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MILENA BERTOLINI

GRAZIA SPECIALE

SE VINCIAMO NOI, VINCE TUTTO LO SPORT

Durante i campionati Europei la Nazionale di calcio ha entusiasmato gli italiani. Ma a Tokyo gli azzurri e le azzurre del calcio non ci saranno. Tuttavia, spiega MILENA BERTOLINI, commissaria tecnica della squadra femminile, ogni rivoluzione che comincia sul campo verde finisce per migliorare ogni disciplina. Il prossimo obiettivo? «La parità di stipendio»

di LETIZIA MAGNANI foto di FRANCESCO PECORARO

«Adesso che il calcio femminile si è messo in moto non si ferma più». Parola di Milena Bertolini, commissaria tecnica della Nazionale di calcio femminile e una delle tre allenatrici abilitate a guidare una squadra di maschi in Serie A. La sua voce ha accompagnato le partite degli Azzurri agli Europei, dove la Nazionale di Roberto Mancini ha regalato notti magiche. Le sue partite ci hanno aiutati a uscire dal clima della pandemia. «Il calcio fa sognare, è leggerezza e spensieratezza. Ed è anche lo sport più bello del mondo», dice Bertolini.

Il ritorno alla normalità è segnato dal tifo per l’Italia?

«Veramente il calcio non si era mai fermato ed è stato un simbolo per tutti. È uno dei pochi sport che durante la pandemia non ha subito stop. Ora, con gli Europei, è scoppiato l’entusiasmo, anche per la possibilità di avere il pubblico in presenza. Sono segnali di normalità, di leggerezza, di divertimento».

Europei che hanno unito ancora di più il Paese.

«Vedere l’entusiasmo è stato un bel segnale».

Ormai è normale anche vedere una bambina con gli scarpini da calciatrice.

«Lo è sempre di più, ma la partita per la parità rimane lunga. Siamo in un momento nel quale il movimento del calcio femminile è molto cresciuto, però ancora non abbiamo ottenuto il 100 per cento».

Lei è fra le pioniere del calcio italiano.

«Dal Mondiale del 2019 in poi il calcio femminile è diventato visibile. E se siamo dove siamo oggi lo si deve alla resilienza di chi c’è stato prima. Sicuramente è cambiata la percezione, ora c’è una tendenza a considerare anche il calcio femminile come uno sport importante. Non siamo ancora alla normalità, ma è un fenomeno inarrestabile».

La abbiamo vista commentare in tv le partite della nazionale agli Europei: è un cambiamento.

«Il fatto che sia una donna a commentare le partite degli Europei spero aiuti la normalizzazione. Non dico che vorrei incidere, ma sicuramente aiutare nel cambiamento culturale, sì. Muovere i ragazzi a cambiare, a percepire in maniera diversa lo sport».

Lei come ha iniziato a giocare a calcio?

«Sono nata con una predisposizione per lo sport. Dove abitavo, a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, giocavano tutti a calcio e così mi sono messa a farlo anch’io».

Perché ama il calcio?

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36 «È uno sport bellissimo, lo consiglio a una ragazza, perché è formativo. Ti fa crescere, come donna e come persona».

Anche per questo lo sport di base è importante?

«Certo, è fondamentale. È stato un colpo al cuore vedere tanti ragazzi fermi per un anno e mezzo. Dovremo essere noi adulti, incluse le istituzioni, a far tornare i bambini a giocare sui campi, non solo quelli di calcio. Perché lo sport è socialità, è passione. Il rientro alla normalità è anche poter fare sport con gli amici. In questi ragazzi resterà se non una cicatrice, sicuramente un vuoto. Non possiamo far vincere la paura, dobbiamo invece puntare sul ritrovare le capacità relazionali. Fare sport aiuta a crescere, a pensare meglio, a essere migliori».

In alcune occasioni l’Italia di Mancini non si è inginocchiata contro il razzismo. Che cosa ne pensa?

«Credo che inginocchiarsi debba essere considerato un gesto personale. Ognuno deve poter scegliere in autonomia, sapendo che chi ha un ruolo pubblico, nel momento in cui compie un’azione, diventa un esempio e, nel caso di un calciatore o di una persona con una responsabilità pubblica, anche un simbolo. Il tema è la responsabilità».

Sono simboli anche le calciatrici italiane?

«Certo, la nazionale femminile è sempre più amata, anche perché le ragazze sono esempi positivi. Il loro comportamento fuori e dentro il campo ispira altre donne a dare il meglio».

Qual è stato per lei il momento più emozionante?

«La prima volta che ho giocato in una squadra femminile, prima giocavo in squadre miste. Ma anche la prima volta in Serie A. E il mio debutto in Nazionale, avvenuto nel mitico stadio londinese di Wembley. Lo sport mi ha regalato tante emozioni positive. E alcune negative, perché il calcio include le delusioni. Poi ci sono le vittorie. La più emozionante, come allenatrice, è stata aver ottenuto la qualificazione della Nazionale ai Mondiali di Francia 2019 (l’Italia non ci riusciva da 20 anni, ndr). Ma è emozionante anche preparare le bambine e i bambini, vederli migliorare in campo».

Qual è l’insegnamento che ci viene dall’estero sul calcio femminile?

«Abbiamo tanto da imparare. Ovunque negli Stati avanzati e democratici, nel Nord Europa e negli Stati Uniti, lo sport femminile è considerato tanto quanto quello maschile. In Italia raggiungeremo formalmente la parità, ma solo nel calcio, il prossimo anno, quando finalmente le calciatrici saranno riconosciute come professioniste».

Su che cosa le donne devono ancora lottare, nel calcio e nello sport?

«La parità piena è ancora di là da venire. Maternità e parità salariale sono ovviamente i due temi più importanti, ma non solo. Sono anche la considerazione, lo status, gli ingaggi delle atlete nel resto nel mondo a essere diversi. Altrove uomini e donne dello sport sono pari, in Italia no».

Quanto tempo ci vorrà ancora?

«Credo almeno dai quattro agli otto anni. Penso in termini di tempi olimpici (le Olimpiadi cadono ogni quattro anni, ndr). Ma sicuramente rispetto a qualche anno fa il movimento del calcio femminile ha fatto passi avanti».

Che cos’altro serve per la parità dentro e fuori dal campo?

«Più donne nei ruoli decisionali. Perché non basta avere tante atlete che giocano a calcio, o che praticano sport ad alto livello, servono anche più donne nei luoghi nei quali si prendono le decisioni. Quanti presidenti di club donna ci sono in Italia? Le donne ci sono nel calcio, ma a che livello? Decidono o no? La differenza passa da lì».

C’è una nota positiva che dà speranza?

«In soli due anni, cioè dai Mondiali del 2019, è cresciuto il rispetto per la Nazionale di calcio femminile. Le calciatrici sono inarrestabili e lo dimostreranno, anche in campo». ■

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LE VITTORIE DELLE AZZURRE

La Nazionale femminile italiana di calcio si è coperta di gloria ai Mondiali del 2019 in Francia, dove è arrivata ai quarti di finale, prima di essere eliminata dall’Olanda (squadra giunta poi in finale). La vittoria è andata agli Stati Uniti, guidati dalla capitana Megan Rapinoe, 36 anni, diventata un simbolo globale di inclusione. Le italiane del calcio non saranno però alle Olimpiadi di Tokyo. Ai Giochi si affronteranno 12 squadre, tra cui le favorite Stati Uniti e Olanda, ma anche Svezia, Gran Bretagna e Brasile. A Tokyo sarà assente anche la rappresentativa olimpica dei maschi.

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