27 settembre 2012 > 30 ottobre 2012 Museo delle Arti e dei Mestieri Corso Telesio,17 - Centro Storico di Cosenza
Capolavori dell’arte tessile cosentina Cosenza 27 Settembre > 30 Ottobre 2012 Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia di Cosenza Ente Promotore Provincia di Cosenza Patrocini Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria Soprintendenza ai beni archeologici della Calabria Curatore della mostra e del catalogo Anna Cipparrone Progetto espositivo e allestimento Arch. Fiorino Sposato Contributi al catalogo: Melissa Acquesta, Anna Cipparrone, Maria Cerzoso, Clorinda Scarpelli, Gregorio Aversa, don Pino Straface, Simonetta Portalupi Traduzioni: Laura Verta Referenze fotografiche: Andrea Vizzini Progetto grafico: Dino Grazioso Installazione e video sulla ginestra e sulla tessitura: Pino Iannelli, Lastcam Ringraziamenti Si ringraziano i Sindaci, i Direttori dei Musei, le Diocesi, i parroci e gli artigiani della provincia di Cosenza per la collaborazione. Per la gentile concessione di antichi manufatti si ringraziano Giovanna Ioele, Adele Cervone, Adriana Cosenza, la famiglia Gagliardi, Maria Giuseppina De Luca di Longobucco e Pasquale Nicoletti di Santa Sofia d’Epiro. Un ringraziamento alla d.ssa Mariuccia De Vincenti, ai funzionari della Provincia di Cosenza, della Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria e della Soprintendenza ai beni archeologici, ai giornalisti, alle scuole di tutta la regione e delle regioni limitrofe che hanno apprezzato la manifestazione.
Musei prestatori Museo archeologico dei Brettii e degli Enotri di Cosenza Museo diocesano di Rossano Cattedrale di Cosenza Museo d’arte sacra di Zumpano Museo delle bambole e del costume arberëshë di Frascineto Museo del Territorio e del costume albanese di Santa Sofia d’Epiro Museo archeologico di Tortora Museo Valdese di San Vincenzo la Costa Aziende artigiane della provincia di Cosenza Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore Atelier Caterina Forciniti di Longobucco Vincenzo Bossio, fabbrica tessile di Calopezzati Mario Celestino di Longobucco Eugenio Celestino di Camigliatello Marilena Vairo di Fuscaldo Angela Longo di Castrovillari Rosa Cervino di Rossano Vincenza Salvino di Piane Crati Giovanna Cerminara di San Giovanni in Fiore AB ricami di Cosenza Privati Famiglia privata, Civita Famiglia privata, Santa Sofia d’Epiro Maria Giuseppina De Luca, Longobucco Maria Gagliardi, Longobucco Giovanna Ioele, Longobucco Adriana Cosenza, Longobucco Adele Cervone, Longobucco
ISBN 978-88-908163-0-7
27 settembre 2012 > 30 ottobre 2012 Museo delle Arti e dei Mestieri Corso Telesio,17 - Centro Storico di Cosenza
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina 6
Sommario
Presentazione Gerardo Mario Oliverio
pag. 8
Mostra Capolavori d’arte tessile nella Provincia di Cosenza Fabio De Chirico
pag. 10
Introduzione Anna Cipparrone
pag. 12
Gli strumenti delle attività della filatura e della tessitura tra funzionalità e simbolismo - I reperti del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza Maria Cerzoso
pag. 21
La tessitura nell’antichità: una pratica a carattere familiare Gregorio Aversa
pag. 24
Arcidiocesi di Rossano-Cariati, Museo Diocesano d’Arte Sacra Don Giuseppe Straface
pag. 29
Museo d’arte sacra di Zumpano
pag. 30
Trame in mostra Simonetta Portalupi
pag. 31
La coperta, da regina del corredo e bene culturale da catalogare Melissa Acquesta
pag. 35
pag. 41
La nobile arte della seta
pag. 45
La moda
pag. 49
Costume tradizionale e abiti arbĂŤreshĂŤ
pag. 51
Lo spazio del telaio
pag. 55
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Tessuti di uso domestico ieri e oggi
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
La mostra
Espositori Musei prestatori
pag. 63
Gli artigiani
pag. 67
Laboratori Artigiani
pag. 73
Istallazione sulla ginestra
pag. 77
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina 8
Presentazione
In una congiuntura storico-sociale in cui predominante è il ricorso ai meccanicismi e alla tecnologia, mission del Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia di Cosenza è accendere i riflettori sulle isole di artigianato sopravvissute nel territorio per risarcirle dei silenzi subiti e per consentire ai cittadini di acquisire quel patrimonio materiale e immateriale costituito dalle nostre antiche tradizioni. Per tali ragioni, oggetto delle esposizioni temporanee sono sia i manufatti e le opere d’arte prodotti nel passato sia quelli che, ancora oggi, questi maestri continuano a realizzare nelle loro botteghe. Il Museo mira al ritrovamento delle nostre radici e perciò ripercorre, in occasione delle mostre temporanee, le vicende storiche delle singole categorie artigianali, promuovendo al contempo il procedimento artigianale tramite con l’esperienza dei laboratori. Sono state finora realizzate due importanti manifestazioni espositive; la prima, Cosenza Preziosa, sulla produzione orafa della provincia di Cosenza e la seconda, Tradizione artigiana e moderna creatività, sulle diverse categorie artigianali presenti sul nostro territorio (ceramica, liuteria, tessuti, opere in legno, in ferro battuto ecc.). Entrambe le esposizioni hanno messo in evidenza gli artigiani celebrando, per ciascuno di essi, manufatti, stili, tecniche di lavorazioni e materiali. Riconosciamo all’artigiano quel “fare artistico” nel quale l’idea, o progetto, si concretizza in un “unico” prodotto finale. Il Museo delle Arti e dei Mestieri si configura, pertanto, come Museo esperienziale ove il visitatore non solo vede ma fa. La mostra Capolavori dell’arte tessile cosentina indaga e riscopre, fin dalle radici, la considerevole e pregevole attività tessile della provincia di Cosenza ivi documentata fin dall’epoca Protostorica. Espongono le principali aziende artigiane del territorio, le ricamatrici e le tessitrici che, grazie alla loro opera, mantengono vive le tradizioni dell’universo femminile, nonché i Musei della Rete Museale della Provincia di Cosenza che annoverano sete pregiate dei secolo addietro. Quello che emerge è lo stile dell’arte tessile cosentina sebbene esistano e siano forti le differenze artistiche e le radici storiche di ciascun manufatto. Ciò di-
On. Gerardo Mario Oliverio Presidente della Provincia di Cosenza
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pende essenzialmente dal persistere di un’antica tradizione in tutte le nostre provincie e dalla forte identità di ciascun luogo. Attraverso le note variabili dei tessuti della provincia di Cosenza risalta, dunque, quella linea di continuità che collega l’arte rustica delle differenti zone del territorio a quella aulica, l’arte popolare a quella storica denotando la ricchezza del patrimonio tessile della provincia di Cosenza
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Mostra Capolavori d’arte tessile nella Provincia di Cosenza
I prodotti tessili della millenaria storia cosentina, preziose testimonianze di una tradizione resa ricca qui in Calabria da scambi commerciali e marittimi d’ampio respiro, vengono allestiti presso il Museo delle Arti e dei Mestieri, attraverso una sequenza espositiva non rigidamente cronologica in cui si enucleano alcuni argomenti e tematiche di approfondimento, regalando al visitatore un quadro rappresentativo di un insieme articolato e complesso in cui confluiscono dinamiche variegate: la storia, l’arte, l’antropologia, la moda, gli aspetti sacri e liturgici. Naturalmente un’occasione espositiva come questa rappresenta un’opportunità irrinunciabile per fare il punto su un settore trainante dell’economia e della produzione artistica, da sempre di primaria importanza per tutto il territorio regionale. Infatti l’analisi storica e il valore comparativo resi possibili dalla mostra costituiscono un’occasione di stimolo sia per lo sviluppo che per la tutela delle produzioni locali, permettendo una promozione e una valorizzazione più consapevoli e avvertiti. Protagonista su tutto è proprio una cultura artistico/ artigianale fortemente radicata sul territorio che non è stata travolta dal moderno sviluppo industriale, almeno fino alla appena tramontata generazione; basti pensare per conferma alla realizzazione domestica dei corredi femminili. Anche la particolarità delle diverse lavorazioni si presta alla lettura per sezioni e tematiche, dove la descrizione di modelli, tipologie, stili e forme può fungere da impulso produttivo in un momento di crisi non solo finanziaria, ma anche valoriale. Il patrimonio di conoscenze unito alle esperienze produttive moderne, l’identità storica collegata alle potenzialità fornite dall’industria, potrebbero permettere nuovi processi formativi e adeguati aggiornamenti sull’evoluzione del gusto di cui farebbe tesoro l’intero comparto produttivo locale. Quindi si tratta non di una minuta registrazione di manufatti e prodotti - peraltro auspicabile, ma al momento impraticabile data la carenza di ricerche mirate e di una consistente letteratura di riferimento - ma, fornendo alcune coordinate metodologiche, di una concreta puntualizzazione dello stato dell’arte per un settore tanto eterogeneo quanto rilevante. Sono stati giustamente superati i tradizionali steccati e la consuete visioni settoriali, a favore di una
Fabio De Chirico Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
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contestualizzazione economico-culturale di larghi orizzonti, offrendo così una campionatura che va da esemplari e materiali più antichi fino ai più recenti manufatti connessi ad usanze e abitudini del rituale quotidiano, da autentici capolavori della storia dell’arte a esempi più tipici della produzione popolare e domestica, capace di legare senza soluzione di continuità attraverso i secoli moduli e paradigmi formali, trasmessi di generazione in generazione. Senza trascurare ovviamente i paramenti e gli apparati connessi alla liturgia e alla dimensione del sacro, che consentono di delineare una storia di committenze prestigiose, ritagliando una fitta e intricata trama attraverso cui leggere una storia del gusto e un’evoluzione dello stile. La produzione tessile rappresenta pienamente lo spirito evolutivo della natura umana; l’essenza dei manufatti svela il significato etnoantropologico, e si inserisce in un ambito culturale multidisciplinare ed intersettoriale, all’incrocio tra valenze storico-documentarie, artistiche, artigianali, catalizzando dinamiche che spaziano in un vasto raggio che va dalla più ampia espressione estetica al molteplice impiego d’uso, rappresentando in tal senso una testimonianza irrinunciabile della storia e della cultura della Calabria. Una mostra come quella che oggi si presenta accoglie pienamente il sostegno della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, poiché rappresenta un’imperdibile opportunità per ripensare alla conoscenza, tutela e valorizzazione di un patrimonio ancora poco conosciuto che coniuga valenze immateriali a imprescindibili apporti storici, artistici e documentari. La Provincia di Cosenza, promotrice dell’iniziativa, si mostra ancora una volta sensibile nei processi di valorizzazione del patrimonio culturale, accogliendo consensi e supporti istituzionali, nel segno di una strategica messa in rete di risorse e competenze. Un prezioso tassello, dunque, si aggiunge allo studio e alla fruizione del patrimonio tessile, una peculiarità preziosa del nostro territorio.
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Introduzione
La storia, la religione e la leggenda tramandano episodi legati alla tessitura: la troviamo nei racconti del Vecchio e del Nuovo Testamento, nell’Odissea omerica e in tutti i tempi e i luoghi dell’esistenza umana. La filosofia indiana paragona l’ordito al mondo e la trama al progredire del tempo. La filatura e la tessitura furono compiti degli déi dell’Olimpo, la vita era appesa a un filo nelle mani delle Parche, Persefone ricreò l’immagine dell’universo sul suo telaio, Apollo era definito il tessitore di città e Atena trasformò in ragno la sua mortale nemica Aracne poiché aveva osato superarla nella tessitura. La tessitura nasce come arte legata ai bisogni quotidiani e assurge a mercanzia di lusso. La cita Plinio, è presente nella storia di Babilonia e di Bisanzio ove venivano confezionate stoffe con ricami in oro, argento, lana e lino. Greci e romani ereditarono quest’arte arricchendola dell’amore per i tessuti orientali; nel Medioevo la tessitura di stoffe artistiche e di uso comune raggiunse l’Italia meridionale: il cotone, il lino, la ginestra selvaggia ne furono i protagonisti. L’arte della tessitura ha assunto un’identità specifica in ogni luogo. E’ nota a Venezia fin dal tempo delle Crociate (damaschi, broccati e velluti), in Valtellina (i celebri “pezzotti”), in Sardegna, a Burano, a Palestrina in Ciociaria, in Sicilia (Piana degli Albanesi è celebre per l’arte del ricamo in oro) e in Abruzzo ove frequenti sono i motivi del Leone, della Fontana dell’amore, del Liocorno e della Sirena (Pescocostanzo, Castel di Sangro ecc.). Si tratta di uno dei settori più importanti dell’artigianato calabrese e raggiunge elevati livelli di artisticità, frutto di un meticoloso e paziente lavoro. Capolavori dell’arte tessile cosentina è un’occasione per riflettere e riscoprire, fin dalle radici, la considerevole e pregevole attività tessile della provincia di Cosenza; una mostra con una ricaduta sul territorio di vasta portata poiché è la prima volta che, in un unico contesto espositivo, vengono riuniti manufatti e opere d’arte provenienti da tutto il territorio provinciale. Una mostra ove i confini tra arte e artigianato sono tanto labili da fondersi e confondersi nell’esaltazione di un unico patrimonio che è al contempo materiale e immateriale, fatto di storia, tecnica, fibre, colori e rituali, e che in questa sede viene celebrato nella sua ampiezza geografica e stratificazione storica.
1 Artigianato in Calabria, Roma 1971; R. Corso, L’arte tessile in Calabria, in “Folklore” n. 16, 1958; G. Grazzini, I tesori dell’artigianato: il tessuto, in “Epoca” n. 537, 1961 p. 35.
(Fig. 1): Peso da telaio di forma piramidale, età del Ferro. Proprietà del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza
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Gli approfondimenti forniti finora dalla storiografia hanno riguardato specifici campi della produzione tessile locale ma non è mai stato riunito materiale afferente alle diverse lavorazioni, produzioni e destinazioni dei manufatti tessili realizzati sul territorio cosentino. La mostra intende, pertanto, “ricucire” i nessi tra i tessuti di uso domestico, i paramenti sacri utilizzati in ambito ecclesiastico e i tessuti nobili delle famiglie signorili, gli abiti cosiddetti “alla moda”, i costumi tradizionali e quelli tipici di altre etnie, nonché i manufatti accomunati dallo strumento artigianale del telaio dei quali si ammira la diversità pur nella continuità. Capolavori dell’arte tessile cosentina parte come censimento e si propone di assurgere a catalogazione e repertorio del patrimonio tessile della provincia di Cosenza poiché la cifra di un popolo e la conoscenza della storia non può prescindere dallo studio sistematico di ogni singola opera. Ciascuna, difatti, si configura come emblema di una congiuntura culturale specifica, come segno tangibile di un tessuto sociale di volta in volta limitato nel tempo e nello spazio, nonché come espressione di una più o meno accentuata originalità familiare. L’arte tessile nella provincia di Cosenza Sulle origini dell’arte tessile nel territorio cosentino si è a lungo discusso: il ritrovamento dei “contrappesi” da telaio nei corredi funerari ne àncora le origini in epoca magno-greca tuttavia -come è possibile constatare in questa esposizione- afferenti all’età del Ferro sono i primi rinvenimenti correlati alla produzione tessile sul territorio1 (Fig. 1-2)
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Gli studiosi concordano nel ritenere che, al di là della data dell’introduzione dell’arte della seta nell’Italia meridionale, e specificamente in Calabria, essa trovò un terreno assai fertile nei secoli IX-XI assurgendo a principale fonte dell’economia locale2. Il Vicerè conte di Lemos affermò in una sua relazione (XVI) che senza la seta “i calabresi non hanno altra maggiore industria né modo di vivere”3. La mostra celebra la storia del tessuto cosentino inteso come storia di persone, colori e immagini e racconta le vicende, o trame, della Chiesa, della nobiltà e delle famiglie contadine. Essa segue la suddivisione nei due filoni della lavorazione tessile: la produzione di tessuti per uso domestico in lana, cotone, lino, canapa e ginestra e la più nobile arte della seta, indagando e riflettendo, in un costante dialogo tra passato e presente, sugli ambiti di maggiore utilizzo delle diverse tipologie di manufatto, dalle fibre e alle iconografie. Alcune immagini si ripetono in diversi tempi e contesti; formule che costituiscono il fil rouge della nostra storia locale e che hanno di volta in volta assorbito 2 G. Bruni, Setaioli catanzaresi e commercianti cosentini nella Calabria del ‘600, in “L’inserto di Calabria”, n. 4, 1993 p. 40; A. Efficace, Le sete di Calabria, in “L’inserto di Calabria”, n. 24, 1994, p. 26; G. Manfrida, Le origini della seta, in “Il quotidiano della Calabria”, n. 278, 1999, ottobre p. III; R. Ussia, L’industria serica in Calabria, in “Calabria Sconosciuta”, n. 81, 1999, pp. 57-59; Le vie della seta tra ‘700 e ‘900: sviluppo economico, moda, competizione internazionale: Atti del Convegno, Como 1988; C. Zanier, La seta in Italia dal Medioevo al ‘600, Venezia 2000; L. Guarascio, Le vie della seta, Galatina 2006; L. Di Vasto, La seta in Calabria, Soveria Mannelli 2007; L. Guarasci, La Calabria e la seta: storie di donne, Rogliano 2007. 3 Storia dell’arte nell’Italia meridionale, a cura di Francesco Abbati, Napoli 2010, vo. III, p. 260.
(Fig. 2): Oscilla, strumenti tessili in ceramica, età del Ferro. Proprietà del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza
(Fig. 3): Centri ricamati, Marilena Vairo di Fuscaldo,
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i contesti storico-culturali dai quali sono state generate. Esse si rivelano, infatti, come il risultato delle credenze locali, della fede religiosa e politica, dei costumi e della quotidianità e i disegni, tramandati di generazione in generazione, hanno registrato piccole variazioni che assumono il valore di innovazione pur interessando solo i particolari e lasciando intatta l’idea originaria. La nobiltà dell’arte tessile, difatti, risiede proprio nel continuo dialogo tra passato e presente attraverso l’uso ricorrente di temi, immagini, figure di volta in volta adattate alla contingenza. è per questo che la “lettura” di ogni trama e di ogni tessuto esposto in mostra si configura come utile documento di storia locale sia che sia stato realizzato da celebri manifatture sia che sia nato dal silente e accorto lavoro manuale eseguito entro le antiche mura domestiche. La prima sezione della mostra espone manufatti realizzati dagli artigiani che proiettano verso il futuro le tradizioni intime e domestiche del corredo, della dote e della produzione ad uso familiare dei tessuti che, purtroppo, si stanno perdendo: centri, cuscini, lenzuola, tovaglie, ricami preziosi e asciugamani fanno parte di questa sezione introduttiva di una mostra che del tessuto intende evidenziare ogni destinazione e peculiarità (Fig. 3-4). La sezione sulla seta si presenta, invece, come una riflessione rivolta verso il passato ed è indirizzata agli ambiti di maggiore utilizzo della seta, ovvero il mondo ecclesiastico e la nobiltà locale. Protagonisti di questa sezione sono i piviali della Cattedrale di Cosenza, del Museo d’arte sacra di Zumpano e del Museo Diocesano di Rossano, veli omerali, stole, conopei di tabernacolo e pia-
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(Fig. 4): Centri in tulle ricamati a mano, Rosa Cervino di Rossano
(Fig. 5): Velo omerale (inizi XIX secolo). Gros de Tours in seta avorio tramato oro e ricami in oro filato. ProprietĂ della Cattedrale di Cosenza
4
L. Conti, O. Marquet, Spirito regale nei costumi delle donne arberëshë, Castrovillari 1988.
(Fig. 6): Velo da sposa con bordo ricamato in oro. Proprietà del Museo del costume arberëshë di Frascineto
(Fig. 7): Velo da sposa interamente ricamato in oro. Proprietà del Museo del Territorio di Santa Sofia d’Epiro
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nete che, pur non essendo state prodotte direttamente sul territorio, hanno con il tempo acquisito una forte territorialità legandosi in modo inscindibile ai simboli e ai protagonisti della vicenda ecclesiastica cosentina (Fig. 5). Fanno parte di questa sezione antiche coperte di uso domestico ma realizzate in contesti nobiliari a testimonianza del fatto che la seta, pur garantendo le basi dell’economia locale, costituiva il patrimonio delle famiglie più nobili. La terza sezione è uno sguardo vivo e dinamico sulla produzione attuale e sulla moda. Vi espongono artigiane che coniugano l’uso del tessuto antico o di strumenti tradizionali (ad esempio il telaio) con le tipicità della moda attuale. Completa questa sezione un abito realizzato dagli studenti dell’Istituto per l’Istruzione Superiore – IPSSS “Leonardo da Vinci” – Itas “Nitti” dei quali è esposta anche una fedele riproduzione di un abito seicentesco, che apre la sezione sul costume tradizionale ed etnico. Quest’ultima si configura come una finestra sulle etnie italo-albanese e valdese presenti sul territorio cosentino le quali, perfettamente integrate, rimangono contraddistinte dal plus valore che le proprie tradizioni, la lingua e i costumi costituiscono4 (Fig. 6-7). Conclude la mostra “Lo spazio del Telaio”, una sezione che intende rivisitare
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il più intimo e rispettato, nonché quasi sacro, ambito della vita e del lavoro femminile5. In essa sono esposti reperti archeologici afferenti all’Età del Ferro ed Ellenistica rinvenuti nel territorio cosentino (Torre del Mordillo, Luzzi, Montalto Uffugo, Blanda Julia e Laos) che testimoniano la presenza, fin dall’antichità, della lavorazione al telaio nel territorio della provincia di Cosenza. La sezione sul telaio si presenta come una celebrazione di questo strumento tanto antico, certosino, meticoloso le cui opere sono di una varietà e preziosità emozionante. Coperte “a pizzuluni”, “pezzare” realizzate con i resti della tessitura, centri e guide raffiguranti le principali iconografie dei borghi silani di Longobucco e San Giovanni in Fiore ma anche della cittadina ionica di Calopezzati; copriletti del ‘700 e dell’800, nonché un copriletto del XV secolo realizzato con la tecnica della stampa a blocchi e raffigurante una scena desunta dal patrimonio iconografico spagnolo riadattata al contesto silano del quale sono presenti motivi floreali e disegni geometrici. E’ in questa sezione che si attesta con evidenza la storia delle immagini che la tessitura cosentina tramanda; numerosi sono i manufatti raffiguranti il noto “Punto del Giudice” che da un primo episodio tardo settecentesco esposto in mostra giunge a definire i suoi caratteri definitivi in un centro dei giorni nostri 5 E. Bruni Zadra, La donna calabrese dell’800: le maestre della seta, in “Gazzetta del Sud” a. 25, n.159, 1976; L. Liotta, I luoghi del femminile: la casa, la stanza, il telaio, in “Calabria Sconosciuta” n. 39, 1987 p. 21; “Jacquard”, rivista sull’arte tessile; F. De Simone, La tessitura d’arte, tradizione e innovazione, Paola 2006.
(Fig. 8): Coperta matrimoniale in ginestra raffigurante il Punto del Giudice (fine XIX secolo) lavorata a pizzulune. Proprietà della famiglia De Luca di Longobucco
6 M. Gabetti, T. Sabahi, Arazzi e Tappeti, in Grande Enciclopedia dell’Antiquariato, Milano 1980; A. Achdjian, Un art fondamental, le tapis, Parigi 1949; C. Minieri Riccio, La Real fabbrica degli Arazzi nella città di Napoli, Napoli 1879; E. Spina Barelli, L’arazzo in Europa, Novara 1983; Civiltà del ‘700 a Napoli, 1734-1799, Napoli Museo di Capodimonte, 1979-1980.
(Fig. 9): Arazzo in cotone e seta raffigurante il Punto del Giudice . Azienda Cav. Mario Celestino di Longobucco
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(Fig. 8-9). Nella sezione sono inoltre esposti tappeti e arazzi di medio e grande formato, eredi di una tradizione millenaria che affonda le sue radici al 1737 quando Carlo di Borbone, conclusasi la vicenda della Manifattura degli Arazzi fondata dai Medici a Firenze nel 1547, assunse a Napoli alcuni degli arazzieri rimasti senza lavoro per poi integrarli con altri ingaggiati sul territorio, assurgendo a Reale Fabbrica degli Arazzi specializzata nella realizzazione di manufatti ad alto liccio e a basso liccio6. La presenza di arazzi di medio e grande formato coniuga, nella mostra “Capolavori dell’arte tessile cosentina”, la valenza tattile dei manufatti con quella prettamente ideologica e filosofica. Tre sono, difatti, gli arazzi raffiguranti alcune delle Tavole che illustrano il pensiero dell’abate Gioacchino da Fiore e uno raffigurante il Santo calabrese, San Francesco di Paola. Tutti i tappeti esposti in mostra sono, inoltre, realizzati esclusivamente con la tecnica dell’annodatura a mano e costituiscono un patrimonio materiale e immateriale da preservare e valorizzare (Fig. 10). Anna Cipparrone Storico dell’arte Direttore del Museo delle Arti e dei Mestieri
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(FIG. 10): Sala espositiva “Lo spazio del Telaio”. Arazzi raffiguranti il patrimonio culturale e religioso locale. Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore
(Fig. 11): Gruppo di fusaiole con decoro a meandro. Età del Ferro. Proprietà Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza
I reperti archeologici più antichi conservati nel Museo civico dei Brettii e degli Enotri di Cosenza riferibili all’arte della filatura e della tessitura sono databili già all’Età del Ferro, a testimonianza dell’antichità di queste attività, di cui non rimangono spesso i prodotti (rarissimi sono i resti di tessuto rinvenuti negli scavi archeologici, a causa della deperibilità del materiale) ma solo gli strumenti con cui esse erano praticate. La maggior parte di tali strumenti esposti in questa mostra provengono dalla necropoli protostorica di Torre del Mordillo, nel territorio di Spezzano Albanese, dove nel 1888 furono scavate 230 tombe i cui reperti costituiscono il nucleo principale della collezione del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza. Le fusaiole e i pesi da telaio qui rinvenuti sono realizzati in impasto, con una miscela di argilla, sabbia e frammenti di rocce, e deposti in tombe femminili: frequenti le prime, usate per far girare i fusi per produrre i filati, rari i secondi, che indicano le abilità muliebri nell’arte della tessitura1, attività con le quali si sono confrontate donne di ogni ceto sociale, accompagnate anche nella loro ultima dimora dagli strumenti che le caratterizzavano. Molte fusaiole presentano anche decorazioni incise che formano motivi geometrici, secondo una pratica utilizzata anche per le decorazioni della ceramica d’impasto, spesso fatte a rilievo o in negativo. Tra queste decorazioni una particolarmente interessante è quella con motivo a meandro inciso, che troviamo sia su una fusaiola di Torre del Mordillo che su un peso da telaio di forma conica rinvenuto a Cerchiara di Calabria, sempre in contesto funerario (Fig. 11). Il meandro è un motivo particolarmente ricorrente anche su strumenti simili provenienti da altri contesti della Sibaritide, come Francavilla Marittima2, e della Calabria in genere3. 1 I pesi da telaio venivano usati per tenere tesi i fili dell’ordito dei telai verticali. 2 M. W. Stoop, Santuario di Athena sul Timpone della Motta, in ASMG n.s. 11-12, 1970-1971, pp. 65-66 e tav. XXVI; P. Zancani Montuoro, I Labirinti di Francavilla ed il culto di Athena, in RAAN 1975, pp. 125-140; M. Kleibrink, Parco Archeologico “Lagaria” a Francavilla Marittima presso Sibari. Guida, Rossano 2010, pp. 74-80. 3 Esemplari con decorazione a meandro sono stati trovati anche nella necropoli indigena di Canale Janchina presso Locri (cfr. P. Orsi, Necropoli preelleniche calabresi di Torre Galli e di
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Gli strumenti delle attività di filatura e di tessitura tra funzionalità e simbolismo
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A tale decorazione “a meandro” o “a labirinto” sui pesi da telaio è stato attribuito da alcuni studiosi un carattere votivo, legato alla tessitura in funzione di un culto tributato ad un’ipotetica “dea del telaio” 4. L’ipotesi del valore sacrale attribuito al “labirinto” sembra essere avvalorata da uno studio di Federica Cordano 5, secondo la quale il disegno del labirinto rappresenta in età micenea il palazzo di Cnosso, il Labirinto per eccellenza, e anche il luogo di culto della Potnia, una divinità femminile domestica preposta alla produzione della lana e dei tessuti, identificata spesso con la dea Athena6. Ma non si può non pensare al Palazzo di Cnosso, luogo privilegiato nell’identificazione con il labirinto, come sede delle gesta del Minotauro, il cui mito racconta che Teseo riuscì a tornare indietro, dopo aver abbattuto il mostro, solo grazie al filo di Arianna, un gomitolo da srotolare all’andata per ritrovare l’uscita. Ed ecco un’altra interessante suggestione del legame tra il labirinto/ filo e il labirinto/peso da telaio. Nel caso della leggenda del Minotauro il filo non era un semplice mezzo di conduzione, bensì un mezzo di condotta: indica metodo, attenzione e continuità, che è si una condotta di vita, ma che richiama anche il metodo di lavoro in un’attività ripetitiva come quella della tessitura. L’“oscillare” del peso da telaio tra il suo valore funzionale e il suo valore simbolico probabilmente spiega il motivo per cui questa tipologia di materiale sia Canale Janchina-Patarini, in MonAnt XXXI, 1926, coll. 340-341, tav. XVII e J. de LA GENIÈRE, L’âge du Fer en Italie Méridionale, Napoli 1968, pp. 67-68) 4 E’ il caso, secondo la Kleibrink (M. Kleibrink Maaskant, Dalla lana all’acqua, Rossano 2003, ed in particolare pp. 64-76; M. Kleibrink, Paola Zancani Montuoro e la dea Athena, in VIII Giornata Archeologica Francavillesse, 2010, pp. 13-21) dei pesi da telaio rinvenuti sul Timpone della Motta, in cui l’archeologa olandese individua nella “casa delle tessitrici” un culto dedicato alla “dea del telaio”. 5 F. Cordano, Il labirinto come simbolo grafico della città, in MEFRA T. 92, N° 1, 1980, pp. 7-15. Tale ipotesi è basata sull’interpretazione di alcune tabelle in lineare Β che fanno del palazzo di Cnosso la sede del culto della Potnia, identificata con la dea Athena. Anche a Pilo, da cui ci viene la testimonianza grafica del Labirinto in una tabella risalente al XIII sec. a.C., il santuario di Pakij-ανες, dedicato al culto della Potnia, dipendeva dal Palazzo. Inoltre la Cordano fa notare come la stessa tabella di Pilo (Cn 1287) rechi sul lato opposto la registrazione di capre appartenenti ad una serie di persone, alcune delle quali sono qualificate con il mestiere: fra queste professioni figurano quella del cardatore e forse quella del tessitore che sono collegate con la lavorazione della lana. Questi aspetti fanno della Potnia una divinità femminile domestica preposta alla produzione della lana e dei tessuti. 6 Il ritrovamento di pesi da telaio con il disegno del “labirinto” nel santuario dedicato ad Athena sul Timpone della Motta di Francavilla Marittima secondo la Cordano non solo avvalora l’ipotesi dell’identificazione di Athena con la “Signora del Labirinto”, ma diventa determinante per la comprensione del disegno del labirinto fatto su questi pesi. Ma a Francavilla pesi da telaio simili per decorazione e identici per impasto a quelli dell’acropoli sono stati ritrovati anche nella necropoli di Macchiabate (cfr. P. Zancani Montuoro, I Labirinti di Francavilla ed il culto di Athena, in RAAN 1975, p. 128 e M.A. Guggisberg – C. Colombi – N. Spichtig, Francavilla Marittima, Scavi dell’Università di Basilea nella necropoli di Macchiabate 2009-2010, in IX Giornata Archeologica Francavillesse, 2011, pp. 91-100, fig. 7).
Maria Cerzoso Direttore del Museo dei Brettii e degli Enotri
7 Gli elementi spiraliformi sono particolarmente ricorrenti nei corredi tombali dell’Età del Ferro di Torre Mordillo, ma in genere in tutte le necropoli enotrie. Si pensi all’abbondanza delle fibule a quattro spirali, che insieme a tanti altri oggetti in cui la forma della spirale è preoponderante (fermatrecce, anelli digitali, spiraline, ecc), costituiscono l’elemento caratterizzante della parure delle donne enotrie. 8 P. ORSI, Gela, in Monumenti dell’Accademia dei Lincei,, 1906, p. 678; P. Orlandini, Scopo e significato dei cosiddetti “pesi da telaio”, in Rendiconti Accademia dei Lincei VIII, 1953, pp. 441-444.
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presente non solo in contesto abitativo – attestazione di una concreta attività tessile – ma molto spesso anche in contesto sacro o funerario, dove forse il simbolismo si accentua ancora di più con l’uso di elementi decorativi come appunto quello del meandro/labirinto, che diviene rappresentazione di un cammino di redenzione verso l’immortalità, cui si ricollega anche la sua variante, la spirale7, intesa come simbolo del lungo cammino dell’anima, del dinamismo vita-morte-vita. In verità alcuni studiosi, indipendentemente dalla presenza o meno di elementi decorativi sulle piramidette troncopiramidali cui si è data la definizione convenzionale di “pesi da telaio”, hanno escluso un loro scopo pratico, ritenendo invece, che avessero solo un valore rituale e simbolico, con lo stesso significato dei dischi fittili lenticolari, gli oscilla, databili nel IV/III sec. a.C., destinati ad essere appesi agli alberi durante determinate feste religiose o come offerte alla divinità8. I pesi da telaio di età ellenistica (seconda metà IV/III sec. a.C.) conservati nel Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, che provengono da località quali Montalto Uffugo e Luzzi – piccoli agglomerati rurali frequentati dai Brettii, cui spesso erano annesse delle necropoli – sono associati proprio agli oscilla, oggetti che comunque si ritrovano anche in contesti abitativi, come quello rinvenuto nei pressi del Duomo di Cosenza, area occupata dall’abitato brettio dalla seconda metà del IV fino a tutto il III sec. a.C. La sola ipotesi votiva, dunque, non renderebbe ragione dell’abbondanza dei ritrovamenti di pesi da telaio in contesti chiaramente “laici”, oltre che di tutte le raffigurazione sui vasi figurati di telai con la rappresentazione dei pesi al loro posto, cioè legati all’estremità dell’ordito.
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La tessitura nell’antichità: una pratica a carattere familiare
Una delle principali attività umane praticate nelle antiche città della penisola italiana di cui l’archeologia sia in grado di fornire evidenze concrete è la tessitura. Questa ebbe le sue prime manifestazioni nel vicino Oriente e, soprattutto in Egitto, dove abbiamo documenti diretti (stoffe, abiti) che si sono ben conservati all’interno di corredi sepolcrali, grazie a condizioni climatiche particolarmente favorevoli alla conservazione di reperti altrove assai deperibili. Ma è per il mondo greco che siamo meglio documentati anche dalle fonti letterarie. Tra i Greci la tessitura rappresentava una prerogativa del gineceo, la parte interna della casa riservata alle donne, in quanto la donna era relegata dalla società a compiti di esclusiva curatela domestica. Tuttavia, anche le altre civiltà antiche destinavano di norma questo compito alle donne che, partecipando poco o per nulla alle attività sociali esterne alla casa, assieme alle proprie ancelle, dedicavano ogni attenzione alla realizzazione di vestiti e stoffe tramite l’impiego del telaio. L’assegnare alla sfera femminile questo compito non deve però essere sbrigativamente visto come una scelta dettata da una cultura misogina. Va tenuto conto, infatti, di come tutte le società antiche godessero di un’organizzazione strettamente gerarchica e sacrale, che ordinava il mondo secondo logiche di tipo religioso e funzionale, ripartendo in maniera finalizzata al corretto andamento della vita comunitaria le attività di ciascun membro: mentre gli uomini avevano compiti di carattere istituzionale esterni all’abitazione (politica, attività militari, commercio), alle donne si assegnavano le attività domestiche (oltre alla tessitura, la raccolta dell’acqua, la cucina, la cura dei bambini); così pure gli stranieri (non cittadini) erano di norma destinatari delle attività artigianali, mentre le attività pratiche materiali erano compito degli schiavi. Nelle famiglie emergenti, il corretto andamento della casa dipendeva dalla buona organizzazione di una sorta di equipe, al cui vertice era la padrona, la mater familias dei Romani, cui erano affiancate figlie, nipoti ed ancelle. Mentre però nella famiglia romana la reciproca volontà dei coniugi faceva sorgere il vincolo matrimoniale (per cui, in caso di divorzio, bastava che uno dei due
1 L’istituto familiare nel mondo romano era particolarmente articolato: la familia, il nucleo fondato sulla coppia, era costituita da più familiares che comprendevano anche gli schiavi e costituivano una gens; le varie gentes erano unite in tribù che tutte insieme formavano lo stato. 2 In greco oikos, da cui oikonomia, economia, cioè l’amministrazione della casa. 3 Secondo l’incisiva descrizione di Strabone VI, 1, 1.
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esprimesse la volontà di separarsi)1, nella famiglia greca (quella ateniese in particolare) tale unione era fondata sull’idea che la donna passasse, assieme alla dote, dalla tutela del padre sotto la tutela del marito. Benché le donne avessero a Roma minori limitazioni, anch’esse tuttavia non potevano accedere alle magistrature pubbliche ed era loro negata la patria potestas che rimaneva prerogativa maschile. Sia nel mondo greco sia in quello romano il fulcro della società era comunque costituito dal nucleo familiare, in cui la donna aveva un ruolo centrale nel controllo del corretto andamento della casa2. Esistevano comunque varie eccezioni a questa regola. La donna spartana, ad esempio, era più libera e poteva dedicarsi alla pratica sportiva e alle attività politiche. Inoltre, nelle famiglie meno abbienti le donne dovevano lavorare di più e quindi potevano avere una certa maggiore libertà. In ogni caso, la donna passava molto tempo in casa e il suo ruolo primario era quello di educare i figli, cui si legava strettamente anche quello di dotare i singoli componenti di ciò che occorreva per coprirsi, gli indumenti. Un tipo di organizzazione sociale non dissimile si aveva anche nelle società indigene della penisola. Anche tra queste sono riconoscibili tracce della pratica della tessitura, ad esempio, in un sito come quello di Laos, città lucana di estrema importanza nel contesto dell’insediamento territoriale dell’Italia meridionale tra IV e III secolo a.C. In un’ampia vallata litoranea sul limite meridionale del golfo di Policastro, attorniata ad est dai monti del Pollino e dell’Orsomarso, venne a situarsi una città italica strutturata in forme regolari, ma basata sul modello di un impianto urbanistico di impronta greca. I resti di questo abitato sono oggi ben visibili sul pianoro di San Bartolo, un basso terrazzo affacciato sul mar Tirreno, poco arretrato rispetto alla linea di costa3, al centro della piana presso la foce dell’omonimo fiume Lao. Una serie di abitazioni di dimensioni piuttosto consistenti, estese su una superficie di circa 570 mq ciascuna, affacciavano su strade regolari intersecantesi tra loro ortogonalmente. Queste erano costituite da un cortile interno con vani di rappresentanza e stanze destinate ad attività rurali e domestiche (queste ultime, in alcuni casi, forse poste anche ad un piano superiore). I resti di queste case, la più rappresentativa delle quali è nota come “Casa con la rampa” (38 x 23 metri), vanno considerate pertanto vere e proprie residenze di rango organizzate - come era comune nel mondo italico - su uno stile di vita vicino a quello di residenze extraurbane, data la presenza di magazzini per derrate destinati al consumo della famiglia ma anche alla vendita: la presenza non episodica di apprestamenti per la produzione, la
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conservazione e la distribuzione di beni denunciano, infatti, il legame con le attività agricole e pastorali che dovevano costituire la componente economica prevalente per l’aristocrazia agraria locale che vi dimorava. Accanto a tali attività, la tessitura aveva un ruolo centrale in quanto destinata alla creazione di beni destinati all’autoconsumo. I pesi da telaio recuperati nel corso degli scavi effettuati sul pianoro di San Bartolo di Marcellina dalla missione archeologica italo-francese che vi ha lavorato tra 1990 e 19944, sono in terracotta e, per la gran parte, nella tipica forma a tronco di piramide con un unico foro di sospensione (Fig. 12). Tale tipo di contrappesi, che di norma potevano anche essere cilindrici o presentare due fori di sospensione, avevano l’importante funzione di mantenere in tensione la stoffa che via via veniva a formarsi attraverso l’orditura e di facilitare la divisione delle varie serie di fili della trama tra cui doveva passare la spola. Essi rappresentavano, quindi, un elemento importante del telaio, la cui forma rimase fondamentalmente invariata nei secoli. Una famosa immagine su uno skyphos attico del V secolo a.C. ritrovato in Etruria e conservato nel museo archeologico di Chiusi, raffigura Penelope, moglie di Ulisse, che, in attesa del 4 A. Barone - E. Greco - F. Lafage - S. Luppino - A. Pelosi - A. Schnapp, «Marcellina. Dix ans de recherche: un bilan préliminar», in MEFRA 98, 1986, pp. 101-128 ; E. Greco - A. Schnapp - S. Luppino, Laos I. Scavi a Marcellina, 1973-1985, Taranto, 1989; E. Greco, “Laos”, in EAA, Secondo supplemento 1971-1994, III, Roma, 1995, pp. 261-262. Gli scavi sono stati ripresi più di recente dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria (2008-2011). Si veda anche il recente G.Aversa - F. Mollo, Il Parco di Laos. Guida all’area archeologica di Marcellina, Scilla (RC) 2009.
(Fig. 12): Pesi da telaio (III sec. A.C.- V d.C.). Proprietà del Museo archeologico di Tortora
5 G. F. La Torre – F. Mollo, Blanda Julia sul Palecastro di Tortora. Scavi e ricerche (1990-2005), Peloriàs 13, Soveria Mannelli 2006.
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ritorno del marito, lavorava appunto a quella tela che di notte disfaceva (Hom., Od. II, 93-105). Questo telaio appare estremamente semplice: una cornice fissa di forma rettangolare con montanti verticali e pali orizzontali a cui sono appesi i fili tenuti in tensione dai pesi. Esso viene definito nelle fonti letterarie antiche appunto col termine di telaio verticale (gr. ἱστὸς ὄρϑιος, lat. tela pendula, tela stans) e rappresenta l’unica vera evoluzione del telaio, che nelle sue prime forme – ascrivibili alle civiltà egizie ed orientali – doveva essere di tipo orizzontale. L’estrema maneggevolezza e robustezza di questi pesi, nonché la semplicità lineare dell’intero apparato fecero sì che il telaio verticale sia rimasto praticamente identico nel suo design sino all’avvento dell’industrializzazione nell’età contemporanea. Poiché i telai erano in legno, non si sono conservati, e dunque l’attività della tessitura nel mondo antico è testimoniata unicamente dai pesi da telaio, in terracotta. Essendo questi realizzati con argilla cruda, a volte le loro superfici presentano piccole figurazioni che venivano impresse prima della cottura con sigilli. Soprattutto nel IV e III sec. a.C., vennero usati anche pesi a forma di disco, talvolta decorato con motivi a rilievo quali teste, piccole figure ecc., altre volte schiacciato lateralmente prima della cottura fino ad assumere una forma “a otto”. Grazie a queste decorazioni, si può ipotizzare che, una volta ultimato il lavoro di tessitura si usasse lasciare appeso alla stoffa un peso con contrassegno, che costituiva in tal modo una sorta di marchio di proprietà della manifattura. Anche i Romani fecero ampio uso dei pesi da telaio. Ed anche i loro telai non erano dissimili da quelli greci e lucani che abbiamo descritto sopra. Ne danno testimonianza i tre esemplari di pesi da telaio presenti in mostra che provengono dall’abitato di Blanda, un centro fortificato lucano poco a Nord di Laos espugnato dai Romani nel 214 a.C. e divenuto probabilmente civitas foederata (città alleata) nel 194 a.C. a conclusione dei luttuosi eventi legati alla seconda guerra punica5, per cui Roma, una volta sconfitto Annibale, istituì una serie di insediamenti di difesa costiera tra cui, sulla costa tirrenica, Buxentum e Tempsa. La città sorta sul colle di Palecastro, nel territorio comunale dell’odierna Tortora, divenne in epoca imperiale famosa col nome di Blanda Julia, in seguito alla riorganizzazione che tra la fine della repubblica ed il primo impero ne fece un importante municipium a presidio di questo tratto costiero. Gli scavi, condotti tra 1990 e 2005 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria in collaborazione con le Università di Pisa e Messina, hanno permesso di portare alla luce sulla sommità del colle la piazza del foro con l’importante complesso architettonico del Capitolium (il tempio dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva) e a Sud-Ovest del foro un settore dell’abitato romano con
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case affacciate su strade rettilinee. I materiali recuperati documentano varie fasi di vita fino al V-VI secolo d.C., quando la città venne definitivamente abbandonata. Neppure i formati dei pesi da telaio rinvenuti negli strati di epoca medio e tardo imperiale dell’abitato mutano. Nel mondo romano, infatti, a lungo si conservò la tradizione di usare il telaio verticale per la confezione della tunica recta che le giovinette indossavano per la cerimonia nuziale e i giovani in occasione della entrata nella maggiore età, quando assumevano appunto la toga virile. La differenza tra vesti maschili e femminili non consisteva tanto nella foggia quanto nei tessuti e nei colori. L’economia di sussistenza, fondata su una agricoltura volta all’autoconsumo e sulla lavorazione domestica delle risorse continuava ancora a rimanere la forma di organizzazione prevalente nella penisola. Solo in età imperiale le attività legate alla produzione di stoffe iniziarono a venire sviluppate in maniera industriale, con la creazione di figline, piccole aziende destinate alla coloritura delle stoffe, di cui non mancano esempi anche in Calabria. Gregorio Aversa Responsabile del patrimonio archeologico del Tirreno cosentino
Il Direttore Don Giuseppe Straface
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Il Museo Diocesano d’Arte Sacra di Rossano partecipa volentieri alla mostra denominata “Capolavori dell’arte tessile cosentina”, attraverso il prestito di due opere in esso conservato. La nostra terra è stata da sempre culla di cultura e di arte, che si è espressa in modi e stili diversi. Nel campo della tessitura, sono innumerevoli i prodotti realizzati con i filati prodotti in loco. Sono, appunto, delle vere e proprie opere d’arte. Per questo, la mostra è senz’altro una iniziativa lodevole, sia perché offre ad un vasto pubblico la possibilità di ammirare questi capolavori, sia perché può incoraggiare le nuove generazioni a recuperare quello che potrebbe ritornare ad essere una fonte di sviluppo economico e lavorativo. A nome dell’Arcivescovo, dell’Ufficio per i Beni Culturali della Diocesi e del Museo Diocesano, auguro pieno successo alla mostra..
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Arcidiocesi di Rossano-Cariati Museo Diocesano d’Arte Sacra
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Museo d’arte sacra di Zumpano
I paramenti del “Museo d’arte sacra di Zumpano”, concessi in prestito alla mostra “Capolavori dell’arte tesisle cosentina” rappresentano un esempio di capolavori di fede e di arte zumpanese. Non esistono documenti in grado di fare luce sull’arrivo di queste ricchezze nella chiesa di San Giorgio Martire, ma la tradizione orale ci induce a supporre che siano frutto di maestranze artigiane locali, che a dimostrazione di una forte devozione e cura per il culto, realizzarono questi autentici capolavori artistici. L’istituzione del museo d’arte sacra, avvenuta nel giugno del 2008 da una fattiva collaborazione fra parrocchia e amministrazione comunale, è nata difatti dalla volontà di custodire e rendere fruibili detti reperti artistici, emblema dell’identità culturale e religiosa della comunità. Fra le opere più rappresentative si annoverano il Trittico di Bartolomeo Vivarini (datato 1480) , il pulpito ligneo intagliato (secolo XVII); i reliquari, le croci e le suppellettili d’argento intagliato (secolo XVII) ed i paramenti sacri (secolo XIX). Direzione del Museo d’arte sacra di Zumpano
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
La ricchezza dell’arte tessile calabrese, che l’esposizione mette in luce attraverso le sue molteplici espressioni, è un tributo ai numerosi artigiani che per secoli hanno saputo esprimere i più alti valori estetici, tecnici e antropologici attraverso una capillare trasmissione del sapere dettata dall’amore per l’arte e in alcuni casi anche da impegni commerciali che in determinati periodi storici assunsero vero e proprio carattere economico. La Calabria storicamente fu fino alla prima metà dell’ottocento una delle regioni più attive nella produzione di filati per tessitura (e in parte per manifattura sartoriale); in particolare si evidenziò in un’intensa fattura serica e di alcune specifiche tipologie quale ad esempio la ginestra, che a differenza della seta venne prevalentemente prodotta per un uso locale e a carattere domestico. Il percorso che ci viene offerto attraverso questa esposizione, crea a mio avviso una linea di congiunzione (verrebbe da dire una ‘trama’) tra le varie tipologie di manufatti, ben sapendo la curatrice che l’arte tessile più di ogni altra forma di arte applicata ha sempre sofferto la chiusura in schemi troppi ristetti. E pur focalizzando sezioni distinte (tessuti di uso domestico, tessuti preziosi per ‘le occasioni’, tessuti ecclesiastici e costumi tipici tradizionali ) ha voluto rilevare lo stretto legame che accosta manufatti apparentemente così diversi fra loro. Legame che non solo è dato dalla materia stessa, ma anche dai decori ( patterns decorativi) che, se pur rappresentati attraverso tecniche dissimili e con caratteri diversificati, assumono tutti forma di documento. Documenti veri e propri che racchiudono forme e tipicità che a loro volta sono il frutto di una cultura locale fatta di commistioni di saperi, di materie, di simboli. E allora ecco che una coperta può assume molteplici significati: la coperta, ‘quella bella’, per un giorno all’anno viene tratta dal baule nella quale è riposta da quando è stata data in dote e adorna il balcone sotto il quale passerà la processione del Corpus Domini; unendo cultura laica e religiosa. Sovrapposizioni analoghe si riscontano in molti patterns tipici della tradizione locale dove simboli di espressioni terrene e celesti si accostano le une alle altre, riproposte ancor oggi con tecniche antiche in decori quali: ‘mazzo spinato’, ‘le spighe di grano’, ‘il cielo stellato’ , ‘il sole’ o ancora ‘la luna nell’arco’. Motivi tratti da una simbologia grafica che da sempre rappresen-
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Trame in mostra
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ta una pratica di comunicazione applicata e per questo capace fin dall’antichità di essere trasmessa e compresa da un più vasto nucleo sociale. Simbologia grafica dunque, che trae origini antiche e che in campo tessile, nonostante caratterizzazioni tipiche di produzioni locali, denota una contaminazione stilistica che va ben oltre ai confini nazionali e che risale già all’XI secolo, periodo nel quale il tessuto sta al centro degli scambi fra Oriente e Occidente. Nel percorso espositivo che ci viene proposto, sono presenti tutte le principali tecniche di decorazione tessile (decoro per tessitura, decoro a ricamo, decoro a merletto, decoro per stampa, decoro per annodatura, ecc) la cui realizzazione trova la massima espressione in specificità tessili. Il decoro per ricamo e merletto (la distinzione principale tra essi prevede durante la realizzazione, la presenza o meno del tessuto di base al di sotto del motivo prodotto con filati e/o lamine), caratterizzante della produzione tessile relativa alla manifattura di tessuti pregiati ad uso domestico (corredi ecc), è in questo contesto straordinariamente rappresentato da una serie di manufatti di recente fabbricazione realizzati per la maggior parte con materiale tessile prezioso quale il lino. Ma è anche l’elemento qualificante di alcuni sontuosi paramenti sacri, fra il quale spicca il piviale in seta color avorio ricamato in oro proveniente dal Museo Diocesano di Rossano. Il piviale, un bellissimo esemplare della manifattura meridionale del XIX secolo, esprime tutta la sua eleganza fra il contrasto della ricchezza dei ricami presenti sullo scudo e sullo stolone e la sobrietà del tessuto di base. I ricami riportati (intagliati da un precedente tessuto e ricuciti su supporto tessile; come purtroppo era consuetudine fare nelle pratiche di restauro eseguite fino ad un trentennio fa, e oltre !), presumibilmente di epoca anteriore al tessuto di base, sono prodotti con filati metallici dorati di differenti specie e tipologie (filati, lamellari, canutiglia, ecc.) e realizzati a punto affondato a rilievo, o meno, a seconda delle necessità rappresentative del decoro. La produzione dei filati preziosi adeguati per la realizzazione dei motivi aurei o argentei (battiloro e tiraloro), è stata per lungo tempo una professione che ha trovato una sua proficua collocazione all’interno del Regno di Napoli dall’inizio del seicento in poi, già ben documentata. Gli stessi filati oltre ad essere utilizzati per ricami, sono stati largamente adoperati anche per la realizzazione di bordi e/o bordure a fusello. Un esempio è il velo da sposa del costume nuziale arberëshë di Santa Sofia d’Epiro (Fig. 13). In questi casi l’eleganza dell’opera viene messa in risalto dalla caratteristica ‘leggerezza’ tipica della tecnica a merletto che trova la sua massima espressione nella realizzazione di elementi decorativi spesso utilizzati per la rifinitura delle parti terminali di manufatti preziosi. Ugualmente ben rappresentata è anche l’arte del decoro per tessitura, che viene delineata in più forme: manifattura per drappi di carattere classico e altri di carattere ‘rustico’.
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La prima in questo contesto si evidenzia nella produzione di parati liturgici fra i quali il Piviale in damasco color avorio (di pertinenza della Chiesa San Giorgio di Zumpano e esposto nel Museo d’arte sacra di Zumpano). Questa armatura che si distingue per un disegno tono su tono evidenziato unicamente da un contrasto di luminosità e opacità dato dall’alternarsi d’intrecci, è stata utilizzata per una ampia varietà di prodotti non esclusivamente di carattere ecclesiastico. A tal proposito è necessario specificare che alcuni studi hanno per altro evidenziato che la distinzione fra sacro e profano nel campo della produzione tessile inizia praticamente solo nel XIX secolo, e che prima di tale epoca era spesso in uso la prassi della rielaborazione sartoriale e del riutilizzo di manufatti tessili secolari per uso sacro. La seconda tipologia accennata a carattere maggiormente ‘rustico’, è invece tipica di alcune località della provincia cosentina e rinomata per specifiche eccellenze quali ad esempio i centri di tessitura silani e presilani, con i comuni di Longobucco e San Giovanni in Fiore come massimi esponenti. Le caratteristiche maggiormente rilevanti di questi ultimi prodotti tessili sono date dalla tecnica di tessitura eseguita, e dalla tipologia dei motivi realizzati, in passato anche dalle tecniche tintorie applicate, ormai purtroppo non più in uso e mai effettivamente indagate. L’arte tintoria infatti, ancor più di quella tessile veniva trasmessa prevalentemente per via orale. Ciò che ne resta attualmente sono delle conoscenze frammentarie, legate più a ricordi personali che non a veri e propri studi e comunque incomplete per poterne determinare l’intero processo. I decori di queste stoffe sono dati sia dalla caratteristica tessitura a rilievo (prodotta per mezzo di un ‘ferro’ che introdotto parallelamente alla trama, secondo un certo ordine, permette di formare dei ‘riccioli’ a rilievo che determinano un modulo decorativo), che dall’introduzione di trame policrome (spolinate) aggiunte a quella di base. Le trame policrome spolinate lavorano solo nelle sezioni nella quale devono manifestarsi per la costruzione del disegno proposto. Tali manufatti realizzati con fibre naturali prodotte in loco sono prevalentemente in lana e seta. Nello studio della produzione tessile di Longobucco, si ritrovano anche informazioni frammentarie che fanno riferimento ad una ‘fabbricazione’ di materiale tessile derivato dalla ginestra, che parrebbe (Fig. 13) Velo da sposa interamente ricamato in oro. Proprietà del Museo del Territorio di aver avuto una rilevanza sulla econoSanta Sofia d’Epiro mia locale fino alla prima metà secolo
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XIX. Questo filato, sicuramente più rustico, rispetto ai precedenti veniva utilizzato soprattutto per la produzione di panni di uso domestico quotidiano. Ma nella mostra non manca neanche la presenza dei rari panni lavorati con gli stampi a blocchi (Fig. 14). Una tecnica di decoro di derivazione asiatica fra le più antiche . In questo caso il motivo scelto era impresso sui panni tramite una matrice in legno che veniva imbevuta di materiale tintorio e poi fissata (mordenzata) tramite procedimenti chimici appropriati, differenti a seconda della natura dei filati di base e dei colori utilizzati. Il disegno era realizzato tramite l’unione dei singoli motivi, e nelle parti perimetrali la cornice era spesso creata dall’accostamento di blocchi uguali fra loro. La coperta rossa con i disegni neri presente in mostra è un magnifico esemplare di questa tipologia tessile, ma la sua preziosità è data non solo da questo elemento essenzialmente tecnico ma soprattutto dal motivo centrale ripetuto in fasce orizzontali che raffigura un toro affrontato da un cavallo condotto da un cavaliere, di proprietà della famiglia Caruso (Scuola Tappeti) di San Giovanni in Fiore. Una composizione decorativa che come accennato denota le influenze stilistiche intercorse con il resto delle produzioni del mediterraneo e del vicino Oriente. Ovviamente in questa mostra vi sono molti più elementi di quelli ai quali io ho potuto accennare in questa breve introduzione e lascio al visitatore il piacere di scoprirli singolarmente in tutta la loro bellezza. Simonetta Portalupi Restauratrice tessile
(Fig. 14): Copriletto rosso con disegno Corrida (XV secolo) decorato con la tecnica della stampa a blocchi. Proprietà della Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore
Nel 1967, in Italia, a conclusione dei lavori, la “Commissione d’indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, archeologico e del paesaggio”, meglio nota come “Commissione Franceschini”, propose per la prima volta la definizione di “patrimonio culturale” individuando come beni culturali “tutti i beni che costituiscono testimonianza materiale avente valore di civiltà”; molta strada è stata fatta in termini di tutela e valorizzazione1 seguendo l’evoluzione della sensibilità collettiva che va individuando, con criteri scientifici, sempre nuove testimonianze del fare umano da inserire all’interno delle categorie di nostro interesse e, benché il cammino verso la trasmissione ai posteri, in condizioni consone, del patrimonio culturale oggi affidatoci sia ancora lungo ed accidentato, oggi, la mostra Capolavori dell’arte tessile cosentina, segna una tappa fondamentale per il riconoscimento dei tessuti tradizionali di uso domestico come beni culturali, da approcciare con metodologia scientifica, e da tutelare e 1 La nozione di bene culturale è stata utilizzata per la prima volta nel contesto internazionale, in occasione della Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmata all’Aja il 14 maggio 1954 e poi ratificata dall’Italia con la legge 279 del 7 febbraio 1958, insieme al regolamento di esecuzione ed al relativo protocollo. A livello nazionale fu la Commissione Franceschini (1964-1966) ad utilizzare tale locuzione, che ritroviamo in due importanti e successivi provvedimenti: il D.Lgs. 112 del 31 marzo 1998 e il D.Lgs. 490 del 29 ottobre 1999, contenente il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali. Il 1° maggio 2004 entra in vigore il Codice Urbani, che riassume le diverse espressioni ad un unico genere: patrimonio culturale. L’articolo 2 comma 2 recita: “Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.”.
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
“La Calabria prima di essere bizantina, fu italo-greca; e senza vagare nella leggenda si può addirittura pensare alla Magna Grecia, tanto vive sono le tracce dell’arte classica, austera, gustosa policromata, nell’arte fondamentale delle nostre tessitrici” (A. Frangipane, “ I tessuti di Cerzeto”, in Brutium , n. 1, 1961)
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La coperta, da regina del corredo nuziale a bene culturale da catalogare
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valorizzare come “testimonianza materiale avente valore di civiltà”. In Calabria, la tessitura popolare ossia la lavorazione di lana, cascame di seta, cotone, lino e ginestra in funzione della realizzazione delle sete basse2 è legata indissolubilmente alle tradizioni sponsali, ed in particolare a due concetti fondamentali del contratto matrimoniale: la dote e il corredo. La dote3, fino a poco tempo fa, era una consuetudine della cultura popolare, fondata sulla trasmissione di beni da parte della famiglia della sposa, all’atto del matrimonio, allo sposo con lo scopo di fornire una rendita nella formazione del nuovo nucleo familiare; non rientrava nella sfera del “gratuito” né del “dono” ma era il risultato di un contratto discusso fra i membri delle due famiglie coinvolte nella formazione del legame e riguardante un complesso di beni materiali stimato economicamente dalla famiglia dello sposo, o da parenti dello sposo, e fissato in un atto notarile. Questi beni consistevano in immobili, somme di denaro e gioielli, oggetti di arredamento per la casa e di corredo; dal tipo e valore dei beni che la sposa recava con sé si poteva arguire il suo status sociale. In passato (e in parte ancora oggi in alcuni contesti sociali) era usanza affermata preparare per una giovane in vista del matrimonio un ricco corredo4 formato da coperte, lenzuola ricamate e altri elementi di biancheria5. A portare avanti questo compito era la madre del2 coperte, arazzi, tappeti, tovaglie, oppure capi di biancheria e di abbigliamento: le cosiddette sete basse e cioè quei tessuti utilizzati per biancheria di uso domestico e per i costumi tradizionali calabresi. 3 In Italia, il sistema dotale visse a fasi alterne: si affermò col diritto attorno al VI secolo, cadde in disuso nel VII con l’avvento del diritto longobardo e ritornò a essere adottato solo a partire dall’XI-XII durante l’età dei Comuni. Decadde nuovamente nei primi dell’Ottocento con la formulazione napoleonica del codice civile e scomparve definitivamente solo nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia (approvata il 19 maggio del 1975 con la legge n.151, sancì definitivamente la parità dei diritti dell’uomo e della donna all’interno della coppia). La dote in sostanza, per il suo peso economico, può essere considerata come l’impegno più autentico del vincolo matrimoniale e conseguentemente qualifica il matrimonio come un atto economico attraverso il quale, in un’economia debole come quella del meridione, due famiglie ponevano insieme parte delle proprie risorse economiche proteggendole, con la formulazione dei capitoli matrimoniali, dalla dispersione al di fuori della linea di trasmissione ereditaria. In generale, quindi, superando l’aspetto religioso e dottrinale del matrimonio, la società moderna sino al XX secolo ha considerato l’istituto matrimoniale, per via dell’apporto dotale, utile alla costituzione del patrimonio familiare. Per questo motivo si potrebbe dire che il matrimonio era l’esecuzione di un contratto tra privati solennizzato con la stesura dei capitoli matrimoniali e consacrato con la celebrazione del rito. 4 Nei capitoli matrimoniali l’oggetto dell’accordo matrimoniale era esclusivamente la dote, la quale, come fatto economico, rappresentava l’apporto patrimoniale di beni mobili e immobili che il pater familias, in nome e per conto della sposa sua figlia, effettuava per contribuire agli oneri, pesi, della nascente famiglia. La costituzione della dote non è stato sempre un obbligo giuridico ma dal punto di vista del costume è stato fondamentale perché per una giovane donna sarebbe stato impossibile aspirare al matrimonio senza avere costituito almeno la robba di corredo. 5 Facevano parte del corredo la biancheria per il letto, la cucina, il bagno: lenzuola, federe, copriletto ricamato e/o all’uncinetto, coperta di lana e di seta, tovaglie da tavole e tovaglioli,
strofinacci di lino, grembiuli, centrini vari, asciugamani grandi e piccoli. 6 A. Pellegrino, Riti e mode matrimoniali nella pubblicistica femminile tra Ottocento e Novecento, in A. Valerio (a cura di), «Archivio per la storia delle donne», II (2004), p. 153-154 R. Barletta, Ricami, pizzi e merletti. Omaggio al talento delle donne di Arnesano, Castrignano dei Greci, Melpignano, 2004. 7 G. Galasso, L’altra Europa: per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia, 2009, p. 123. “E’ pur vero, come riferisce lo storico G. Galasso, che l’atto di esporre tessuti preziosi, altro non fosse che l’imitazione, seppur semplicistica, degli addobbi preparati nelle chiese per alcune feste religiose particolarmente importanti in quei luoghi di periferia dove, soprattutto per questioni economiche, la popolazione si adeguava con i mezzi che aveva a disposizione ad imitazione dei centri più grandi e più ricchi.” C. Belli, Famiglia e socializzazione Proprietà classica ha Montefusco nella prima metà del XVII secolo, 1983, p. 369
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la futura sposa, che cominciava a preparare il corredo fin da quando la figlia era bambina per non trovarsi impreparata quando sarebbe venuto il momento del matrimonio. Spessissimo la madre induceva la figlia, ancora ragazzina, a ricamare il proprio corredo, che a poco a poco si accumula nel corso degli anni, fino ad assumere un certo valore; infatti più il corredo era ricco e composto da pezzi rari, più aumentava il prestigio della sposa e di conseguenza anche quello della famiglia che lo donava in dote. Ovviamente il corredo della sposa non aveva solo un fine pratico, ossia quello di fornire agli sposi degli elementi utili nella loro vita quotidiana: il corredo obbediva ad esigenze di dimostrazione sociale delle proprie facoltà economiche e le famiglie che potevano permettersi un corredo eccezionale erano guardate con ammirazione; di contro chi non aveva la possibilità di dotare la figlia di un corredo adeguato ne soffriva la vergogna. Il corredo diventava così un motivo ricorrente nelle situazioni matrimoniali, il cui momento culminante era poco prima delle nozze quando veniva lavato e stirato e messo in esposizione nella casa della sposa. Parenti, amici e familiari dello sposo venivano invitati ad ammirare le caratteristiche del corredo affinché la famiglia potesse fare sfoggio della sua elargizione6. Importante in questa dotazione era la coperta che oltre la funzione pratica, per la bellezza e la finezza dei materiali impiegati per il suo confezionamento, come il lino bianco e la lana o la seta, era espressione immediata e visibile del livello economico della famiglia. Per la preziosità del capo, la coperta era esposta in tutte le occasioni in cui fosse necessario alla famiglia “apparire” come la nascita di un figlio o la morte di un familiare. In tutta l’Italia meridionale era ed è tutt’oggi esposta fuori dalle abitazioni in omaggio al passaggio, nelle processioni religiose, del Corpus Domini o del Santo patrono7. L’arte tutta femminile della tessitura ed in particolare del confezionamento della coperta sponsale trova in Provincia di Cosenza storici centri di produzione che, nonostante oggi siano alla ricerca della forza imprenditoriale necessaria a ricavarsi nicchie di mercato, hanno nel tempo contribuito attivamente allo sviluppo economico del territorio ed hanno lasciato nelle case un patrimonio tessile immenso dal valore incalcolabile che ancora continua a tramandarsi, per corredo, di madre in figlia
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da innumerevoli generazioni. Le figure rappresentate, i cui disegni, conservati in modelli tessuti (modello = nzìambru), soprattutto nel passato, erano custoditi gelosamente dalle donne, evocano temi ed immagini delle diverse culture che hanno scandito la storia della Calabria: i disegni geometrici “la cosiddetta greca e le zampe di cavallo” sono un evidente richiamo alla civiltá magnogreca; le immagini allegoriche di animali sono tipici della cultura araba; molti motivi naturalistici “i grandi prati fioriti o le distese di stelle, la grasta, il mazzetto spinato, la vigna anticarosa spampinata” che dominano le coperte dei corredi nuziali, sono invece tipici della cultura contadina silana. I colori sono forti, esplosivi ed appariscenti. Accesissimi i rossi, i blu e i viola, caldissimi i gialli ed i verdi. Le coperte, a sfondo bianco, giallo o rosso, sono ricamate con motivi floreali, riprodotti con sapiente ricerca da antichi documenti, o con motivi cinquecenteschi fiorentini, veneziani, siciliani. Le coperte misurano di solito 265 x 265 cm e ognuna ha un motivo centrale ed un motivo laterale derivato. Identici motivi, in proporzione più piccoli, corrono sul bordo, anch´esso tessuto abbinato alla frangia. Tra i vari tipi, quelle “a vigna”, che raffigurano grappoli e pampini; quelle “a gigliata”, con intrecci di gigli e rose; quelle “a garofano”, con mazzi di fiori variamente colorati; quelle “a ferro di cavallo”, a due soli colori e con una greca sul bordo (Fig. 15 e Fig. 16). La lavorazione è a punto piatto (trappìgna) o a punto a rilievo (a pizzùluni) oppure realizzata mediante il rimettaggio e il semplice movimento dei licci (ccu ri pìari). Longobucco8, San Giovanni in Fio8 Le coperte di Longobucco hanno partecipato all’Esposizione Internazionale di Stoccolma nel 1920, di Roma nel 1921/’23/’24/’25, di Barcellona nel 1929 e Milano nel 1930 dove
(Fig. 15): Coperta matrimoniale Pavone e Pavonessa lavorata a punto piatto (inizi XIX secolo). Proprietà della famiglia Gagliardi di Longobucco
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Melissa Acquesta Specializzanda e responsabile della catalogazione delle coperte di Longobucco
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re9, Cariati in abbinamento alla presenza nella regione di alcuni innesti stabili di minoranze etnolinguistiche di origini remotissime (Grecanici) o di lontana provenienza nel senso delle affinità culturali (Occitanici e Albanesi) che rendono ancor più prezioso il panorama della tradizione: Civita, Frascineto, Santa Sofia d’Epiro, San Demetrio Corone, testimoniano la grande tradizione tessile artigiana che necessita oggi di essere ripresa, analizzata, innanzitutto conosciuta tramite mirate campagne di catalogazione, tutelata e valorizzata.
meritarono la medaglia d’argento . 9 Unico centro in Italia dove si realizzano i tappeti orientali fatti con la stessa tecnica, la stessa attrezzatura, gli stessi accorgimenti usati dai fabbricanti orientali. Tappeti uguali a quelli che si ammirano nelle moschee o sui pavimenti di signorili dimore a Bukara, Isfahan, Kankes, Sparta, Kabishan, Turkmen, Tebriz e così via. Qui sorge, dal 1952 la “Cooperativa Artigiana Forense”.
(Fig. 16): Coperta matrimoniale in cotone, lavorata “a pizzulune” con immagine “Tulipano” e modello “nzìembru”. Proprietà famiglia Cosenza di Longobucco
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la mostra
(Fig 17), Cuscino ricamato con tecniche miste. Angela Longo di Castrovillari
(Fig. 18) Coppia di asciugamani, tovaglietta realizzata a punto a croce miniatura e punto giorno a fili scambiati. Angela Longo di Castrovillari
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A seconda del tipo di lavorazione, del peso e della consistenza della materia prima (lana, seta, lino, canapa, ginestra o cotone), nonchè delle lavorazioni e delle decorazioni, i tessuti venivano destinati a diventare coperte, arazzi, tappeti, tovaglie, oppure capi di biancheria e di abbigliamento: le cosiddette sete basse e cioè quei tessuti utilizzati per biancheria di uso domestico e per i costumi tradizionali calabresi. In Calabria, la tessitura popolare ossia la lavorazione di lana, cascame di seta, cotone, lino e ginestra in funzione della realizzazione delle sete basse è legata indissolubilmente alle tradizioni sponsali, ed in particolare a due concetti fondamentali del contratto matrimoniale: la dote e, in particolare, il corredo. Nella sezione sono esposti manufatti realizzati dagli artigiani della provincia di Cosenza che mantengono viva questa tradizione, ma anche lenzuola e tovaglie ereditate dal passato in un costante dialogo tra il passato e il presente.
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Sezione 1 Tessuti di uso domestico ieri e oggi
Soppressa dalla Legge 19 maggio 1975, n. 151 sulla Riforma del diritto di famiglia. (in Gazz. Uff., 23 maggio, n. 135, edizione straordinaria). La dote è stata una consuetudine della cultura popolare fondata sulla trasmissione di beni da parte della famiglia della sposa, all’atto del matrimonio, allo sposo con lo scopo di fornire una rendita ed un supporto economico alla formazione del nuovo nucleo familiare. Era il risultato di un contratto discusso fra i membri delle due famiglie coinvolte nella formazione del nuovo legame e riguardava un complesso di beni materiali che veniva stimato economicamente dalla famiglia dello sposo, o da parenti dello sposo, e fissato in un atto notarile. Dal tipo e valore dei beni che la sposa recava con sé si poteva arguire il suo status sociale: questi beni potevano prevedere degli immobili, appezzamenti terrieri, rendite, somme di denaro, gioielli, oggetti di arredamento per la casa e oggetti di corredo.
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LA DOTE
IL CORREDO Il corredo rappresentava, non in senso economico ma in rapporto al numero delle voci richiamate nel contratto matrimoniale, la parte più consistente della dote. Di ogni capo si specificavano il tipo di tessuto, la lavorazione, il colore e,
(Fig. 19) Centro interamente ricamato, Marilena Vairo di Fuscaldo
(Fig. 20) Centri ricamati a intaglio e con tecniche miste, Marilena Vairo di Fuscaldo
(Fig. 21) Centri in tulle, Rosa Cervino di Rossano
(Fig. 22) Assortimento asciugamani antiche (fine XIX sec.), Scuola Tappeti Caruso - San Giovanni in Fiore
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anche se non sempre, se fosse nuovo o usato. Prima del matrimonio veniva esposto nella casa della sposa o dei genitori: veniva steso sul letto, sulle sedie e sui tavoli e rappresentava un modo per affermare la dignità, il decoro, l’orgoglio e l’onore della famiglia dotante. La sposa lo considerava anche come una sorta di biglietto da visita personale con il quale lei stessa si presentava in società; infatti la raffinatezza e il gusto nel confezionare i capi erano la dimostrazione della sua gentilezza d’animo, della serietà, della purezza e dell’eleganza personale. Inoltre, se il corredo era stato ricamato direttamente dalla futura sposa, questa otteneva l’ammirazione del marito, la benevolenza della suocera, il consenso dei parenti e, persino, del vicinato. Questo grande valore simbolico giustificava il grande impegno che si poneva nella tessitura delle stoffe utili a confezionare il corredo per il quale si operavano, da parte dei genitori, anche grandi sacrifici economici per l’acquisto dei tessuti necessari. Tra i 13 ed i 15 anni la figlia iniziava assieme alla madre, che fungeva da supervisore e organizzatore, a cucire e a ricamare i capi di corredo; non era raro per le classi più agiate ricorrere anche alle tessitrici e alle ricamatrici che a cottimo eseguivano a domicilio i lavori; il confezionamento del corredo, infatti, non si limitava solo alla tessitura delle stoffe ma si estendeva all’apporto decorativo arricchendole di ricami la cui laboriosa esecuzione richiedeva moltissimo tempo. Una buona moglie doveva anche essere una buona tessitrice e per questo non esisteva donna che era del tutto ignara delle tecniche tessili o che non sapesse usare il telaio.
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Facevano parte del corredo la biancheria per il letto, la cucina, il bagno. • Lenzuola, federe, copriletto, coperta di lana, piumino. linzula i supra, linzula i sutta, cuscina, ù damascu, ù cuvirturu (in cotone tessuto a telaio), à cuverta, ù trasparenti (in cotone ma realizzato all’uncinetto). • Tovaglie da tavole e tovaglioli, strofinacci di lino (appaiati sempre a sei a sei), grembiuli, centrini vari. tuvagghi i tavula cu i serbiettini, i mappini, i vantali • Asciugamani grandi e piccoli i tuvagghi i faccia Importante di questa dotazione era la coperta che oltre la funzione pratica, per la bellezza e la finezza dei materiali impiegati per il suo confezionamento, come il lino bianco e la lana, era espressione immediata e visibile del livello economico della famiglia. Per la preziosità del capo, la coperta era esposta in tutte le occasioni in cui fosse necessario alla famiglia “apparire” come la nascita di un figlio o la morte di un familiare. Nell’Italia meridionale era ed è tutt’oggi esposta fuori dalle abitazioni in omaggio al passaggio delle processioni religiose del Corpus Domini o del Santo patrono. Ancora oggi il confezionamento del corredo è molto sentito nelle comunità territoriali e viene raccolto grazie agli artigiani che ancora tessono e ricamano secondo tradizione e che rimangono i soli coraggiosi custodi di un immenso patrimonio culturale.
Espongono in questa sezione:
Rosa Cervino di Rossano Marilena Vairo di Fuscaldo Angela Longo di Castrovillari Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore AB Ricami di Cosenza Famiglia privata di Santa Sofia d’Epiro
(Fig. 23), Piviale in raso di seta color cremisi con ricami in oro filato (inizi XIX secolo). Proprietà della Cattedrale di Cosenza
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La sezione sulla seta induce a riflettere sull’importanza avuta dalla produzione e lavorazione serica nell’economia calabrese fin dai tempi remoti. Questa parte dell’esposizione si configura come una riflessione sul passato; essa indaga sugli ambiti di maggiore utilizzo della seta ovvero il mondo ecclesiastico e la storica nobiltà locale. La seta, definita in un proverbio cinese come “il tessuto da indossare per raggiungere Dio”, è sinonimo di eleganza, lusso e nobiltà. Una magnificenza che trae origine dalla bava filamentosa con cui un piccolo baco intreccia il suo bozzolo. La sericoltura nasce in Cina intorno al 2600 a.C.; il baco venne importato, secondo alcuni, nel 558 dai monaci basiliani e, secondo altri, dai turchi intorno all’anno Mille. Arabi ed ebrei perfezionarono l’allevamento e la coltura e in Calabria, come nel resto d’Europa, l’apogeo si raggiunse nel XVI secolo. L’arte della seta fu un segno imprescindibile del Regno di Napoli e considere-
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Sezione 2 La nobile arte della seta
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vole fu l’attenzione ad essa rivolta dai sovrani. Federico II istituì la Fiera della Maddalena ove si commerciavano sete e tessuti pregiati; una pergamena del 1295 evidenzia già un’affermata attività; nel 1464, a Cosenza venne concessa la franchigia sulle esportazioni di seta e nel 1470 la corporazione della seta di Catanzaro ottenne di inviare i suoi maestri a Tours per insegnarvi l’arte della seta. Carlo V nel 1519 istituì a Catanzaro il Consolato dell’Arte della Seta al fine di regolamentare il commercio di questo prezioso prodotto. Nel 1612 Cosenza e Catanzaro furono i maggiori centri di produzione tessile, mentre numerosi erano i luoghi della provincia di Cosenza che eccellevano nella produzione della seta. Sul finire del XVII secolo si registrò una prima fase di decadenza; Carlo Di Borbone emanò leggi a tutela delle manifatture locali per sanare il rallentamento di questa attività, istituì scuole per la filatura e la lavorazione della seta e, nel 1789, Ferdinando IV creò la fabbrica di San Leucio che produsse la maggior parte di stoffe per l’arredamento e manufatti per l’abbigliamento. La fondazione di San Leucio introdusse profonde trasformazioni e innovazioni
(Fig. 24) Velo omerale (inizi XIX secolo). Gros de Tours in seta avorio tramato oro e ricami in oro filato. Proprietà della Cattedrale di Cosenza
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L’industria serica ha fortemente influenzato l’economia italiana al Sud e al Nord e anche la Calabria fu tra le regioni che godettero maggiormente dei benefici derivanti dalla seta fino alla metà del XX secolo. Nell’ambito delle attività produttive la Calabria di epoca pre-unitaria si era distinta per la produzione tessile per due ragioni: il clima che favoriva la coltivazione del gelso e l’arte di allevare il baco da parte dei contadini che traevano da questa coltura grande sostentamento. Tanto per fare qualche esempio, nel 1820, ben pagate erano le maestre della seta che arrivavano a percepire “28 grana al giorno, il lume, il
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tecnologiche nella sericoltura riportando l’arte calabrese a livelli europei. La seta fu a lungo il trait d’union tra le provincie calabresi, il Nord Italia e l’Europa: Lucca, Firenze, Venezia e Genova furono città con cui la commercializzazione della seta calabrese ebbe notevoli legami. Gruppi di commercianti fiorentini, veneti, lombardi e genovesi si stabilirono nel Regno di Napoli per amministrare i propri fondachi e godere di esenzioni e privilegi grazie alle risorse del territorio.
(Fig. 25) Piviale in gros de Tours in seta avorio con ricami in oro filato (XVIII secolo). Proprietà del Museo Diocesano di Rossano
(Fig. 26) Piviale damascato in seta color avorio del ‘700 con bordura giallo oro (fine XIX secolo). Proprietà del Museo d’arte sacra di Zumpano.
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letto escluse le lenzuola”. La lavorazione della seta si svolgeva perlopiù in casa sebbene ci fossero diverse tipologie contrattuali. Dopo la congiuntura favorevole del Cinquecento, il quadro della produzione serica nazionale si modificò radicalmente. La conclusione di uno dei settori più vitali e promettenti dell’industria calabrese ebbe inizio con un’epidemia che colpì duramente gli allevamenti ma anche con le gravose tasse imposte dai governi. La fiscalità opprimeva i produttori; se ne trova menzione in un documento redatto da Giuseppe Maria Galanti nel ‘700 nel quale si annota la riduzione e il decadimento della produzione della seta nelle tre provincie calabresi. Il riflesso sulla coltura del gelso fu immediato. Inoltre l’avvento dell’industria cinese mise definitivamente in crisi questo settore. Per tutto il XIX secolo la Calabria mantenne ugualmente buoni livelli di produzione e a Cosenza la seta rimase una delle principali fonti di ricchezza: le filande Campagna di Cosenza, Zupi e Ottaviano così come la filanda Malito di Acri ottennero numerosi riconoscimenti. Agli inizi del ‘900 il Ministero promosse un’azione governativa per indagare i motivi del decadimento della sericoltura italiana e si incentivò l’allevamento dei bozzoli nell’Italia meridionale per le condizioni climatiche favorevoli. Nel 1912 fu istituito il Consiglio per gli Interessi Serici, a Cosenza l’Osservatorio Bacologico divenne nel 1918 Istituto Bacologico per la Calabria. Fino alla fine della seconda guerra mondiale la lavorazione della seta aveva comunque dato sostentamento a numerose famiglie sulla scia di una tradizione che risaliva al periodo della dominazione bizantina.
Espongono in questa sezione:
Museo Diocesano di Rossano Museo d’arte sacra di Zumpano Cattedrale di Cosenza Famiglie private, Longobucco Atelier Caterina Forciniti, Longobucco
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Gli abiti esposti in questa sezione intendono attualizzare l’esposizione nel più moderno ambito della moda, evidenziando l’attività di due stiliste cosentine attive sul territorio e all’estero. Lo scopo è quello di valorizzare e promuovere il patrimonio tessile tradizionale sia attraverso il riuso di antichi tessuti prestati alla moda contemporanea sia coniugando antichi metodi di lavorazione, ad esempio il telaio, con disegni
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Sezione 3 Moda
(Fig. 27) Vincenza Salvino, Pianecrati. Abito collezione Cappe glamour, Tessuto in seta e cotone
(Fig. 28) Vincenza Salvino, Pianecrati. Abito color giallo e ciclamino realizzato con un pezzo di tessuto senza tagli. Tessuto in seta, lavorazione a nido d’ape modellato sul manichino
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moderni. Primo esempio di produzione nostrana è Margherita Naccarati, le cui creazioni tessili provengono dall’Atelier Caterina Forciniti, di cui è proprietaria a Longobucco. La stilista coniuga metodi tradizionali, come l’uso del telaio, con l’alta moda contemporanea. La sua è una storia di un’idea di ricerca e di lavoro nel settore specifico dell’arte della tessitura, in ossequio ad una tradizione familiare dopo i suoi studi universitari. Avendo ottenuto una così una grande e stimolante eredità, Margherita ne veicola oggi la diffusione poiché le arti tessili sono sempre state un fiore all’occhiello della produzione calabrese. L’altra interprete della sezione moda è la stilista Vincenza Salvino. Riutilizzando materiali antichi e unendoli con quelli moderni, grazie al suo estro artistico, ottiene delle creazioni originali, che le hanno procurato diversi riconoscimenti in ambito regionale, classificandosi al primo posto al concorso “Giovani designer calabresi alla ribalta” (Co.ser. Calabria)e ottenendo nel 2010 una menzione speciale nel concorso “Modamovie” per l’utilizzo di materiali innovativi.
(Fig. 29) Atelier Caterina Forciniti, Longobucco. Calipso, abito di alta moda della collezione Caterina Collections con antico punto a frasca torta tessuto al telaio a mano cotone nero e lurex argento
(Fig. 30) Atelier Caterina Forciniti, Longobucco. Teia, abito di alta moda della collezione Caterina Collections con antico punto e sette rose tessuto al telaio a mano. Cotone blu e lurex argento
Nuovi nuclei familiari, tra la metà del XV e il XVIII secolo, in seguito alla morte dell’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Skanderbeg e alla conquista progressiva dell’Albania e di tutto l’Impero Bizantino da parte dei turchi ottomani, si stabilirono in Italia dall’Albania e da comunità albanofone della Gre-
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Acquaformosa: Firmoza Cantinella (frazione di Corigliano Calabro): Kantinela Cerzeto: Qana Castroregio: Kastërnexhi Cavallerizzo (frazione di Cerzeto): Kajverici Civita: Çifti Eianina (frazione di Frascineto): Purçìll Falconara Albanese: Fullkunara Farneta (frazione di Castroregio): Farneta Firmo: Ferma Frascineto: Frasnita Lungro: Ungra Macchia Albanese (fraz. di S. Demetrio C.): Maqi Marri (frazione di San Benedetto Ullano): Allimarri Plataci: Pllatëni San Basile: Shën Vasili San Benedetto Ullano: Shën Benedhiti Santa Caterina Albanese: Picilia San Cosmo Albanese: Strihàri San Demetrio Corone: Shën Mitri San Giorgio Albanese: Mbuzati San Giacomo di Cerzeto: Shën Japku San Martino di Finita: Shën Mërtiri Santa Sofia d’Epiro: Shën Sofia Spezzano Albanese: Spixana Vaccarizzo Albanese: Vakarici
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Sezione 4 Costume tradizionale e abiti arbëreshë
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cia. Queste nuove comunità tramandarono ai figli, nipoti e pronipoti, la lingua, che si parla ancora, usi, costumi e forme d’arte che, per quanto riguarda la tessitura, conservando l’omogeneità della tecnica e degli strumenti come forte punto di contatto tra le due culture, trovano la loro ragione d’essere nella tradizione balcanica fatta di forme e disegni che richiamano le proprie vicissitudini, l’amara esperienza di esuli sradicati dalla propria patria. Nei paesi citati i tappeti, gli arazzi, le coperte, i vancali, i copri-tavolo, i cuscini, hanno tutti caratteristiche proprie, differenziandosi dai prodotti di altre zone soprattutto nei motivi ornamentali e nei soggetti decorativi che raccontano una storia lontana: la barca, che richiama il viaggio dall’Albania; la lancia e lo scudo; le armi dei guerrieri; la figura di SKanderberg e l’aquila. Ancora in uso i costumi tradizionali sia maschili che femminili (il costume maschile nel tempo ha subito maggiore spinta assimilativa verso il costume calabrese). Il costume femminile faceva parte del corredo della donna e la accompagnava nelle tappe più significative della sua vita; lievi differenze lo interessano a seconda della comunità di provenienza ma tradizionalmente è costituito da: • Costume di gala • Costume di mezza festa • Costume giornaliero • Costume di lutto Fig. 31-32-33 Il vestito della festa (o di gala) è senza dubbio il più fastoso ed elaborato non-
(Fig. 31) Velo da sposa con ricamo in oro. Proprietà del Museo delle bambole e del costume arberëshë di Frascineto
(Fig. 32) Velo da sposa interamente ricamato in oro. Proprietà del Museo del Territorio di Santa Sofia d’Epiro
(Fig. 33), Abito di mezza festa. Proprietà di famiglia privata di Civita
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ché il più raro: oltre ad essere indossato per le nozze, per le feste religiose (come le “Vallje”, la Domenica di Pasqua o il giorno di Natale) e per i lutti familiari (per i primi tre giorni dal triste evento) veniva sovente anche utilizzato per dare una degna sepoltura alla donna. Il vestito di mezza festa, un capo meno prezioso di quello di gala ma pur sempre molto decorato e gelosamente custodito è costituito dalla Linja abbinata ad una gonna meno sfarzosa detta Kamizolla me tren, ricamata in ogni caso con fili d’oro, sopra la quale è portata una gonna pieghettata simile alla Coha ma in raso, detta Kandsushi. Il corpetto è molto simile ma è scuro Xhipuni Kastori: presenta ampie decorazioni in lamine d’oro sui polsi e sulle spalle. Completano l’abito di mezza festa la Vandilja ed un Pani di lana. Una particolarità degli abiti albanesi consiste nel Ricamo in Oro, riconosciuto come patrimonio indiscusso nella località di Piana degli Albanesi in Sicilia ma realizzato anche dalle donne italo-albanesi del casentino che lo custodiscono gelosamente. La preziosità del costume albanese deriva dall’intrecciarsi delle singole tradizioni dei centri arberëshë con l’uso di materiali pregiati dei quali spiccano non solo i colori splendenti (azzurro, rosso, amaranto, verde e viola) ma i galloni dorati usati per le gonne e per il corpetto (Xhipuni), spesso ricamato con fili d’oro per realizzare motivi floreali. Negli abiti nuziali il velo risultava interamente ricamato con fili dorati (Fig. 34). Ma nella provincia di Cosenza, oltre ai comuni di etnia albanese, ne esistono altri di etnia valdese e occitana qui rappresentati dall’abito giornaliero di San
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Vincenzo la Costa; esso, riprodotto fedelmente sulla base di fonti documentali e orali, veniva indossato quotidianamente per i lavori domestici e campestri. Si compone di gonna lunga e di cotone scuro, grembiule, camicetta, foulard o mmaccaturu, scialle e cuffietta o cuoppuliddra. La tradizione cosentina è, in questa sede, rappresentata dal notissimo abito sangiovannese della Pacchiana. Risalente al Seicento, il costume tipico di San Giovanni in Fiore si faceva indossare alle fanciulle che, compiuto il 15° anno di età, diventavano maritabili e perciò ereditavano ori e gioielli materni che ne arricchivano la dote. L’abito della pacchiana è costituito da una lunga e ricca gonna, un corpetto di velluto arabescato, maniche corte e larghe e una camicetta solitamente ricamata a mano. Completava l’abito ‘u rituartu, ovvero un particolare copricapo in lino che raggiungeva le spalle. (Fig. 35)
Espongono in questa sezione:
Privati, Civita Museo delle bambole e del costume arberëschë di Frascineto Museo del Territorio e del costume albanese di Santa Sofia d’Epiro Museo valdese e della civiltà contadina di San Vincenzo la Costa Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore Giovanna Cerminara di San Giovanni in Fiore Atelier Caterina Forciniti di Longobucco Privati, Santa Sofia d’Epiro
(Fig. 34), Teca con manufatti in oro e argento realizzati dalla Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore, dall’Atelier Caterina Forciniti di Longobucco e in concessione da una famiglia privata di Santa Sofia d’Epiro
(Fig. 35), Giovanna Cerminara, Pacchiana di San Giovanni in Fiore
(Fig. 36), Video sulle fasi di preparazione del telaio a mano
(Fig. 37) Riproduzione di un antico telaio a mano
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Nel contesto della casa contadina tradizionale risalta il cosiddetto “spazio del telaio”, ovvero quel luogo unico ed esclusivo, quasi sacro, della donna che ha sempre rivestito un’importanza fondamentale non solo dell’universo femminile ma del sostrato economico calabrese e che, in questa sede, si vuole riproporre. Il telaio veniva sistemato nella camera da letto, la stanza dell’intimità alla quale nessuno poteva accedere; esso costituiva parte della dote della donna e sottendeva un valore sacro oltre che un momento di socializzazione. La donne hanno sempre avuto un ruolo importante nell’allevamento del baco da seta, nella produzione e nella tessitura. Molte erano le casalinghe che avevano impiantato piccoli allevamenti e con i guadagni ricavati integravano i redditi familiari. Esse riuscivano ad implementare il corredo delle figlie con capi in seta che altrimenti non avrebbero potuto permettersi. Per l’incubazione
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Sezione 5 Lo spazio del telaio
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del baco da seta le donne tenevano nel proprio seno i semi del baco e ciascuna di esse era gelosa del proprio “siricu” (allevamento) temendo che qualcuno potesse buttarle il malocchio. Il lavoro delle donne proseguiva con la tessitura o nelle filande o al telaio casalingo mosso a mano. Il possesso di un telaio per uso domestico fu a lungo tipico della civiltà cosentina e consentì il perdurare dell’arte popolare della tessitura; i primi telai comparsi sul territorio risalgono all’epoca Protostorica e si trattava di costruzioni piuttosto lineari e semplici ripetutesi con continuità e maestria fino all’età ellenistica. Nel Medioevo il telaio fu dotato di pedale e la sua realizzazione divenne sempre più accurata fino al conseguimento di manufatti complessi e raffinati. Nel 1787 nacque il telaio meccanico grazie all’applicazione di un motore a vapore e qualche anno dopo fu progettato il telaio “jacquard” che consentì la lavorazione di manufatti complessi e con disegni elaborati. Nel XIX secolo il telaio acquisì una costituzione più meccanica assurgendo ad artefice della rivoluzione industriale. I telai industriali sono oggi molto diffusi, tuttavia numerose sono le aziende artigiane che, accanto ad una lavorazione industriale, mantengono viva quella tradizionale mentre altre vi si continuano a dedicare con assoluta esclusività. I telai calabresi sono di due tipi, orizzontale e verticale ed utilizzano diverse fibre animali (lana e seta) e vegetali (lino, cotone, ginestra, canapa e ortica). I disegni sono stati tramandati oralmente e in parte rielaborati dalle tessitrici attuali, ma mai manomettendo l’impianto originale. Ci furono anche alcune donne che lasciarono appunti scritti, cosa che fu molto rara vista la gelosia nu-
(Fig. 38) Pezzara, tessuto eseguito al telaio con pezzi di avanzo. Azienda tessile Bossio, Calopezzati
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trita dalle tessitrici nei confronti delle proprie tecniche e conoscenze. Tutto ciò che è stato realizzato al telaio è esposto in questa sezione: scialli, coperte, bavaglini, canovacci, abiti, copriletti eppure l’apogeo della produzione al telaio si riscontra nella realizzazione di tappeti e arazzi. Fig. 38-39-40-41-42-43-44-45
(Fig. 39) Guida eseguita al telaio raffigurante ’A vigna. Atelier Caterina Forciniti di Longobucco
(Fig. 40) Tessuti in ginestra, a tintura vegetale e color naturale, Scuola Tappeti Caruso, San Giovanni in Fiore
(Fig. 41) Arazzo Traco magnus et rufus in pura seta. Scuola Tappeti Caruso, San Giovanni in Fiore
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(Fig. 42) Arazzi raffiguranti San Francesco di Paola e le Tavole del Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore. Scuola tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore
(Fig. 43) Coperta matrimoniale Pavone e Pavonessa lavorata a punto piatto (inizi XIX secolo). ProprietĂ della famiglia Gagliardi di Longobucco
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina 59 (Fig. 44) Telo Cielo stellato lavorato a pizzuluni, Azienda Cav. Mario Celestino di Longobucco
(Fig. 45) Arazzo “a pizzuluni” raffigurante l’Entrata e ru jardinu, Margherita Naccarati Atelier Caterina Forciniti di Longobucco
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Opere splendide realizzata sono infatti gli arazzi la cui storia, nel Regno di Napoli, prende le mosse dalla soppressione della celebre Manifattura di Arazzi di Cosimo I de Medici, fondata a Firenze nel 1546 e conclusa nel 1737. Fu allora che Carlo di Borbone assunse a Napoli alcuni degli arazzieri rimasti senza lavoro per poi integrarli con altri ingaggiati sul territorio, assurgendo a Reale Fabbrica degli Arazzi specializzata nella realizzazione di arazzi ad alto liccio e a basso liccio. Come per i tessuti di lana, lino o seta, anche per gli arazzi occorrono maestranze specializzate e stabili; essi connotano il luogo in cui vengono esposti di una particolare e nobile impronta, sostituendo spesso dipinti di grande formato. Altra peculiarità di questa sezione è la presenza di pregevoli tappeti realizzati dalle aziende artigiane della provincia di Cosenza, esclusivamente annodati a mano. Tale procedura, capace di dotare il tappeto di un incredibile valore è molto antica e viene effettuata, a mano, annodando filo per filo la lana dell’ordito e il cotone della trama. Ciascun tappeto segue la propria scheda sulla quale è annotato il disegno da seguire e l’andamento della lavorazione.
Espongono in questa sezione:
Museo archeologico dei Brettii e degli Enotri di Cosenza Museo archeologico di Tortora Atelier Caterina Forciniti di Longobucco Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore Vincenzo Bossio, Fabbrica Tessile di Calopezzati Mario Celestino di Longobucco Eugenio Celestino di Camigliatello Famiglie private di Longobucco
espositori
L’allestimento del museo archeologico di Cosenza (2009) giunge all’attuale stato in seguito a numerose vicende, trasferimenti, dispersioni e nuove acquisizioni, frutto queste ultimo delle recenti campagne di scavo effettuate nel centro storico di Cosenza. Il nucleo principale della collezione si è formato nel 1888 con i ritrovamenti di Luigi Viola nelle aree di Torre del Mordillo (Spezzano Albanese), Cozzo Michelicchio e Caccia di Favella (Corigliano Calabro) e si presenta nelle sale del complesso monumentale di Sant’Agostino con gli ingenti reperti afferenti all’ampio arco cronologico che va dalla Preistoria all’età romana. In esso è dato particolare risalto agli Enotri -popolazione indigena pre-greca (1700-720 a.C.)- e ai Bretti –popolazione italica (356-202 a.C) che scelse Cosenza quale sua sede. Il museo archeologico di Cosenza consolida, pertanto, il suo essere luogo cardine per la riappropriazione della storia antica cosentina.
Museo diocesano - Rossano
Il Museo diocesano, inaugurato nel 1952, è ospitato nelle sale della sagrestia della Cattedrale intitolata alla Madonna Achiropita. La raccolta è costituita perlopiù da oggetti liturgici (dal celeberrimo Codex Purpureus all’anello di San Nilo) che provengono dal tesoro della Cattedrale e dalle chiese di Santa Maria della Rocca, di Santa Maria del Soccorso, dal palazzo arcivescovile, dal Comune, da dimore private e altre chiese limitrofe ed è costituito da 10 sale espositive. Il Codex Purpureus è un evangelario illustrato di 188 fogli di pergamena purpurea su cui sono riportati i Vangeli di Matteo e Marco fino al verso 14 del capitolo XIV e una parte della lettera di Eusebio a Carpano. Si tratta di un Codice di eccezionale valore che, sebbene mutilo, offre un ricco insieme di miniature rilevanti per le soluzioni iconografiche e le qualità formali; un codice giunto anticamente in Calabria, forse nel VII secolo, portato con molta probabilità da monaci non sappiamo se proprio nella cattedrale di Rossano nella quale, tuttavia, è testimonianza altissima dell’arte dell’impero bizantino, della quale quella siriana fu un’originale e vitale componente.
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Museo dei Brettii ed degli Enotri- Cosenza
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Musei prestatori
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Cattedrale di Cosenza
Le origini della Cattedrale di Cosenza risalgono alla fine dell’ XI secolo sebbene la reale costruzione iniziò dopo il disastroso terremoto del 1184 . Di stile romanico, permeato con quello gotico-cistercense voluto da Luca Campano, già abate della Sambucina di Luzzi e fedele compagno di Gioacchino da Fiore, la cattedrale cosentina presenta una facciata tripartita realizzata nell’Ottocento. L’interno della cattedrale è sobrio e severo, a tre navate separate da colonne e archi a tutto sesto e presenta monofore romane che ne illuminano la navata centrale. Le absidi sono tre, tutte rifatte tra il 1886 e il 1889 e, nella centrale, preziosi sono l’ambone, o podio, con le quattro sculture degli evangelisti, la cattedra, la credenza secentesca in marmo, l’altare basilicale e gli affreschi del coro raffiguranti l’Assuntae gli Apostoli, opera di Domenico Morelli e Paolo Veltri. La cattedrale cosentina ospitava un tempo circa 53 cappelle di ius patronato delle più nobili famiglie locali mentre oggi restano visibili la Cappella della Madonna del Pilerio, la Cappella dei Santi Filippo e Giacomo appartenente alla Congrega dei Nobili cosentini, la Cappella dell’Assunta fondata nel 1609 dalla Congrega dei Mercadanti e la Cappella del SS. Sacramento, un tempo dell’Arciconfraternita dell’Orazione e della Morte. Essa contiene opere di pregevole importanza quali scavi archeologici tuttora in fase di riscoperta, il monumento funerario di Isabella d’Aragona di tipica ascendenza francese ascrivibile al Duecento, il noto sarcofago di Meleagro che contiene le ossa del figlio di Federico II, Enrico lo Sciancato e che presenta un bassorilevo notevole con la storia di Meleagro; brani di pittura murale di epoca medievale, resti di un pavimento mosaicato e così via. La cattedrale si trova al centro del Corso Telesio, arteria pulsante del centro storico e un tempo via degli Orefici e dei Mercanti la cui toponomastica è interessante e ricca di riferimenti all’antica società ed alle sue caratteristiche.
Museo di arte sacra- Zumpano
Il museo di arte sacra fu fondato nel 2008 con il fine di raccogliere e valorizzare i tesori custoditi nella chiesa di San Giorgio e il trittico del veneziano Bartolomeo Vivarini firmato e datato 1480. Proprio in occasione dell’apertura del museo il trittico è stato restaurato con un cantiere aperto e perciò fruibile dalla collettività. Un’altra opera di eccezionale pregio conservata nel museo è il pulpito ligneo (metà del XVII secolo), precedentemente ospitato nella chiesa di San Giorgio. Meravigliosa e certamente unica è, inoltre, la croce tortile caratterizzata da due bracci attorcigliati e finemente decorati, esemplare di notevole rilevanza storico-artistica e religiosa; il museo possiede ancora pissidi, carteglorie, paramenti sacri, reliquiari in argento, corone, calici, turiboli e così via per un patrimonio degno d’essere messo all’attenzione della collettività e degli studiosi.
Museo del costume e del territorio- Santa Sofia
Il museo del costume e del territorio di Santa Sofia d’Epiro è allestito all’interno dello storico palazzo Bugliari. Qui si possono ammirare vestiti per uso quotidiano, festa, mezza festa, nuziali e di lutto. Essi sono stati ricostruiti minuziosamente per una fedele valorizzazione del fenomeno della vestizione delle donne albanesi. La raccolta comprende anche pezzi originali di elevato pregio e una sezione fotografica. L’abito, nella cultura arbereshe, è una delle manifestazioni artistiche di maggior rilievo culturale. Ogni centro italo-albanese ha un proprio stile nel confezionare, interamente a mano, i propri vestiti tradizionali per cui essi testimoniano la dignità e il prestigio delle famiglie da cui la donna proveniva e, al contempo, il decoro di quella del marito che accoglieva la nuova sposa. Qui, infatti, l’abbigliamento tradizionale ha un valore ancora più importante che nelle altre comunità arbëreshë infatti è uno dei piccoli centri in cui si può incontrare in giro per il paese anziane signore con addosso le vesti tradizionali.
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Il Museo del costume di Frascineto è nato per rivalutare e diffondere l’identità albanese attraverso una ricca esposizione di costumi. Esso è diviso in due sezioni topologiche: gli albanesi nel Sud Italia e quelli in Albania, ed è caratterizzato dallo studio e dall’attenta analisi rivolta ad ogni minimo dettaglio relativo agli abiti ed ai costumi dell’etnia arbëreshë. L’arte del ricamo in oro, il numero degli elementi presenti sulle vesti (femminili e maschili, quotidiani e della festa ecc.) e la tipologia di questi elementi (dalle balze, ai veli, ai tulle, ai copricapo, alle cinture ecc.) erano, e lo sono tuttora, utili per individuare lo stato civile e il ceto sociale dei personaggi. Il museo del costume offre un ampio percorso suddiviso in base alle 7 immigrazioni che si susseguirono in Italia a partire dal 1440-1448 e che coinvolsero i territori di Cosenza, Catanzaro, Crotone oltre che la Sicilia, il Molise e l’Abruzzo. I pezzi sono stati realizzati dalle “Piccole Sorelle”, ordine di suore pauperistico, e si alternano a foto storiche dell’etnia (alcune delle quali al Museo dell’Uomo di Parigi) e da pezzi di vesti originali dell’etnia albanese.
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Museo delle bambole e del costume arbëreshë - Frascineto
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Museo archeologico- Tortora
Il museo di Tortora è ospitato nell’antico palazzo gentilizio Casapesenna la cui storia si intreccia con quella del paese e dei suoi feudatari. Si tratta di un’importante realtà nel patrimonio archeologico calabrese e la sua attività di promozione e valorizzazione del passato cittadino ne è una evidente conferma. Il Museo espone attraverso una consistente collezione di reperti afferenti a più epoche storiche, l’intero sviluppo della vicenda umana del territorio dal Paleolitico Inferiore all’epoca altomedievale testimoniando la fase del popolamento indigeno, la presenza enotra, lucana, magnogreca, romana e, infine, bizantina. Le vetrine del Museo archeologico di Tortora conservano ed espongono numerosi reperti rinvenuti nell’area archeologica di Rosaneto, in prossimità della sponda sinistra del fiume Noce; nel deposito naturale della grotta di Torre Nave -cavità naturale nella quale si sono rilevate ossa di animali, un’abbondante industria litica e vari esemplari artigianali-; nella zona di san Brancato ecc. Un museo importantissimo nel patrimonio archeologico e musivo della provincia di Cosenza e della intera regione, frutto degli sforzi di tante campagne di scavo e di un processo di valorizzazione del territorio mirante al recupero dell’identità storica di Tortora.
Museo valdese e dell’arte contadina- San Vincenzo la Costa
Il museo valdese e dell’arte contadina è ospitato nei locali dello storico palazzo Miceli. Esso intende ripercorrere le fasi della vicenda valdese in Calabria. La sua missione è quella di promuovere la riappropriazione delle radici valdesi del territorio ispirandosi, promuovendone la rinascita e valorizzandole. Durante il percorso espositivo si possono ammirare l’antica cucina (in essa sono stati raccolti strumenti e utensili dell’antica civiltà contadina) e l’antica camera da letto, con una cassapanca del XVI secolo, una pregevole trabacca in legno, indumenti e scialli lavorati a mano che risalgono al Settecento. Il percorso continua con la sala dell’Erbario laddove sono state meticolosamente raccolte, studiate e catalogate, le erbe utilizzate dai valdesi sia a fini medici sia aromatici e, in una teca, documenti ufficiali sull’eccidio rinvenuti nell’Archivio Vaticano e nell’Archivio di Stato di Napoli nonché ossa ritrovate sul sito.
Angela Longo si occupa di ricami da più di trenta anni, con l’intento di recuperare tecniche e saperi in via d’estinzione. Per garantirne la trasmissibilità fonda nel 1992 una Scuola di Ricamo. Per le appassionate organizza corsi di ricamo classico, merletto e maglia. Alla scuola si unisce l’attività di progettazione e ricerca del prodotto attraverso la sapiente scelta dei tessuti, dei filati, dei disegni e del tipo di ricamo più consono alle esigenze del cliente. Grazie al laboratorio è possibile apprendere tutte le tecniche per la realizzazione di un manufatto dal disegno iniziale fino al lavaggio e alla stiratura. Vive e lavora a Castrovillari dove, grazie al suo impegno, quest’antichissima tradizione si sta nuovamente diffondendo. Agli inizi degli anni Novanta collabora con due riviste di settore a tiratura nazionale: Rakam e Ricamo Italiano, prima pubblicando i suoi lavori e poi, nel 2005 a Rimini e nel 2007 a Giaveno, partecipando in veste di insegnante di ricamo classico alla Settimana Incontro, evento annuale organizzato dalle due riviste volto ad unire le appassionate di ricamo provenienti dall’estero e da tutte le città italiane. Dal 2000 ad oggi ha ricevuto diversi attestati di partecipazione a workshop e progetti interpartenariali patrocinati dalla Provincia di Cosenza, Assessorato alle Attività Produttive, dal CO.SE.R. Calabria e dalla Regione Calabria. Nel 2004 ottiene il Diploma honoris causa di Maestra nell’Arte del Ricamo e del Merletto rilasciato dal C.I.T.R._Centro Italiano Tutela Ricamo. Nel 2005 è insignita dalla Regione Calabria, Comitato Regionale per la tutela e la valorizzazione dell’artigianato artistico e tradizionale (L.R. 15 Marzo 2002, n.15), del titolo di Maestra Artigiana per l‘attività di ricamatrice. Nello stesso anno la Camera di Commercio di Cosenza le rilascia l’attestato di licenza d’uso del MARCHIO KOS. Dal 30 Novembre al 2 Dicembre 2005 partecipa al “Seminario Mediterraneo e Incontro Interpartenariale” a Marsiglia, organizzato dalla Regione Calabria. Nel 2011, grazie al CO.SE.R. Calabria, partecipa al Programma di Sostegno alla Cooperazione Regionale, Progetto APQ Marocco, Linea 2.1, finalizzato alla collaborazione e allo scambio di tecniche e saperi artigianali marocchini con quelli della tradizione calabrese. Nel 2012 ottiene il Contrassegno di origine e qualità per l’Artigianato Artistico e Tradizionale.
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Angela Longo Via E. Manes, 2° - Castrovillari - 0981/489376
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Gli artigiani
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L’arte tessile florense - Scuola tappeti Caruso
Via A. Gramsci, 195 - San Giovanni in Fiore - 0984/992724 La scuola Tappeti Caruso raccoglie una tradizione che si tramanda da generazionie che consegna ai posteri il grande significato delle usanze tessili che da sempre hanno segnato l’artigianato sangiovannese. “Ozaturi a pizzulune”, le tipiche coperte “trappigne”, la “n’cullerata” proseguono un percorso iniziato nell’epoca medievale intorno allo splendido complesso abbaziale, dove incominciarono a raggrupparsi nuclei familiari che giungevano in Sila dai casali cosentini e dal marchesato crotonese. Le famiglie inizialmente vivevano intorno alla maestosa Abbazia Forense per assicurarsi la protezione degli Abati Commendatari. Protette sì, ma costrette a soffrire il clima gelido dei rigidi inverni dell’epoca. Da qui nacque la necessità di provvedere a realizzare su telaio, sia i tessuti per l’abbigliamento, sia quelli per l’arredamento delle proprie abitazioni. Il casale di S. Giovanni in Fiore divenne la vera capitale della Sila grazie ai tessuti realizzati nei paesi limitrofi, e che vengono barattati nelle fiere locali. Facendo un salto di parecchi secoli, fino a giungere alla metà del’900, grazie all’intraprendenza dell’Opera Valorizzazione Sila (attuale Arrsa) nasce la Scuola Tappeti, diretta da maestri armeni, che per lunghi anni impartiscono alle tessitrici locali le tecniche di annodatura dei tappeti. Con la conclusione della direzione dei maestri orientali, questa antica arte vive un periodo di grande crisi. Una crisi del settore che si conclude con l’arrivo del maestro Domenico Caruso, che forte di una tradizione di famiglia decide di investire lavoro e sacrifici in un progetto iniziato dal padre Salvatore, che nei primi ani ’70, prende spunto dai telai di famiglia e abbandona il commercio di carni, per trasformarsi in promotore dell’arte tessile della propria famiglia. Le forti ambizioni del maestro Domenico Caruso lo portano ad intraprendere studi presso le scuole e le accademie d’arte, forgiando così una nuova figura, che ricca della propria storia, trasforma e raccoglie nuove ispirazioni nel grande panorama tessile. La piccola bottega d’arte è punto di riferimento per le più grandi firme dell’arte contemporanea (Mimmo Rotella, Riccardo Licata, Andy Warhol), ed in oltre porta avanti uno dei più grandi progetti artistici mai affrontati sul territorio regionale: la riproduzione delle tavole del Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore, che si trasformano in splendidi arazzi di seta, completamente annodati a mano. Ogni tavola di questo ambizioso progetto richiede più di un anno di annodatura. Opere che grandi case d’asta come Crhistie’s di Londra e Semenzato di Venezia avrebbero voluto battere a suon di milioni del vecchio conio. Un’arte tessile, quella sangiovannese, riconosciuta in tutto il mondo.
Atelier Caterina Forciniti
“Trattarsi Bene è Vivere Due Volte” di Margherita Naccarati - Longobucco - 320/9715484 Caterina Forciniti inizia a muovere i primi passi nel mondo nella tessitura a Longobucco negli anni ’70. Le persone più importanti, a cui si devono i suoi inizi, sono la madre Margherita e la nonna Felicia. Furono proprio loro a farla appassionare all’arte della tessitura che le fu insegnata con dovizia, e alla quale Caterina si appassionò con dedizione. Oggi l’atelier CATERINA FORCINITI è il “gineceo” dove nascono abiti d’alta moda, abiti da sposa e corredo vario. Tutti i capi qui realizzati sono interamente tessuti attraverso il telaio. E’ proprio quest’ultimo che lega cotone, seta, lurex, lino per produrre capolavori unici nel suo genere . La qualità e la raffinatezza dei materiali denotano ciò che il laboratorio sceglie per i suoi capi. Perché, trattarsi bene è vivere due volte, è la garanzia che ciò che tocchi, ciò che indossi è frutto di mani abili e laboriose come solo il Made in Italy sa vantare.
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Fuscaldo centro - 0982/89447 3383460908 Marilena nasce a Fuscaldo nel 1954 in una famiglia di nove figli, tra fratelli e sorelle lei è la settima. La madre Vienna per tenerli impegnati (anche dopo la scuola) affida a ciascuno un compito, a lei e alle sue sorelle fa frequentare il laboratorio di arti femminili presso le Suore d’Ivrea a Fuscaldo. Da qui nasce in lei la passione per il ricamo; inizia così a impreziosire tovaglie, asciugamani, lenzuola, copriletto e centrini. Frequenta il laboratorio per molti anni, fino a quando non decide di sposarsi e dedicare tutta se stessa alla famiglia ed ai suoi quattro figli. Nel frattempo le suore chiudono il laboratorio per mancanza d’una “maestra di laboratorio”. La passione per l’arte tessile non ha mai abbandonato Marilena nonostante una vita familiare che la impegna tantissimo, e così decide con l’aiuto delle Suore di dare vita alla Scuola-Laboratorio dal nome “Ricami d’arte”. La scuola è attiva da tre anni ed è frequentata da signore e ragazze che dopo aver acquisito le diverse tecniche del ricamo realizzano i loro manufatti facendone già capolavori d’arte. Il suo è un percorso formativo di continua crescita perché continua la sua attività con l’acquisizione di nuove tecniche ed confrontandosi con altre scuole di ricamo presenti sul territorio. Partecipa ad eventi fieristici, ad esposizioni e mostre collettive e personali, anche fuori regione.
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Marilena Vairo
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Cav. Mario Celestino
Via Monaci 14 - Longobucco - 0984578772 - www.mariocelestino.it Negli anni ‘30 nasce a Longobucco, per volontà del Maestro Eugenio Celestino il “laboratorio d’arte tessile” per l’esecuzione, sul tradizionale telaio a mano, di tessuti preziosi: copriletti, arazzi, tappeti, centri, biancheria per la casa e per il corredo. Ad Eugenio Celestino va il merito di aver amato, curato e conservato l’attività della tessitura artistica non solo a livello di produzione, ma anche ed in modo egregio, di promozione. Storiche le sue partecipazioni ad esposizioni di grande prestigio, a mostre mercato , a mostre di immagine. Tanti gli apprezzamenti e le onorificenze ricevuti, tra i quali le commissioni per la casa reale ed alcune tra le più importanti case d’alta moda. Nel 1959 il figlio Mario prende in mano le redini dell’attività , confortato da un tenace entusiasmo, che eredita dal genitore e da una competenza acquisita in alcuni decenni di collaborazione con lo stesso. La tessitura di Longobucco, grazie all’impegno e alla dedizione di Eugenio e Mario Celestino è l’attività per la quale il paese è rinomato, l’esposizione ed il laboratorio sono, ogni giorno, meta di tanti turisti. Qui è possibile conoscere la storia della tessitura di Longobucco; attraverso le immagini del passato, possono essere ammirati autentici pezzi storici di straordinario interesse e dall’indiscutibile fascino. Ai visitatori è dato inoltre vedere le varie fasi della lavorazione e l’intera produzione tradizionale, cui si affianca una continua ricerca nell’uso dei filati tradizionali (ginestra, lino, canapa, cotone, seta e lana), finalizzata alla realizzazione di tessuti che riescano a soddisfare le attuali esigenze di arredamento (tovaglie, copriletti, asciugamani, tende, lenzuola) e di abbigliamento (sciarpe,scialli,gonne). Mario Celestino crea capi personalizzati ed esclusivi, preziosi per l’inconfondibile lavorazione, per l’accuratezza del disegno e delle rifiniture. Oggi l’azienda ha sede principale a Longobucco dove è possibile visitare un’area museale dedicata alle fibre tessili ginestra, lana e seta, il laboratorio ed il reparto esposizione e vendita.
Rosa Cervino
Via Carducci 1/D - Rossano Scalo - 0983/511522 3356495346 Il laboratorio Ricami d’arte di Rosa Cervino nasce da un sogno nel cassetto conservato a lungo e che ha visto la sua realizzazione a partire dal 2001. La passione verso le tradizioni e il profondo fascino che suscita in lei ogni cosa appartenuta al passato, scaturiscono il desiderio di rispolverare l’antico con lo sguardo rivolto al futuro. La principale caratteristica del laboratorio consiste nel realizzare capi per abbellire il letto delle spose, rendere eleganti le tovaglie da tavola, personalizzare le prime nascite, il tutto eseguendo ricami a mano o applicando pizzi pregiati. Altra caratteristica consiste nel preparare tovaglie per gli altari delle Chiese. Pazienza, tempo e creatività abbinati ad ago e filo sono tutto ciò che occorre per rendere un capo unico e inimitabile.
Giovanna Cerminara
Sarta costumista Viale della Repubblica San Giovanni in Fiore 0984/992101
Eugenio Celestino
Via Roma 60 Camigliatello - 0984/578139
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Calopezzati scalo - 0983 44246 La fabbrica tessile Bossio nasce oltre mezzo secolo fa. Nel corso degli anni si è adattata alle varie esigenze del mercato e dei titolari subendo numerose trasformazioni. Dalla prima versione di azienda artigiana si è trasformata negli anni Settanta in società (S.n.c.), e successivamente negli anni Ottanta, a seguito di una scissione dei due soci, l’azienda ha assunto al connotazione di ditta individuale, forma che mantiene tutt’oggi con a capo il Dott. Vincenzo Bossio. Le trasformazioni degli anni hanno riguardato non solo la forma sociale ma anche le tecniche produttive. Oggi l’azienda si caratterizza per la qualità dei propri tessuti jacquard che richiamano nei disegni e nel materiale usato per produrli la tradizione mediterranea tipica della tessitura calabrese. La produzione si caratterizza in due grossi settori: semilavorato e prodotto finito. Nel semilavorato, grazie alla versatilità e alla velocità dei telai presenti in azienda, la produzione ha raggiunto ragguardevoli risultati in quantità di tessuto prodotto. In un turno lavorativo di 8 ore si producono mediamente 100 metri di tessuto. Questo ci ha permesso di entrare nel mercato dei grossisti avendo la possibilità di soddisfare anche ordini ingenti in pochissimo tempo con un controllo qualitativo che permette ai nostri prodotti un elevato standard e a prezzi accessibili (il raffronto è con aziende Made in Italy). Accanto al reparto tessitura, l’azienda Bossio ha in essere un moderno e ben attrezzato reparto di rifinitura dal quale escono giornalmente articoli finiti di home design di qualità e altamente originali (per un campionario dei prodotti si rimanda al sito web www.fabbricatessilebossio.it) Fra le caratteristiche distintive dell’azienda ci sono la ricerca di materiali biologici di alta qualità e la cura nel riportare alla luce disegni antichi tipici del sud Italia, rappresentativi di una terra di confine che nella storia ha saputo trarre dalle varie dominazioni (greche, bizantine e arabe) il meglio che queste culture esprimevano. Caratteristiche che si ritrovano nei disegni e nei colori dei tessuti della tessitura Bossio. Il tessuto come una tela su cui la storia traccia i segni del tempo. Nei nostri tessuti le trame dei fili diventano le trame della storia.
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Fabbrica tessile Bossio
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Vincenza Salvino
Creatrice di moda e accessori. Disegnatrice di stampe per tessuti Piane Crati - 320/0580580 Vincenza Salvino, dopo gli studi liceali in ambito artistico, ha proseguito nella stessa direzione frequentando l’Istituto superiore di alta moda Cataldo di Roma dove ha ottenuto la qualifica di stilista e modellista con una tesi sul “barocco e roccocò nella storia della moda”. I lavori da lei realizzati partono tutti dalla stessa matrice, ricordi d’infanzia legati alle tradizioni contadine. In essi si mescolano elementi antichi e moderni, prodotti naturali come pannocchie, brattee e gusci di noci. Tutti i componenti degli abiti sono rivisitati e uniti in modo armonioso, dando vita ad abiti da assaporare. Proprio con l’abito noci, realizzato con tessuti antichi (seta e cotone) e gusci di noci biologiche, non trattati e lucidati con olio di oliva e aceto, Vincenza si è classificata al primo posto al concorso “Giovani designer calabresi alla ribalta” (Co.ser. Calabria). Nel 2010 ha ricevuto inoltre una menzione speciale nel concorso “Modamovie” per l’utilizzo di materiali innovativi.
A.B. Ricami e Merceria
di Sarubbo Antonella e Sarubbo Giulia, Via Romualdo Montagna, Cosenza 366/1601495 Si occupa della diffusione delle arti manuali ricamo e merletto – associata dell’organizzazione nazionale Unione Italiana Artisti Artigiani con sede a Perugina della quale è delegata provinciale – nell’anno 2010 partecipa a vari concorsi come: Un ricamo ed un merletto per un santino alla 1° edizione di Exporicamo - Bastia Umbra nella quale si aggiudica il 2° posto II° Mostra - Concorso della creatività “Cora di Brazzà avente per titolo “Le Rose di Brazzà” ed alla Mostra Concorso “Simboli e Fiori d’amore” dal 19 al 21 febbraio 2010 nell’ambito della fiera delle arti manuali Bergamo Creattiva le titolari hanno partecipato alla selezione di Esperto Formatore di Arti Tessili. Il 10/11 settembre 2012 durante il convegno tenutosi alla Camera dei Deputati, Palazzo Marini, Via Poli, Roma, Artigianato Artistico, Terapia e Tutela: per un riconoscimento istituzionale hanno conseguito il Diploma Esperto Formatore di Arti Tessili. Nella sede operativa di via romualdo montagna 14 - cosenza si realizzano corredi su misura e altro
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Il Museo mira alla riappropriazione del “sapere” tecnico, dei gesti antichi, dei rituali e delle esperienze di bottega che hanno per secoli costituito il fondamento socio-economico del nostro territorio tramite l’esperienza dei laboratori. Essi, strutturati in incontri con l’autore, prove tecniche e trasmissione delle esperienze e abilità del maestro ai partecipanti, sono finalizzati ad una capillare conoscenza degli antichi mestieri e della loro attuale esistenza, ma anche ad offrire nuove possibilità di conoscenza, apprendimento e creatività.
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Laboratori artigiani
(Fig 46) Orietta Caferro, dell’azienda la Trama e l’ordito, durante il laboratorio di restauro del tappeto
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(Fig. 47) Orietta Caferro, dell’azienda la Trama e l’ordito, durante il laboratorio di restauro del tappeto
(Fig. 48) Vincenza Salvino, stilista e creatrice di moda, durante il laboratorio di moda
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina 75 (Fig. 49) Vincenza Salvino, stilista e creatrice di moda, durante il laboratorio di moda
(Fig. 50) Vincenza Salvino, stilista e creatrice di moda, durante il laboratorio di moda
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Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Processo di lavorazione della ginestra Dalla pianta al filato alla tessitura
Raccolta: dopo la caduta dei fiori si raccoglievano le vermene più tenere e lunghe.
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Bollitura: veniva fatta nelle “Quadare” grossi pentoloni di rame. Le vermene legate in mazzetti venivano cotti per almeno tre ore. Allo scopo di ammorbidire gli steli, nell’acqua di cottura veniva aggiunta cenere di legna e calce.
Capolavori dell’Arte Tessile Cosentina
Installazione sulla ginestra
Macero: gli steli, legati in fasci, si lasciavano in ammollo per circa 15 giorni. Questa operazione, oltre ad ammorbidire ulteriormente la fibra, serviva a lavare il verde della clorofilla rendendo la fibra più chiara.
(Fig 51 e Fig 52) installazione sulle fasi di estrazione e lavorazione della ginestra. A cura di Pino Iannelli, Lastcam
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Scorticatura: si preparava un letto si sabbia di fiume, dove sopra veniva poggiata la fibra macerata. Si procedeva strofinando energicamente con i piedi. Questa operazione serviva a separare sia la pellicola esterna che la fibra dall’anima interna. Battitura: avveniva utilizzando delle mazze di legno. La fibra sistemata a mazzetti e, messa su grossi massi, veniva battuta ripetutamente. Questa operazione serviva a raffinare la fibra e separarla dalle parti legnose. Stigliatura: la filaccia grezza si separava fra le dita liberandola dalle impurità. Scotolatura e Cardatura: la fibra lavata e asciugata veniva cardata con appositi pettini di ferro, durante questa operazione la fibra perdeva così la maggior parte delle impurità. Filatura: Consisteva nel trasformare la fibra in filato con alcune operazioni manuali; gli strumenti utilizzati erano la conocchia che serviva a contenere la fibra, ed il fuso che con movimento rotatorio attorcigliava le fibre su se stesse.
(Fig 53) installazione sulle fasi di estrazione e lavorazione della ginestra. A cura di Pino Iannelli, Lastcam
27 settembre 2012 > 30 ottobre 2012 Museo delle Arti e dei Mestieri Corso Telesio,17 - Centro Storico di Cosenza
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Summary
Introduction Gerardo Mario Oliverio
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Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces arts and craft museum of the Province of Cosenza Fabio De Chirico
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Cosenza’s territory textile art masterpieces Introduction Anna Cipparrone
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Spinning and weaving activities tools between functionality and symbolism - The finds of Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza Maria Cerzoso
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Weaving in ancient times: a family’s work Gregorio Aversa
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Rossano-Cariati Archidiocese Sacred Art Diocesan Museum Don Giuseppe Straface
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Museo d’arte sacra di Zumpano
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Wefts on exhibition Simonetta Portalupi
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The coverlet, from trousseau’s queen to a cataloguing cultural heritage Melissa Acquesta
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pag. 119
Silk’s noble art
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Fashion
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Traditional customs and arbëreshë dresses
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Loom’s place
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Cloths for domestic use. Yesterday and today
Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces
The Exhibition
Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces 84
Introduction
In a socio-historic circumstance governed by the continuous use of technologies, the Mission of the Arts and Craft Museum of the Province of Cosenza is bring the attention on the handicraft islands survived in our territory to repay them of the silences suffered and to permit citizens to join the material and immaterial heritage made up by our ancient traditions. For the mentioned reasons, object of the temporary exhibitions are both handmade products and work of art which are product of our past, and those that, still nowadays are realized by masters in their shops The museum aims at rediscovering our roots and for this reason follows, with temporary exhibitions, the historical events which every single handicraft category went through, promoting, meanwhile, the present technology used in handicraft production through the experience of the laboratories We acknowledge to craftsman that “artistic creativity” considering which the idea or the project is made concrete in a “unique” final product. The Arts and Craft Museum must be seen,then, as an experiential museum were the visitor doesn’t only watch but does. The Exhibition Cosenza’s territory textile art masterpieces, researches and rediscovers, starting from the roots, the important and precious textile production of the province of Cosenza, documented to be existent since the protohistoric age. The most important handicraft firms of our territory are exhibiting, embroiders, weavers that maintain alive the feminine universe’s traditions thanks to their work, are exhibiting, also, the Museums belonging to the Museum Network of the Province of Cosenza, counting precious silks of the last century. What comes up its Cosenza’s territory textile style even if handmade product has very strong, the artistic difference and historical roots. This mainly depends on the persistency of an ancient tradition in all our provinces and also on the strong identity felt by every territory. Through province of Cosenza cloths’
Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces
On. Gerardo Mario Oliverio President of Province
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changing elements, can be recognized that continuity line linking territory’s different areas’ rural art to the nobler one, the folk art to the historical showing Province of Cosenza textile heritage’s richness.
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Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces - Arts and craft museum of the Province of Cosenza
Weaving products belonging to Cosenza’s territory millenary tradition, precious testimonies of a tradition, made rich in Calabria by wide ray’s commercial and sea exchanges are exhibited near the Arts and Craft Museum, through an exhibiting succession, not really chronological were are pointed out some widening topics and subjects, gifting to visitors a representative framework of an articulated and complex whole were converges different dynamics: history, art, fashion, sacred and liturgical elements. It is clear that an exhibition like this one represents and opportunity that cannot be given up to make the point on an artistic production and economy’s leading sector that has always has primary importance for the whole regional territory. Infact the historical analysis and the comparative value that the exhibition helped in underlining are a spur’s occasion both for development that for local production protection, permitting a more aware promotion and exploitation. Real protagonist is an artistic/handmade culture strongly rooted on territory, not swept away by modern industrial development, almost until the last generation, just think, to have the confirmation, of woman trousseau’s domestic realization. Also different kind of working peculiarity is useful to read, for sections and topics, where samples description, tipologies, styles and shapes can be a productive impulse in a critical moment not only for financial problems but also for values crisis. Knowledge’s heritage together with modern productive experiences, historical identity tied to industries potential, may put in action new training processes and proper updating on taste’s evolution, of which could be beared in mind by the whole local productive sector. It’s a detailed cataloguing of handmade products- moreover to be hoped for, but almost impossible for the moment seen the loss of proper investigation and an important referential document’s collection- but, giving some coordinated methods of a concrete explanation of the state of the art for an heterogeneous and important sector. We went over the traditional borders and the old division in sectors, in favor
Fabio De Chirico Superintendant for Calabrias Arts and ethno anthropological heritage
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of a wide economic and cultural contextualization, offering a sampling going from ancient materials and samples to more recent ones related to everyday life customs, from real history of the art masterpieces to sample typical of a domestic and folk production, able of linking , without continuity solution, through centuries, formal patterns and schemes handed down from generation to generation Without leaving aside paraments and liturgical vestments related to the sacred dimension, permitting of highlighting a story made up by rich purchasers, showing an intricate story through which reading style and taste’s evolution. Weaving production represents clearly human nature’s evolution spirits; the absence of handmade products discloses the ethno anthropological meaning and goes in a cultural multidisciplinary and intersectorial scheme, at the crossroads between historical documental values as well as artistic and handicraft, characterizing dynamics going from the wider aesthetic expression to different use, representing, this way a inalienable Calabria’s history and culture testimony. An exhibition like the one we are visiting today has the total support of the Superintendence for Calabria’s Arts and ethno anthropological heritage, because represents an opportunity that cannot be left aside to think about knowledge, protection and exploitation of an heritage still not well known that mixes immaterial values to historical and artistic literary sources. The Province of Cosenza in promoting this happening, shows once again its commitment in cultural heritage exploitation processes, having assents and institutional support in the sign of a strategic creation of skills and resources network creation. A precious step can be added to weaving heritage study and exploitation, weaving, our territory’s peculiar aspect.
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Cosenza’s territory textile art masterpieces Introduction
History, religion and legend hand down episodes related to weaving: we find it in the Old and the New Testament, in Homer’s Odyssey, and in all places and times of human being existence. Indian philosophy compares the warp with the world and the weft with the passing of time. Spinning and weaving were Olympus gods task, life was hanged by a thread in Parcae’s hands, Persephone created universe’s image on her loom, Apollo was called the cities potter and Athena transformed her mortal enemy Arachne in a spider because she dared surpass her in weaving. Weaving comes up as art tied to everyday needs and becomes luxury good. Mentioned by Pliny it is present in Babylon history, in Egypt, Arabia, Asia and in Byzantium where were produced cloths with gold, silver, wool and linen embroidery. Greeks and Romans inherited this art enriching it with the love for oriental cloths; in Middle Age artistic and common use cloths weaving, spread in Southern Italy: cotton, linen, broom fibre were the protagonists.. Weaving art has a specific identity in every place. in Venice it is known since Crusades (damasks, brocades, velvets) in Valtellina (the famous “pezzotti”), in Sardinia, near Burano, near Palestrina in Ciociaria, in Sicily (Piana degli Albanesi is well known for weaving art with gold) and in Abruzzo were are often used the decoration with the shapes of Lion, Love’s Fountain, Unicorn and Mermaid. (Pescocostanzo, Castel di Sangro ecc.). Weaving is one of the most important sector in Calabria’s handicraft production. It gains high artistic levels thanks to a very meticulous and patient work. Cosenza’s territory textile art masterpieces is an occasion to reflect and rediscover, from the roots, the important and precious textile activity of the province of Cosenza; an exhibition with a large scale relapse on the territory being the first time that, in a single exhibition context, are collected all the handmade products and the work of art coming from the whole provincial territory. An exhibition where the borders between art and handicraft are so faint to melt and mix up each other in exalting a unique heritage that is, at the same time, material and immaterial, made up by history, technique, fibers, colors and rituals, that, thanks to the exhibition is celebrated in all its geographical extension
(Caption 1): Pyramidal shape loom’s weight, Iron Age. Property of Cosenza Brettii and Enotri Museum
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and historical stratification. Given widening, up to now, by historiography concerned a specific field of local textile production but no one has ever collected the material related to the different working techniques and, above all, the one concerning the “destination” of textile handmade products realized in Cosenza’s territory. The exhibition wants, therefore, put together the connections (the weft, just to use textile terminology) between the cloths for domestic use, the paraments used by clerical world and the noble cloths belonging to noble families, the so called “fashion” clothes, the traditional clothes and the typical traditional clothes of the other ethnic groups, as well as, the handmade products which linking element is having been produced using the traditional loom; of all of them can be admired the diversity even in the continuity. Cosenza’s territory textile art masterpieces starts as census and wants to become province of Cosenza’s textile heritage cataloguing and inventory because the numbers of a population and the knowledge of its history can’t set aside the systematic study of every single work. Every single piece, infact is the symbol of a specific cultural circumstance, tangible sign of a social tissue, time by time, limited in time and space, as well as, expression of a more or less stressed familiar originality. Weaving art origin in province of Cosenza’s territory has been discussed for long time: the finding of loop’s “counterbalances” in funeral cloths ties the origins during Magna Graecia, anyway, as it is possible to see in this exhibition the first finding of textile production in province of Cosenza belongs to the Iron
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Age1. Studious agree in saying that apart from the period in which silk’s art has been introduced in Southern Italy and especially in Calabria, it has found fertile ground during the IX-XI centuries becoming local economy’s main industry element2. The viceroy, Lemos’s Earl affirmed in one of his report (XVI) that without silk “Calabria’s people don’t have any other important industry or way of life”3. The exhibition celebrates Cosenza’s territory cloth history, considering it as people, color and images’ history and tells Church, noble families, peasant families events, or wefts. It follows a two line division in textile working: The exhibition follows a two line division considering textile production: cloths production for everyday use with wool, cotton, linen, hemp and broom fibre
1 Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, funds belonging to the Iron Age; Artigianato in Calabria, Roma 1971; R. Corso, L’arte tessile in Calabria, in “Folklore” n. 16, 1958; G. Grazzini, I tesori dell’artigianato: il tessuto, in “Epoca” n. 537, 1961 p. 35. 2 G. Bruni, Setaioli catanzaresi e commercianti cosentini nella Calabria del ‘600, in “L’inserto di Calabria”, n. 4, 1993 p. 40; A. Efficace, Le sete di Calabria, in “L’inserto di Calabria”, n. 24, 1994, p. 26; G. Manfrida, Le origini della seta, in “Il quotidiano della Calabria”, n. 278, 1999, ottobre p. III; R. Ussia, L’industria serica in Calabria, in “Calabria Sconosciuta”, n. 81, 1999, pp. 57-59; Le vie della seta tra ‘700 e ‘900: sviluppo economico, moda, competizione internazionale: Atti del Convegno, Como 1988; C. Zanier, La seta in Italia dal Medioevo al ‘600, Venezia 2000; L. Guarascio, Le vie della seta, Galatina 2006; L. Di Vasto, La seta in Calabria, Soveria Mannelli 2007; L. Guarasci, La Calabria e la seta: storie di donne, Rogliano 2007. 3 Storia dell’arte nell’Italia meridionale, a cura di Francesco Abbati, Napoli 2010, vo. III, p. 260.
(Caption 2): Oscilla, textile tools in pottery, Iron Age. Property of Cosenza Brettii and Enotri Museum
(Caption 3): Embroidered doilies, by Marilena Vairo from Fuscaldo
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and the nobler silk art, researching and thinking, in a constant dialogue between past and present, on the main use spheres of the different kind of handmade product, fibres and iconography. An interesting data is the repetition of some patterns in different times and context; patterns constituting our local history’s fil rouge and that, from time to time, have absorbed socio-cultural contexts from which have been created. They must be seen as the results of local beliefs, religious faith, politic also, uses and everyday life, and the patterns are handed down from generation to generation have registered little changes having an innovative value even if affecting only some particulars leaving untouched the original idea. Textile art nobility, infact, stays in the continuous dialogue between past and present, through the recurring use of subjects, images, elements, time by time adapted to modernity. It is for this reason that reading every “weft” and every cloth exhibited is a useful document telling local history both if has been realized by well known artists or by the silent and patient hand work done at home. The first section of the exhibition presents handmade products realized by craftsman casting through the future the intimate and domestic traditions of the trousseau, dowry and the production of cloths for familiar use, that today are getting lost, bedspreads, tea towels, pillows, sheets doilies precious embroidery are part of this introductive section of an exhibition that wants to stress every destination and peculiarity. The section on silk, is a reflection on past and concerns silk’s main use sphere,
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(Caption 4): Doilies in tulle handmade embroidered, by Rosa Cervino from Rossano
(Caption 5): Humeral veil (beginnings of the XIX century). Ivory silk’s Gros de Tours with gold weft and embroidery in gold yarn. Property of Cosenza’s Cathedral
4 L. Conti, O. Marquet, Spirito regale nei costumi delle donne arberëshë, Castrovillari 1988. 5 E. Bruni Zadra, La donna calabrese dell’800: le maestre della seta, in “Gazzetta del Sud” a. 25,
(Caption 6): Bridal veil with edge embroidered in gold. Property of Frascineto arberëshë’s dress Museum.
(Caption 7): Bridal veil totally embroidered in gold. Property of Santa Sofia d’Epiro Territory’s Museum
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the ecclesiastic world and the local noble class. Protagonists of this section are Cosenza’s Cathedral copes, Zumpano sacred art museum and Rossano diocesan museum, humeral veils, tabernacles Konopèion and chasubles that, even if not directly produced in our territory have reached, with time, a strong territorial value, linking in indissoluble way, to symbols and protagonists of Cosenza’s ecclesiastical history. Part of this section are, also, old bedspreads for domestic use but realized in a nobiliary context, testifying the fact that silk, even guaranteeing local economy basis, was noble families property. The third section is a close and dynamic look to nowadays production and fashion. Are exhibiting here craftsman linking the use of old cloth and old tools (for example the loom) with nowadays fashion style. Completes this section a dress realized by the students of the Istituto per l’Istruzione Superiore – IPSSS “Leonardo da Vinci” – Itas “Nitti” that created also a faithful reproduction of a 1600 dress which opens the section of traditional dresses. This last one is a window on Arbëreshë and waldensian ethnic minorities present in our territory that, perfectly integrated, distinguish themselves thanks to the plus that their traditions, languages, and dresses constitute 4 The exhibition ends with the “Loom’s place” a section that whants to give a close watch to the most intimate and respected, almost sacred, sphere of feminine’s life and work 5
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In it are exhibited archaeological funds belonging to the Iron Age and Hellenistic Age found on our territory (Torre del Mordillo, Luzzi, Montalto Uffugo, Blanda Julia e Laos) testifying the presence, since ancient times, of loom’s working in Province of Cosenza’s territory. The section on loom wants to celebrate this so old, meticulous, painstaking tool which works are of an exciting variety and preciosity. Bed covers “a pizzuluni”, “pezzare” realized with weaving waste, doilies and cloths representing Sila’s main iconographies such the one of Longobucco and San Giovanni in Fiore but also of the Ionian village of Calopezzati, coverlets belonging to ‘700 and ‘800 as well as a XV Century’s coverlet realized with woodcut technique representing a moment belonging to Spanish iconographic heritage and adapted to Sila’s context of which are present the flowers and other geometrical shapes. It’s here where is mainly stressed the history of the patterns handed down in Cosenza’s territory weaving; lots ate the handmade product representing the famous “Punto del Giudice” that was created for the first time in the late ‘700, and that is exhibited here, reaches its definitive elements in a nowadays doily. In this section there are also big and small carpets and tapestries, heirs of a millenary tradition having its roots in 1737 when Charles III of Spain ended the vicissitude of the Manifattura degli Arazzi opened by Medici’s family in Florn.159, 1976; L. Liotta, I luoghi del femminile: la casa, la stanza, il telaio, in “Calabria Sconosciuta” n. 39, 1987 p. 21; “Jacquard”, rivista sull’arte tessile; F. De Simone, La tessitura d’arte, tradizione e innovazione, Paola 2006.
(Caption 8): Matrimonial coverlet in broom fiber representing the “Punto del Giudice” (end of XIX Century) worked with the “Pizzulune” technique. Property of the De Luca Family from Longobucco
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Anna Cipparrone Art historian Manager of the Art and Craft Museum
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ence in 1547, hired in Naples some of the tapestries’ masters to let them work in the Reale Fabbrica degli Arazzi specialized in realizing high or low heald handmade products 6 The presence of big and little shape tapestries joins in the exhibition Cosenza’s territory textile art masterpieces the tactile value with the ideological and philosophical one. Three are the tapestries representing Joachim of Flower tavole and so his attitudes. Besides all the carpets are realized with the hand knotting technique constituting a material and immaterial heritage to safeguard and exploit.
6 M. Gabetti, T. Sabahi, Arazzi e Tappeti, in Grande Enciclopedia dell’Antiquariato, Milano 1980; A. Achdjian, Un art fondamental, le tapis, Parigi 1949; C. Minieri Riccio, La Real fabbrica degli Arazzi nella città di Napoli, Napoli 1879; E. Spina Barelli, L’arazzo in Europa, Novara 1983; Civiltà del ‘700 a Napoli, 1734-1799, Napoli Museo di Capodimonte, 1979-1980.
(Caption 9): Tapestry in cotton and silk representing the “Punto del Giudice”. Azienda Cav. Mario Celestino from Longobucco
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(Caption 10): Showroom “Loom’s place”. Tapestries representing local religious and cultural heritage. Scuola Tappeti Caruso from San Giovanni in Fiore
(Caption 11): Group of whorls with meander decoration. Iron age. Property of Cosenza Brettii and Enotri Museum
Most ancient archaeological finds kept in Cosenza’s Museo civico dei Brettii e degli Enotri related to spinning and weaving art belongs to Iron Age, and this testifies how old are these activities, of which not always remain the products (very rare are cloths finds discovered in archaeological excavations, because of materials perishability) but are the tools with which they were practiced. Main part of those tools exhibited here belongs to Torre del Mordillo’s protohistoric necropolis in Spezzano Albanese territory were in 1888 were brought back to life 230 tombs which finds are the main nucleus of the Museum’s Collection. Whorls and loom’s weight here discovered are realized with a mixture of clay, sand and rocks, and placed in feminine’ tombs: the first were used to make the spindle turn and produce yarns, rare the second, showing woman ability in weaving art1 activities faced by women belonging to every social class, at the point that mentioned typical used was also putted in their tombs. Lots of the whorls presents also engraved decorations creating geometrical patterns, up to a technique used also for pug pottery’s decoration often in relief or in negative. Between these decorations one, particularity interesting, is the one at engraved meander, that we found both on a Torre del Mordillo whorl that on a conic looms weight of Cerchiara di Calabria always founded in a funerary context. The meander was a recurring pattern also on similar tools coming from other context of the Sibaritide such as Francavilla Marittima2, and Calabria in general 3. 1 Loom’s weights were used to maintain tightened vertical looms warp threads. 2 M. W. Stoop, Santuario di Athena sul Timpone della Motta, in ASMG n.s. 11-12, 1970-1971, pp. 65-66 e tav. XXVI; P. Zancani montuoro, I Labirinti di Francavilla ed il culto di Athena, in RAAN 1975, pp. 125-140; M. KLEIBRINK, Parco Archeologico “Lagaria” a Francavilla Marittima presso Sibari. Guida, Rossano 2010, pp. 74-80. 3 Objects with meander decoration were discovered also in Canale Janchina necropolis near Locri (cfr. P. ORSI, Necropoli preelleniche calabresi di Torre Galli e di Canale JanchinaPatarini, in MonAnt XXXI, 1926, coll. 340-341, tav. XVII e J. de La Genière, L’âge du Fer en Italie Méridionale, Napoli 1968, pp. 67-68)
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The finds of Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza
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Spinning and weaving activities tools between functionality and symbolism
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To this decoration “meander” or “labyrinth” on loom’s weight was given by some experts a votive character, tied to weaving in function of a cult of an hypothetical “loom’s goddess”4 The hypothesis of the sacred value given to “labyrinth” seems to be better pointed out by a Federica Cordano’s5, study up to whom, labyrinths represents in Mycenaean age Cnossos Palace, the Labyrinth for excellence, an also Potnia’s cult place, a feminine domestic goddess which aim was producing wool and cloths, identified with Athena6. But it is not possible to not think about Cnossos Palace, privileged place for the identification of the labyrinth, as seat of Minotaur, which myth tell that Theseus was able of exit, after having killed the monster, only thanks to Ariadne’s help who gave him a clew to unroll while walking in the labyrinth in order to find the exit. Here we can read another interesting suggestion in the relation between labyrinth/thread and labyrinth/loom’s weight. In Minotaur’s legend the thread wasn’t a simple tool to find the way back but a behavior tool: suggests method, attention, continuity, that is a way of life, but recalls also the working technique in a repetitive activity like weaving is. Loom’s weight “sway” between its functional value and its symbolic one maybe explains the reason why this kind of material is present not only in the houses- meaning that weaving was really developed as activity- but also in a sacred and funerary context, in which, probably, its symbolism is even more 4 It’s the case up to Kleibrink (M. Kleibrink Maaskant, Dalla lana all’acqua, Rossano 2003, and in particular pp. 64-76; M. Kleibrink, Paola Zancani Montuoro e la dea Athena, in VIII Giornata Archeologica Francavillesse, 2010,pp. 13-21) of loom’s weight discovered on Timpone della Motta, in which the archaeologist stresses in “weavers house” the cult of the “loom goddess”. 5 F. Cordano, Il labirinto come simbolo grafico della città, in MEFRA T. 92, N° 1, 1980, pp. 7-15. The hypothesis is based on the interpretation of some tables written in Linear B making of Cnossos palace Potnia’s cult seat identified with Athena. Also in Pilo, from which arrives the labyrinth image, in a table belonging to XIII century b.C., Pakij-ανες, sanctuary were was celebrated Potnia’s cult, was under Palace’s regulation. Besides, Cordano points out that the same Pilo’s table (Cn 1287) presents on the opposite side the registrations of some goats belonging to some people, some of those people are also identified with their jobs: there are carders and maybe weavers, tied with wool production. Mentioned aspects help in thinking to the Potnia as a domestic goddess which aim was wool and cloths production. 6 The recovery of looms weight with the “labirinth” in Athena’s sancuary near Timpone della Motta in Francavilla Marittima up to Cordano first of all gives value to the hipothesis of the identification of Athena with “the Lady of the Labyrinth”, but is a basic element to comprehend labyrinth drawing present on the weights. In Francavilla loom’s weights similar to the ones described until here for decorations and pug have been discovered also in Macchiabate’s necropolis. (cfr. P. Zancani Montuoro, I Labirinti di Francavilla ed il culto di Athena, in RAAN 1975, p. 128 e M.A. Guggisberg – C. Colombi – N. Spichtig, Francavilla Marittima, Scavi dell’Università di Basilea nella necropoli di Macchiabate 2009-2010, in IX Giornata Archeologica Francavillesse, 2011, pp. 91-100, fig. 7).
7 Spiral elements are recurring in Torre Mordillo Iron Age funearary tools but, in general in all Enotri’s necropolis. Let’s think to all the four spirals fibula, that together with lots of other objects in which spiral shape is used (hair slides, rings etc), constitute the characterizing element of Enotri’s women parure. 8 P. Orsi, Gela, in Monumenti dell’Accademia dei Lincei,, 1906, p. 678; P. Orlandini, Scopo e significato dei cosiddetti “pesi da telaio”, in Rendiconti Accademia dei Lincei VIII, 1953, pp. 441-444.
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stressed by the use of decorative elements like the meander/labyrinth that became representation of a redemption walk through immortality, to which is linked also its other version the spiral7, seen as symbol of soul long walk, lifedeath-life dynamism. To be true some experts, independently by the presence of decorative elements on small pyramids defined here as “loom’s weights” excluded a practical use, being sure that they had a ritual and symbolic value, with the same meaning of lenticular fictile disks, the oscilla belonging to IV/III century b.C. used to be hanged to trees during particular religious moments or as offer to gods 8 Hellenistic Age loom’s weights (second half of the IV/III century b.C.) kept in Cosenza’s Museo dei Brettii e degli Enotri discovered in Montalto Uffugo and Luzzi- small rural village were Bretti used to stay and often with necropolis nearby- are related to oscilla, object that can be seen also in living contexts like the one retraced neat Cosenza’s Cathedral, area occupied by Brettii in the second half of the IV until the end of the III century b. C. The votive hypothesis only, wouldn’t give any explanation on the large number of finds, loom’s weight in laic contexts apart from all the representations of looms on vases together with weights, as to say tied to warp’s edge. Maria Cerzoso Manager of the Museo dei Brettii e degli Enotri
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Weaving in ancient times: a family’s work
One of the main human activities practiced in Italian peninsula old cities of which archaeology is able of giving real evidences is weaving. It appeared first in the East and, above all, Egypt, were we have direct documents (cloths and clothes) well preserved in funerary sets, thanks to climatic conditions favorable to finds preservation elsewhere perishable. But its for the Greek world that we are better documented also with literary sources. Between Greeks, weaving represented a gynaeceum’s prerogative, the part of the house reserved for women, been the woman relegated by society to commitments only related to house. Anyway, also other ancient civilizations, in general destined this commitment to women that, participating in little part of for nothing at all, to other social activities out of the house, together with their maidservants, gave all the attention in realizing clothes and cloths using the loom. Assign this job to feminine world must not be hastily seen as a misogynous culture’s choice. It must be took into account, infact, that all the ancient civilizations were organized in a sacral and hierarchical way, ordering the world up to functional and religious logics, dividing every member activity in order to guarantee communitarian life’s correct development: the man had institutional commitments to be developed in society (politic, military life, commerce) the women developed domestic activities (apart from weaving, water picking, kitchen, children growth) as well as also foreigners (not citizens) were busy in realizing handicrafts activities, while material and practical activities were developed by slaves.
In spite women had, in Rome less limitations, they neither could access to public magistracies and were denied the patria potestas that was for man only, both in Greece that in Rome society’s fulchrum was made by the family were the woman had a main role in checking the correct house functioning.2 Anyway there were lots of exceptions to the mentioned rule. Spartan woman, for example, was more free and could practice sport and politic activities. Besides in less well-to do families women had to work a lot having, this way, more freedom. Anyway, women spent lots of her time at home and her main role was bring up children, to which was linked the one of producing all the clothes and cloths needed by every family’s member. A similar social organization was present also in peninsula’s native societies. Also between them are recognizable weaving art traces, for example, in an archaeological site like Laos, a site in Lucania very important in the context of territorial settlements in southern Italy between the IV and the III century v. C. In a large coastal valley on Policastro’s Gulf southern border, surrounded at east by Pollino and Orsomarso, were pounded an italic village normally structured but based on a Grecian urban plant model. Village’s finds today are visible on San Bartolo’s tableland, a low tableland facing Tyrrhenian sea, just a little back respect to the coast3, at the center of the plain near Laos river mouth. A series of big houses, extended on a surface of almost 570 sm each, faced on roads intersected one to the other in an orthogonal scheme. 1 Family in Rome was very particular: there was the: la familia, the nucleum based on the couple, was made up by more familiares comprehending also the slaves and created a gens; all the different gentes were linked in tribes creating, together, the state. 2 In greek oikos, from which oikonomia, economy, as to say house management. 3 Up to Strabone’s description VI, 1, 1.
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While in roman families consorts mutual will created the bond of matrimony (so, in case of divorce, was useful the will of only one member of the couple to be separated) in Greece (the athenian families in particular)1, this union was based on the idea, for the woman to pass, together with the dowry by father’s custody to husband’s one.
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In emerging families the correct management of the house depended on a sort of team correct organization, managed by the master, Romans mater familias, helped by daughters, nephews and maidservants.
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These were made up by an intern courtyard with rooms used to receive guests and other rooms used for rural and domestic activities (the latter in some cases also on other floors) Mentioned houses funds, between which the most important is known as “Casa con la rampa” (38 x 23 metres) must be considered as real houses, organized- as usual in the italic world- on a lifestyle similar to the one of the extra urban houses, considered the presence of warehouses for family foodstuff but also to sell it: the not occasional presence of places for production, storage and goods distribution show, infact, the relation with agricultural and pastoral activities that must constitute the prevalent economic activity for local agrarian aristocracy. Together with the mentioned activities, weaving had a main role because used to create goods for the family. Loom’s weight recovered during the excavations putted in action on San Bartolo di Marcellina tableland by the italian-french archaeological mission that worked there between 1990 and 19944, are in baked clay, and mainly, with pyramid typical shape with a unique suspension hole. Mentioned counterbalances, that could also be cylindrical and with two 4 A. Barone - E. Greco - F. Lafage - S. Luppino - A. Pelosi - A. Schnapp, «Marcellina. Dix ans de recherche: un bilan préliminar», in MEFRA 98, 1986, pp. 101-128; E. Greco - A. Schnapp - S. Luppino, Laos I. Scavi a Marcellina, 1973-1985, Taranto, 1989; E. Greco, “Laos”, in EAA, Secondo supplemento 1971-1994, III, Roma, 1995, pp. 261-262. Excavations started again recently by the Superintendency for archaeological Goods of Calabria G.Aversa - F. Mollo, Il Parco di Laos. Guida all’area archeologica di Marcellina, Scilla (RC) 2009.
(Caption 12): Loom’s weight (III Century b. C.) Property of Tortora’ss Archaeological Museum
5 G. F. La Torre – F. Mollo, Blanda Julia sul Palecastro di Tortora. Scavi e ricerche (19902005), Peloriàs 13, Soveria Mannelli 2006
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suspension holes, had the important function of maintaining well tightened the cloth that time by time was produced by warping and to make easier the division of the different weft’ lines in which had to pass the shuttle. They represented an important loom’s element, which shape it’s mainly unchanged. A famous image on an Attic skyphos of the V century b.C., founded in Etruria and kept near Chiusi Archaeological museum, shows Penelope, Ulysses’s wife, that waiting for her husband return, worked the cloth that she undid at nigh (Hom., Od. II, 93-105). This loom appears to be vey simple: a fix rectangular framework with vertical rods and horizontal poles to which are hanged the threads tighten by weights. It is defined by ancient literary sources as vertical loom (gr. ἱστὸς ὄρϑιος, lat. tela pendula, tela stans) and represents the only and real loom’s evolution that, in its first example- belonging to Eastern and Egyptians civilizationsshould be horizontal. Weights extreme handiness and sturdiness, as well as the linear simplicity of the whole tool permitted that the vertical loom remained identical in design until the arrival of industrialization in Contemporary age. Seen that the looms were in wood, it had not been possible to preserve it, so weaving activity in ancient world it is testified by loom’s weights, in backed clay. Being the last mentioned realized using clay, sometimes the surface presents little representations engraved before baking with seals. Mainly during IV and III century b.C. Were used disks shape’ weights, sometimes adorned with relief patterns such as heads, small images etc, sometimes were flattened on the side before backing until obtaining the 8 shape. Thanks to the mentioned decorations, it is possible to think that, once finished weaving work, it was a custom to live the cloth tighten with a countermark, constituting a sort of handmade property mark. Also Roman used loom’s weights a lot. Also their looms were similar to Grecian and Lucani’s, the one that we described above. Three here exhibited loom’s weight’ examples can testify the similarity. They belongs to Blanda’s village a lucano’s fortified village placed northern to Laos conquered by Romans in 214 b.C. And became, probably civitas foederata (allied city) in 194 b.C after the terrible vicissitudes tied to the Second Punic War5, after which Rome, defeated Hannibal, founded a series of coastal defensive settlements between which, on the Tyrrhenian coast Buxentum e Tempsa.
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The city founded on Palecastro, in the municipal territory of the present Tortora, became famous during the Empire Age with the name of Blanda Julia after the new organization that, between the end of the republic and the first empire, made of it an important municipium to defend this coast. Excavations putted in action between the 1990 and 2005 by the Superintendance for Calabria archaeological heritage, in cooperation with Pisa and Messina university, permitted to discover on the top of the mountain the forum square with the important Capitolium complex (the temple to honor the Capitoline triad: Jupiter, Juno and Minerva) and placed south east to the forum a village sector with houses facing linear streets. Recovered materials show different steps of life until V-VI century a..C, when the city was abandoned. Not even loom’ weights shape recovered in middle and late imperial stratus change. In roman world infact, was kept for a long time the tradition of using the vertical loom to produce the tunica recta used by girls for the wedding and by the boys when adults, when it vas changed with the toga virile. The differences between feminine and masculine cloths depended not on shape but on cloths and colors. Economy, based on a self use production and on resources domestic working, was still used as to be main organizational element in the peninsula. Only during the Empire age the activities tied to cloths production started to be developed with industrial techniques with the creation of figline, small industries which role was coloring the cloths, of which we have some examples in Calabria. Gregorio Aversa Responsible for the Cosenza’s tyrrhenian archaeological heritage
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Rossano Diocesan Sacred art Museum takes, happily part to the exhibition “Cosenza’s territory textile art masterpieces” lending two masterpieces kept in it. Our native land has always been culture and art’s cradle expressed in different styles and ways. For what concern weaving, uncountable are the products made using threads produced in loco. We can define them as real works of art. for this reason the exhibition is, without any doubt, a praiseworthy iniziative, both because offer to public the possibility of admiring those masterpieces and, meanwhile, can encourage young generations in recovering what could come back to be an economic and working development element. In the name of the Archbishop, of the Diocese’s Office for Arts and the Diocesan Museum I wish the exhibition a great success. The manager Don Giuseppe Straface
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Rossano-Cariati Archidiocese Sacred Art Diocesan Museum
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Zumpano Sacred Art Museum
The paraments of Zumpano Sacred Art Museum, lend to the exhibition “Cosenza’s territory textile art masterpieces” represent an example of Zumpano’s faith and art masterpieces. There aren’t documents through which establish when, mentioned masterpieces arrived to Saint George the Martyr Church, but oral tradition let us think that were made by local craftsman masters, that showing a big devotion and interest for the cult, realized those authentic art masterpieces. Sacred art museum institution, in june 2008 thanks to the cooperation between parish and municipal administration, aroused by the willing of keeping and make enjoyable mentioned artistic finds, symbol of community’s religious and cultural identity. Between the most representatives works must be mentioned Bartolomeo Vivarini’s triptych (1480) the engraved pulpit in wood (century XVII); reliquaries, the crosses, the engraved silver furnishing (century XVII) and the paraments (century XIX) Zumpano Sacred Art Museum Direction
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Calabria’s weaving art richness, stressed by the exhibition through its various expressions, it’s a tribute to all the craftsman that for centuries knew how to express the higher esthetical, technical, anthropological values through a detailed transmission of the knowledge based on the love for art and, in some cases, also by commercial trading that in particular historical moments had a real economic importance. Historically, Calabria has been until the first half of ‘800 one of the most active regions in weaving yarn production (and in particular for couture and tailoring) it is evident an intense silk production and also of some specific typologies like broom fiber that unlike silk was mainly produced for local and domestic use. The path offered by this exhibition creates, up to me, a join (or a weft to use a proper term) between all the different ways of creating an handmade product, well knowing, the exhibition’s curator, that weaving art more than every other art, has always suffered the limitation in smaller schemes Even pointing out different sections (cloths for domestic use, precious cloths for “an important occasion” clerical clothes and traditional typical dresses) wanted to point out the tied relation joining handmade products, apparently so different. Relation that isn’t only given by the use of the same material, but also by embroidery (the embroidery’s patterns) that, even if represented through different techniques and different elements, must be all considered as a document. Real documents holding shapes and typicalness that, on their side, are the fruit of a local culture made of knowledge’ , materials and symbols’ mixes. And ere it comes that a coverlet can have different meanings: the coverlet “the good one”, only for a day at year is picked up from the trunk were it has been left since received as dowry, to adorn the balcony under which will pass Corpus Christi procession; joining religious and laical traditions. Similar overlapping can be seen in lots of patterns, typical of the local tradition, were are symbols of earth and heavenly expressions are linked together, proposed, still today with old techniques in embroideries like: “barbed bunch”,
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Wefts on exhibition
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“wheat” “the starry sky”, “the sun” or “the moon in the arch”. Patterns coming from a graphic symbology that, since ever, represents an applied communicative way and, for this reason, able since ancient times, of be handed down and understood by a larger social nucleus, So, graphic simbology, having ancient origins and that in weaving, in spite of the changes presented by different local productions, shows a stylistic contamination that goes over the national borders and that belongs to XI century, when the cloths is at the center of the exchanges between East and West. In the exhibition path here proposed, there are all weaving embroidery’s main techniques (weaving’s embroidery, lace’s embroidery, print’s embroidery, knitting’s embroidery etc) which realization finds it’s main expression in textile field) Weaving and lace’s embroidery, (which main difference is the presence, during the realization, of the cloth standing beside the pattern created with yarns and/or leaves) typical of the weaving production related to precious cloths for domestic use production (trousseaus) it’s in this context perfectly represented by some handmade products recently finished mainly realized with precious weaving material such as linen. But is also the qualifying element of some precious paraments, between which the fabulous ivory silk’s cope embroidered in gold coming from Rossano Diocesan museum. The cope, a wonderful example of XIX century southern handmade production, express all its elegance between the contrast that can be seen in embroideries’ richness present on the shield and the stole and base’s cloth sobriety. Embroideries (took by another cloth and sewed again on textile support as used in restoring until 30 years ago and maybe more!) probably belonging to an earlier age respect to base’s cloth, are produced with different gold metal yarns (yarns, leaves, tinsel etc) and realized with the technique called punto affondato a rilievo up the embroidery’s decorative needs. Precious yarns production useful to realize golden or silver patterns (goldbeater and gold-wire drawer) has been, for a long time, a work that had its great importance in the Kingdom of Naples by the beginning of the century on, very well documented. The same yarns apart from being used for embroidery were largely used also to realize edges and/or bobbin fringes. In mentioned cases work’s elegance is exalted by by the “lightness” typical of lace’s technique that finds it’s maximum expression in realizing decorative elements often used to finish the borders of precious handmade products. Well represented is also the weaving embroidery’s art presented in different ways: classic drape’s handmade and “folk” one. The first, in this context is stressed in paraments production such as the ivory
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damask’s cope ( property of the Church of Saint George in Zumpano and exhibited in Zmpano sacred art museum). This suit that is distinguishable for a ton sur ton pattern highlighted only by a contrast between lightness and opacity given by weaving alternation has been realized by a large scale of products not only for clerical world. On this topic it is important to point out that some studies highlighted that te difference between sacred and profane in textile production starts only in the XIX century and that, before, was often used the reworking and reuse of century old handmade product for sacred use. The second one mentioned under the “folk” use is, instead, typical of some places of the province of Cosenza and it is well known for some excellences such as Sila and Pre Sila’s weaving centers such as Longobucco municipality. Last mentioned main characteristics are given by the weaving technique and the peculiarity of the patterns realized, in past also by dyeing techniques applied but no more used and never studied Dyeing art, infact, even more that the weaving one was orally handed down. What we have now is just a fragmented knowledge, tied to personal memories more than to studies and, anyway are incomplete and so, it is impossible to determine the entire process. These cloths’ embroideries are given both by the typical relief’s weaving (produced tank to an “iron” that parallel to the weft, up to an established order, permits creating relief burrs determining a decorative scheme), that by the introduction of multicolor weft added to the basic ones. Multicolor weft or spolinate work only in the section were they have to be putted to create the pattern. The handmade product realized in natural fibers produced on the territory are prevalently wool and silk. In Longobucco weaving production’s study there are also information’s fragments referring to a “production” of textile material by broom fiber, that could have had a very important role in the local economy until the first half of the XIX century. This yarn, surely more “unrefined” compared to the above mentioned, was mainly used to produce every(Caption 13): Bridal veil totally embroidered in gold. Property of Santa Sofia d’Epiro day domestic use cloths. Territory’s Museum In this exhibition is not left the pres-
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ence of the rare cloths worked with block’s stamp. An embroidery technique deriving from Asia between the ancient one. In these case chose pattern was putted on cloths through a wood matrix soaked in color and then fixed (mordant) through proper chemical steps, different up to base yarns and used colors. Drawing was realized by linking the patterns, and at the edged the frame was often realized by joining similar blocks. The red bed cover with black drawings present at the exhibition its a perfect example of this weaving technique, but its preciosity is given not only by this essentially technical element but, above all, by the central pattern repeated on the horizontal bands representing a bull faced by a horse with its rider, property of the Caruso family (Carpet School) of San Giovanni in Fiore. A decorative composition that as said stresses stylistic influences present between us and the rest of Mediterranean and Eastern productions. Obviously in this exhibition there are many more elements of the one I was able to mention in this short introduction and I leave the visitor the pleasure of discovering it by itself in all their beauty. Simonetta Portalupi Textile restorer
(Caption 14): Red coverlet with Corrida’s pattern (XV century) embroidered with block stamp. Property of the Scuola Tappeti Caruso from San Giovanni in Fiore.
(A. Frangipane, “ I tessuti di Cerzeto”, in Brutium , n. 1, 1961) In 1967 in Italy after the conclusion of the works of the “researching commission to preserve and exploit the historic, artistic, archaeological and landscape heritage”, better known as “Franceschini Commission”, was suggested, for the first time, the definition of “Cultural Heritage” individuating as cultural heritage “all the goods representing material testimony having civilization value”; lots of things have been done in terms of preservation and exploitation1 following, with the evolution, a collective sensibility individuating, through scientific criteria, always new testimonies to be putted in the categories we’re interested in and, even if the path to hand it down to the following generations, in good conditions, of the heritage we have now it is a very long walk, today, the exhibition Cosenza’s territory textile art masterpieces, fixes a main step to recognize domestic use traditional cloths as cultural heritage, to look at with scientific method and to preserve and exploit as “material testimony having 1 The concept of cultural heritage was used for the first in international context, in occasion of the Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict, Aja 14 may 1954 ratified by Italy with the Law n. 279 of the 7 february1958, together with the its enforcement regulation and its protocol. At National level was the Farnceschini Commission (1964-1966) to use it for the first time, we find it in two important following measures: the Legislative decree n.112 of the 31 march 1998 and the Legislative Decree n 490of the 29 october 1999, containing the Consolidated Act of legislative dispositions on cultural heritage. The 1° may comes into force the Urbani Code, summing up all the different expressions to a unique term: cultural heritage. The article 2 paragraph 2 says: the cultural heritage is made up by all cultural and landscape heritage. Are cultural heritage the movable and immovable cultural assets that within the meaning of the articles 10 and 11, present artistic, historic, archaeological, ethno anthropologic, archival and bibliographical interest and all the other things individuated by the law or within the law as testimonies having civilization value”
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“Calabria before being Byzantine was Italo-grecian; and without wondering in the legend it is even possible to think to Magna Graecia, so clear are classic art traces, severe, delightful polychromatic, in our weavers’ art”
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The coverlet, from trousseau’s queen to a cataloguing cultural heritage
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civilization value” In Calabria, popular weaving, a to say wool, silk waste, linen and broom fiber working to realize the sete basse2 is indissolubly tied to nuptials tradition, and in particular to two concepts of the nuptial contract: the dowry and the trousseau. The dowry3, until few time ago, was a popular culture habit, based on the transmission of goods, at the moment of the marriage, from the bride’s family to the bridegroom with the aim of giving a rent and an economic support to the new family; it wasn’t something “free” not even a “present” but was the result of a contract discussed between the members of the families involved and concerning a series of material goods economically estimated by bridegroom’s family or bridegroom’ relatives fixed in a notarial act. The dowry was made up by real properties, money, furniture and trousseau’ objects; by considering Bride’ goods kind and value it was possible to understand her social status. In past times (sometimes still today in some social contexts) was custom preparing a rich Trousseau4, made up by coverlets, embroidered sheets and other cloths5 . Was bride’s mother who had this commitment, she started preparing the trousseau, when the daughter was still a baby for not be unready at the moment of the marriage. 2 coverlets, tapestries, carpets, tablecloths, or cloche and underwear: the so called sete basse as to say those clohs used for domestic use cloths and Calabria’s traditional dresses. 3 In Italy, the dotal system lived on alternate steps: established with the law arond the VI century, fallen into disuse in VII century with the arise of the Lombard law and started to be used again only starting from XI-XII centuries during the Medieval Commines Age. Fallen again into disuse in the first half of 1800 with the Civil Code introduction by Napoleon and disappeared at all only in 1975 with family’s right reform (passed the19 may1975 with the law n.151, sanctioned equal rights for man and womand in the couple). The dowry, for its economical meaning can be considered as marriage authentic commitment ans, so, qualifies the marriage a san economic act through, which, in a weak economy like the southern one, two families joined part of their economic resources protecting them, with marriage’s articles drawings, from the dispersion out of the hereditary property. In general, going over marriage religious aspect, modern society until XX century considered it basing of dotal elements, useful to create family’s patrimony. For this reason we could say that marriage was the execution of a contract between privates, solemnized by marriage’s articles drawings and consecrated with rite’s celebration. 4 In marriage’s article nuptial agreement’s object was the dowry, that, as ecomonic element, represented movable and immovable asset’s patrimonial supply of, given by the pater familias, in the name and on behalf of the bride his dauger to contribute to new family’s burdens and charges. Dowry giving it hasn’t always been something obliged by law but, from the tradition’s point of view has always been considered basic because, for a young woman it wasn’t impossible to desire marriage without having the trousseau ready. 5 Were part of the trousseau bed linen, kitchen clotes, bathroom cloths pillowcases, bedcover embroidered or crocheted, bedcover in wool and in silk, Tablecloths and napkins, linen tea cloths, aprons, doilies, small and big towels.
6 A. Pellegrino, Riti e mode matrimoniali nella pubblicistica femminile tra Ottocento e Novecento, in A. Valerio (a cura di), «Archivio per la storia delle donne», II (2004), 153-154. R. Barletta, Ricami, pizzi e merletti. Omaggio al talento delle donne di Arnesano, Castrignano dei Greci, Melpignano, 2004. 7 G. Galasso, L’altra Europa: per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia, 2009, p. 123. “It is true, as suggests the historian G. Galasso, precious cloths exhibition was only the imitation, even simplified, of the paraments prepared by the churches duringimportant religious ceremonies in suburbs were, above all for economic matters, population used the only things at disposal to imitate bigger and richest” C. Belli, Famiglia e socializzazione Proprietà classica ha Montefusco nella prima metà del XVII secolo, 1983, p. 369
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Very often the mother suggested the daughter to start embroidering the trousseau, that little by little became bigger and bugger, until reaching a good value, infact richest and made up by rare pieces of cloth was the trousseau, biggest was bride’s prestige that represented the family that gave it as dowry. Obviously bride’s trousseau didn’t have only a practical use, as to say giving the couple useful things for everyday life: trousseau was related to social status being the demonstration of one’s own economic possession and the families that could bring a wonderful trousseau were admired in spite of the ones that didn’t have the possibility of doing it, suffering shame Trousseau was an important moment in nuptials situations, which culminating moment happened right before the wedding date when was washed, ironed and exhibited in bride’s house. Bridegroom’s relative, and friends were invited to admire it so that the family could show off its donation6. Important in this donation was the coverlet that apart from the practical function, for beauty, used materials refinement- as white linen and wool or silk and manufacturing, was family’s economic level immediate expression Being so precious, it was exhibited in every moments it was important for the family to “appear” it could be the birth of a son or the death of a relative. In southern Italy it is still custom to exhibit it out from the balcony while passing a religion processions such as the Corpus Domini or the Saint Patron one 7. Feminine weaving art and, in particular nuptial coverlet’ one finds in Province of Cosenza historical production centers, that in spite being looking for entrepreneurial strength to gain a market’s niche, contributed with time to territory’s economic development leaving in the houses a huge uncountable value’s textile heritage handed down still nowadays, as trousseau, from mother to daughter, from generation to generation. Represented patterns which drawings, kept in weaved samples(nzìambru), above all in past, were jealously kept by women, and recalled moments and elements of all the cultures that made Calabria’s history: geometrical patterns “the so called greek fret and horse’ legs” are a clear Magna Grecia civilization element; animals allegorical patterns are typical of the arabic culture, naturalistic patterns “flowering meadows, stars expanses, the grasta, barbed bouquet,
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the vineyard, the opened rose” dominating nuptial trousseau coverlet are typical of Sila’s folk wisdom. Colors are strong, explosive. Very deep red, blu, violet, also the yellow and green. Coverlet, with white, yellow or red background, are weaved with flower’s patterns, produced looking for the ancient documents, or with florence, venician, or siciliand 1500 patterns. They are 265 x 265 cm. Every coverlet has a central pattern from which is derived the side one. Identical but smaller are the edge’s one weaved as the fringe. Between the different kinds, the “vineyard” representing grapevines and pampini the “grate” with lilies and roses interlacing; “gillyflower” with colored bouquets; the “horseshoe” with two colors and a greek fret at the edge. Working is done with the so called (trappìgna) or (a pizzùluni) which difference is that thios last one is in relief, or realized through the drawing moving only the helds (ccu ri pìari) Longobucco 8, San Giovanni in Fiore9, Cariati together with the presence, in our region, of linguistic minorities populations which origins are very old abbi (Griko) or coming from far considering culture similar elements (Occitan and Arbëreshë) making tradition even more pre8 Longobucco’s coverlets took part to Stockholm International exhibition in1920, Rome in 1921/’23/’24/’25, Barcelona in 1929 and Milan in 1930 were received the silver medal. 9 It’s the only place in Italy were are realized oriental carpets with the same tecnique, the same tools, the same attention paid by estern producer. Carpets identical to the ones present in mosques or on the floors of noble families in Bukara, Isfahan, Kankes, Sparta, Kabishan, Turkmen, Tebriz and so on. Here was opened in 1952 the “Cooperativa Artigiana Forense”.
(Caption 15): Matrimonial coverlet Peafowl and peacock worked at flat stitch (beginnings of the XIX century). Property of the Gagliardi family from Longobucco
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Melissa Acquesta Specializzanda e responsabile della catalogazione delle coperte di Longobucco
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cious: Civita, Frascineto, Santa Sofia d’Epiro, San Demetrio Corone, testify the huge handmade weaving tradition that today needs to be rediscovered, analized and anove all known through cataloguing protecting and exploiting it.
(Caption 16): Matrimonial coverlet in cotton worked with the technique “a pizzuluni” with “Tulip” pattern and the “nzìembru”. Property of the Cosenza Family from Longobucco
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the exhibition
In Calabria popular weaving or better the working of wool, silk waste, cotton, linen and broom fibre to produce materials for domestic use the “sete basse” is tied to nuptial traditions and in particular to two basic concepts on the nuptial contract: the dowry and the trousseau.
(Caption 17): Pillow embroidered with different techniques. Angela Longo from Castrovillari
(Caption 18: Pair of towels realized with the cross- stitch and hem- stitch technique with swapped yarn. Angela Longo from Castrovillari
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Basing on raw material used kind of working, height and consistency, (wool, silk, linen, hemp, broom fibre or cotton) as well as the embroidery, cloths were used to became covers, bad covers, tapestries, carpets, tablecloths, underwear or clothes: the so called “sete basse” as to say the cloths used for domestic use or for traditional customs.
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Section 1 Cloths for domestic use. Yesterday and today
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THE DOWRY Cancelled the Law n. 151 of the 19 may 1975 on Family Rights’ Reform published on the Official Journal n. 135 of the 23 may extraordinary edition Dowry has been a popular culture habit based on the transmission of goods, at the moment of the marriage, from the bride’s family to the bridegroom with the aim of giving a rent and an economic support to the new family. It was the result of a contract discussed between the members of the families and concerned a series of material goods economically estimated by bridegroom’s family or bridegroom’ relatives fixed in a notarial act. By considering Bride’ goods kind and value it was possible to understand her social status: goods could also foresee real properties, plots of land, rents, money, jewels, furniture and trousseau’ objects THE TROUSSEAU The trousseau represented, not from the economic point of view but considering the points present in the contract, dowry’s main part. On the contract was specified everything on every item: cloth to use, embroidery, colour and even if not always, if it was used or new. Before the wedding the trousseau was exhibited in bride’s house or in parent’s
(Caption 19): Doily totally embroidered, Marilena Vairo from Fuscaldo
(Caption 20): Doilies embroidered with the intaglio and different techniques, Marilena Vairo from Fuscaldo.
This great symbolic value justified the commitment putted in cloths weaving later used for the trousseau for which bride’s parents faced also great economic sacrifices to by needed cloths. When the promised was between the 13 and 15 years old started, together with her mother as supervisor, to sew and embroider her trousseau; it wasn’t rare for the privileged classes ask weavers and embroiderers to do that paid by the job and at home. Trousseau’s manufacturing didn’t foresee only cloths’ weaving but also embroidery; it was enriched with embroiders which execution asked a very long time. A good wife had also to be a good weaver and for this reasons there wasn’t a wife that didn’t knwe at all weaving techniques or that wasn’t able of using the loom.
(Caption 21): Doilies in tulle, Rosa Cervino from Rossano
(Caption 22): Ancient towels (end of the XIX century), Scuola Tappeti Caruso - San Giovanni in Fiore
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Bride considered it also as a personal visiting card with which she presented herself in society; infact the refinement and the taste in making the cloths were demonstrations of her heart’s courteousness , seriousness, purity and personal elegance. Besides, if the trousseau was directly embroidered by the bride, she was the subject of husband’s admiration, mother in law’s benevolence, relatives and neighbourhood appreciation.
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one: was laid on bed, chairs tables and represented a way of affirming family’s dignity, proud, honour and decorum.
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Trousseau was made up by bed, kitchen and bathroom linen. • Bed linen, pillowcases, bedcover, bedcover in wool, quilt. linzula i supra, linzula i sutta, cuscina, ù damascu, ù cuvirturu (in cotton weaved using the loom), à cuverta, ù trasparenti (in cotton but realized using the crochet). • Tablecloths and napkins, linen tea cloths (always in pairs of six) aprons and doilies. tuvagghi i tavula cu i serbiettini, i mappini, i vantali • Big and small towels. i tuvagghi i faccia Very important was the bed cover that apart from the practical function, for beauty, used materials refinement- as white linen and wool- and manufacturing, was family’s economic level immediate expression Been so precious, the bed cover was exhibited in every moments it was important for the family to “appear” it could be the birth of a son or the death of a relative. In southern Italy it is still custom to exhibit it out from the balcony while passing a religion processions such as the Corpus Domini or the Saint Patron one. Nowadays is still very important the Trousseau’s manufacturing. It is possible to do it thanks to handicrafts still weaving and embroidering up to traditions and that are the only brave keepers of a huge cultural heritage.
Exhibiting in this section
Rosa Cervino from Rossano Marilena Vairo fromFuscaldo Angela Longo from Castrovillari Scuola Tappeti Caruso from San Giovanni in Fiore AB Ricami of Cosenza Private family of Santa Sofia d’Epiro
Silk, defined in a Chinese proverb as “the cloth to dress to reach God” is symbol of elegance, luxury and nobility. A magnificence rising from the silk filament with which a little silkworm twists the cocoon.
(Caption 23): Cape in crimson satin with embroidery in gold yarns (beginnings of XIX century). Property of Cosenza’s Cathedral
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The section on silk, helps in reflecting on the importance had by silk production and working in Calabria’s economy since a long time, demonstrating that it was a basic sector in Cosenza’s life and economy and, generally, in Calabria’s one. Main element of this section is the union, in a single exhibition context, of the most precious silks realized by province of Cosenza’s handicraftsmen, considered textile sector’ excellences, with the rare and precious material arriving from diocesan and sacred arts museum of our territory, demonstrating the considerable use of silk in clerical life since the byzantine age.
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Section 2 Silk’s noble art
Silk art is a distinctive element of the Kingdom of Naples and important has been the attention given to it by Kings. Frederic the II instituted the fair of the Madeleine were where traded silks and precious cloths; a 1295 parchment underlines a strong activity, in 1464 in Cosenza was given the franchise on silk exportation and in 1470, Catanzaro’s guild of silk obtained to send his masters in Tours to teach silk’s art. Charles the V in 1519 instituted in Catanzaro the Consulate of Silk Art in order to regulate the commerce of this precious material. In 1612 Cosenza and Catanzaro were the main textile productive centres, while lots were the places, in province of Cosenza, outstanding for silk production. By the end of the XVII century is registered a first moment of decay, Charles III
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Silkworm breeding rises in China more ore less in 2600 b. C., up to some writers, silkworm was imported in 558 by Basilian monks while up to some others by Turkish around the 1000. Arabs and Hebrews improved the breeding and growing and in Calabria, as in the rest of Europe, reached the apogee in the XVI century.
(Caption 24): Humeral veil (beginnings of the XIX century). Ivory silk’s Gros de Tours with gold weft and embroidery in gold yarn. Property of Cosenza’s Cathedral
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Silk industry strongly influenced italian economy both southern and northern and Calabria was also between the regions that mostly received benefits from it until the first half of the XX century.
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of Spain enacted some laws to safeguard local handmade production to heal the slowing of this activity, opened spinning and silk working’ schools and in 1789 Ferdinand the I of the Two Sicilies opened San Leucio’s industry that produced most of the cloths for interior decoration and clothes. San Leucio’s opening introduced deep technological changes and innovations in silk production bringing again Calabria’s art at european levels. Silk has been for a long period the trait d’union between Calabria’s provinces, Northern Italy and Europe: Lucca, Florence, Venice and Genova, the cities with which Calabria’s silk was mostly sold. Groups of merchants coming from the mentioned areas settled down in the Kingdom of Naples to manage their drapers’ shops and receive exemptions and privileges thanks to territory’s resources.
(Caption 25): Cape in ivory silk’s gros de Tours with gold yarns embroidery (XVIII century). Property of Rossano’s Diocesan Museum
(Caption 26): Ivory damask silk cape of the 1700 with gold edge (end of the XIX century). Property of Zumpano’s Sacred art Museum.
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In the sphere of the productive activities, the pre union age’s Calabria was well known for textile production for two clear reasons: climate was favourable to mulberry tree cultivation and farmers art of growing silkworm being, this way able of reaching maintenance from this activity. Just to make some examples, in 1829, silk’ masters were so well paid that were able of earning “28 lollies a day, the light, the bed, sheets excluded”. Silk was generally worked at home even if there were different kind of contracts. After the favourable situation of the 1500, national silk production’s framework deeply changed. The decay of one of the most important productive Calabria’s sector started with a epidemic that strongly touched the breeding but was also caused by the high governmental taxes. Taxation oppressed producers, it is mentioned in a document written by Giuseppe Maria Galanti in ‘700 where is underlined the silk production’s reduction and decay in the three provinces of Calabria. Immediate also the reflection in mulberry’s cultivation. Besides, the rising of chinese industries putted the sector definitively in crisis. All over the XIX century Calabria had good productions levels and, in Cosenza, silk was one of the main element of richness: the silk mills Campagna di Cosenza, Zupi and Ottaviano as well as the one of Malito di Acri were very important. At the beginning of ‘900 the ministry promoted a govern action to investigate on italian silk production decay’s reason and provided incentives to grow cocoon in southern italy considering the favourable climate conditions. In 1912 was instituted the Council for silk interest, Cosenza’s Sericultural Observatory became in 1918 the Sericultural Institute for Calabria. Until the end of the II world war, silk production had, anyway, given maintenance to lots of families going on a tradition belonging to the byzantine age.
Exhibiting in this section
Rossano’s Diocesan Museum Zumpano’s sacred art Museum Cosenza’s Cathedral Privates, Longobucco Atelier Caterina Forciniti from Longobucco
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Dresses exhibited in this section want to bring up to date the exhibition presenting also the modern sphere of fashion, revealing, meanwhile, the activity of two stylists born in our territory but well known also in foreign countries. The aim is exploiting and promoting traditional textile heritage through the reuse of ancient cloths rented to fashion and mixing old working techniques, such as the loom, with modern drawings.
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Section 3 Fashion
(Caption 27): Vincenza Salvino, Pianecrati. Dress in silk and cotton from the collection Cappe glamour
(Caption 28): Vincenza Salvino, Pianecrati. Dress yellow and cyclamen-colored realized using a single piece of cloth without cuts. Silk, smocking, shaped on the manikin
The other interpreter of this section is the stylist Vincenza Salvino. Reusing old materials and mixing with the modern one, thanks to her creativity, she obtains original creations that brought her to lots of awards at regional level, reaching the first place a the competition “Giovani desiner calabresi alla ribalta” (Co.ser. Calabria) and obtaining in 2010 an honourable mention during the competition “Modamovie” for the use of innovative materials
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First example of this kind of production is Margherita Naccarati, her creations comes from the Atelier Caterina Forciniti that she owns in Longobucco. the stylist mixes traditional techniques, like loom’s use, to contemporary haute couture The one she had is the story of a research idea in the weaving sector after her studies, respecting a family tradition. Having a so important and stimulating dowry, today Margherita carries on the spreading because weaving arts are, and always will be Calabria’s production flower in the buttonhole.
(Caption 29): Atelier Caterina Forciniti, Longobucco. Calipso, haute couture dress from the collection Caterina Collections with the ancient twisted-branch weave realized using the hand loom. Black cotton and silver lurex
(Caption 30): Atelier Caterina Forciniti, Longobucco. Teia, haute couture dress from the collection Caterina Collections with ancient stitch and seven roses realized using the hand loom. Blue cotton and silver lurex
The new communities handed down to sons, nephews and grandsons the language, still spoken nowadays, customs, traditions and arts that concerning weaving, keeping technique and tools homogeneity as strong contact point between the two cultures, find their justification in the balkan tradition made of shapes and drawings remembering their vicissitudes, the hard experience of refugees ridded off native land In mentioned places carpets, tapestries, bed covers, vancali, pillowcases, table cloths, have all typical characteristics being, this way, different from other productions, above all in for what concern embroidery and decorative subjects, telling an old story: the ship calling back to memory the journey from Albany, the lance, the shield, warrior’ arms, Skanderberg image and the eagle. Still used are the traditional dresses both for men that for woman (men’s one with time went through lots of changes becoming always more similar to Calabria’s one). Woman’s was part of the trousseau and was used in the most important steps of her life; there are only small differences basing on the community to which it belongs but, traditionally, it was made up by: • Formal dress • Half holiday dress • Everyday dress • Mourning dress. Fig. 31-32-33
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Between the half of the XV and the XVIII century, after the death of the Albanian national hero Giorgio Castriota Skanderbeg and the consequent conquer by Ottomans of Albany and the whole Byzantine Empire, lots of families moved from Albany and Greece to Italy
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Section 4 Traditional customs and arbëreshë dresses
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The holiday dress (or formal dress) was, without doubt, the most elaborated as well as the rarest: apart of being dressed for the marriage and the religious holidays (as the “Vallje” at Easter or Christmas) and for family’ mournings (for the first 3 days after the sad event) was often used also to bury a woman. It is characterized first of all for a white blouse with laces called Linja which characteristic is a large neckline covered with a tulle or linen cloth called Petini. Around the neck there’s the Skola a satin tie inlaid with golden embroidery and fixed with two gold pins. Arbëreshë’s formal dress high part is completed with the Xhipuni a ligh blue bodice full of gold leaves and golden embroidery and by the Pani a satin shawl also embroidered with gold threads. The lower part was made up by the petticoat called Sutanini on which it was dressed the real skirt, the Kamizolla in silky satin coloured in deep red or fuchsia going together with the Pani and embroidered with a large edge called stripe. On it goes the Coha (or Zoga), a light blue or blue pleated skirt, having the edge raised left the possibility of admiring the Kamizolla. In some arbëreshë centres, instead of the Coha is used a silk apron, called Vandilija also embroidered with elaborated laces. Frequent is the presence, even if this is not really part of the arbëreshë’s traditional dress, of a veil Velli to cover woman’s head
(Caption 31): Bridal veil with golden embroidery. Property of Frascineto arberëshë’s dolls and custom Museum
(Caption 32): Bridal veil totally embroidered in gold. Property of Santa Sofia d’Epiro Territory’s Museum
Another arbëreshë’s dress peculiarity is the Gold Embroidery heritage of Piana degli Albanesi in Sicily but realized also by Cosenza’s territory arbëreshë’ women Golden thread’s embroidery history has the origin in the opus anglicanum of the XIII century when to satisfy clerks needs, were realized precious hangings with gold and silver threads and precious stones that were thought to come from ancient illuminated manuscript codex.
(Caption 33): Half holiday dress. Property of a private family from Civita
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Half holiday dress was a less precious than the formal dress but always embroidered and jealously kept. It is made up by the Linja that goes together wit a less gorgeous skirt called Kamizolla me tren, embroidered as usual with gold threads; on it is used a pleated skirt similar to the Coha but in satin called Kandsushi. The bodice is very similar but is dark and called Xhipuni Kastori: presents large embroideies in gold leaves on wrist and shoulders. Half holiday dress has also the Vandilja and a Pani in wool.
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If used as wedding dress, arbëreshë’s formal dress was characterized by a precious hair clip, the Keza inlaid by elaborated embroidery in silver thread used to stop complex nuptial hairstyles behind the nape. Wearing the formal dress was a way to underline the importance of the day. for this the woman used it few times in her life.
Exhibiting in this section
Privates, Civita Dolls and arberëshë Custom Museum, Frascineto Territory and arberëshë Customs Museum, Santa Sofia d’Epiro Waldensian and folk wisdom Museum, San Vincenzo la Costa Scuola Tappeti Caruso, San Giovanni in Fiore Atelier Caterina Forciniti, Longobucco Privates, Santa Sofia d’Epiro
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Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces
Arbëreshë’s dress preciosity comes from the mixing of arbëreshë’ centres traditions with the use of precious materials detaching for strong colours (blue, red, amaranthine, green and violet) but also the gold stripes used for skirts and bodice (Xhipuni) often embroidered with gold threads to create particular flowers. In wedding dresses the veil was completely embroidered with gold threads. Fig. 34-35
(Caption 34): showcase with handmade products in gold and silver realized by the Scuola Tappeti Caruso from San Giovanni in Fiore, the Atelier Caterina Forciniti from Longobucco and in lending by a private family from Santa Sofia d’Epiro
(Caption 35): Giovanna Cerminara, Pacchiana from San Giovanni in Fiore
(Caption 36): Video on the preparatory steps of a hand loom
(Caption 37): Reproduction of an old hand loom
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In the context of the traditional houses stands out the so called “loom’s place” as to say that woman’ unique and exclusive place, almost sacred, that always had a very strong importance not only in the female universe but in Calabria’s economic substratum. Loom was placed in the bed room, the intimacy room were no one could enter; it was part of the dowry and was considered a sacred value, apart representing a socialization moment. Woman always had an important role in silkworm breeding, in production and weaving. Lots were housewives having small breeding and with the money earned with it were able of contributing to family’s income. They were able of improving daughter’s dowry with silk clothes that anyway they wouldn’t have bought. For silkworm’s hatching they keep silkworm’ seed near the breast and all of them were very jealous of the own siricu” (breeding) being also afraid of
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Section 5 Loom’s place
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the possibility that someone could cast the evil eye on her. The work went on with weaving on in silk mil or at home with the hand moved loom Having a loom for domestic use has been, for a long time, a typical Cosenza’s culture element, helping the weaving popular art’s last; the first looms ever appeared on territory belongs to protohistoric age, mainly were linear and simple constructions continuously repeated thanks to masters ability until the Hellenistic Age. In Middle Age we assist to an innovation, the loom was provided of a pedal and his construction became always more precise until having refined and complex handmade products. In 1787appeared the mechanic loom provided of a steam engine and some year later appeared the “jacquard” loom that helped in producing complex handmade products with elaborate drawings. In XIX century the loom became mechanic and for this innovation is considered the maker of the industrial revolution. Industrial looms nowadays are very used, anyway lots are the handicraft industries that, together with the industrial production maintain alive the traditional one while, others exclusively produce with the typical traditional loom. In Calabria there are two kind of loom the vertical one and the horizontal, are used lots of animal fibres (wool and silk) and vegetable (linen, cotton, broom fibre, hemp and nettle). Drawings have been orally handed on and in part recreated by modern weavers but never changing the original plan. Some weaver also left written notes, very rare thing seen that weaver were very jealous of
(Caption 38): Pezzara, cloth realized with the loom using waste cloth. Azienda tessile Bossio, Calopezzati
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their techniques and knowledge. Everything ever realized with loom is exhibited in this section: shawls, blankets, bedspreads, bibs, tea towels, clothes, but loom’s production apogee is registered in realizing carpets and tapestries. Fig. 38-39-40-41-42-43-44-45
(Caption 39): tablecloth realized with the loom representing ’A vigna “the vineyard”. Atelier Caterina Forciniti di Longobucco
(Caption 40): Cloths in broom fiber, in vegetable dye, Scuola Tappeti Caruso, San Giovanni in Fiore
(Caption 41): Tapestry Traco magnus et rufus in pure silk. Scuola Tappeti Caruso, San Giovanni in Fiore
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(Caption 42): Tapestries representing Saint Francis of Paola and the plates from the Liber Figurarum of Joachim of Fiore. Scuola tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore
(Caption 43): Matrimonial coverlet Peafowl and peacock worked at flat stitch (beginnings of the XIX century). Property of the Gagliardi family from Longobucco
Exhibition Cosenza’s textile art masterpieces (Caption 45): Tapestry realized with the technique “a pizzuluni” representing the entrance and the garden “l’Entrata e ru jardinu”, Margherita Naccarati Atelier Caterina Forciniti from Longobucco
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(Caption 44): Cloth “Starry sky” realized with the “Pizzuluni” technique Azienda Cav. Mario Celestino from Longobucco
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Fantastic works are infact the tapestries which history in the Kingdom of Naples strarts with the closing of the famous Cosimo I de Medici’s Tapestry’ handmade production opened in Florence in 1546 and closed in 1737. Charles II of Spain brought in Naples some of the tapestry-weavers making them work together with the other present on the territory, opening the Tapestries King’s Industry specialized in realizing high and low head tapestries. As for wool, linen or silk cloths, also for tapestries are needed specialized and able masters; tapestries give a distinguish and noble mark to the place are putted, very often substituting paintings. Another distinguishing element of this section is the presence of precious carpets realized by province of Cosenza’s handicraft industries, exclusively hand knotted. This way of working, gives carpet an incredible value; is very old and putted in action by knotting thread by thread warp’s wool and weft’s cotton. Every carpet follows its own outline, on it is specified the drawing to follow and the working proceeding.
Exhibiting in this section
Cosenza’s Brettii and Enotri Archaeological Museum Tortora’s Archaeological Museum Atelier Caterina Forciniti di Longobucco Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore Vincenzo Bossio, Fabbrica Tessile di Calopezzati Mario Celestino di Longobucco Eugenio Celestino di Camigliatello Privates