Focus Storia n.151 - Maggio 2019

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°151

MENSILE – Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur € 8,10 - Germania � 12,00 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50

maggio

1884

Jumbo, e i suoi 20 amici elefanti, collaudano il Ponte di Brooklyn

CURIOSITÀ INVENZIONI E FOLLIE

LE GRANDI OPERE DEL PASSATO

17 APRILE 2019 - MENSILE � 4,90 IN ITALIA

Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona

ASSIRI

IN MEDIO ORIENTE, 4.000 ANNI FA, NACQUE IL CAPITALISMO

TRONO DI SPADE

DALLA FICTION AI LIBRI DI STORIA, I PERSONAGGI “VERI” DELLA SAGA

ETIOPIA

QUANDO, A FINE ’800, L’IMPERO DI MENELIK II UMILIÒ L’ITALIA


Maggio 2019

focusstoria.it

Storia

S

trade, acquedotti, ponti e, più avanti, linee ferroviarie, trafori, canali... Lo Stato si è sempre fatto carico delle infrastrutture del suo territorio, senza le quali non c’è sviluppo né benessere. E da sempre ha dovuto affrontare, oltre agli ovvi problemi tecnici, quelli ancora più insidiosi delle risorse: dove trovarle e, soprattutto, come non sprecarle. Gli antichi Romani, come raccontiamo nel nostro dossier, erano maestri su tutti i fronti; e con grande anticipo sui tempi furono anche i primi a valutare l’impatto ambientale! Secoli dopo, nell’Ottocento, l’Italia è tornata ad avere un ruolo da protagonista. Fu il neonato Regno d’Italia a realizzare il traforo del Frejus (nel 1871, il tunnel ferroviario più lungo del mondo); nel 1854 fu il trentino Luigi Negrelli a elaborare il progetto del Canale di Suez; per l’immane impresa della Transiberiana, furono i bravi operai italiani a garantire la riuscita dell’opera. In queste pagine ricordiamo tutti: le menti visionarie degli ingegneri che hanno immaginato l’impossibile, ma anche le migliaia di operai che per questi sogni hanno perso la vita. Emanuela Cruciano caporedattore

RUBRICHE

ELABORAZIONE COPERTINA: GRZEGORZ PĘDZIŃSKI

4 FLASHBACK

6 LA PAGINA DEI LETTORI

8 NOVITÀ & SCOPERTE

10 TRAPASSATI ALLA STORIA 83 RACCONTI REALI 84 PITTORACCONTI 86 DOMANDE & RISPOSTE 112 AGENDA

Scozia, 1885 ca. La costruzione del Forth Bridge.

OXFORD SCIENCE ARCHIVE/HERITAGE-IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

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CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: il Ponte di Brooklyn testato dal passaggio di elefanti nel 1884.

IN PIÙ... UNA GIORNATA DA... 12 Imbalsamatore Al lavoro sulla mummia di Tutankhamon.

L’HA INVENTATO? 14 IlCHIfrigorifero

E come si faceva quando non c’era?

MERAVIGLIE INGEGNERISTICHE 36 66 Lo Stato costruttore

Le infrastrutture sono un bene di cui si è sempre occupato lo Stato.

38

Antichi vizi

Corruzione e sprechi nei lavori pubblici anche nell’antica Roma.

42

I geni delle infrastrutture Gli infallibili ingegneri di 2mila anni fa.

46 La luce in fondo al tunnel

La svolta del traforo del Frejus, 148 anni fa.

52 Dalla Siberia con amore

La vita nei cantieri della Transiberiana.

60

A prova di elefante

Come si testò la tenuta del Ponte di Brooklyn.

I canali che hanno accorciato le distanze Le vie d’acqua che hanno unito il mondo.

68

Paludi redente

La bonifica dell’Agro Pontino: vero trionfo del fascismo?

72 Costruttori di sogni

Le sfide di ingegneri e architetti dell’800.

76

L’arteria d’asfalto che unì l’Italia

Negli Anni ’60 l’Autostrada del Sole collegava Milano a Napoli.

80

A quale prezzo?

Alcune infrastrutture hanno portato vantaggi economici. Ma...

ANTICHITÀ 18 Assiri

Quattromila anni fa “inventarono” il capitalismo.

FANTASY 24 Tipi da Trono

I personaggi del Trono di Spade si ispirano a figure storiche.

28 LaOTTOCENTO prima

candidata alla Casa Bianca

La vicenda di Victoria Woodhull.

COSTUME 88 Porn in the U.S.A. La dura vita dell’industria del porno oltreoceano.

ARTE 94 Boldini e la moda Dietro ai ritratti dell’artista ferrarese.

GRANDI TEMI 102 Umiliati dal negus L’Etiopia di Menelik II.

STORIE D’ITALIA 108 Patriota per caso Luisa Sanfelice giustiziata nel 1800.

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DOMANDE&RISPOSTE ALBUM / FINE ART IMAGES / MONDADORI PORTFOLIO

Queste pagine sono aperte a soddisfare le curiosità dei lettori, purché i quesiti siano di interesse generale. Non si forniscono risposte private. Scrivete a Focus Storia, via Arnoldo Mondadori 1, 20090 Segrate o all’e-mail redazione@focusstoria.it

Zarina illuminata

In un quadro ottocentesco l’imperatrice Caterina II di Russia visita lo scienziato Michail Vasil’evič Lomonosov nel 1764.

SETTECENTO

CATERINA LA GRANDE FACEVA UN TEST AI SUOI AMANTI?

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ì. Caterina II di Russia (1729-1796), conosciuta come la Grande per la notevole abilità politica, è rimasta celebre anche per i numerosi amanti di cui si circondava. Diventare, però, intimo della zarina non era semplice. Infatti, i focosi aspiranti, dopo aver superato una visita medica che accertava il loro stato di salute, erano obbligati a soddisfare prima la dama di compagnia di Caterina. Per un periodo ricoprì questo ruolo la contessa Praskov’ja Aleksandrovna Rumjanceva, battezzata, in virtù di tale mansione, con l’appellativo di “l’éprouveuse”, ovvero “colei che fa la prova”. In seguito, il delicato incarico fu affidato alla contessa Anna Protasova, nuova dama di compagnia. Solo dopo il test, la zarina decideva se accogliere il pretendente, basandosi proprio sulle impressioni della sua confidente del momento. (e. v.)

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Domanda posta da Paolo Vannucci.


MONDADORI PORTFOLIO/AKG

FANTASY

HELEN SLOAN / HBO

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BASTARDI AL POTERE

figli nati da unioni illegittime, nel Trono di Spade come nella realtà, non si contano. Ma, tra tutti, il più famoso della serie è anche l’unico che davvero bastardo non è: l’ingenuo Jon Snow (a sinistra). Inizialmente destinato a una vita da sentinella afflitta dai geloni, a guardia della Barriera di ghiaccio sull’estremo confine settentrionale del continente, contro ogni pronostico la sua carriera subisce un’impennata. Dopo aver vinto la cruenta Battaglia dei Bastardi, diventa infatti re del Nord e di Grande Inverno (il castello della famiglia Stark, in cui è cresciuto). Non solo illegittimo. Bastardo prima, valoroso guerriero e sovrano poi, Jon è proprio un tipo alla Guglielmo il Conquistatore (sopra), re d’Inghilterra dal 1066. Noto alle cronache come Guglielmo il Bastardo, perché nato da un’unione non riconosciuta dalla Chiesa fra il duca di Normandia Roberto I e la figlia di un cameriere, l’ambizioso giovane si guadagnò il nuovo soprannome sul campo. E lo consolidò nella battaglia di Hastings (Inghilterra) conquistando il trono, per sé e tutti i suoi diretti discendenti.


I personaggi del Trono di Spade incarnano alcune tipologie umane ben precise che ritroviamo nei libri di Storia. a cura di Maria Leonarda Leone

TRONO S

ui personaggi del Trono di Spade (la saga televisiva fantasy record di spettatori) e sui re, le regine e i guerrieri realmente esistiti che li hanno ispirati, sono stati versati fiumi di inchiostro. Ma la maggior parte degli uomini e delle donne che vive e che muore nel fantastico mondo creato da George R. R. Martin rappresenta qualcosa di più di un preciso personaggio storico. Dalla regina perfida al re bastardo, dal soldato che non conosce limiti alla sovrana guerriera, ognuno di loro incarna una particolare tipologia umana e storica. Ed ecco • quindi i nostri “tipi da Trono di Spade”.

REGINE SPIETATE

SCIENCE PHOTO LIBRARY/AGF

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ella e crudele proprio come nelle favole, la regina del Madagascar Ranavalona I (1778-1861) fu una specie di Cersei Lannister (a destra) della realtà. Proprio come la malvagia, narcisista e ambiziosa occupante pro tempore del Trono di Spade, Ranavalona (a sinistra) venne incoronata alla morte del marito. Si dice lo avesse avvelenato lei stessa, con la stessa cura con cui Cersei era riuscita, con l’alcool, ad anticipare la dipartita del consorte, condannandolo a una fatale caccia al cinghiale. Spietate. Diventate vedove, entrambe diedero inizio a una ecatombe: fecero sterminare chiunque potesse reclamare il trono e perseguitarono stranieri, missionari e tutti coloro che non incontravano la loro simpatia. Ranavalona causò la morte di migliaia di persone, soprattutto cristiani: in 15mila furono gettati da dirupi, dati in pasto ai cani, legati e abbandonati nella foresta o affogati in pozzi riempiti di acqua bollente. Forse persino Cersei avrebbe avuto qualcosa da imparare da lei.

HBO/HELEN SLOAN

TIPI DA


PRIMO PIANO

MONDADORI PORTFOLIO/AKG

Il traforo del Frejus, 148 anni fa, ridusse la distanza tra Francia e Italia a una manciata di chilometri. E cambiò per sempre il sistema dei trasporti europeo.

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LA LUCE IN FONDO AL

TUNNEL


VISIONARIO. La storia del traforo del Frejus inizia nel 1839, grazie all’intuizione di Giuseppe Francesco Medail, imprenditore di Bardonecchia attivo a Lione. Costretto ad attraversare spesso le Alpi per affari, Medail si rese conto della necessità di creare un nuovo collegamento tra Piemonte e Savoia (allora parte del Regno di Sardegna) nel punto in cui le due regioni erano più vicine. Come? Traforando il Monte Frejus, da Bardonecchia alla cittadina di Modane. La Francia sarebbe stata così a portata di mano, garantendo al piccolo regno sabaudo un saldo collegamento con l’Occidente europeo. «Prima di allora, uno dei tragitti preferiti per oltrepassare le Alpi era il valico del Moncenisio, che partendo da Susa giungeva a Saint-Jean-deMaurienne lungo una strada lunga e tortuosa», spiega Vittorio Marchis, docente di Storia della Scienza e delle Tecniche al Politecnico di Torino. «Un miglioramento arrivò tra il 1803 e il 1810, quando Napoleone realizzò una nuova strada  carrozzabile tra Novalesa e Lanslebourg, ma

K. WEISE WIKIPEDIA

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orino è travolta da un’ondata di euforia: tra luci sfavillanti, discorsi solenni e folle di cittadini e giornalisti, si festeggia il completamento di un tormentato tunnel ferroviario che attraversa le Alpi. No, non è una scena dal futuro, con i SìTav in festa per la realizzazione della nuova linea Torino-Lione ad alta velocità. È una scena che viene dal passato, precisamente dal 17 settembre 1871, quando nasceva il traforo del Frejus, all’epoca il tunnel ferroviario più lungo al mondo. Quello stesso giorno, nella cittadina di Bardonecchia, il primo convoglio aveva fatto il suo ingresso nella nuova galleria che perforava il Moncenisio per 12,84 km, unendo l’Italia alla Francia. Completare la colossale opera non era stato facile: dallo scoppio della prima mina, nel 1857, erano passati 14 anni segnati da estenuanti sfide ingegneristiche, ma il risultato finale avrebbe trasformato per sempre il sistema dei trasporti europeo.

Viva l’Italia!

L’inaugurazione del traforo del Frejus fu festeggiata il 17 settembre 1871 al grido di “Viva l’Italia!”. In alto, monumento alla memoria di Giuseppe Francesco Medail (1784-1844), l’imprenditore che ebbe l’idea di realizzarlo.


GETTY IMAGES

PRIMO PIANO

GETTY IMAGES

In passerella Due uomini su un’alta passerella sorvegliano la costruzione del ponte, nel 1877. 60

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A PROVA


DI ELEFANTE Per dimostrare ai newyorkesi che il Ponte di Brooklyn era sicuro, vi furono fatti sfilare persino 21 elefanti. E non solo...

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entun elefanti, dieci dromedari e sette cammelli a spasso sul Ponte di Brooklyn. Il capofila, che si chiamava Jumbo, pesava più di sei tonnellate. D’altra parte, l’idea di dimostrare ai newyorkesi che il primo ponte sospeso con cavi di acciaio più lungo del mondo era sicuro – e in grado di sopportare tanto peso –, venne a Phineas Taylor Barnum, il famoso imprenditore circense. Che quel giorno, il 17 maggio 1884, con i suoi pesanti animali esotici “collaudatori” fece, per il suo circo, un colpo di marketing da maestro. Il ponte simbolo di New York, infatti, aveva bisogno di essere “rilanciato” perché i newyorkesi erano rimasti scioccati da un episodio di cronaca accaduto appena una settimana dopo l’inaugurazione trionfale del 24 maggio 1883. Come riporta un articolo del New York Times, una donna cadde dalle scale di legno laterali sul lato di Manhattan, un’altra urlò. La gente pensò che il ponte stesse crollando, e tra la folla in fuga morirono 12 persone  e ci furono più di 35 feriti.

John Augustus Roebling Ingegnere statunitense di origine tedesca, fondò a Pittsburgh la prima fabbrica americana di cavi metallici e ne studiò l’impiego nei ponti sospesi. Quando iniziò la costruzione del Ponte di Brooklyn, aveva già realizzato ponti sospesi di ferro sul Monongahela a Pittsburgh (1846), sul Niagara (1851-55) e sull’Ohio a Cincinnati (1856-66).

ALAMY/IPA

(1806-1869)


COSTUME

PORN IN

MAGNUM PHOTOS

L’industria del porno negli Stati Uniti non ha mai avuto vita

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Conigliette

Hugh Hefner (19262017), il fondatore di Playboy, nel 1966. In basso, Donald Trump mostra il numero di Playboy che nel 1990 lo aveva intervistato e messo in copertina.


THE U.S.A.

facile. E quasi tutti i presidenti hanno provato a contrastarla.

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GETTY IMAGES

igotti, bacchettoni e puritani. Da sempre, si dice che gli americani siano un popolo fissato con la religione e particolarmente rigido nei confronti della sfera sessuale. Una convinzione che, giusta o sbagliata che sia, è troppo semplicistica. Per rendersene conto, basta rileggere il controverso rapporto che, negli anni, si è instaurato tra l’industria pornografica e lo Stato americano. Con i presidenti degli Stati Uniti in prima fila.

POSTA PROIBITA. La guerra contro il porno iniziò nel 1873, quando il Congresso degli Stati Uniti approvò il Comstock Act, un pacchetto legislativo che impediva la diffusione per posta di materiale relativo all’aborto, al controllo delle nascite e a contenuti ritenuti osceni. La norma era il risultato di un’intensa attività di lobbing portata avanti da Anthony Comstock, un ispettore postale che aveva fondato la New York Society for the Suppression of Vice con l’intento di salvaguardare la moralità pubblica. La legge divenne ben presto obsoleta perché fu superata dal progresso tecnologico: nei primi decenni del Novecento nacquero nuovi mezzi per la divulgazione di materiale considerato osceno, dalla riproduzione a basso costo di foto in bianco e nero alle immagini in movimento. Eppure, la politica continuò fondamentalmente ad affidarsi al Comstock Act, scegliendo di non affrontare di fatto il problema. IN EDICOLA. La situazione mutò radicalmente nel 1953. Quell’anno uscì il primo numero di Playboy che, con Marilyn in copertina (v. riquadro nella

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I GRANDI TEMI IMPERO ETIOPE Come l’Etiopia di Menelik II distrusse i sogni di gloria dei colonialisti italiani e la carriera di qualche politico.

UMILIATI

ART MEDIA/HERITAGE IMAGES/SCALA

DAL NEGUS

Batoste e dimissioni

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SCALA

Sopra, vignetta satirica sulla sconfitta italiana a Macallè (1895-96), che costrinse il capo del governo Francesco Crispi alle dimissioni.


L

a seconda metà dell’Ottocento è stata per l’Africa l’epoca della grande spartizione. Ogni Stato europeo ambiva a una fetta di “continente nero” e l’Italia, anche se neonata come nazione, non voleva rimanere fuori dai giochi. Gli occhi dei colonialisti nostrani si concentrarono sull’Africa Orientale, diventata molto appetibile da quando, nel 1869, era stato aperto il Canale di Suez e i traffici tra Mediterraneo e Mar Rosso erano decollati. L’Italia però aveva fatto i conti senza l’oste, perché quell’area dell’Africa aveva già da secoli un padrone: l’Impero d’Etiopia. Ed era un osso duro. Prima di tutto era uno Stato fiero delle sue radici antichissime, che gli etiopi amavano far risalire addirittura al legame tra il biblico re Salomone e la regina di Saba (X secolo a.C.). Era inoltre un impero strutturato con un esercito, un apparato burocratico e riunito attorno alla

Massacro

chiesa ortodossa copta nata nel IV secolo, quindi antica quanto il cristianesimo in Occidente (vedi riquadro nelle pagine seguenti). Ma soprattutto, proprio nei decenni del secondo Ottocento, l’Etiopia viveva una fase di rinascita e i suoi sovrani non mostravano alcuna sudditanza nei confronti degli europei, anzi.

RINASCITA. A partire dal 1855, due grandi condottieri, Teodoro II, imperatore fino al 1868, e Giovanni IV, sul trono dal 1871 al 1889, avevano limitato, con una serie di vittoriose campagne militari, il potere dei ras (“signore” in lingua etiope) locali che durava dalla metà del Settecento. Avevano inoltre modernizzato esercito e burocrazia. Contemporaneamente rafforzarono l’autorità imperiale, richiamandosi alle glorie del passato e alla natura divina del loro mandato, come scrive Irma Taddia nel

La Battaglia di Dogali (1887), in Eritrea, durante la prima fase di espansione coloniale in Africa Orientale: l’imperatore etiope Giovanni IV fece massacrare 500 italiani.

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