in qualche emporio commerciale dove comunità fenicie e greche si trovavano a contatto: forse a Creta, o a Cipro, oppure nel Mediterraneo orientale.
Le prime testimonianze certe sull’uso dell’alfabeto greco risalgono all’VIII secolo a.C.: da una tomba nei pressi di Gabii, nel Lazio, proviene un vaso datato al 770 a.C. circa che reca incise alcune lettere dell’alfabeto greco, di difficile interpretazione; su un’anfora scoperta ad Atene nel cimitero del Dipylon, risalente al 740 a.C. circa, si legge un verso in cui si parla di una gara di danza («chi dei danzatori danzerà in modo più leggiadro»).
All’incirca contemporanea, infine, è la già ricordata “coppa di Nestore”, rinvenuta a Pithecusa (Ischia), dove coloni provenienti dall’Eubea avevano fondato un’importante base commerciale. Sulla coppa si legge la seguente iscrizione in versi, disposta su tre righe (la scrittura corre da destra a sinistra): «sono la bella coppa di Nestore: chi beve da questa coppa, subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella ghirlanda». Chi incise queste righe doveva quindi avere presente l’episodio dell’Iliade (XI, 632-637) in cui il vecchio Nestore, re di Pilo, impugna una preziosa coppa lavorata:
una coppa stupenda, che il vecchio aveva portato da casa, intarsiata con borchie d’oro: quattro manici aveva, e due colombe d’oro attorno a ogni manico erano raffigurate mentre beccavano, ed era retta da un doppio sostegno. Un altro l’avrebbe alzata a fatica dal tavolo, quando era piena, ma senza sforzo la sollevò il vecchio Nestore.
La coppa di Pithecusa non è così preziosa, ma chi la usava voleva forse paragonare scherzosamente la sua modesta coppa in ceramica a quella sfarzosa del mito.
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GLOSSARIO STORICO
Alfabeto fenicio Ricordi i motivi per i quali i Fenici perfezionano il sistema di scrittura alfabetico, molto più semplice rispetto ai sistemi di scrittura cuneiforme e geroglifico? Rileggi il paragrafo a p. 89.
La “coppa di Nestore” e la trascrizione di versi incisi su di essa.
ORIENTAMENTO
Il mio Mito
Gli dèi greci, proprio perché sono simili agli esseri umani, sono anche figure “archetipiche”, cioè rappresentative di caratteristiche universali.
Prova a pensarci: Efesto, il fabbro divino, rappresenta la potenza della creatività ed è capace di creare opere d’arte che con la loro bellezza lo ripagano della sua disabilità fisica (è zoppo); Atena, dea guerriera, incarna una femminilità forte, razionale e indipendente…
A partire dalle conoscenze che hai già sugli dèi greci (e consultando il dizionario di mitologia o facendo altre ricerche), scegli una dea o un dio che rappresenta qualcosa di importante per te e compila una scheda di una pagina da condividere in classe:
• Il personaggio che ho scelto è... (breve descrizione)
• La sua caratteristica che vorrei fare mia è… perché…
• Il racconto mitico che mi sembra più significativo a questo proposito è… (sintesi + fonte)
DIZIONARIO
DI MITOLOGIA
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La religione greca La religiosità greca si manifestò in forme molto complesse e articolate. Per gli antichi Greci tutto poteva essere oggetto di culto: gli elementi naturali, gli antenati della famiglia, gli eroi della città. La divinità poteva celarsi ovunque: in una statua, in una fonte, in un albero o in una pietra. Allo stesso modo ogni individuo poteva esprimere liberamente la propria religiosità ed entrare in contatto con il mondo divino senza la mediazione di esperti: il sogno e lo stato di trance ( la condizione di chi è come ipnotizzato), per esempio, costituivano due importanti modalità di contatto con il divino. Le pratiche magiche e divinatorie erano diffuse: ogni oggetto e ogni fenomeno della vita quotidiana potevano essere utilizzati per predire il futuro o per ottenere il favore degli dèi. Esisteva poi una pluralità di individui in grado di entrare “professionalmente” in contatto con l’aldilà o con gli dèi: oltre ai sacerdoti, c’erano gli indovini, i guaritori, gli interpreti di sogni e anche i poeti, che erano ritenuti ispirati dalle divinità.
Nell’antica Grecia, inoltre, come del resto in tutte le civiltà antiche, non esisteva una teologia scritta basata su testi sacri: l’immaginario religioso collettivo era fondato piuttosto sui racconti mitici, che venivano tramandati all’infinito soprattutto nei poemi epici e negli inni religiosi.
L’antropomorfismo degli dèi greci Alcune concezioni erano, tuttavia, comuni a tutti i Greci e costituivano una sorta di religione “ufficiale”, espressa anzitutto nel culto degli dèi olimpici (dal nome del monte Olimpo, che era ritenuto la dimora delle divinità). Le divinità possedevano non soltanto un corpo simile a quello umano, ma anche pregi e difetti, vizi e virtù tipiche dei mortali: la visione degli dèi che i Greci avevano era, dunque, “antropomorfa”.
Le differenze e le affinità tra dèi e uomini erano però chiare: per usare le parole del grande poeta lirico Pindaro, «gli dèi e gli uomini nascono dalla medesima stirpe, ma una grande distanza li divide: perché noi siamo nulla, mentre a loro il cielo di bronzo offre una dimora sicura ed eterna ». Gli dèi, dunque, come gli uomini derivavano dalla materia informe chiamata “caos” (erano, cioè, un prodotto dell’evoluzione dell’universo e non i suoi creatori), ma – a differenza degli uomini, destinati alla morte e al dolore – essi erano immortali e godevano di una eterna e perfetta serenità. Un’idea che era stata espressa chiaramente da Omero:
Questo destino gli dèi immortali hanno deciso per gli uomini: vivere nell’amarezza. Essi invece non conoscono dolori.
(Iliade XXIV, 525-526)
Nella fase più arcaica della religione, gli dèi erano la proiezione di una comunità aristocratica, felice e serena: erano simili agli uomini, ma più belli e forti di loro. A ogni divinità era attribuito un dominio ben definito: Zeus era il capo della comunità divina, sovrano del cielo e dio dei fenomeni meteorologici; Era, sua sorella e sposa, proteggeva le nascite e la famiglia; Poseidone dominava sui mari, Ade sul mondo sotterraneo e sui morti; Demetra era la protettrice dell’agricoltura e dei raccolti; Apollo era il signore della musica, del canto e della profezia; Atena era patrona delle arti e delle tecniche artigianali; Ermes, il messaggero degli dèi, era il guardiano dei confini e proteggeva i viaggi e i commerci; Ares era il dio della guerra; Estia proteggeva il focolare domestico; Artemide dominava sui boschi e sui luoghi montani; Dioniso dominava sul mondo dell’irrazionale. Questi dèi greci non erano i difensori della giustizia, né i consolatori delle sofferenze umane. Essi agivano però come custodi dell’ordine del mondo (o kósmos), e impedivano che esso fosse alterato dalle azioni degli uomini. Intervenivano, inoltre, per punire gli esseri umani troppo ambiziosi, i quali, approfittando della buona sorte, cercavano di oltrepassare i limiti imposti alla loro natura: «gli dèi amano abbattere chi è troppo grande», scriveva lo storico Erodoto.
Religione della polis e religione privata L’aspetto della religione greca meglio attestato nelle fonti è quello della religione pubblica , fondata su atti di culto compiuti dalla collettività. Ogni polis aveva i suoi dèi protettori, per onorare i quali costruiva templi e celebrava feste aperte all’intera comunità: la festa religiosa, quindi, era anche una festa civile, organizzata da pubblici magistrati e a spese dello Stato. La religione greca non aveva una classe sacerdotale chiusa ed esclusiva, come si era verificato nelle civiltà dell’Antico Oriente: questo impedì sia la formazione di un potere religioso autonomo, contrapposto a quello civile, sia lo sviluppo di una teologia custodita da figure che si considerassero uniche interpreti della tradizione.
Meno facile da riconoscere nelle testimonianze letterarie e archeologiche è invece la religione privata , che tuttavia doveva essere molto importante nella vita dell’individuo. Col passare del tempo si svilupparono forme di contatto individuale che garantivano una comunicazione più diretta tra il singolo devoto e la divinità. Molto importante fu anzitutto il culto di Dioniso, divinità dell’ebbrezza e dell’irrazionalità: in suo onore si svolgevano rituali orgiastici (da órghia , «azione sacra»), praticati prevalentemente da donne, le cosiddette “menadi ” (cioè «impazzite»). Questi riti avevano luogo, di solito, al di fuori delle mura cittadine, in zone montuose: nel corso della cerimonia, costituita da danze frenetiche al suono di flauti e di tamburelli, le menadi cadevano in uno stato di estasi, durante il quale si sentivano possedute dal dio e invase da una misteriosa energia divina. I culti misterici Nel sistema religioso greco avevano una grande importanza anche i cosiddetti “misteri ”: riti segreti di cui era vietato parlare al di fuori della cerchia degli “ iniziati ”, cioè di coloro che erano ammessi al culto. I misteri erano praticati in onore di dèi ctonii (ossia «del mondo sotterraneo») ed erano riti di morte e rinascita simbolica in una vita più giusta e più pura. Quelli più importanti si svolgevano a Eleusi (vicino ad Atene) ed erano in onore di Demetra , dea della terra, e di sua figlia Persefone (chiamata anche Kóre, «la ragazza»), sposa di Ade, dio dell’Oltretomba. Un altro culto segreto era l’orfismo, così chiamato dal nome del mitico cantore Orfeo, che possedeva poteri straordinari, come quello di ammansire gli animali feroci. Era un culto praticato da piccoli gruppi ai quali si era ammessi mediante un rito iniziatico. Gli orfici credevano nella metempsicosi, ossia nella reincarnazione dell’anima (in greco psyché) in altri corpi dopo la morte, in un continuo ciclo di morte e rinascita. Gli iniziati credevano che, conducendo una vita di purezza, sarebbero riusciti a spezzare il ciclo delle reincarnazioni e ad avere accesso immediatamente dopo la morte al mondo dei beati, dove avrebbero goduto un’eterna felicità.
Gli oracoli I Greci attribuivano una grande importanza agli oracoli, ossia a quei luoghi in cui i fedeli interrogavano un dio ricevendone una risposta, spesso enigmatica. Gli oracoli sorgevano in ogni angolo del mondo greco e alcuni avevano importanza locale, mentre altri erano noti e visitati da cittadini di ogni polis, e anche da stranieri.
Ogni oracolo aveva tecniche peculiari di predizione del futuro e quindi di responso. Tra gli altri, per esempio, c’erano oracoli incubatori (dal latino incubare, «dormire»), cioè luoghi in cui i fedeli dormivano per ricevere in sogno la visita del dio che rispondeva ai loro problemi, o anche oracoli dei morti, ossia luoghi bui e tenebrosi dove i sacerdoti evocavano le anime dei trapassati per interrogarle durante rituali notturni. In genere i consultanti rivolgevano le loro domande al dio attraverso la mediazione dei sacerdoti o dei funzionari dei santuari; molto spesso i responsi erano resi da donne, che si riteneva fossero possedute dal dio, capace di comunicare per mezzo loro; in altri casi la risposta avveniva attraverso sorteggio, o osservando il comportamento degli animali, o con altri sistemi diversi. Le consultazioni avvenivano nel corso di rituali, con sacrifici e in giorni stabiliti. Non di rado erano le città a inviare delegazioni ufficiali per interrogare l’oracolo su questioni di pubblica importanza: un oracolo, infatti, poteva dare risposte non solo sul futuro dei singoli individui, ma anche sul modo di allontanare una pestilenza o una carestia, o di risolvere problemi politici, e poteva persino suggerire la destinazione migliore per orientare un movimento di colonizzazione.
Nella seconda metà del V secolo a.C. il celebre scultore greco Fidia realizzò una statua colossale di Zeus, destinata al tempio del dio a Olimpia: l’opera è andata perduta, ma se ne conserva questa copia di dimensioni ridotte (risalente al I secolo
Iniziazione Cerimonia per essere ammessi a fare parte di un gruppo chiuso o segreto.
I santuari del mondo greco
Esplora i luoghi di culto della religione greca. ITINERARIO GOOGLE EARTH™
I grandi santuari panellenici: Delfi Nella storia greca un ruolo importantissimo non solo dal punto di vista religioso, ma anche politico, fu svolto dall’oracolo di Apollo che si trovava a Delfi (in Focide). Il santuario era controllato da una “anfizionìa”, ossia da una assemblea di rappresentanti di diversi popoli che aveva il compito di gestirne le varie attività, sia cultuali sia economiche. L’anfizionia comprendeva delegati provenienti da tutte le stirpi greche, anche se i popoli più rappresentati erano quelli che vivevano in prossimità del santuario.
I Greci consideravano Delfi come il centro del mondo e vi veneravano quello che essi ritenevano ne fosse l’ombelico (omphalós): una pietra, probabilmente magnetica, che si pensava caduta dal cielo. In origine, il santuario era stato sede di un culto della Madre Terra, ma poi – secondo il mito – Apollo aveva ucciso il serpente Pitone, custode di quel luogo, e aveva fondato il proprio tempio: in ricordo dell’episodio, gli oracoli erano dati da una sacerdotessa chiamata “Pizia” («Pitonessa»), che in stato di trance pronunciava responsi ispirati direttamente da Apollo; i sacerdoti del tempio traducevano questi responsi in versi, prima di trasmetterli a coloro che avevano interrogato il dio.
Ancora più degli altri oracoli, il santuario di Delfi assunse, con il passare del tempo, un importantissimo ruolo politico e diplomatico, influendo su delicate questioni che riguardavano la vita delle singole città, ma anche sui rapporti internazionali. Molte comunità cittadine inviavano delegazioni a Delfi prima di procedere a importanti scelte politiche, per esempio quella di fondare una colonia
Il santuario
di Apollo a Delfi
I santuari regionali e panellenici erano dedicati alle principali divinità del pantheon greco, quali Zeus, Apollo ed Era. Questi santuari sono il luogo nel quale la rivalità tra póleis si risolve nelle competizioni sportive (come le Olimpiadi), poetiche e musicali che vi si svolgono regolarmente. Tra i principali vi è quello di Delfi: nell’immagine vediamo i resti del tempio dedicato ad Apollo e quelli del teatro. Oltre al tempio e al teatro, i santuari si arricchiscono nel tempo anche di edifici chiamati “tesori”, che hanno lo scopo di custodire le offerte portate in dono dalla comunità. Un esempio di questi doni è rappresentato dalla
testa di avorio proposta nell’immagine, decorata con capelli e bande laterali a foglie d’oro, ora conservata nel museo del santuario. Dalla terrazza del tempio proviene inoltre il cosiddetto “Auriga di Delfi” (478 o 474 a.C.). Si tratta di una statua di bronzo che raffigura il guidatore del cocchio da combattimento (l’auriga, appunto) nell’atto di compiere il giro d’onore per ricevere l’applauso della tribuna: essa originariamente doveva infatti far parte di un gruppo che comprendeva anche il carro e i cavalli.
Attorno all’oracolo si sviluppò, inoltre, un complesso di massime morali e di tradizioni mitiche e religiose; a esso s’ispirarono anche grandi poeti e il filosofo Socrate adottò come principio del suo pensiero la famosa frase “conosci te stesso” che era incisa su una parete del tempio, e che in origine doveva invitare il fedele a riconoscere i propri limiti umani prima di presentarsi dinanzi al dio.
I grandi santuari panellenici: Olimpia L’altro grande santuario panellenico era quello di Zeus a Olimpia (nel Peloponneso occidentale), dove a partire dal 776 a.C., ogni quattro anni, si tennero le gare sacre in onore di Zeus, che furono dette “Olimpiadi ”. Le competizioni erano riservate ai cittadini maschi liberi e di stirpe greca. Durante le Olimpiadi qualsiasi operazione militare era sospesa e chi violava questa “tregua sacra” veniva punito con l’esclusione dalle future competizioni. Il territorio di Olimpia era dedicato a Zeus e non era consentito introdurvi armi o compiervi atti di violenza: persino gli eserciti che attraversavano la regione dovevano consegnare le armi alle autorità e ne ritornavano in possesso solo dopo avere oltrepassato i confini. I giochi si svolgevano nell’arco di cinque giorni e comprendevano gare di corsa, lotta, pugilato, pentathlon e corse di cavalli. Per celebrare i vincitori delle gare, inoltre, si tenevano numerose performance musicali e poetiche. Schiere di concorrenti e semplici spettatori non esitavano a intraprendere lunghi viaggi per essere presenti a Olimpia nei giorni stabiliti e l’incontro di così tante persone provenienti da ogni parte della Grecia costituiva un’importante occasione per stipulare alleanze o discutere di politica. L’importanza e la regolarità dei giochi di Olimpia furono tali che in seguito (dall’epoca ellenistica) essi fornirono la base per il computo degli anni, e dunque per la definizione della cronologia dell’intera civiltà greca. Oltre alle gare di Olimpia altre tre raggiunsero, già in epoca arcaica, una notevole importanza, divenendo competizioni panelleniche: i giochi Pitici a Delfi, quelli Istmici a Corinto e quelli Nemei a Nemea (nel Peloponneso nordorientale). Chi otteneva il primo premio in tutte e quattro le gare veniva chiamato periodoní kes («vincitore del ciclo» dei giochi) e si assicurava una gloria straordinaria.
L’atletismo greco come fattore culturale I Greci riconoscevano nell’amore per la competizione, in particolare sportiva, un tratto peculiare della loro civiltà: i giochi atletici erano in effetti un’istituzione tipica greca, attestata fin dai poemi omerici. Nell’atletismo si espresse uno degli aspetti più caratteristici della civiltà greca di epoca arcaica, estrema manifestazione di quella cultura della vergogna di cui abbiamo già parlato ( p. 147): la sfida, la gara, l’aspirazione individualistica a primeggiare sopra gli altri e a essere pubblicamente onorati. A noi può apparire paradossale che una celebrazione di valori comuni avvenisse sotto forma di gare dove le singole póleis competevano per il primo posto. In realtà, ciò era dovuto a un altro tratto essenziale della cultura greca, la sua natura agonistica (da agón, «gara», «lotta»). Proprio perché si sentivano membri di una stessa civiltà, i Greci non resistevano alla tentazione di sfidarsi, in una continua ricerca del migliore. Questa aspirazione era essa stessa parte della loro identità culturale. L’atletismo greco antico era quindi animato da un forte agonismo, ben diverso da quello che noi consideriamo lo “spirito sportivo” associato alle moderne Olimpiadi. Queste ultime, del resto, non sono le eredi dirette delle competizioni antiche. Solo alla fine dell’Ottocento, infatti, un gruppo di gentiluomini europei guidati da Pierre de Coubertin decise di “resuscitare” le antiche Olimpiadi, creando un nuovo ciclo di competizioni sportive, ma richiamandosi a un ideale sportivo cavalleresco basato sul principio “ importante è partecipare, non vincere”. Simili parole avrebbero enormemente sorpreso gli atleti greci. L’obiettivo che essi perseguivano affondava le sue radici in un principio opposto: soltanto i migliori ottengono la vittoria, mentre agli sconfitti non resta che tornare a casa derisi e vergognosi, «per obliqui sentieri nascosti», come diceva Pindaro. Ogni atleta era il rappresentante della sua polis ed era tenuto a provarne l’eccellenza. I vincitori ottenevano sul posto solo premi simbolici, ma al ritorno in patria erano festeggiati come eroi: erano esaltati dai poeti; statue erano erette in loro onore. Olimpia diventava così il centro di riunione di tutta la grecità, che vi accorreva per ammirare i suoi massimi rappresentanti.
Pausania
Le origini delle Olimpiadi
Chi ha deciso che le Olimpiadi si dovessero svolgere ogni cinque anni e perché? Ce lo dice Pausania in questo brano.
Euripide
Contro il culto greco per gli atleti
L’autore non apprezza l’eccessiva “divinizzazione” degli atleti da parte dei Greci: perché e quali sono invece i valori che egli esalta?
STUDIO ATTIVO
DEFINIRE
Esponi il paragrafo studiato inserendo le seguenti espressioni e specificandone il significato: antropomorfismo • kósmos
• rituali orgiastici • santuari
• Olimpiadi
Un luogo di culto
Il santuario di Zeus e Era
Il santuario di Olimpia era dedicato a Zeus, a cui era consacrato uno dei due templi principali del sito: dell’edificio, oggi completamente crollato, sono ancora riconoscibili le fondamenta e alcune colonne, adagiate sul terreno in file molto suggestive. Accanto al lato settentrionale del tempio di Zeus (risalente alla prima metà del V secolo a.C.) si trovavano l’area dedicata al culto dell’eroe Pelope (a cui, secondo alcune tradizioni, risaliva l’origine delle gare) e il famoso altare, composto dalle ceneri delle vittime sacrificate. Oltre questi due luoghi, a poca distanza, sorgeva infine il tempio di Era (risalente alla fine del VI secolo a.C.), che probabilmente costituiva il più antico edificio templare del sito.
Oltre la polis: l’identità greca a Olimpia
Olimpia è uno di quei luoghi che consentono di comprendere meglio il concetto di “panellenismo”: qui, infatti, si svolgevano riti che erano riconosciuti – e ritenuti importanti – da tutti i Greci, indipendentemente dalle loro póleis di provenienza, dalle loro tradizioni specifiche, dai loro dialetti. Questi riti erano essenzialmente rappresentati da gare atletiche, che però avevano anche una dimensione religiosa (o una origine mitica) e comportavano varie forme di celebrazione artistica (soprattutto poetica): agonismo, religione, ritualità, arte si trovavano dunque fusi in un solo luogo. La commistione di tutte queste componenti è apprezzabile ancora oggi visitando l’antica Olimpia, che comprende il sito archeologico e, in un luogo adiacente, il museo archeologico: due spazi carichi di storia e capaci di evocare in modo efficace alcuni dei fenomeni più rappresentativi della antica cultura greca.
Un luogo di gara
Lo stadio
Uno degli spazi più rappresentativi di Olimpia era lo stadio, dove avveniva la maggior parte delle gare atletiche: il termine stesso derivava dal greco stádion, che indicava la misura di 600 piedi e, in questo caso, la distanza della gara di corsa semplice (cioè poco più di 190 metri, per lo meno a Olimpia). Nella sua configurazione di tarda epoca classica (sostanzialmente simile allo spazio ancora oggi riconoscibile), si ritiene che lo stadio potesse ospitare fino a 30.000 persone, assiepate su probabili spalti lignei ai lati dell’area di gara. Allo stadio si accedeva da una galleria laterale, che venne monumentalizzata in epoca ellenistica, vicino al lato del santuario che ospitava i tesori di varie città greche.
Un luogo di sperimentazione
L’officina di Fidia
Dopo il completamento della costruzione del tempio di Zeus, gli Elei (abitanti della regione e responsabili del santuario) commissionarono una nuova statua del dio a uno degli artisti più famosi dell’epoca, che aveva già dato prova della sua abilità con la creazione della statua di Atena per il Partenone di Atene: questo artista era Fidia. Da una serie di descrizioni antiche sappiamo che la statua di Zeus ( ▸ p. 171) era alta più di 12 metri ed era crisoelefantina, cioè rivestita di oro e avorio: dell’opera non è rimasta alcuna traccia, ma ancora oggi a Olimpia e possibile visitare l’edificio che ospitò l’officina di Fidia durante la lavorazione della statua, poi nei secoli trasformata in una piccola chiesa cristiana.
Periodo arcaico
Periodo classico
Periodo ellenistico
Periodo romano
Un luogo di devozione
Le offerte votive
Oltre a essere la sede di eventi agonistici di grande prestigio, il santuario di Zeus rimaneva un luogo di devozione religiosa e vantava una lunga storia: la frequentazione del santuario risaliva all’età arcaica e prima ancora all’età geometrica (quando Olimpia probabilmente costituiva uno snodo importante nei tragitti stagionali di spostamento delle mandrie). La rilevanza del sito è dimostrata dai numerosi doni, di varia entità e valore, che qui venivano offerti: ne è un esempio l’elmo bronzeo, risalente alla fine del VI secolo a.C. e proveniente dal nord del Peloponneso, probabilmente da Corinto. Si doveva trattare di un oggetto offerto a Zeus per celebrare una vittoria, o forse la sopravvivenza a uno scontro, ottenuta grazie agli dèi.
Un luogo di tradizione
Il frontone di Pelope
Il grande tempio di Zeus, oltre a ospitare la statua del dio creata da Fidia, era decorato da una serie di metope (formelle scolpite) raffiguranti le imprese di Eracle, e soprattutto da due imponenti frontoni: quello occidentale rappresentava lo scontro fra Centauri e Lapiti (abitanti della Tessaglia) alla presenza del dio Apollo (raffigurato in posizione ieratica al centro della scena), mentre quello orientale – dunque sul lato d’ingresso del tempio – rappresentava la gara con i carri tra Enomao (il re della regione) e Pelope (giovane eroe, figlio di Tantalo), per ottenere la mano della principessa Ippodamia. I due eroi erano rappresentati al centro, ai due lati di Zeus: si trattava di una gara fondativa, che rimarcava anche la dimensione agonistica dell’intero sito.
Propileo
Prytaneion di Olimpia
Monumento di Filippo II di Macedonia
Tempio di Hera
Santuario di Pelope
Ninfeo di Erode Attico
Metroon, Tempio
della grande Madre
Zani
Cripta (percorso e galleria verso lo stadio)
Stadio
Portico di Eco
Monumento di Tolomeo II e Arsinoe
Portico di Estia
Edificio ellenistico
Tempio di Zeus Olimpio
Altare di Zeus Olimpio
Dedica degli Achei
Dedica di Michito di Reggio
Nike di Peonio
Gymnasium di Olimpia
Palestra
Theocoleon
Heroon
O cina di Fidia e basilica paleocristiana
Terme di Cladeo
Bagni greci
Alloggi
Santuario di Leonida
Bagni meridionali
Bouleuterion
Portico Sud
Un luogo di esibizione
I capolavori dei grandi artisti
Il museo ospita alcuni tra i più famosi capolavori dell’arte greca di età classica ed ellenistica: i grandi santuari panellenici – si pensi anche al caso di Delfi (▸ p. 172) –erano infatti i luoghi privilegiati per “pubblicizzare” la propria grandezza e, quindi, i grandi committenti affidavano ai migliori artisti la realizzazione delle opere destinate a questi siti. Tra le più significative si segnalano la Nike di Peonio (420 a.C. circa), che rappresenta una vittoria alata in atto di toccare il suolo, e l’Ermes di Prassitele (metà IV secolo a.C.), che rappresenta il dio mentre tiene in braccio un giovanissimo Dioniso. La prima opera doveva essere collocata in prossimità del tempio di Zeus, mentre la seconda è stata rinvenuta tra le rovine del tempio di Era.
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Un nuovo modo di guardare il mondo
La nascita della filosofia
Aristotele
Le origini della filosofia
Aristotele, grande filosofo del IV secolo a.C., pone l’origine della filosofia nel sentimento della “meraviglia”. Scopri perché.
I Greci, come in generale tutti gli altri popoli antichi, analizzavano e comprendevano la realtà con il linguaggio del mito. Al racconto mitico, trasmesso di generazione in generazione, era affidata la spiegazione dell’origine dell’universo, delle leggi che governano il mondo, delle regole morali da seguire per fare parte della comunità. Tuttavia, nella seconda metà del VI secolo a.C. cominciò a maturare un nuovo modo di porsi davanti a questi problemi, che vennero per la prima volta affrontati con gli strumenti dell’ indagine razionale. A questo metodo di ricerca fu dato il nome di “ filosofia”, che significa «amore per la sapienza» (sophía): i Greci iniziarono a ricercare la verità attraverso il lógos, la «ragione», sottoponendo ogni idea a una verifica e a un esame.
Il nuovo sapiente non era più soltanto il poeta o il sacerdote, che si esprimevano per ispirazione divina: si trattava, piuttosto, di un intellettuale che faceva del libero pensiero il centro della sua attività, opponendosi a ogni pregiudizio. Uno dei primi filosofi, Senofane di Colofone (vissuto alla fine del VI secolo a.C.), giunse a relativizzare persino il modo in cui i Greci immaginavano i loro dèi:
gli uomini pensano che gli dèi siano nati, e che abbiano abiti, voce e corpo simili al loro; ma se i buoi o i cavalli o i leoni avessero le mani e potessero disegnare al pari degli uomini, i cavalli disegnerebbero i loro dèi in forma di cavallo, e i buoi e i leoni lo stesso.
(fr. 15 Diels-Krantz)
I primi filosofi, in ogni caso, non consideravano la loro visione del mondo opposta o alternativa a quella dei miti tradizionali, che per loro rappresentavano un’immagine poetica della verità; inoltre, si esprimevano anch’essi normalmente in versi, poiché la poesia costituiva la forma più autorevole di trasmissione del sapere.
LA STORIA NELLE PAROLE
Lógos
È un termine chiave della filosofia greca, cui non può essere attribuita un’unica definizione: significa infatti «pensiero», «discorso», ma anche «definizione», «racconto», «misura», «rapporto», tutti termini che rimandano al ragionamento. Da esso deriva il suffisso “-logo”, presente in numerosi sostantivi nei quali indica il possesso di una determinata competenza o l’essere esperto di una determinata scienza. Si usa talvolta anche in senso ironico: per esempio, per definire una persona che fa sfoggio di conoscenze in ogni settore si usa il termine “tuttologo”.
• Elenca almeno cinque sostantivi composti con il suffisso “-logo” e scrivine il significato.
La Ionia come laboratorio culturale La culla di queste forme di nuovo pensiero fu la Ionia e in particolare Mileto, dove nel VI secolo a.C. furono attivi gli iniziatori della filosofia greca: Talete, Anassimandro e Anassimene. A Efeso nacque Eraclito, mentre Pitagora proveniva da Samo, ma fu attivo in Magna Grecia, a Crotone. Anche Senofane nacque in Ionia, a Colofone, ma fondò una scuola filosofica a Elea, in Magna Grecia. I primi filosofi furono definiti anche “fisiologi” (cioè «esperti della natura»), perché si dedicarono soprattutto a indagare la natura del mondo e il problema della sua «origine» (arché), che essi cercarono di individuare in uno dei cosiddetti “quattro elementi” (acqua, aria, terra, fuoco). Questi filosofi inaugurarono un nuovo modo di studiare e interpretare la realtà, gettando le basi su cui si sarebbe sviluppato il sapere scientifico razionale tipico del mondo occidentale. Per lungo tempo si è pensato che la nascita di questo nuovo tipo di sapere rappresentasse una specificità della cultura greca, in contrapposizione con le civiltà del Vicino Oriente. Questa idea deriva dalla concezione di sé che avevano i Greci stessi: Platone, per esempio, nella Repubblica (uno dei suoi dialoghi più famosi) cita l’impulsività come tratto tipico dei Traci, degli Sciti e in generale dei popoli del nord, l’avidità di guadagno come caratteristica dei Fenici e degli Egizi, e “il desiderio di conoscenza” (philomathía) come un carattere distintivo dei Greci. Oggi, tuttavia, gli studiosi tendono a valorizzare maggiormente i rapporti tra i Greci d’Asia Minore e le civiltà del Vicino Oriente: la volontà di comprendere meglio il funzionamento del mondo naturale, infatti, si sviluppò quando i Greci della Ionia entrarono in contatto con le conoscenze matematiche e astronomiche dei Babilonesi. Questo incontro tra culture, reso possibile dall’unificazione politica del Mediterraneo orientale sotto il dominio persiano, creò un clima favorevole allo sviluppo di nuove forme di pensiero.
La Grecia delle póleis
1 Gli inizi dell’età arcaica
L’età arcaica della Grecia inizia a partire dal IX secolo, quando il territorio greco appare occupato da tre differenti stirpi (i Dori, gli Ioni e gli Eoli), ciascuna con un dialetto proprio ma accomunate da una stessa cultura di base. Queste stirpi si raccolgono in piccole città-Stato autonome, le póleis, che sviluppano nel tempo caratteristiche politiche specifiche e un forte senso della comunità. L’incremento della produzione agricola e la crescita demografica sono alla base del forte movimento di colonizzazione che interessa la Grecia di questo periodo.
2 La nascita della polis
All’inizio dell’età arcaica il governo della polis è in mano a poche famiglie aristocratiche, che detengono la gran parte delle terre. La situazione cambia quando anche i contadini piccoli proprietari terrieri cominciano a partecipare alla difesa del territorio come contadini-soldati (“opliti”), diventando sempre più consapevoli del loro ruolo sociale. Nuove opportunità economiche portano inoltre a non tollerare più le troppe disparità sociali tra la popolazione, con lo sviluppo della vita collettiva all’insegna della partecipazione politica.
Le póleis presentano forme diversificate: la “polis monarchica” ha al suo vertice un magistrato, che governa a vita ed esercita la sovranità in nome del popolo; la “polis aristocratica o oligarchica” è gestita da un gruppo ristretto di persone; la “polis democratica” è governata dalla comunità dei cittadini. Esistono anche forme di governo miste.
3 La grande espansione coloniale
I conflitti tra gruppi aristocratici ma anche tra classi sociali per il possesso della terra hanno come conseguenza principale un’imponente ondata migratoria, la cosiddetta “grande colonizzazione”. Tra l’VIII e il VI secolo a.C., molte póleis greche promuovono la fondazione di nuove città in tutto il Mediterraneo e sulle coste del mar Nero. Gli insediamenti più importanti sorgono tuttavia nell’area dell’Italia meridionale, la cosiddetta “Magna Grecia”. Rispetto alle città madri (le metropoli), le colonie hanno una struttura sociale più libera ed egualitaria, dovuta alla distribuzione delle terre in porzioni uguali al momento della fondazione e alla possibilità di espandersi verso i territori interni.
4 L’evoluzione della polis arcaica: sviluppo economico e tirannide
Allo sviluppo economico delle póleis arcaiche contribuisce l’introduzione della moneta, il cui utilizzo porta con sé anche la nascita di servizi per la gestione degli affari, gestiti da privati ma anche dai templi, che dispongono di grandi ricchezze. Questa situazione porta all’evoluzione della forma politica delle póleis, sempre più caratterizzate dal potere dei più ricchi. A sua volta ciò contribuisce a creare tensioni interne, aprendo la strada a governi di tipo tirannico. I tiranni, persone abili ed energiche che salivano al governo facendo ricorso a procedure straordinarie, hanno un ruolo importante nell’evoluzione della polis verso forme più ampie di partecipazione politica dei cittadini perché cercano l’appoggio delle classi medie e dei cittadini comuni.
5 La cultura comune dei Greci
Oltre al significato di “città”, il concetto di polis esprime anche quello di “comunità”, che si chiarisce attraverso la scrittura e la comune cultura greca arcaica. Un ruolo di primo piano ha la religione pubblica, fondata sul culto di divinità antropomorfe e priva di una classe sacerdotale ufficiale. Cruciali per la vita sociale dei cittadini, e per la vita politica della stessa polis, sono gli oracoli, i più importanti dei quali sono quello di Apollo a Delfi e quello di Zeus a Olimpia, entrambi grandi santuari panellenici, nei cui consigli siedono i rappresentanti di diversi popoli. Olimpia, in particolare, a partire dal 776 a.C. diventa la sede delle Olimpiadi, le gare sacre in onore di Zeus. Le Olimpiadi riflettono l’agonismo proprio dei Greci, che vede negli atleti i rappresentanti della polis e che per questo sono tenuti a dimostrarne l’eccellenza.
6 Un nuovo modo di guardare il mondo
Nella Grecia arcaica, in particolare nella Ionia, fiorisce il pensiero razionale, cioè la filosofia. A partire dal VI secolo a.C., al mito tradizionale, cui è affidata la spiegazione dell’origine dell’universo, si affianca infatti il lógos, un’indagine di tipo razionale che parte dallo studio della natura per individuarne il principio costitutivo, l’arché. Per questo i primi filosofi sono definiti “fisiologi”, cioè «esperti della natura». 1 2 3 4 5 6
Il tempo
1. Metti in ordine cronologico gli eventi riportati nella tabella e inserisci il periodo in cui sono avvenuti.
Ordine
Evento Secolo
Nascita della filosofia
Nascita delle póleis
Grande colonizzazione
Istituzione delle Olimpiadi
Lo spazio
2. Fai riferimento alla carta Le migrazioni di Dori, Ioni ed Eoli a p. 156 e rispondi alle domande.
a. Da dove provenivano i Dori e dove si stanziarono?
b. Fin dove si spinsero Dori e Eoli?
c. Quali erano le più importanti città o isole delle tre stirpi nell’Asia Minore?
d. Quali caratteristiche erano differenti nelle tre stirpi?
3. Apri su HUB Maps le carte indicate e usa la funzione confronto per abbinarle, poi rispondi alle domande.
a. Verso dove si indirizzano i coloni greci?
b. I coloni si stanziarono lungo le coste per poi spingersi verso l’interno: quali difficoltà dovettero affrontare nella loro espansione?
I passaggi chiave
4. Completa la mappa seguente sulla nascita delle póleis nella Grecia arcaica.
Sviluppo dell’agricoltura
incremento demografico
organizzazione politica basata sulla
con diverse forme istituzionali culturale
accomunate dalla stessa
HUB TEST
Verifica se conosci le nozioni di base.
HUB MAPS
• Le migrazioni di Dori, Ioni, Eoli
• La seconda colonizzazione greca
Personalizza la tua mappa.
5. Spiega lo sviluppo delle póleis utilizzando la mappa dell’esercizio precedente e integrandola con la scaletta di domande.
a. Quali diverse strutture politiche assunsero le póleis?
b. Come si esplicita la partecipazione di tutti i cittadini alla vita della polis?
c. Perché le póleis organizzarono la grande colonizzazione?
d. Quali furono le conseguenze economiche della colonizzazione?
e. Quale esempio si può portare per dimostrare la comune identità culturale dei Greci?
Il lessico
6. Definisci in maniera esauriente il significato dei seguenti termini facendo riferimento a quanto hai studiato:
• città-Stato • anfizionia • oracolo
7. Il termine “oracolo” viene oggi utilizzato con diverse sfumature di significato. Indicane almeno due e fornisci un esempio per ciascuna.
Il testo
La tirannide rappresentò un importante momento di passaggio politico con il quale alcuni aristocratici particolarmente abili si impadronirono del potere. Leggi su HUB Library il brano di Erodoto La nascita di un tiranno: Cipselo di Corinto e rispondi alle domande.
a. Quale forma politica vi era nella città di Corinto?
b. Perché i Bacchiadi volevano uccidere Cipselo?
c. Perché la storia di Cipselo viene raccontata attraverso una leggenda? Quale ruolo ha l’oracolo in questa storia?
d. Perché Cipselo, una volta raggiunto il potere, perseguita gli esponenti dell’oligarchia cittadina?
Il mio portfolio
Immagina di organizzare un viaggio in una città della Sicilia fra quelle sorte come colonie greche e ricostruiscine:
• la storia;
• le testimonianze più significative del periodo greco: monumenti e siti archeologici;
• eventuali fonti storiche.
AI Prova il prompt
Per svolgere l’attività, puoi usare un chatbot, chiarendo bene il contesto e che cosa vuoi ottenere, per esempio:
Sono un operatore turistico e devo organizzare una visita guidata a…. Lo scopo è mettere in evidenza le testimonianze delle origini greche della città. In particolare, Ho bisogno di informazioni su…
Un suggerimento: non accontentarti del primo risultato e continua a interrogare il chatbot affinando il prompt fino a un risultato soddisfacente.
VIDEO
La Grecia arcaica
Prima di svolgere gli esercizi, segui il video.
GLOSSARIO DIGITALE
Per le definizioni dei termini puoi usare il glossario.
HUB LIBRARY
Erodoto
La nascita di un tiranno: Cipselo di Corinto
BACHECA
La polis greca
La legacy dei grandi eventi
L’importanza dei grandi eventi
L’organizzazione di grandi eventi, come le esposizioni internazionali, i campionati del mondo di calcio o le Olimpiadi, è un importante attrattore di capitali e di flussi turistici. Perciò scatena una forte competizione tra città e regioni, perché dà l’occasione di sfruttare le risorse locali e di accelerare la realizzazione di nuovi progetti, come strade, collegamenti ferroviari, grandi alberghi ecc.
Il grande evento, infatti, attira l’attenzione di un numero sempre crescente di persone e ne mobilita percentuali sempre più elevate, anche grazie alla risonanza mediatica promossa da Internet e in particolare dai social network. Perciò la Società Geografica Italiana lo definisce «una manifestazione capace di attrarre un consistente pubblico nell’arco di un periodo di tempo limitato, raggruppandolo in una determinata località o area specifica».
Queste kermesse costituiscono, dunque, delle circostanze eccezionali. I luoghi privilegiati per la loro organizzazione sono le grandi città e le più rinomate località di villeggiatura. Questi centri, infatti, sono facilmente raggiungibili e dotati al loro interno di una buona rete di trasporti; hanno strutture adibite al pernottamento, alla ristorazione e allo svago, tali da poter garantire un piacevole soggiorno; e possono essere anche interessanti mete culturali.
Il grande evento ha una breve durata, ma è preceduto da un lungo lavoro preparatorio, il cui obiettivo principale è la buona riuscita dell’evento. Gli organizzatori e gli amministratori territoriali, però, devono prestare attenzione alle ricadute sul territorio, con una prospettiva di lungo periodo e con la partecipazione anche degli abitanti.
VIDEO
Agenda 2030
La vita sulla Terra
Il Lusail Stadium, nel deserto del Qatar: è uno degli otto impianti costruiti in questo Stato per i Campionati del mondo di calcio del 2022.
La legacy positiva dei grandi eventi
Le ricadute sul territorio sono l’eredità dei grandi eventi, che in inglese si chiama legacy ed è stata definita come quel «complesso di opere, progetti e idee che, in seguito alla realizzazione dell’evento, l’intera comunità coinvolta nell’operazione ha acquisito come patrimonio collettivo».
Nei dossier di candidatura delle località che vogliono ospitare un grande evento sono sempre evidenziati i vantaggi per la popolazione locale e il miglioramento di servizi e di infrastrutture. E in effetti spesso l’organizzazione dell’evento consente di accelerare o realizzare obiettivi di sviluppo locale, rendendo più efficiente la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato. Favorisce anche la crescita del turismo, in particolare di quello culturale e urbano, stimolando l’economia a esso collegata e incrementando i redditi.
Il paesaggio urbano viene trasformato con la costruzione di nuovi edifici, la ristrutturazione di quelli che ne hanno bisogno e la bonifica di terreni. Inoltre viene migliorata la struttura viaria e aumenta l’offerta di lavoro, non limitata al solo periodo di svolgimento dell’evento, ma connessa all’espansione dell’economia locale.
Le Olimpiadi estive di Barcellona del 1992, per esempio, sono state uno strumento efficace di riqualificazione urbana e ambientale dell’area portuale e di 5,2 km di costa, trasformati in zone residenziali e per lo svago di abitanti e turisti. Il parco Olimpico di Homebush è stato realizzato per le Olimpiadi di Sydney 2000, bonificando un’area industriale dismessa colma di rifiuti tossici; per l’occasione si è fatto ampio uso dell’energia solare e si è studiato un sistema di riduzione delle emissioni dei trasporti pubblici.
Effetti negativi dei grandi eventi
I grandi eventi possono avere anche effetti estremamente negativi per il territorio e i suoi abitanti. Vengono definiti white elephants («elefanti bianchi») perché generano spesso impianti e strutture (sia sportive sia ricettive) di dimensioni eccessive, costruiti senza considerare le necessità quotidiane del territorio, i costi di mantenimento di tali strutture e la loro reale utilità al termine dell’evento.
Per esempio la pista da bob, slittino e skeleton “Cesana Pariol” è stata costruita vicino a Torino per le Olimpiadi invernali del 2006 ed è stata inaugurata l’anno precedente. È costata ben 110 milioni di euro, ma è rimasta in funzione solo sei anni. Nel 2011 è stata chiusa per il suo scarso utilizzo, che non giustificava gli alti costi di gestione: 1,3 milioni di euro all’anno.
Le stesse Olimpiadi hanno consentito anche una riqualificazione del centro urbano di Torino. Gli effetti sono stati in gran parte positivi, ma hanno costretto un numero consistente di affittuari a trasferirsi in periferia, perché nel centro cittadino il costo degli alloggi è aumentato notevolmente. È il fenomeno della gentrificazione, che consiste nel cambiamento sociale di zone urbane, dove l’elevato costo delle abitazioni limita il popolamento ai soli ceti benestanti. Altri problemi sono connessi alla sostenibilità degli eventi, come nel caso dei Campionati del mondo di calcio del 2022 in Qatar. Nel Paese arabo il caldo soffocante ha richiesto impianti di climatizzazione decisamente non sostenibili, che hanno fatto avanzare dubbi sulla opportunità di un simile grande evento in un territorio che registra temperature torride.
Quando il gioco vale la candela
Milano-Cortina 2026
Nelle regioni montane i grandi eventi, come le Olimpiadi invernali, dovrebbero avere anche il benefico effetto di dare visibilità e importanza ad alcuni territori, limitando il problema della marginalità della montagna. In realtà la notorietà delle località prescelte per questi eventi non fa altro che creare fenomeni di gigantismo di alcuni centri già famosi, dove tendono a trasferirsi anche gli abitanti delle aree meno conosciute e realmente marginali.
I dati relativi a molti eventi montani dimostrano un generale impatto positivo sull’economia dei territori che li hanno ospitati. Si verificano, però, anche fenomeni di iperturistificazione, per l’arrivo di grandi masse di visitatori, degli atleti con i loro staff e di amanti degli sport invernali. Alcuni problemi sono correlati a specifiche situazioni, come nel caso delle località delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026: Milano, la Valtellina (Bormio e Livigno), la Val di Fiemme e Anterselva (in Trentino-Alto Adige) e Cortina d’Ampezzo. Per questo evento sono sorte polemiche per la costruzione della pista da bob di Cortina d’Ampezzo, che si teme possa avere la stessa sorte di quella realizzata per Torino 2006. Nel comune di Bormio una parte della popolazione si è opposta alla costruzione di una strada, voluta per ridurre il traffico dei 15 giorni delle Olimpiadi ma al prezzo di eliminare l’unica piana agricola del paese. Inoltre l’inizio ritardato di gran parte dei lavori di miglioramento della rete viaria e delle strutture sportive in tutti i territori olimpici ha impedito valutazioni puntuali degli impatti ambientali, con conseguenti rischi di insostenibilità
Mantenere in funzione gli impianti sportivi ha spesso alti costi economici e anche l’ambiente può risentire degli effetti legati alla costruzione di queste strutture. Un caso eclatante è quello delle piste da sci, che richiedono un innevamento costante durante
l’inverno, anche quando le precipitazioni nevose sono scarse: per questi impianti vengono ogni anno consumati grandi quantitativi di acqua, una risorsa preziosa e sempre più a rischio. Valutare costi e benefici dei grandi eventi è quindi molto importante.
COMPITO DI REALTÀ Pe riflettere sull’impatto dei grandi eventi sulle città e sul territorio che li ospita, ti proponiamo questa attività. Divisi in gruppi, scegliete uno dei seguenti casi di studio:
a. Olimpiadi invernali di Torino 2006;
b. Expo di Milano 2015;
c. Campionati del mondo di calcio in Qatar 2022.
Strutturate la vostra attività in queste fasi:
1. ricerca e raccolta dei dati (il contesto storico in cui si è svolto, gli obiettivi dell’evento, i preparativi e le infrastrutture costruite);
2. analisi dell’impatto immediato (economico, sociale, ambientale);
3. legacy a lungo termine (per esempio come le infrastrutture costruite per l’evento sono state utilizzate in seguito);
4. conclusioni (successi e fallimenti);
5. presentazione finale e condivisione dei risultati con la classe.
2 Economia e ambiente
Se nel Vicino Oriente i Fenici hanno primeggiato nei commerci, in Europa Minoici e Micenei hanno posto le basi per lo sviluppo del mondo greco, culminato con l’Atene imperialista del V secolo. Dopo la decadenza delle póleis e le conquiste di Alessandro, nel mondo ellenistico lo sviluppo economico e tecnologico ha avuto nuovo slancio.
Produzione mondiale di materiali plastici
(North American Free Trade Agreement) Accordo di libero scambio commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico 17,7%
ALLA GEOGRAFIA
La Geografia economica studia le attività umane in relazione al territorio: presta quindi particolare attenzione all’impatto che i diversi settori economici hanno su società e ambiente. A partire dagli anni Cinquanta del XX secolo l’agricoltura registra, con la “rivoluzione verde”, un cambiamento positivo ma problematico. Le attività industriali e artigianali sono oggi nella fase dell’Industria 4.0, mentre il settore dei servizi è sempre più ampio, tanto da comportare una “terziarizzazione dell’economia”. Tuttavia, poiché le risorse di cui disponiamo per le attività economiche non sono infinite, è necessario promuovere uno sviluppo sostenibile che coniughi la crescita economica con il benessere diffuso della popolazione e con la difesa dell’ambiente.
CIS (Commonwealth of Independent States) Comunità di Stati indipendenti: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Federazione Russa, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan (associato), Ucraina (partecipante di fatto)
Market Research Group (PEMRG) / Conversio Market & Strategy GmbH.
IX millennio a.C./ I millennio d.C. Nascita dell’agricoltura (coltivazione dei cereali) nel Vicino Oriente. Completamento della diffusione dell’agricoltura in Europa
XVIII-XIX secolo/Oggi
• Prima rivoluzione industriale
• Industria 4.0
Anni Cinquanta del XX secolo “Rivoluzione verde”
1987 Rapporto Brundtland: prima definizione di “sviluppo sostenibile”
La Natura ha strane leggi, ma lei, almeno, le rispetta.
(Leo Longanesi)
VIDEO
L’economia nel mondo
Giappone Resto dell’Asia
L’infografica mostra le percentuali di produzione mondiale di materiali plastici. La Cina è il Paese che produce più materiali plastici, seguita dall’Europa e dai Paesi membri del NAFTA (dati 2018). La plastica è uno dei materiali più inquinanti. Ogni anno l’umanità produce circa 430 milioni di tonnellate di rifiuti e ogni anno finiscono negli oceani, nei fiumi e nei laghi circa 19-23 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Questo dato potrebbe triplicare entro il 2040.
1992
Conferenza ONU di Rio de Janeiro: basi per la sostenibilità
2000
Obiettivi di sviluppo del millennio
2015 Agenda 2030
Economia e Geografia economica
I tre settori dell’economia L’economia è l’ insieme delle attività umane dirette al prelievo, alla produzione, alla distribuzione, all’utilizzo e alla gestione delle risorse. Ciò che fa l’uomo, quindi, è quasi sempre connesso all’economia, che condiziona la capacità evolutiva di una società e la qualità della vita dei suoi componenti. L’Economia, però, è anche la disciplina che studia le modalità di utilizzo di risorse limitate per soddisfare i bisogni dell’uomo. In questo senso, come la Geografia, si occupa del rapporto tra l’uomo e l’ambiente , perché proprio da quest’ultimo vengono tratte le risorse necessarie. Inoltre le attività economiche sono collocate sul territorio e hanno delle relazioni continue con esso: ciò costituisce l’ambito di studio della Geografia economica .
Si è soliti suddividere le attività economiche nei seguenti tre grandi settori:
• il settore primario raggruppa tutte le attività che si occupano di prelevare risorse dalla natura; ne fanno parte l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, la silvicoltura e l’estrazione mineraria. Si tratta delle prime forme di organizzazione economica, quelle che hanno interessato le società più antiche e che hanno costituito la base della loro sopravvivenza e della loro vita sociale;
• il settore secondario raggruppa le attività che trasformano i beni forniti dalla natura in prodotti, cioè le industrie e l’artigianato;
• il settore terziario non produce beni (come il primario e il secondario) ma servizi; comprende quelle attività che riguardano la circolazione di merci e persone (commercio e trasporto), quella del denaro (banche e assicurazioni), l’istruzione, la ricerca, la formazione del personale, la sanità, il turismo, il marketing, la pubblicità ecc.
Fino al XIX secolo le attività del primario sono state le principali svolte dall’umanità. Ancora oggi vi lavora quasi il 40% (2/5) della popolazione attiva mondiale, ma questa quota sta progressivamente diminuendo in tutti i Paesi.
PAROLE E CONCETTI
Lavoro, mestiere, professione
La fisica definisce il lavoro «un impiego di energia volto a uno scopo determinato» Infatti il termine deriva dal latino labor, che significa «fatica». Nella vita quotidiana il lavoro è un’attività produttiva, nella quale si utilizzano conoscenze e metodiche (sia intellettuali sia manuali) per produrre e distribuire beni e servizi e per ricevere un compenso monetario. Si tratta, dunque, di un mestiere o di una professione (due attività differenti!) che servono a soddisfare bisogni individuali e collettivi.
Il mestiere è un’attività specifica, generalmente di carattere manuale e appresa con
la pratica, che viene esercitata per ricavarne un guadagno. La professione, invece, è un’attività che presuppone una preparazione e conoscenze settoriali, perlopiù ottenute attraverso lo studio o un’istruzione impartita da altri.
Il lavoro ha anche un’altra importante valenza sociale: gli esseri umani, infatti, si definiscono non per ciò che sono (che sarebbe difficilmente qualificabile), ma per ciò che fanno (che è più chiaramente riscontrabile). Per questo si dice che una persona “è” un ingegnere o un panettiere e non che “fa” l’ingegnere o il panettiere.
I due aerogrammi mostrano la distribuzione dei lavoratori di due Stati nei tre settori dell’economia. L’aerogramma dell’Italia è tipico dei Paesi più ricchi, con oltre 2/3 della popolazione attiva impiegati nel terziario e meno di 1/20 nel primario. Quello della Somalia mostra invece un primario che coinvolge 4/5 dei lavoratori e il terziario meno di 1/7.
VIDEO
2 Il settore primario
Com’è cambiata l’agricoltura nel tempo
Il video si concentra in particolare sulla “rivoluzione verde”: quali sono i suoi limiti?
L’agricoltura, base del settore L’agricoltura è la pratica di coltivare il suolo per ottenere prodotti utili all’alimentazione e materie prime per diversi tipi di industrie. È nata con il passaggio dal prelievo delle risorse dall’ambiente – attraverso la caccia, la pesca e la raccolta di frutti spontanei – a una produzione razionale di ciò che serve agli uomini. Questo passaggio è stato compiuto selezionando specie vegetali utili: in principio soprattutto cereali e tuberi, poi anche alberi da frutta , verdure, legumi e ortaggi. Con il tempo si sono aggiunti prodotti sempre nuovi che hanno arricchito molto l’alimentazione dell’uomo. In Europa, per esempio, durante il Medioevo giunsero piante portate dagli Arabi, come il riso, il cotone, il pistacchio e gli agrumi; dopo la scoperta delle Americhe si diffusero il mais , il fagiolo, la patata , il pomodoro e il peperone. Anche le tecniche di coltivazione si sono evolute durante la storia, per esempio con l’invenzione dell’aratro, delle macchine agricole e dei concimi chimici, che hanno consentito maggiori rendite e ridotto la fatica dei lavoratori.
GLOSSARIO GEOSTORICO
Gene Elemento presente nelle cellule di un organismo e portatore di caratteri ereditari ( p. 15).
Dagli anni Cinquanta del XX secolo la “rivoluzione verde” ha aumentato ancora la produttività agricola: sono state selezionate sementi ad alto rendimento e in grado di crescere anche in regioni con suoli e climi sfavorevoli. Nel 1973 è nato anche il primo OGM (organismo geneticamente modificato), un seme cui è stato modificato il DNA attraverso l’inserimento di geni esterni. Le piante OGM hanno un rendimento più elevato e una maggior resistenza a situazioni climatiche ostili e ai parassiti; sono oggi diffuse in tutto il mondo e potrebbero aiutare a risolvere il problema della fame nel mondo, ma non si conoscono ancora gli effetti che possono avere sulla salute umana e sull’ambiente.
La classificazione dell’agricoltura L’agricoltura può essere classificata in base al tipo di sfruttamento del terreno, alla finalità della coltivazione dei prodotti e alle metodologie utilizzate.
In base al tipo di sfruttamento del terreno si distinguono:
• un’agricoltura intensiva, che si prefigge di ottenere da un terreno il massimo della resa e tenta, quindi, di sfruttarne tutto il potenziale produttivo; questa tipologia è tipica di aree molto industrializzate e densamente popolate, con scarsa disponibilità di suolo agricolo;
Veduta dall’alto delle risaie terrazzate della provincia cinese di Ha Giang.
• un’agricoltura estensiva, che mette a coltura vaste aree, i cui terreni non vengono sfruttati al limite delle loro possibilità; in questo caso ci si accontenta di rendimenti più bassi. Tale tipo di attività è caratteristica delle zone poco abitate ma con una vasta disponibilità di suoli fertili.
In base alla finalità della coltivazione esistono invece:
• un’agricoltura di mercato, che produce interamente per il commercio (su scala regionale, statale o sovrastatale), impiega molti macchinari e richiede un basso numero di addetti; è praticata nei Paesi sviluppati e nell’area intertropicale (zona compresa tra i due tropici, vicina all’equatore e molto calda) con il sistema delle piantagioni, cioè vaste aree di terreno adibite alla coltivazione di un unico prodotto (monocoltura);
• un’agricoltura di sussistenza, che finalizza le proprie produzioni all’autoconsumo e allo scambio fra gruppi familiari (mentre solo una piccolissima eccedenza viene venduta sul mercato locale); è praticata con metodi arretrati, necessita di un grande impiego di manodopera e dà basse rendite; è tipica dei Paesi in via di sviluppo.
In base alle metodologie utilizzate, infine, si distinguono:
• un’agricoltura tradizionale, che si pratica su una superficie limitata, con attrezzi semplici, utilizzando perlopiù animali al posto dei macchinari; essa ha una scarsa produttività , sufficiente a sfamare solo i contadini e le loro famiglie; i raccolti dipendono fortemente dal clima e dalle caratteristiche del suolo;
• un’agricoltura meccanizzata, che fa uso di macchinari tecnologicamente avanzati e di fertilizzanti chimici su vaste estensioni di terreno, con un basso impiego di manodopera; questo tipo di agricoltura dà ottimi rendimenti, è strettamente integrato con l’industria ed è meno soggetto ai limiti imposti dalla natura.
L’allevamento e la pesca L’allevamento è l’attività che si prefigge di far crescere e riprodurre animali per ricavarne cibo, pelli, pellicce, forza lavoro e altri vantaggi economici. Un tempo si sfruttavano soprattutto animali di grossa taglia, come i bovini e gli equini, che fornivano forza motrice per trascinare gli aratri nei campi o per il trasporto delle persone e delle merci. Oggi tali mansioni sono svolte da macchinari: da questi animali, oltre che da animali di piccola taglia come ovini, caprini, suini e volatili da cortile (oche, anatre, tacchini, polli ecc.), si ricavano concime e carne.
La pesca è la ricerca e la cattura degli animali che vivono in ambiente acquatico (pesci, crostacei, molluschi e mammiferi marini), utilizzati per fini industriali e alimentari. Può essere praticata con piccole imbarcazioni in modo tradizionale, sulle rive di fiumi, oppure con imbarcazioni grandi e moderne che sono in grado di restare in mare aperto per più giorni e persino di avviare a bordo una prima lavorazione del pesce.
Accanto alla pesca si è sviluppata l’acquacoltura, che consiste nell’allevamento di pesci, crostacei e molluschi. Oggi, un terzo del pesce in commercio proviene da questo tipo di attività.
STUDIO ATTIVO INTERPRETARE LE CARTE
Le principali piantagioni nel mondo
Mais
Già di usissimo soprattutto in America Centrale, viene introdotto in Europa con la scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo.
Cotone
Originario delle zone tropicali, viene importato in Europa e subito impiegato nell’industria tessile, in particolar modo a partire dalla Rivoluzione industriale.
Ananas
Pianta originaria del Sudamerica, si è di usa in Europa anch’essa a partire dalle spedizioni di Cristoforo Colombo.
Banana
Inizia a di ondersi in Europa tra XVI e XVII secolo, dopo che i Portoghesi la importarono in America dall’Africa. È originaria dell’Asia sud-orientale.
HUB MAPS
Ca è
Pare che il suo luogo d’origine fosse l’Etiopia. Di uso in Europa probabilmente nel XVI secolo, oggi i maggiori produttori di ca è sono il Brasile, il Vietnam, la Colombia e l’Indonesia.
Canna da zucchero
Pianta originaria delle regioni indomalesi.
Per crescere necessita di un clima molto umido e perciò viene oggi coltivata soprattutto nelle zone tropicali.
Rispondi alle domande sulla base dei contenuti della carta.
Cacao
Coltivata dapprima in America dai Maya, la pianta di cacao fu introdotta in Africa dagli europei e nel Sud-est asiatico.
• Indica quali sono i prodotti importati in Europa e i loro luoghi di produzione.
• Apri la carta su HUB Maps e verifica quali sono i Paesi con le più estese coltivazioni di OGM.
Il settore primario nel mondo
Apri la carta per verificare la distribuzione delle attività legate all’agricoltura nel mondo.
Grano
Consumato oggi in tutto il mondo, se ne conoscono diverse varianti. La pianta è di origine asiatica.
Tè
Originario della Cina, inizia a di ondersi in Europa durante il XVI secolo. Oggi viene coltivato soprattutto nei Paesi dell’Estremo Oriente e dell’Asia centrale. La Gran Bretagna ne ha fatto addirittura un simbolo nazionale.
Riso
Antichissima pianta originaria dell’Estremo Oriente, precisamente in Cina, oggi viene coltivata in tutto il mondo.
HUB MAPS
I 10 Paesi con maggiore area coltivata a OGM nel mondo
GLOSSARIO GEOSTORICO
Alpeggio È il pascolo ad alta quota, tipico delle regioni alpine.
Transumanza È un percorso itinerante che animali e pastori compiono tra la primavera e l’autunno, partendo dalla stalla e tornando alla stessa.
Carbone Combustibile fossile derivato dalla trasformazione in roccia di materiale ligneo e vegetale.
Petrolio e gas combustibili
Combustibili fossili formati da idrocarburi, cioè composti organici di idrogeno e carbonio; si sono generati dal deposito e dalla decomposizione di organismi animali e vegetali in rocce che fungono da serbatoi e si possono trovare a differenti profondità.
La classificazione dell’allevamento e della pesca L’allevamento e la pesca vengono classificati prevalentemente in base al luogo in cui si svolgono. Perciò l’allevamento può essere:
• stallivo, cioè praticato all’interno di stalle, attrezzate con macchinari, come avviene nelle pianure europee. Talvolta questa forma di allevamento è strettamente connessa con l’ industria alimentare e mira a un’elevata produttività, a discapito della salute degli animali. È il caso dell’allevamento intensivo o industriale , che ricorre a un basso numero di addetti, costringe gli animali in spazi minimi e utilizza farmaci veterinari;
• seminomade, se prevede un’alternanza tra la permanenza dei capi di bestiame nelle stalle (in inverno) e la loro custodia all’aperto (durante il periodo estivo); è questo il caso dell’alpeggio o della transumanza;
• nomade, con il continuo spostamento del bestiame, che sfrutta le risorse alimentari disponibili in natura; questo tipo di allevamento viene ancora molto praticato nelle steppe dell’Asia centrale;
• allo stato brado, quando le mandrie vengono allevate in vasti spazi aperti nei quali si muovono liberamente, come avviene nella Pampa (regione pianeggiante del Sudamerica), dove i gauchos (i cowboy argentini) si occupano di sorvegliare il bestiame e di catturarlo al momento della vendita.
In base alla distanza dalla costa , invece, è possibile individuare diverse tipologie di pesca:
• costiera , praticata vicino al litorale e con metodi tradizionali; generalmente produce scarsi rendimenti e il pesce è destinato all’autoconsumo o al mercato locale;
• d’altura , sfrutta il passaggio stagionale dei pesci migratori e viene praticata lontano dalle coste, con grandi battelli (in grado di sopportare più giorni di navigazione) dotati di celle frigorifere per la conservazione del pesce fino al rientro in porto; parte del prodotto viene consumato direttamente nelle zone di pesca, il resto viene venduto all’industria;
VIDEO
Attività minerarie e ambiente
Qual è l’impatto delle attività minerarie sulla vita dei lavoratori e sull’ambiente?
STUDIO ATTIVO ESPOSIZIONE ORALE
• Che differenza c’è tra la pesca tradizionale e quella moderna? Quali vantaggi dà l’acquacoltura?
• Che cos’è la silvicoltura? Perché è importante per l’ambiente?
• Quali attività fanno maggior uso dei minerali? Perché bisogna cercare di non esaurirne le riserve?
• oceanica , ha luogo in mare aperto, a grandissima distanza dalle coste, e coinvolge vere e proprie flotte di imbarcazioni, fornite di macchinari moderni per la lavorazione e la conservazione del pesce; la totalità del pesce pescato è destinata all’industria alimentare.
La silvicoltura e l’estrazione mineraria Le foreste sono sempre state un importantissimo luogo di approvvigionamento per l’uomo: fonte di legname , aree di caccia, di pesca nei torrenti e nei laghi, di raccolta di frutti spontanei. Oggi hanno un rilevante ruolo economico, legato soprattutto al legno, che viene impiegato per l’edilizia e per la realizzazione di mobili e oggetti di ogni genere. La gestione e lo sfruttamento dei boschi e delle foreste vengono chiamati “silvicoltura”. Si tratta di una pratica necessaria, legata al forte aumento del consumo di legno a partire dal XIX secolo. Il taglio del legname deve, infatti, rispettare i tempi di crescita delle piante e consentire la sostituzione di quelle vecchie con quelle nuove.
Un’altra risorsa naturale fondamentale per l’uomo sono i minerali. La loro estrazione è considerata un caso limite tra il settore primario e quello secondario, poiché si preleva una risorsa dall’ambiente (i minerali) ma lo si fa attraverso un’attività di tipo industriale. Sono le industrie, inoltre, che fanno uso di questi materiali per le proprie produzioni. Perciò, a partire dal XIX secolo, il loro consumo è aumentato notevolmente (in particolare quello del carbone) e si sono sviluppate rapidamente la capacità di estrazione e di prospezione mineraria, cioè di esplorazione e di studio del sottosuolo per la ricerca di giacimenti (in particolare di petrolio e gas combustibili).
La maggior parte dei minerali richiede milioni di anni per riformarsi all’interno delle cavità terrestri e la loro distribuzione, oltretutto, non è omogenea in tutta la Terra. Per questo, e per cercare di non esaurire del tutto le scorte del pianeta, le attività estrattive tendono a concentrarsi solo in alcuni territori, dove queste sostanze sono abbondanti e facilmente accessibili.
Il settore secondario
Le attività del settore secondario Del settore secondario fanno parte le attività industriali e quelle artigianali. Le prime si sono sviluppate solo tra la fine del XVIII secolo e l’inizio di quello successivo. L’artigianato invece ha accompagnato l’evoluzione dell’umanità fin dalle origini, quando i primi hominina lavoravano le pietre. Si differenzia dall’industria perché produce beni realizzati a mano (o con attrezzi semplici) e non in serie. Inoltre, l’artigianato è fortemente legato alla qualità dei prodotti e non alla quantità. Le imprese artigianali, però, sono state messe a dura prova dallo sviluppo industriale, che ha permesso produzioni più rapide e meno costose. Molte forme di artigianato, fondamentali anche per la conservazione delle tradizioni culturali, rischiano perciò di scomparire.
L’ industria è un sistema di produzione di beni materiali che si basa sull’ impiego delle macchine, sulla produzione in serie e sulla suddivisione del lavoro. Essa può essere:
• di base, se produce semilavorati destinati ad altre fabbriche; ne sono esempi quelle siderurgiche, metallurgiche e chimiche;
• di trasformazione, se si occupa di rendere le materie prime o i semilavorati dei prodotti finiti, pronti per la vendita al pubblico e destinati sia al consumo personale (cibo e abbigliamento) sia ad altre industrie (macchinari e strumenti di lavoro).
Nell’ambito della produzione industriale, si distinguono aziende a bassa tecnologia , cioè basate su sistemi di produzione semplici ed elevato impiego di manodopera (come nel campo alimentare e dell’abbigliamento), e aziende ad alta tecnologia , che richiedono forti investimenti e poca manodopera (come quelle informatiche, elettroniche o delle telecomunicazioni). Inoltre, in relazione al numero degli addetti, è possibile distinguere la piccola e media impresa (coinvolge pochi addetti) dalla grande impresa (basata su numerosi dipendenti).
GLOSSARIO GEOSTORICO
Semilavorato Prodotto che necessita di ulteriori lavorazioni prima di giungere sul mercato.
Un maestro vetraio al lavoro. La lavorazione del vetro di Murano (Venezia) è una delle eccellenze dell’artigianato italiano.
PAROLE E CONCETTI
Le quattro rivoluzioni industriali
L’espressione “Rivoluzione industriale” indica un processo di rapida e intensa trasformazione nella lavorazione delle materie prime, accompagnato dalla meccanizzazione. Possiamo individuare ben quattro Rivoluzioni industriali, che hanno segnato la storia economica degli ultimi 250 anni.
Prima Rivoluzione industriale Ebbe inizio in Inghilterra, dove tra la fine del 1700 e i primi decenni del secolo successivo si verificò un considerevole aumento del consumo di carbone e la diffusione della macchina a vapore. Alcune piccole botteghe artigiane si trasformarono in fabbriche, aumentando il numero dei propri operai e distribuendoli nelle varie fasi della lavorazione, così da velocizzare la produzione e ridurre i costi. Le prime industrie furono quelle tessili, cui si aggiunsero presto quelle metallurgiche, che permisero il grande sviluppo delle ferrovie. Insieme con la navigazione a vapore, furono infatti i treni a consentire i veloci spostamenti delle merci che favorirono la crescita delle neonate industrie. Questo processo di trasformazione dell’economia mondiale iniziò proprio in Inghilterra per differenti motivi; è possibile, tuttavia, indicare i quattro fattori più importanti:
• il sottosuolo inglese era ricco di ferro e carbone;
• c’era molta manodopera;
• abbondavano i capitali (grazie allo sfruttamento delle colonie);
• fu proprio in Inghilterra, nel 1785, che Edmund Cartwright inventò il telaio meccanico e James Watt la macchina a vapore
Seconda Rivoluzione industriale Ebbe luogo in Europa e negli Stati Uniti tra il 1870 e la fine della Seconda guerra mondiale (1945); fu caratterizzata dall’utilizzo del petrolio e dell’elettricità come principali fonti energetiche, a fianco del carbone e del vapore. Il petrolio servì anche a far funzionare il motore a scoppio, applicato sulle prime automobili dalla fine del XIX secolo. In questa fase si svilupparono particolarmente l’industria dei trasporti, quella delle costruzioni, quella chimica, quella elettrica e quella aeronautica. Furono inventati anche la radio e il telefono, che diedero un grande impulso alle comunicazioni a distanza.
Terza Rivoluzione industriale È quella che dal secondo dopoguerra ha portato alla diffusione dell’elettronica, sia di consumo (radio, televisioni, impianti stereo, elettrodomestici, computer da casa ecc.) sia industriale (computer e robot). Quest’innovazione ha permesso lo sviluppo delle reti informatiche, che oggi stanno progressivamente riducendo le distanze sulla Terra e permettono di trasferire in pochi secondi informazioni tra due luoghi anche molto lontani tra di loro.
Quarta Rivoluzione industriale L’“industria 4.0” (come viene anche definita), è nata e si sta ancora oggi evolvendo proprio grazie alla connessione tra strumenti informatici, elettronica e meccanizzazione della forza lavoro che ha migliorato la produttività delle fabbriche, ridotto l’inquinamento e i costi.
Le aree industriali nel mondo Gli Stati del mondo non hanno raggiunto tutti lo stesso sviluppo industriale. I Paesi con un’ industria matura costituiscono una minoranza e sono concentrati nel Nordamerica , in Europa e nell’Asia orientale. Negli ultimi decenni, però, in questi territori il settore industriale ha perso decine di milioni di lavoratori e anche il suo contributo percentuale al PIL è diminuito. Si è verificata, infatti, una delocalizzazione industriale , cioè un trasferimento dei processi produttivi dagli Stati più ricchi ai BRICS e a quelli in via di sviluppo. BRICS è l’acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che hanno un’elevata disponibilità di manodopera e ingenti risorse minerarie ed energetiche. In via di sviluppo sono i NIC (Newly Industrialized Countries): Stati asiatici e dell’America Latina la cui industria, a partire dagli anni Settanta, ha conosciuto una forte crescita; fra questi ci sono la Corea del Sud , Singapore , Taiwan, la Thailandia , l’ Indonesia , il Messico e l’Argentina . Ottime prospettive hanno pure i Paesi che dispongono di ingenti riserve petrolifere, come l’Arabia Saudita , gli Emirati Arabi e il Venezuela. I ricavi del petrolio restano nelle mani di poche famiglie, ma promuovono lo sviluppo dell’intero Stato, pur non risolvendo il problema della povertà di gran parte della popolazione.
I Paesi poco industrializzati sono concentrati soprattutto in Africa, che nella sua zona centromeridionale ospita quelli più poveri del mondo, come il Burundi e il Burkina Faso. Anche in Asia e in America Latina ci sono Stati con un’industria poco sviluppata, come Afghanistan, Laos, Bolivia e Haiti.
STUDIO ATTIVO INTERPRETARE LE CARTE
La classificazione dei Paesi in base all’industria
Rispondi alle domande sulla base dei contenuti della carta e di quanto hai studiato.
• Dove si trovano le principali potenze industriali del mondo?
• Individua sulla carta i BRICS e i NIC.
• Che cos’è la delocalizzazione industriale?
• Apri la carta su HUB Maps per visualizzare le aree industriali dei diversi Paesi.
VIDEO
Le economie emergenti: i BRICS Il video descrive le economie dei cinque Paesi BRICS: qual è il Paese più industrializzato?
GLOSSARIO GEOSTORICO
PIL È l’acronimo di Prodotto Interno Lordo: indica l’insieme della ricchezza prodotta da tutte le attività economiche svolte all’interno dei confini di uno Stato.
HUB MAPS
Le industrie nel mondo
Un esempio di lavoratori del quaternario: vigili del fuoco in azione durante un incendio a Taranto, Puglia.
Il settore terziario
I servizi del terziario e del quaternario Il settore terziario viene anche definito “settore residuale”, perché raccoglie tutte le attività che non sono comprese nel primario e nel secondario. Vista la variegata tipologia dei servizi offerti, è utile fare una distinzione tra:
• terziario di base, che raggruppa tutte quelle attività che non necessitano di una specializzazione intellettuale e culturale;
• terziario avanzato, che raccoglie invece quelle che richiedono questo tipo di specializzazione.
Della prima categoria fanno parte, per esempio, i comuni servizi bancari, mentre nella seconda rientrano le consulenze per chi investe in borsa. Il terziario di base comprende le imprese di pulizia, quelle di trasporto, i commercianti ecc.; quello avanzato comprende i medici, gli avvocati, i professori, i ricercatori ecc.
Esiste pure un altro sottoinsieme del terziario, chiamato anche settore quaternario, che raccoglie tutti i servizi che si occupano del governo, della gestione e dell’amministrazione del territorio. Ne fanno parte gli uomini politici, la pubblica amministrazione, le forze dell’ordine, i militari e tutti coloro che lavorano per organizzare la società e il territorio in cui essa vive. Negli ultimi quarant’anni si è verificata una “terziarizzazione dell’economia”, cioè una forte crescita degli addetti al terziario, accompagnata da una diminuzione degli impiegati nel primario e nel secondario. Macchinari e sofisticati impianti, infatti, hanno sostituito il lavoro dell’uomo, che non è più legato alla produzione di beni materiali. A trarne vantaggio sono stati soprattutto il commercio e il turismo. Il primo è da sempre una delle principali attività del settore terziario e consiste nello scambio di prodotti con altri prodotti o con somme di denaro. Anche il turismo ha un’origine antichissima: era già praticato da greci e romani, che viaggiavano soprattutto per cure termali e per motivi culturali e religiosi. Tuttavia si può parlare di turismo come fenomeno di massa solo dagli anni Sessanta del XX secolo, quando i maggiori redditi dei lavoratori, lo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni e la crescita delle strutture ricettive hanno fatto lievitare il numero di chi si sposta per diletto e per cultura. Ogni anno 3 miliardi di persone praticano il turismo e circa 1,2 miliardi si reca all’estero, dando vita a un settore chiave dell’economia mondiale, che impiega più di 350 milioni di lavoratori.
STUDIO ATTIVO RIASSUMERE ED ESPORRE
Completa la tabella sui settori dell’economia: ti servirà per una esposizione orale dei contenuti dei paragrafi 1-4.
Settore Riguarda Comprende Sviluppi attuali
Primario Agricoltura
Silvicoltura
Estrazione mineraria
Trasformazione dei beni
Terziario
Circolazione merci, persone e denaro
Quarta rivoluzione industriale
Terziarizzazione dell’economia
Un ambiente da proteggere: risorse e limiti dello sviluppo
Le risorse ambientali Una risorsa è un bene presente in natura e utile all’uomo per le sue attività economiche. Per essere tale, però, deve essere conosciuta e sfruttabile. Il petrolio, per esempio, non era considerato una risorsa prima che fosse scoperto e prima che l’uomo imparasse a utilizzarlo. Di conseguenza l’importanza di una risorsa varia nello spazio e nel tempo, perché è strettamente collegata al grado di sviluppo raggiunto, in un determinato periodo storico, da ciascuna società del mondo. È possibile dividere le risorse in due grandi gruppi: quelle non rinnovabili e quelle rinnovabili. Questa distinzione fa riferimento ai tempi necessari per la loro formazione.
• Le risorse non rinnovabili sono sostanze minerali e fossili che necessitano di milioni di anni per ricostituirsi. Si definiscono “non rinnovabili” poiché uno sfruttamento troppo elevato porterebbe al loro esaurimento, non permettendone la rigenerazione in tempi utili all’uomo. Fra queste hanno grande importanza il carbone, il petrolio e il gas naturale.
• Le risorse rinnovabili, invece, derivano da fenomeni che si verificano di continuo, come l’irraggiamento solare (che produce energia solare), i venti (che generano energia eolica), lo scorrere dell’acqua (dalla quale si ottiene energia idroelettrica e che è fondamentale per la vita dell’uomo), la decomposizione di materiale biologico (usata per avere energia da biomassa), il calore prodotto dalla Terra (che sviluppa energia termica), la formazione dei suoli e delle foreste.
Classificazione delle risorse
Risorse della superficie terrestre Acqua, Suolo, Foreste, Biomassa
Risorse dell’atmosfera Vento, Sole, Idrogeno
Risorse del sottosuolo Carbone, Petrolio, Gas naturale, Minerali, Uranio ed energia nucleare, Geotermia
VIDEO
Le fonti energetiche
Nel video si afferma che le nuove tecnologie permettono di sfruttare al meglio le energie rinnovabili: quali sono queste energie e quali sono gli strumenti che ne permettono lo sfruttamento?
GLOSSARIO GEOSTORICO
Energia da biomassa La biomassa è la componente biodegradabile, cioè decomponibile in natura, dei prodotti e dei rifiuti di origine biologica. Per esempio, dai rifiuti trattati in appositi impianti vengono ricavate miscele di gas (i cosiddetti “biogas”).
Energia termica Forma di energia posseduta da qualsiasi corpo che abbia una temperatura superiore allo zero assoluto.
Pozzo petrolifero in Texas. Da quando è stato estratto per la prima volta (nel 1859 in Pennsylvania), il petrolio ha cambiato l’economia, diventando il combustibile fossile più utilizzato per la locomozione e per la produzione industriale. Perciò il suo elevato consumo potrebbe portare rapidamente all’esaurimento delle sue riserve.
Paesaggio di coltivazioni di tulipani in Olanda con impianto eolico e pannelli solari: un esempio di agricoltura e energie rinnovabili che vanno di pari passo.
Centrale idroelettrica nei pressi delle cascate del Niagara (America del Nord, fra gli Stai Uniti e il Canada). Dal 1867 l’energia è stata prodotta in centrali simili a questa, costituite da turbine mosse dall’acqua che, girando, generano energia elettrica.
I limiti dello sviluppo Dai tempi della Rivoluzione industriale, le risorse più utilizzate sono state quelle non rinnovabili, che si stanno però esaurendo e sono molto inquinanti. Per questo oggi si cerca di sostituirle con altre, rinnovabili e meno dannose per l’ambiente.
I primi a richiamare l’attenzione sul problema dell’esauribilità delle risorse furono gli autori di uno studio pubblicato nel 1972 , dal titolo The Limits to Growth (I limiti dello sviluppo). Questi ricercatori denunciarono l’impossibilità dell’economia mondiale di continuare a crescere sfruttando risorse come il carbone e il petrolio, perché il pianeta non dispone di riserve infinite per questi beni. Per permetterne l’utilizzo anche alle generazioni future, essi proponevano l’uso di fonti energetiche alternative, così da ampliare la gamma delle risorse che l’umanità utilizza per soddisfare le proprie esigenze. Per questa ragione, dagli anni Settanta del XX secolo, sono stati stanziati molti capitali per finanziare la ricerca scientifica sulle risorse rinnovabili
Studi successivi hanno dimostrato che la capacità della Terra di resistere allo sfruttamento dell’uomo è già stata ampiamente superata e che sono necessari drastici cambiamenti nei sistemi produttivi e nel modo di rapportarsi all’ambiente. L’attenzione non è più focalizzata solo sulle risorse, ma anche sulla salvaguardia dell’intero pianeta, che richiede una forte cooperazione internazionale e una tempestiva azione politica a tutela del patrimonio ambientale
STUDIO ATTIVO ESPOSIZIONE ORALE
• Che cos’è una risorsa?
• Qual è la differenza tra risorse non rinnovabili e risorse rinnovabili?
• Perché oggi si cercano risorse alternative alle risorse non rinnovabili?
• Per quale motivo è necessaria una cooperazione internazionale per la salvaguardia del pianeta?
Lo sviluppo sostenibile
Il termine “sviluppo” indica la situazione di un Paese, di una regione o di un’area geografica in cui si registra una crescita, nel tempo, delle principali grandezze economiche (investimenti, occupazione, reddito), alla quale si accompagna una continua innovazione delle tecnologie impiegate. Il termine è storicamente associabile a quello di “sviluppo industriale” e, più in generale, di “progresso” delle condizioni di vita materiale. Identificare lo sviluppo con la sola crescita economica è tuttavia riduttivo, perché trascura questioni come l’equità sociale e la salvaguardia dell’ambiente. Oltre al problema dell’esaurimento delle risorse, occorre anche considerare una disomogenea distribuzione delle ricchezze e le conseguenze negative sull’ambiente prodotte dall’attività umana. A una diffusa povertà si affiancano infatti diversi problemi causati dal disboscamento, dalla desertificazione, dall’eccesso di rifiuti da smaltire e dall’inquinamento di acqua, aria e terreni. Il primo passo per affrontare questi problemi fu compiuto alla Conferenza dell’ONU di Stoccolma nel 1972 , durante la quale emerse la volontà da parte degli Stati partecipanti di perseguire uno “sviluppo compatibile con l’ambiente”. In quella occasione fu fondata la UNEP (United Nations Environment Programme), l’agenzia delle Nazioni Unite per la difesa dell’ambiente, che ha la propria sede centrale a Nairobi (Kenya). Nel 1987 fu poi stilato il Rapporto della Commissione dell’ONU per l’Ambiente e lo Sviluppo (World Commission on Environment and Development), noto come Rapporto Brundtland , dal nome dell’allora primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland, che presiedeva la seduta. Il testo conteneva la prima definizione di sviluppo sostenibile: «uno sviluppo che soddisfi le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie». La protezione dell’ambiente e la salvaguardia delle risorse, quindi, non erano più considerate un freno alla crescita economica, ma una condizione necessaria per uno sviluppo duraturo e rispettosa dell’umanità che in futuro abiterà il pianeta.
L’“economia della ciambella”
Il grafico mostra, all’esterno, i 9 ambiti ambientali da rispettare per consentire la sopravvivenza della nostra specie proposti da Johan Rockström nel 2009; all’interno, gli 11 ambiti sociali aggiunti in seguito da Kate Raworth, che ha realizzato la “ciambella”. Abbiamo quindi intorno i limiti ambientali da non superare, al centro i limiti sociali. Perché l’umanità sopravviva deve vivere nello spazio circolare e non andare oltre tali limiti: deve, quindi, passare dall’economia della crescita (in cui si punta a una produzione sempre maggiore di beni e profitti) a quella della ciambella.
GLOSSARIO GEOSTORICO
Desertificazione Fenomeno che porta alla trasformazione dell’ambiente naturale in aree desertiche, per cause naturali o spesso provocate dalle attività umane (degrado dei terreni coltivabili, riduzione e scomparsa della flora e della fauna, alterazioni climatiche).
L’impronta ecologica
Lo sviluppo, per essere sostenibile, non deve anzitutto esaurire le risorse presenti sul nostro pianeta. Per determinare il grado di sfruttamento della Terra è stato ideato un indicatore: l’impronta ecologica (in inglese ecological footprint), che misura in ettari (10 mila m²) la quantità di territorio utilizzata da ciascun individuo per il consumo delle risorse presenti e per smaltire i propri rifiuti. Si può calcolare l’impronta ecologica di una singola persona, di un’azienda, di una città, di un Paese o di tutta l’umanità. Sono le città le entità con un’impronta ecologica maggiore, le aree dove la natura sta scomparendo: ridurre l’impatto ambientale dei centri urbani, diminuendo il consumo di
energia, i rifiuti e le emissioni di gas tossici, sarà decisivo per il futuro della Terra.
Per salvaguardare il nostro pianeta, l’impronta ecologica deve risultare inferiore a 1,8 ettari a persona, mentre dai dati risulta che si vive bene se l’ISU (Indice di Sviluppo Umano) è superiore a 0,8. Secondo i valori attuali nessun Paese è nella situazione ottimale. Dove l’impronta è bassa, le condizioni di vita sono insoddisfacenti e dove c’è benessere l’impronta è elevata. Ciascun essere umano dovrebbe avere a disposizione meno di due ettari ma, come mostra la carta, nei Paesi più ricchi ne consuma mediamente più di 5. A consumare poco sono gli Stati poveri, che hanno però una qualità della vita molto bassa.
L’impronta ecologica
x = impronta ecologica (ettari globali per persona)
Rispondi alle domande sulla base dei contenuti della carta.
• In quali Paesi è più alta l’impronta ecologica? Che cosa puoi dedurre da questo dato?
• In quali Paesi è più bassa l’impronta ecologica? Che cosa puoi dedurre da questo dato?
• Come si colloca l’Italia in questa graduatoria?
Nessun dato
Gli accordi internazionali Le basi per la realizzazione della sostenibilità furono poste nel 1992 durante la Conferenza dell’ONU di Rio de Janeiro. I 109 Stati partecipanti concordarono nel definire le principali linee di intervento:
• la questione ambientale è di prioritaria importanza nella politica internazionale;
• è fondamentale la solidarietà a livello mondiale per diminuire il divario tra i Paesi ricchi e quelli poveri.
A Rio furono elaborati anche alcuni documenti per attuare uno sviluppo sostenibile:
• la Dichiarazione sull’ambiente e lo sviluppo, contenente 27 principi generali sui comportamenti da seguire per migliorare la qualità dell’ambiente;
• l’Agenda 21, cioè un programma delle azioni da intraprendere nel XXI secolo a livello globale, statale e locale per realizzare uno sviluppo sostenibile;
• la Dichiarazione sulle foreste, un’enunciazione teorica sulle norme per la protezione del patrimonio forestale;
• la Convenzione sulla biodiversità, che mira alla salvaguardia delle specie animali e vegetali minacciate dall’uomo e alla tutela dei loro habitat.
Dopo il 1992 gli Stati del pianeta si sono più volte riuniti per perseguire gli obiettivi fissati nella Conferenza di Rio e progressivamente rielaborati. Nel 2002 a Johannesburg (nella Repubblica Sudafricana) si è tenuto un importante incontro per verificare le attuali condizioni dell’ambiente. Purtroppo si è dovuto constatare un peggioramento della salute della Terra e il fallimento di molti buoni propositi.
Anche le conferenze successive hanno preso atto di questa situazione, che è necessario migliorare al più presto.
I propositi del nuovo millennio: l’Agenda 2030 L’Agenda 21 – il documento sottoscritto da 180 Stati (tra i quali l’Italia) nella conferenza di Rio de Janeiro del 1992 – sottolineava la necessità di integrare l’attenzione all’ambiente in tutte le decisioni politiche prese a livello internazionale, statale e locale; raccomandava, inoltre, la realizzazione di un sistema di pianificazione, controllo e gestione di tale integrazione e invitava a coinvolgere nell’amministrazione e negli interventi sul territorio la popolazione locale e tutti i soggetti interessati.
Queste indicazioni sono state recepite nel 2015 dall’Agenda 2030, che le ha ampliate e ha dato scadenze più brevi al loro raggiungimento. Gli insuccessi degli accordi internazionali precedenti, infatti, hanno allarmato l’intera popolazione mondiale ed è parsa evidente l’incapacità dei governi di coordinarsi e di collaborare. Già nel 2000, infatti, erano stati fissati gli Obiettivi di sviluppo del millennio (Millennium Development Goals) dalle Nazioni Unite, che andavano raggiunti entro il 2015. Gli Stati si impegnavano a:
1. sradicare la povertà estrema e la fame nel mondo;
2. rendere universale l’istruzione primaria;
3. promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne;
4. ridurre la mortalità infantile;
5. ridurre la mortalità materna;
6. combattere l’HIV, la malaria e altre malattie;
7. garantire la sostenibilità ambientale;
8. sviluppare una collaborazione mondiale per lo sviluppo.
Si trattava, però, ancora di propositi troppo vaghi. Servivano linee guida per le politiche di sviluppo di ciascun Paese, cui sono state date indicazioni puntuali, con la possibilità di monitorare e valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi. Il nuovo piano
GLOSSARIO GEOSTORICO
Biodiversità Presenza, in uno stesso ecosistema, di specie vegetali e animali differenti. Un ecosistema è costituito dalla relazione tra un ambiente naturale e i suoi organismi viventi.
Una bambina togolese e il suo insegnate durante la lezione in una scuola elementare locale.
Gli Obiettivi di sviluppo del millennio dell’Agenda 2030.
Agenda 2030
Partnership per gli obiettivi Il video propone una sintesi del programma dell’Agenda 2030: che cosa possiamo fare in concreto per promuovere il raggiungimento dei suoi obiettivi?
d’azione dell’Agenda 2030 è stato approvato nel settembre 2015 dai rappresentanti di 193 Paesi e punta a un maggior equilibrio fra le quattro dimensioni dello sviluppo sostenibile: l’elemento economico, quello sociale, quello ambientale e il governo delle istituzioni. Gli obiettivi principali sono 17, suddivisi in 169 traguardi (target).
STUDIO ATTIVO ESPOSIZIONE ORALE
• Che cosa è stato elaborato a Rio de Janeiro per migliorare le condizioni della Terra?
• Dalle conferenze successive a quella di Rio che cosa è emerso sulla salute del pianeta?
• Quali novità ha portato l’Agenda 2030 rispetto all’Agenda XXI?
L’impegno multilaterale e il caso dell’UE La chiave del successo dell’Agenda 2030 è il multilateralismo, cioè la collaborazione di più Stati per perseguire un fine comune. Con l’adozione dell’Agenda, infatti, i Paesi si sono volontariamente sottoposti al processo di monitoraggio effettuato dalle Nazioni Unite (attraverso un apposito ente) per valutare il grado di conseguimento degli obiettivi. Gli organismi sovrastatali servono proprio a tale scopo e l’Unione Europea si sta impegnando in questa direzione. Nel 1994 l’UE ha aderito alle direttive dell’Agenda 21 e ha fondato l’Agenzia Europea per l’Ambiente, che si propone di fornire dati e studi precisi sull’inquinamento e sull’impatto ambientale delle attività umane, sulla base dei quali è possibile elaborare normative e strategie.
Particolare attenzione è ora posta a cambiamenti climatici, natura e biodiversità, salute e qualità della vita, risorse e rifiuti. Le linee guida attuali sono quelle dell’Agenda 2030, da raggiungere attraverso alcune “azioni chiave”:
• includere gli obiettivi dell’Agenda 2030 nelle iniziative dell’UE;
• elaborare relazioni periodiche sui progressi dell’UE;
• coinvolgere nell’attuazione dell’Agenda 2030 le altre istituzioni dell’UE e dei Paesi membri, le organizzazioni internazionali, le organizzazioni della società civile e soprattutto i cittadini e le altre parti interessate;
• collaborare con i partner esterni per sostenere gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo
Le aree protette La necessità di salvaguardare il patrimonio naturalistico e culturale di tutto il mondo è il motivo principale per cui oggi vengono delimitate e protette alcune aree particolari del pianeta: in ciascuna di esse, infatti, vengono individuati uno o più elementi la cui conservazione è ritenuta importante per il genere umano. Anche la ricerca scientifica e lo svago sono, però, finalità rilevanti per l’istituzione di queste zone, che prendono il nome di “parchi ”.
Il concetto di parco si è evoluto nel corso del tempo. Fin dalla Preistoria, infatti, l’uomo ha circoscritto spazi destinati a fini particolari. Inizialmente alcuni luoghi vennero utilizzati per compiere riti magici o funzioni religiose, come le misteriose pietre di Stonehenge in Inghilterra o le Black Hills negli Stati Uniti, sacre per gli indiani Dakota. Nel Medioevo furono create riserve di caccia , come la foresta di Sherwood vicino a Nottingham, in Inghilterra, o il bosco di Carrega nei pressi di Parma. Questi territori sono oggi perlopiù aree protette, dove la caccia è ora proibita.
I primi luoghi tutelati da una vera e propria legislazione sono stati la riserva delle Hot Springs in Arkansas (USA) nel 1832 e la foresta di Fontainebleau (in Francia) nel 1853. Il primo parco nazionale è stato quello di Yellowstone (Wyoming, USA), istituito nel 1872. Oggi le aree protette ricoprono più di 35 milioni di km² della superficie terrestre e molti Stati tutelano più del 20% del proprio territorio. Il Bhutan ne protegge addirittura il 47%. L’Italia solo il 13%.
Il riscaldamento globale Il clima non è rimasto invariato durante la storia della Terra: periodi molto caldi si sono alternati a epoche fredde. Per esempio, oggi i ghiacciai si estendono sul 10% delle terre emerse, mentre dalla metà del XVI secolo alla fine del XIX ne ricoprivano il 30%. Il forte aumento della temperatura negli ultimi 150 anni, però, preoccupa gli studiosi perché potrebbe avere conseguenze disastrose. La temperatura media globale è ora di circa 14,5 °C, mentre un secolo fa era di 13,7 °C . Si prevede che entro il 2050 crescerà di un altro grado e mezzo e avremo le condizioni più torride degli ultimi 2 milioni di anni. Perciò scomparirà l’habitat naturale di molte specie animali. Vaste aree geografiche diventeranno molto più aride, con la conseguente perdita di gran parte della vegetazione terrestre e una forte riduzione della biodiversità. Un milione di specie sono a rischio di estinzione. Già ora il riscaldamento globale sta accelerando la fusione dei ghiacci delle calotte polari: quella artica ha perso 2/5 della sua superficie negli ultimi trent’anni. L’acqua passa così dai ghiacciai al mare, il cui livello si sta alzando. Ben trenta città tra le più grandi del mondo (come New York, Hong Kong e Shanghai) si trovano lungo le coste e rischiano di essere sommerse in un futuro non troppo lontano.
PAROLE E CONCETTI
Effetto serra
Il fatto che la crescita delle temperature sia avvenuta contemporaneamente allo sviluppo industriale di quasi tutti i Paesi del mondo ha indotto molti scienziati ad attribuire all’azione umana la colpa di questo rapido riscaldamento del pianeta. È infatti aumentato l’ effetto serra, cioè la capacità di alcuni gas che si trovano nell’atmosfera (chiamati appunto “gas serra”) di trattenere il calore trasmesso dal Sole, senza che questo si disperda nello spazio. Si tratta soprattutto dell’anidride carbonica, del metano e dell’azoto, che permettono alle radiazioni del Sole di giungere sulla superficie terrestre, ma ostacolano la fuoriuscita del calore dall’atmosfera.
Così facendo rendono possibile la vita dell’uomo sulla Terra, altrimenti la tempe-
ratura sul nostro pianeta sarebbe inferiore di circa 33 °C.
L’effetto serra, dunque, non è un fenomeno dannoso, ma diventa un problema se è troppo forte. Gli uomini immettono nell’aria grandi quantità di gas serra (soprattutto anidride carbonica, metano e ossidi di azoto), attraverso gli scarichi industriali, il riscaldamento domestico e i mezzi di locomozione (automobili, navi e aerei). Perciò la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è del 40% più elevata rispetto a 200 anni fa. Inoltre la temperatura aumenta per la cementificazione dei grandi spazi urbani e per la deforestazione tramite incendi (che è responsabile del 25% delle emissioni di anidride carbonica su scala planetaria).
La “Grand Prismatic Spring” nel Parco nazionale di Yellowstone, Wyoming, USA.
STUDIO ATTIVO ESPOSIZIONE ORALE
Ripeti il paragrafo che hai studiato con l’aiuto di questa scaletta di domande.
• Come si dividono le risorse?
• Che cosa si intende con l’espressione “sviluppo sostenibile”?
• Quando sono state poste le basi per affrontare il problema della sostenibilità?
• Qual è il problema ambientale oggi di maggiore attualità?
Economia e ambiente
1 Economia
e Geografia economica
L’Economia è l’insieme delle attività umane volte alla gestione delle risorse e studia anche i modi in cui esse vengono utilizzate; considera quindi anche il rapporto tra uomo e ambiente. La Geografia economica è lo studio delle attività umane in relazione al territorio. Si distinguono tre settori economici: il primario comprende agricoltura, allevamento, pesca, silvicoltura, estrazione mineraria. Il secondario comprende l’industria e l’artigianato. Infine, il terziario produce servizi, quindi comprende le attività del commercio e del trasporto, delle banche, dell’istruzione, della sanità, del turismo ecc.
2 Il settore primario
L’agricoltura è l’attività di coltivazione del suolo per ottenere prodotti alimentari e materie prime per l’industria. Essa è nata quando l’uomo è passato dalla raccolta spontanea delle risorse alla loro produzione per soddisfare i suoi bisogni. Di pari passo si sono evolute le tecniche agricole, fino alla cosiddetta “rivoluzione verde”, che ha portato alla selezione genetica di sementi sempre più adattabili ai diversi ambienti. In base al tipo di sfruttamento del terreno l’agricoltura può essere intensiva o estensiva, in base alla finalità può essere di mercato o di sussistenza; in base alle metodologie può essere tradizionale o meccanizzata. L’allevamento e la pesca hanno come scopo la crescita e produzione di animali terrestri e marini. La silvicoltura è la gestione e lo sfruttamento delle foreste che forniscono legname. L’estrazione di minerali è utile in particolare all’industria, che, a partire dal XIX secolo, sfrutta soprattutto il carbone.
3 Il settore secondario
Mentre l’artigianato produce beni realizzati a mano con attenzione alla qualità del prodotto, l’industria produce beni materiali in serie utilizzando macchine e suddividendo il lavoro in fasi. L’industria di base produce semilavorati destinati ad altre fabbriche, quella di trasformazione rende le materie prime o i semilavorati prodotti finiti. Il livello tecnologico raggiunto oggi dall’industria (l’Industria 4.0) è il risultato di un lungo processo iniziato in Inghilterra tra la fine del 1700 e i primi decenni del secolo successivo con la Prima Rivoluzione industriale. Questo sviluppo interessa però solo una
parte del globo, con le aree industriali concentrate in particolare in Nordamerica, Europa e Asia orientale.
4 Il settore terziario
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Del terziario di base fanno parte le attività che non necessitano di una specializzazione intellettuale e culturale, che invece è richiesta nelle attività del terziario avanzato. Rientrano nel terziario di base attività come i trasporti, nel terziario avanzato quelle di medici e docenti. All’interno del terziario vi è poi il settore quaternario, che comprende per esempio la pubblica amministrazione. La meccanizzazione dei processi produttivi ha portato a una diminuzione degli addetti nei settori primario e secondario a favore del terziario, tanto da parlare di “terziarizzazione dell’economia”.
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5 Un ambiente da proteggere: risorse e limiti dello sviluppo
Risorse come sostanze minerali e fossili si definiscono “non rinnovabili” perché uno sfruttamento troppo elevato porterebbe al loro esaurimento. Sono invece “rinnovabili” le risorse che derivano da fenomeni come l’irraggiamento solare (l’energia solare), i venti (l’energia eolica), lo scorrere dell’acqua (l’energia idroelettrica). Dai primi anni Settanta del Novecento si è sempre più posto l’accento sulla necessità di usare queste energie alternative in modo da salvaguardare l’ambiente.
6 Lo sviluppo sostenibile
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La prima definizione di “sviluppo sostenibile” risale al 1987. Questo sviluppo tiene conto non solo della dimensione economica, ma anche di quella sociale e ambientale, tutte necessarie per consentire agli individui di vivere in condizioni dignitose in un ambiente salutare. La Conferenza dell’ONU di Rio de Janeiro del 1992 ha prodotto, tra l’altro, l’Agenda 21, un programma delle azioni da intraprendere nel XXI secolo a livello globale, statale e locale. Questo è stato recepito e ampliato nel 2015 dall’Agenda 2030, che contiene i 17 Obiettivi di sviluppo del millennio stilati dalle Nazioni Unite nel 2000. Nell’ottica della sostenibilità rientrano, tra l’altro, l’istituzione di aree protette e l’attenzione a fenomeni quali la desertificazione e la deforestazione tramite incendi, che contribuiscono al rilascio nell’atmosfera di anidride carbonica e quindi all’effetto serra.
I passaggi chiave
1. Costruisci una argomentazione su quanto hai studiato utilizzando le seguenti espressioni:
geografia economica • agricoltura • artigianato • settore residuale • terziarizzazione dell’economia
2. Completa la tabella e utilizzala per spiegare le quattro rivoluzioni industriali. Quando Dove Caratteristiche
Prima rivoluzione
Seconda rivoluzione
Terza rivoluzione
Quarta rivoluzione
3. Completa la mappa concettuale con i dati corretti.
Esaurimento delle risorse non rinnovabili:
• carbone
• • gas naturale
Il lessico
VIDEO
L’economia
Prima di svolgere gli esercizi, segui il video
• • Conferenza di Johannesburg 2002
• Agenda 2030
• • eolica
• trattati internazionali:
MAPPA
Personalizza la tua mappa. affrontato attraverso Sviluppo sostenibile uso delle energie rinnovabili:
4. Le parole “economia”” e risorsa” sono divenute fondamentali nel contesto industriale e tecnologico del mondo moderno. Dopo aver definito i due termini, cerca un sinonimo per ognuno.
5. Rileggi il capitolo e trova almeno un aggettivo che viene associato a “economia” e “risorsa”; definisci quindi le due espressioni.
Il mio portfolio
Scegli uno dei punti indicati negli obiettivi per lo sviluppo sostenibile e analizza il suo impatto a livello locale, nazionale e globale aiutandoti con le domande.
• Come si sta applicando l’obiettivo nella tua città, regione e in Italia?
• Quali sono le politiche e le strategie nazionali?
• Qual è la situazione globale?
Proponi quindi delle azioni che a livello locale possono essere utili per lo sviluppo sostenibile.
Prepara una presentazione multimediale sulla “rivoluzione verde” tenendo presenti i seguenti aspetti:
• le cause
• le tecnologie introdotte
• gli effetti positivi e negativi
• le sfide per il futuro
GLOSSARIO DIGITALE
Per la definizione del termine “economia” puoi usare il glossario.
VIDEO
• I limiti dello sviluppo
• Agricoltura e OGM
LABORATORIO DI GEOCITTADINANZA
Un mondo interconnesso: l’economia globalizzata
Il porto di Shanghai (Cina) è il primo dei dieci porti più trafficati al mondo per movimentazione container (dati 2023). I primi nove porti, di cui cinque in Cina, sono asiatici, l’unico porto europeo è quello di Rotterdam (Paesi bassi).
Il mondo sembra divenire sempre più piccolo e le economie dei diversi Paesi diventano sempre più interdipendenti: prodotti e servizi attraversano con facilità il pianeta, i lavoratori e le aziende possono spostarsi ovunque. Con l’eliminazione delle barriere commerciali e l’aumento degli scambi, la reciproca
influenza delle economie nazionali ha creato un sistema economico unificato. Tuttavia, alla crescita e allo sviluppo economico di alcune aree fa da contraltare l’aumento delle disuguaglianze e del degrado ambientale. Come valutare allora questo fenomeno? Si tratta di una evoluzione positiva o negativa?
Documento 1
Una tendenza inarrestabile?
Il grafico proposto mostra la tendenza degli scambi mondiali dal 1874 al 2018: se all’inizio del Novecento gli scambi rappresentavano una piccola parte dell’economia globale, la crescita è stata poi esponenziale.
Fonte: elaborazioni Centro Studi Confindustria su dati Klasing and Milionis (2014), Peterson Institute for International Economics, UNCTAD.
La globalizzazione nel lunghissimo periodo Scambi mondiali di beni, valori correnti, medie mobili a 5 anni, in % del PIL
Beni
Sono prodotti o risorse grazie ai quali si soddisfano bisogni o che vengono utilizzati per produrre altri beni. A seconda della loro destinazione si distinguono in beni di consumo e beni di investimento.
Valori correnti
Rappresentano il valore monetario di un bene o servizio in un momento specifico senza tener conto dell’inflazione.
Medie mobili
Sono strumenti statistici utilizzati per calcolare le medie di una serie di dati per un periodo di tempo: sono utilizzate per identificare le tendenze a lungo termine.
Comprensione
• Qual è il periodo in cui si è avuto il minimo di scambi? Perché secondo te?
• In quali periodi si è avuta una crescita maggiore degli scambi? Quali fattori hanno contribuito a questa crescita? Riflessione
• Pensi che l’interscambio possa continuare a crescere?
• Quali potranno essere le sfide per l’economia globale?
Le nuove opportunità di un mondo globale
L’Unione Europea con questo documento del 2017 ha avviato una riflessione sulla globalizzazione economica e sulla possibilità di rispondere alle sue sfide. L’Europa ha cercato in questo modo di comprendere meglio l’impatto della globalizzazione sull’economia provando soprattutto a evidenziare le opportunità che si aprono sul mercato del lavoro.
Ora le persone viaggiano, lavorano, studiano e vivono in paesi diversi. Interagiscono tramite il web, condividendo idee, culture ed esperienze. Gli studenti possono accedere online a corsi offerti da università prestigiose in tutto il mondo. I paesi possono produrre di più con meno costi specializzandosi nei loro settori di eccellenza e sfruttando le economie di scala1 sui mercati mondiali. La concorrenza internazionale, l’azione mondiale per il clima, la cooperazione scientifica e gli scambi di idee hanno stimolato la creatività e accelerato l’innovazione. Le imprese che operano sui mercati internazionali rimangono competitive perché imparano e si adattano più rapidamente.
Le esportazioni europee sono aumentate, perché i beni e i servizi di qualità che offriamo sono richiesti in tutto il mondo. Vi è una forte domanda di aerei, auto di lusso, prodotti cosmetici e sanitari, capi di abbigliamento di alta gamma e generi alimentari di qualità prodotti in Europa i quali, insieme ai servizi di consulenza, di ingegneristica o di trasporto da noi forniti, contribuiscono a incrementare le esportazioni UE, che nel 2016 sono ammontate a 1746 miliardi di euro, e promuovono impieghi meglio retribuiti. Ogni miliardo di euro di esportazioni sostiene 14.000 posti di lavoro. Non ne beneficiano solo le grandi imprese: più dell’80% degli esportatori europei è costituito da piccole e medie imprese (PMI).
Una PMI italiana vende macchine di precisione per la pulizia a clienti dei settori aerospaziale, medico o dei beni di lusso in Europa, Cina, Israele o India, dà lavoro a decine di persone nella regione di origine e contribuisce all’economia locale attraverso la catena di approvvigionamento e il pagamento delle imposte.
Anche la disponibilità di fattori di produzione meno costosi e le nuove tecnologie importate dall’estero rendono le nostre imprese più competitive, contribuendo quindi a mantenere posti di lavoro nell’UE. L’80 % delle importazioni dell’UE consiste in materie prime, beni strumentali e componenti necessari per far funzionare l’economia europea.
(Documento di riflessione sulla gestione della globalizzazione, Commissione Europea 2017)
Comprensione
• Riassumi le nuove possibilità di sviluppo offerte dal mercato globale.
• Quali aspetti risultano in particolare vantaggiosi per le piccole e medie imprese?
Riflessione
• L’esempio riportato nel testo sintetizza come una piccola azienda italiana possa beneficiare del mercato globale: spiega nel dettaglio i passaggi attraverso cui si manifestano questi benefici.
1. Le “economie di scala” sono quelle economie che possono essere realizzate nella produzione su vasta scala e quindi da quelle aziende che dispongono di idonei sistemi organizzativi e tecnologici; ottimizzando la produzione, queste economie consentono di risparmiare.
Nave cargo con bandiera dell’UE.
Documento 3
Un altro mondo è possibile: la lotta alla globalizzazione
Le proteste contro la globalizzazione economica sono in continuo aumento da parte di molte organizzazioni secondo le quali la globalizzazione favorisce le grandi aziende e i Paesi più ricchi, aumentando le disuguaglianze. Spesso queste proteste assumono la forma di manifestazioni in occasione delle conferenze economiche internazionali, come nel caso delle immagini proposte.
Comprensione
Le banche sono ritenute responsabili delle disfunzioni dell’economia globale: perché secondo te?
Anche la borsa di Wall Street viene criticata dai manifestanti: in che modo la borsa contribuisce alla globalizzazione?
Approfondimento
Nella seconda foto viene attaccato il WTO: cos’è?
Fai una breve ricerca sulle sue funzioni.
◀ Una manifestazione contro la Borsa di New York, la cui sede principale si trova in Wall Street. Questa borsa è stata fondata nel 1817 ed è la più grande borsa valori del mondo per volume di scambi.
◀ Una manifestazione contro il WTO, acronimo di World Trade Organization (in italiano OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio). Vi aderiscono 164 Stati.
Le ragioni del movimento no-global
Di seguito riportiamo una lettera scritta al quotidiano «La Repubblica» dal cantante Lorenzo Cherubini (Jovanotti), che si fa portavoce delle ragioni della galassia no-global. La sua lettera è un’aperta critica al fenomeno della globalizzazione e ai suoi attori.
Caro direttore, vista da qui la globalizzazione sembrerebbe una cosa sacrosanta e nessuno si spiega come mai tutto questo rumore e queste proteste verso una cosa che, vista da qui, non farebbe altro che aiutare i paesi poveri a diventare meno poveri. In pochi riescono ad essere d’accordo con questi manifestanti […].
Eppure quei manifestanti, così apparentemente diversi tra loro 1 , hanno ragione. […] La globalizzazione è la faccia moderna della colonizzazione, la colonizzazione è quel capitolo della storia che si pensava chiuso con tutte le sue terribili conseguenze davanti agli occhi di tutti. La globalizzazione è la forma moderna di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, seppure la parola abbia un aspetto così perbene […], ma nella sostanza noi siamo i globalizzatori e i paesi del sud del mondo sono i globalizzati, così come c’erano i colonizzatori e i colonizzati.
La globalizzazione non vuol dire costruire un McDonald’s a Timbouctu, distruggendo in un solo colpo un equilibrio che si regge da millenni 2 […].
La questione è che la globalizzazione è uno sporco affare che rischia di renderci tutti complici di delitti che si potevano evitare. La globalizzazione è quella cosa per cui io domani comprerò un’automobile costruita con pezzi assemblati in una fabbrica e provenienti da altre cento fabbriche sparse per il globo. La pelle dei sedili sarà conciata in una fabbrica indiana, che non dovrà rispettare le regole ecologiche che ci sono in Europa e che quindi, in cambio di un prezzo più basso, avvelenerà il suo territorio e di conseguenza i suoi abitanti, che avranno come unico vantaggio la possibilità di andarsi a comprare un hamburger da McDonald’s dopo le loro quattordici ore di lavoro, dai dodici anni in su. Alcune parti meccaniche saranno costruite in una fabbrica dell’Est che costruisce anche mine anti-uomo, le gomme saranno modellate con derivati del petrolio estratto nel golfo di Guinea, inquinando intere regioni nelle quali da secoli vivono popolazioni che non conoscono il traffico delle nostre tangenziali. E ciò avverrà nel silenzio sottobanco retribuito degli amministratori e dei governatori locali. Questo dell’automobile è solo un esempio. Il problema è che noi, in un mondo dove la “deregulation globale” e i liberismi planetari vincono 3 , mangeremo merendine dolcificate con zucchero coltivato da gente che non riesce a nutrirsi come si deve, aromatizzate con cacao raccolto da bimbi che non andranno mai a scuola, impastate con farina di grano geneticamente modificato, anche se nella nostra bella Europa quel tipo di coltivazione sarà bandito da qualche referendum. […] Proviamo a guardarci intorno, ad aprire la dispensa, a girare per i nostri negozi: la globalizzazione da noi si presenta nel suo aspetto più presentabile, ma dietro ogni etichetta […] ci possono essere storie di diritti negati, di commistioni malavitose. La globalizzazione a noi non ci tocca perché noi siamo quelli che globalizzano, non i globalizzati. Resta solo una cosa da decidere, ovvero se la sofferenza dei lavoratori e la morte di bambini a cinquemila chilometri di distanza è più accettabile di quando avviene intorno a noi. Io credo di no, assolutamente no. La nostra civiltà si è conquistata dei diritti nel secolo scorso. I nuovi diritti portano con sé l’onere di nuovi doveri. Abbiamo il dovere di far valere gli stessi nostri diritti in tutto il pianeta e, perché questo avvenga, dobbiamo dialogare con le istituzioni maggiormente responsabili della globalizzazione dell’economia, perché vengano introdotte delle regole che valgano per tutti in ogni angolo del globo, perché venga tenuto in primo piano il rispetto dei diritti umani e dei diritti dell’ambiente, perché non possa esistere una globalizzazione dell’economia senza la globalizzazione dei diritti umani.
(Jovanotti, «La Repubblica», 5 ottobre 2000)
Nella stessa lettera l’autore ha elencato la variegata composizione e base ideologica dei manifestanti.
Timboutu è una citta storica del Mali (Africa occidentale), dichiarata patrimonio dell’umanità UNESCO per la sua architettura. L’autore vuole mettere qui in evidenza il contrasto tra due mondi agli antipodi.
La «deregulation» («deregolazione») è un processo che agevola il libero agire del mercato grazie all’eliminazione, da parte dei governi e degli Stati, di norme legislative e vincoli che lo limitano.
Argomentazione e dibattito
• L’autore mette in evidenza come noi che viviamo nella parte più ricca del mondo siamo complici dei danni – morali, sociali, ambientali, economici – che la globalizzazione comporta per le popolazioni della parte più povera. Segui il ragionamento dell’autore e commenta le sue argomentazioni, esprimendo il tuo personale punto di vista in un dibattito in classe moderato dall’insegnante.
La Costituzione italiana
TITOLO I
Rapporti civili artt. 13-28
TITOLO I
IL PARLAMENTO
• Le Camere
• La formazione delle leggi artt. 55-82
TITOLO II
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale gli italiani hanno scelto la Repubblica parlamentare con il voto referendario del 2 giugno 1946, abolendo di fatto la monarchia. Il 22 dicembre 1947 l’Assemblea Costituente ha approvato la Costituzione, la legge fondamentale del nostro Stato, dalla quale dipendono gerarchicamente tutte le altre norme giuridiche. Promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre dello stesso anno, è entrata in vigore il 1º gennaio 1948
La Costituzione è formata da 139 articoli (anche se sono stati abrogati gli articoli 115, 124, 128, 129, 130) così strutturati:
• articoli 1-12: princìpi fondamentali del diritto italiano;
• articoli 13-54: diritti e doveri dei cittadini;
• articoli 55-139: ordinamento dello Stato (come funziona, chi elabora le leggi e chi le fa rispettare).
In coda si trovano le 18 disposizioni transitorie e finali, inserite nel 1947 con l’intento di gestire il passaggio alla Repubblica. Una volta raggiunto il loro scopo, queste norme hanno perso la loro validità come leggi. LA COSTITUZIONE COMMENTATA
PRINCÌPI FONDAMENTALI artt. 1-12
TITOLO II
Rapporti etico-sociali artt. 29-34
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA artt. 83-91
TITOLO III
IL GOVERNO
• Il Consiglio dei Ministri
• La Pubblica amministrazione
• Gli organi ausiliari artt. 92-100
TITOLO III
Rapporti economici artt. 35-47
TITOLO IV LA MAGISTRATURA
• Ordinamento giurisdizionale
• Norme sulla giurisdizione artt. 101-113
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
TITOLO V
LE REGIONI LE PROVINCE I COMUNI artt. 114-133
TITOLO IV
Rapporti politici artt. 48-54
TITOLO VI
GARANZIE COSTITUZIONALI
• La Corte costituzionale
• Revisione della Costituzione
• Leggi costituzionali artt. 134-139
PRINCÌPI FONDAMENTALI
Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art. 5 La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
Art. 6 La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
Art. 7 Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Art. 8 Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Art. 9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 10 L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
Art. 11 L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Art. 12 La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
PARTE PRIMA
Diritti e doveri dei cittadini
TITOLO I Rapporti civili
Art. 13 La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
Art. 14 Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
Art. 15 La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
Art. 16 Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.
Art. 17 I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Art. 18 I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Art. 19 Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Art. 20 Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.