Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE
n°168
MENSILE –Austria � 9,20 - Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur � 8,10 - Germania � 12,00 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50
OTTOBRE
LE RITORSIONI DEI ROMANI ERANO FEROCI, QUELLE DEL RE SOLE RAFFINATE, QUELLE DEGLI ARTISTI PERFIDE
Vendetta
LE RESE DEI CONTI CHE HANNO SEGNATO LA STORIA
16 SETTEMBRE 2020 - MENSILE � 4,90 IN ITALIA
Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona
IN CLASSE
COM’ERANO, E COME SONO CAMBIATI, I BANCHI DI SCUOLA
I BORBONE
NEL 1820 L’ITALIA PREUNITARIA EBBE IL SUO PRIMO PARLAMENTO
MONDO ARABO
NELL’EGITTO DI ABDEL NASSER, L’UOMO CHE SOGNAVA IN GRANDE
UNA GIORNATA DA... A cura di Maria Leonarda Leone. Illustrazione di Claudio Prati
EVIRATO CANTORE NAPOLI 16 OTTOBRE 1743
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i dico che canta come un usignolo e sa tenere trecento note con un solo respiro! La sua voce fa piangere i sassi... E uomini e donne svengono nei palchetti quando si esibisce”. Il mio amico Gaspare mi guarda dubbioso: “Davvero, Tommaso?”. “Certo! Spero di diventare bravo come Farinelli, un giorno...”. “Di sicuro sarai un fenomeno da baraccone come lui!”. È Carlo, uno dei miei compagni più crudeli, qui al Conservatorio di Sant’Onofrio. Abbiamo entrambi 13 anni, ma lui non è come me e Gaspare: da quando gli stanno crescendo i baffi e la sua voce ha cominciato a cambiare, non fa che prendermi in giro. Soprattutto per il mio aspetto. Pesanti sacrifici. Sono alto e allampanato, non ho nemmeno un pelo sul viso. In più ho i fianchi larghi come quelli di una ragazza e la mia voce è esattamente la stessa di quando avevo 8 anni. In fondo, però, credo sia geloso: quando canto, la mia voce dolce e piena lascia tutti senza parole. E Lucia, lo vedo, mi guarda con occhi languidi anche se non ho un bel paio di baffi. Inoltre il maestro di musica ha mille attenzioni per quelli come me: le nostre voci angeliche possono fruttare fama e soldi all’istituto. Ci chiamano “angiolilli”, “soprani naturali”, “musici”, ma siamo semplicemente dei ragazzi evirati. E Carlo si sta avvicinando minaccioso, per ricordarmelo. Fortuna che il maestro ha sentito aria di rissa: si affaccia nel corridoio e con un’occhiataccia ci invita a entrare in aula, per cominciare le lezioni. È un uomo severo e inflessibile, convinto che lo studio rigoroso sia l’unica strada verso il successo. Perciò, come ogni giorno, ci fa esercitare per ore: pezzi difficili, trillo, passaggi virtuosistici,
esercizi per la voce e canto di fronte allo specchio, per imparare a mantenere un atteggiamento composto durante le esibizioni. Infine ci tocca un’ora di studio di materie letterarie. Ma a differenza della musica, questa parte mi interessa poco, così ne approfitto per perdermi nei miei pensieri. Non so ancora se sono felice della mia condizione: certo, voglio approfittarne, ma non avrei mai voluto essere “così”. È accaduto tre anni fa: ricordo che qualche giorno prima che il maestro di musica mi venisse a prendere, il parroco, che mi aveva sentito cantare nel coro della chiesa, aveva voluto parlare con i miei genitori. Quella sera erano stati particolarmente gentili: mi avevano detto che ero un ragazzo molto dotato e che avrei studiato musica in un istituto adatto a me. Messo in vendita. Quando il maestro mi portò via, salii sulla sua carrozza e mi raccontò cose sulla musica e sui cantanti d’opera finché non ci fermammo in un vicolo: un uomo con un grembiule di cuoio si affacciò da una porta malconcia e ci fece cenno di seguirlo. Mi chiese se desideravo fare un bel bagno caldo: accettai solo perché non ebbi il coraggio di rifiutare. Nudo, mi immersi nella grande tinozza piena d’acqua e bevvi il liquido dall’odore strano che il maestro mi offrì, poi persi i sensi. Mi svegliai in un letto che non conoscevo, con un dolore sordo all’inguine: avevo avuto la febbre per giorni, ma ero riuscito a riprendermi. Qualche tempo dopo mi spiegarono cos’era successo: il macellaio-chirurgo mi aveva drogato e asportato i testicoli. Così la mia voce non cambierà con la pubertà e, crescendo, grazie
ai miei polmoni da adulto avrò l’opportunità di diventare una star come Farinelli. Da allora non ho più visto i miei genitori, ma non mi mancano: ho saputo che mi hanno venduto al maestro di musica, dandogli l’autorizzazione a castrarmi in cambio di una percentuale sui miei futuri guadagni. Nel frattempo mi tocca cantare in chiesa o ai funerali, così l’istituto può intascare un po’ di soldi. Tutti cercano di guadagnare dalla mia voce, ma se non raggiungessi il successo? L’ansia mi chiude lo stomaco: butto giù solo un po’ di minestra, alla tavola del convitto, prima che riprendano le lezioni del pomeriggio. Passo ore chino sui libri: teoria musicale, composizione contrappuntistica, un’ora di copiatura e ancora lo studio delle lettere. Gli esercizi al clavicembalo e la nottata passata a comporre sono una liberazione: immerso nella musica sono davvero me stesso. Sogno di debuttare in scena tra un paio d’anni, magari in un’opera di Pergolesi o Vivaldi. Ma quello che spero di più è che allora tutti smetteranno di ridere di me.
Mi hanno venduto al maestro di musica, autorizzandolo a castrarmi. In cambio, una percentuale sui miei guadagni
VOCI ANGELICHE DI PROFESSIONE ■ Quella dell’evirato cantore divenne una professione nel coro della Cappella musicale della corte pontificia, a metà del Cinquecento. La fortuna di questi artisti crebbe nel Seicento, con la nascita dell’opera. 10
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■ All’inizio del Settecento, ogni anno circa 4mila ragazzini tra i 7 e i 12 anni venivano sottoposti alla pratica illegale della castrazione. Ma tra di loro, solo pochissimi riuscivano a salire nell’Olimpo del
bel canto. Uno dei più celebri evirati cantori fu Carlo Broschi (17051782), in arte Farinelli. ■ Dopo la castrazione, la carenza di testosterone e gli squilibri ormonali provocavano nei ragazzi
anomalie scheletriche, l’osteoporosi e l’assenza di baffi e barba. ■ Chi non aveva successo poteva optare per la vita ecclesiastica o l’insegnamento oppure entrare in piccole
cappelle musicali. Ma la maggior parte di questi ragazzini finiva peggio: nel 1720, a Roma, era attivo un bordello dove si prostituivano solo evirati e come mezzani venivano impiegati i castrati.
PITTORACCONTI LA RIVOLTA DI MASANIELLO NAPOLI
L’EROE DEL POPOLO
Masaniello diventò il capo della rivolta contro le troppe tasse. La sua gloria durò però solo dieci giorni.
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ommaso Aniello, detto Masaniello, era nato a Napoli nel 1620, e si guadagnava il pane come garzone di un pescivendolo e con piccole attività di contrabbando. Fino al 1647, quando eventi di portata europea trovarono in lui un protagonista di prima grandezza (come si vede nel dipinto qui accanto, La rivolta di Masaniello, di Viviano Codazzi e Michelangelo Cerquozzi, 1647-48). Il popolo di Napoli si sollevò il 7 luglio di quell’anno per l’ennesimo inasprimento delle gabelle imposte dal governo spagnolo del viceregno napoletano. Le finanze di Madrid erano logorate dalle spese per la Guerra dei Trent’anni e il reperimento di liquidità nei territori dominati, affidato alla nobiltà feudale locale, colpiva i consumi della povera gente. Masaniello prese la guida degli insorti, che non contestavano la monarchia ma il cattivo governo dei viceré e della nobiltà napoletana, e creò un esercito che tenne testa alle truppe regolari, mentre la linea politica della rivolta fu dettata dal giurista Giulio Genoino. Nasce un simbolo. Il successo dell’insurrezione fu rapido; dopo pochi giorni il viceré abolì le gabelle contestate e accettò il riequilibrio burocraticoamministrativo a favore del popolo. Masaniello però poté godere poco del potere. Inviso a tanti dei suoi primi sostenitori, subì gli effetti delle lotte interne agli insorti e fu ucciso il 17 luglio. La rivolta proseguì fino all’aprile 1648, quando il governo spagnolo riprese il potere; l’avventura di Masaniello era durata solo dieci giorni, ma bastarono per farne un simbolo della lotta degli oppressi contro la miseria e l’ingiustizia. • Edoardo Monti
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La scena si svolge nella piazza del Mercato, a Napoli. Gli addetti alla riscossione dei dazi cercano di fuggire di fronte all’intervento di Masaniello. I loro severi abiti neri dai grandi, candidi colletti sono ben differenti dai cenci variopinti della plebe.
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Il dipinto è costruito attraverso l’inserimento
dell’episodio passato alla Storia nel primo piano di una comune veduta della piazza, dove le attività del mercato continuano a svolgersi tranquillamente.
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Gli edifici della piazza furono dipinti da Viviano Codazzi, pittore di vedute urbane all’epoca presente in città. Fu probabilmente lui a descrivere gli eventi
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1 a Michelangelo Cerquozzi, che non si mosse da Roma, autore invece dei personaggi e della “regia” della scena.
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Masaniello entrò con impeto in piazza insieme ai suoi uomini richiamato dal tumultuoso confronto tra alcuni commercianti e i funzionari che richiedevano i dazi sugli alimenti. Il gruppo inneggiava al re di Spagna e
imprecava contro le gabelle e il mal governo locale.
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Secondo quanto riportato dallo storico Pietro Giannone nel 1723, oggetto della disputa che innescò l’insurrezione fu la tassa richiesta per alcune ceste di fichi portate al mercato da contadini di Pozzuoli: questi erano privi del denaro per pagarla.
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Masaniello guidava una piccola schiera di compagni. Erano i cosiddetti alarbi, un gruppo di ragazzi del popolo che, in occasione della festa della Madonna del Carmine, che si svolgeva il 16 luglio, si esibivano in piazza Mercato in una sorta di giostra “armati” con le canne che si vedono tratteggiate nel dipinto.
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MONDADORI PORTFOLIO/DE AGOSTINI PICTURE LIBRARY
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La rivolta ebbe inizio in piazza Mercato, vasto spazio la cui destinazione a mercato pubblico era stata sancita nel 1302 dal potere reale angioino. Era uno dei luoghi in cui il popolo napoletano entrava in contatto con la tassazione sui consumi imposta dal governo spagnolo. Oltre che a sede del principale mercato alimentare della città, la
piazza era dedicata anche alle esecuzioni capitali e alle comunicazioni ai cittadini da parte degli organi di giustizia.
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La piazza occupa lo spazio dell’antico campo Moricino, fuori dalle mura cittadine, dove il 29 ottobre 1268 fu giustiziato Corradino di Svevia. Nipote dell’imperatore Federico II, fu sconfitto da Carlo d’Angiò a Tagliacozzo
mentre cercava di riprendere il regno di Sicilia che era stato della sua famiglia. Aveva 16 anni. I suoi resti riposano nella chiesa del Carmine.
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Il Vesuvio si presenta sullo sfondo con il nuovo aspetto assunto dal suo cono: più basso di oltre 450 metri dopo la grande eruzione del 16 dicembre 1631 che causò più di 4mila vittime.
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La chiesa era sede di un culto dedicato a Santa Maria del Carmine risalente al XIII secolo, ancora oggi molto sentito. La devozione si rivolge nei confronti di un’icona della Madonna con il Bambino, detta “La Bruna” per il colore dell’incarnato.
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Oggi Santa Maria del Carmine non prospetta su piazza Mercato,
ma sull’attigua piazza del Carmine. Nel quadro la sua facciata ha ancora le fattezze rinascimentali. Ucciso nel convento del Carmine, Masaniello fu sepolto nella chiesa. I resti furono fatti rimuovere e disperdere nel 1799 dal re Ferdinando IV dopo la caduta della Repubblica Napoletana: la tomba era diventata un simbolo di libertà. 73
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GRANDI SCOPERTE Non c’è dubbio che a giungere nel Nuovo Mondo fu il navigatore genovese. Ma senza un provvidenziale finanziamento le caravelle non sarebbero mai partite.
L’AMICO DI di Maurizio Corona
COLOMBO L
a scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo solitamente viene associata alle due caravelle, la Niña e la Pinta, e alla cocca, la Santa Maria, che il 3 agosto 1492 salparono dal porto di Palos (Andalusia) per attraversare l’Atlantico. Oppure al sostegno accordato alla spedizione dai Re Cattolici, Ferdinando II di Aragona e Isabella I di Castiglia. O anche al grido “Tierra”, urlato a squarciagola da Rodrigo de Triana, il marinaio di vedetta sul castello di prua della Pinta, che per primo avvistò il Nuovo Mondo. Pochi sanno, invece, che la chiave di volta della spedizione navale di Colombo fu il valenciano Luis de Santángel, il cui intervento fu risolutivo per la realizzazione del progetto. Senza l’uomo che
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LUIS DE SANTÁNGEL
Nell’ombra
A destra, L’ispirazione di Cristoforo Colombo, tela del pittore messicano José María Obregón. Sopra, un ritratto di Luis de Santángel conservato al Museo Navale di Madrid.
gestiva i conti per i Re Cattolici, nemmeno tutti i venti della Terra avrebbero potuto spingere le caravelle fino al Nuovo Mondo.
IL TESORIERE DEL RE. Nato intorno al 1435, Luis de Santángel apparteneva a una benestante famiglia di origine ebraica di Valencia. In gioventù studiò a Napoli, sotto la tutela di uno zio che fu giurista del re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo. Grazie alla posizione economica della sua famiglia, che da tempo aveva rapporti con la monarchia aragonese, nel 1460 ottenne la concessione di importanti miniere di sale. Poi, nel 1478, il re Giovanni II lo incaricò di curare gli interessi reali a Valencia. L’anno dopo, il nuovo re Ferdinando II, in considerazione della sua
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I sovrani e il navigatore
BROOKLYN MUSEUM
Colombo ricevuto in udienza da Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, los Reyes Católicos, in una tela del pittore messicano Juan Cordero.
Un’amicizia provvidenziale
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econdo la ricercatrice Marisa Azuara, i primi contatti tra Colombo e l’amministratore dei Re Cattolici furono agevolati da un rapporto parentale indiretto: i Santángel raccoglievano e amministravano i proventi delle macellerie situate nei domini aragonesi degli Alagón, famiglia alla quale Colombo sarebbe stato
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legato per via materna. Questa tesi però – come altre contenute nella “rivoluzionaria” quanto controversa biografia di Cristoforo Colombo scritta dalla Azuara – è respinta dalla maggior parte del mondo accademico, che condivide la spiegazione fornita da Ernest Belenguer, docente di Storia
moderna all’Università di Barcellona, autore di un’ampia monografia sui Re Cattolici. A giudizio di questo storico, all’origine del legame tra Colombo e Santángel vi erano gli stretti contatti che il valenciano ebbe con il mondo finanziario di Genova e con le famiglie di quella città dedite ai trasporti marittimi.
Busto di pietra di Luis de Santángel, situato nel Paseo de la Alameda, a Valencia.
legge che Santángel era “uomo di molta autorità e prudenza”. Sei anni dopo il loro primo incontro, l’amicizia con Luis de Santángel si rivelò determinante per ottenere i finanziamenti della spedizione che avrebbe portato alla scoperta del Nuovo Mondo.
RITENTA, SARAI PIÙ FORTUNATO. Tutto accadde in pochi giorni. Dopo la conquista di Granada (2 gennaio 1492), ultima roccaforte araba nella Penisola iberica, fu comunicato a Colombo che il suo progetto era stato respinto. Gli stessi sovrani gliene diedero conferma nel corso di un’udienza, che parve un definitivo congedo. Colombo, in preda alla frustrazione, sellò il suo mulo, pose nelle bisacce gli indumenti di ricambio, le mappe e i libri e, in compagnia del fedele padre Pérez, lasciò l’accampamento di Santa Fe, nei pressi di Granada, diretto a Siviglia. Era sua intenzione imbarcarsi per la Francia e raggiungere il fratello Bartolomeo, all’epoca al servizio di Anna di Beaujeu, sorella del re Carlo VIII, cui Colombo aveva pensato di appellarsi.
“provata operosità, fedeltà e moderazione”, gli affidò la gestione della zecca della città. Nel 1481 il sovrano lo nominò escribano de ración, importante carica dell’amministrazione del patrimonio della casa reale: questo funzionario aveva tra i suoi compiti quello di pagare i salari agli ufficiali e ai servitori del re. In sostanza, era un “sovrintendente del Tesoro” o un “cancelliere d’Intendenza”, secondo le definizioni degli storici contemporanei. Santángel conobbe Colombo a Cordova nel 1486 e ne divenne amico (v. riquadro nella pagina di sinistra). Lo riferisce Ferdinando, figlio di Cristoforo, nelle sue Historie, nelle quali si
L’OPERA DI CONVINCIMENTO. Successe, però, in quelle stesse ore qualcosa che mutò radicalmente il corso degli eventi. Santángel si recò a trovare la regina Isabella proprio con l’intento di persuaderla ad appoggiare l’impresa del navigatore genovese. Perché? Secondo alcuni storici, Santángel fu a sua volta convinto da un altro amico di Colombo, il vescovo e umanista italiano Alessandro Geraldini, confessore di Isabella. Sta di fatto che il tesoriere si mosse con astuzia. Convenne che Colombo pretendeva, sì, molto per sé; ma osservò che il progetto, se avesse avuto successo, avrebbe fruttato molto di più del suo costo. Le fece anche notare che la spedizione non era eccessivamente onerosa per le casse della corona perché richiedeva solo tre navi. A conti fatti, l’impegno economico sarebbe stato pari a quanto si spendeva per ospitare per una sola settimana un monarca straniero in visita ufficiale. Aggiunse infine che la monarchia spagnola, dopo aver assicurato ai propri sudditi l’unità religiosa conquistando
Macché “scoperta” dell’America
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uando si parla di “scoperta” dell’America e del suo “scopritore” non va dimenticato che le due parole sono usate in una visione europeo-centrica della Storia. E va anche ricordato che quando si utilizzano le espressioni America e Nuovo Mondo per riferirsi a quei territori prima della “scoperta” si adopera, per comodità, una terminologia entrata in uso soltanto dopo il viaggio di ricognizione del Sud di quel continente compiuto da Amerigo Vespucci (sotto). Il navigatore fiorentino descrisse la sua esperienza in un volumetto pubblicato a stampa nel 1503 con lo squillante e accattivante titolo di Mundus Novus. Il nome. Il libriccino ebbe un enorme successo e procurò grande fama a Vespucci tanto da indurre il cartografo tedesco Martin Waldseemüller a chiamare “America” il “Nuovo Mondo” nella sua Cosmographiae introductio (Introduzione alla cosmografia) stampata a Saint-Dié nel 1507. Il toponimo ebbe fortuna e fu universalmente adottato.
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I Re Cattolici si concentrarono sulle spedizioni oceaniche solo dopo aver portato a termine la Reconquista
L’Iber, il più grande museo di soldatini
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l fatidico colloquio tra Luis de Santángel e la regina Isabella I di Castiglia è raffigurato in un diorama custodito in una delle quindici sale espositive dell’Iber, il primo museo di soldatini al mondo sia per superficie espositiva sia per numero di pezzi in mostra. L’Iber ha sede a Valencia, nell’antico Palazzo Malferit, al civico 22 di Calle Caballeros, nel cuore della città vecchia, a pochi passi dalla Cattedrale. Ospita oltre 95.000 soldatini e figurini racchiusi in teche sparse in 3.000 metri quadri. Viaggio nel tempo. È stato inaugurato il 15 maggio 2007 dalla famiglia Noguera per esporre parte dell’immensa collezione di più di un milione di esemplari appartenente all’imprenditore valenciano Álvaro Noguera (1939-2006), grande appassionato di storia. L’Iber viene presentato da Maurizio Corona, studioso di storia, in un nuovo libro della collana “La storia in miniatura” (Akademeia edizioni), dedicata ai musei di soldatini sparsi in tutta Europa.
Santángel e la regina nella cover del libro.
Fu Santángel a persuadere la regina Isabella l’ultimo bastione musulmano della Penisola iberica, aveva tra le mani l’occasione unica di diffondere il messaggio di Cristo nelle terre asiatiche (Colombo aveva infatti promesso di raggiungere le Indie). Insomma, sarebbe stato imperdonabile, concluse Santángel, che ciò che “qui veniva considerato difficile e impossibile fosse offerto a un altro sovrano che avrebbe accettato e sarebbe diventato prospero”. La regina Isabella, che in cuor suo aveva sempre creduto nel progetto, decise di concedere il proprio appoggio e, secondo una diffusa tradizione, si sarebbe anche offerta di dare in pegno i propri gioielli per finanziare l’impresa. Ma Santángel le avrebbe risposto
che non ce n’era bisogno. Va aggiunto che gli storici moderni contestano questa generosa proposta, perché è accertato che la regina qualche anno prima (nell’agosto del 1489) aveva impegnato i suoi preziosi monili per sostenere le finanze del regno dissanguate dalla guerra contro i musulmani. Comunque quel gesto, all’epoca non smentito, alimentò per lungo tempo l’immagine di una regina coraggiosa e lungimirante. Congedatosi dalla regina Isabella, Santángel ordinò a un messaggero di raggiungere Colombo e di riportarlo a Santa Fe. Presa la decisione, furono necessari altri tre mesi perché la grande impresa avesse il sostegno ufficiale della
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ad autorizzare la spedizione di Cristoforo Colombo monarchia spagnola. Il 17 aprile 1492, a Santa Fe, furono sottoscritti gli accordi, conosciuti come “capitolati”, tra Colombo e i sovrani spagnoli. Al navigatore genovese furono promessi i titoli di ammiraglio oceanico, viceré e governatore di tutti i territori che egli avesse scoperto o conquistato e la decima parte di tutto l’oro, le gemme, le spezie e le altre mercanzie prodotte oppure ottenute per commercio entro quei domini. Il titolo di ammiraglio non gli attribuiva il comando di una flotta, ma significava che egli avrebbe avuto “giurisdizione di ammiragliato” sull’oceano e su ogni nuova terra da lui scoperta.
FINO ALL’ULTIMO MARAVEDÌ. Del finanziamento si preoccupò lo stesso Santángel, che recuperò 1.400.000 maravedì (le antiche monete spagnole, equivalenti qui a circa 24 milioni e mezzo di euro), oltre i 2/3 della somma occorrente, stimata in 2 milioni. Colombo gli fu riconoscente e glielo dimostrò informandolo delle sue scoperte e descrivendogli i territori e le popolazioni con cui era venuto in contatto. Lo fece durante il suo viaggio di ritorno, scrivendogli una lunga lettera, che iniziò il 15 febbraio 1493 e concluse il 4 marzo successivo, mentre a bordo della Niña navigava da Santa Maria, la più meridionale delle isole • Azzorre, al porto di Lisbona.
Terra!
Il primo sbarco nel Nuovo Mondo di Cristoforo Colombo: avviene sull’isola caraibica che gli indigeni chiamavano Guanahanì il 12 ottobre 1492. Il navigatore battezzerà poi il luogo San Salvador.
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