Focus n.369 (Luglio 2023)

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Che cosa dicono gli indizi di vita trovati su Marte Come potrebbero essere gli organismi extraterrestri A chi spetta intervenire in caso di incontri ravvicinati

21 GIUGNO 2023 LUGLIO 2023 € 4,90 IN ITALIA 369 NUMERO
DOMANDE&RISPOSTE SALUTE AEROBICO O ANAEROBICO QUALE SPORT SCEGLIERE MATERIALI SOSTENIBILE E HI TECH ECCO IL NUOVO CEMENTO NATURA TRUCCHI E STRATEGIE DI ANIMALI MULTICOLOR TEST SCOPRI SE HAI UNA CURIOSITÀ DA ESPLORATORE O DA FICCANASO
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11 La pelle intelligente

13 Cacca rivelatrice

15 I numeri del camminare

16 Prisma

Scoprire e capire il mondo

Quali cose ci danno più felicità

Vita extraterrestre

32

VUOI VEDERE CHE I MARZIANI C’ERANO MA SI SONO ESTINTI...

Foto, indizi e supposizioni lasciano pensare che su Marte ci sia stata vita. Qualcuno azzarda: “Può esserci ancora”.

38 IDENTIKIT DI POSSIBILI EXTRATERRESTRI

Secondo molti scienziati, gli ingredienti per la vita devono essere gli stessi ovunque. Ma qualcuno la pensa diversamente.

44 SE UN ALIENO ATTERRASSE SULLA TERRA...

... a chi tocca gestire l’incontro ravvicinato?

48 natura

GUARDA DOVE METTI I PIEDI

Su Focus 368 abbiamo visto come funziona un prato. Ora guardiamo le piante che lo abitano. E che abbiamo visto cento volte, magari senza conoscerle.

56 scienza POLIGLOTTI: GENIO O GENE?

Gli scienziati si chiedono da dove venga la capacità di imparare tante lingue ma non hanno ancora una risposta. È però certo che faccia bene alla salute.

60 società TUTTI I MONDI DI DIRE

Ci sono parole che sembrano proprio intraducibili. Sono il frutto di usi e modi di pensare “troppo” diversi dai nostri?

Pagine animate

Animazioni, video, audio... Potete fruire di tanti contenuti aggiuntivi grazie ai QR Code, nelle pagine dove troverete l’icona Focus+. Basta inquadrare il QR Code con la fotocamera attiva (se si usa un iPhone o un iPad), oppure usando Google Lens o una qualsiasi app per la scansione di QR Code (se si ha uno smartphone o un tablet Android). Se invece siete al computer, andate alla pagina del nostro sito, all’indirizzo web segnalato.

Focus | 3 In copertina: Foto portante: Space Telescope Science Institute Office of Public Outreach; Sotto da sinistra: Shutterstock (3); Getty Images.
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sonoro 20 La fisica del caffè 23 Il robot serpente 28 Le farfalle “Sauron” dossier
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Si studiano orti per le missioni su Marte
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68 ecologia IL SACCHETTO DOVE LO METTO?

La plastica biodegradabile è nata come soluzione al problema dello smaltimento. Se però non viene trattata bene, può diventare un guaio serio.

72 cifrario economico VACANZOMETRO

Quando è ora di andare in ferie, gli italiani riservano più di una sorpresa. Lo dicono i numeri.

74 tecnologia EFFETTI SPECIALI CHIAMATI OLOGRAMMI

Le tecnologie per questi giochi di luce tridimensionali sono sempre più sofisticate. Abbiamo incontrato gli inventori di SolidLight.

80 sport AEROBICO VS PALESTRATO

Come cambia il nostro corpo (e la salute) se facciamo un allenamento più “muscolare” o più “cardiovascolare”.

86 natura LO DICO A COLORI

Negli animali ogni elemento cromatico serve a comunicare qualcosa, ad attrarre come a respingere.

Il calcestruzzo diventa moderno

94 tecnologia 100 SFUMATURE DI GRIGIO

Autoriparante, mangiasmog, ultraresistente. Il calcestruzzo è sempre più smart. E cerca di limitare le emissioni di CO2. Con scoperte inattese.

104 comportamento CURIOSA MENTE

Il cervello è programmato per cercare di saperne di più. Se così non fosse, la civiltà non sarebbe mai progredita. Perché il vero motore della scienza è la voglia di farsi domande sempre nuove.

112 family economy per Focus/10 ASSICURAZIONI

Come proteggersi dai rischi della vita e tutelare la serenità economica della famiglia.

italiani: il

4 | Focus
7 L’oblò 102 Tipi italiani 157 Academy 162 MyFocus 164 Cartellone 168 Giochi RUBRICHE
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lupo
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appenninico

Se un alieno Terra...

State passeggiando con alcuni amici in una tranquilla notte stellata, quando il vostro sguardo viene improvvisamente catturato da una luce abbagliante che si muove veloce in cielo, proprio davanti a voi, non in caduta, ma come se fosse pilotata. Anche gli altri alzano lo sguardo, sbalorditi dall’apparizione. La luce si trasforma in una sfera luminosa di dimensioni considerevoli. Si alza un forte vento, mentre l’oggetto volante si avvicina sempre di più al suolo. Diventa più grande, mostrando dettagli intricati sulla sua superficie metallica. Si abbassa lentamente e, con un suono simile a un sibilo, atterra in una radura, sollevando una nuvola di polvere e foglie. Siete ammutoliti davanti a questo spettacolo, ma sapete bene di che cosa si tratta: è un’astronave aliena. E voi siete i primi testimoni di un contatto con un’altra civiltà intelligente proveniente dallo spazio.

ASTEROIDE O ASTRONAVE?

Ma, terminato il momento di stupore, sapreste come comportarvi? Una domanda che ci è sorta guardando ai recenti avvistamenti (con la bella stagione aumentano sempre) e al primo incontro pubblico, il 31 maggio scorso, della task force che la Nasa ha istituito nel 2022 per studiare quel 2-5% di casi che non ha una spiegazione banale (i risultati

dovrebbero arrivare entro fine luglio). Di scene come quella descitta all’inizio sono pieni i libri e i film di fantascienza, e ogni autore propone soluzioni diverse su come affrontare la situazione, a seconda che gli alieni di turno siano pacifici (e in genere lo sono quando sono più intelligenti di noi) o abbiano intenzioni ostili (perché hanno distrutto il loro pianeta di origine e ne cercano altri da colonizzare). Ma, nella realtà, qualcuno ha pensato a stilare un protocollo di intervento nel caso in cui ci si trovi davanti a un contatto alieno?

«Qualsiasi protocollo di questo tipo è prematuro perché dobbiamo prima identificare la natura degli oggetti alieni che incontriamo e capire il loro intento», spiega a Focus l’astronomo Abraham (Avi) Loeb, direttore dell’Institute for Theory & Computation dell’Università di Harvard a Cambridge (Usa). «Quando sapremo quali informazioni stanno cercando potremo decidere come rispondere». Loeb è considerato uno dei massimi esperti nella ricerca di civiltà extraterrestri, tra i suoi libri di divulgazione spicca Extraterrestrial (Non siamo soli, Mondadori, 2022), ed è famoso per alcune sue provocazioni. Per esempio, nel 2017, quando fu individuato ‘Oumuamua, il primo asteroide di origine interstellare, propose di studiarne a fondo la natura mettendo tra le ipotesi anche quella che potesse essere un oggetto tecnologico creato da una civiltà aliena.

44 | Focus dossier

atterrasse sulla

... a chi tocca gestire l’incontro ravvicinato?

IO, UMANA Nel film Arrival (2016), una linguista viene messa all’opera per cercare di comunicare con gli alieni di alcune astronavi giunte sulla Terra. di Emiliano Ricci
Mondadori Portfolio vita extraterrestre

UNA SQUADRA DI… ACCOGLIENZA

Per la verità, qualcuno che sta lavorando a un piano per il fatidico incontro c’è: è il Seti Post Detection Hub (centro di post-rilevazione del Seti, v. riquadro sotto), inaugurato nel novembre 2022 all’Università di St Andrews, nel Regno Unito. A coordinare il gruppo di ricerca multidisciplinare (che comprende astronomi, biologi, neuroscienziati, informatici assieme a psicologi, filosofi, giuristi e artisti) è John Elliott, ricercatore in linguistica computazionale della stessa università. «Al momento non esistono protocolli di agenzie governative o di organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite», conferma Elliott. «Il Seti Post Detection Hub lavorerà proprio per risolvere questo problema».

Una serie di regole da seguire in caso di contatto alieno esiste già: è il documento “Dichiarazione di principi sulla condotta della ricerca di intelligenza extraterrestre” (in breve “Protocollo Seti”), approvato dal Gruppo di Studio Permanente Seti dell’Accademia Internazionale di Astronautica. Si occupa però

TRA SETI, UFO, UAP E OVNI

Nel 1960, l’astronomo americano Frank Drake fece i primi tentativi di ricezione di un segnale alieno con il radiotelescopio di Green Bank (Usa): il primo passo del progetto Seti (Search for ExtraTerrestrial Intelligence).

Oggi, il Seti è un insieme di iniziative che vede coinvolte sia università e centri di ricerca pubblici, sia organizzazioni e fondazioni private. Fra queste iniziative c’è quella del fisico russo Jurij Milner, che nel 2015 ha lanciato le Breakthrough

Initiatives, un programma scientifico dedicato alla ricerca della vita nell’universo, in particolare grazie ad alcuni grandi radiotelescopi. Il metodo principale utilizzato, ma non l’unico, è infatti la ricerca di segnali radio che potrebbero essere intenzionalmente (o meno) trasmessi da altre civiltà. Finora, però, a eccezione del segnale “Wow!” del 1977 (poi mai più osservato), non è stato rilevato nulla che possa somigliare a una

solo della validazione di un segnale radio ritenuto “intelligente” proveniente dallo spazio, e delle modalità con cui diffondere la notizia. «Questo protocollo prevede vari passaggi», spiega Elliott, «ognuno dei quali considera un grado sempre più avanzato di “conoscenza” del segnale alieno». Quindi il Protocollo Seti tratta solo di contatti a distanza. Anche quando arriva alla delicata fase di post-rilevazione, cioè quando sia stato stabilito con certezza che il segnale raccolto è di origine intelligente. «Per affrontare questa fase», specifica Elliott, «è stato istituito un gruppo di lavoro capace di fornire assistenza su tutte le questioni che possono sorgere in caso di segnale confermato, dall’analisi scientifica alla discussione pubblica delle implicazioni politiche, sociali, psicologiche, filosofiche, religiose».

ARRIVANO I MILITARI

Ma torniamo all’ipotesi dell’atterraggio alieno. Che situazioni potremmo ipotizzare? Le prime a mobilitarsi sarebbero le forze armate dei Paesi coinvolti, che verrebbero messe in stato di allerta, pronte a contenere e a isolare le aree interessate. I sistemi di difesa aerea e i dispositivi di sorveglianza sarebbero intensificati e sarebbero schierate unità militari

comunicazione interstellare. Da qualche tempo si è aggiunta anche un’altra modalità di ricerca, quella del Progetto Galileo della Harvard University, ideato da Avi Loeb. «Questo progetto è complementare al Seti tradizionale, in quanto cerca oggetti fisici e non segnali elettromagnetici», spiega Loeb.

Oggetti non identificati

Che ne è invece degli Ufo?

Diversi governi, nel corso degli anni, hanno discusso di Ufo

(Unidentified Flying Objects, oggetti volanti non identificati) e della possibilità di vita extraterrestre. Alcuni Paesi hanno anche avviato programmi di ricerca sul tema, come il famoso Progetto Blue Book (1952-1969) negli Usa, che però sono stati chiusi senza prove conclusive su un’origine extraterrestre degli avvistamenti. Nel 2020, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato l’avvio di un nuovo programma chiamato Uap (Unidentified

Mondadori Portfolio
Al momento non esistono protocolli, neanche da parte delle Nazioni Unite
46 | Focus dossier

per garantire la sicurezza, isolando l’area dell’atterraggio e verificando la presenza di pericoli per la salute, come radioattività o sostanze tossiche. Inoltre, sulla base delle informazioni disponibili, le forze militari potrebbero sviluppare piani di difesa e contromisure nel caso in cui gli alieni si dimostrassero potenzialmente minacciosi.

Nei confronti della popolazione civile, invece, potrebbero essere attivate le procedure previste dai protocolli di evacuazione e raccolta in rifugi in caso di pericolo. Nel frattempo, tutto ciò che avviene avrebbe una risonanza mondiale, in diretta, sui media e sui social. Importante sarebbe anche il supporto psicologico ai cittadini, alcuni dei quali potrebbero essere molto turbati dall’evento dell’atterraggio alieno; probabilmente spunterebbe qualche setta che vedrebbe negli extraterrestri i salvatori oppure, in alternativa, gli sterminatori del genere umano. A questo scopo potrebbero essere istituiti centri di assistenza psicologica per fornire supporto emotivo.

In una situazione straordinaria come questa, sarebbe auspicabile una collaborazione tra governi e scienziati di tutto il mondo, per raccogliere le informazioni possibili sulla natura degli alieni e sulle loro intenzioni, utilizzando mezzi avanzati di sorveglianza, come satelliti, droni e aerei spia. E si istituirebbero gruppi di esperti per studiare gli alieni e la loro tecnologia.

Questi gruppi potrebbero valutare le minacce potenziali e formulare raccomandazioni sulle azioni da intraprendere, fra cui quella di cercare di stabilire un canale di comunicazione con i nuovi arrivati per avviare un dialogo pacifico.

LINGUAGGIO DA DECIFRARE

Già, ma come potremmo comunicare con gli alieni? Con i suoni di Incontri ravvicinati del terzo tipo o con i logogrammi circolari di Arrival? John Elliott ha pensato anche a questo: «Ho sviluppato alcuni modelli di comunicazione, basati sui linguaggi rappresentativi dell’uomo e su quelli di alcuni animali come i delfini, modelli che sono progettati per identificare il linguaggio degli extraterrestri e scoprirne la sintassi». Ma, come nel caso di due persone che non parlano la stessa lingua, avremo bisogno di qualcosa che ci permetta di associare un significato ai segni (o alle parole) utilizzati. La tecnologia da impiegare dipenderà dal tipo di incontro. «Se si tratta di un segnale da un pianeta lontano», prosegue Elliott, «lo strumento principale sarà l’analisi computazionale e l’applicazione di algoritmi. Ma non sarà facile, perché è sempre possibile che le parole ingannino. Tuttavia se il nostro “incontro” si svolgerà a grandi distanze, ciò annullerebbe qualsiasi minaccia». Ma lascerebbe aperto il problema di come gestire il “contatto”.

AL CINEMA

Da sinistra: Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), Mars Attacks! (1996) e, qui, E.T. l’extraterrestre (1982).

ALIENI SU FOCUS TV

Aerial – o Anomalous –Phenomena) Task Force, focalizzato sempre sull’indagine di avvistamenti di fenomeni anomali non identificati. Dal 1978, anno di numerosi avvistamenti in Italia, anche l’Aeronautica Militare si occupa di studiare il fenomeno degli oggetti volanti non identificati (Ovni), pubblicando un resoconto annuale delle segnalazioni raccolte dai cittadini. A questo scopo ha messo a disposizione un modulo da

compilare in caso di avvistamento (www. aeronautica.difesa.it/ovni/) e da consegnare a una stazione dei Carabinieri, che poi provvederanno all’inoltro al Reparto Generale Sicurezza dello Stato Maggiore. Dal 2001 a oggi, gli oggetti non identificati in Italia catalogati dall’Aeronautica sono stati circa 170, mentre quelli registrati dal governo americano, solo nel 2022, sono diverse centinaia.

Per celebrare la Giornata mondiale degli Ufo, il 2 luglio FOCUS TV dedica una serata speciale agli extraterrestri. Alle 21:15 va in onda Alieni: primo contatto, un documentario della Bbc (foto) che approfondisce i temi di questo articolo, ovvero cosa accadrebbe se la Terra entrasse in contatto con una civiltà extraterrestre. Segue alle 23:15, La vera storia del segnale Wow. BBC

Mondadori Portfolio
vita extraterrestre

POLIGLOTTI QUESTIONE DI GENIO O DI GENE?

I neuroscienziati si chiedono da dove venga la capacità di imparare tante lingue ma non hanno ancora una risposta.

È però certo che faccia bene alla salute.

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MONDO IN MANO

Poter parlare in lingue diverse tra loro non significa solo potersi destreggiare in molte situazioni, ma anche avere una mente più flessibile.

Nei primi giorni dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, Philip Crowther, reporter dell’agenzia Associated Press, si guadagnò fama planetaria e 70.000 nuovi follower su Twitter per i suoi dispacci da Kiev trasmessi in sei lingue diverse: inglese, lussemburghese, spagnolo, portoghese, francese e tedesco. A noi che fatichiamo a stare al passo con gli esercizi di Babbel o altre app per imparare le lingue, quelle di Crowther sembrano competenze da marziano. Eppure il giornalista, cresciuto in Lussemburgo da padre inglese e madre tedesca, racconta con naturalezza di aver acquisito queste prime tre lingue natali “gratis” e senza sforzo, e aver aggiunto francese e inglese sui banchi di scuola, seguiti dal portoghese negli anni universitari.

DIFFERENZE INDIVIDUALI

Le persone che come Crowther hanno un alto grado di conoscenza di più lingue sono chiamate poliglotti. Anche se, su quanti idiomi si debbano sapere per far parte del “club” non esiste un accordo preciso: 4-5 è di solito considerato un numero sufficiente, ma c’è anche chi ne padroneggia più di 10 (sono gli iperpoliglotti: vedi riquadro nell’ultima pagina). Viene spontaneo domandarsi: che cos’ha di speciale il cervello dei

Shutterstock Focus | 57

Metà della popolazione mondiale è almeno bilingue ma i poliglotti (che parlano 4-5 idiomi) sono molti di meno

poliglotti? Così portati per le lingue si nasce oppure si diventa? Linguisti e neuroscienziati si pongono le stesse domande. «Ci sono persone che sembrano facilitate nell’apprendere una lingua straniera, altre meno. Come mai? In realtà, tutti impariamo a parlare e capire la nostra prima lingua senza uno sforzo consapevole. Ma anche nell’acquisizione della prima lingua ci sono grosse differenze individuali», spiega Alessandra Rampinini, ricercatrice del Brain and Language Lab al Campus Biotech dell’Università di Ginevra. «Io e i miei colleghi impegnati nel progetto Evolving Language siamo interessati proprio a queste differenze: dipendono da una predisposizione genetica o sono invece il risultato dell’esperienza di vita? In fondo il poliglottismo non è che una delle molte possibili manifestazioni delle differenze individuali nella capacità del linguaggio». Del resto in molte parti del mondo esprimersi in lingue diverse a seconda del contesto è la norma: in aree geografiche caratterizzate da una grande diversità etnica o geografica come la Papua Nuova Guinea, l’Indonesia, l’India o la Nigeria, è perfettamente naturale che più lingue ufficiali convivano con i diversi “dialetti” parlati dalla popolazione. Senza contare che si stima che circa la metà della popolazione mondiale sia almeno bilingue.

CAPACITÀ PARALLELE

Sicuramente l’esposizione precoce a lingue diverse può contribuire a formare un multilingue, ma non si diventa poliglotti per “osmosi”. La maggior parte delle persone che conoscono molte lingue dedica al loro studio tempo e passione. L’iperpoliglotta statunitense Alexander Argüelles, che parla in modo fluente almeno 10 lingue e ne ha studiate più di 60, ha raccontato al giornalista Michael Erard, autore del libro sui poliglotti Babel no more (Non più Babele, con riferimento alla torre biblica in cui si parlavano talmente tante lingue da non capirsi più), di alzarsi ogni notte alle 3:00 per scrivere un paio di pagine in sanscrito, arabo o cinese, le lingue che chiama “sorgenti etimologiche”, e di continuare poi con altre lingue finché non ha riempito 24 pagine di un quaderno. Poi esce per fare jogging ascoltando audiolibri in altre lingue, e quando torna a casa si

dedica a esercizi di grammatica e fonetica, appuntando su un foglio excel il tempo dedicato allo studio di ciascuna.

Ma che cosa distingue i poliglotti da tutti gli altri? «Non sembra che quella del linguaggio sia una dimensione che procede da sola. Stiamo iniziando a capire che le capacità linguistiche e le capacità cognitive generali si muovono assieme, su direttrici parallele», chiarisce Rampinini. La scienziata propone a persone con conoscenze linguistiche e background socio-culturali diversi batterie di questionari e test al computer per esplorare il loro rapporto con le lingue, le loro capacità di intelligenza generale e quelle di discriminazione uditiva prima di metterle alla prova con frasi da comporre in lingue inventate e sottoporle a esami in risonanza magnetica, strutturale e funzionale (fMRI). Le due tecniche di imaging cerebrale permettono di fotografare in altissima definizione particolari come lo spessore della corteccia cerebrale in alcuni punti o la quantità di materia bianca che collega come un’autostrada diverse aree, o ancora di osservare le regioni impegnate mentre i volontari partecipano a diverse attività linguistiche, come ascoltare una fiaba nella propria lingua madre o in una seconda lingua.

QUESTIONE DI INIBIZIONE

Le conclusioni preliminari delle ricerche di Rampinini (che sta attualmente studiando le capacità linguistiche, oltre ai profili genetici, di 150 persone), dicono che per essere multilingui bisogna avere buone capacità di memoria e di apprendimento. «Ma soprattutto di modulazione degli stati cerebrali, ossia della capacità del cervello di rispondere ai bisogni del momento. Se io parlo inglese, francese e tedesco, quando mi trovo in Germania devo inibire il francese per parlare il tedesco ed evitare interferenze. Questa facoltà di rimanere nello stato mentale di una lingua o dell’altra è determinata proprio dalla capacità generale di modulare l’attenzione», puntualizza la studiosa. Ma anche altre insospettabili doti cognitive possono risultare preziose: mani e parola per esempio sono connessi. «Può essere che la velocità con cui infilo dei chiodini in buchi molto piccoli con la mia mano dominante si rapporti alla fluenza con cui pos-

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Getty Images/ (3)

STUDIO MATTO E DISPERATISSIMO

Conoscere tante lingue viene naturale solo fino a un certo punto. Sono favoriti i bambini che nascono da coppie di nazionalità diverse (foto piccola nella pagina accanto) o che studiano lingue molto diverse dalla propria (sotto) già da piccoli. Per impadronirsi davvero di un idioma gli adulti invece devono esercitarsi molto.

GLI IPERPOLIGLOTTI

Alcune persone parlano un numero molto elevato di lingue: sono gli iperpoliglotti. Il termine è stato coniato vent’anni fa dal linguista britannico Richard Hudson e si riferisce a chi di lingue ne conosce almeno 11. I veri iperpoliglotti, che non millantano la conoscenza di una lingua solo perché ne sanno pronunciare alcune frasi, sono appena qualche decina nel mondo. Nella storia il primato spetta forse al cardinale italiano Giuseppe Mezzofanti (1774-1849, nel riquadro), insegnante di lingua araba, greca e lingue orientali all’Università di Bologna e custode della Biblioteca Vaticana. Si dice che parlasse “con rara bravura” settantotto lingue. Ma che cosa si intende per “parlare una lingua”? Rispondere è complicato ed è il motivo per cui i poliglotti stessi sono spesso restii a sbandierare il numero di lingue che conoscono, mentre preferiscono dire quante lingue parlano a livello di madrelingua, quante ne hanno studiate e quante ne usano regolarmente.

so muovere l’apparato fonatorio, i denti, la lingua e la bocca per produrre suoni in una lingua straniera quando mi viene chiesto di imitarli, donandomi quindi una buona pronuncia», dice Rampinini. Che aggiunge: «Il cervello è molto complesso, e il linguaggio lo sfrutta in tutte le sue potenzialità. Rimane vero che regioni frontali e temporo-parietali dell’emisfero sinistro sono le principali implicate nei compiti linguistici, ma se guardiamo al linguaggio nella sua globalità, come insieme di funzioni strettamente linguistiche (parlare e ascoltare, pronunciare e comprendere finemente) ma anche cognitive in senso lato (ricordare, fare attenzione, capire), allora dobbiamo considerare il cervello una struttura in cui un piccolo meccanismo non è mai isolato, ma serve a farne funzionare altri».

MOTORE PIÙ POTENTE

Ciò detto, i circuiti linguistici dei poliglotti potrebbero operare in maniera più efficiente rispetto a quelli delle persone “comuni”. In un esperimento in risonanza magnetica funzionale, Evelina Fedorenko, neuroscienziata del Language Lab del Mit a Boston ha trovato che, per analizzare la loro lingua madre, i poliglotti usano meno risorse neurali rispetto a chi parla soltanto una o due lingue. Una possibile ipotesi è che grazie

all’esperienza accumulata con l’apprendimento di più lingue questa operazione richieda per loro uno sforzo minore. Ma potrebbero anche essere così “facilitati” da sempre. «Sarebbe importante capire se ciò si verifichi dalla nascita o se invece derivi dall’esperienza, ma per questo serviranno studi genetici e longitudinali (ossia che seguano le persone nel tempo)», dice Fedorenko. In realtà, quanto la genetica possa contribuire alle eccezionali abilità dei poliglotti è attualmente ignoto. «E ovviamente non conosciamo il ruolo che possono avere i singoli geni. In base alla mia esperienza, possiamo aspettarci un elevato livello di complessità e molti geni coinvolti», chiarisce Simon E. Fisher, direttore del Max Planck Institute for Psycholinguistics a Nimega (Olanda). Del resto esistono ragazzi dislessici che hanno iniziato a parlare un po’ più tardi (e quindi probabilmente non sono “facilitati” dai geni) che però parlano tranquillamente tre lingue perché vengono da coppie miste e vanno in una scuola dove la prima lingua è ancora diversa.

GINNASTICA CEREBRALE

Una certezza invece è che il multilinguismo mantiene giovani più a lungo, perché aiuta a ritardare i sintomi fisiologici dell’invecchiamento cerebrale: «È stato dimostrato che le persone multilingui tendono a presentare i sintomi della demenza mediamente cinque anni più tardi rispetto alla media. In uno studio canadese che ha seguito 619 suore in un convento (quindi persone che avevano vissuto nello stesso luogo e con stile di vita simile) per 30 anni è emerso che chi aveva una predisposizione genetica per alcuni tipi di demenza, la presentava comunque più tardi se a 20 anni aveva avuto buoni voti all’università ed era multilingue. Non solo: alcune abilità specifiche, tra cui competenze prettamente linguistiche (come la complessità delle idee espresse nei diari che le suore erano obbligate a tenere, o l’ampiezza del vocabolario utilizzato), tendono a far regredire i primi sintomi della demenza in una buona percentuale di persone (ben il 30% nel caso dello studio sulle suore). Sembra ormai accertato dunque che il multilinguismo aiuti a invecchiare più tardi», conclude Rampinini.

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LA SCIENZA IN PILLOLE C’È UN’ISOLA DOVE GLI ABITANTI VEDONO IN BIANCO E NERO? AMORE E SESSO BASTANO 36 DOMANDE PER INNAMORARSI? ARTE E CULTURA PERCHÉ DA ANZIANI NON SI ASCOLTA PIÙ NUOVA MUSICA? LE DOMANDE DEI LETTORI Perché conviene fare spesso “spegni e riaccendi”? Scrivete a: focusdr@mondadori.it CIBO QUAL È IL MODO MIGLIORE PER APRIRE UN BISCOTTO FARCITO? ECONOMIA DISTRARSI IN UFFICIO FA BENE? INDICE PAGINE ANIMALI 118 • TECNOLOGIA 122 • SCIENZA 124 • AMORE E SESSO 126 • STORIA 128 • TE LO DICE MASSIMO 132 • NATURA 134 • ECONOMIA 136 • SALUTE 138 • SOCIETÀ 142 • ARTE E CULTURA 144 • CIBO 146 • PSICHE 148 • UNIVERSO 152 • SPORT 154 INSERTO SPECIALE! Domande Risposte STORIA QUALI SONO STATE LE PAURE PIÙ STRANE DEI GRANDI PERSONAGGI? TE LO DICE MASSIMO LA RUBRICA DI MASSIMO CANNOLETTA, IL CAMPIONE DEI QUIZ TV Getty Images Shutterstock / SeventyFour Shutterstock / MDV Edwards Shutterstock Shutterstock sruilk

CHE COSA VUOLE DIRE “DRONE”?

IN TEDESCO (MA ANCHE IN INGLESE), QUESTA PAROLA INDICA IL FUCO DELL’APE. DI CUI, IN EFFETTI, SEMBRA RIPRODURRE IL RONZIO. IL PRIMO RISALE AL 1918.

In italiano, drone non vuol dire assolutamente nulla. L’etimologia della parola, infatti, è tedesca, lingua nella quale il drohne non è altro che il fuco (o il “pecchione”), ossia il maschio dell’a-

pe. È anche facile intuire il motivo per cui tali dispositivi volanti siano stati assimilati a quest’insetto, ovvero per il ronzio che producono, del tutto simile a quello, cupo e profondo, che si avverte nelle vicinanze di uno sciame di fuchi, specie nel periodo degli accoppiamenti. INSETTO MECCANICO. Esiste un secondo collegamento etimologico tra i droni e gli insetti. Uno dei primi velivoli senza pilota, infatti, fu inventato

Perché conviene fare spesso “spegni e riaccendi”?

nel 1918 dall’ingegnere e uomo d’affari americano Charles Franklin Kettering che (grazie alla collaborazione con Henry W. Walden, fondatore della Società Dayton-Wright) costruì una sorta di aereo radiocomandato. In realtà, si trattava di un precursore degli attuali missili da crociera. In ogni caso, fu chiamato Kettering Bug, ossia l’insetto di Kettering.

Èuna questione di memoria. Computer, laptop, tablet e smartphone ne ospitano di due tipi: l’hard disk e la Ram (Random Access Memory). La prima serve a contenere tutti i dati (foto, video, audio, documenti, app ecc...), mentre la seconda ospita solo alcuni file, spesso temporanei, ma fondamentali per il funzionamento del dispositivo. Questa memoria, però, ha una capacità molto inferiore nel contenere i dati rispetto al “disco rigido”, e questo può portare a fenomeni di saturazione. Per questo motivo talvolta richiede di essere svuotata, al fine di evitare che si rallentino i tanti processi che consentono le operazioni del dispositivo.

Spegni e riaccendi. Riavviare un computer o un cellulare è uno dei migliori modi per sgombrare la memoria Ram. Per lo stesso motivo, dopo l’installazione di un nuovo programma sul computer, ci viene chiesto di riavviarlo. Uno degli scopi è quello: liberare la Ram e far sì che i nuovi file installati possano funzionare al meglio. S.V.

TECNOLOGIA
Simone Valtieri MISSILE Una riproduzione del Kettering Bug al Museo Nazionale dell’Air Force Usa.
Shutterstock
National Museum of the United States Air Force in Dayton, Ohio
122 | Focus
LA DOMANDA DEL LETTORE da Pietro N. da Rovigo

BACILLOFOBIA RUPOFOBIA

ECOFOBIA EREMOFOBIA

La paura di rimanere da solo in casa (òikos), e più in generale di ritrovarsi in solitudine (éremos), condizionò l’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo Magno (742-814), che forse anche per questo si sposò cinque volte ed ebbe, pare, venti figli.

Un esagerato timore dei bacilli e della sporcizia (rùpos) ossessionò il primo ministro britannico Winston Churchill (1874-1965), il quale era solito trascorrere, ogni giorno, diverse ore nella vasca da bagno. La paura dei germi riguardò inoltre due dittatori: Benito Mussolini (1883-1945) e Saddam Hussein (1937-2006).

QUALI SONO STATE LE PAURE

PIÙ STRANE DEI GRANDI PERSONAGGI STORICI?

AL PARI, E FORSE PIÙ, DELLA GENTE COMUNE, ANCHE I GRANDI PERSONAGGI HANNO SOFFERTO DI MOLTEPLICI FOBIE (DAL GRECO PHÓBOS, “PAURA”) CHE NE HANNO CONDIZIONATO L’ESISTENZA. ECCO ALCUNI DEI CASI PIÙ CURIOSI. A cura di Matteo Liberti

Tra le tante fobie che afflissero il dittatore tedesco Adolf Hitler (1889-1945), la più curiosa è forse costituita dall’eccessiva paura di farsi curare i denti (odóntos). Sedersi sulla poltrona del dentista gli provocava infatti fiato corto e giramenti di testa, e così la sua salute orale fu sempre pessima.

TAFOFOBIA

Si può avere paura di un uovo? Naturalmente, risponderebbe il regista inglese Alfred Hitchcock (1899-1980). Il “maestro del brivido” veniva infatti colto da disturbi ansiosi e da un forte senso di repulsione ogni volta che ne vedeva uno, in particolare se di gallina.

ODONTOFOBIA OVOFOBIA

Il terrore di ritrovarsi nella tomba (taphós) per errore, ossia di essere sepolti vivi, tormentò il presidente americano George Washington (1732-1799), il compositore polacco Fryderyk Chopin (1810-1849) e lo scrittore inglese Edgar Allan Poe (1809-1849), che a tale spauracchio dedicò anche un racconto (The Premature Burial).

STORIA
ALFRED HITCHCOCK GEORGE WASHINGTON ADOLF HITLER FRYDERYK CHOPIN EDGAR ALLAN POE SADDAM HUSSEIN CARLO MAGNO
128 | Focus
WINSTON CHURCHILL BENITO MUSSOLINI

L’ossessiva e disturbante paura della morte (thánatos) assillò sia il tiranno Dionigi I di Siracusa (430-367 a.C.), che temendo d’essere ucciso evitava pure il barbiere, sia l’imperatore cinese Qin Shi Huang (260-210 a.C.), il quale si volle far proteggere anche da morto, dal celebre “esercito di terracotta”.

TANATOFOBIA

CROMATOFOBIA

Una delle paure più strambe che si conoscano è quella di chi non sopporta la visione di taluni colori (kromos), soprattutto se accesi e vivaci. Tra costoro, il regista statunitense Woody Allen (classe 1935), che di fobie e paranoie ha spesso parlato nei suoi film.

PENIAFOBIA

La preoccupazione di ritrovarsi improvvisamente in povertà (penia) pervase il pittore spagnolo Pablo Picasso (18811973), il quale vendette compulsivamente le sue opere per accumulare denaro (a volte pentendosene), non uscendo inoltre mai di casa senza portare con sé discrete quantità di soldi.

ENTOMOFOBIA

La paura degli insetti (entomon), attribuita tra gli altri a Giulio Cesare (101/10044 a.C.), afflisse per tutta la vita l’artista spagnolo Salvador Dalí (1904-1989), che tremava quando ne percepiva la presenza (temeva soprattutto cavallette e formiche) e a volte se li immaginava mentre gli camminavano addosso.

AGORAFOBIA

CERAUNOFOBIA SCOTOFOBIA

Come attesta Svetonio, Augusto (63 a.C.-14 d.C.), il primo imperatore romano, non riusciva a rimanere sereno in caso di fulmini (keraunós pesante oscurità ( tanto che quando c’era maltempo cercava immediatamente un rifugio sicuro (se possibile fornito di candele). Un’ansia simile assillò l’imperatore Caligola (12-41).

La paura della “piazza” (agorà), ovvero degli spazi aperti, peggio se affollati, ha mietuto nel tempo diverse vittime tra cui Alessandro Manzoni (17851873), che raccontò di un attacco di panico vissuto in Place de la Concorde a Parigi, e il pittore norvegese Edvard Munch (1863-1944), che la sublimò in parte nelle sue opere (tra cui L’urlo).

CALIGOLA
PICASSO SALVADOR DALÍ GIULIO CESARE
ALESSANDRO MANZONI EDVARD MUNCH
PABLO
QIN SHI HUANG DIONIGI I
WOODY ALLEN
AUGUSTO
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The J. Paul Getty Museum, Villa Collection, Malibu, California

Davvero il naso sembra più grande durante la gravidanza?

In effetti sì, e i “colpevoli” sono, come per molti altri poco graditi disturbi in quei 9 mesi, gli elevati livelli di ormoni in circolo, e in particolare l’aumento degli estrogeni, che provoca un rilassamento dei vasi sanguigni in ogni tessuto del corpo. Se da una parte questo facilita l’afflusso del sangue nell’utero, dove è funzionale alla crescita del feto, lo favorisce anche in punti dove se ne farebbe a meno, come il naso, che può apparire più gonfio in gravidanza. Infiammazioni. Oltre ad apparire più grande, il naso delle gestanti può più facilmente sanguinare (epistassi: una condizione che interessa una donna in attesa su 5 e a cui contribuisce anche il progesterone, che può indebolire le mucose) o risultare infiammato, chiuso e gocciolante per la cosiddetta rinite gravidica, un’infiammazione non collegata a infezioni. La buona notizia è che dimensioni del naso e malanni connessi rientrano nella norma entro sei settimane dal parto e in genere non incidono su gusto e olfatto. E.I.

Esiste una molecola che fa ricrescere i capelli?

Sì. Si chiama SCUBE3 ed è una proteina prodotta dalle cellule della papilla dermica, una struttura che si trova alla base del bulbo pilifero. In momenti diversi del ciclo di vita dei capelli, queste cellule possono inviare segnali che mantengono i follicoli piliferi dormienti oppure li riattivano. Un team di ricercatori, coordinati da biologi cellulari dell’Università della California a Irvine, ha scoperto che SCUBE3 è una molecola di segnalazione che “dice” alle cellule staminali dei follicoli piliferi di iniziare a dividersi, innescando la nascita di nuovi capelli (nella foto) Nuovo input. In sostanza, si tratta di un “messaggero” che dà impulso alla crescita. Come spiegano gli autori dello studio, nelle persone con alopecia androgenetica (la calvizie comune), le cellule della papilla dermica non funzionano correttamente, riducendo notevolmente la produzione di molecole attivanti. I loro test suggeriscono che la somministrazione di SCUBE3 sia in grado di avviare la crescita dei capelli, per cui i ricercatori pensano che potrebbe derivarne un’efficace terapia per la calvizie. M.Z.

Perché al mattino abbiamo l’alito pesante?

Lo sgradevole olezzo del mattino

è causato da alcuni composti chimici sulfurei (cioè a base di zolfo) che si formano nella nostra bocca, principalmente il dimetilsolfuro e il metantiolo (detto anche metilmercaptano), quest’ultimo responsabile anche dell’odore nauseabondo delle feci e de i gas intestinali. Tali molecole sono il risultato della naturale decomposizione dei residui di cibo che si depositano fra i denti, le gengive e sulla lingua.

Non solo igiene. Inutile dire che per contrastare l’alito cattivo bisognerebbe, per prima cosa, avere molta cura della propria igiene orale, lavando bene i denti e la lingua prima di mettersi a letto, e affrontare eventuali infiammazioni delle gengive.

Ma è anche importante stare molto attenti a ciò che si mangia la sera: cibi molto grassi, piccanti ed elaborati andrebbero ridotti al minimo o addirittura eliminati dal menu della cena.

Via libera invece a legumi, verdure (meglio se cotte) e soprattutto alle mele, che sono in grado di abbattere gli effetti dei prodotti responsabili dell’alitosi. F.C.

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Nitish Shettigar/Plikus lab Shutterstock Shutterstock

COS’È UNA “COPERTA PONDERATA”?

Un tipo di coperta la cui qualità è di essere molto più pesante rispetto al consueto (dai 5 ai 10 kg, contro 1,5/2 kg delle coperte normali), circostanza che favorirebbe il sonno e, più in generale, la riduzione dei livelli di ansia. Si ritiene, infatti, che la pressione esercitata sul corpo, interpretata dal cervello alla stregua di un abbraccio, possa stimolare il rilascio di sostanze come la serotonina e la melatonina, utili a rilassare il sistema nervoso. Non a caso, tale strumento è nato in ambito terapeutico, per la cura di disturbi mentali.

TESSUTO A STRATI. All’interno di una coperta ponderata sono presenti più strati di tessuto contenenti micro sfere di vari materiali – vetro, plastica, ceramica – distribuite in modo tale da produrre una pressione uniforme. Nell’acquistare una di queste trapunte (sconsigliate per i bambini, soprattutto se piccoli), bisogna comunque stare attenti a sceglierla del peso giusto, che corrisponderebbe al 10% circa di quello corporeo. M.L.

È vero che alcuni starnutiscono se si staccano un sopracciglio?

Succede ad alcune persone a causa di una sorta di corto circuito del trigemino, un nervo sensitivo e motorio molto importante, direttamente collegato al cervello (in giallo nel disegno). Da esso, infatti, dipendono i processi di masticazione e, soprattutto, le informazioni sensoriali della parte centrale del nostro volto. Il trigemino, come intuibile dal nome stesso, si divide in tre parti: mandibolare, mascellare e oftalmica. Quest’ultima ha delle nervature minori collegate a fronte, dotti lacrimali, naso e ciglia. Impulsi confusi. Quando usiamo le pinzette e ci stacchiamo un sopracciglio, in alcuni casi può accadere che si verifichi un’errata comunicazione al cervello circa l’impulso di partenza, che invece di provenire dalla zona frontale viene percepito come se fosse in arrivo dal naso. A quel punto, come reazione immediata a tale stimolo, sentiamo l’irresistibile esigenza di starnutire. Si calcola che questo piccolo inconveniente interessi circa il 15% della popolazione mondiale. S.V.

UN POSSIBILE AIUTO PER CHI HA PROBLEMI DI ANSIA E STRESS: IL SUO PESO SPINGEREBBE A RILASSARSI E QUINDI A DORMIRE MEGLIO.
Mondadori Portfolio Mondadori Portfolio Focus | 141

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