MURATTIAMO n. 03/2013

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1 Febbraio 2014 - N° 03 - quindicinale - Edizioni Click On Studio - Periodico gratuito

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Sommario 5

Editoriale In social media we trust

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Barinforma Il territorio è di chi lo abita disagi e risposte dai cittadini

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Sbagliando si impara. Oppure no?

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Focus Allacciate le cinture: arriva il biglietto unico

murattiamo.blogspot.it

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La tua bionda “SOSTENIBILE” 167 anni di Made in Italy

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Precariato Made in italy? No, grazie

@murattiamobari

www.facebook.com/murattiamo

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Direttore responsabile

Corinna Trione redazione@clickonstudio.it

Impaginazione e grafica Gianni Colaianni grafica@clickonstudio.it

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Stampa

Tipolito EFFEGI Portici - NA

Diffusione

Propaganda Sistemi

Brand Gnu: il Comune dice basta progetti per combattere il digital divide Outfit

Smart City

Valore assoluto ai giovani La CdC riapre i Bandi

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Dieta podcast? Evitate le chiacchiere del web

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Crisi vs salute: 1 a 0 La popolazione rinuncia a curarsi

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Hipster, anime erranti del xxi secolo

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Waiting for Menzani racconta le periferie della vita

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Passione, complicità, amore, musica e tango

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Bitcoin: la cybermoneta del futuro

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Editoriale

In social media we trust

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose” (A. Einstein)

www.borgomurattiano.it

La prima volta che apparve, il motto In God We Trust venne usato su una moneta degli Stati Uniti: era il 1864 e rimase ufficioso per ben 92 anni, finché non fu riconosciuto dalla legislazione come “motto nazionale”. La storia ci insegna che venne adottato per sostituire il vegliardo E pluribus unum (dal latino, “Da molti, uno”, in riferimento ai 13 Stati confluiti negli USA), che affonda le sue radici nel più lontano 1782. Con un lunghissimo salto in avanti fino ad oggi, scevri di ogni ancoramento religioso o patriottico che sia, noi invece affermiamo: “In Social Media We Trust”. Ebbene si, perché in quest’era, tecnologica ed informatica sin dall’embrione, imbevuta di dati e nozioni che corrono lungo il filo invisibile del Wi-Fi, non possiamo non credere nel loro potere. Anzi, dobbiamo farlo. Il presupposto è che il termine generico “social media” non indica soltanto pratiche di creazione, condivisione e scambio di contenuti prodotti dagli utenti su Internet: in un’accezione- se vogliamo- meno letterale, esso definisce i luoghi in cui nasce il dialogo e l’informazione è potenzialmente democratizzata. Naturalmente, molto dipende dall’uso che ne facciamo. Perché ne stiamo parlando? Il 2014 è appena iniziato e l’augurio è sempre lo stesso: anno nuovo, vita nuova. Ma, parafrasando Einstein di cui sopra, le cose non cambieranno mai finché non saremo noi stessi a cambiare: cambiare punto di vista, cambiare metodo di approccio, criterio e orientamento, e così via. Nell’epoca in cui il digitale prolifera, è arrivato il momento di guardarsi intorno con occhi nuovi e spirito critico, di analizzare e comprendere le potenzialità dei mezzi di cui disponiamo e sfruttarli finalmente a nostro favore. E allora, alle soglie delle prossime elezioni amministrative, l’invito è a stare al passo coi tempi nel governo della nostra città, a cambiare il modo stesso di gestirla, ad aggiornare i nostri “diritti e doveri” ad una versione 2.0 . Corinna Trione

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Barinforma

IL TERRITORIO

È DI CHI LO ABITA I disagi e le risposte dai cittadini Le amministrative si avvicinano, da un paio di mesi i candidati vanno in giro diffondendo a destra e a manca la loro “parola” e avanzando sotto l’egida del “prometto che”. Non per fare polemica, ma questa briga non attacca più. Quello che ci vorrebbe veramente è un cambiamento radicale, basato innanzitutto su un approccio diverso ed innovativo alla gestione stessa della “cosa” pubblica. E in una città i cui cittadini sono bravissimi a lamentarsi, bisogna fare di necessità virtù e trasformare quelle lamentele in concrete occasioni per possibili aggiustamenti e miglioramenti. Senza andare troppo oltre, tanto per cominciare è palese che non ci sono abbastanza collegamenti tra cittadini ed amministrazione effettiva; e quelli che ci sono comunque non bastano o risultano inadeguati. Basta guardare l’intasatissima bacheca Facebook del sindaco Emiliano, per rendersene conto. Tuttavia quella dei social network è un’arma a doppio taglio che, se usata bene, può senz’altro dare i suoi frutti. Se riprendiamo la famosa twittata del mese scorso infatti, non possiamo non evidenziarne la risonanza avuta a livello nazionale: il che dimostra l’immensa potenzialità degli strumenti di cui disponiamo.

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Alla luce di quanto detto, sorge spontanea una domanda: perché non utilizzare questi stessi strumenti, banalissimi e ormai all’ordine del giorno, per far sì che i cittadini tornino ad essere protagonisti attivi, operativi e cooperativi nella crescita della loro città? Immaginate, ad esempio, una piattaforma che consenta veramente di prendere parte alla gestione della vita nei quartieri; dove ognuno possa evidenziare disagi e criticità in tempo reale, fare domande, ma anche dare risposte e delineare possibili soluzioni. Ciò che ne deriverebbe è una sorta di “mappa delle problematiche” che consentirebbe non solo di sapere “dove” e “quando”, ma soprattutto di intervenire facendo leva sulle idee e le soluzioni proposte dai cittadini stessi. Ascoltare, capire, coinvolgere e creare; valorizzare le risorse; ridurre gli sprechi e far sì che Bari sia veramente una “smart city”, non solo sulla carta. Capiamo come.

Ci vuole un cambiamento radicale nella gestione della “cosa” pubblica


Da

a

SBAGLIANDO SI IMPARA.

OPPURE NO?

Non si combatte l’obesità con un nuovo buco alla cintura

E

ra il 2008 quando se ne sentì parlare per la prima volta. Una fucina di talenti, di ragazzi virtuosi e pieni di idee moderne, fresche ed innovative; una schiera di volontari che hanno sostenuto e incoraggiato LA campagna elettorale; un nucleo di giovani baresi che ha dato prova di come, a costo zero (purtroppo o per fortuna), semplicità e determinazione possano dare risposte laddove nessun sistema della politica arriva. EmiLab è stato questo. Tante, troppe volte però abbiamo creduto alle parole di chi puntava ad accaparrarsi un posto di primordine a Palazzo di Città. E altrettante volte abbiamo assistito a “giochi di potere” mirati a procurarsi la fiducia di quanti ci credevano, per poi, di lì a poco, lasciare che tutte le belle parole e le buone intenzioni finissero nel dimenticatoio. EmiLab è stato anche questo. Tuttavia non siamo qui a rinfacciare nulla, anzi. Sarebbe utile piuttosto capire cosa non abbia funzionato in quel sistema e quindi come po-

terlo migliorare. Della serie “non si combatte l’obesità facendo un nuovo buco alla cintura”. E se è lecito azzardare l’ipotesi che sia stata la mancanza di budget a determinare il precoce tracollo dell’esperienza EmiLab, forse è il caso di andare oltre gli aspetti prettamente pratici. È molto più plausibile che il nocciolo della questione sia nella matrice stessa che ha dato vita a questa macchina: ovvero la politica. EmiLab è nato ed è morto con le elezioni, niente più, niente meno. È il caso di ricordarlo. Certo questo non vuol essere un invito a prendere per “non buona” ogni iniziativa che arriva dal Comune (specie in questo periodo). Si tratta piuttosto di mantenere uno sguardo critico che consenta a noi stessi di proporre e portare avanti iniziative concrete ed attuabili, senza inciampare in vane speranze che rimangono disattese come al solito. Fortunatamente sbagliando si impara, o almeno così si dice…

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Barinforma

UNAI: LA SODDISFAZIONE DI ESSERE I PRIMI

UNAI è la più antica associazione nazionale di amministratori di condominio costituita in Italia. Si è costituita in Roma il 19 febbraio 1968 con il marchio URAI (Unione Romana Amministratori Immobiliari). La data di nascita non è l’unico primato che UNAI può vantare nell’ambito della categoria degli amministratori di condominio! Con decreto del Ministero della Giustizia, in data 4 ottobre 2010, UNAI è stata la prima associazione della categoria “annotata” nel “registro” istituito, presso lo stesso Ministero, in attuazione de Decreto Legislativo 2006/07, art. 26. Tale articolo, in particolare, si prefigge di individuare quelle associazioni che, in mancanza di un albo o collegio specifico, hanno i requisiti per rappresentare la categoria professionale, nelle Piattaforme Comuni, previste dalla Direttiva 2005/36/CE. UNAI, inoltre è stata la prima associazione ad adottare i Crediti Formativi (anno 1989 recependo il protocollo Erasmus); la prima ad adottare la Certificazione di Qualità ai sensi della norma ISO 9001 (anno 1995), la prima ad avere un presidente nazio-

nale donna (Giuseppina Mancini anno 1993). La caratteristica peculiare di UNAI è la sua connotazione sindacale, abilitata alla rappresentatività della categoria a livello nazionale e nelle contrattazioni sindacali, è stata la prima organizzazione nazionale degli amministratori di condominio ad ottenere la qualifica di “associazione massimamente rappresentativa a livello nazionale”. In tale veste è sottoscrittrice di un CCNL per i dipendenti dello studio degli amministratori e di un Accordo Quadro per i corrispettivi dovuti all’amministratore per la gestione di Condomini e Immobili in mono o multi proprietà. La garanzia del giusto compenso, di una adeguata tutela e rappresentanza nelle sedi istituzionali e la garanzia di poter contare sull’aiuto e l’assistenza dell’associazione in ogni città italiana sono il nostro fiore all’occhiello. L’amministratore UNAI: un professionista, dalla formazione poliedrica e multidisciplinare, consapevole di far parte di una squadra vincente.

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Organizzato dalla sede provinciale UNAI di Bari, parte il 1 marzo 2014 (numero chiuso)

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I

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per fare bene il suo lavoro. • Dispense, in fascicolo cartaceo, organizzate in 22 Unità Didattiche, che sono il frutto dell’esperienza della più antica associazione della categoria. • Didattica studiata per accompagnare il discente

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da una fase iniziale che si presuppone digiuna di qualsiasi concetto specifico, per giungere gradualmente alla acquisizione di una terminologia specifica e ad una formazione specialistica in materia condominiale. Le lezioni sono state studiate con l’apporto congiunto di specialisti specifici (giuridici etc.) ed esperti di psicologia e pedagogia. • Esame finale con quiz a risposta multipla e successiva, a seguire, prova orale. • Attestato finale, che certifica la formazione acquisita, abilitante ai sensi dell’art. 71 bis della legge 220 del 2013 (nuova normativa sul condominio) che vale 44 cfp (crediti formativi professionali). Il corso propedeutico per Amministratore di Condominio UNAI consente di acquisire una formazione di altissimo livello, grazie a dispense di alta qualità e contenuto, accompagnate da una didattica specificamente studiata, erogata esclusivamente da docenti abilitati, professionisti iscritti nei rispettivi albi, magistrati e docenti universitari. Non sono ammessi in cattedra, c.d. “esperti” che non appartengano alle categorie appena elencate, anche se fossero amministratori di condominio di chiara fama. Alla fine del corso, il discente è messo in condizio-

ne, da subito, di poter esercitare l’attività di amministratore immobiliare in forma professionale. Ad ogni modo, da subito, egli è iscritto all›UNAI e può beneficiare, all›occorrenza, della consulenza di esperti della materia (anche telefonicamente!) per risolvere gli eventuali problemi particolarmente complessi. Nei due anni successivi, versando la sola quota associativa, l›iscritto ai corsi UNAI potrà frequentare Approfondimenti Tematici che gli consentiranno di diventare un assoluto «esperto della materia». I migliori esperti della materia condominiale, al tuo servizio. UNAI è l’unica associazione di amministratori che dà, ai propri iscritti, la tranquillità di sentirsi assistito da un legale, per qualsiasi necessità, con un semplice “squillo” in tutti i giorni della settimana, dal lunedì al venerdì, di mattina e di pomeriggio, contattando il Numero Blu nazionale. Oltre che gli avvocati, sono disponibili consulenti del lavoro, commercialisti, fiscalisti, tecnici edilizi, esperti della sicurezza, amministrativi e consulenti sindacali, anche nelle sedi provinciali. Il tutto finalizzato a far sentire l’iscritto “coccolato” dalla sua associazione e “protetto” dal suo sindacato.

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Focus

ALLACCIATE LE CINTURE:

ARRIVA IL BIGLIETTO UNICO L’accordo che collega treno, metro e aeroporto 27 milioni di viaggiatori e 116 località collegati da un unico sistema di trasporto integrato? Non ancora, ma quasi. L’obbiettivo è sicuramente questo e per raggiungerlo bisognerà lavorare procedendo per gradi. Certo è che al momento, grazie all’accordo tra Ferrovie Appulo Lucane e Ferrotramviaria “Allacciate le cinture. I nostri treni prendono il volo”, circa un milione di passeggeri, tra Puglia e Basilicata, potranno finalmente spostarsi utilizzando un solo biglietto che consentirà loro di transitare attraverso i tornelli di entrambe le società, per viaggiare da e verso tutte le destinazioni servite da Fal e Ft. Un’unione sancita non soltanto sulla carta, perché a simboleggiare con maggiore concretezza questo nuovo accordo è il tanto auspicato ascensore che collega le sedi di Fal e Ferrotramviaria in piazza Roma: mettendo in comunicazione il piano binari delle Fal con quello delle Ferrovie del Nord Barese, l’ascensore consente agli utenti di spostarsi da una stazione all’altra senza doverne necessariamente uscire, oltre che di abbattere le innumerevoli barriere architettoniche prima esistenti. Progetto, quest’ultimo, che rientra nel piano di interventi per l’ammodernamento della stazione di Bari Centrale.

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Inutile dire quanto queste operazioni agevolino in maniera determinante il collegamento tra le località servite e l’aeroporto internazionale Karol Wojtyla di Bari-Palese, rendendolo sempre più vicino ai modelli europei. Il progetto, che presto- si spera!- sarà esteso anche a Trenitalia, rappresenta comunque “un primo importante risultato che fino a qualche anno fa sembrava impossibile”.


PERONI: LA TUA BIONDA

“SOSTENIBILE”

167 anni di Made in Italy e 9,6 mln di euro su Bari “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. Così recitava uno spot degli anni settanta. Uno spot che ancora oggi non passa di moda. Perché Peroni non è semplicemente il marchio della birra italiana: è una scelta, un segno di riconoscimento, un senso di appartenenza. Specie per noi baresi. Ecco perché siamo orgogliosi di presentarvi il Rapporto di Sostenibilità 2012- 2013 di Birra Peroni. Consumi energetici ridotti dell’8% per ettolitro di birra prodotta, 6,7% di CO2 in meno, 7,6% di acqua risparmiata rispetto al 2003 e ben il 98% di rifiuti conferiti al riciclo. Ma questi numeri sono solo una parte. Nel presentare il suddetto Rapporto, “Insieme, dalla terra alla tavola”, Birra Peroni ha proposto anche una riflessione sulla qualità del Made in Italy e sulle potenzialità del settore agroalimentare, annunciando peraltro che tra i vari investimenti nel settore, ben 9,6 milioni di euro saranno investiti sullo stabilimento di Bari. Il tutto a dimostrazione del fatto che, nonostante sia entrata a far parte del gruppo SABMiller (2003), in 167 anni di storia l’azienda non ha mai perso il suo legame con l’Italia, facendosi portatrice- e non solo a parole- di una filosofia produttiva che ne caratterizza distintamente l’operato. Grazie all’attenzione e all’impegno verso il settore agricolo e lo sviluppo economico italiano, la parola filiera si traduce in lavoro e il lavoro, a sua volta, in sostenibilità. E sostenibilità non può far rima solo con filantropia: come sostenuto da Cristina Hanabergh, Sustainable Development Manager di Birra Peroni, in un’intervista a GreenStyle: “Le strategie di sviluppo sostenibile devono essere strettamente connesse al business e alla sua catena, in modo che si crei un valore aggiunto sia per gli sta-

keholder con cui si sta lavorando, sia per l’azienda. Puntare sullo sviluppo sostenibile deve essere un beneficio per tutti”. Dunque un esempio di vera e propria educazione alla sostenibilità, volta a sensibilizzare anche il consumatore, per far sì che questo tipo di cultura possa affondare le proprie radici in basi solide e durature.

Nel 2007 è stato avviato un progetto per il recupero di un’antica varietà di mais che ha portato alla luce il Nostrano Peroni, una tipologia non geneticamente modificata, oggi prodotta nelle tradizionali aree maidicole italiane. Oggi questa particolare varietà autoctona di mais viene prodotta da 90 aziende agricole italiane, diventate centri di coltura maidicola d’eccellenza.

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Focus

PRECARIATO MADE IN ITALY?

NO, GRAZIE

L’artigianato nel ventennio del Cavaliere Da Wikipedia: Artigiano è un lavoratore esperto che utilizza attrezzi, macchinari e materie prime per la produzione o la trasformazione di determinati oggetti. Nell’antichità pre-romana giuridicamente gli artigiani erano precari, valutati allo stesso livello degli schiavi, nonostante i migliori riuscissero a raggiungere una certa fama; nell’antica Roma invece la situazione migliorò gradualmente fino a consentire loro di ottenere la dignità di cavaliere. Prima della rivoluzione industriale tutta la produzione era affidata a loro.

U

n mestiere antichissimo, quello dell’artigiano, radicato nel tempo e nella storia, caratterizzato da alti e bassi. Ultimamente soprattutto di bassi. Perché se nell’antica Roma avevano ottenuto la dignità di “cavaliere”, nell’età del Cavaliere gli artigiani quella stessa dignità devono difenderla con le unghie e con i denti. Precario il Made in Italy, precarie le storiche botteghe, precaria la produzione, precari il centro e la periferia: dove è prevalsa l’ingordigia delle grandi industrie, gli artigiani e i bottegai sono diventati troppo costosi. Negli anni ’70 gli italiani erano considerati “i cinesi” d’Europa; negli anni ’80 invece si è assistito all’exploit dell’homemade con lavoratori che si sono licenziati per aprire piccoli laboratori specializzati, e aziende che, avvalendosi di quegli stessi laboratori esterni, hanno pian piano costruito la fama del made in Italy. Poi è arrivata la fame delle grosse aziende che anteponevano il profitto alla qualità: la competenza e l’amore per il prodotto artigianale a poco a poco sono stati sostituiti dalla logica del guadagno. Per non

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parlare delle lobby che negli ultimi anni hanno ostacolato ogni disegno di legge che andasse a tutelare il Made in Italy, a danno dei piccoli produttori e consumatori. Ed ecco che arriviamo al presente, dove il tentativo di ridurre i costi ha quasi smembrato il comparto. Allora se nell’ultimo anno ben 5 mila negozi di abbigliamento hanno cessato l’attività, l’unica strada percorribile è quella della ritorno alla qualità, nell’attesa che la stessa torni ad essere marchio di unicità ed eccellenza.

Opportunità e strumenti Il 12 febbraio, alla Camera di Commercio, si terrà il Roadshow per l’internazionalizzazione delle PMI: un’operazione di Sistema che vede soggetti pubblici e privati impegnati insieme in un’azione congiunta su tutto il territorio nazionale, per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese italiane.


Maggiori efficienza, durata e sostenibilità Il tempo delle lampadine a incandescenza che sprecano la maggior parte dell’energia in calore, sta finalmente giungendo al termine. E se qualche anno fa si parlava ancora delle fluorescenti compatte, o CFL, oggi il futuro dell’illuminazione è senz’altro il LED. Innovativa in termini di efficienza e durata, e maggiormente proficua dal punto di vista della sostenibilità, questo tipo di illuminazione presenta una moltitudine di punti a proprio favore: basti pensare che se una lampadina a incandescenza ha un’efficienza luminosa tra i 10 e 15 lumen per watt e una fluorescente arriva massimo ai 90 (ma si ferma spesso sui 60), i LED superano i 120-130 lumen per watt. Ma questo è solo un esempio. La tecnologia LED (Light-Emitting Diode) rappresenta l’evoluzione dell’illuminazione allo stato solido, in cui la generazione della luce è ottenuta mediante semiconduttori anziché utilizzando un filamento o un gas. Consente inoltre innovative e creative soluzioni di utilizzo che integrano la luce nelle nostre case, nelle automobili, nei negozi e in città. Ma la vera nuova frontiera è la luce diffusa: una caratteristica che è stata finora anche il più grosso limite di questa tecnologia, finora utilizzata generalmente per evidenziare ed illuminare in modo direzionale un punto o una striscia, ma mai per diffondere luce in un’ambiente. Ora, con la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, si sta superando anche questo problema, tanto che i Led di nuova generazione

sono ormai largamente applicati nell’illuminotecnica. Abbiamo parlato anche di risparmio di elettricità e di qualità della luce superiore: le lampade a Led a luce diffusa infatti consumano tra il 50% e il 75% in meno di energia elettrica rispetto ai migliori prodotti esistenti; e hanno una lunga durata: oltre 50mila ore di funzionamento, pari ad almeno 4 volte la durata delle migliori sorgenti luminose fino ad ora utilizzate, con un impatto sui costi di manutenzione che diminuiscono drasticamente (si parla di almeno 15/18 anni di funzionamento) rispetto alle lampade tradizionali. Com’è noto, le luci a Led non producono raggi ultravioletti e infrarossi e, a differenza di altre tecnologie illuminanti, non hanno problemi di smaltimento perché non contengono materiali inquinanti, quali mercurio e alogenuri metallici. Piccole e modulari, sono molto resistenti e quindi adatte a una vastissima gamma di applicazioni e richiedono una minore quantità di materia utilizzata nella fabbricazione. Numeri che rendono bene l’idea delle potenzialità della transizione energetica in atto.

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Smart City

VALORE

ASSOLUTO ai giovani

G

La CdC riapre la stagione dei Bandi

iunto alla sua seconda edizione, torna “Valore Assoluto 2.0”, il concorso indetto dalla Camera di Commercio di Bari che premia le migliori giovani iniziative imprenditoriali- operanti o che intendano operare nella provincia di Bari -, supportandole con contributi a fondo perduto, dimensionati alle necessità di ciascuna delle proposte d’impresa considerate più meritevoli. La concezione di fondo che ha ispirato la prima edizione non cambia, mentre la novità sta nell’impostazione stessa del concorso: questa volta infatti è prevista innanzitutto una prima scrematura della Project competition che sarà più ampia rispetto all’anno scorso, e poi l’Innovation training, ovvero una fase di formazione utile ad ottenere un’ulteriore selezione dei proponenti. Prerogativa dei progetti presentati è un significativo contenuto in termini di innovazione, il che equivale a dire che prodotto, servizio, processo e modello organizzativo dovranno essere non solo originali, ma anche capaci di generare un positivo cambiamento nel sistema economico sociale locale, in campo occupazionale e/o di crescita economica (diretta o indiretta) in una prospettiva temporale medio-lunga. Lo scopo è quindi quello di finanziare idee e iniziative di giovani intraprendenti e con forte vocazione al mercato, capaci di apportare un sostanziale contributo al settore imprenditoriale, sia innovando imprese già esistenti, sia creandone di nuove. In entrambi i casi, i progetti presentati devono confarsi ad una prospettiva sostenibile e naturalmente, quindi, poggiare su una seria ipotesi di business model scalabile, ripetibile e basato su un contributo di conoscenza tale da renderli competitivi tanto a livello nazionale quanto internazionale. Ancora una volta dunque l’ente camerale lancia il guanto di sfida e nel mirino dell’era informatica non può che esserci l’avanzamento dell’ecosistema imprenditoriale del nostro territorio, in una chiave totalmente avanguardistica.

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Brand Gnu:

il Comune dice basta

agli sprechi

16 progetti per combattere il digital divide Nella promozione, nella divulgazione e nello sviluppo della logica del rifiuto, concepito sempre più nella sua migliore accezione di risorsa capace di favorire contestualmente la crescita economica ed ambientale, l’amministrazione comunale ha scelto di dar vita ad un progetto improntato alla gestione e alla valorizzazione dei rifiuti elettronici, nell’ottica di offrire alla “città giovane” delle soluzioni innovative in materia di riutilizzo. Si chiama Brand:Gnu e di fatto, attraverso la rigenerazione, punta a recuperare i personal computer dismessi dal Comune, destinandoli a proposte progettuali con finalità sociali (sedici in tutto, ideate da associazioni in collaborazione con tutte le circoscrizioni), rivolte alle fasce deboli della società. Lo scopo è quello di sfruttare al massimo ed ottimizzare il patrimonio informatico comunale, favorendo al contempo l’alfabetizzazione informatica di minori a rischio, immigrati, anziani e diversamente abili. Come funziona? È molto semplice: mentre il Comune di Bari fa spazio a macchinari nuovi e

più potenti, sui “vecchi” pc viene installato un software libero/open source che consente ai corsisti di accedere liberamente alla conoscenza prescindendo da tecnologie chiuse o programmi proprietari. L’aspetto più interessante è che questo tipo di software è perfettamente in linea con lo spirito del progetto, consentendo agli utenti di diventare soggetti attivi e partecipativi nella fase di apprendimento, grazie ad un approccio didattico in cui ognuno mette a disposizione le proprie competenze e può contemporaneamente apprendere da chi gli sta accanto. Al termine delle attività previste, i pc rimarranno ai corsisti. Si tratta dunque di una vera e propria lotta a quello che, in gergo, viene definito digital divide: ovvero il divario digitale tra fasce di popolazione che per svariati motivi sono ancora escluse dal mondo dell’informazione digitale e del libero accesso alla stessa. Al momento sono stati ritirati 250 computer, 102 sono stati rigenerati e 56 consegnati.

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Outfit

DIETA PODCAST?

Evitate le chiacchiere del web

R

ieccoci! Le grandi feste sono finite e tutti abbiamo ripreso la vita di sempre con grinta ed energia, pronti a fare a pezzi l’anno nuovo se necessario, a non farci mettere i bastoni tra le ruote da nessuno e belli carichi per sfondare nuove porte e amministrare progetti, lavoro e relazioni. Ok, non portiamola per le lunghe: non è vero niente, non siamo affatto così energici e grintosi anzi, tutto il contrario. Anche quest’anno abbiamo fatto bagordi, bevuto e mangiato come se non ci fosse un domani, festeggiato quel poco che ci rimaneva da festeggiare e ora, con la panza e la credenza ancora piene di t o r r o n i e panettone, ci accingiamo a rimetterci in moto, forse più stanchi e sicuramente

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più grassi dell’anno scorso. E allora, ladies and gentlemen, preparatevi a rimettervi in sesto perché la rete ha sentenziato: siamo appena giunti a febbraio e già si parla di prova costume. Quinoa, peperoncino, wasabi, ginger e altri improbabili alimenti dalle fantomatiche proprietà dimagranti e antiossidanti, inonderanno le vostre tavole e riempiranno le vostre bocche, per farvi sentire sani e leggeri. Quasi vuoti. Fin troppo, vuoti. Certo, assimilare sane proteine e fibre, favorire la circolazione e in genere riequilibrare l’alimentazione, non può che far bene. Ma non dimenticate che nessuno sconosciuto internettiano in camice bianco, per quanto sorridente, può dirvi quale dieta seguire né cosa o quando mangiare. Piuttosto, ricordate di evitare gli insani e controproducenti digiuni tanto quanto gli eccessivi condimenti; scegliete verdure fresche e frutta di stagione, carne bianca e pesce, cotture al vapore o al forno e scansate come la peste tutti i “come perdere 10 kg in due settimane”. Per il resto, una bella corsetta non ha mai fatto male a nessuno. Anche una volta alla settimana, per non esagerare! No, davvero, tranquilli: anche una volta alla settimana. In questo modo anche voi, prima o poi, otterrete dei risultati!


CRISI Vs SALUTE: 1 a 0 L’81% della popolazione rinuncia a curarsi “Otto cittadini su dieci hanno dichiarato di aver rinunciato a diverse prestazioni mediche a causa dei costi”. È quanto emerge da una ricerca condotta dall’Osservatorio Sanità di UniSalute (gruppo Unipol)- specializzata in assicurazione e assistenza sanitaria- secondo cui, a causa della crisi, i baresi ormai rinunciano persino a curarsi. E non si tratta di cifre irrisorie: parliamo ben dell’81% della popolazione e i dati fanno

riferimento tanto a visite odontoiatriche quanto ad esami clinici importanti. Un resoconto a dir poco disarmante e che fa riflettere, perché se si è disposti a mettere in secondo, se non in terzo o quarto piano la propria salute, vuol dire che nei portafogli delle famiglie baresi la crisi economica continua a farsi sentire ancora prepotentemente.

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C

ampi arati, campi incolti, colori autunnali che spiccano nel cielo azzurrino illuminato dal pallido sole di un mite febbraio; uccellini che cinguettano e il silenzio della campagna; cespugli di menta e melissa che, al calpestio di passanti disattenti, sprigionano profumi che riecheggiano nei ricordi: il suono della natura che si lascia godere nella sua bellezza più semplice. Immersa in questo rigoglioso paesaggio rurale, la Tenuta Pinto si presenta come un’antica casa di campagna, in pietra viva che respira la storia dei campi che la circondano e le danno linfa vitale giorno dopo giorno. Sì, perché questo delizioso resort che vediamo oggi, affonda le sue radici nel lontano 1729, quale residenza della nobile famiglia Alberotanza, ed è stato ristrutturato secondo quegli antichi canoni architettonici, ulteriormente impreziositi dall’arredamento retrò elegante e curato nei minimi dettagli. Ma non solo: Tenuta Pinto è anche genuinità ed autenticità. Ed è sempre stato così, sin da quando, nel 1800, quei nobili commercianti intrapresero proficui scambi con Venezia. Dunque anni e anni di esperienza, una

questione quasi genetica, tramandata nel tempo e trasformatasi in vera e propria passione per la genuinità. Ed è proprio dall’esperienza dell’azienda agricola Pinto, con le sue produzioni d’eccellenza di olio extravergine d’oliva e uva da tavola, con i suoi ortaggi e alberi da frutta, che nasce la Tenuta Pinto: il vero fiore all’occhiello dell’azienda, in cui suite e terrazza con vista mare la fanno solo da cornice. Il più pregiato aspetto di questa realtà infatti lo ritroviamo in tavola, con tutti i prodotti a km0 che compongono i piatti e che, insieme all’affidabilità dell’esperienza, contribuiscono alla realizzazione di un gusto ed un piacere davvero unici.

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Outfit

HIPSTER,

ANIME ERRANTI DEL XXI SECOLO Jack Kerouac descrisse gli hipster degli anni ‘40 come “anime erranti portatrici di una speciale spiritualità”. Indie-rock è alternativo, bisessuale è alternativo, rétro è alternativo, l’usato e il biologico sono alternativi; persino la bicicletta a scatto fisso lo è. Nessun tablet, anzi piuttosto una perseverante ostinazione a tutto ciò che è tecnologico; in borsa una Moleskine e sulla scrivania un’Olivetti del ’60. Macchina fotografica? Rigorosamente Hasselblad analogica con annesso rullino bianconero. Alternativo alternativo alternativo! È questa la parola chiave dell’hipster di oggi. Maglie lunghissime e pantaloni cortissimi; vita alta, vita bassa; a sigaretta, a zampa; mille colori o tono su tono; t-shirt sdrucite, vintage o flanella: il mondo è bello perché è vario. Ma in questo tumulto di gusti e tendenze che spesso ricalcano quelle genitoriali, la confusione è tanta e magari riordinare le idee può tornare utile, anche semplicemente per capire chi siamo. O chi vorremmo essere. Proprio così, perché la moda non è altro che un continuum spazio-tempo in cui tutto si ripete, arricchendosi nell’aggiungere ogni volta qualcosa di nuovo al vecchio che ritorna. Ma dobbiamo essere consapevoli di cosa scegliamo, perché ciò che indossiamo dice qualcosa di più del semplice “mi piace il blu” piuttosto che “non sopporto la camicia”. Nella stessa misura, essere hipster va oltre un pantalone dalla caviglia o un calzino bianco in bella mostra; oltre l’essere vegetariano o vegano; oltre il cinema d’autore e la

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musica anteguerra che neanche i nonni dei nostri nonni conoscevano. Spesso l’ostentazione è spoglia di significato. Coniato nei lontani anni ’40, il termine indicava gli appassionati di bebop e hot jazz: nella fattispecie, ragazzi bianchi a cui piaceva emulare lo stile di vita dei jazzisti afroamericani. Ben presto la cultura hipster si aprì a nuovi mondi della conoscenza, dalla lette-


ratura all’arte, fagocitandone l’essenza per poi vomitarne una nuova sostanza, e in breve tempo divenne l’icona dell’anticonformismo. E all’epoca della seconda guerra mondiale essere anticonformisti era una cosa seria. Oggi tutto questo si traduce nell’essere tan-

to civilizzati da risultare decadenti. E lo scopo dell’hipster “medio” è proprio questo: sembrare decadente, fuori moda, tanto out da essere alla fine totalmente in. Tutti identici nella segreta convinzione di essere diversi. Ma che fine hanno fatto i metallari?

CURIOSITà 1. Jeff Greenspan e Hunter Belle hanno cretao un’installazione molto particolare. Una catena da bici gialla e stilosa, una holga, occhialoni colorati e una lattina di PRB fanno da esca in una trappola per hipster. L’installazione è stata fotografata nei dintorni di New York. 2. Dopo le Olimpiadi Hipster, ormai Berlino appartiene al passato. Con zone ricche di palazzi art nouveau che si mescolano a grandi viali fiancheggiati da fabbriche abbandonate, la nuova “mecca” per gli hip è Lipsia: richiamo per artisti, startupper, punk, offre una scena culturale in fermento, oltre che affitti bassi ed un’ottima vivibilità.

3. Forse non tutti sanno che il fenomeno hipster è cresciuto talmente tanto da spingere Camilla Sernagiotto ad elaborare una sorta di vademecum: l’“Hipster dixit”, una guida semiseria per chi aspira a diventare hipster, 292 pagine di suggerimenti su come vestirsi, cosa mangiare, leggere, vedere e ascoltare. 4. Secondo una personale classifica del Sunday Time di Londra, la città più hipster d’Italia è Bologna: ricchissima di studenti, anche stranieri, con un gran fermento culturale, locali innovativi, una vita notturna degna di questo nome oltre che un centro storico meraviglioso.

Per far diventare lo shopping un momento di svago e relax Cyrano Parfum Bar propone lo “Slow Shopping”. Per provarlo basta venire in via A. Gimma 91 a Bari e seduti comodamente annusare tutte le novità della profumeria artistica per la persona e l’ambiente. E tra una degustazione e l’altra troverete tantissime idee regalo.

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MENZANI RACCONTA LE PERIFERIE DELLA VITA Il retrogusto dell’impietosa realtà nell’umana miseria

Giovan Battista Menzani L’odore della Plastica bruciata LiberAria, 12 euro

Un esordio letterario potente e intenso. I racconti di Menzani colpiscono dritto al punto, con un’eleganza e un’intensità propri dei grandi narratori. Non è uno scenario dolce o commovente, quello offertoci dalla sua penna. Si tratta piuttosto di racconti desolati e desolanti, paradossali e grotteschi. Tredici storie come tredici cartoline dall’inferno, pronti a gettare uno sguardo lucido e impietoso sulla realtà delle nostre periferie. Asini umanizzati, professoresse condannate al precariato e all’infelicità, badanti premurose defraudate di ciò che gli spetta, grotteschi reality show del futuro, in cui si cresce, si vive e si muore da concorrenti, quasi si venisse addestrati per questo, come polli in batteria; sono solo alcuni dei personaggi tratteggiati in que-

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sti racconti. Ma troviamo anche uno Stato che si assicura che i suoi cittadini spendano una ragionevole cifra mensile per contribuire a uscire dalla crisi, o nell’ultimo, desolante, racconto, si arriva al paradosso della morte in diretta, spettacolo crudele per un’umanità disumanizzata. Il linguaggio di Menzani è pietra asciutta, come il suo sguardo sull’esistere. Non c’è compassione, o sentimento, nelle sue parole, non esiste speranza. Siamo un’Italia che viene fuori nei suoi più terribili risvolti, nelle pieghe di una stanchezza avvilente che non lascia spazio né all’amore né ai sentimentalismi. Sono storie crude, paradossali, da leggere piano, un racconto dopo l’altro, misurando e assaporando il senso di oppressione e di vicolo cieco in cui Menzani ci indirizza. Le sue parole sospendono il giudizio e ci trasportano in un universo sconosciuto, forse possibile, forse reale, ma a cui guardare con spietata lucidità, da raccontare con parole secche e affilate fino all’ultima pagina. Fino alla fine, e anche dopo, si cerca la speranza, la redenzione, ma questa non arriva mai. I racconti de “L’odore della plastica bruciata” restano impressi anche una volta terminati, con il loro retrogusto di spietata verità sulle nostre umane miserie. Giorgia Antonelli EditoreLiber Aria


passione, complicità, amore, musica e tango Per San Valentino il balletto “Noche Tanguera” Offerta speciale della Camerata Musicale Barese per la festa di San Valentino: il 14 febbraio al Teatro Petruzzelli, esclusiva regionale con il balletto “Noche Tanguera” della “Compagnia Naturalis Labor”, una serata tutto tango, ispirata da una tradizionale e suggestiva ricorrenza, con musica dal vivo. Per tutte le coppie di innamorati di tutte le età, la Camerata offrirà, eccezionalmente, 50 ingressi a prezzi scontati di primo e secondo ordine. Tali prenotazioni potranno essere effettuate dal 1° al 10 febbraio. “Noche Tanguera” è uno spettacolo fatto di passione, complicità, amore, musica e tango per la regia di Luciano Padovani, che con questo spettavolo porta in scena il tango, coniugato con le innovazioni sceniche e drammaturgiche,

che da anni contraddistinguono il suo lavoro di regista e di coreografo. La musica sarà eseguita dal gruppo ”Lumière de Tango” apprezzato in Italia ed in Europa: in programma brani classici di Pugliese e Piazzolla.

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BITCOIN: LA CYBERMONETA DEL FUTURO Il collettivo di hacker sfida le banche centrali

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lcuni ne hanno sentito parlare per la prima volta abbastanza recentemente; altri sanno da anni di che cosa si tratta; ma in verità la maggior parte non ha idea di che cosa sia un bitcoin. È stato definito “il fenomeno del momento” ma, a onor del vero, il bitcoin- comunemente e semplicisticamente detto “moneta virtuale”- ha visto la luce nel 2009, quando il suo creatore, un collettivo anonimo che si nasconde dietro il nome di tale Satoshi Nakamoto, ha dato forma ad un’idea volta ad implementare il protocollo di comunicazione e la rete peer-to-peer che ne risulta. Ora, tralasciando le terminologie specifiche del settore, il concetto di base è che ognuno, in maniera del tutto anonima, attraverso il proprio pc può acquistare o vendere qualunque tipo di prodotto o servizio, senza che tale compravendita sia tracciabile: in sostanza, se si acquista un bitcoin (con denaro reale), si acquista un valore X spendibile esclusivamente online. Un mercato virtuale al 100%. Tutto ciò che è virtuale però- e lo dice la parola

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stessa- è caratterizzato da “volatilità”. Ed è qui che sorge il dilemma: una valuta virtuale, nataa quanto pare- da un collettivo di hacker, frutto di un’equazione matematica, generata e distribuita da una rete decentralizzata p2p, quale garanzia offre? Certo protegge dai rischi di svalutazione, essendo slegato dalle decisioni delle banche centrali e della politica. Ma ha senso investirci dei soldi? Stando a quanto dichiarato tempo fa da Carlo Maffè, docente di strategia aziendale e studioso di monetica all’università Bocconi, sarebbe come “investire in oro ma con una volatilità dieci volte più alta”. Nel frattempo però, con Zynga (colosso di videogames su Fb) il Bitcoin è uscito dal recinto virtuale, mentre a Londra è stata inventata la prima forma di deposito assicurato di valuta elettronica; governi e banchieri iniziano a discuterne e preoccuparsene; eBay ha dichiarato possibile un futuro di pagamenti in bitcoin sulla propria piattaforma e, anche se si possono contare sulle dita delle mani, esistono già realtà che accettano questa moneta di scambio (vedi la catena Subway). E voi, siete pronti al cambiamento?


In Breve

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Natura

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Relazioni

on il passare degli anni il 97% degli alberi aumenta il tasso di crescita e assorbe più CO2: dunque i vecchi alberi sono i veri polmoni del nostro pianeta, capaci di catturare una quantità di anidride carbonica maggiore rispetto a quelli più giovani. È quanto emerge da una ricerca dell’Agenzia americana per la ricerca geologica, che ha coinvolto 16 Paesi e 403 specie alberi, da quelli tropicali a quelli degli ambienti temperati.

l matrimonio fa bene alle ossa degli uomini, ma solo se avviene dopo i 25 anni e se non sfocia in un divorzio. Lo afferma uno studio dell’Università di Los Angeles pubblicato dalla rivista Osteoporosis International: gli uomini sposati o con una relazione di lungo periodo hanno una densità ossea maggiore della spina dorsale rispetto a quelli separati, divorziati o che non si sono mai sposati. L’effetto però scomparirebbe per chi si è sposato prima dei 25 anni.

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Salute

I

Benessere

l cervello degli anziani non subisce un declino cognitivo: è solo più lento perché contiene già moltissime informazioni e la loro selezione richiede più tempo. A sostenerlo sono i ricercatori del dipartimento di Linguistica dell’Università di Tubingen (Germania), che in una ‘review’ pubblicata su Topics in Cognitive science, criticano gli standardizzati metodi impiegati in molti test cognitivi che valutano le capacità di memoria in tarda età.

l segreto per dormire bene? Spegnere cellulari e smartphone dopo le21. Lo suggerisce uno studio pubblicato su ‘Organizational Behavior and Human Decision Processes’ secondo il quale usare il telefonino dopo le 21 disturba il sonno e riduce il rendimento lavorativo la mattina dopo. Il motivo? La luce blu dello schermo del cellulare, sparata negli occhi dopo quest’ora, interferisce con la produzione dell’ormone melatonina che è importantissimo per prepararci al sonno e farci dormire bene.

F

Social Network

acebook è come una malattia infettiva, che potrebbe scomparire e perdere l’80% dei suoi utenti entro il 2017. L’insolita analisi non arriva da economisti, concorrenti o detrattori del social network, bensì da uno studio condotto da due dottorandi della prestigiosa Università americana di Princeton. Lo studio è stato reso noto a pochi giorni dalla ricorrenza dei 10 anni del social network di Mark Zuckerberg: ancora auguri!

S

Phone

econdo uno studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE, e condotta dall’University of Queensland, camminare per strada con la testa china sul cellulare, oltre che naturalmente mettere a rischio l’incolumità del pedone, altera la postura e l’equilibrio, e a lungo andare può provocare dei danni alla schiena.

M

Hi-Tech

inority report diventa realtà, con gli schermi trasparenti: descritti su Nature Communications, sono nati negli Stati Uniti dalla collaborazione fra il Mit e il centro di Ricerche Edgewood dell’esercito americano, e prometterebbero di aprire la strada ai display del futuro, che potranno essere curvi e grandi a piacere e a basso costo. Realizzati con nanoparticelle d’argento, potrebbero essere usati per mostrare dati sui finestrini di auto, aerei o vetrate.

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Ecosostenibilità

rrivano le batterie allo zucchero: molto più efficienti, economiche ed ecologiche. Ad annunciarlo è un articolo scritto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Politecnico dell’Università della Virginia. Le batterie allo zucchero hanno una densità di energia senza pari rispetto alle batterie convenzionali e oltre ad essere più economiche, sono ricaricabili e biodegradabili.

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Mente locale

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Teatro

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Fotografia

ul palco del Teatro Team, Gabriele Cirilli presenta il suo ultimo show “Lui e Lei”: l’eterno ping pong tra vizi e responsabilità della vita di coppia. Una piéce che si presenta da subito come un vero e proprio omaggio alla commedia all’italiana che, dal dissidio al conflitto, presenta una vasta gamma di situazioni comiche e qualche esilarante “consiglio per l’uso”. Ingresso a pagamento, sabato alle 21 e domenica alle 18:30.

naugurata il 21 gennaio nella Sala espositiva del Museo della Fotografia del Politecnico di Bari, rimarrà aperta al pubblico fino al 4 febbraio la mostra fotografica “Abitare i luoghi. Abitare l’anima”, dedicato a giovani e promettenti autori. In esposizione, le foto di Tiziana Bellanova con “Luci nella notte”, Alessandra Cinquefiori con “Texture (Barcellona la città che cambia)”, Francesca De Santis con “Hungry world” e Margherita Maiorino con “Alice”. La collettiva è visitabile dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00.

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Jazz

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Carnevale

er tutti gli amanti del jazz, domenica 2 febbraio appuntamento al Gargà con il chitarrista Gianni Ragusa e contrabbasso pulsante di Roberto Inciardi. In versione duo drumless, Jazz Line presenta un live ricco delle morbide melodie di Porter, Gershwin, Mancini e Van Heusen sapientemente intervallate da temi più spigolosi come quelli di Corea, Coltrane, Nelson e Silver.

al 7 febbraio al 7 marzo, l’associazione Cucciolo (via Pessina, 36) propone “Mangiando il carnevale”: un laboratorio per giovani dagli 11 ai 15 anni, che ogni venerdì, dalle 16:30 alle 18:30, sono invitati a indossare grembiule e cappello da chef per imparare a preparare divertenti ricette in una sorta di mini Master chef. Il costo dell’intero laboratorio è di 15 euro.

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Lirica

er la 72ª Stagione “3000” della Camerata Musicale Barese, il 7 febbraio al Teatro Petruzzelli, accompagnata al pianoforte dal raffinato solista Giovanni Velluti, si esibirà il soprano Daniela Dessì, una delle massime interpreti del repertorio verdiano, pucciniano e verista, oltre che una delle più belle voci della nostra lirica. Informazioni presso gli uffici della Camerata, Via Sparano141.

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Commedia

omenica 9 febbraio, al Teatro Forma, andrà in scena “La cena dei cretini”: uno spietato ma divertente gioco ambientato nella Parigi bene, a cui partecipa un gruppo di amici che prevede di invitare a cena la persona più stupida che si è riusciti ad incontrare nella settimana precedente. Ma non è tutto oro quel che luccica. Appuntamento alle ore 20; apertura del sipario alle 21.

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Libri

etizia Carrera presenta il libro “Sebben che siamo donne... L’impegno nella politica”: una fotografia sulla situazione attuale delle donne in politica, una riflessione sull’uguaglianza tra i sessi per la quale ancora oggi si lotta fortemente. Il 3 febbraio, ore 18, alla Feltrinelli, insieme al giornalista Michele Cozzi e all’avvocato Francesca Laforgia.

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Danza

rilogia di danza contemporanea con “Anticorpi eXpLò – Tracce di Giovane Danza d’Autore”, di Umma Umma Dance & Manuel Rodríguez: comincia a Bari il programma di video-danza curato da Gitta Wigro, in collaborazione con Anticorpi XL e Galleria d’Arte BluOrg, DAB-danza-a-Bari, per la stagione di danza contemporanea curata dal Teatro Pubblico Pugliese col sostegno del Comune di Bari. Sabato 15 febbraio, alle 21 al Teatro Kismet Opera.




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