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VANESSA FERRARI «Una
GRAZIA VANESSA FERRARI
IN GARA
«Sono competitiva. A 15 anni mi arrabbiai perché avevo vinto cinque medaglie d’oro e una d’argento: io volevo sei ori»
SOPRA, VANESSA FERRARI DURANTE UN ESERCIZIO. LA CAMPIONESSA HA VINTO UN ORO AI MONDIALI DI GINNASTICA ARTISTICA NEL 2006, QUATTRO ORI AGLI EUROPEI, SEI ORI IN COPPA DEL MONDO (L’ULTIMO, IL 26 GIUGNO A DOHA, QATAR).
84 è bravissima ma, anche se è stato spiacevole ritrovarsi rivali, ci siamo sostenute ugualmente. Sono anche orgogliosa di essermi conquistata il pass per Tokyo con l’esercizio individuale di corpo libero visto che molti erano dubbiosi: per me non è importante solo andarci, ai Giochi, ma tornare con un risultato e spero in quel pizzico di fortuna che ultimamente non mi ha assistito». Nel palmarès delle sue vittorie manca infatti una medaglia olimpica. Vanessa l’aveva sfiorata a Londra nel 2012: terza a pari merito con la russa Aliya Mustafina, ebbe il quarto posto perché l’esecuzione fu considerata più importante rispetto ai coefficienti di difficoltà.
È sempre stata così combattiva o le difficoltà accrescono la voglia di vincere?
«Sono sempre stata competitiva. Già a 15 anni, quando mi era facile vincere, ai Giochi del Mediterraneo di Almería, in Spagna, mi ero arrabbiata perché avevo avuto cinque medaglie d’oro e una d’argento, mentre io puntavo a sei ori. È lì che hanno iniziato a chiamarmi “la cannibale di Orzinuovi”, il paese dove abitavo allora. Ho sempre fatto di tutto per migliorarmi dopo ogni gara e, se sono qui a 30 anni, è perché mi sono tenuta al passo anche con i cambiamenti di questo mondo».
Queste Olimpiadi segnano una doppia rinascita per lei, visti infortuni e problemi di salute: che cosa l’ha aiutata a tenere duro?
«La passione per la ginnastica mi ha ridato la spinta, ma l’entusiasmo non basta perché il fisico, dopo essersi indebolito, non è subito in grado di dare risultati. Rischi di demoralizzarti, ci vogliono costanza e tenacia. In marzo ho dovuto fermarmi per il Covid: sono stata a letto per dieci giorni e nei quattro successivi ho ripreso l’attività, ma ogni sera mi tornava la febbre. In questi mesi mi ha sostenuto molto Simone, il mio compagno da sei anni: oltre a farmi da ufficio stampa, mi ha aiutato a creare una palestra nel garage di casa (vivono a Nave, vicino a Brescia, ndr)».
Che cosa l’ha portata a fare ginnastica artistica dall’età di 7 anni?
«A 6 anni ho visto in televisione una ginnasta alla trave. Non ricordo il nome né l’occasione però mi era piaciuta molto e ho chiesto ai miei di poter fare quello sport. Allora stavamo in provincia di Cremona e lì vicino quella possibilità non c’era, così ho provato con la danza finché mia madre, che è bulgara e seguiva molto le ginnaste nel suo Paese, ha trovato la palestra giusta: per anni ha percorso quasi 200 chilometri al giorno per portarmi alla Brixia di Brescia e tornare a prendermi».
Come si sta preparando per Tokyo?
«Sono abituata a spingere negli allenamenti ma in questa fase devo gestire il lavoro evitando problemi o traumi ai tendini, perciò punto sul mantenimento, consapevole di aver già lavorato molto nei mesi scorsi. Con gli anni e gli infortuni sono diventata più prudente, non sono più la 15enne che si sentiva fortissima e non aveva paura di niente».
Come ripensa oggi alle altre Olimpiadi?
«Ho un bel ricordo di Londra perché, anche se mi spiace non aver avuto il bronzo, so di aver dato il meglio e mi sono divertita. Anche a Rio ero soddisfatta, nonostante un errore. La peggiore è stata quella di Pechino: avevo 17 anni, non ero pronta fisicamente né psicologicamente, e in più ero sotto pressione per le mie vittorie precedenti».
Che cosa pregusta di fare in agosto dopo anni di fatica e rinunce?
«Sarà bello potersi rilassare e uscire a cena con gli amici, libera di bere un bicchiere in più. Spero di andare in Sardegna, dove i genitori di Simone hanno una barca. Ma a fine agosto mi aspetta una nuova esperienza: il mio primo camp a Lignano Sabbiadoro (Udine) con 150 bambine da allenare, insieme con altre ginnaste. L’idea ha avuto così successo che c’è persino una lista d’attesa». ■
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