Focus Storia n. 29 - Estate 2019

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27 APRILE 2019 TRIMESTRALE

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N°24 LUGLIO 2019

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Leonardo IL PIÙ GRANDE Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

� 7,90

chi era veramente? • la gioconda, identikit di un mistero • automi e robot: le invenzioni più attuali • che fine ha fatto il dipinto della battaglia di anghiari? • dal sottomarino all’aliante: le macchine in 3d • il genio toscano testimonial della propaganda fascista


LEONARDO IL PIÙ GRANDE

S

iamo abituati a considerarlo un genio su tutti i fronti. Ma il “cervello in fuga” per eccellenza si trasformò in mito solo quando divenne un brand portavoce del made in Italy nel mondo. Ironia della sorte, il primo a coglierne le potenzialità propagandistiche fu un dittatore: Mussolini, che nel 1939, in pieno regime autarchico, celebrò Leonardo con una mostra ribattezzata “la Leonardesca” (vedi a pag. 74). Ma andiamo con ordine... Correva l’anno 1468 quando il padre di Raffaello, in visita a Firenze, annoverò il sedicenne Leonardo tra gli artisti di grido, insieme al Perugino. Ma quel ragazzo, che oggi definiremmo gifted, non solo era un pioniere del pensiero scientifico (suggerì di usare “occhiali per vedere la Luna” 60 anni prima di Galileo), ma ebbe anche l’intuizione che per spiegare un’idea, il funzionamento di una macchina o di una parte del corpo, un’illustrazione ben fatta vale più di mille parole. Grazie ai codici leonardeschi, infatti, gli studiosi possono oggi cimentarsi nella riproduzione delle sue opere, anche quelle incompiute. Ed è proprio così che abbiamo deciso di festeggiarlo su Focus Storia Collection: dando spazio, con ricostruzioni in 3D, ai suoi progetti più arditi e alle sue invenzioni più visionarie. Paola Panigas, redattore 6

IL “MITO “DEL RINASCIMENTO

Ricostruzione del leone meccanico realizzato da Leonardo nel 1515 per omaggiare il sovrano francese Francesco I.

pag. 10

A cinquecento anni dalla morte di Leonardo facciamo il punto sul visionario artista di Vinci.

10 AFFAMATO

DI SAPERE

COPERTINA: LEONARDO 3 / VENERANDA BIBLIOTECA AMBROSIANA/GIANNI CIGOLINI/MONDADORI PORTFOLIO

D’ORO DELL’UOMO

TACCUINO DELLE MERAVIGLIE

42 DAL

pag. 18

Il Manoscritto B: la più antica raccolta di appunti di Leonardo. 32 L’AEREO

PEDALÒ ALLA CORAZZATA

Innamorato dell’acqua, Leonardo progettò pompe, cisterne, catamarani e addirittura l’antenato del sottomarino. 46 IL

MAESTRO LEONARDO DA VINCI

DI LEONARDO

Nel Codice sul volo c’è il progetto di una macchina simile a un moderno aliante: ecco com’era.

CAMINI E GRU

In molti settori lo scopo di Leonardo era automatizzare, per rendere il lavoro meno faticoso.

Nel Quattrocento, in Italia, si verificò un fenomeno ancora oggi in parte inspiegabile: un’esplosione di genialità.

24 IL

E ROTANTI

Ottimo ingegnere idraulico, Leonardo pensò a come attraversare i fiumi senza rischi. In tempi di pace e di guerra....

38 TORCHI,

Leonardo fu pronto a sfruttare ogni occasione di lavoro pur di sperimentare.

18 L’ETÀ

36 MOBILI

pag. 42

Nell’arte, raggiunse obiettivi che sembravano impossibili: riuscì a dipingere l’aria, la voce, la sorpresa... insomma l’“invisibile”. 3


LEONARDO IL PIÙ GRANDE 54 IL

VERO VOLTO DELLA GIOCONDA

100 MUSICA,

Dopo esami ai raggi X e indagini decennali, le ipotesi su chi sia la donna del ritratto più enigmatico restano molte.

104 ANCHE

I GRANDI SBAGLIANO

58 ANGHIARI

CACCIA AL TESORO

Doveva essere il suo capolavoro. Ma il dipinto si rovinò e andò perduto. O forse no? 64 DIETRO

pag. 58

106 LE

74 UN

I QUADRI

pag. 70

FINE HANNO FATTO?

84 NATURALISTA

94

Scenografie mobili e grandiosi effetti speciali: le regie di Leonardo lasciavano il pubblico a bocca aperta.

4

DEI ROBOT

CITTÀ IDEALE

Leonardo fu anche un originale urbanista, in grado di progettare quartieri molto avveniristici.

126 UN

pag. 84 pag. 94

FIUME DI IDEE

Sull’Adda, in Lombardia, Leonardo sperimentò soluzioni rivoluzionarie in campo idraulico ed energetico. Che ammiriamo ancora oggi.

134 L’ACQUA

DI UNA TAC

LO SPIELBERG DEL RINASCIMENTO

Come sarebbe andata la Battaglia di Fornovo del 1495 se in campo ci fossero state le armi leonardesche?

122 LA

PER HOBBY

Il confronto con le tecniche moderne dimostra quanto fossero accurati i disegni anatomici del Maestro di Vinci.

GENERALE LEONARDO

Il genio toscano nascose forse nel Codice Atlantico le istruzioni per costruire un’armata di automi.

Leonardo cominciò a studiare il creato per poterlo dipingere meglio. Poi, però, si accorse che c’era tanto da scoprire...

88 MEGLIO

112

116 L’ESERCITO

GENIO IN ORBACE

Nel 1939, all’apice del consenso al fascismo, una grande ma controversa mostra a Milano arruolava Leonardo come testimonial del “primato tecnologico e industriale” italiano.

ARMI DI UN PACIFISTA

Leonardo progettò bombarde a proiettili esplosivi, carri armati, cannoni a vapore, catapulte. Eppure non amava la guerra.

Le opere di Leonardo? Perse, rubate, fatte a pezzi, poi ricomposte, sparite e infine ritrovate...

Disegni perfetti e studi geniali? Quasi tutti. Ma fra tante attività, anche a lui è capitato di fare qualche “cappellata”.

pag. 54

Simboli occulti nel Cenacolo, messaggi poco ortodossi nella Vergine delle rocce, psicodrammi nel dipinto di Sant’Anna.

70 CHE

MAESTRO!

Leonardo non si limitò a suonare e cantare con “rara” abilità, ma ideò anche un gran numero di strumenti.

pag. 116

IN CITTÀ

Tutta la rete idrica regionale studiata da Leonardo doveva servire a rendere Milano una “metropoli” navigabile.

137 QUI

VISSE LEONARDO

Tra piccoli borghi e grandi città, sulle orme di un uomo che non si fermava mai.

142 APPUNTAMENTI 144 LETTURE


BIOGRAFIA

Affamato di

SAPERE

10


Leonardo fu sempre pronto a SFRUTTARE ogni OCCASIONE di lavoro pur di continuare a SPERIMENTARE: fu un genio anche per questo

CONCORRENTI

Francesco I di Francia mostra a Leonardo la Sacra famiglia inviatagli da Raffaello, in un dipinto settecentesco.

MONDADORI PORTFOLIO/DE AGOSTINI/G. DAGLIORTI

M

entre varcava la soglia del Castello di Amboise (in Francia), portando con sé la Gioconda e gli inseparabili appunti, Leonardo trepidava di gioia. Era il 1517 e alla veneranda età di 65 anni aveva finalmente trovato il mecenate che cercava. Il re di Francia Francesco I di Valois lo aveva nominato “premier peintre, architecte, et mécanicien du Roi”, cioè “primo pittore, architetto e ingegnere reale”. Il che significava uno stipendio annuo di un paio di migliaia di scudi, oltre a vitto e alloggio. Era il degno coronamento di una vita di viaggi e di lavori disparati, al servizio degli uomini più potenti. Lavori il cui unico scopo era finanziare i propri studi in tutti i possibili campi del sapere. A bottega. La fame di conoscenza che lo portò a sfruttare ogni occasione di lavoro che la vita gli offrì (e lo spinse a cercarne sempre di nuove) caratterizzò Leonardo fin da piccolo. Se ne accorse presto il padre, Piero, rispettato notaio ben introdotto negli ambienti fiorentini (poteva annoverare anche i Medici tra i suoi clienti). Fu lui, intorno al 1470, ad accompagnare quel suo figlio illegittimo, ancora adolescente, in una delle botteghe più importanti del tempo, quella di Andrea del Verrocchio. Qui il ragazzo imparò subito a risolvere problemi pratici come quelli affrontati quando ebbe l’incarico di porre sulla cima della cupola di Santa Maria del Fiore l’enorme palla di rame dorata che la bottega aveva fuso. Ma qui, soprattutto, si cimentò per la prima volta con la pittura, con risultati da subito sorprendenti. Come nel suo intervento sul Battesimo di Cristo, classico esempio di allievo che supera il maestro: l’angelo dipinto da Leonardo, dai colori più fluidi e dall’angolazione innovativa, era decisamente meglio riuscito di quello vicino, del Verrocchio. Racconta il Vasari che il maestro fu così umiliato che decise di “non toccar più colori”. Nello stesso periodo Leonardo dipinse l’Annunciazione, quadro che, pur con qualche ingenuità, contiene già tutti gli elementi che lo faranno distinguere dai suoi contemporanei: dalla particolare disposizione delle figure al paesaggio che si vede sullo sfondo. 11


L’INVENTORE

Ottimo INGEGNERE IDRAULICO, Leonardo pensò a come

ILLUSTRAZIONI DI LEONARDO3

MOBILI E

DESIGN ULTRAMODERNO

Costituito da una sola campata, il ponte mobile era riservato al passaggio di persone a piedi: il perno centrale rendeva impossibile il transito ai carri.

PERNO CENTRALE CASSONE SISTEMA A CONTRAPPESO

CARRUCOLA ARGANO 36

Schema di funzionamento del ponte rotante. Dietro al perno centrale c’è un cassone riempito di pietre, pesante quanto il resto della struttura, che fa da contrappeso. Grazie a un argano, basta una persona per farlo ruotare (a lato).


attraversare i FIUMI senza rischi. In tempi di PACE e di guerra...

ROTANTI L

eonardo era innamorato dell’acqua, ma non la considerava soltanto un bene indispensabile alla vita: era per lui strumento di lavoro, forza motrice e via di comunicazione. E ne era affascinato anche dal punto di vista naturalistico (vedi articolo alle pagine seguenti). Per eserciti e non. Per Leonardo l’acqua andava governata, gestita, ma anche affrontata come in un difficile campo di battaglia. Ingegnere civile e militare, Leonardo dedicò una parte dei suoi studi alla realizzazione di ponti per il superamento di fiumi e canali, ottimi per gli eserciti e funzionali in tempo di pace: ponti “leggerissimi e forti”, come li ha definiti lui stesso nella lettera di presentazione a Ludovico il Moro del 1482. I ponti di Leonardo hanno caratteristiche precise. Possono muoversi (come quello di queste pagine) ruotando per consentire il passaggio di navi, sono leggeri (per permettere agli eserciti di trasportarne i pezzi con facilità) e possono essere montati e smontati velocemente (vedi ricostruzione sotto). Passaggio per navi. Nel Codice Atlantico sono raffigurati diversi ponti: da quello “autoportante” (che si monta senza chiodi, funi o ferri) a quello di barche (utilizzato ancora oggi dal Genio pontieri) per arrivare al ponte girevole, dal design sorprendente, affusolato ed elegante. La sua forma, però, non è solo bella: risolve il problema dell’apertura per il passaggio di navi con un contrappeso a cassone che rende il ponte spostabile con la semplice forza di una sola persona. E tanto velocemente da essere anche, come i ponti levatoi dei castelli, un’ottima difesa per fermare l’avanzata dei nemici. • Carlo Dagradi

SENZA CORDE NÉ CHIODI

Un altro tipo di ponte, modello “autoportante”. Per costruirlo basta assemblare tronchi d’albero opportunamente incastrati.

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L’INVENTORE

CATAMARANO ANTIFANGO

Barca cavafango, descritta nel foglio 75 del Manoscritto E. La rappresentazione 3D rende evidente l’inclinazione dei “cucchiai”, ideata per riempire la barchetta senza ostacolare le pale.


Dal PEDALÒ alla CORAZZATA Innamorato dell’ACQUA, Leonardo progettò pompe, cisterne, CATAMARANI e addirittura l’antenato del SOTTOMARINO

S

COSÌ L’ACQUA VA IN SALITA…

ILLUSTRAZIONI DI LEONARDO3

Dal Codice Atlantico: con il sistema della vite di Archimede è possibile riempire una serie di cisterne a torre. Il mulino in primo piano fa girare la prima pompa a vite, che porta l’acqua fino alla cisterna bassa. Qui un analogo meccanismo rifornisce la cisterna alta.

e gli studi sul volo derivano in gran parte da un interesse “privato” di Leonardo, le opere di ingegneria idraulica sono frutto di commissioni da parte dei governanti presso i quali Leonardo trascorse la sua vita. Già nel periodo fiorentino, racconta il Vasari, l’allora giovanissimo inventore venne consultato per due progetti: quello per rendere navigabile l’Arno fino al mare e quello per collegare Pisa e Firenze, realizzando un canale. Il motivo di queste committenze è semplice: nei secoli passati le vie d’acqua avevano enorme importanza. Non solo per l’approvvigionamento idrico delle città e come forza motrice, ma anche perché costituivano l’“autostrada” del tempo, la via di comunicazione più veloce per le merci. Nei successivi anni milanesi, Leonardo progettò anche macchine belliche da impiegare in acqua, difficile campo di battaglia: sono di questo periodo alcuni studi sul primo sottomarino (vedi alle pagine seguenti) e sul sistema per attaccare le navi nemiche forandone lo scafo sott’acqua. Vortici e onde. Ma l’ingegno di Leonardo si adoperò anche per togliere l’acqua dai terreni paludosi: sul Manoscritto F, per esempio, si trova una macchina messa a punto per eliminare l’acqua da uno stagno con un sistema a centrifuga azionato da ruote idrauliche, che sfruttano l’energia di un fiume. I “ruotismi”, come li chiamava Leonardo, generano infatti vortici in grado di spostare l’acqua: la loro osservazione gli ispirò anche riflessioni sul moto ondoso e sulle analogie tra movimenti di aria e acqua.

Bonifiche. Leonardo mise a punto questi studi proprio negli ultimi anni della sua carriera (a Roma fino al 1516 e in Francia fino al 1519) per risolvere problemi di prosciugamento del terreno, come quello delle paludi Pontine su incarico di papa Leone X. Riprodusse una mappa, oggi a Windsor, in Inghilterra, delle zone più bisognose di interventi di bonifica. Proprio in seguito al suo lavoro topografico, il papa affidò al nipote Giuliano de’ Medici il compito di realizzare il canale Portatore, per • drenare l’acqua dalla palude. Carlo Dagradi

PEDALA, PEDALA...

Una barca azionata da pedali: è l’evoluzione delle barche a pale medioevali.

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IL MISTERO

Dopo esami ai RAGGI X e indagini decennali, le ipotesi su chi sia la donna del ritratto più ENIGMATICO restano molte

Il vero volto della

GIOCONDA

L

a signora Lisa, mentre posava, non poteva certo saperlo, ma un giorno sarebbe diventata la donna più famosa del mondo. Oggi si indaga sulla sua vita privata (peggio che con una top model) e si cercano le sue spoglie come fossero sacre reliquie. Eppure, per ottenere tanto successo, Monna Lisa, al secolo Lisa Gherardini (1479-1542), moglie di un mercante di tessuti fiorentino, non dovette far altro che sedersi e sorridere. Al resto ci ha pensato Leonardo, che da quell’anonimo volto ha creato il capolavoro per eccellenza: la Gioconda. Ma è davvero di Lisa Gherardini il sorriso enigmatico immortalato dal maestro toscano? Un giallo che neppure la scienza forense è stata ancora in grado di risolvere. 54

Status symbol. Un giorno di cinquecento anni fa, il facoltoso Francesco del Giocondo (14651538) decise di commissionare un bel ritratto della sua sposa, “Monna” Lisa Gherardini (il primo termine non è altro che il toscano di “madonna”, cioè “signora”). La Firenze di allora era uno dei più grandi centri commerciali del Rinascimento europeo, e possedere opere d’arte era un modo di ostentare la propria ricchezza. Uno “status symbol”, diremmo oggi. Il committente, perciò, si rivolse a uno dei più illustri tra i pittori in circolazione: Leonardo da Vinci. Si apre così la storia della Gioconda, o Monna Lisa, dipinto di modeste dimensioni ma di enorme impatto visivo. Leonardo iniziò l’opera probabilmente nel 1503, a Firenze, per poi lavorarci fino

CHI ERA DAVVERO?

Tre particolari della Gioconda. Gli studiosi da tempo cercano di appurare l’identità della nobildonna che fece da modella, tradizionalmente ritenuta Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo.


RMN/ALINARI (3)

alla fine dei suoi giorni, senza terminarla né consegnarla ai committenti. «In realtà non siamo sicuri che le cose siano andate così», spiega Costantino D’Orazio, storico dell’arte e autore del libro Leo­ nardo segreto. Gli enigmi nascosti nei suoi capolavo­ ri (Sperling & Kupfer). «Intorno al dipinto circolano documenti e testimonianze che si contraddicono; perciò non esiste certezza sul periodo in cui Leonardo abbia realizzato il ritratto, né sull’identità della donna e sul suo reale aspetto. La Gio­ conda potrebbe essere molto diversa dalla modella originale». Qualcosa non torna. A identificare nel dipinto il ritratto di Lisa Gherardini è stato il pittore e biografo aretino Giorgio Vasari, autore delle celebri Vite (la cui prima edizione è del 1550).

Nel descrivere il dipinto leonardesco, Vasari spese parole entusiastiche su alcuni elementi del volto di Lisa. Tuttavia, qualcosa non torna, perché nel quadro del Louvre quei dettagli non esistono. In particolare, Vasari si sofferma sull’impeccabile riproduzione delle ciglia, che a suo dire, “non potevano es­ sere più naturali”. Ma Monna Lisa non ha né ciglia né sopracciglia, come annoterà più tardi il collezionista d’arte Cassiano del Pozzo (che nel 1625 ebbe modo di osservare il dipinto). Possibile che Vasari si sia sbagliato? «La verità è che Vasari non vide mai il dipinto, perché quando scrisse la vita di Leonardo, l’opera si trovava già in Francia», sottolinea lo storico. Per la cronaca, il quadro era giunto in Francia nel 1517 al seguito dello stesso Leonardo, chiamato alla corte reale di Francesco I come premier peintre. La Gio­ conda fu poi acquistata dal re e non si mosse più. È probabile che Vasari descriva il ritratto sulla base di un resoconto fattogli da qualcun altro, ma è anche possibile che si riferisca a un’altra opera. «Forse Lisa è stata ritratta in un dipinto che non abbiamo ancora scoperto, e la Gioconda mostra in realtà il volto di un’altra donna», conferma lo storico. «Nel dettaglio, oggi sono almeno una decina le identità attribuite a questa dama». 55


ARGO DI STRAZZA/ MUSEO NAZIONALE SCIENZA E TECNOLOGIA “LEONARDO DA VINCI”

ALINARI

IL MITO

UN EVENTO COLOSSALE

L’ingresso alla mostra su Leonardo del 1939 al Palazzo dell’Arte di Milano (oggi Triennale). A sinistra, un ritratto di Benito Mussolini.


Nel 1939, all’apice del consenso al FASCISMO, una grande ma controversa mostra a Milano ARRUOLAVA Leonardo come TESTIMONIAL del “primato tecnologico e industriale” italiano

UN GENIO IN ORBACE

ENTRATA TRIONFALE

“S

copo della mostra è quello di celebrare il genio universale e ineguagliato di Leonardo da Vinci, assunto quasi a simbolo di tutta la civiltà latina e cristiana e pertanto romana e di porre in evidenza i legami spirituali che uniscono questo grande realizzatore e creatore alle realizzazioni dell’Italia mussoliniana e imperiale”. Con queste parole ad alto tasso retorico il catalogo della “Mostra di Leonardo e delle invenzioni italiane” arruolava il maestro della Gioconda come testimonial autarchico delle conquiste della scienza e della tecnica italiche. La mostra-evento, sui giornali del tempo ri-

MUSEO NAZIONALE SCIENZA E TECNOLOGIA “LEONARDO DA VINCI”

Lo scalone del Palazzo dell’Arte di Milano con il modello di argano per sollevare pezzi di artiglieria.

battezzata “la Leonardesca”, si aprì a Milano, al Palazzo dell’Arte (oggi Triennale) il 9 maggio 1939, 420° anniversario della morte di Leonardo. Quando chiuse i battenti, il 22 ottobre, la Seconda guerra mondiale era cominciata da 42 giorni. Il momento storico favoriva il nazionalismo. Il sostegno al fascismo era ai massimi, e non soltanto per l’efficacia della macchina del consenso e per oltre un decennio di azzeramento della democrazia. Nel 1936 la Guerra d’Etiopia si era conclusa con la nascita dell’effimero Impero italiano, tentativo fuori tempo massimo di guadagnarsi un posto al sole tra le potenze coloniali. L’impresa aveva messo in

luce il lato peggiore del fascismo, tra campagne razziste e attacchi chimici ordinati da Mussolini. Ma aveva inorgoglito quasi tutti gli italiani. Paralleli arditi. Che lo scopo della mostra fosse stabilire un parallelo tra il genio di Leonardo e le conquiste dell’Italia fascista, in particolare quelle tecniche e industriali, appariva evidente appena oltre l’ingresso del Palazzo dell’Arte. Il visitatore si trovava subito a un bivio: da una parte c’erano, un po’ come in una fiera campionaria, gli ultimi ritrovati dell’industria nazionale e i prodotti delle aziende di punta; dall’altra c’era lui, Leonardo, rappresentato dai modelli delle sue mac75


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