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L’ATTIVITÀ FISICA NON È UN OPTIONAL MA È SCRITTA NEI NOSTRI GENI. PER QUESTO CI FA BENE. TUTTO È COMINCIATO MILIONI DI ANNI FA CON LA CACCIA
NATI PER CORRERE TECNOLOGIA I GIOVANI COMPUTER CHE AFFERRARONO LA LUNA
SESSO TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SUL VIAGRA
NEUROSCIENZE MANIPOLARE LA MENTE: LA LEZIONE DI UN HACKER
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323 SETTEMBRE 2019
www.focus.it
Scoprire e capire il mondo 8 PRISMA 10 Il caro estinto 12 La foto sonora 15 I numeri 20 Il gioco dei perché 22 Cogli l’etimo 26 Quattro domande 30 Il cocomero
22
Una tecnica per far produrre meno metano ai bovini
Il gin ricavato dai legumi è più ecologico
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dossier Il corpo umano 32 NATI PER CORRERE
Per la nostra specie il movimento è indispensabile: l’evoluzione ha fatto dell’uomo un maratoneta, con una grande resistenza fisica.
38 CHI SI FERMA È PERDUTO
Tenere in esercizio muscoli e articolazioni non è solo un modo per avere un aspetto più giovanile. È una vera medicina.
44 PLASTIC PLANCTON
48 TUTTI VOGLIAMO LA LUNA...
54 «CORSA AL COMPUTER PERFETTO»
56 PERCHÉ SIAMO TUTTI FICCANASO
ITÀIl mese prossimo V NO con Focus un gadget
intelligente da non perdere
natura
Scambiata per cibo dalle creature marine, la plastica si insinua nelle catene alimentari.
scienza
Non solo soldi e tecnologia. Se abbiamo camminato sul nostro satellite è anche per un mix di virtù molto umane. Parola di psicologo.
tecnologia
La testimonianza di un protagonista dietro le quinte di una grande sfida delle missioni Apollo: quella informatica.
comportamento
L’interesse per la vita degli altri non ha nulla di patologico. Anzi: è utile alla società.
In copertina: Ipa-elaborazione Daniela Gay; IBM; shutterstock (2).
La lente che trasforma il tuo smartphone in un microscopio
100 Articolo a pag.
Focus | 3
zoologia
Noi uomini non siamo gli unici frequentatori della sabbia vicino al mare. C’è un intero zoo di piccoli bagnanti simili a noi. Ci siamo divertiti a inventare nove parallelismi tra i loro comportamenti e i nostri.
70 SE NON CI FOSSE LA FOTOSINTESI
76 COME TI MANIPOLO LA MENTE
82 LA VOGATA PERFETTA
94 E LE STELLE STIAMO A GUARDARE
L’allenamento dei campioni del mondo del quattro di coppia
natura
Miliardi di anni fa l’ossigeno era pochissimo. Poi alcuni microrganismi impararono a produrne in quantità.
scienza
Non c’è niente di più “nostro” dei nostri pensieri... o no? Un neuroscienziato (ex hacker) ci spiega che non è così, e a che cosa puntano le ricerche più recenti.
scienza sportiva
Potenza, ritmo, equilibrio, coordinamento. I canottieri del quattro di coppia devono diventare un tutt’uno.
spazio
Le foto più belle del concorso Astronomy Photographer of the Year 2019, aperto a professionisti e amatori.
100 IL GADGET DIVENTA INTELLIGENTE
82
62 TIPI DA SPIAGGIA
iniziative
In esclusiva con il prossimo numero in edicola, le lenti che trasformano lo smartphone in un microscopio.
114
Che ne abbiano bisogno o meno, in tanti usano la “pillola blu”. Facciamo un bilancio
124 TUTTI I SUONI DEL MONDO
103 10 OGGETTI PER CAPIRE NAPOLEONE
114 LO VUOI UN AIUTINO?
120 A TRENTO È TEMPO DI SCIENZA...
storia
Il suo mito è ancora vivo e di lui si sa tutto. Abbiamo deciso di raccontarlo in un modo insolito.
salute
Ormai da 20 anni la “pillola blu” è entrata in milioni di camere da letto: una rivoluzione per il sesso e non solo.
iniziative
Tutto l’universo (e tutto ciò che facciamo) ruota intorno al tempo e alla sua percezione.
RUBRICHE
7 L’oblò 88 Domande & Risposte 110 Tipi italiani 130 A confronto 138 Mondo Focus 149 MyFocus 155 Giochi 160 Cartellone
natura
Armati di microfono, i “sound hunters” documentano i paesaggi sonori della Terra. Eccone alcuni.
134 L’ARTE IN VACANZA arte
L’estate, la pausa dal lavoro, la campagna... Vittorio Sgarbi ci spiega dove trovarle nella pittura.
140 HO IMPARATO TUTTO DAI MOSCERINI intervista
Edoardo Boncinelli ha scoperto i fondamentali geni regolatori che guidano lo sviluppo del nostro organismo.
149
Le foto dei lettori: una libreria di Venezia
4 | Focus
Ci trovi anche su:
dossier ALLA RICERCA Un gruppo di San della comunità Khomani, nel deserto del Kalahari. Ancora praticano la caccia e la raccolta con tecniche simili a quelle dei nostri antenati.
Nati per
correre ANIMAZIONE RESISTENZA O SCATTO? NOI E LE ALTRE SPECIE A CONFRONTO INQUADRA LA PAGINA CON LA APP INFO A PAGINA 5
Il corpo umano
Per la nostra specie il movimento è indispensabile: l’evoluzione ha fatto dell’uomo un maratoneta, con una resistenza fisica maggiore di quella degli animali che ha cominciato a cacciare.
I
safari fotografici, in Africa, possono essere emozionanti. Ma molto più spesso si risolvono in ore di attesa, davanti a un branco di leoni o di zebre che dormono o ruminano. Non parliamo poi delle grandi scimmie, che passano il tempo a sgranocchiare frutta o pescare termiti, se non addirittura a spulciarsi, litigare e scambiarsi opinioni sul vicino. Insomma, non sembra che gli animali si muovano poi così tanto. «Da poco sono arrivato a capire che cosa la pigrizia delle scimmie ci dice sull’evoluzione umana», spiega l’antropologo Herman Pontzer della Duke University in un recente articolo su Scientific American. A differenza degli scimpanzé e dei gorilla infatti la nostra specie, nella media, non sta mai ferma. Si muove, cammina, corre, si agita, dalle palestre occidentali dove sudano gli attori agli altopiani dove corrono kenyoti o boliviani.
Getty Images
di Marco Ferrari
TRA CORSA E DIVANO Perché l’esercizio, il movimento, la corsa sono una parte indispensabile della vita dell’uomo? Perché sono adattamenti che risalgono a milioni di anni fa, che sono forse scritti (in qualche modo) nei nostri geni e sono necessari alla nostra sopravvivenza. Questo è quello che pensa Daniel Lieberman, che insegna biologia evolutiva umana alla Harvard University, negli Usa. Ha appena consegnato le bozze di un libro proprio sull’evoluzione del movimento fisico nell’uomo, e ha scritto numerosi articoli scientifici sull’argomento. L’idea di Lieberman è però più complessa e la chiama “il paradosso dell’esercizio”: perché, nonostante il nostro corpo sia fatto per correre e i benefici dell’esercizio fisico siano evidenti (vedi articolo seguente), la gente tende a evitarlo e appena possibile si “accascia” sul divano? La risposta è, ancora una volta, nella nostra storia. Circa 7 milioni di anni fa i nostri lontanissimi antenati si trovarono davanti a una “scelta evolutiva”. L’Africa, infatti, si stava trasformando: la foresta lasciava spazio a una distesa meno fitta di alberi, poi alla savana alberata o addirittura alle grandi distese di erbe che anche oggi caratterizzano nazioni come Tanzania, Kenya, Etiopia e Sudafrica. I nostri antenati, e così molte altre specie animali che abitavano la foresta africana, dovettero quindi “scegliere”: cambiare o estinguersi. Non era certo una scelta conscia; era dettata e diretta solo dalla selezione naturale. Le strutture del corpo, infatti, cambiano nel giro di centinaia di generazioni, senza che nessun individuo “decida” veramente come modificarle. Focus | 33
natura
Plastic plancton Scambiata per cibo da creature piccole e grandi, la plastica si insinua nelle catene alimentari e sconvolge gli ecosistemi. Un biologo spiega come è stato contaminato il ciclo vitale del mare. di Ferdinando Boero
Q
BOCCONCINO Una tartaruga embricata nuota sulla barriera corallina, vicino a una busta di plastica ormai frammentata: i sacchetti, scambiati per meduse, vengono mangiati dalle tartarughe.
UNA (SUBDOLA) CASA GALLEGGIANTE Così feci uno studio su quello che trovavo sulla plastica galleggiante. Non ce n’era moltissima, allora, e quando vidi quanti organismi vivevano su di essa la trovai anche una cosa bella e sorprendente. Se allora avessi pubblicato un resoconto scientifico su una rivista dedicata alla biologia marina, ora sarei ritenuto un pioniere degli studi sulla plastica in mare. Raccoglievo le buste perfettamente nuove, arrivate da poco in mare. Erano belle pulite. Lo stadio successivo era una patina batterica che le rendeva viscide, con diatomee e altre alghe unicellulari. A questa patina, negli stadi successivi, si aggiungevano i miei idroidi. In mezzo alle loro colonie vagavano pulci di mare, gli anfipodi. E poi c’erano piccole lumache marine coloratissime, i nudibranchi, che mangiavano gli idroidi. Negli stadi successivi trovavo anche briozoi incrostanti. Su una busta nera, di plastica molto spessa, c’erano persino spugne e ascidie coloniali. Una volta appesantite e frammentate, le buste restavano per un po’ a mezz’acqua, invece di galleggiare, e poi finivano sul fondo, a brandelli. Dalle macro alle microplastiche. Quei microcosmi improbabili mi sembravano nuovi substrati offerti alla fauna marina che, grazie ad essi, poteva spostarsi da un posto all’altro. E lo potevano fare anche specie che non hanno stadi del ciclo biologico che vivono a mezz’acqua e che, quindi, non hanno molte possibilità di spostarsi. Mi sembrava una cosa positiva. Ovviamente mi sbagliavo, la plastica non era una meraviglia. Ma sembrava tale a tutti. Solo dopo qualche decennio cominciò a diventare invadente. Sul fondo sono cominciate ad arrivare buste sbrindellate, piatti frammentati, coperti da sottili patine di sedimento grigio. E su di loro non cresceva quasi niente. La fisica spiega che il materiale si rompe, si frammenta, viene trasportato dalle correnti, rimane per un po’ in sospensione mentre affonda, e poi arriva sul fondo come oggetti interi o frammenti. E la biologia? Gli organismi marini non sono abituati alla plastica. Per loro tutto quello che è in acqua è cibo, o substrato su cui crescere. Moltissimi animali Focus | 45
Shutterstock/Tunatura
uando divenni un biologo marino, avevo un piccolissimo laboratorio a Pontetto, vicino a Genova. Proprio sugli scogli. Era una sorta di ricovero per attrezzi, che l’Istituto di Zoologia dell’Università di Genova aveva in concessione demaniale. Andavo lì quasi tutti i giorni, per studiare animaletti che nessuno conosceva: gli idroidi. Piccoli invertebrati che formano colonie simili a quelle dei coralli, ma più diafane: sembrano alghe, ma sono animali. Dalle loro colonie si liberano piccole meduse, imparentate con quelle più grandi che ci pungono in estate, quando facciamo il bagno. Gli idroidi crescono sulle rocce, sulle alghe e su molti animali che vivono sul fondo. Mi immergevo nelle acque di Pontetto, li cercavo, li portavo in laboratorio e assistevo alla nascita delle meduse. Erano i secondi anni Settanta, la plastica stava prendendo piede. Io guardavo solo il fondo, perché gli idroidi crescono lì. Ma un giorno mi ritrovai in una striscia di spazzatura in gran parte fatta di buste di plastica. Cercai di uscirne, ma mi cadde l’occhio su una busta: era piena di idroidi. Questo attirò la mia attenzione: sono un fanatico di questi animaletti e so tutto di loro. Ma non pensavo vivessero sulle buste di plastica.
comportamento
QUIZ GOSSIP STORICO: CONOSCI I PETTEGOLEZZI DEL PASSATO? INQUADRA LA PAGINA CON LA APP INFO A PAGINA 5
Perché siamo tutti un po’
FICCNA A
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L’interesse per la vita degli altri non ha nulla di patologico. Anzi, ci insegna quali sono le regole sociali a cui ubbidire. E tiene sotto controllo il potere. Per questo è così diffuso.
iamo dei gran ficcanaso, tutti quanti: gli studi dimostrano che la ricerca di informazioni sulla vita degli altri è presente in tutte le culture del mondo. Ci interessa (e tanto) perché siamo “animali sociali”: dobbiamo vivere in gruppo, e sapere che tipo di persone abbiamo di fronte è fondamentale in ogni situazione della nostra vita. «Innanzitutto per capire se potrebbero ingannarci. Per questo andiamo in cerca di retroscena, di ciò che quella persona non mostra apertamente», spiega Nicoletta Cavazza, docente di Psicologia sociale all’Università di Modena e Reggio Emilia. Per la stessa ragione, ci colpiscono di più le informazioni negative di quelle positive: è più probabile che siano autentiche. «Se incontro una persona gentile e la vedo anche comportarsi gentilmente con altri, posso pensare che si stia comportando bene solo per educazione. Se vedo un gesto sgarbato, invece, la persona in questione è sicuramente un po’ maleducata, una informazione su di sé che probabilmente non avrebbe voluto divulgare e che quindi, come segnale della sua personalità, è molto più significativa», aggiunge Cavazza. Di più: tutto ciò che gli altri tendono a coprire ci appare così interessante che non vediamo l’ora di raccontarlo a qualcuno. È così che nascono le chiacchiere, le dicerie, le voci; il pettegolezzo, insomma.
di Raffaella Procenzano
SO
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UTILE CURIOSITÀ Scoprire il “dietro le quinte” altrui, senza far sbirciare il nostro, è una dinamica sociale presente in tutte le culture al mondo. Esiste perché è utile al gruppo: fa sì che tutti facciano “la loro parte”.
PER NON LASCIARSI INGANNARE Le ricerche hanno confermato che, in media, gli esseri umani passano l’80% del loro tempo in compagnia di altri, di solito conversando. E la gran parte di questi scambi sociali avviene faccia a faccia, con persone che conosciamo bene. Nicholas Emler, psicologo sociale all’Università del Surrey (Regno Unito), ha studiato il contenuto delle conversazioni che si tengono in luoghi pubblici, scoprendo che l’80% trattano di individui specifici (persone di cui si conosce il nome), mentre quelle impersonali su politica, religione, arte ecc. sono più rare. Insomma, dopo aver osservato, spifferiamo volentieri quello che siamo venuti a sapere. Riferire fatti privati, secondo gli studiosi, è fondamentale per mantenere la coesione sociale: rafforza la relazione tra i “complici di pettegolezzo” (chi sparla e chi ascolta), serve a imparare a essere accettati da un gruppo, e permette di valutare se stessi in rapporto con gli altri. L’antropologo anglosassone Robin Dunbar ha una curiosa teoria sulle origini di questo comportamento: quando le comunità dei nostri antenati sono diventate più numerose, quegli antichi ominidi hanno smesso di fare grooming (i primati stringono relazioni e le conservano “spulciandosi” tra loro) e hanno trovato un altro modo per rimanere in contatto l’uno con l’altro. Hanno inventato la conversazione, che liberava loro le mani consentendo di fare molte altre cose. In questo tipo di relazione però, è molto più facile essere ingannati: si possono sempre raccontare bugie, offrire aiuto e poi non darlo ecc. «Mentre una scimmia si accorge se un altro individuo non l’ha spulciata a dovere, noi dobbiamo tenere sotto controllo i comportamenti altrui, per smascherare chi non obbedisce alle regole del gruppo», afferma Dunbar. Anche se non ce ne rendiamo conto, quindi, quando cerchiamo retroscena nella vita di qualcuno (anche per poi riferirli ad altri), il nostro scopo in realtà è tenere a bada gli scrocconi, quelli che potrebbero approfittarsi di noi o di altri membri della comunità. Focus | 57
scienza sportiva
AZZURRI Nella pagina accanto il quattro di coppia delle Fiamme Gialle. Da sinistra a destra: Luca Rambaldi, Filippo Mondelli, Andrea Panizza e Giacomo Gentili. Qui sopra, un momento a remi fermi durante gli allenamenti.
vogata perfetta
La
Potenza, ritmo, equilibrio, coordinamento. I canottieri del quattro di coppia non devono soltanto diventare un tutt’uno con la barca ma un tutt’uno tra loro. Siamo andati a studiare l’allenamento degli azzurri campioni del mondo. Prima puntata di una serie sui nostri migliori atleti in vista dei Giochi olimpici di Tokyo 2020. di Giorgio Terruzzi - Foto Niccolò Cambi per Focus
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salute
LO VUOI UN 114 | Focus
Ormai da 20 anni la “pillola blu” e le sue simili sono entrate in milioni di camere da letto: una rivoluzione per il sesso. E non solo per quello. di Chiara Palmerini
PARLIAMONE... Affrontare gli “inciampi” nel sesso non è mai stato facile: con il Viagra è cambiato tutto. Nella foto, un particolare della fontana di Pallade Atena, a Vienna.
S
iamo all’inizio degli anni Novanta. Nel centro studi clinici della Pfizer, a Sandwich (Uk), alcuni volontari provano una pillola che l’industria farmaceutica sta testando contro la pressione alta e l’angina pectoris. I volontari in realtà non soffrono di cuore: è solo la prima fase della sperimentazione, necessaria a capire se la sostanza è ben tollerata dalle persone. Particolari problemi non emergono, ma un’infermiera nota un curioso dettaglio: la maggior parte degli uomini, al giro delle visite, si fa trovare a pancia in giù. Probabilmente – riferisce l’assistente – per nascondere certi fatti imbarazzanti nelle parti basse. I volontari confermano: nei giorni di assunzione del farmaco hanno avuto parecchie erezioni “fuori luogo”. La strada del sildenafil, così venne poi chiamata la molecola, come farmaco per il cuore si chiuse di lì a poco, perché gli effetti non erano eclatanti come i ricercatori avevano sperato. In compenso, si aprì quella del Viagra: la Pfizer cambiò rotta nella sperimentazione e nel 1998 il farmaco contro l’impotenza (o disfunzione erettile) sbarcò nelle farmacie, diventando un fenomeno dal punto di vista farmaceutico (10mila prescrizioni al giorno negli Usa subito dopo il lancio) e anche da quello sociale e culturale. SUCCESSO MONDIALE Da allora, secondo i dati Pfizer, l’hanno comprato 65 milioni di uomini in tutto il mondo, senza contare quelli che hanno acquistato farmaci simili arrivati sul mercato negli anni successivi, basati su principi attivi appartenenti alla stessa classe del sildenafil, e oggi quelli sulla lista dei generici, ora che il brevetto è scaduto. Pare che agenti della Cia si siano serviti delle pillole blu per conquistarsi le simpatie dei leader locali in Afghanistan, cui le hanno regalate. Al di là delle notizie di colore, è indubbio che in due decenni il Viagra e farmaci simili abbiano provocato una rivoluzione
AIUTINO?
Focus | 115
iniziative GALLERY UNA CARRELLATA DI FOTO MACRO REALIZZABILI CON LE BLIPS INQUADRA LA PAGINA CON LA APP INFO A PAGINA 5
In esclusiva con il prossimo numero in edicola, le lenti che trasformano lo smartphone in un microscopio. di Riccardo Oldani
S
i applicano sull’obiettivo di qualsiasi smartphone per trasformarlo in un microscopio o per scattare foto macro di fiori, insetti e tutto ciò che, nel suo piccolo, merita di essere ingrandito. Si chiamano Blips e sono lenti così sottili, appena un millimetro, che si possono tenere nel portafoglio, in borsetta o in un taschino. Sono una tecnologia tutta italiana sviluppata da una startup in forte crescita, SmartMicroOptics. SUCCESSO ISTANTANEO L’inventore è Andrea Antonini, ex ricercatore del laboratorio di Neuroscience and Brain Technologies dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit), a Genova, e ora imprenditore a tempo pieno. «Tutto è iniziato», racconta, «quando lavoravo allo sviluppo di microottiche per osservare reti di neuroni. Combinando diversi materiali plastici ho realizzato alcune microlenti di prova e mi sono accorto che, applicandole a uno smartphone, potevo
Con il gadget diventa intelligente 100 | Focus
NEL DETTAGLIO Nella foto, lavorazione delle lenti Blips. A sinistra (il fiore), un esempio del loro utilizzo. Sotto, scatto a un circuito intregrato.
trasformarlo in un microscopio vero e proprio. Queste plastiche possono essere modellate e lavorate con estrema precisione, permettendo di realizzare lenti molto sottili e con diametri ridotti, ma al tempo stesso dotate di forte curvatura, quindi con elevati ingrandimenti». Il passo successivo è stato montare le microlenti su un supporto flessibile, adattabile a qualsiasi fotocamera di cellulare. «A quel punto», dice Antonini, «mi resi conto di avere in mano un prodotto con un potenziale impatto molto forte. Si trattava di capire come produrlo e proporlo sul mercato». Era il 2015 e da quelle prime esperienze prese corpo l’idea di dar vita a un’azienda. Con il sostegno dell’Iit, il progetto è stato sviluppato e ha vinto un concorso per startup in Liguria. L’anno dopo, quando le Blips sono state proposte al pubblico su Kickstarter, la più nota piattaforma di crowdfunding del Pianeta, hanno raccolto il sostegno di oltre 5.000 persone e un finanziamento di 218mila dollari, quasi 15 volte più della richiesta iniziale. «Visto il successo ottenuto», spiega Antonini, «abbiamo deciso di sviluppare il processo di produzione. Abbiamo realizzato noi i macchinari e sviluppato tutto il know-how, e questo ha fatto sì che nessuno, finora, sia riuscito a copiarci e a realizzare lenti con le stesse prestazioni a parità di costo». PER DIVERTIRSI, MA NON SOLO Le Blips si adattano a qualsiasi modello di smartphone e servono innanzi tutto per divertirsi, girando video o scattando foto. Le più potenti raggiungono una risoluzione di 3,5 micron, sufficiente per distinguere le cellule in un tessuto. Per realizzare foto macro con le lenti apposite, da 5 a 10 ingrandimenti, basta una mano ferma, mentre per risoluzioni più spinte occorre un
SUPER OFFERTA Le lenti Blips si potranno trovare in allegato al prossimo numero di Focus, in edicola dal 21 settembre, e sul sito mondadoriperte.it. Approfitta del prezzo ultra scontato a cui potrai acquistare una lente Blips Macro Plus: solo € 9,99, compreso il prezzo della rivista. Con uno spessore di appena 1 mm, questa lente ha un ingrandimento 5x, e la sua distanza focale, cioè quella che la separa dal piano sul quale viene messa a fuoco l’immagine, è di 20 mm. Queste caratteristiche consentono di realizzare foto in alta definizione di insetti, fiori, piccoli dettagli.
supporto su cui appoggiare il telefonino e un vetrino, simile a quelli usati per i microscopi, su cui preparare l’oggetto dell’osservazione. Una app abbinata consente di semplificare alcune operazioni, come l’attivazione di una fonte luminosa per illuminare il soggetto. Ma le applicazioni non sono soltanto ludiche. «I consigli dei nostri follower (più di 3.000) e il confronto con aziende ci hanno fatto venire moltissime idee», dice Antonini. Per esempio le lenti possono essere impiegate come strumenti didattici. «Con una società farmaceutica abbiamo iniziato la distribuzione in abbinamento a uno shampoo antipidocchi, ma stiamo anche studiando, con un’azienda nel settore agricolo, la possibilità di fornire le Blips per individuare parassiti sulle colture». INGRANDIRE SEMPRE DI PIÙ E non è tutto. «Con un importante centro dermatologico», continua Antonini, «abbiamo in progetto di utilizzare le Blips per consulti a distanza, soprattutto per la diagnosi di malattie veneree. Eviteremmo così ai pazienti l’imbarazzo di un’indagine diretta, che spesso frena il ricorso a uno specialista. E poi il vantaggio di realizzare immagini molto dettagliate, anche a livello cellulare, e di poterle inviare via Web per una prima analisi a distanza, può aprire secondo noi grandi opportunità in campo diagnostico e sanitario, soprattutto a beneficio dei Paesi in via di sviluppo». Insomma, le Blips potrebbero rivelarsi uno strumento in grado di rendere più accessibili le cure a un enorme numero di persone. Entro fine anno dovrebbero essere affiancate da altre microlenti, chiamate Diple, capaci di ingrandimenti ancora più spinti. Del resto, SmartMicroOptics, che ha sede a Genova, ha bisogno di crescere. Al momento dà lavoro a 5 persone e ha già venduto oltre 30.000 Blips, con una capacità produttiva di 400 lenti al giorno. Ma l’obiettivo, visti i riconoscimenti ottenuti, è di raddoppiare questi numeri in tempi brevi. Focus | 101