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CAVIA

CAVIA

non dette nemmeno spiegazioni, e lasciò lì i suoi collaboratori a rischiare la vita.

COME IN UN FILM

Ma c’è anche la storia del giovane farmacista Friedrich Sertürner, che ai primi dell’Ottocento isolò la molecola della morfina e dopo averla provata sui cani la provò su di sé, in compagnia di tre amici diciassettenni. Gli amici lì per lì si divertirono, poi stettero così male che forse non rimasero poi tanto suoi amici. Lui andò avanti e ricevette premi e riconoscimenti, ma a un certo punto perse la farmacia e anche la testa, e finì vecchio e rancoroso e soprattutto dipendente dalla morfina. Così come successe a tanti chirurghi, che alla fine dell’Ottocento provavano metodicamente i nuovi anestetici fino a maturare una vera tossicodipendenza. Le storie di autoesperimenti sono così: sembrano tutte un po’

La Causa

Delle Ulcere

L’australiano Barry

J. Marshall bevve un bicchiere pieno di Helicobacter pylori, per provare che questo batterio (immagine a destra) era la causa delle ulcere intestinali. Anche lui vinse il Nobel (nella foto più a destra, la premiazione).

OPPIACEI

Sotto, il giovane farmacista tedesco Friedrich Wilhelm Adam Sertürner, che a inizio Ottocento sperimentò su di sé e sui suoi amici gli effetti della morfina (a sinistra, un tipico papavero da oppio da cui si ricava), diventandone però dipendente.

Morfina

dei film. Qualcuna è gloriosa: c’è chi ci è diventato famoso, e ci ha preso persino il premio Nobel, come Barry Marshall che negli anni Ottanta del Novecento bevve un bicchiere pieno di Helicobacter pylori per dimostrare che l’ulcera gastrica è una malattia batterica.

C’è stato però anche chi lo ha fatto per rabbia o per ripicca, per dire: guardate, sono così sicuro della mia idea che la provo su di me. E magari si sbagliava. Infine ci sono stati tanti giovani scienziati sconosciuti che ne sono tragicamente morti, e i nomi di molti di loro, probabilmente, non li sapremo mai.

Analogamente anche le motivazioni sono tante e differenti. A lungo l’autoesperimento è stato giustificato come prova di alta moralità, perché un medico “non fa ad altri quello che non ha provato su di sé”. Ma la verità è che molti lo hanno fatto semplicemente pensando che fosse più comodo provare su se stessi piuttosto che su cavie meno collaborative, o con l’intenzione di risparmiare. Resta che l’autoesperimento è un grande capitolo della storia della medicina, denso di storie appassionanti e di messaggi importanti per capire come funziona la nostra scienza nella nostra, mutevole, società.

Libreria

L’autrice di questo articolo, Silvia Bencivelli, è una giornalista scientifica attiva sia su carta (collabora anche con Focus) sia in radio sia in Tv. Il suo ultimo libro, Eroica, folle e visionaria (Bollati Boringhieri, 2023, nella foto), porta i lettori a scoprire le più incredibili storie di autoesperimenti e autosperimentatori, dal ’600 ai giorni nostri. Il libro racconta, con ironia e leggerezza, di medici che si fecero pungere intenzionalmente da zecche e zanzare per dimostrare l’origine di una malattia, spericolati inventori di rivoluzionarie tecniche chirurgiche, avventati sperimentatori di sostanze ignote e persino chirurghi che si sono auto-operati per farsi pubblicità oppure perché privi di alternative. Vicende però che non lasciano indifferenti, e nel loro complesso tracciano una storia della medicina decisamente diversa da quella che viene generalmente raccontata.

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