Cosenza Preziosa

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COSENZA PREZIOSA Maestri e opere dell'arte orafa

italiano/english 21 DICEMBRE 2012 > 30 GENNAIO 2013 MUSEO DELLE ARTI E DEI MESTIERI CORSO TELESIO,17 - CENTRO STORICO DI COSENZA



COSENZA PREZIOSA Maestri e opere dell'arte orafa

italiano


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Cosenza Preziosa - Maestri e opere dell’arte orafa

editore

con il patrocinio

Il MAM, museo esperienziale, favorisce la riappropriazione del procedimento artigianale-artistico con l’esperienza dei laboratori orafi al Museo


La mostra Cosenza Preziosa. Maestri e opere dell’arte orafa è promossa dalla Provincia di Cosenza con il patrocinio della Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria e della Soprintendenza ai beni archeologici della Calabria. Curatore della mostra, responsabile della ricerca scientifica, delle opere esposte, dei testi e del catalogo: Anna Cipparrone Contributi al catalogo: Gerardo Mario Oliverio, Fabio De Chirico, Simonetta Bonomi, Anna Cipparrone, Marilena Cerzoso, Francesco Froio, Gregorio Aversa, Antonello Savaglio, Lara Vinca Masini, Fausto Maria Franchi e Lucia Salmati, Francesca Di Ciaula, Melissa Acquesta, Gemma Anais Principe Didattica e pannelli: Anna Cipparrone Progetto espositivo e allestimento: Fiorino Sposato, Anna Cipparrone Progetto grafico: Dino Grazioso Campagna fotografica: Andrea Vizzini Installazioni e progetto video: Pino Iannelli, Lastcam Traduzioni mostra e catalogo: Laura Verta

ISBN 978-88-908163-1-4

Musei prestatori Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza Museo archeologico di Serra d’Aiello Antiquarium di Scalea Museo diocesano di Cosenza Museo diocesano di San Marco Argentano Museo del Cupone - Parco Nazionale della Sila Museo Pietra Viva (Trentino Alto Adige) Museo demologico di San Giovanni in Fiore Museo del costume Vaccarizzo Artisti/orafi Gianpaolo Babetto (Padova) Fausto Maria Franchi (Roma) Graziano Visintin (Padova) Alessandro Baldoni (Napoli) Eduardo Bruno (San Marco Argentano) Aziende artigiane della provincia di Cosenza Arte orafa Ricioppo (Santa Sofia D’Epiro) Arte orafa Sole e oro (Cosenza) Creazioni orafe Adamas (Cosenza) Arte orafa G-B. Spadafora (San Giovanni in Fiore) Il Perseo di Iorio F.sco (Rende) Laboratorio orafo Angotti (San Giovanni in Fiore) Laboratorio orafo Prandina (Cosenza) Perri gioielli (Corigliano) Riflessi di Tocci F.sca (Castrovillari) Orafo Crivaro (San Giovanni in Fiore) Laboratorio orafo di Scintille (Cosenza) Laboratorio orafo Domenico Tordo (Mirto)

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Indice

Presentazione ............................................................................................................................. pag. 9 Gerardo Mario Oliverio Il patrimonio archeologico ..................................................................................................... pag. 10 Simonetta Bonomi Il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico ......................................................... pag. 11 Fabio De Chirico Cosenza Preziosa. Maestri e opere dell’arte orafa ................................................................ pag. 13 Anna Cipparrone

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Il territorio di Temesa .............................................................................................................. pag. 22 Francesco Froio I gioielli dell’antica popolazione Enotra nella provincia di Cosenza ................................ pag. 25 Marilena Cerzoso Testimonianze dall’antichità nell’alto Tirreno cosentino .................................................... pag. 27 Gregorio Aversa Le Arti suntuarie. Appunti per una breve storia dell’Oreficeria dal IV al XVIII secolo .................................................................................................................... pag. 29 Melissa Acquesta Notizie di tesori e incantesimi in provincia di Cosenza tra Cinquecento e Ottocento ................................................................................................................................. pag. 32 Antonello Savaglio Gioielli di cultura ..................................................................................................................... pag. 34 Lara Vinca Masini Quando la mano incontra la materia .................................................................................... pag. 37 Fausto Maria Franchi Graziano Visintin .................................................................................................................... pag. 40 Francesca Di Ciaula Borgo orefici a Napoli e la mostra a Cosenza ....................................................................... pag. 41 Paola Righetti


Indice

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La mostra Il recupero delle origini: Oro e gioielli nell’antichità ........................................................... pag. 43 Oreficeria sacra e gioielli dal XIV al XIX secolo. L’antica oreficeria sacra nei laboratori di oggi ...................................................................................................... pag. 45 Borgo degli Orefici e la tradizione orafa del Regno di Napoli ............................................ pag. 50

Il processo estrattivo e la mappa delle miniere calabresi La ricostruzione del banco dell’orefice ................................................................................. pag. 54 Maestri orafi della Provincia di Cosenza: storia dell’oreficeria cosentina ......................... pag. 55 Tradizione e innovazione. Maestri orafi della provincia di Cosenza ................................ pag. 58 Il richiamo dell’antico .............................................................................................................. pag. 59 La mitologia .............................................................................................................................. pag. 62 Geometrie ................................................................................................................................. pag. 64 Lusso, sfarzo e libertà ............................................................................................................... pag. 66

I Musei ...................................................................................................................................... pag. 69 Gli orafi ..................................................................................................................................... pag. 75 I prestiti ..................................................................................................................................... pag. 85

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Oro contemporaneo. Gli artisti/orafi Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin .......................................................................... pag. 51


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Presentazione

Il Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia di Cosenza continua a configurarsi come luogo di promozione e valorizzazione delle eccellenze, e la mostra “Cosenza Preziosa. Maestri e opere dell’arte orafa” ricongiunge le antichissime origini dell’arte orafa meridionale con la fervida attività che i nostri valenti orafi manifestano ancora oggi. La scelta di celebrare il prezioso settore nel periodo natalizio, tra l’altro, deriva dalla volontà della Provincia di Cosenza di rendere la mostra sull’arte orafa un appuntamento fisso della sua programmazione espositiva, al fine di rilanciare e dare un forte impulso al settore orafoargentiero-gioielliero che continua ad assurgere a pilastro del made in Italy. Cosenza si inquadra nella storia come città di eterni passaggi, di scambi e di contaminazioni. É per questo che il Museo delle Arti e dei Mestieri propone di ricucire questi nessi riunendo, per la prima volta in un unico contesto espositivo, opere d’arte e di eccellente artigianato provenienti da ogni angolo del vasto territorio provinciale (dai Musei della Rete Museale provinciale e dai laboratori orafi di San Giovanni in Fiore, Santa Sofia d’Epiro, Cosenza, Rende, Castrovillari, Corigliano, Mirto), ma anche da alcuni luoghi cardine della produzione orafa nazionale come Padova e Roma da cui provengono gli artisti orafi Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin. Una mostra di ampio respiro nazionale, dunque. L’obiettivo della manifestazione è accendere i riflettori sui continuatori delle antiche tradizioni locali e, soprattutto, sugli orafi della provincia di Cosenza per tramandare alle nuove generazioni il patrimonio culturale, materiale e immateriale, che gli antichi mestieri rappresentano non solo tramite la conoscenza del sé, ma anche con la comprensione delle altre realtà in un’ottica di promozione e valorizzazione delle contaminazioni. Una comprensione che è di certo agevolata dalla grande novità che il Museo delle Arti e dei Mestieri offre: l’esperienza dei laboratori artigiani con i quali vogliamo diffondere le abilità, i rituali, il “sapere” tecnico e le esperienze di bottega dei nostri maestri artigiani. Gerardo Mario Oliverio Presidente della Provincia di Cosenza

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Il patrimonio archeologico

Non si può definire che meritoria ed intelligente la sistematica rivisitazione delle varie attività artigianali dall’antichità alla contemporaneità che il Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia di Cosenza sta attualmente conducendo a tappe serrate. Il quadro di arts and crafts che sta prendendo forma e sostanza nelle mostre e nei cataloghi è di insospettata ricchezza e varietà ed apre inoltre inediti scenari di vita, di usi e di costumi, di storia economica. In tutto questo anche la documentazione archeologica acquisisce un nuovo risalto e riceve talvolta un’attenzione che prima non le era stata mai riservata, offrendo quindi al fruitore della mostra, al lettore e allo studioso l’occasione di ampliare le proprie conoscenze sul passato di questa parte della Calabria e di riconsiderare la propria visione dell’antichità con le concrete testimonianze di mani operose ed abili e degli umili strumenti del mestiere, quale è il crogiolo tardoromano di Scalea. Gli oggetti di ornamento, non solo d’ oro ma anche di bronzo, non parlano solo di chi li fece, delle materie e delle tecniche usate, delle fogge tradizionali, spesso identitarie di una comunità etnica, e quindi, proprio per questo, anche e soprattutto del mondo in cui vennero creati, di coloro a cui erano destinati e del significato che essi assumevano nel momento in cui erano indossati. Buona parte dei reperti archeologici esposti si riferiscono agli Enotri, popolazione presente in Calabria nell’età del ferro, prima del definitivo insediarsi dei coloni greci. Si tratta di elementi di corredi tombali dalle necropoli di Torre Mordillo a Spezzano Albanese e di Serra Ajello. Dalla prima provengono ornamenti tipicamente femminili, che componevano parures suntuose a sottolineare l’alto rango sociale delle donne che li indossavano; dalla seconda un pendente in oro, dono funerario molto prezioso ed esotico, se è vero che i confronti più stringenti rimandano al mondo etrusco. Un suggestivo video prestato dal Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, nel ricostruire le fasi di scavo di una sepoltura, rende evidente il complesso rituale, ricco di simboli. Il sottile e raffinatissimo pettorale d’oro di Sibari riporta motivi decorativi elaborati a suo tempo in Grecia su ispirazione orientale e riflette l’immagine della grande città magnogreca padrona di un impero e del gusto per il lusso della sua aristocrazia. Simonetta Bonomi Soprintendente per i Beni Archeologici della Calabria


La mostra mira alla valorizzazione e fruizione del patrimonio orafo della Calabria, più precisamente della Provincia di Cosenza, tappa obbligata, visto che, per quanto riguarda l’arte sacra - sebbene lo studio analitico dei numerosi e splendidi manufatti abbia compiuto già grandi passi in avanti - non è ancora giunto a definizioni risolutive, per cui può ancora verificarsi che opere molto simili ricevano a tutt’oggi riconoscimenti e assegnazioni diverse, se non proprio divergenti. Varia è, difatti, la suppellettile sacra presente nella Regione, sia come produzione autoctona che come fenomeno d’importazione per cui, attraverso l’esposizione dei manufatti, il fine sarà quello di conciliare qualità d’arte e devozione popolare, fasto mondano ed esaltante religiosità. Delle antiche manifatture in argento, in prevalenze sacre, per la loro maggiore diffusione dovuta al quotidiano uso liturgico - calici, ostensori, monili ed altro - pur se molte sono andate distrutte o consumate dall’uso quotidiano o trafugate, verranno evidenziate le valenze storico-artistiche unitamente alle indagini inerenti i criteri e i metodi di realizzazione. La sopravvivenza di tali beni, in alcuni casi, è stata favorita dal culto, consolidato e tenace che ancora oggi si presenta a volte come un barriera invalicabile per il prestito di alcune opere anche per manifestazioni come questa esposizione. La mostra sottolineerà, inoltre, eventi alquanto significativi che contrastano con quanti affermano che la produzione orafa calabrese sia solo d’importazione, come il Mirabilum veritas defensa di Gioacchino da Fiore, in cui l’abate narra di una sua visita tra il 1191-92 e il 1202, a Longobucco, sede di antiche miniere in argento, per «conficiendos calices» per la propria abbazia di San Giovanni in Fiore. Nota citazione questa, tratta dalla vita dell’abate ed ritenuta molto importante dal Lipinsky per sancire la presenza in Calabria di antiche industrie artistiche. Difatti, è probabile che il minerale argentifero estratto dalle miniere di Longobucco sia servito alla monetazione siritica, turiense e forse crotoniate, di cui gli antichi stateri rinvenuti ne darebbero una ponderata conferma. Il perdurare per lungo tempo dell’attività estrattiva di questo sito con la presenza di maestri argentieri doveva aver dato l’avvio ad una determinata tradizione e ad una conseguente “Scuola di Longobucco”, la cui importanza continuò nel tempo e della quale qualche opera doveva essere sfuggita alle perdite e alle distruzioni avvenute nel corso dei secoli. La trecentesca Croce di San Marco Argentano in esposizione potrebbe essere considerata l’unica opera superstite della scuola; altri studiosi non escludono i rimandi ai prototipi pugliesi, che spiegherebbero anche le sottili incongruenze ravvisabili nell’opera; recenti ipotesi, invece, ravvisano nella Croce una mirabile sintesi delle evoluzioni angioine su sostrati locali di ascendenza bizantina. Molte sono le opere in mostra non recanti bolli che, databili tra Seicento e Settecento, si riscontrano nelle chiese della provincia ed è dunque possibile che alcune di esse possano ascriversi ad argentieri locali, i quali, pur lavorando lontano dalla capitale del Regno, certamente conoscevano le tecniche di lavorazione - fusione, cesello e sbalzo - e lo stile delle botteghe napoletane, anche attraverso gli straordinari esemplari che pervenivano. Nella stessa città di Cosenza, inoltre, esisteva una piazza degli Argentieri, come risulta in un documento del 1571, relativo alla nomina di un Ferrao a procuratore del filosofo Bernardino Telesio e una via degli Orefici, entrambe ubicate sull’odierno corso Telesio.

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Il patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico


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Botteghe orafe erano disseminate ovunque: Rossano e Cosenza erano i centri più noti in età medievale; Castrovillari in età Barocca con la produzione argentaria dei Conte, Bernardino e Giuseppe; Monteleone (oggi Vibo Valentia) e Oppido Mamertina nel Settecento; San Giovanni in Fiore e Crotone negli ultimi due secoli a tutt’oggi, dove viene ottimamente rappresentata l’antica tradizione dell’arte orafa e dove fra le numerose varietà di gioielli prodotti, realizzati principalmente in filigrana ed oro, si segnalano fra gli altri, una collana chiamata iennacca e il brillocco, una spilla con una pietra incastonata. La perizia degli orafi calabresi è distinguibile, anche, sui vestiti tradizionali calabresi soprattutto quelli albanesi, impreziositi da vari gioielli e pietre preziose, come i diademi in oro o gli spilloni in argento che trattenevano i nastri bianchi posti fra i capelli della sposa. Inoltre, alcuni gioielli evocano e riproducono in maniera magistrale i monili magno greci. Gli esemplari presenti sul territorio sono, dunque, molti e differenziati; la mostra orafa darà l’opportunità di scrivere, pertanto, una nuova pagina di storia dell’arte e di studiare quanto è rimasto nella nostra Regione, ponendosi come obiettivo lo studio del virtuosismo tecnico dell’oreficeria esposta, sempre ammirata più per la preziosità della materia che non per gli esiti stilistici conseguiti. Forse ciò, nel caso specifico degli arredi ecclesiastici, è da imputare alle dimensioni piccole o comunque modeste dei manufatti che ne hanno condizionato nel tempo il giudizio di merito. La divulgazione, quindi, dell’arte orafa calabrese, attraverso una serie di manufatti preziosi realizzati dal XIV al XIX, secolo è occasione per dare impulso ai valenti orafi che continuano a portare avanti l’antica tradizione, reinterpretandola. Opportunità importante, questa, nel tessuto produttivo di Cosenza e della sua provincia e di confronto con il settore orafo nazionale al fine di individuare le giuste strategie per il potenziamento e sviluppo di tale area. I gioielli, comuni in tutta la provincia e regione per simbologie, tipologie e realizzazioni tecniche, venivano realizzati - per consentirne l’acquisto anche alle classi meno abbienti con oro a bassa caratura e con un’alta percentuale di rame nella lega; destinati poi alla fusione quando venivano dismessi, nel corso del tempo, si è disperso in tal modo, un grande patrimonio orafo. Questa è un’altra importante motivazione dell’esposizione: la valorizzazione di quanto è sopravvissuto, la rivalutazione dei maestri orafi e argentieri di ieri e di oggi, facendo fruire al grande pubblico l’arte e la produzione artigiana dell’oro nella provincia cosentina, evidenziando, altresì, quanto della tradizione è ancora presente nella creazione orafa odierna. Pertanto, la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Calabria non poteva non accogliere con entusiasmo la proposta di collaborazione con la Provincia di Cosenza alla realizzazione di tale rilevante esposizione, stimolo di interessi e riflessioni verso il patrimonio culturale. Fabio De Chirico Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria


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1 P.L. Bernstei, Oro,storia di un’ossessione, Milano 2000; G. Gregorietti, Il gioiello nei secoli, a cura di Erich Steingraber, Milano 1969

Fig. 1. Museo dei Brettii e degli Enotri, Bracciali ad armille e pendaglio a disco della popolazione Enotra (IX sec. a.C.)

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Fin dai tempi remoti l’uomo sentì il bisogno elementare di adornarsi e l’oro, definito da Pindaro “figlio di Zeus, non divorato dalle tarme né corrotto dalla ruggine, suprema possessione che divora la mente dell’uomo”1, costituisce l’elemento ornativo per eccellenza. Ha condotto l’umanità a compiere le sue più grandi imprese, ma anche a rendersi artefice di assurde nefandezze in una eterna contraddizione che si trova insita nel metallo stesso: è malleabile ma al contempo indistruttibile. Molti personaggi della storia, della Bibbia e della leggenda accumularono oro ma altrettanti ne furono inesorabilmente posseduti. La mostra “Cosenza Preziosa. Maestri e opere dell’arte orafa”, vuole essere l’occasione per ricostruire le lontanissime origini dell’oreficeria meridionale, collocando le opere e i maestri orafi della provincia di Cosenza su un palcoscenico nazionale e in uno spazio senza tempo ove si affiancano i rudimentali gioielli dell’Età del Ferro con le massime espressioni dell’arte contemporanea. Il fil rouge che accomuna contesti tanto lontani sia cronologicamente che semanticamente, è quello della creatività, della funzionalità e dell’autorappresentazione. Le opere provengono dai Musei della Rete Museale della Provincia di Cosenza, dai laboratori orafi del territorio provinciale (Cosenza, Rende, Castrovillari, Corigliano, San Giovanni

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14 Fig. 2. Museo dei Brettii e degli Enotri, Cinturone da Torre del Mordillo (IX sec. a.C.) Fig. 3. Antiquarium archeologico di Serra d’Aiello, Pendente in lamina d’oro decorata a sbalzo (VIII sec. a.C.)

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Fig. 4 Opificio Tiraz di Palermo, Stauroteca di Federico II (collezione del Museo Diocesano di Cosenza)

Fig. 5 Museo Diocesano di San Marco Argentano, Croce astile in argento sbalzato, cesellato e pietre policrome su struttura lignea (XIV secolo)

in Fiore, Santa Sofia d’Epiro, Mirto ecc.), dalla bottega napoletana di Alessandro Baldoni in Borgo degli Orefici e dalle poliedriche esperienze degli artisti/orafi Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin, tra i principali esponenti della corrente internazionale del “gioiello artistico”, provenienti da Padova e Roma. L’intento che informa le mostre del Museo delle Arti e dei Mestieri è quello di considerare ogni singola opera d’arte (o di artigianato d’eccellenza) come emblema di una congiuntura culturale specifica, come segno tangibile di un tessuto sociale limitato nello spazio ma erede di antichissime tradizioni, tentando di annettere nuovi territori e nuove personalità ai più ampi e noti tracciati dell’arte e dell’artigianato nazionale. Il tutto nella consapevolezza che il mondo artistico e artigianale contemporaneo viva nel costante dialogo di tradizione e innovazione. É per questa ragione che il modello di esposizione temporanea che il Museo delle Arti e dei Mestieri continua a proporre è quello, quindi, del dialogo fra gli artisti, i temi e le epoche storiche mai poste, altrimenti, a confronto in contesti espositivi. Un modello che al contempo mira alla valorizzazione del patrimonio museale, archeologico e storico-artistico del territorio cosentino spesso posizionato in una dimensione alquanto periferica. La storia del monile in provincia di Cosenza affonda le sue origini in epoca pre-ellenica e la sezione “Il recupero delle origini: oro e gioielli nell’antichità” sottende un duplice fine: da un lato suggerire la profonda stratificazione archeologica e la varietà delle civiltà che hanno abitato il territorio dell’attuale provincia di Cosenza e, dall’altro, analizzare le modalità con cui il gioiello veniva realizzato in epoche così lontane, per testimoniarne l’evoluzione dall’uso del bronzo e del ferro all’introduzione dei metalli preziosi fra cui l’oro. Preziosi sono i bracciali, le fibule, le spille, le collane, gli anelli che il Museo dei Brettii e degli Enotri espone in questa sezione (Fig. 1-2), splendido è il pendente in lamina d’oro decorata a sbalzo concesso in prestito dal Museo archeologico di Serra d’Aiello (Fig. 3)2. Unico, e presente soltanto sul catalogo, è il pettorale del V secolo a.C proveniente dal 2 Alla ricerca di Temesa Omerica. Primi dati dalla Necropoli Chiane di Serra d’Aiello, a cura di R. Agostino, F. Mollo, Scilla 2007; F. Mollo, Da Temesa a Blanda. Itinerari archeologici lungo la costa tirrenica cosentina. Reggio Calabria 2011


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3 Contributi per la storia dell’oreficeria, argenteria e gioielleria, a cura di Piero Pazzi, Venezia 1996; A. M. Orsini, Premessa ad una catalogazione della suppellettile ecclesiastica, la catalogazione come possibilità di museificazione, in Contributi per la storia dell’oreficeria, argenteria e gioielleria, a cura di Piero Pazzi, Venezia 1996, p. 63; A, Nardi, Lo sviluppo della produzione orafa durante la prima metà del XIX secolo, in Contributi …cit., p. 170; 4 O. Cavalcanti, Ori antichi di Calabria. Segni simboli e funzione, Palermo 1991; Artigianato in Calabria, a cura di Alessandro Agrimi, Roma 1971; Cosenza Preziosa. L’arte tra il XIX e il XXI secolo, a cura di Domenico Pisani, Soveria Mannelli 2005 5 La stauroteca del Duomo di Cosenza, Roma 1992; M. P. Di Dario Guida, Riflessioni sulla stauroteca di Cosenza, in Chiese e società nel Mezzogiorno, Soveria Mannelli 1998; M. P. Di Dario Guida, La stauroteca di Cosenza e la cultura artistica dell’estremo Sud nell’età normanno sveva, Napoli 1984; A. Lipinsky, L’arte orafa alla corte di Federico II di Svevia, Firenze 1970 6 E. Galasso, Oreficeria medievale in Campania, in “Storia dell’oreficeria campana”, vol. 1, a cura della Federazione Orafi campani, Napoli 2005

Fig. 7. Museo Diocesano di Cosenza, Ostensorio Calcara in oro sbalzato, cesellato e inciso, 1947.

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Museo Nazionale archeologico della Sibaritide. Sempre nell’ambito del recupero delle origini, la mostra analizza l’oreficeria sacra di epoca medievale e moderna (XV-XX secolo), accostandola ai pregevoli manufatti realizzati nelle botteghe orafe odierne che ne condividono le iconografie e le tecniche3. Le prime notizie di orafi locali risalgono al 1270 con la citazione di Simillo Guglielmo de Cosenza nei registri della Cancelleria angioina4 e, al XIII secolo, con la menzione degli orafi longobucchesi cui Gioacchino da Fiore commissionò i calici per la sua abbazia, tuttavia il simbolo dell’oreficeria meridionale (e cosentina) è certamente la croce reliquiario donata dall’imperatore Federico II alla cattedrale di Cosenza in occasione della sua consacrazione5, non esposta in mostra per la sua preminenza nell’istituendo Museo Diocesano di Cosenza (Fig. 4). Opera dell’opificio Tiraz di Palermo, prolifico fino al trasferimento della corte imperiale in Puglia e a Napoli in seguito alla morte della moglie Costanza (1222), la croce reliquiario ha influenzato la produzione artistica meridionale e cosentina continuando, ancora oggi, a ispirare manufatti artigianali di eccezionale valore6. Esposta in mostra e proveniente dal Museo diocesano di San Marco Argentano è, invece, la croce astile in argento e oro, sbalzata a rilievi molto pronunciati, bizantineggianti. Essa raffigura sul recto un

Fig. 6. Eduardo Bruno, Croce del Santo Graal, fusione a cera persa, San Marco Argentano


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Crocifisso ad altorilievo con, alle estremità dei bracci della croce, un angelo, le figure dei dolenti ai lati e il vaso reliquiario in basso, mentre sul verso presenta motivi geometrici di decorazione a rete, i simboli dei quattro Evangelisti e, al centro, la raffigurazione dell’Agnello Mistico. La storiografia concorda nel ritenerla opera del 1308, almeno per le sue parti più antiche (Fig. 5). Accanto ad essa e con essa, per continuità territoriale e derivazione iconografica, dialoga la Croce del Santo Graal realizzata dallo scultore Edoardo Bruno di San Marco Argentano (Fig. 6). La sezione “Oreficeria sacra e monili dal Quattrocento al Novecento” ospita anche i gioielli donati ex voto dai fedeli alla Madonna del Pilerio (collana, bracciali e orecchini del XVIII-XIX secolo) e l’ostensorio processionale con baculo realizzato, grazie all’oro donato sempre dai cittadini alla cattedrale cosentina, nel 1947 quando era arcivescovo Mons. Aniello Calcara (Fig. 7). La mostra propone, come si diceva, il costante dialogo tra il passato e il presente, fra tradizione e innovazione, tra i migliori esemplari del gioiello locale tradizionale utilizzato per scandire i momenti e i riti della società civile, e le massime espressioni dell’arte contemporanea. É per questo che nella sezione dedicata all’oreficeria sacra sono esposti, insieme agli orecchini donati sul finire del XIX secolo alla Madonna del Pilerio (in perle scaramazze e oro) alcuni esemplari di orecchini realizzati, sul modello di quelli antichi, dai laboratori orafi Spadafora di San Giovanni in Fiore e Creazioni Adamas di Cosenza, nonchè la Croce e le Corone realizzate dal maestro Giovan Battista Spadafora (Fig. 8). Nel segno del recupero della più antica e nobile tradizione orafa meridionale espone in mostra il maestro Alessandro Baldoni la cui bottega sorge nel cuore di Borgo Orefici a Napoli7. La città partenopea, crocevia di esperienze e contaminazioni nel Regno di Napoli, è stata nei secoli teatro di scambi e di importanti processi artigianali/artistici dei quali la produzione orafa risulta ancora oggi protagonista. I primi maestri orafi furono francesi al seguito della corte angioina ma, già dal XIV secolo, artigiani locali si riunirono nel quartiere Borgo ricevendo il riconoscimento ufficiale da Giovanna d’Angiò che li dotò di una Corporazione. Dal Medioevo in avanti, Borgo degli Orefici, il quartiere dell’oro, pulsò di accesa vitalità e nelle botteghe si tramandavano, di generazione in generazione, le conoscenze, le tecniche e i materiali dell’arte orafa. Il “Borgo” sorgeva nel cuore del quartiere Pendino dove, stando ai documenti, già dal Trecento si era radicata un’intensa produzione legata alla lavorazione 7 Nicoletta d’Arbitrio, L’età dell’Oro. I maestri del Regno di Napoli. Il Borgo degli Orefici, Napoli 2007; A. Calabrese, Borgo Orefici. Storia e tradizioni della corporazione degli orafi, Napoli 1999; F. Migliaccio, Il primo statuto per la nobile arte degli orefici napoletani, 1380: nota storico-critica esegetica, in “Archivio Storico campano”, V. 2, n.1-2, 1992-1993

Fig. 8. Laboratorio orafo G.B. Spadafora, Coppia di Corone con Croce da Altare in argento, calato in bagno d’oro 24 carati e decorazione a foglie rifinite al bulino e rosette di corallo autentiche di inizi ‘900, San Giovanni in Fiore


8 Immaginazione aurea, artisti-orafi e orafi-artisti in Italia nel secondo Novecento, a cura di Enrico Crispolti, Milano 2001; Fausto Maria Franchi, un ponte parallelo al fiume. Anelli-scultura 1962-2002, Napoli 2002; Libero pensiero. Fausto Maria Franchi orafo scultore, Roma 2000; Fausto Maria Franchi, artefatti preziosi, a cura di Ornella Casazza, Enrico Crispolti, Lucia Sabatini Scalmati, Firenze 2009; Babetto, gioielli e…altro, cat. Mostra Brussels 2006; Babetto: 1996-2000. Geometrie di gioielli, Venezia 2000; Gli ori di Gianpaolo Babetto alla collezione Peggy Guggenheim, Vicenza 1996; Gianpaolo Babetto, gioielli di cultura, Prato 2002; Rarefrazioni nell’opera di Paolo Sardina e Graziano Visintin, a cura di Luciano Ernesto Francalanci e Giorgio segato, 1991 9 G. Marafioti, Croniche et antichità di Calabria, edizione Forni, Bologna 1975

Fig. 9. Alessandro Baldoni, Leone, Cesello in argento, Napoli

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dell’oro e di altri metalli che fusi, battuti e lavorati a mano, decoravano chiese e ambiti nobiliari (Fig. 9). La sezione successiva, “Oro contemporaneo. Gli artisti/orafi Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin” offre una sintesi del ricco repertorio di opere dei tre maggiori artisti orafi di fama internazionale, oggi presenti in Italia: Gianpaolo Babetto di Padova, Fausto Maria Franchi di Roma e Graziano Visintin di Padova. Essi, con le loro brillanti carriere e opere in collezioni permanenti di Musei prestigiosi di tutto il mondo, testimoniano e suggellano lo sconfinamento creativo cui è andata incontro la lavorazione manuale dell’oro. Nei gioielli di Babetto, Franchi e Visintin si sublimano conoscenza artistica, manualità artigiana e innovatività contemporanea. I tre artisti, infatti, in rappresentanza di una corrente che si suole suddividere in tre periodi dagli anni Cinquanta ad oggi, liberi da qualsivoglia vincolo, hanno reso il gioiello l’oggetto di un personale sperimentalismo che investe le forme, i materiali e le iconografie. Le prospettive di ricerca che Babetto, Franchi e Visintin hanno proposto nella loro prolifica carriera sono innumerevoli e le opere esposte in mostra ne sintetizzano alcuni esiti, denotando come il gioiello abbia trasceso i limiti della funzionalità per assurgere a microscultura e, al contempo, come la scultura abbia trovato una dimensione più quotidiana e direttamente legata all’autorappresentatività di chi indossa il gioiello, suggerendo intesi scambi culturali e artistici (Fig. 10 11 12 13 14 15)8. Tornando al territorio cosentino e riaccendendo il dialogo con le epoche passate, secondo lo storico Girolamo Marafioti (XVII secolo), il quale fornì un lungo elenco di miniere calabresi, “l’acque delli fiumi e delli fonti di Calabria sono dolcissime, aurifere e sanative (…); “quasi tutta la provintia è orifera, argentifera e minerale”9. Gli studiosi concordano nel ritenere che le miniere di Argentanum e di Longobucco ebbero un ruolo di primaria importanza nell’attività di monetazione di Sibari e Crotone, inoltre il loro sfruttamento perdurò nei secoli. La mostra prosegue, pertanto, con installazioni sul processo estrattivo dell’argento e dell’oro nella provincia di Cosenza e sul banchetto dell’orefice miranti alla ricostruzione di un’esperienza


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Fig. 10. Gianpaolo Babetto, Anello – 1980. Oro bianco 750, Padova (Foto di Giustino Chemello, Vicenza) Fig. 11. Gianpaolo Babetto, Spilla – 1970. Oro bianco 750, Padova (Foto di Giustino Chemello, Vicenza

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Fig. 12 Graziano Visintin, spilla in oro giallo 18 k, smalto, foglia d’oro, Padova

Fig. 13 Fausto Maria Franchi, Anello Albero della vita multiplo, Meglio Roma

Fig. 14 Graziano Visintin, Collana. Oro bianco 18k, doratura in 24 k, Padova


10 I. Elmo, E. Kruta, Ori e costumi degli albanesi, Castrovillari 1996

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Fig. 15 Fausto Maria Franchi, Anello Omaggio a Fontana, Oro e inserto polimetilmetacrilato verde Sbalzo, cesello e varie da banchetto Roma

Fig. 16. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Spilla Uccellino e Spilla Drago. Oro 18 k con quarzo ametrino e oro 18 k con rubini, Cosenza Fig. 17. Laboratorio orafo Sandro Prandina, Collana con rosa. Coralli lavorati a mano, Cosenza

Fig. 18. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Spilla Tartaruga. Oro, diamanti e ametista, San Giovanni in Fiore

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fortemente radicata nel nostro territorio e documentata dalle fonti. Le installazioni sono state realizzate da Pino Iannelli e i materiali utilizzati provengono dal Museo demologico e della storia sociale silana di San Giovanni in Fiore, dal Museo del Cupone del Parco Nazionale della Sila e dal Museo di Pietra Viva (Trentino Alto Adige). Parte importante dell’esposizione è la mostra fotografica sui gioielli arberëshë concessa in prestito dal Museo del costume di Vaccarizzo albanese. Essa consente di rilevare usi e costumi della popolazione italo-albanese fortemente radicata nella provincia di Cosenza10. Indiscussi protagonisti della mostra Cosenza Preziosa. Maestri e opere dell’arte orafa sono i maestri orafi della provincia di Cosenza ai quali è dedicata ampia attenzione. Essi provengono dall’intero territorio provinciale e rappresentano la forza e l’orgoglio dell’artigianato calabrese d’eccellenza: da Cosenza, Rende, Mirto, Corigliano, Santa Sofia d’Epiro, Castrovillari e San Giovanni in Fiore. Lavorano con passione e con fervida immaginazione, assurgendo ad artefici della conversione e trasformazione del passato storico e culturale in gioiello. Essi affrontano ricerche, sperimentalismi e soluzioni innovative nel campo delle tecniche, dei materiali, delle iconografie, ed è per questo che la mostra è stata per loro suddivisa in sezioni tematiche corredate da video, affinchè il visitatore possa accorgersi della straordinaria varietà e ricchezza del patrimonio artigianale orafo della provincia di Cosenza, nonché del modus operandi di ciascuno di essi. Natura, mondo animale, gemme smalti e coralli sono alcune delle


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sezioni dedicate ai maestri orafi della provincia di Cosenza (Fig. 1620). Tradizione e innovazione sono, invece, i poli grazie ai quali si raccordano nell’apparente discordia tematica, le sezioni dedicate al richiamo dell’antico, alla mitologia, al lusso e sfarzo e allo stile geometrico e contemporaneo (Figg. 21-26). Il gioiello ha ormai trasceso dalla sua valenza ornamentale e assurge a opera d’arte. Il Museo delle Arti e dei Mestieri lo propone ai suoi visitatori in una cornice storica che abbraccia l’intera vicenda umana cosentina. Anna Cipparrone Storico dell’Arte Direttore del Museo delle Arti e dei Mestieri

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Fig. 20. Arte orafa Antonio Perri Collana A trina Oro a maglia “coda di volpe” con pendente decorato da piccoli fiori in filigrana. La chiusura presenta una decorazione con elementi fallici stilizzati Corigliano (CS) Fig. 21 Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti, Cammeo Le Tre Grazie, Santa Sofia d’Epiro

Fig. 19. Arte orafa Antonio Perri Collana di onici e inserti in oro. Centrale di quarzo muschiato attorniato da perle di mare e sfere d’oro Corigliano (CS)


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Fig. 22. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Collana Putti, Oro 18 k con turchese inciso e rami di corallo nero, Cosenza Fig. 23. Laboratorio orafo Luca Angotti, Parure Jennacca. Collana, bracciale e orecchini in oro, cristalli Swarovsky e perle, San Giovanni in Fiore

Fig. 25. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Anello Amber. Oro giallo e ambra baltica, Rende

Fig. 26. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Nastro di Moebius. Argento, San Giovanni in Fiore

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Fig. 24. Orafo Crivaro, Collana con zaffiri sfumati, oro bianco e cammeo inciso a mano e orecchini zaffiri e perle, San Giovanni in Fiore


Il territorio di Temesa

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L’area del comune di Serra d’Aiello (CS) costituita dalla successione di tre pianori, Cozzo Piano Grande, Cozzo Carmineantonio e Cozzo Serra Aiello, separati tra loro da strette selle di collegamento ed elevati circa 400 m. s.l.m. posti nel tratto costiero compreso tra i fiumi Oliva e Savuto, è un’area di estremo interesse storico-archeologico. É l’area in cui si snoda la storia insediativa dell’antica TEMESA. La posizione topografica è tale da consentire il controllo della pianura costiera e delle vie di comunicazione che,attraverso i due fiumi, consentivano il collegamento con la zona ionica. Le potenzialità archeologiche del comprensorio intorno al Comune diSerra d’Aiello e ricadente anche nei comuni di Cleto, Amantea (Campora S. Giovanni) e Nocera Terinese, sono emerse con forza negli ultimi anni, quando approfondite ricerche di superficie condotte dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria insieme al Gruppo Archeologico Alybas, hanno permesso di riconoscere un ampio sistema insediativo che, sviluppatosidal Neolitico lungo i terrazzi costieri, si concentra nel Bronzo medio e recente sulle colline della dorsale di Serra d’Aiello. Resti di fondi di capanne, numerosissimi frammenti ceramici dispersi sulle pendici dell’area, decine di escavazioni funerarie ricavate nel banco roccioso friabile paragonabili alle identiche sepolture sicule di tradizione micenea, rappresentano ciò che resta dell’età del Bronzo. Ma è con la successiva età del Ferro che l’insediamento raggiunge la massima espansione e ricchezza.

Fig. 27. Serra d’Aiello, veduta della necropoli Chiane

LA NECROPOLI CHIANE (Fig. 27) Tale dato insediamentale trova una forte conferma nel 2004 nella scoperta di una necropoli dell’età del ferro (IX – VIII sec. a. C.) rinvenuta in località Chiane di Serra d’Aiello, in cui sono state scavate fino ad ora 26 sepolture del tipo ad inumazione terragna. In alcuni casi le fosse sono ricavate direttamente nel terreno sabbioso o nel banco di arenaria, in altri casi la fossa di deposizione è rivestita e delimitata da ciottoli fluviali di medie e grandi dimensioni e da tumulo di copertura. Isolato, per il momento, il caso di un’incinerazione entro grande olla, all’interno della quale i resti del defunto ed il corredo metallico e ceramico. Le tombe presentano corredi ceramici limitati ai vasi biconici ed alle scodelle monoansate, ai boccalini, alle tazze-attingitoio ed agli askòi, cui spesso si affianca la presenza di pesi da telaio, rocchetti e fusaiole ad impasto a connotare i corredi femminili. Ricchi sono i corredi metallici: la quasi totalità delle tombe maschili presenta la cuspide di lancia ed il sauroter in bronzo, accompagnate da varie fibule, soprattutto di tipo serpeggiante meridionale in bronzo. Le tombe femminili in particolare, presentano in alcuni casi (Tomba n. 6 e tomba n. 14) ricchi e svariati ornamenti personali in bronzo, ferro ed ambra (falere, fibule a quattro spirali e ad arco serpeggiante in bronzo, collane con pendagli e vaghi in ambra e pasta vitrea, orecchini in ambra, fermatrecce, pettorali e pendagli in bronzo e ferro). La ricchezza di tali corredi,


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LA TOMBA 14 ED IL PENDENTE AUREO (Figg. 28-29) La tomba 14 era posta presso il margine sud ovest dell’area scavata, in una zona caratterizzata da ricche sepolture databili nel primo quarto dell’VIII sec. a.C. La fossa (m 2,60 x 1,10 x 0,35) era rivestita da spallette costituite dall’allineamento di diversi grossi ciottoli fluviali tale da rinforzarne le pareti friabili. Il corredo ceramico era posto all’interno di un pozzetto nelle vicinanze dei piedi dell’inumata ed accuratamente inzeppato alla base con numerosi piccoli ciottoli. Esso eracostituito da una coppia di scodelle monoansate, un vasetto ad impasto di forma chiusa, tre pesi da telaio ed una fusaiola ad impasto. Molto ricco e prezioso è il corredo relativo agli oggetti di ornamento personale posto sulla testa e sul busto e costituito da oggetti in bronzo, ferro, ambra, argento ed oro. Si tratta, a partire dalla testa, di sottilissimi fili di bronzo a spirale utilizzati perfermatrecce, orecchini circolari in ambra, e poi sul petto molti pendenti e vaghi in ambra facenti parte di collane, una coppia di fibule a quattro spirali in bronzo, una fibula serpeggiante in bronzo ed una ad arco in ferro. Più in basso una coppia di falere in bronzo ed accanto ad esse una coppia di piccole e rarissime fibule a quattro spirali in argento, purtroppo in condizioni pessime. All’altezza della mano destra un anello in ferro e più giù in corrispondenza del bacino innumerevoli vaghi di ambra e il pendente aureo. Esso è di forma circolare di circa 4,5 cm di diametro con decorazione eseguita a sbalzo. É dotato di una piccola estremità ripiegata su se stessa per permetterne la sospensione mediante un filo.La decorazione consiste in una serie di punti, una borchia centrale e linee circolari concentriche di chiara ispirazione villanoviana (Punkt buckel sistem) realizzata mediante attrezzi a punta

Fig. 28. Serra d’Aiello, la necropoli Chiane in fase di scavo

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unita con l’estensione dell’insediamento abitativo e la sua ubicazione strategica di difesa e controllo delle vie di comunicazione, unita anche alla presenza dei famosi giacimenti di rame menzionati da Omero nell’Odissea, sanciscono l’importanza di questa comunità tirrenica, l’unica nell’età del ferro tra Pontecagnano e Tropea capace di intrattenere rapporti con le élites enotrie della Sibaritide (come dimostrano le fibule, le falere ed altri importanti ornamenti tipici della facies enotria) e soprattutto con genti villanoviane (si pensi al pendente aureo della tomba 14 in esposizione nella presente mostra, all’incensiere con una decorazione tipica della barca solare, alla spada ad antenne tipo Tarquinia, al pendente ornitomorfo, al frammento di fodero di spada tipo Veio, al frammento di elmo crestato rinvenuto nel santuario di Imbelli, a poche centinaia di metri da Cozzo Piano Grande). La presenza di tombe principesche (la n. 6 e la n. 14) testimonia la strutturazione della comunità, una aristocrazia emergente, capace di affermare uno status sociale rilevante e di resistere al controllo etrusco ed ai probabili tentativi euboici calcidesi di un controllo territoriale commerciale, cui la presenza di una coppetta di ceramica figulina nella tomba n.10 ne rappresenta un esempio di commercio precoloniale.


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di vario tipo. Si possono fare vari confronti con le necropoli dell’età del ferro dell’Etruria meridionale (es. Tomba M11 dei Montarozzi di Tarquinia) ma anche della Campania (es. tombe degli scavi Osta di Cuma). Quasi certamente il pendente è un oggetto di importazione. É il gioiello in oro più antico esistente in Calabria Il prezioso reperto è catalogato a cura della Soprintendenza archeologica di Reggio Calabria edinventariato al num. 143693 ed è conservato presso il Museo di Temesa di Serra d’Aiello (non in esposizione). Francesco Froio Museo di Temesa - Serra d’Aiello

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Fig. 29. Antiquarium archeologico di Serra d’Aiello, Pendente in lamina d’oro decorata a sbalzo (VIII secolo a.C.)

Bibliografia

R. Agostino - F. Mollo ( a cura di) Alla ricerca di Temesa Omerica. Primi dati dalla Necropoli Chiane di Serra d’Aiello. Scilla 2007 F. MolloDa Temesa a Blanda. Itinerari archeologici lungo la costa tirrenica cosentina. Reggio Calabria 2011 G. F. La Torre (a cura di) Dall’Oliva al Savuto. Studi e ricerche sul territorio dell’antica Temesa.Atti del Convegno. Amantea 15-16 Settembre 2007. Pisa-Roma 2009


Sembrerà strano in una mostra sulla tradizione orafa della provincia di Cosenza ritrovare degli oggetti che in oro non sono. Tuttavia si è ritenuto interessante esporre quelli che, pur non essendo in oro, costituivano i gioielli delle donne di una delle popolazioni più antiche della Calabria, gli Enotri. Si tratta di oggetti, per lo più in bronzo, risalenti all’età del Ferro (870-720 a.C.) ritrovati nelle tombe della necropoli di Torre del Mordillo (Spezzano Albanese – CS) nel 1888 e appartenenti alla collezione del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza. Oggetti del corredo funerario, indossati sul vestito funebre, che nella loro quantità e qualità segnalavano lo stato del defunto e il suo ruolo nella società, una società, quella degli Enotri, “gentilizio-clientelare preurbana”, il cui potere era nelle mani di un’aristocrazia basata sulla discendenza familiare (gens). Le donne enotrie di Torre del Mordillo erano ornate con sfarzose parures di gioielli: numerose fibule (spille) per fermare i vestiti, di varie dimensioni e formati, ferma trecce, collane, cinturoni di lamina, bracciali, anelli di filo a più giro alle mani e ai piedi, pendagli di catenelle, o a forma di disco o del tipo “a xilofono”.(Fig. 30-31) Tra le tombe di Torre del Mordillo se ne distinguono alcune per la loro ricchezza ed importanza. In una di esse (tomba 96), la donna, accostata all’uomo nella morte, portava uno splendido cinturone di lamina e due grandi bracciali a spirale; nella tomba 78 sono presenti, invece, ornamenti di ogni genere, tra i quali una coppia di figurine in bronzo (maschio e femmina abbracciati), tipica del mondo enotrio I costumi femminili di spicco avevano numerose fibule di diversi tipi: ad arco serpeggiante, originariamente spesso rivestite anche da grani di ambra e da elementi d’avorio, ma soprattutto fibule a quattro spirali, di dimensioni diverse, e spesso in serie ripetute. In base alle posizioni note da altre necropoli, si può ritenere che esse si applicassero a fermare diversi strati di vesti,

Fig. 30. Museo dei Brettii e degli Enotri, Tomba 78 della necropoli di Torre del Mordillo (IX secolo a.C.)

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I gioielli dell’antica popolazione Enotra nella provincia di Cosenza


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e che alcune avessero una funzione soltanto decorativa. La fibula è un accessorio per il vestiario inventato tra l’Europa e l’Italia settentrionale, che si diffuse nell’età del Bronzo fino a raggiungere la sua massima popolarità nella prima età del Ferro. Esse in questo periodo erano realizzate variando le forme soprattutto dell’arco, secondo tipi diversi, ma ben definiti, molto sensibili al cambiamento delle mode. A Torre del Mordillo sono attestate sia in bronzo che in ferro. I pendagli circolari, quelli a “xilofono” e le catenelle si trovano di solito tra le costole e le gambe, a volte sostenuti da una fascetta in metallo infilata nel centro: potevano essere appesi alla cintura, o forse essere parte di un complesso sistema per fermare lo scialle o la veste. Particolarmente presenti sono anche le perle di pasta vitrea, ma soprattutto di ambra, la resina considerata dagli antichi “pietra” preziosa e magica, da cui ricavare preziosi gioielli e amuleti. Questi esposti sono solo significativi esemplari dei ricchissimi corredi delle 230 tombe di Torre del Mordillo, attualmente fruibili presso il Museo dei Brettii e degli Enotri, che tuttavia rendono l’idea di quella che fosse la cultura artigianale dell’Età del Ferro in Calabria ed il gusto estetico delle donne enotrie nella scelta degli ornamenti personali, per alcuni versi già molto “moderni” e anticipatori, in alcuni elementi decorativi, della ricca tradizione artigianale successiva.

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Maria Cerzoso Direttore del Museo civico dei Brettii e degli Enotri di Cosenza

Fig. 31. Museo dei Brettii e degli Enotri, Corredo tombale dalla necropoli enotra di Torre del Mordillo (IX secolo a.C.)


Il bacino comprensoriale di Amantea godeva in antico di una posizione territorialmente strategica nell’ambito della Calabria e dell’intera Italia meridionale, collocato com’è nel cuore del Mediterraneo. Esso, infatti, era favorito da percorsi viari terrestri che, attraverso la valle del fiume Savuto, collegavano la costa tirrenica alla costa jonica, con particolare riguardo per l’area occupata dagli ultimi decenni dell’VIII secolo a.C. dalla città achea di Sibari. Nello stesso tempo, esso è situato sul mare, di fronte alle isole Eolie e in prospettiva di traffici marittimi verso l’Italia centrale (Campania, Lazio, Etruria) da un lato, verso la Sicilia e il nord Africa dall’altro. Una delle principali risorse che le comunità umane avvicendatesi in questa zona furono interessate a commerciare dovevano essere i minerali. Sebbene non si abbia ancora evidenza concreta di attività estrattive nel nostro comprensorio, tuttavia l’intera catena costiera dal massiccio del Pollino sino all’istmo scilletico-lametino doveva essere interessata dalla presenza di miniere (ad es. Grotta della Monaca presso Sant’Agata d’Esaro, dove è dimostrata l’attività di una cava del Neolitoco e la presenza di una necropoli dell’Età del Bronzo). Recenti esplorazioni nel comprensorio di Amantea hanno evidenziato anche qui la presenza di analoghe grotte con funzione sepolcrale. Una di queste comunità indigene dovette vivere in località Chiane (nel moderno comune di Serra Aiello) tra la fine del IX e gli inizi dell’VIII secolo a.C., come testimoniato da una importante necropoli indagata negli anni 2004-2005. Sono state messe in luce ben 26 sepolture ad inumazione supina a fossa semplice o rivestita da ciottoli fluviali, i cui corredi contenevano di norma un vaso chiuso assieme ad altri oggetti di produzione locale o di importazione. La tomba 6 presenta in assoluto il corredo più ricco del sepolcreto e doveva appartenere ad una giovane sacerdotessa. L’inquadramento cronologico ha consentito l’immediato collegamento di questa necropoli da parte degli archeologi alla mitica città di Temesa menzionata da Omero (Odissea, libro I, vv. 179-184), dove si racconta di commerci di tale comunità con il re dei Tafi che giungeva da queste parti per scambiare ferro col bronzo: “Mi vanto d’esser Mente, figlio d’Anchialao saggio, e son signore dei Tafi amanti del remo. Or ora approdai, con nave e compagni, andando sul mare schiumoso verso genti straniere, verso Temesa per bronzo, e porto ferro lucente” (trad. A. Mele). I corredi delle tombe di Chiane dimostrano come l’uso dei metalli fosse ben noto alla comunità autoctona. Dalla necropoli vengono, infatti, vari oggetti di ornamento personale come armille a spirale, fibule, torques e pendenti in parte prodotti forse localmente, ma anche di provenienza esterna, soprattutto da ambiente ionico enotrio. Tra gli altri oggetti, grandissima importanza ha il pendaglio circolare in oro presente in mostra che apparteneva al corredo di una sepoltura femminile, la tomba 14. In questo caso si tratta di un oggetto sicuramente importato, forse dalla Campania, anche se esso afferisce all’artigianato di pregio dell’Etruria meridionale. Sappiamo quanto gli Etruschi divennero esperti nell’arte orafa tra VI e IV secolo a.C., ma già a questo livello cronologico le comunità villanoviane erano all’altezza di un’arte già in avanzato corso di formazione. L’oggetto rappresenta quasi certamente un disco solare ed era posto all’altezza del pube dell’inumata. Il suo valore apotropaico e beneaugurante è dato proprio dalla posizione di giacitura: a differenza di altri elementi della parure, pur presenti (collane in ambra e pasta vitrea, anelli in ferro e bronzo, fibule bronzee in bronzo e argento, orecchini in ambra), il disco aureo doveva sottolineare l’importanza per la defunta della capacità generativa.

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Testimonianze dall’antichità nell’alto Tirreno calabrese


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Del resto, l’oro ha dall’antichità rappresentato il metallo indistruttibile per eccellenza. Rappresentava quindi il miglior elemento capace di sottolineare o di sopperire al più grande desiderio umano, quello dell’immortalità. Abilità tecniche nel campo dell’oreficeria non sono comunque ignote nelle nostre zone per l’età antica. Da Scalea provengono due crogiuoli, uno dei quali in mostra, riconosciuti dalla forma troncopiramidale e dalla presenza di residui di fusione ritrovati grazie ad analisi chimiche effettuate sugli oggetti stessi. Si tratta di oggetti dalla sagoma simile ad un bicchierino con beccuccio che venivano adoperati per completare la purificazione del minerale con il metodo della coppellazione. Un probabile riferimento a tale procedimento si trova nell’Iliade (XVIII, 470). Pier Giovanni Guzzo ha proposto una datazione dei nostri crogiuoli in epoca romanoimperiale benchè non vi siano attestazioni nelle fonti scritte di attività di artigiani orefici. Non mancano comunque ritrovamenti di oggetti in oro dalle zone circostanti (Laino, Luzzi) o di attività estrattive (Altomonte), ma i dati a disposizione sono comunque ancora del tutto insufficienti per ricostruire un’attività produttiva e di commercializzazione nel dettaglio.

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Gregorio Aversa Responsabile per l’area archeologica del Tirreno cosentino


Il termine Oreficeria indica l’arte di lavorare i metalli nobili e le pietre preziose per farne gioielli, oggetti d’ornamento, d’arredamento o di culto. Benché oltre l’oro e l’argento siano solitamente utilizzati metalli meno pregiati come il rame dorato o argentato, l’ottone e il bronzo, appare evidente come definire le lavorazioni di oggetti in metalli pregiati “Arti minori” (in confronto con la pittura, scultura, e architettura)per l’Oreficeria sia stata per molti anni soltanto convenzionale e riduttiva, e sostituita dalla critica contemporanea con quella di Arti suntuarie (“di lusso”, dal latino sumptus: spesa, dispendio) proprio per definire i settori della produzione artistica concernenti materiali costosi e ricercati dove è possibile la realizzazione di opere di alto livello, in grado di esprimere i valori estetici, culturali e spirituali della civiltà di appartenenza. Le Arti Suntuarie comprendevano nella tarda antichità una vasta produzione in oro, argento, avorio, gemme, vetro e seta, che era finalizzata all’esibizione dello status sociale delle classi abbienti. Le argenterie, da tavola, per la toletta o per scopi celebrativi e ornamentali, erano prodotte principalmente a Roma, Ravenna, Milano, Costantinopoli, Antiochia e Alessandria d’Egitto. Nel mondo tardoantico (250 - 700 d.C. circa) la lavorazione dei materiali preziosi (argento, oro, avorio, seta, ecc.) ricopre un’importanza di primo piano nel panorama della produzione artistica. La classe dirigente tende a riconoscersi attraverso segni di stato sociale e a distinguersi culturalmente come élite: i prodotti artistici di lusso (gioielli, vesti preziose e ornate, argenterie, manufatti eburnei) assumono tutta una gamma di significati simbolici, propagandistici e di ostentazione di potere. I servizi di uso privato, che avevano già conosciuto una produzione di grandissima qualità nel periodo ellenistico e nell’alto impero romano, gli oggetti costosi e sofisticati, per materiali ed eccellenza di lavorazione, sono spesso usati come donativi imperiali; i piatti sono decorati con scene tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento secondo tematiche e stile decorativo di impronta classica, ravvisabile dal IV al VII secolo, che sembra avvalorare la definizione per gli argenti bizantini di “veicoli naturali di forma classica” (Kitzinger 1977). Al termine del periodo iconoclasta (726-843) l’Oreficeria bizantina è protagonista della fioritura artistica delle arti suntuarie durante l’impero dei Macedoni e dei Comneni (8671204) in cui il mondo occidentale riconosce l’ineguagliabile maestria degli artigiani di Costantinopoli nella tecnica del cloisonné (altrimenti chiamato Lustro di Bisanzio, tecnica di decorazione artistica a smalto, nella quale dei sottili fili (filigrane) o listelli metallici - di solito rame - alveoli, celle detti in francese cloisons, vengono saldati o incollati ad una lastra di supporto dell’opera da costruire; successivamente, nelle zone rilevate dal metallo, viene colato dello smalto, ottenendo quindi una sorta di mosaico le cui tessere sono circoscritte esattamente dai listelli metallici). Se quindi è Indubbia l’influenza che la produzione bizantina esercitò sull’Oreficeria europea sia dal punto di vista tecnico che stilistico, rimane altresì determinante l’arrivo in Occidente di ori e smalti portati dai crociati in seguito alla conquista di Costantinopoli avvenuta nel 1204. Dopo le distruzioni del periodo iconoclasta, le perdite causate dal saccheggio dei Crociati e le successive devastazioni ad pera dei turchi del 1453 compromisero in modo definitivo un patrimonio di cui rimangono testimonianze soprattutto in Occidente (il tesoro della basilica di San Marco a Venezia i cui capolavori bizantini provengono in gran parte dal bottino portato dai Crociati all’inizio del Duecento e ancora in San Marco la Pala d’oro può essere considerata l’opera più significativa per la storia dello smalto bizantino).

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Le Arti Suntuarie Appunti per una breve storia dell’Oreficeria dal IV al XVIII secolo


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Durante l’epoca medievale l’Oreficeria assume più volte un ruolo di assoluto rilievo all’interno della produzione artistica grazie anche alla preminenza che le popolazioni barbariche riconoscevano a questa tecnica come la loro testimonianza più significativa; infatti dalla morfologia e dal gusto che si riscontra in fibule, oggetti sacri e gioielli prodotti tra il IV e il X secolo si può cogliere la genesi dello stile dei secoli successivi, frutto di quel fitto intreccio di influenze orientali, tardo antiche e, appunto, barbariche, favorito dalle grandi migrazioni di questi popoli le cui tecniche di lavorazione sono quelle ereditate dalla tradizione greco romana piegate a nuove esigenze decorative e stilistiche che sfociano nella tecnica definita kerbschnitt, intaglio a cuneo, tecnica introdotta in Italia dagli Ostrogoti, peculiarità degli orafi nomadi, utilizzata per complicati intrecci geometrici e zoomorfi dalle ovvie differenze declinabili su scala geografica, e nella caratterizzazione dell’oro colorato, la predilezione cioè per l’accostamento dell’oro con pietre preziose e vetri policromi. Più rare sono le testimonianze di oggetti liturgici di fattura barbarica. Del VII secolo è il frammento della croce di sant’Eligio (Parigi, Bibliothéque Nationale) che ornava l’altare dell’abazia di Sant-Denis mentre esempi di prestigiosa fattura dell’Oreficeria sacra di epoca longobarda sono nel tesoro del Duomo di Monza: la coperta di Evangeliario di Teodolinda e la croce di Agilulfo. In epoca carolingia e ottoniana l’Oreficeria, che rimarrà fonte di ispirazione fino a tutto il XII secolo inglobando il periodo “romanico”, ha come luogo di elaborazione la corte imperiale, i maggiori centri di produzione sono le città dove risiedono i potenti e l’orafo diventa l’interlocutore d’eccezione di grandi dignitari conoscendo un prestigio mai avuto fino a quel momento. Imperatori, dignitari di corte, papi e vescovi, committenti delle splendide coperte rilegature dei codici miniati decorate ad avori inseriti in cornici preziose, gemme e filigrane (Salterio di Carlo il Calvo – Parigi Bibliothéque Nationale, Codex Aureus – Monaco, Bayerische Staatsbibliothekek). Si infittisce la produzione di croci e reliquari e la realizzazione di opere di grandi dimensioni come i paliotti d’altare e i cibori; la decorazione si differenzia da quella precedente per il progressivo abbandono dei canoni zoomorfi a favore di stilemi vegetali a foglia d’acanto e della trattazione naturalistica degli animali ispirata all’arte romana e bizantina. In Italia meridionale per tutto il XII secolo persiste l’influenza bizantina ravvivata da continue importazioni di oreficerie smaltate dall’Oriente. Caratteristica è la produzione della corte normanna di Palermo ben riconoscibile dalla filigrana detta “a vermicelli” (legatura dell’evangeliario di Alfano, vescovo di Capua, databile tra 1173 e i1182 – Capua, Tesoro della Cattedrale), mentre in Italia centrale l’Oreficeria si adegua al rinnovato plasticismo della scultura dal vivace gusto narrativo (paliotto d’argento di Città di Castello donato nel 1143 alla Cattedrale). Durante il Duecento l’Oreficeria assume un’importanza di assoluto rilievo per la diffusione del linguaggio gotico. Per le loro piccole dimensioni le opere preziose sono oggetti che possono facilmente viaggiare e divenire quindi veicoli di trasmissione di nuove idee progettuali. Le invenzioni dell’architettura gotica sono portate a soluzioni estreme in quegli straordinari esempi di microarchitetture costituiti da reliquari ed ostensori (Castelnuovo 1983). Nelle oreficerie si sperimentano soluzioni stilistiche e tecniche nuove, come nel caso dello smalto traslucido (materia che consente di intravedere la superficie rilucente del fondo d’oro o d’argento bulinato). La fortuna delle tipologie che si affermarono nel Trecento: reliquiari, calici, patene, pissidi e medaglioni decorati da smalti champlevé (tecnica di decorazione per cui alveoli e cavità vengono scavati sulla superficie del metallo e riempite di smalto vitreo; il pezzo veniva poi cotto e una volta raffreddato, levigato e lucidato. Le parti non scavate della superficie originale rimangono visibili come contorno, a volte dorato, dei disegni a smalto), ebbe in molte aree un’appendice fino al Quattrocento inoltrato, momento in ci il filone “tardogotico” costituisce una forte resistenza all’introduzione delle novità rinascimentali. Nonostante le divergenze stilistiche tra lo stile rinascimentale e quello manierista le opere prodotte tra ‘400 e ‘500 sono accomunate dall’importanza assunta dall’oreficeria dimostrata dal fatto che i più grandi artisti dell’epoca compirono il loro apprendistato presso botteghe orafe (Brunelleschi, Botticelli, Dürer, tra i pittori orafi ricordiamo Antonio Pollaiolo e Francesco Francia). Dai numerosi disegni progettuali per oreficerie che si sono conservate distinguiamo la visione rinascimentale ispirata alla coeva architettura dalle invenzioni esasperate e virtuosistiche tipiche del manierismo. L’importanza che il disegno assume nella produzione fiorentina del Quattrocento favorisce la rinnovata fortuna del niello (lastra d’argento incisa e riempita nei solchi di una sostanza nera che sembra congelare nel materiale


Melissa Acquesta Specializzanda in beni artistici. Università di Macerata Bibliografia

H. Swarzensku, Monuments of Romanesque Art, Londra, 1954 E. Steingraber, L’arte del gioiello in Europa dal Medioevo al Liberty, Novara, 1957 G. Mariacher, Argenti italiani, Milano, 1965 I. Belli Barsali, L’oreficeria medievale, Milano, 1966 E. Steigraber, L’oreficeria dal rinascimento ai nostri giorni, Milano, 1966 J. Beckwith, L’arte di Costantinopoli, Torino, 1967 A. Grabar, L’età d’oro di Giustiniano, Parigi, 1967 (ed. it. Milano 1967) W. F. Volbach, Le arti suntuare, in J. Hubert - J. Porcher – W.F. Volbach, L’Europa delle invasioni barbriche, Pargi 1967 (trad. it. Milano 1968) P. Lasko, Ars sacra: 800-1200, Londra, 1972 E. Kitzinger, L’arte bizantina, Londra, 1977 (trad. it. Milano 1989) E. Castelnuvo, Arte delle città, arte delle corti tra XII e XIV secolo, in Storia dell’Arte Italiana, V, Torino, 1983. A. Griseri, Oreficeria del Rinascimento, Novara, 1986 Costituiscono un aggiornamento ai testi citati i cataloghi delle mostre: Age of Spirituality, New York 1979; Il tesoro d San Marco, ed. it. Milano 1986; Splendori di Bisanzio, Ravenna 1991; Bisance. L’art bizantin dans les collections publiques françaises, Parigi 1992-93; I Longobardi, Ciodropo, Civiale del Friuli 1990; I Goti, a cura di V. Bierbrauer, E. Arslan, O. Von Essen, Milano 1994.

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pregiato l’essenza del disegno – Collareta 1988). Grande slancio assume l’oreficeria profana, il tesoro raccolto dalla corte medicea a partire da Lorenzo dè Medici, a cui si deve la presenza in Italia di alcuni tra i migliori maestri stranieri (il fiammingo Pietro Coster e l’olandese Jacques Biliverts), costituisce la più ricca collezione di Oreficeria e Glittica del Rinascimento. Mentre la Lombardia di distingue per la lavorazione degli smalti dipinti, a Genova cresce l’importanza per tutto il Cinquecento degli argenti profani decorati da temi encomiasticocelebrativi desunti dalla pittura; per dare maggiore prestigio alle suppellettili, infatti, venivano coinvolti i pittori più in voga del momento mentre l’esecuzione degli argenti veniva affidata ad orafi fiamminghi o spagnoli. La scuola di Fontainebleau invece è uno degli esempi dell’esportazione in Europa dello stile italiano anche nel campo dell’oreficeria: Cellini dopo l’esperienza romana si trasferisce in Francia e porta a termine la celebre saliera (1540), iniziata per Ippolito d’Este e conclusa per Francesco I, ispirata in generale alla scultura manierista, riprende le tombe medicee di Michelangelo. Durante il Seicento, epoca in cui le oreficerie più prestigiose si contano principalmente nella produzione a carattere profano, la Francia, l’Olanda (dove i fratelli Paul (1568 ca.-1613) ed Adam (1565-1627) van Vianen introducono il fortunato Kwabornament, stile “auricolare” perché assimilabile alle sinuose forme dell’orecchio apprezzatissimo dal nascente gusto barocco) e l’Italia sono i paesi in cui l’Oreficeria assume un ruolo significativo nell’elaborazione del linguaggio barocco. In Italia infatti benché permanga una forte resistenza alle novità nordiche per la solida presenza di una tradizione classica e di uno stretto legame con l’architettura è Roma il centro in cui si concentrano le personalità più significative come Giovanni Giardini (1646-1721) autore della nota serie di disegni per oreficerie pubblicati a Praga nel 1750 con il titolo Prontuarium Artis Argentariae, mentre a Genova perdura la consuetudine di far eseguire ad artisti famosi disegni per gli orafi fiamminghi e spagnoli attivi in città, di cui sono celebri le argenterie da patata decorate con storie dinastico-celebrative, a Firenze continua l’impiego di pietre dure. A Napoli si abbina al fiorente filone della committenza sacra anche quella profana sui fantasiosi modelli di Orazio Scoppa e i disegni di Lorenzo Vaccaro mentre in Sicilia senza pari è la produzione degli argenti provenienti dalla bottega dei Juvarra; il tardo barocco trapanese invece è caratterizzato dall’uso di inserti in corallo. Le oreficerie francesi vanno inserite nel più ampio discorso sugli stili Luigi XIV e Luigi XV e comprese quindi nel gusto che unificava gli arredi delle residenze reali secondo il gusto prima barocco (le invenzioni di Le Brun) poi rococò di cui nel Settecento la Francia assume un ruolo di assoluto richiamo per tutta l’Europa. Le argenterie sono lavorate con motivi in cui predomina il senso di movimento, la libertà da schemi tradizionali, la fantasia sfrenata ed originale per le decorazioni desunte principalmente dal mondo marino. La storia dell’Oreficeria a partire dalla seconda metà del Settecento tende sempre di più a coincidere con quella più specifica degli argenti. La riscoperta di Ercolano e Pompei infine segna la gran moda per oggetti in stile classico che coinvolge l’argenteria contemporanea.


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Notizie di tesori e incantesimi in provincia di Cosenza tra Cinquecento e Ottocento Il desiderio di trovare un tesoro e di godere dei suoi benefici ha sempre accarezzato la mente degli uomini. Dall’antichità, comÉè specificato nel diritto romano e nelle costituzioni degli imperatori Leone e Zenone, molti uomini sono stati attratti da leggende e racconti popolari che tramandavano l’esistenza di beni preziosi e di scrigni misteriosamente custoditi in luoghi inaccessibili e molti di essi si sono cimentati nella ricerca, fiduciosi di riportarli alla luce. Secondo la cultura medievale, però, l’ attività dipendeva da prerogative extrasensoriali e fu osteggiata dalla Chiesa, che l’interpretava come un fenomeno alimentato dal demonio. Nella provincia di Cosenza, diversi cittadini hanno sperato di rinvenire un tesoro e, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, il re Alfonso d’Aragona ordinò a Simonetto Scannasorice e Palmadisse Sassone («eorum vita durante») di trovare qualunque genere di metallo e tesoro. Nella prima metà del XVI secolo, nell’ambito di una generale rivalutazione del mondo classico, grandi e piccoli baroni perlustrarono i loro feudi alla ricerca di oro e si distinsero nell’attività antiquaria Prospero Parisio, Vincenzo Tarsia, Adriano Guglielmo Spadafora, Giovan Battista Martirano e, soprattutto, Alberico Cybo il quale, nel 1582, cercò di recuperare i beni preziosi scoperti da tre vassalli di Aiello garantendogli il pacifico ritorno nel centro previa restituzione di quella fortuna, «del quale sarebbe stata loro attribuita una quotaparte». Nello stesso periodo, fece notizia lo scavo promosso dal banchiere genovese Agostino Belmusto nella contrada “Erbolano” di Pietrafitta dove, a giudizio dei contemporanei, si trovava una pietra «con un segno de ferro de mula o cavallo scolpita», che nascondeva un «tesoro de oro, argento, o, gioya, o de qualsivoglia cosa occulta». Il territorio era di proprietà di Giovanni Martino Greco il quale, il 30 giugno 1578, per accattivarsi la simpatia del potente ligure accettava di ricevere 1/5 del materiale trovato. Nel Seicento, i sondaggi interessarono Luzzi e i principi Firrao, mentre un tesoro di grandi proporzioni fu scoperto a Paterno ai piedi della collina di “Carpinetto”: un luogo su cui aleggiava un’antica leggenda animata da spettri, esseri infernali, streghe, folletti e uccelli notturni «soliti a percuotere con le ali il volto dei curiosi ». Da una relazione inviata al vicerè di Napoli, Gaspar de Brancamonte y Guzman, si evince che tutto avvenne grazie al sogno premonitore di una donna a cui apparvero due giganti seppelliti nel monte, e sotto i loro corpi un grosso tesoro. Gli scavi non smentirono le indicazioni e i villici si impossessarono di molte monete d’oro e d’argento impresse su due facce che avevano la seguente raffigurazione: sul dritto una testa coronata d’alloro, e sul rovescio una spiga di frumento.Gli oggetti riportati alla luce favorirono il collezionismo signorile e, proprio in quella stagione, il principe di Bonifati Roberto Telesio acquistò un “tesoro” di monete antiche scavate in territorio di Mottafollone (contrada S. Giuliano). Nel Settecento, l’attività di ricerca fu illustrata dai viaggiatori stranieri e regolarizzata da Carlo e Ferdinando IV di Borbone. Entrambi i sovrani emanarono speciali leggi di tutela in materia archeologica per evitare la “pratica predatoria” e autorizzarono il canonico cosentino Giuseppe Pastore a intraprese nuovi scavi nella località “Muricelle” di Luzzi i cui risultati furono sintetizzati in un diario di lavoro, poi inviato al Real Museo Borbonico di Napoli. Contemporaneamente, a Bisignano, il vescovo Bonaventura Sculco raccolse una interessante collezione di monete custodite nella Biblioteca Diocesana. La buona riuscita dei sondaggi, nella seconda metà XVIII secolo, stimolò la fantasia della gente, la quale sperò nel ritrovamento dell’oro per superare i disagi di una precaria condizione


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economica. Gli esiti, però, non furono sempre fortunati. L’11 settembre 1771, ad esempio, il sacerdote Giovanni Cribari della terra di Rende si costituiva presso il notaio Saverio Mazziotta e, tristemente, affermava:

In altri centri il sogno si tramutò in realtà e se a Luzzi faceva notizia la scoperta di una medaglia d’oro con una Dea assisa sull’ippocampo, a Falconara Albanese alcuni fanciulli, sotto delle grosse lastre di pietra poste nella località “La Scala”, rinvennero una pignata con monete d’oro, successivamente sottratte dal concittadino Carmine Morello. Intorno a Cosenza, il ritrovamenti di materiale prezioso, nel 1854, fece gridare alla scoperta della tomba di re Alarico. In un terreno attiguo all’Ospedale Civile di proprietà del monastero delle Clarisse «un contadino, preparando quella terra alla semina, rinvenne un vaso di creta di media grandezza pieno di monete d’oro dè tempi di Claudio, e di parecchi altri Imperatori romani. Non conosciute dallo scopritore ignorante, cui fecesi credere non aver altro valore che quello di carlini cinque o sei l’una, esse caddero in mano d’ingordi vampiri, i quali mercè quella compra immorale allargarono vie meglio la loro fortuna». Anche questa collezione finì nelle abitazioni private e tra le mani di influenti personalità cosentine dell’epoca come Pasquale Bombini, Giacinto Di Falco, Francesco Pontieri, Pasquale Campagna e dell’orefice De Caro, che non si preoccuparono delle indagini promosse dalle autorità borboniche ribattendo ogni accusa. Concludiamo questo breve excursus sulla scoperta di tesori ricordando il suolo della provincia di Cosenza ha restituito altre sorprese nel Novecento. Il secolo che ha visto trionfare l’archeologia stratigrafica e che si aprì sotto gli auspici di un ulteriore ritrovamento nella grotta delle Ninfe presso Cerchiara di Calabria quando il muratore Antonio Pezzulli«trovò delle lucerne in abbondanza e delle monete d’oro. Da queste ultime (riferiva il corrispondente della Cronaca di Calabria) si può constatare che detti oggetti appartengono ad epoca remotissima e probabilmente alla pompeiana. Le lucerne sono bellissime per le incisioni in esse fatte: guerrieri, animali ecc. e fra l’altro ve ne sono anche delle pornografiche». Era il 4 luglio 19051. Antonello Savaglio Storico

1 Per maggiori particolari e i riferimenti bibliografici e archivisticisi rimanda ai nostri studi: Scavi di antichità, esperienza antiquaria e tesoretti monetali in Calabria tra XVI e XIX secolo, in «Rivista Storica Calabrese», A. XXI (2000), nn. 1-2, pp. 145-177; Ricerca antiquaria e scoperte archeologiche in Calabria e a Luzzi in Età Moderna, in «Archeologia in territorio di Luzzi: stato della ricerca e prospettive», a cura di Antonio La Marca, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, pp. 129-142.

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in quei tempi fu portato da fu padre Antonio di Rende – religioso dell’Ordine Osservante – e da altre persone, che non si ricorda (il nome), a scavare e ritrovare poco distante da detta cava, in dove vi era una pietra, un tesoro, come dicevano, che poi non si trovò […] e per detta cava si partirono.


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Gioielli di cultura

Si sa quanto sia noto, credo quasi in tutto il mondo, il nome di Gimpaolo Babetto come creatore di gioielli che dialogano col concetto di spazio, pur rimanendo sempre, e comunque, espressione legata al gioiello, senza che il gioiello si trasformi, come spesso accade in molti tra quelli creati dagli architetti, in progetto architettonico in scala (del resto accade la stessa cosa per molti dei cosiddetti “gioielli d’artista”, spesso piccole opere che si riportano al quadro o alla scultura). Sono spesso, i suoi, gioielli difficili, che chiedono, a chi li indossa, una partecipazione di cultura, tornando a darsi, peraltro, sempre come “ornamento”, quando si dia a questo termine, e a quello affine, “decorazione”, il significato che attribuiva loro Alois Riegl, quando, nel suo Stilfragen, uscito nel 1893, scriveva: “… il bisogno di decorazione è… uno dei più elementari bisogni dell’uomo, più elementare di quello della protezione del corpo”. E si ricordi che Werkade, un Nabi belga, avrebbe dichiarato, più tardi: “non ci sono quadri, c’è solo decorazione”… Non si limitano, dunque, i gioielli di Babetto, a proporsi come “gioielli d’arte”, ma, oserei dire, come “gioielli di cultura”, nel senso che sono il portato di una creatività nutrita di una cultura fondata sul contemporaneo, che si arricchisce di rimandi continui alla storia artistica e architettonica, da quella veneta rinascimentale al portato lucido e trasgressivo del Manierismo toscano, letto attraverso l’affascinante “strabismo” dell’occhio del Pontormo. Oggi il lavoro di Babetto acquista una dilatazione nuova, si misura direttamente con lo spazio dell’architettura, quasi che il gioiello sia stato, per lui, oltre che uno specifico campo di ricerca e di straordinaria sperimentazione, anche un esercizio di approfondimento, per affrontare una scala nuova, e problemi e concezioni assolutamente “altri”. Progetta pezzi di arredo per ambienti raffinati, per amici collezionisti; tra questi, una splendida villa padovana (Casa Romamin Jacur), immersa nel verde, con saloni arredati con bei mobili e quadri antichi, in mezzo ai quali egli sembra calare, come da un universo “alieno”, i suoi tavoli, fantasmi di un mondo diverso, spesso bianchi, o rosso-neri, oppure dall’opalescenza diafana del metacrilato (materiale che egli usa anche, con effetti straordinari, nei suoi gioielli, in gara di trasparenza con i suoi “vuoti”, nei quali si annidano colori profondi). Quasi “angeli metropolitani”, questi tavoli sembrano voler portare in questi ambienti morbidi, rarefatti, la vita “di fuori”, il rumore della città, a gareggiare, con ostentata diversità, coi raffinati, silenziosi pezzi antichi. Diversità che si fa più evidente quando si osservano questi lavori nella loro struttura: elementi “primari”, ad un primo sguardo, duri, minimali, si complicano, nel loro comporsi, di scarti improvvisi, di sovrammissioni e intersezioni di piani, nella disposizione delle gambe, talvolta non allineate (spesso una non segue il verso delle altre); oppure sostegni di colore diverso si sovrappongono – e mi viene in mente, di Ungaretti, “Tappeto” (da L’Allegria) “Ogni colore si espande e si adagia sugli altri colori / per essere più solo se lo guardi”...). I sostegni si trasformano spesso in composizioni dai colori alternati, che fanno pensare a Rietveld. Credo che il Neoplasticismo, il Costruttivismo russo, e, di conseguenza, alcuni esiti del Decostruttivismo siano rimasti i riferimenti architettonici più sentiti di Babetto. Ma si vedano anche i suoi scarni divanetti-dormeuse che giocano sull’idea di un minimalismo assoluto, ma con lievi scarti nella forma dei cuscini di base (su uno bianco un piccolo cuscino cilindrico, disposto tra due sedute, movimenta l’insieme), e i due divani con spalliera irregolare che giocano anche sul contrasto dei colori. E i grandi tavoli da esterno, disposti in successione, anch’essi con lievi diversità. E quelli il cui piano in legno, ad alto


spessore, contrasta con la sottile esilità dei sostegni… Ed ecco, quasi una sigla “doc”, lo splendido armadio-credenza quadrato, che sulla superficie laminata in argento lascia appena trasparire, in piccole “rughe”, il fondo laccato rosso vivo, colore che si fa sovrano e totale nell’interno Casa Schäfer, Meerbusch). Ma, e qui sta la firma irripetibile di Babetto, su una delle due ante, ad altezza di apertura, un breve scalino sostiene, seduta, la sagoma sbarazzina del ragazzino di Poggio a Caiano, di Pontormo, che lascia cadere in basso, da un cornicione, una gamba. Laminata in argento, questa immagine si riporta direttamente al tema di alcuni suoi gioielli. Ma non sarà un caso che, presso il mobile, sotto una grande vetrata obliqua, poggi proprio una piccola sedia lignea di Rietveld, a ribadire la nuova impostazione di ricerca di Babetto? Ricerca che si allarga fino a misurarsi direttamente con lo spazio, affrontando anche temi di architettura di interni, riportando alla luce, o piuttosto alla pratica diretta, l’esperienza dei suoi studi di architettura. Del resto siamo oggi in un momento, per le arti, e non solo, di grande indeterminatezza, diciamo pure, con un termine divenuto troppo presto “di moda”, un periodo di “contaminazione” stilistica, disciplinare (ma anche di razze, di vita, di religioni…). Per le arti questo è un retaggio che i movimenti “radical”, in Italia, in Europa, negli U.S.A, hanno, anche inconsapevolmente, provocato. Dico inconsapevolmente perché quel coinvolgimento delle arti visive nell’architettura aveva inizio, appunto, al sorgere del “movement”, ma rimaneva ancora, per così dire, privato e personale. Era l’espressione di giovani architetti “in rivolta”, in uno straordinario e vitalissimo momento storico. Era, in ogni caso, la prima volta che il clima artistico si calava direttamente nella vita e nei processi architettonici (si pensi al rapporto, solo per citarne uno, tra gli Archigram e l’American Life la “Pop-ular Art” vista dall’Inghilterra). Col passare del tempo, esplodendo negli ultimi quindici anni, quella che si considerava l’artisticità specifica dell’artista, diversa, per antonomasia, da quella dell’architetto, passava, per gran parte, nella prassi architettonica, così che, oggi, l’arte si esprime, in maniera diretta, nelle opere architettoniche (ovviamente non nell’architettura corrente, troppo spesso assai squallida, ma nelle grandi espressioni, che fanno dei più noti architetti, in questo momento, e con la solita esagerazione delle mode, delle vere “star”…). Questo, sia chiaro, non toglie niente agli artisti. Rappresenta, semmai, un arricchimento nelle arti, nel rapporto reciproco di creatività. E non si tratta di un ennesimo tentativo, spesso riproposto, e quasi sempre fallito, di “sintesi delle arti”, ma di una sorta di intersezione e di interazione di esperienze, di creatività, di tecniche, che concorrono in un risultato comune, senza che ciascuna perda della propria autonomia e specificità. Talvolta questo processo si verifica nel lavoro di un solo artista, come nel caso di Giampaolo Babetto, che, pur trasferendo, in ogni sua attività, tutta la sua carica di espressività, fa sì che ogni tipo di realizzazione si arricchisca dell’esperienza delle altre, riuscendo a rimanere autonoma. Così nella sua esperienza di architettura di interni Babetto trasferisce il suo tipo di creatività, che è sempre unica, in ogni suo lavoro, riuscendo a diversificarne le valenze. Certamente certe raffinatezze, che gli sono servite per il suo trattamento dell’ oro (Flora Wiechmann, una tra le più note artiste orafe degli anni Sessanta, lo ha definito “il mago dell’oro”) vengono applicate anche, trasposte, nel trattamento di certe superfici parietali, veri, sensibili monocromi. La

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scala di quest’altra casa padovana (Casa Scimone), che culmina in un lucernario che inquadra il cielo (vien da pensare a Turrell), lascia filtrare la luce, naturale e artificiale, attraverso tagli irregolari che sembrano alludere anche a Libeskind. Anche se qui la drammaticità dei tagli di Libeskind si trasforma in serena, limpida formatività. E si pensi, infine, al pavimento della hall di un nuovo, tecnologico grattacielo della Mitsubishi Estate Co. Ltd, a Tokyo, che Babetto ha solcato di tagli profondi, coperti da piani trasparenti, disposti a raggiera (con spiazzamenti che rompono la simmetria). Tagli che proseguono anche all’esterno della costruzione, fuori dalle porte vetrate, quasi a proiettar fuori il riflesso del rutilante tesoro chiuso all’interno. Babetto ha infatti riempito questi tagliscavo di una coloratissima, lucente ghiaia di vetro, un tesoro sommerso di gemme, che luci nascoste esaltano (riflettono, dice Babetto, l impressione che ha ricevuto da Tokyo, quella di un brulicante magma segreto, prezioso e drammatico, di una straordinaria forza). Si più pensare che, in questo lavoro che Babetto ha chiamato “In finito”, che aggiunge una nota di grande sensibilità poetica a tutto il complesso, egli abbia voluto fare una concessione alla sua attività primaria di artista orafo. Se non fosse che non credo egli abbia mai usato (o almeno quasi mai), nei suoi gioielli, pietre luminose. Lara Vinca Masini

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da Giampaolo Babetto – Gioielli di cultura, catalogo della mostra (Monaco, Galerie Handwerk – Poggio a Caiano, Villa Medicea), Gli Ori, Prato 2002


Il gioiello è una forma d’arte che media tra passato e presente, è un mezzo mnemonico, è un linguaggio educativo e codificatore. È un processo creativo, evidenziato dal fare, che si proietta nel mondo esterno. Erano gli anni cinquanta e io, come d’altronde molti dei giovani studenti del M.A.I., Museo Artistico Industriale, di via Conte Verde a Roma, ero un assiduo ammiratore delle vetrine di Mario Masenza. Quanti pomeriggi, nascosto, perché un po’ mi vergognavo, aspettavo impaziente la sparizione di quelle saracinesche che nascondevano i miei desideri e catturavano così tanto la mia attenzione. Ricordo, in particolare, due candelieri in argento di Cannilla, li invidiavo, avrei voluto esserne io l’autore. Usare i metalli preziosi in quel modo così trasgressivo mi attraeva. Mi seducevano le forme asimmetriche e discordanti, il rispetto della materia, la sua plasticità. Ero poco più di un bambino e amavo giocare; ripenso, ancora, come davanti a Masenza il mio gioco usuale era quello di individuare l’autore prima di leggere il nome dell’artista nelle targhette d’ottone. A volte mi ritrovavo a parlare a voce alta e poi imbarazzato mi sentivo così scemo da scappar via di corsa. Dino Basaldella, Consagra, Capogrossi erano inconfondibili ma Mirko, Mirko era difficile. Lo confondevo con Afro, ma poi Afro lo riconoscevo per il suo peculiare cromatismo, dovuto al suo fare pittorico come, cresciuto nel lavoro e nello studio, seppi più tardi. Durante le lezioni a scuola, il mattino successivo, ne parlavo con il prof. Orlandini che si intratteneva volentieri sull’argomento; si discuteva allora su di una forma, sul perché di quella pietra e di quel colore opaco. Riflettere sulla testura, sul plasticismo del metallo, sulla tecnica usata; analizzare il gioiello e il suo utilizzo, sono i messaggi che i proff. Orlandini e Gerardi mi hanno trasmesso. Fenomeno tipico della Roma anni cinquanta fu un amore particolare per l’Arte minore, manifestatosi sotto l’aiuto e la guida dell’architetto Galasso che a borghetto Flaminio riunì un gruppo di artigiani e artisti collegati tra loro da un comune desiderio di sperimentare, di lavorare su forme e concetti nuovi, consapevoli del ritardo che il fascismo e la guerra aveva arrecato alla ricerca artistica italiana. Lavorarono su commissioni di ogni genere: tavoli, lampade, ceramiche, mosaici, gioielli ma, il laboratorio non durò a lungo; morì, oltre che per incapacità imprenditoriale e difficoltà d’aggregazione, per motivi economici. Mario Masenza ebbe il grande pregio di capire il momento e di attirare a sé alcuni degli artisti del borghetto, ingrandire il gruppo e specializzarlo nel prodotto orafo, di cui conosceva bene sia la richiesta sia la commercializzazione. Maenza non fu un semplice negozio d’oreficeria dai raffinati mobili d’epoca, dal soffitto affrescato con Venere nascente e Danae circuita da manciate di oro e gioielli, fu, per Roma, una fucina di idee, un teatro i cui attori erano, così come la mente li rammenta, salvo dimenticanze, i fratelli Basaldella, Franco Cannilla, Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Nicola Carrino, Alberto Gerardi, Lorenzo Guerrini, Renato Guttuso, Nino Franchina, Giulio Turcato, Marcello Avenali, Gino Severini, Lucio Fontana, Carlo Carrino, Pietro Dorazio, Emilio Greco, Leoncillo Leonardi, Carlo Lorenzetti, Mario Mafai, Edgardo Mannucci, Umberto Mastroianni, Mazzullo, Pericle Fazzini, Gaetano Pompa, Giuseppe Uncini e Giuseppe Santomaso. Erano i grandi artisti della seconda metà del novecento. Ora è un palcoscenico vuoto il cui sipario è calato su uno dei tanti, infestanti negozi d’abbigliamento. Collaboratori di Masenza, quali raffinati tecnici, capaci di rapportarsi naturalmente con la

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Quando la mano incontra la materia


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creatività degli artisti, furono Gherardi e i fratelli Fumanti. Diderico Gherardi fu uno dei primi artigiani a Roma a sperimentare nell’oreficeria alcune tecniche proprie della scultura, fusione a cera persa, tassellatura per ottenere i modelli sottosquadro, ecc., collaborando fin dal primo dopoguerra con Masenza nella realizzazione dei gioielli d’artista. Data la sua abilità professionale riuscì a collaborare con artisti dalle diverse personalità; in particolare realizzò lavori per Afro riuscendo a trasportare nei gioielli l’atmosfera, la lirica, il linguaggio poetico del pittore. Questa fu la realtà romana in cui mi sono formato. Ma di tutto ciò, che per me fu così importante, cosa è rimasto? Quanto lo si ritrova nella produzione orafa artigianale e/o industriale? Quanto nella sensibilità dei committenti? Quanto nel gusto della gente? Chiuso il negozio di Mario Masenza, trasformato il M.A.I. in Istituto d’Arte, la cui direzione non seppe raccoglierne l’eredità culturale, il panorama artistico-artigianale romano, tranne poche eccellenze, frutto dall’ingegno italiano, è guidato da artieri ricchi di capacità ma poveri di idee. Riproducono pedissequamente gli artefatti del passato lacerando così, oltre alla capacità di rinnovamento, quell’ordito di conoscenza e di sapienza tecnica, vanto e valore della propria storia. Che cos’è la Scuola di Padova? È semplicemente l’Istituto Statale d’Arte “Pietro Selvatico” di Padova. Scuola statale che ha come allievi ragazzi che vanno dai quattordici ai diciotto anni; una scuola, quindi, come tante in Italia ma che è andata arricchendosi negli anni, grazie ad un particolare tipo d’insegnamento, di una valenza e di una risonanza internazionale. Fenomeno unico nel panorama europeo tanto da far cadere in equivoco molti operatori stranieri che la reputano una scuola di perfezionamento universitario. Cosa che purtroppo in Italia non se ne ha neanche l’ombra. Fu Fritz Falk, direttore dello Schmuckmuseum di Pforzheim, a coniare la denominazione “Scuola di Padova”, intendendo così raggruppare sotto tale attributo quegli orafi-artisti, ex alunni del “Selvatico”, ora insegnanti o liberi professionisti, che portarono avanti, ognuno con il proprio lemma, un fare gioie legato alla conoscenza della materia, allo studio plastico su base geometrica, all’invenzione formale e all’attenzione verso l’oggetto “pensando alla sua proiezione oltre il presente” (Mario Pinton, la scuola dell’oro). Gli orafi della Scuola di Padova hanno dato una risposta fattiva, ognuno con la propria espressività e i propri lavori, ai mille quesiti che il Gioiello Contemporaneo comporta. Il gioiello contemporaneo è quell’immaginare, creare, fare (e anche acquistare) un gioiello avendo come pensiero primo l’essere testimone della propria epoca; la sua preziosità non deve dipendere esclusivamente dai materiali di valore ma dall’innovazione, da quell’insieme, da quella particolare attenzione che unisce la tecnica, indispensabile per la sua costruzione, all’intento di trasmettere all’oggetto il pensiero, la ricerca, i dubbi, i sentimenti e la emozioni dell’artefice. Ogni gioiello reclama il proprio tempo di lettura: trasmette emozioni, appaga l’occhio e fa desiderare; crea uno stato d’animo, dà il tempo alle immagini di formarsi e di trasferirsi nella fantasia dell’uomo. Leggere la semantica della textura, catturare il pieno e il vuoto della superficie, il valore cromatico e simbolico dell’opera, l’originalità, frutto di ricerca e non di vana imitazione di un fare nuovo, sono speculazioni che favoriscono la comprensione del lavoro e trasmettono, al lettore, i sentimenti e le emozioni dell’artefice. Entrare nel percorso creativo del gioiello, svelarne il processo, riga dopo riga, assaporarlo lentamente come lento è stato il suo affiorare dalla mente al metallo, richiede un passo mite che permetta l’ingresso nei misteri del fare per camminare lungo i percorsi del sapere, gustandone i passaggi e lasciando che il tempo lo penetri pigramente e lo faccia proprio. Solo un’attenta analisi, scandita dal ritmo del tempo e dalla lettura dei segni, testimoni della molteplicità dell’elaborazione, palesa la conoscenza di antiche e semplici modalità e apre le porte al mondo intimo dell’artista. L’arte si avvale della tecnica per manifestarsi altrimenti rimarrebbe un pensiero non applicato. La formazione si fonda sulla riproduzione cioè sulla conoscenza del già fatto. La ripetizione è implicita nell’apprendere, non si impara se non si rifà. Imparare significa padroneggiare il già detto, saper giocare tutti i giochi già fatti, raggiungere la conoscenza e il rispetto della materia; ambire a un risultato “alto”. Più informazioni, più procedure, più tecniche si conoscono, più possibilità si hanno di mettere a frutto la propria creatività. Quando la mano incontra la materia; la materia si scontra con la tecnica. L’intervento dell’uomo sulla materia presuppone un profondo studio della tecnica. É grazie ad esso che si realizza ciò che ancora non esiste ma si è immaginato. La facoltà della mente umana che permette di dar vita a quel che ancora non esiste si chiama immaginazione. Solo l’immaginazione ci permette di pensare a un diverso modo di progettare,


Fausto Maria Franchi Roma 22 novembre 2012

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costruire, indossare e far vivere sugli altri la propria opera, i propri gioielli. La creatività è mossa sempre dall’immaginazione. L’immaginazione nasce dal desiderio, dal conflitto, perché tra il desiderio e il suo oggetto c’è la realtà. Muove da un rifiuto delle cose come stanno; le ordina, le sistema in un altro modo oppure le smonta, le scompone, le priva di senso, le sfigura e le fa diventare “altro”. L’immaginazione è l’impulso che sottostà alla prima idea, produce fantasia, ed è la fantasia che fa da guida alla creatività, mentre il ragionamento è sospeso; subentra in seconda lettura per definire, controllare e codificare il modello. Quando l’immaginazione è al lavoro, si smette di essere razionali e si comincia a desiderare. Cioè, a osservare. A sentire. A volere. A progettare. L’arte orafa è una disciplina difficile, ricca di molteplici aspetti, che necessita anni di applicazione per una sua soddisfacente conoscenza. Molte sono le difficoltà che l’orafo deve affrontare per sopravvivere. Le regole del commercio e le pratiche amministrative non risparmiano le attività artigianali così molti orafi si limitano a realizzare scadenti modelli in cera, acquistati in fornitura, e a commercializzare oreficeria seriale industriale. Questo va assolutamente combattuto. Viviamo in città dal ricco patrimonio culturale, siamo circondati da una natura fantastica: il bello è insito in noi. È il bello è spiritualità, riflessione, amore, dedizione, consapevolezza. Più volte si è proposta l’idea della scuola bottega o di corsi nei laboratori artigiani. L’idea base è quella di creare una sinergia tra l’istruzione scolastica e i laboratori artigiani preposti e abilitati a completare l’insegnamento pratico. Le due identità dovrebbero formare un unico cantiere dove i giovani riceverebbero delle solide basi facilitandone l’inserimento nel mondo lavorativo. Per poche eccellenze di studenti il progetto potrebbe essere ottimo, ma com’è possibile mettere in pratica un progetto del genere per una massa di migliaia di studenti? Dove sono i laboratori preposti? Dovrebbero nascere dei mega laboratori con a capo un maestro d’arte dove scuola, committenza, ricerca si mischiano in un unico fare. In pratica ritornare a qualcosa di simile alla bottega rinascimentale. É sostenibile oggigiorno? Non sarebbe auspicabile la nascita di Università delle Arti Applicate, si hanno esempi in Europa, dove cultura, teoria e pratica camminino parallelamente? Dove l’insegnamento delle tecniche vada di pari passo alla programmazione, allo sviluppo della personalità artistica, allo studio della storia dell’arte e dove a dirigere i vari dipartimenti siano chiamati artisti affermati che diano agli studenti qualcosa di più di un mero insegnamento? L’artigiano, così formato, riotterebbe credibilità, valenza e tutto il mondo dell’artigianato riacquisterebbe un posto di prestigio nella filiera del lavoro. Nella società attuale, la lettura del lemma artigianato e del suo peso, pur essendo sottoposta a molteplici sfaccettature, non gode certamente di rilievo e ha un ben scarso valore d’insieme. Il termine indica quella miriade di piccole imprese incuneate, pur non avendone la forza economica, tra le aziende industriali atte a produrre pedissequamente gli artefatti del passato lacerando così, oltre alla capacità di rinnovamento, quell’ordito di conoscenza e di sapienza tecnica, vanto e valore della propria storia. La molteplicità dei problemi, la crisi del settore, porta l’artigiano a camminare su due sentieri, solo in apparenza contrastanti, tornare alla bottega e/o aprirsi al mondo globale. Riappropriarsi dell’istituto della bottega, perfetta forma di organizzazione artigiana, del suo saper fare e saper far bene, teso al progetto affinché mano e mente camminino verso una identità qualitativa che trascenda dalle divisioni delle arti, perché “tutti i mestieri o professioni hanno il medesimo valore e diritto”, significherebbe rientrare a piè pari nella produzione artistica e culturale, educandone il mercato. Aprire il campo a nuove richieste, essere preparati ad altre vie di sbocco, comprendere le contaminazioni che un mondo globalizzato trascina inevitabilmente, saper fare buon uso delle tecniche innovative, compresa la riproduzione multipla, perché un buon prodotto non significa esclusivamente pezzo unico fatto a mano, anzi, liberare l’artigianato dagli innumerevoli e brutti oggetti fatti a mano, vorrebbe dire riscrivere le pagine di quel libro dimenticato chiuso nella impolverata soffitta della storia dell’artefatto.


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Graziano Visintin

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Ricordo il mio primo incontro con Graziano Visentin nel 1979 di fronte al "Pietro Selvatico" l'Istituto d'Arte di Padova. Conclusi gli studi liceali,appena arrivata da Roma,ebbi la fortuna di entrare in contatto con un gruppo di artisti orafi,gia` allora noti come "la scuola Padovana". Tra me e Graziano inizio` una profonda amicizia,che maturo` nel suo studio dove trascorrevo molte ore come giovane allieva. Guardo ora il suo lavoro e vedo Graziano di fronte a me come 30 anni fa,con le sue belle mani,il suo sguardo concentrato,la pazienza tenace e la sua determinazione. Tutto É ancora pervaso dalla stessa atmosfera rarefatta,una sorta di silenzio magico nel quale devi muoverti lentamente e con delicatezza se vuoi cogliere l'intensita` e la bellezza delle sue creazioni. Armonia ed equilibrio affiorano dagli elementi presenti,tutti necessari e complementari,come se non fosse stato necessario alcuno sforzo creativo; e lo smalto, cosi` leggero e tattile, non rompe questo equilibrio ma anzi lo arricchisce. Insieme forte e fragile, il lavoro di Graziano Visentin ci parla l'antica lingua sacra dei grandi maestri, e per questo lo ringrazio. Francesca Di Ciaula Roma, ottobre 2009


Borgo orefici a Napoli e la mostra a Cosenza

Borgo Orefici è uno dei quartieri più antichi del centro storico di Napoli. Si estende intorno alla famosa Piazzetta Orefici dove, ancora oggi, si concentrano le più famose e qualificate botteghe orafe dell’Italia meridionale. Una storia, quella dell’arte orafa del borgo, che ha radici nobili e antiche e dove ancora, a distanza di secoli, conserva, tra le sue vie e casette, tutta la tradizione. In questo luogo all’età di ventuno anni mi sono ritrovata per imparare il mestiere mentre frequentavo la Scuola di Arte Orafa Meridionale. Sono cresciuta facendo il “garzone di bottega”: preparavo il caffè, spazzavo il pavimento ma nel frattempo imparavo l’arte dai maestri, quell’atmosfera magica che oggi è andata quasi persa. Le nuove tecnologie non c’erano, i vecchi maestri incidevano a mano e ogni minuto vissuto in quell’osservatorio privilegiato hanno segnato la mia professione. In questi luoghi ho imparato ad ascoltare la voce dei gioielli, a riconoscere la qualità dei metalli, a sviluppare la creatività fino a trovare la mia voce, le mie mani, il mio sguardo. Ho appreso le segrete tecniche dell’oreficeria greca e romana, quelle della lavorazione dei cammei e dei coralli incastonati in cornici dalla scuola di Torre del Greco. Oggi, a distanza di vent’anni mi trovo ad accogliere i maestri di Borgo Orefice qui a casa mia, in occasione della mostra Cosenza Preziosa. Maestri e opere dell’arte orafa e, proprio come allora, sento tutta l’emozione “del garzone” che solo l’amore e la passione che nutro per la mia arte possono regalare. É in veste di padrona di casa che mi preparo ad accoglierli come se fosse ieri che sono venuta via, come se vent’anni fossero trascorsi in un soffio. Paola Righetti

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la mostra


Il recupero delle origini: oro e gioielli nell’antichità

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Le sepolture delle epoche arcaiche denunciano l’importanza dell’oreficeria fin dalla civiltà etrusca. Sarcofagi e pitture parietali documentano l’uso quotidiano dei gioielli nell’antichità sia in relazione alla loro esplicita valenza ornamentale ma, soprattutto, all’insito significato apotropaico di ogni monile applicato ai punti del corpo più vulnerabili. Collane, bracciali, anelli, pettorali, erano i gioielli più diffusi. Per l’antica Grecia sono soprattutto i rinvenimenti nei pressi dei santuari a rivelare l’eccezionale profusione di gioielli e oreficeria della civiltà classica. Le opere migliori erano legate al culto delle divinità e costituivano cospicue donazioni al santuario, fulcro della vita civile e religiosa della polis. Oltre al ritrovamento di monili, la ricostruzione dell’ornamento è possibile con l’analisi della pittura vascolare coeva nella quale ampio risalto è offerto ai gioielli. Nell’età imperiale romana il lusso divenne un codice di vita e, se nelle abitazioni foglie d’oro decoravano pareti e soffitti, i gioielli assursero a bene conteso da uomini e donne. In essi la presenza di amuleti denuncia, talvolta, il trait d’union che fin dall’età etrusca i gioielli sottesero con l’aldilà. I reperti esposti in questa sezione, volta a ricostruire le origini della presenza orafa nella provincia di Cosenza, evidenziano in sequenza cronologica l’uso dei gioielli in un tempo antecedente l’introduzione della lavorazione dell’oro, con i monili della civiltà Enotria (reperti del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza) L’uso dell’oro si evidenzia nel bellissimo pendente in lamina d’oro rinvenuto in località Chiane di Serra d’Aiello e nel crogiuolo in terracotta di età tardo antica (Antiquarium di Scalea) che, stando agli studi, suggerisce una lavorazione orafa nel territorio. Concludono questa sezione alcune monete di epoca normanna frutto di un recupero del Nucleo Tutela dei carabinieri Il video che correda l’esposizione è concesso in prestito dal Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza e indica con esemplarità la metodologia dello scavo archeologico e il corretto posizionamento dei monili nel corpo femminile. Espongono in questa sezione Museo dei Brettii e degli Enotri, Cosenza Antiquarium Cimalonga, Scalea Antiquarium di Serra d’Aiello Riproduzione fotografica del pettorale in lamina d’oro del Museo Nazionale della Sibaritide

Fig. 32. Museo dei Brettii e degli Enotri, Corredo tombale da Torre del Mordillo (IX secolo a.C.)

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Fin dai tempi remoti l’uomo sentì il bisogno di adornarsi.


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Fig. 33. Museo dei Brettii e degli Enotri, Cinturone in bronzo dalla necropoli di Torre del Mordillo (IX secolo a.C.)

Fig. 34. Antiquarium archeologico di Serra d’Aiello, Pendente in lamina d’oro decorata a sbalzo (VIII secolo a.C.)

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Fig. 35. Museo Nazionale archeologico della Sibaritide, Pettorale in argento e oro a sbalzo (599-575 a.C). Sibari, Stombi, Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide


Oreficeria sacra e gioielli dal XIV al XIX secolo L’antica oreficeria sacra nei laboratori di oggi Fig. 36. Museo diocesano di San Marco Argentano, Croce Astile, XIV sec. Argento sbalzato, cesellato e pietre su struttura lignea Sul recto è raffigurato il Cristo crocefisso e, sul verso, l’Agnus Dei Fig. 37. Museo diocesano di San Marco Argentano, Croce Astile, XIV sec. Argento sbalzato, cesellato e pietre su struttura lignea Sul recto è raffigurato il Cristo crocefisso e, sul verso, l’Agnus Dei

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Questa sezione, impegnata nel recupero delle origini della tradizione orafa cosentina, affronta il periodo dell’età moderna (XV-XIX), proponendo manufatti di oreficeria sacra e monili femminili. Essi, non sempre realizzati a Cosenza ma in ambito meridionale, essendo indissolubilmente legati con la società civile e religiosa locale, ne esprimono usi, tradizioni e occasioni. Molti degli oggetti esposti provengono dalle chiese della provincia di Cosenza, contenitori di un immenso patrimonio storico-artistico, e la maggior parte di essi si trova esposta nei Musei diocesani e d’arte sacra del territorio. Accanto agli arredi ecclesiastici, alle sculture, ai dipinti, ai paramenti, agli addobbi e suppellettili si registra una considerevole produzione orafa, concreta protagonista nello svolgimento del rito. Non si tratta sempre di oggetti considerabili “fatti artistici” ma, pur quando seriali, essi si configurano come tangibili documentazioni di una vita comunitaria basata sulla prassi liturgica. Candelieri, candelabri, carteglorie, croci d’altare, tabernacoli, calici, pissidi, patene, ostensori, turiboli, reliquari di ogni tipo e grandezza e, ancora, oggetti processionali come baldacchini, croci, insegne e lanterne sono alcuni dei manufatti realizzati per l’ambito ecclesiastico, molti dei quali in oro. Oro donato dai cittadini e poi fuso, come nel caso dell’ostensorio di Mons. Calcara, oro lavorato da botteghe locali, oro commissionato all’esterno per suggellare un mecenatismo artistico in cui la Chiesa si è sempre contraddistinta. In ogni caso oro che accompagna la celebrazione liturgica.

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Fig. 38. Eduardo Bruno, Croce del Santo Graal. Oro, fusione a cera persa San Marco Argentano

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Croce del Santo Graal Opera dello scultore Eduardo Bruno Materiale:oro Tecnica:fusione a cera persa Dimensioni:cm 15x12 La croce d’oro potenziata,ispirata alle croci medievali di origine bizantina,nella sua complessa articolazione strutturale e simbolica sembra voler seguire la visione Giovannea del mistero escatologico del “Verbo” cristiano.”In principio era il verbo-scrive nel vangelo San Giovanni- e più avanti- il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. L’iconografia della croce,attraverso il simbolo,quale elemento unificante,induce ad una profonda e severa meditazione. IL Cristus triumphans che simboleggia il trionfo sulla morte è incassato nella croce e non scolpito sulla croce: allusione alla perfetta simbiosi di Cristo con il Sacro legno, che diventa così, simbolo universale, del messaggio escatologico cristiano. A testimonianza del Verbo, sono scolpiti nella croce potenziata, nell’atto di scrivere i quattro evangelisti. Al vertice, sulla cimasa, è scolpito San Giovanni ; sulla base della croce, sul calvario,è situato l ‘evangelista Matteo, sull’espansioni laterali sono posti San Luca e San Marco. Sui tabelloni invece, ai lati di Cristo, sono scolpiti i dolenti:la Madonna e Giovanni che assistono al momento supremo dell’olocausto. Sopra la testa di Cristo sono incisi i simboli cosmici del sole e della luna e, al centro, il simbolo trinitario del triangolo equilatero.

Il corpo di Cristo con le braccia distesi e i piedi uniti, rientra nella misura di un modulo quadrato, simbolo dell’umanità di Cristo ma disegnano anche un triangolo equilatero capovolto, che ne sottolinea la natura divina. Sotto le braccia del Cristo, infatti, sono collocati due pavoni, simbolo dell’immortalità e della resurrezione. Nello spazio del suppedaneo,sono incisi i cerchi trinitari gioachimiti che alludono alla perfetta consustanzialità delle tre persone divine:simbologia assunta e trasfigurata nella fantasia lirica di Dante ,nel più alto simbolo poetico del mistero trinitario. Così nel poema sacro di Dante Alighieri: “nella profonda e chiara sussistenza dell’alto lume parsemi tre giri di tre colori e d’una contenenza…” Paradiso, XXXIII canto. La croce potenziata in oro è carica di misteriosi simboli e di continui rimandi ermetici che consente letture a più livelli dei valori formali simbolici e religiosi. Vediamo ancora un rimando simbolico alla triangolazione capovolta:la posizione della croce che include San Giovanni, la madonna e san Matteo, disegna una sagoma a forma di calice la quale si carica di una forte simbologia della passione- chiaro rimando al calice di Cristo- alludendo,così, al grande mistero del Santo Graal. Eduardo Bruno


Espongono in questa sezione Museo diocesano di Cosenza Museo diocesano di San Marco Argentano Laboratorio orafo G.B. Spadafora, San Giovanni in Fiore Edoardo Bruno, scultore di San Marco Argentano Laboratorio Orafo Antonio Perri Creazioni orafe Adamas di Paola Righetti Orafo Domenico Tordo

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Fig. 39. Museo diocesano di Cosenza, Ostensorio processionale con baculo in oro Realizzato nel 1947 da Mons. Aniello Calcara con la fusione dell’oro donato dai cittadini, l’ostensorio reca inciso lo stemma dell’Arcivescovo cosentino e la data di esecuzione.

Fig. 40. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Coppia di Corone con Croce da Altare. Argento, calato in bagno d’oro 24 carati, e decori con foglie rifinite al bulino e rosette di corallo autentiche di inizi ‘900 San Giovanni in Fiore

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Il caposaldo dell’oreficeria cosentina, e meridionale, è la Stauroteca donata da Federico II alla Cattedrale di Cosenza nel 1222. Essa, realizzata nel Tiraz di Palermo costituisce il simbolo e il frutto dell’attenzione profusa dal sovrano alla crescita delle arti applicate nel meridione. Ad essa fanno riferimento i manufatti di oreficeria sacra dal Duecento in poi e ad essa si ispirano le numerose croci realizzate dagli orafi contemporanei nel costante dialogo tra passato e presente, come quelle in mostra. Le opere in mostra provengono dai Musei Diocesani della provincia di Cosenza. Esse abbracciano un arco cronologico che dalla croce astile di San Marco Argentano (1308 per le parti più antiche) giunge all’ostensorio di Mons. Aniello Calcara di Cosenza, del 1947. La croce di San Marco Argentano è sbalzata a rilievi molto pronunciati, con un Crocifisso bizantineggiante ad alto rilievo e motivi geometrici di decorazione a rete nel verso. In essa si conservano preziose reliquie e vi troneggia la raffigurazione dell’Agnello mistico e di Cristo. Il calice di Cosenza, impiegato nella messa quale custodia del sangue di Cristo, è realizzato con materiale prezioso: pietra dura, oro e argento per simboleggiare la ricchezza dell’eucarestia. L’ostensorio, invece, di epoca successiva, si colloca in una produzione che risale alla prima metà del XIV secolo con la pratica di esporre alla vista dei fedeli l’ostia consacrata, desumendo il significato dal nome latino monstrancia, ovvero “mostro”. Quello di Mons. Calcara acquista importanza in connessione con il suo committente e assurge a simbolo di un periodo florido per l’Arcidiocesi di Cosenza.


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Fig. 41. Museo diocesano di Cosenza, Orecchini donati alla Madonna del Pilerio Oro, perle scaramazze, rubini, XIX secolo

Fig. 42 Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Orecchini antichi Perle scaramazze e ametiste San Giovanni in Fiore

Fig. 43. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti Orecchini antichi Oro e zaffiri Cosenza Fig. 44. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti Collana Saliscendi Perle e rubini Cosenza


Fig. 45. Arte orafa Antonio Perri Collana Nodo d’Ercole Placche d’oro sbalzate con fili d’oro ritorti. Pendente ricoperto da filigrana con otto ciondoli a mezza “jannacca” Ispirato al Nodo d’Ercole esposto presso il Museo archeologico di Taranto. Corigliano (CS)

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Il recupero delle origini: Borgo degli Orefici e la tradizione orafa del Regno di Napoli

Fig. 46. Alessandro Baldoni, Leone Cesello in argento Napoli

La vicenda storica dell’oreficeria campana affonda le radici nei territori longobardi della regione, interessati dal passaggio e dalle contaminazioni di grandi civiltà come i normanni, gli svevi, gli angioini e gli aragonesi che ne hanno di volta in volta arricchito la cultura specie nel campo delle arti figurative e di quelle applicate. La città partenopea, crocevia di esperienze e contaminazioni nel Regno di Napoli, è stata nei secoli teatro di scambi e di importanti processi artigianali/artistici dei quali la produzione orafa risulta ancora oggi protagonista. I primi maestri orafi furono francesi al seguito della corte angioina ma, già dal XIV secolo, artigiani locali si riunirono nel quartiere Borgo ricevendo il riconoscimento ufficiale da Giovanna d’Angiò che li dotò di una Corporazione. Dal Medioevo in avanti, Borgo degli Orefici, il quartiere dell’oro, pulsò di accesa vitalità e nelle botteghe si tramandavano, di generazione in generazione, le conoscenze, le tecniche e i materiali dell’arte orafa. Il “Borgo” sorgeva nel cuore del quartiere Pendino dove, stando ai documenti, già dal Trecento si era radicata un’intensa produzione legata alla lavorazione dell’oro e di altri metalli che fusi, battuti e lavorati a mano, decoravano chiese e ambiti nobiliari. Il Borgo presenta la tipica conformazione urbanistica del centro storico napoletano, con strade molto lunghe e strette nelle quali l’unico slargo è la piazza Orefici nella quale, fin dai tempi di Giovanna I, si radunavano gli orafi per tenere “udienza”, ovvero il Consiglio dove i quattro Consoli della Corporazione sorvegliavano il lavoro. Alcuni importanti interventi legislativi sancirono ulteriormente le attività svolte nel Borgo: Federico II concesse i primi riconoscimenti agli orefici nel Duecento, Carlo II d’Angiò impose l’obbligo del punzone per riconoscere il valore dei lavori in oro e in argento nel XV secolo, nel 1683 fu ratificata la presenza degli orefici dal Vicerè Marchese del Carpio, nel 1755 Carlo di Borbone si adoperò per scongiurare la repressione dell’arte, nel 1783 Ferdinando di Borbone obbligò gli orefici a non “tener bottega al di fuori del Borgo” per evitane la dispersione, e così via. I programmi dei Borboni per promuovere le manifatture del Regno furono numerosi e incisivi. Tra essi si fa menzione dell’apertura di scuole e laboratori orafi e, nel 1888, circa 360 erano le botteghe attive nel Borgo ciascuna con una marcata specializzazione. Ancora oggi l’attività dei laboratori orafi napoletani è specializzata nella creazione di “gioielleria artistica” e il maestro Baldoni ne costituisce l’emblema più rappresentativo. Espone in questa sezione Alessandro Baldoni è maestro di arti orafe a Napoli. La sua formazione artistica e tecnica ha avuto origine in unabottega dell’antico borgo orefici nel centro storico di Napoli.Le sue creazioni vengono realizzate con tecniche antiche, conservando la storica tradizione orafa partenopea. La natura è la sua maggior fonte di ispirazione per creare gioielli unici.


Oro contemporaneo Gli artisti/orafi Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin

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Fig. 47. Gianpaolo Babetto, Anello 1980 Oro bianco 750 Padova (Foto di Giustino Chemello, Vicenza) Fig. 48. Gianpaolo Babetto, Anello – 2000 Oro bianco 750, niello Padova (Foto di Lorenzo Trento, Padova) Fig. 49. Gianpaolo Babetto, Collana 1976 Oro bianco 750, niello Padova (Foto di Lorenzo Trento, Padova) Fig. 50. Gianpaolo Babetto, Spilla - 1970 Oro bianco 750 Padova (Foto di Giustino Chemello, Vicenza)

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“Oro contemporaneo” offre una sintesi del ricco repertorio di opere dei tre maggiori artisti/orafi di fama internazionale oggi presenti in Italia: Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin. Provenienti da Padova (Babetto e Visintin) e Roma (Franchi) essi testimoniano lo sconfinamento creativo cui è andata incontro la lavorazione dell’oro e dei metalli preziosi dopo le celebri stagioni dell’Art Nouveau, del Secessionismo e dell’Art Dèco con le quali l’oreficeria ha conseguito altissime possibilità di realizzazione. Una corrente, quella del gioiello artistico, che ha tratto origine dagli sporadici tentativi di artisti dediti alla pittura e alla scultura e si è consolidata in tre lunghe periodizzazioni che dagli anni Cinquanta giungono ai giorni nostri e di cui Babetto, Franchi e Visintin costituiscono i capisaldo.


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La presenza dei tre grandi artisti in una mostra dedicata all’artigianato d’eccellenza cosentino denota, da un lato, la recente separazione dei due ambiti della produzione orafa -quello artigianaleartistico e quello del gioiello d’arte- e, dall’altro, la circolarità e la complementarietà della produzione artistica e orafa nazionale. Nelle loro opere si sublimano conoscenza artistica, manualità artigiana e innovatività. Babetto, Franchi e Visintin, liberi da qualsivoglia vincolo, hanno reso il monile l’oggetto di un personale sperimentalismo che investe le forme, i materiali e le iconografie e che si apre a infinite possibilità e soluzioni. Anelli, collane e bracciali sono spesso il simbolo di un universo complesso e affascinante fatto di antichi retaggi, di credenze, di alchimie e di concrete geometrie. Le prospettive di ricerca che Babetto, Franchi e Visentin hanno proposto nella loro prolifica carriera sono difatti innumerevoli e le opere esposte in mostra ne sintetizzano alcuni esiti, denotando come il gioiello abbia superato i limiti della funzionalità per assurgere a microscultura e, al contempo, come la scultura abbia trovato una dimensione più quotidiana e direttamente legata all’autorappresentatività di chi indossa il gioiello.

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Espongono in questa sezione Gianpaolo Babetto (Padova) Fausto Maria Franchi (Roma) Graziano Visintin (Padova)

Fig. 51. Fausto Maria Franchi, Spilla Affinità elettive 2006 Argento e rame. Lavorazione a traforo e tecniche varie da banchetto Roma Fig. 52. Fausto Maria Franchi, Anello Albero della vita multiplo, 2003 Argento. Modellazione in cera, fusione e varie da banchetto Roma


Fig. 53. Fausto Maria Franchi, Anello Gioia del vento Oro, onice nera, taglio a tubo vuoto Roma

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Fig. 54. Fausto Maria Franchi, Anello Omaggio a Fontana, Oro e inserto polimetilmetacrilato verde Sbalzo, cesello e varie da banchetto Roma

Fig. 56. Fausto Maria Franchi, Candelieri scultura Paola e Francesco Bronzo e argento Roma

Fig. 57 Graziano Visintin, Spilla Oro giallo 18 k Padova Fig. 58. Graziano Visintin, Collana Oro bianco 18 k, doratura in 24 k Padova

Fig. 60. Graziano Visintin, Collana Oro bianco 18 k e oro giallo 18 k, niello Padova Fig. 61. Graziano Visintin, Spilla Oro giallo 18 k, smalto, foglia d’oro Padova

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Fig. 55. Fausto Maria Franchi, Anello La porta dei ricordi Oro rosso, oro bianco e brillante. Modellazione in cera, fusione e varie da banchetto Roma


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Il processo estrattivo e la mappa delle miniere calabresi La ricostruzione del banco dell’orefice

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Secondo il Marafioti, che fornisce un lungo elenco di miniere calabresi, “l’acque delli fiumi e delli fonti di Calabria sono dolcissime, aurifere e sanative (…); “quasi tutta la provintia è orifera, argentifera e minerale” (G. Marafioti, Croniche et antichità di Calabria). Gli studiosi concordano nel ritenere che le miniere di Argentanum e di Longobucco ebbero un ruolo di primaria importanza nell’attività di monetazione di Sibari e Crotone. Ed è certo che l’esistenza delle miniere fu determinante per la nascita dei due centri abitati. Essi subirono notevole impulso demografico grazie ai sibariti. Dopo il periodo classico le miniere di Longobucco subirono alterne vicende, ma è documentato che Federico II, collezionista di pietre preziose destinate a ricevere le sue iconografie preferite, ebbe modo di collezionare i minerali argentiferi dell’argentera di Longobucco che ancora nel XIII secolo erano intensamente coltivate. Nei secoli XII e XIII valenti argentieri operavano a Longobucco tanto da richiamare l’attenzione dell’abate Gioacchino da Fiore che lì commissionò alcuni calici. Un tale Giovanni da Longobucco è citato nei documenti come addetto allo sfruttamento della miniera mentre alcuni studiosi confermano la presenza di una scuola di argentieri longobucchese attiva fino al XVI secolo. Notizie dettagliate si hanno sullo sfruttamento angioino della miniera longobucchese. Fonti documentarie testimoniano il contributo fornito dalle miniere di Longobucco alla zecca reale, l’attenzione di sovrani e Chiesa al processo estrattivo longobucchese e il tipo di contrattualità che in essa si prevedeva per i lavoratori ai quali veniva corrisposta una parte del materiale estratto. Con gli aragonesi si instaurò una vera e propria politica mineraria incentrata sull’apporto dei capitali privati allo sfruttamento delle miniere. Il tesoro aragonese, stando agli scritti coevi, constava di pezzi di valore inestimabile: “aureis, argenteisque vasis simulacrisque, tum gemmi set cetera regali cultu omnes saeculi nostri reges longe superavit”. L’importanza dei gioielli nella corte aragonese fu determinato non solo dal desiderio ostentativo ma anche dal loro valore in caso di difficoltà finanziarie e durante i frequenti avvicendamenti reali. In questa sezione è stato ricostruito il processo estrattivo del minatore longobucchese e, a seguire, il banchetto dell’orefice. Espongono in questa sezione Gli oggetti utilizzati per l’installazione, realizzata da Pino Iannelli, sono concessi in prestito da: Museo di Pietra Viva (Trentino Alto Adige) Museo del Cupone (Parco Nazionale della Sila) Museo demologico, dell’economia e della storia sociale silana di San Giovanni in Fiore


Maestri orafi della Provincia di Cosenza: storia dell’oreficeria cosentina

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Fig. 62 Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Anello Fiore Oro Cosenza

Fig. 63. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Bracciale Delfini Argento dorato Cosenza

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Protagonisti della mostra sono i maestri orafi della provincia di Cosenza, continuatori di una tradizione ininterrotta e ricca di suggestioni. I rinvenimenti archeologici e, per l’età moderna (XVXIX secolo) l’oreficeria sacra e i monili realizzati per le specifiche occasioni della civiltà locale (usi nuziali, usi funebri, potere, religiosità, simbologia apotropaica ecc.), dimostrano l’antichità della produzione orafa nel territorio. Su queste basi si fonda il fervido lavoro delle aziende artigiane contemporanee che, dalla conoscenza della storia locale, si volgono verso innovative soluzioni che la cifra stilistica di ciascun orafo consente di raggiungere. Il caposaldo dell’oreficeria cosentina, e meridionale, è la Stauroteca donata da Federico II alla Cattedrale di Cosenza nel 1222. Come si è evinto in precedenza, ad essa fanno riferimento i manufatti di oreficeria sacra dal Duecento in poi e ad essa si ispirano le numerose croci realizzate dagli orafi contemporanei nel costante dialogo tra passato e presente.


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Ripercorrendo la storia dell’oro cosentino, nel 1270, a Cosenza, si ha notizia dell’orafo Simillo de Guglielmo. A Longobucco, nei secoli XII e XIII, sappiamo di un tal Giovanni da Longobucco che sfruttava il metallo delle miniere locali e dell’esistenza di una scuola ove lo stesso Gioacchino da Fiore si recò in visita per commissionare i calici della sua abbazia.San Marco Argentano, Castrovillari, Cassano Ionio, Zumpano, San Demetrio Corone, custodiscono alcuni esemplari unici dell’antica oreficeria locale. Nel Quattrocento, a Cosenza, risulta presumibilmente attiva una Zecca e, nel Cinquecento, la parte nobile dell’attuale corso Telesio era denominata via degli Orefici, luogo privilegiato delle più importanti botteghe orafe protette dalla Madonna degli Orefici effigiata sul muro esterno della Cattedrale. Del 1564 è la fondazione del Monte di Pietà di Cosenza nei cui inventari si trovano dati preziosi sull’oreficeria popolare cosentina e sulla denominazione degli innumerevoli monili posseduti dalle donne nobili della città e del territorio (la “gargantiglia”, le “boccolette” gli anelli, gli orecchini, la “virghetta”, i pendenti, gli “scioccaglij”, le spille ecc.). Consistente risulta la committenza femminile e nobiliare della Calabria dal Settecento in avanti, frutto dell’antica consuetudine delle donne di accumulare oggetti preziosi destinati all’ornamento del proprio corpo. Alla fine del Settecento, negli inventari familiari, è attestata la presenza di “oggetti di moda e ornamenti della persona”: “guanti, cappelli di pelo e di paglia per uomini e per donne, ventagli, oro filato e lavori di oro”. A metà Ottocento si registrano a Cosenza “8 gioiellerie e officine per la lavorazione dell’oro e dell’argento con 64 operai” e, a Celico, un Monte dei Pegni con un deposito di oggetti in oro, rame e argento. Oggi sono numerose e laboriose le botteghe artigiane dedite alla lavorazione dell’oro. Ciascun orafo mantiene il suo modus operandi e ciascuno affronta temi, ricerche tecniche e stilistiche differenti che la mostra intende veicolare e valorizzare con la suddivisione in sezioni e con la sequenza dei video. Aziende artigiane della provincia di Cosenza che espongono in mostra: Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Rende Laboratorio orafo di Francesca Tocci, Castrovillari Laboratorio orafo G. B. Spadafora, San Giovanni in Fiore Laboratorio orafo Luca Angotti, San Giovanni in Fiore Orafo Crivaro, San Giovanni in Fiore Gioielleria Scintille, Cosenza Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Cosenza Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Cosenza Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti, Santa Sofia d’Epiro Arte orafa Antonio Perri, Corigliano Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Soleoro Cosenza Orafo Domenico Tordo, Mirto


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Fig. 66. Francesca Tocci , collana in onice e oro, Castrovillari

Fig. 67 Laboratorio orafo Sandro Prandina, Ciondolo Cristo “non finito” Rami di corallo lavorati a mano Cosenza Fig. 68. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Anello Nemo Oro, diamanti, rubini e smalti San Giovanni in Fiore

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Fig. 64. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Spilla Tartaruga Oro, diamanti e ametista San Giovanni in Fiore

Fig. 65. Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Polipo Rami di corallo, oro Cosenza


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Tradizione e innovazione Maestri orafi della provincia di Cosenza L’oreficeria rappresenta una delle manifestazioni artistiche più intimamente connesse alla dimensione della vita sociale ed ha sempre accompagnato la vita dell’individuo concorrendo ad autorappresentarlo. Dalle antiche leggende ai monili etruschi, dall’oreficeria medievale e rinascimentale all’art Nouveau, si è giunti alle soluzioni innovative che i maestri dell’arte orafa cosentina esprimono. Il gioiello trascende dalla sua valenza ornamentale e assurge a opera d’arte, frutto di un dialogo costante fra tradizione e innovazione. L’oreficeria tradizionale è sorta per soddisfare una produzione locale e artigianale suggerita dai gusti e dalle esigenze comuni della popolazione, coniugando la valenza estetica con quella simbolica e funzionale. Le origini della ricerca orafa contemporanea si individuano, invece, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in una congiuntura culturale che mira al superamento del divario tra arti minori e arti maggiori, rivalutando artisticamente la creazione artigianale. L’arte entra a far parte dell’esperienza quotidiana ma, al contempo, la sublima. Da ciò oreficeria tradizionale e apporti innovativi. Il monile è diventato oggetto di sperimentazione sulla forma, sui materiali, sulle tecniche diventando il simbolo del suo artefice e di chi lo indossa. La natura e la vita diventano fonti di ispirazione per gli orafi; i personaggi del passato e della mitologia, le culture orientali, nonché ogni aspetto della realtà quotidiana. Spesso, infatti, lo slancio emotivo e materiale che conduce ai più insoliti risultati di modernità poggiano le basi sulla conoscenza del passato e sulla reinterpretazione, non solo sulla ripresa, dell’antico e della tradizione, dei motivi, dei procedimenti e delle funzioni del gioiello tradizionale. Mitologia e mondo antico, così come le geometrie, il lusso e lo sfarzo sono le facce diverse di una produzione orafa che ancora oggi non esclude, anzi valorizza, il recupero, la rielaborazione e l’interpretazione del passato, intendendolo il punto di osservazione privilegiato della realtà contemporanea. L’innovazione risiede essenzialmente nella libertà espressiva, nelle tecniche e nelle soluzioni figurative e di aggregazione dei materiali che i valenti orafi della provincia di Cosenza manifestano. L’attualità dei risultati prodotti si rintraccia nelle sezioni della mostra dedicate all’antico, alla mitologia, alla triade lusso-sfarzo-libertà e allo stile geometrico. Aziende artigiane della provincia di Cosenza che espongono in mostra: Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Rende Laboratorio orafo di Francesca Tocci, Castrovillari Laboratorio orafo G. B. Spadafora, San Giovanni in Fiore Laboratorio orafo Luca Angotti, San Giovanni in Fiore Orafo Crivaro, San Giovanni in Fiore Gioielleria Scintille, Cosenza Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Cosenza Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Cosenza Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti, Santa Sofia d’Epiro Arte orafa Antonio Perri, Corigliano Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Soleoro Cosenza Orafo Domenico Tordo, Mirto


Il richiamo dell’antico

Fig. 69 Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Collana Putti Oro 18 Kt. Con turchese inciso e rami di corallo nero Cosenza

Fig. 70. Gioielleria Scintille, Anello Alarico, Linea Scudo Medievale Argento e pietre Cosenza

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“Classico” non è soltanto un periodo storico, ma un atteggiamento. Classiche sono le soluzioni che nelle arti figurative, così come nell’oreficeria, conseguono con naturalezza la perfezione, con semplicità la varietà fin dall’età di Pericle. Il rapporto privilegiato che unisce l’arte italiana a quella dell’antichità si rintraccia in ogni epoca e in ogni produzione artigianale/artistica. Ci si ispira ai modelli di un passato ideale al quale si guarda con sentita affinità, tuttavia “non alla cieca, ma col giusto discernimento e con la consapevolezza di imitare l’antico nello spirito, nei principi e nelle massime che son di tutti i tempi”(Recueil de decorations interieures). Come è noto, il concetto del ritorno all’antico è stato teorizzato dagli umanisti: Petrarca in primis elaborò una visione della storia in cui l’antichità classica era concepita come un’epoca splendida cui fece seguito la decadenza. Un’epoca cui guardare con ammirazione ma non pedissequamente, considerandola il punto di partenza per il rinnovamento culturale del presente. Non dissimile è stato, fin dal Quattrocento, l’orientamento degli artisti: insegne e trofei romani, gemme e cammei, motivi egizi, emblemi imperiali, iscrizioni, personaggi della storia e del mito hanno ispirato la creazione delle opere d’arte, e dei gioielli, consentendo al “classico” di assurgere a punto di riferimento costante, sia nei momenti di negazione e sperimentalismo sia in quelli di ripresa ed emulazione.

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60 Fig. 72. Gioielleria Scintille, Ciondolo Alarico, Linea Sigillo Reale Argento Cosenza

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Fig. 71. Gioielleria Scintille, Collana Alarico, Linea Scudo Medievale Argento e pietre Cosenza

Fig. 73. Orafo Domenico Tordo, Croce di Natuzza Oro e diamanti e versione in argento con zirconi Mirto

Anche le tradizioni artigiane calabresi celebrano e suggellano l’antica storia della civiltà locale che sopravvive non solo attraverso i rinvenimenti archeologici e gli studi storiografici, ma anche tramite la realizzazione di pregevoli manufatti artigianali che rievocano momenti, fatti e personaggi del patrimonio culturale e storico. Le civiltà arcaiche, la Magna Grecia, i santi, i beati, i profeti sono i patterns della produzione orafa contemporanea sapientemente armonizzati nelle creazioni degli orafi cosentini. In tale direzione si assiste al rinnovamento della storia regionale attraverso le formule dell’artigianato artistico contemporaneo. Nella direzione di una complementarietà del rapporto tra tradizione e innovazione, gli orafi in mostra prendono spunto da monili antichi o da temi, fatti e personaggi della nostra storia e li fanno assurgere a ponte verso la modernità, esprimendosi con libertà e sperimentalismo di forme e materiali. Rappresentazioni dell’antico sono quelle legate al re Alarico, a Gioacchino da Fiore, ma anche agli antichi simboli di fertilità e fedeltà: spille, orecchini, collane, anelli, bracciali ecc. E ancora cammei, putti di reminiscenza rinascimentale, gioielli desunti dalle tradizioni locali come la jennacca sangiovannese. Ricco e variegato è il patrimonio iconografico dei maestri orafi cosentini che vi si approcciano con libertà e innovatività espressiva, e con geniale accostamento di forme e materiali fino a raggiungere originalissime soluzioni.


Fig. 74. Gioielleria Scintille, Orecchini Alarico, Linea Galla Placidia Argento e perle Cosenza Fig. 75 Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti Cammeo Le tre Grazie Santa Sofia d’Epiro

Fig. 76. Gioielleria Scintille, Bracciale Alarico, Linea Scudo Medievale Argento e pietre Cosenza Fig. 77. Arte orafa Antonio Perri Collana Mezzaluna Oro filigranato e inserti in onice Ispirato a un ritrovamento del II secolo d.C. a Taormina Corigliano (CS)

Fig. 78. Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti Collana Croce Santa Sofia d’Epiro

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La mitologia

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Fig. 80. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, La Tavola delle Tavole Lastra d’argento lavorata a mano San Giovanni in Fiore Fig. 81. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Collana Maschere Oro 18 K con onice Cosenza

Nell’antica Grecia sono soprattutto i depositi votivi dei santuari a documentare la qualità degli oggetti preziosi, mentre le tracce del loro uso sono riprodotte nella pittura vascolare. Le fonti iconografiche, difatti, testimoniano che la creazione dei gioielli ornamentali dei greci fosse correlata al culto delle divinità, e quindi al mito: collane, corone, pendenti, orecchini, bracciali e anelli con simbologia votiva erano prodotti per celebrare gli dei e gli eroi narrandone le gesta e suggellandone, con il materiale prezioso, la grandezza. Oggi le creazioni preziose dei maestri orafi della provincia di Cosenza ripropongono, con soluzioni e tecniche moderne accomunate dalla manualità e dall’artigianalità del procedimento creativo, motivi e personaggi del patrimonio mitologico: unicorni, sirene, grifoni, arpie, guerrieri, maschere del teatro greco, strumenti musicali e creature fantastiche sono i protagonisti dei gioielli ispirati alla mitologia. Tra le opere esposte in mostra, i personaggi dell’Apocalisse rappresentati dall’abate florense Gioacchino da Fiore nelle Tavole del Liber Figurarum, la lira che ricorda il Parnaso di Apollo, le maschere dell’antica tragedia greca, Pegaso, la Venere dipinta da Sandro Botticelli e ricordata nella collana dell’Accademia Horus o l’Afrodite realizzata dall’orafo Perri, Elios dio del Sole, Marte dio della guerra ecc..


Fig. 82. Orafo Domenico Tordo, Ciondolo Guerriero / Giovanna d’Arco Argento brunito Mirto

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Fig. 84. Arte orafa Antonio Perri Collana Afrodite Oro con spirali di filigrana alternati a chicchi di “Jennacche” decorati con perline scaramazze. Centrale di pasta vitrea raffigurante Afrodite Corigliano (CS)

Fig. 85. Arte orafa Antonio Perri Collana Elios Oro con perle e bauletti di corallo scolpiti. Centrale di topazio citrino raffigurante il dio del Sole Corigliano (CS

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Fig. 83. Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Collana Nascita di Venere Oro Cosenza


Geometrie

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Fig. 86. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Anello Ali di farfalla Oro 18K, morganite, perla thaiti e brillanti Rende

Il patrimonio dell’oreficeria contemporanea è assai cospicuo. Dalla stagione felice dell’Art Nouveau agli esiti del Secessionismo, l’arte orafa ha conseguito risultati di notevole innovatività grazie anche all’apporto di artisti che si sono cimentati in questo settore dapprima con esperienze sporadiche, poi sempre più consapevolmente. La storia dell’arte orafa italiana segna tre periodi nella produzione contemporanea: il primo Novecento (Consagra e i Pomodoro), gli anni Sessanta-Settanta (Turrini, Reister, Franchi ecc) e i giorni nostri ove valenti orafi gettano le basi della produzione futura. Nella sezione “geometrie” e “stile contemporaneo” si fondono e sublimano le conoscenze della tradizione artigiana della provincia di Cosenza con lo sperimentalismo artistico, senza soluzione di continuità. Lo stile geometrico o contemporaneo, infatti, affonda le radici in tempi lontani ma rintraccia la sua grande fortuna nella sintesi culturale di tradizione e innovazione. Talvolta si parla di microsculture, altre volte di motivi stilizzati ma in ogni caso il gioiello diventa scultura e la scultura diventa oggetto di ornamento. Inoltre, secondo il linguaggio contemporaneo il monile da oggetto nella vita civile quotidiana diventa oggetto di sperimentazione artistica sulla forma, sulle tecniche, sui materiali fino a svincolarsi definitivamente da essi per divenire il simbolo di chi li indossa.

Fig. 87. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Anello Amber Oro giallo e ambra baltica Rende

Fig. 88. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Collana Luna Azzurra Oro bianco, topazio azzurro ct 80,brillanti Rende


Fig. 89. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Anello Dolphin Oro bianco e pavè di brillanti Rende

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Fig. 90. Orafo Domenico Tordo, Ciondolo Italia tricolore Oro,diamanti, smeraldi e rubini Mirto

Fig. 92. Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti Bracciali Geometrie in stile greco Oro 18 Kt. E argento brunito Cosenza

Fig. 93 Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Collana Geometrie Oro Cosenza

Fig. 94. Orafo Crivaro , Anello Cuore Oro bianco 750 18 k con brillante 0,35 braun marrone San Giovanni in Fiore

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Fig. 91. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Nastro di Moebius Argento San Giovanni in Fiore


Lusso, sfarzo e libertà

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Il senso del lusso e dello sfarzo, in gioielleria, trae origine dal sentimento antropocentrico e dall’anelito di prestigio che si avvertì in epoca rinascimentale. Dal XV secolo, difatti, sebbene l’arte fosse permeata dalla cultura classica, rigorosa e razionalistica, l’oreficeria visse un considerevole sviluppo sotto l’impulso della cultura e degli ideali delle principali corti del tempo: Estensi, Gonzaga, Sforza, Montefeltro, Medici ecc. Si espanse il gioiello prezioso ad ornamento del capo, degli abiti e del corpo femminile; continuò la moda del fermaglio e capolavori dell’arte figurativa suggellaroo l’importanza dei gioielli nella vita della società rinascimentale. Catene d’oro, perle, gemme, pendenti, diamanti, cammei e cristalli intagliati determinano la crescita di importanza degli ornamenti, in modo particolare delle collane le quali assurgono a simbolo del lusso e dello sfarzo personale. In poco tempo nei paesi europei si perse il senso della misura. L’uso dei gioielli acquistò un aspetto così sfrenato da offuscare l’armonia e la sobrietà. Oggi, per essere considerato un bene di lusso, l’oggetto deve essere esclusivo,di alta qualità, prezzo elevato. E soprattutto deve vincere sulla normalità. Il consumatore deve convincersi che sta acquistando un bene di qualità superiore, e soprattutto, un bene unico. Oggi il lusso assume un significato diverso da quello che rappresentava fino ai decenni scorsi: non è più solo esibizione e non è solo status, ma è un lusso finalizzato ad accrescere il proprio piacere personale e non a comunicare agli altri la ricchezza e lo status sociale. L’acquisto di un bene di lusso non è più dettato da bisogni cosiddetti “ostentativi”, bensì dalla volontà di autorealizzarsi, di trattarsi bene e concedersi il meglio. Collane di lusso sono quelle esposte in questa sezione. Esse poggiano le proprie radici sulla conoscenza del passato ma si rivolgono verso la modernità con soluzioni innovative e straordinariamente affascinanti.

Fig. 95 Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti, Collana Gioie Santa Sofia d’Epiro

Fig. 96 Laboratorio orafo Luca Angotti, Anello in oro con diamanti taglio brillante, bianchi e rosa incastonati a pavè. San Giovanni in Fiore


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Fig. 98. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Collana Il fascino dell’Oriente Argento brunito, diamanti, smeraldi, zaffiri gialli e peridotti San Giovanni in Fiore Fig. 99 Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Collana con volto di donna Oro 18 k con rubini, smeraldi, zaffiri e berilli Cosenza

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Fig. 97. Orafo Crivaro, Collana con microperle scaramazze bianche, corallo rosa, oro 750 18 k giallo, spinello nero sfaccettato e salonite nera briodÉ San Giovanni in Fiore


i Musei


Museo Cupone - Spezzano Sila Parco Nazionale della Sila

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In località Cupone, nei pressi di Camigliatello, si trova il centro visita del parco nazionale della Sila proprio a ridosso del lago Cecita. Il toponimo deriva presumibilmente da un antico albero “cupo” o meglio da un pino la cui base si presentava concava e scura perché, come la consuetudine dei boschi voleva, era stato “slupato”, ovvero scavato dai pastori che ricavavano fiaccole dalla resina estratta. Il centro visitatori del Cupone offre suggestivi itinerari, visite guidate nonché luoghi di eccezionale rilevanza naturalistica e culturale quali l’Orto botanico, immerso nel verde e connotato da uno scrupoloso e scientifico percorso didattico accessibile anche alle persone con disabilità motoria e ai non vedenti; il Giardino geologico che consente l’osservazione delle caratteristiche rocce del territorio silano e il museo naturalistico. Quest’ultimo, suddiviso nella sala multimediale, nei laboratori didattici, nella sala convegni e nella sala espositiva dedicata al tema “Albero”, consente di apprezzare campioni di reperti e di manufatti sequestrati dal Corpo Forestale dello Stato, derivanti da specie in via d’estinzione e spesso trafugate o destinate al traffico illegale. Dal museo naturalistico si diramano, infine, una serie di sentieri didattici e naturalistici che raggiungono il sito archeologico del Cupone, proprio sulle sponde del lago Cecita, ove gli archeologi stanno rinvenendo reperti afferenti ad un epoca assai antica collocabile tra il Neolitico e l’Eneolitico.

L’allestimento del museo archeologico di Cosenza (2009) giunge all’attuale stato in seguito a numerose vicende, trasferimenti, dispersioni e nuove acquisizioni, frutto queste ultimo delle recenti campagne di scavo effettuate nel centro storico di Cosenza. Il nucleo principale della collezione si è formato nel 1888 con i ritrovamenti di Luigi Viola nelle aree di Torre del Mordillo (Spezzano Albanese), Cozzo Michelicchio e Caccia di Favella (Corigliano Calabro) e si presenta nelle sale del complesso monumentale di Sant’Agostino con gli ingenti reperti afferenti all’ampio arco cronologico che va dalla Preistoria all’età romana. In esso è dato particolare risalto agli Enotri -popolazione indigena pre-greca (1700-720 a.C.)- e ai Bretti –popolazione italica (356-202 a.C) che scelse Cosenza quale sua sede. Il museo archeologico di Cosenza consolida, pertanto, il suo essere luogo cardine per la riappropriazione della storia antica cosentina.

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Museo dei Bretti e degli Enotri Cosenza


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Museo demologico dell’economia, del lavoro e della storia sociale silana San Giovanni in Fiore Il museo demologico, dell’economia, del lavoro e della storia sociale silana di San Giovanni in Fiore è stato inaugurato nel 1984. Ospita la ricca sezione fotografica “Gente di San Giovanni in Fiore” di Saverio Marra, fotografo nato e vissuto a San Giovanni e morto nel 1978. Grazie ad essa è possibile ricostruire la storia del paese attraverso le immagini del lavoro sui campi, dei rapporti familiari e sociali, sui costumi delle donne, la vita cerimoniale e quella religiosa, le nascite, i ritratti singoli e di famiglia ecc. Il Museo ospita, poi, 7 sezioni tematiche dedicate ai 7 cicli lavorativi che ricostruiscono la civiltà contadina e il lavoro sangiovannese (il ciclo del maiale, il ciclo ovino, il ciclo della lana, del lino, l’arredo domestico ecc.). Una sezione molto importante è quella dedicata all’oreficeria. La sala dell’orafo presenta vetrine contenenti i suoi strumenti e il suo tavolo da lavoro, nonchè un’esposizione di ori di recente acquisizione che testimoniano gli antichi rapporti familiari e la ricchezza presente sul territorio

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Museo Diocesano di Cosenza Il Museo Diocesano di Cosenza, nasce da un attento ordinamento scientifico e dalla conoscenza storico-artistica dei beni ecclesiastici di proprietà dell’Arcidiocesi di CosenzaBisignano. La sempre illuminata attività pastorale dei vescovi che si sono succeduti nel corso dei secoli, ha lasciato, grazie alla produzione di grande qualità artistica, di maestranze, pittori e artigiani, un numero considerevole di oggetti d’arte di importante valore culturale e liturgico. All’interno del Museo, attraverso un percorso espositivo chiaro ed esplicativo delle caratteristiche primarie della produzione artistica diocesana ci si accompagna in una visita narrativa dell’ esposizione, in cui la testimonianza degli oggetti liturgici e paramenti sacri, dei dipinti e dei frammenti lapidei si sviluppano in un itinerario concentrico che muove le sue linee guida nella Stauroteca, oggetto cardine dell’arte e della devozione cittadina, il percorso analizza poi le varie devozioni presenti nell’ Arcidiocesi, e particolarmente quella rivolta alla Madonna del Pilerio, attraverso i parati festivi della sacra immagine e le varie repliche da essa derivate. Nell’ultima sala sono infine esposti alcune opere tra i quali al imponente Immacolata di Luca Giordano, il San Gennaro di Andrea Vaccaro, alcune Immacolate e Madonne di Giuseppe Pascaletti, frammenti di una cultura artistica meridionale tra il XVII ed il XVIII secolo. Il Museo Diocesano di Cosenza è ospitato presso il Palazzo Arcivescovile, già Palazzo Cicala, edificato intorno al XV secolo. Il Museo Diocesano di Cosenza nel 2013 sarà aperto al pubblico.


Museo Diocesano di San Marco Argentano

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Museo nazionale archeologico della Sibaritide Il museo nazionale archeologico della Sibaritide è nato con l’esigenza di conservare ed esporre i reperti delle antiche città di Sybaris, Copia e Thurii, riemerse nelle aree protette del Parco del Cavallo, della Casa Bianca, del Parco dei Tori e Stombi. Il museo presenta reperti risalenti alla Protostoria (Torre Mordillo e Broglio di Trebisacce, XVV-XIV a.C.) ; reperti di antiche decorazioni architettoniche provenienti da Sibari, fregi ionici (sia in grossi blocchi sia piccoli pezzi) provenienti dal Parco del Cavallo. Imponente è l’immagine del Santuario di Athena sul timpone Motta (a Francavilla marittima) attraverso i reperti: pissidi, alabastri e coppe. Una sala è dedicata completamente a Thurii, abitato ellenistico della prima metà IV a.C. e altre consistenti vetrine denotano la ricchezza ornamentale e la produzione quotidiana legata alle attività lavorative in località Salto (Cariati); i corredi funerari rinvenuti nella tomba a camera di un guerriero brettio (330 a.C) e l’attività di altri centri della Sibaritide. Ampio spazio è dedicato ai principali contesti di epoca romana: monumenti, materiali e tutto quanto concerne la città di Copia e il suo territorio, dalla deduzione coloniale (inizio del II secolo a.C.) all’istituzione del municipium dopo la Guerra Sociale e ai successivi sviluppi di epoca imperiale e tardo-antica, fino al definitivo abbandono tra il VI e il VII secolo d.C.

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Ubicato nel cuore del centro storico di San Marco Argentano, nella chiesa di San Giovanni oggi non più aperta al culto, il museo diocesano si pone quale punto di riferimento nel patrimonio culturale e storico-artistico della cittadina in provincia di Cosenza. La chiesa è di antichissime origini; fu infatti menzionata nel 1209 in una pergamena dell’archivio Aldobrandini -precisamente in un Instrumentum Venditionis- e divenne sede della Congrega dell’Immacolata Concezione nel XVI secolo. Di recente i restauri e la nuova destinazione d’uso l’hanno soppalcata e resa sede di una importantissima collezione: al piano terra è collocata l’oreficeria e l’argenteria sacra sei e settecentesca mentre al piano superiore sono esposti i paramenti sacri e i dipinti (XVI-XVIII secolo). Fiore all’occhiello della collezione è la Croce reliquario costituita da bracci trilobati e donata dall’abate cistercense di Santa Maria della Matina nel 1308; è tuttavia verosimile che essa sia frutto di due differenti periodi artistici: la croce del XIII secolo e le parti figurate dell’XI. Le immagini raffigurano, sul recto, il Cristo triumphans che ha sull’aureola tre pietre incastonate e immagini tipiche dello stile medievale; sul verso, invece, all’incrocio dei bracci è raffigurato l’Agnello mentre nei 4 lobi gli Evangelisti. Il museo possiede croci processionali, calici d’argento, ostensori, una bellissima croce astile della metà del XVII secolo con figure sbalzate della Fenice e del Pellicano, arredi liturgici, un corredo pontificale del 1762 e il pregevole Busto di San Nicola, in argento sbalzato e verosimilmente proveniente dalla bottega di Filippo del Giudice come rileva l’acronimo “FDG” punzonato. I dipinti, di grande formato, arricchiscono la personalità artistica dei pittori attivi nella seconda metà dell’Ottocento in Calabria evidenziandone la copiosa produzione e notevole capacità stilistica.


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Antiquarium di Torre Cimalonga Scalea

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Ubicato in una delle piazzette più panoramiche del centro storico di Scalea, il museo è ospitato in un’antica Torre difensiva di epoca cinquecentesca ed offre, tramite un’attenta selezione e disposizione di reperti, la ricostruzione del territorio di Scalea dal Paleolitico alla tarda antichità. Gli oggetti esposti, situati in vetrine ricavate dalle antiche bocche di fuoco della torre, sono suddivisi cronologicamente; essi testimoniano le civiltà che occuparono questo tratto di costa. I siti cui appartengono i reperti conservati nel Museo di Scalea iniziano, da un punto di vista cronologico, con lo scoglio di Torre Talao che, con il suo sistema di grotte e cavità naturali, offre i primi dati e materiali archeologici sulla cittadina. Altri resti provengono poi dall’insediamento della Petrosa i cui scavi hanno portato in luce capanne con fondazioni in pietra, mattoni, resti di coperture realizzate con fango, argilla e altri materiali e un probabile vallo a difesa dell’insediamento (VII-VI secolo a.C.) che risulta ricco di vasellame, di recipienti decorati con motivi geometrici e reperti simili a quelli rinvenuti nella vicina necropoli di Tortora. Notevole è, nel museo, l’esposizione di vasi potori di tipo greco tra cui coppe a vernice nera, frammenti di crateri, vasi usati per conservare il vino ecc. L’importanza del sito della Petrosa si ricava anche dall’epoca in cui esso fu abbandonato (510 a.C) contestualmente alla distruzione di Sibari. Altrettanto importanti sono i reperti relativi all’insediamento di Foresta/Sant’Angelo, un antico terrazzo marino posto alle spalle del centro moderno: tre sepolture della seconda metà del IV secolo a.C.; relativi corredi funerari costituiti da vasellame a vernice nera e ceramiche; frammenti di vasi a figure rosse e resti di ceramica da mensa di età imperiale che indicano l’occupazione della località Foresta con villae rusticae successive alle guerre di Annibale. Moltissimi altri sono i reperti conservati nel museo (statue, materiali della località Ponticello e della località Fischia e così via) che rendono eccezionale questo piccolo scrigno di archeologia presente sul tratto tirrenico della provincia di Cosenza

Antiquarium archeologico di Serra d’Aiello Allestito e inaugurato nel 2007 grazie alla fattiva collaborazione tra la Soprintendenza ai Beni Archeologici e il locale Gruppo Archeologico Alybas, il museo di Serra d’Aiello si presenta quale tappa fondamentale del percorso dei musei archeologici provinciali (e regionali) vista l’eccezionale novità delle sue scoperte e la varietà e ricchezza dei reperti. Vi si espongono i reperti rinvenuti in località Cozzo Piano Grande, località Chiane e località Cozzo Carmineantonio ove pare si localizzasse l’antico abitato della Temesa omerica. Il museo offre allo spettatore teche ricche di corredi funerari dal momento che sul terrazzo sabbioso di Chiane sono state riportate in luce più di 26 tombe facenti parte di una necropoli del IX-VIII secolo a.C. Le tombe presentano corredi ceramici, arnesi da lavoro e da guerra, un ricchissimo corredo metallico e una varietà di monili rinvenuti soprattutto nella cosiddetta Tomba della Principessa la cui ricostruzione (presentata anche in uno degli esaustivi pannelli didattici) consente di constatare l’elevato ceto sociale della donna e dell’abitato. Fibule, falere, un incensiere di eccezionale valore e bellezza, anelli, collane, orecchini e monili in ambra sono gli oggetti che arricchivano queste tombe e che evidenziano, specie nel confronto con gli altri musei archeologici del territorio, l’eccezionalità e l’importanza dell’antico sito su cui sorge Serra d’Aiello che merita d’essere visitato anche per le sue chiese, i palazzi e gli elementi naturalistici.


Museo del costume Arberëshë Vaccarizzo Albanese

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Ospitata nel palazzo edificato dai fratelli Cumano nel 1763, la mostra permanente del costume albanese costituisce uno dei topoi della tradizione arberëschë in Calabria e, soprattutto, della sua valorizzazione e diffusione. Si tratta di una consistente esposizione di abiti originali suddivisi per ambito territoriale -quello di Vaccarizzo è il vestito della festa connotato da un meraviglioso colore rosa e dalla tipica acconciatura- e presenta abiti delle cittadine limitrofe, di Piana degli Albanesi e di altri luoghi contraddistinti dalla presenza arberëschë e, infine, nel piano superiore, il museo espone una suggestiva sequenza di riproduzioni dei gioielli antichi della comunità locale di pregevole fattura e simbologia


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gli orafi


Il laboratorio orafo Adamas, con sede in Cosenza via Negroni, nasce da un’idea di Claudio Gaudio, appassionato ed esperto di pietre preziose ( diplomatosi presso l’istituto gemmologico internazionale di Anversa) e Paola Righetti, orafa formatasi presso la scuola d’arte orafa meridionale di Napoli, dove ha appreso le antiche tecniche di lavorazione del cosiddetto “gioiello su misura”. La tradizione orafa napoletana, infatti, è caratterizzata dalla figura dell’artista-artigiano che produce pezzi di oreficeria dallo stile unico e ben riconoscibile, che a differenza della gioielleria industriale predilige plasmare il metallo prezioso con le pietre, dando libero sfogo alla fantasia creativa. L’Adamas ha presentato ben ventidue collezioni di gioielli, ispirati alla tradizione orafa napoletana. Le collezioni Adamas hanno visto una sempre crescente partecipazione di pubblico, incantato dalle creazioni esclusive frutto del sapiente lavoro del team Adamas. Numerosi sono gli eventi dei quali Creazioni Orafe Adamas è stata testimonial, se ne citano solo alcuni: Moda Movie, Festival delle Serre, Artigianato sotto le stelle, Memorial Versace, Trenta ore per la vita. Come aderente alla associazione le Botteghe di Alarico ha organizzato e partecipato alla mostra “Ritorno in via degli orefici” tenutasi nel mese di Dicembre 2009 presso la Biblioteca nazionale di Cosenza. É stata una delle organizzatrici dell’evento “Fashion Show lo stile in passerella” svoltosi in Rende il 28.09.2010 nella sede della Cablos. Ha partecipato, inoltre, alla sfilata di moda e gioielli svoltasi il 30.10.2011 presso l’Hotel Palazzo Fabiano in Rende, nel corso della quale ha presentato, gioielli-cammeo personalizzati, pezzi unici al mondo, che hanno riscosso un enorme successo. L’evento è stato ripreso dalle TV locali e pubblicato su tutti i quotidiani della Calabria. L’Adamas è stata invitata dalla amministrazione provinciale di Cosenza a partecipare all’evento “Cosenza Preziosa-arti orafe cosentine in mostra”, svoltosi presso il Museo delle arti e dei mestieri sito in Cosenza Corso Telesio dal 19 dicembre 2011 al 22 gennaio 2012. Adamas unitamente alla produzione, svolge anche attivita’ formativa; infatti i due soci fondatori Paola Righetti e Claudio Gaudio, nel corso degli anni hanno formato numerosi allievi, molti dei quali a loro volta hanno potuto realizzarsi con l’apertura di un proprio laboratorio. La produzione Adamas è caratterizzata da gioielli eseguiti con antiche tecniche artigianali, pezzi unici che coniugano tradizione e innovazione, semplicità e raffinatezza e che perciò rappresentano creazioni di eccellenza, vero orgoglio della produzione made in Italy. 0984 483480

Laboratorio Angotti Storia, cultura e tradizione si inseguono nei filamenti d’oro dell’arte orafa del maestro Angotti. Il Laboratorio Angotti nasce dalla famosa tradizione orafa di San Giovanni in Fiore, un’arte che ha conquistato tutto il mondo per la sua originalità e precisione. Il successo dei gioielli Angotti è frutto del connubio tra il passato e il presente, pezzi unici e personalizzabili, gioielli rari ed irripetibili che raccontano una storia che sa di mistero. Le antiche creazioni dei maestri della rinomata arte orafa sangiovannese, si rinnovano nella manualità del maestro Angotti che crea pezzi unici e personalizzabili secondo il gusto della donna che avrà il piacere di indossarli. I gioielli che, in questa occasione, vogliamo portare all’attenzione del pubblico sono: La jennacca, principale ornamento del costume tipico sangiovannese, composta da tanti chicchi ottenuti da una particolare lavorazione in filigrana con cui si forma una margherita e che lavorata con i bottioli acquista la forma semisferica e legata ad un’altra semisfera forma il chicco. In particolare, nella nostra linea young, abbiamo rivisitato la jennacca in chiave moderna, con l’aggiunta anche di cristalli Swarovski e perle, per farsì che possa essere apprezzata anche da un pubblico più giovane. L’altro gioiello che sarà presentato è un pezzo unico, un anello realizzato sempre da noi, in oro tempestato di diamanti, taglio brillante, bianchi e rosa incastonati a pavè. 0984975513

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Creazioni Orafe Adamas


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Salvatore Crivaro Animatodauninnatotrasportoperl’arte,SalvatoreCrivarohacoltivatoquelladeldisegnodopo essersi innamorato della bellezza, dell’eleganza e del fascino che i gioielli emanavano. Iscrittosi alla scuola d’arte per perfezionare le sue qualitá e imprigionare su carta le innovative idee che la sua creatività suggeriva, ha frequentato la scuola orafa di Valenza Pò. Ha ricevuto numerose proposte da grandi marchi ma il suo desiderio resta quello di essere associato ai suoi gioielli, alle sue creazioni, all’unicità di ogni singola opera tanto da definirsi l’orafo dei gioielli unici al mondo. Apprezzato da personalità dello spettacolo, ha realizzato una targa in oro che la Provincia di Cosenza ha donato a papa Benedetto XVI 329 2017341

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Perri Gioielleri Orafi dal 1986 Da più di un secolo la famiglia Perri contribuisce a divulgare a livello nazionale e internazionale i tradizionali gioielli dell’arte orafa calabrese. Nel 1896 a Cirò marina(CZ) nasce la prima bottega orafa fondata da Gennaro Perri, che negli anni successivi trasferì ai suoi due figli la passione e le nozioni dell’arte orafa: Raffaele lavorò con Cartier a Parigi, mentre Alberto creò a Campana (CS) una vera e propria “officina dell’oro”; grazie alla donazione dei figli Gennaro e Antonio, oggi nel museo civico di Rende si conservano in esposizione i banchi di lavoro, gli attrezzi e i disegni originali di Alberto Perri. Gennaro lavorerà a Cosenza per diversi anni nella bottega laboratorio posta nel centro storico in via Telesio, dove se ne conserva ancora l’insegna originale datata anni 50’. Antonio si trasferirà a Corigliano Calabro dove ancora, con la collaborazione della figlia Anna, progetta e produce gioielli in stile antico e moderno. Quella degli orafi Perri ,quindi, è una vera e propria dinastia artigiana che trasmette, da generazione in generazione, l’esperienza e le manualità antiche dell’arte orafa . Ancora oggi, nel laboratorio della Fam. Perri a Corigliano Calabro, i gioielli continuano ad essere foggiati con passione e dedizione con gusto ed estro creativo, reinterpretando e attualizzato gli stili e le fatture dell’arte orafa di un tempo producendo gioielli legati alla tradizione popolare ma allo stesso tempo adeguandoli alle esigenze del gusto contemporaneo. Ogni gioiello Perri è unico ,lavorato a mano, rifinito e curato nei minimi particolari. Ogni gioiello Perri e’ una opera d’arte. 0983889753

Scintille - Gioielli di Alarico Scintille nacque 25 anni fa dalla felice intuizione di Sergio Mazzuca e Santo Naccarato di unire le forze e creare un nuovo concept di gioielleria. Il resto della formula vincente sta nella capacità di lavorare l’oro con grande maestria di Naccarato e nello spiccato spirito manageriale di Mazzuca. Scintille oggi è 3 punti vendita, oltre 1000 mq di show room, più di 150 marchi trattati in 5 aree espositive. Scintille è anche laboratorio orafo artigianale che pone massima attenzione al dettaglio e nel 2010 ha deciso di omaggiare la città di Cosenza di alcune collezioni destinate a raccontare personaggi ed eventi storici legati ad essa. A 1600 anni dalla morte dell’uomo che mise in ginocchio l’Impero Romano, la gioielleria Scinitille, grazie ai suoi maestri orafi ed al design esclusivo dongiovanni gioielli, ha ricordato Alarico I con delle linee esclusive che ripercorrono la vita del temuto guerriero. Si tratta di prodotti artigianali lavorati a mano: le eventuali imperfezioni ne esaltano la preziosità poiché contraddistinguono l’unicità del gioiello. 098421999


Sandro Prandina

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Manualità creatività e passione…. invariati nel tempo. Nel Laboratorio Orafo presente a Cosenza da due generazioni: Sandro Prandina disegna, realizza e ripara gioielli ed oggetti in Oro, Argento e altri metalli nobili. Fin da piccolo, nella bottega paterna, Sandro sostituisce i giochi dell’infanzia con lo studio della combinazione dei caratteri formali a cui è legata l’arte. Il giovane riconosce sua sede naturale questo ambiente e traduce la fatica in piacere, affinando le tecniche di cui, precocemente, è venuto in possesso per via dell’interesse che alimentava in lui i germi dell’arte orafa. Nel silenzio della sua Bottega immagina studia ed elabora il progetto del gioiello e lo realizza scegliendo accuratamente le tecniche più adatte, coniugando abilmente tradizione ed innovazione. La percezione di un’anima vibrante, presente nei singolari oggetti della ormai ricca sua produzione, affascina e cattura anche gli estimatori più esigenti della raffinatezza dell’arte orafa. I risultati sono quelli che il favore della critica gli riconosce; la produzione oggettistica che a lui si deve porta il fascino della libertà spirituale in cui l’arte lo colloca e rivela una compostezza materia-forma che sprigiona bellezza: autentica idea fondante dell’arte orafa di Sandro. Il suo marchio di identificazione è *15CS. 0984.72431

L’idea di un’ ACCADEMIA ORAFA nella città di S. Sofia D’Epiro, nasce dalla volontà di due giovanissimi maestri Orafi di S. Sofia D’Epiro (Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti), che portano con sé un bagaglio di esperienza nel campo dell’oreficeria di notevole spessore. Dopo anni di studio presso l’ Accademia delle Arti Orafe di Roma, hanno frequentato stage e aggiornamenti nelle migliori fabbriche e laboratori orafi di Valenza Po, di Arezzo, di Roma e di Vicenza, partecipando attivamente anche ad eventi e manifestazioni culturali sia nella regione che fuori di essa. La loro passione per l’arte orafa, li ha portati a dedicare un’infinità di tempo al loro laboratorio, con notevoli risultati di successo nel corso di questi anni; dal 2001, anno di apertura della attività propria, ad oggi, il laboratorio si è trasformato ed evoluto, oggi è un intero immobile nel centro storico del paese, con macchinari ed attrezzature che non hanno nulla da invidiare alle fabbriche di Valenza. La loro clientela è vasta, ricevono richieste da privati anche fuori provincia e collaborano con tante gioiellerie della zona. Promuovere e diffondere quest’arte è il loro obbiettivo, in un territorio così ricco di tradizioni, di simbologie antiche che esprimono sentimenti e che racchiudono significati, rivivere e rivedere tutto ciò anche in chiave moderna, saranno i motivi di studio dell’accademia. Dare una preparazione ottimale a chi desidera diventare artigiano orafo, attraverso gesti sapienti, conoscenze approfondite del mestiere e delle tecnologie avanzate, sono questi i punti di forza dei NUOVI ORAFI. 0984957053

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Accademia orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti


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Laboratorio orafo G. B. Spadafora

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La storia dell’azienda coincide con l’arte orafa della famiglia Spadafora, che nasce intorno alla seconda metà del ‘700 per opera di Francesco, trisavolo del maestro Giovambattista che l’ha ereditata e, a sua volta, trasmessa ai propri figli. Conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, i gioielli Spadafora sono delle autentiche opere d’arte. La materia viene forgiata e modellata, con sapiente alchimia, attraverso il battesimo dell’aria e del fuoco, nel rispetto della tradizione, per realizzare oggetti che rapiscono per la loro bellezza, la scrupolosa attenzione e la minuziosa cura dei particolari, che ne fanno dei pezzi unici. Gli strumenti sono quelli di una volta - la lampada ad olio, il mantice e gli ossi di seppia - ma le forme si adeguano al naturale cambiamento dei gusti, senza rendersi mai troppi moderni, nella convinzione wildiana che “si rischierebbe di andare presto fuori moda.” Si tratta dunque di un classicismo elegante – a volte sobrio a volte più stravagante- che, in quanto tale, non teme il tempo. Il maestro orafo Giovambattista Spadafora è stato riconosciuto dal “Dizionario del gioiello italiano del XIX e XX secolo” come uno degli artisti che più hanno contribuito a diffondere l’arte orafa italiana nel mondo. Egli prende in mano l’antica bottega di famiglia negli anni ‘50, avviando un percorso di ricerca storica della Calabria e dei suoi personaggi più illustri e studiati, come Gioacchino da Fiore o Alarico, per riportarne alla luce le vestigia e ricostruire i gioielli di quei tempi. Ne ha individuato l’epoca di produzione, la civiltà di appartenenza e li ha quindi riproposti nei giorni nostri, creando un magico ponte artistico tra l’illustre passato della Calabria ed il presente. In oltre cinquant’anni di attività il maestro, conosciuto anche come “l’orafo delle Madonne” grazie alla miriade di corone ed aureole realizzate per adornare il capo della Beata Vergine, ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti di valenza internazionale. Molte delle sue opere si possono ammirare nei Musei Vaticani e in vari Musei e Chiese in giro per il mondo. 0984 993968

Francesca Tocci Francesca Tocci inizia nel 1984 un percorso professionale nel campo orafo con un attività commerciale che lei avverte limitativa della sua fantasia creativa; per cui nel 2001 crea RIFLESSI, un laboratorio artigianale dove può dare spazio alla sua naturale passione artistica, specializzandosi nella realizzazione di gioielli con gemme naturali e pietre preziose, da esso, oggi come allora escono capolavori di assoluta originalità che vengono notati e apprezzati tanto da essere indossati in note trasmissioni televisive di RAI 1. Le pietre prezione, l’oro nella mani di Francesca Tocci prendono le forme ppiù eclettiche e svariate poiché ella non segue predeterminati stili di riferimento, ma lascia libero spazio alla sua multiforme fantasia, alla sua creativa ricerca di originalità e alla sua forza di donna giovane ed intraprendente. 098122791


Domenico Tordo

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LA CALABRIA NEL CUORE: IL PROGETTO Opera prima, frutto della nostalgia per la terra lontana, non è soltanto un manufatto orafo che sintetizza la centralità della terra madre, unitamente alla competenza tecnica acquisita ed al gusto giovane di un Maestro giovane. “La Calabria nel Cuore” Non è soltanto un manufatto di alta scuola orafa. E’ qualcosa di più. O almeno ambisce ad essere altro. E’ l’aspirazione, che si intende condividere in modo inter-generazionale, a pensare questa terra, come ancora capace di emozionare chi ci vive e chi vi è ospite. In questo gioiello è custodito un algoritmo: quello sintetizzato dai momenti e dai metodi che hanno ritmato e che continuano a saldare la formazione di Domenico Tordo, dall’esperienza cruciale acquisita in laboratorio al valore della manualità percepito e fatto proprio sin da subito presso l’Istituto Cellini, dal sentirsi partecipe di un universo produttivo importante (1700 aziende, di cui 1350 orafe, con circa 8000 addetti, nel distretto di Valenza) all’utilità strategica dell’interazione fra aziende in un tessuto economico, dalla declinazione della creatività rispetto alle esigenze e problematiche produttive alla scoperta che fare l’orafo significa dare comunque un’anima agli oggetti, fino alla percezione del peso della qualità artigianale nel mondo globalizzato dei cliché dove la scomparsa di numerosi mestieri è direttamente proporzionale all’azzeramento della singolarità di territori, popolazioni, storie e quindi economie. In una parola, il significato esistenziale di una sfida, quella delle nuove generazioni e quelle di un’intera regione, la Calabria, che dai genitori ai figli, ha bisogno come il pane di ottimismo e di senso, finalmente concreto, del domani. Sono, queste, le pietre più preziose de “La Calabria nel cuore”, realizzato da Domenico Tordo e sul quale sta prendendo forma un percorso di consapevolezza ed un progetto culturale ambizioso.

Eduardo Bruno Scultore, orafo e medaglista di San Marco Argentano, si trasferisce a Firenze dove studia pittura e scultura all’Accademia di Belle Arti, completando gli studi umanistici all’Università di Firenze. Qui si laurea in lettere con indirizzo storico-artistico. Nel campo delle arti figurative collabora lungamente con lo scultore fiorentino Antonio Berti, utilizzando vari materiali: creta, bronzo, pietra, oro ed argento, specializzandosi, infine, nell’arte dell’oreficeria e della medaglistica. La sua carriera di orafo e medaglista inizia nel 1976, quando a Firenze si tiene la “Mostra Internazionale”, per commerorare il X anniversario dell’alluvione ed in questa occasione viene scelta e fatta coniare la sua medaglia. Nel 1979 è a Roma a palazzo Barberini, sala Pietro da Cortona, dove è scelta e fatta coniare la sua medaglia che commemora la nascita di Albert Einstein. Nel 1989 conia la medaglia ufficiale per il grande abate Gioacchino da Fiore. Il 1995 il Museo Nazionale del Bargello acquisisce la medaglia commemorativa di Francesco I dei Medici, fusa a cera persa dal Maestro, tuttora esposta nella sezione medaglistica Nel 2007, in occasione della VII rassegna cinematografica, tenutasi presso il Castello del Principe di Sangineto (Cs), realizza per l’occasione la medaglia ufficiale; realizza La Sapienza scultura in bronzo, collocata nel Palazzo del Governo, sede della Provincia di Cosenza; la moneta d’oro, Palazzo del Governo, coniata per la Provincia di Cosenza; la statua San Francesco di Paola in bronzo per il comune di San Fili (Cs); il trittico in bronzo Famulatus, collocato nella Chiesa di San Francesco di Paola in S. Marco Argentano (Cs). Nel 2011 realizza la medaglia per la ricorrenza del 150 anniversario dell’Unità d’Italia.

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Giampaolo Babetto

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1947 Nasce a Padova, Italia, vive e lavora ad Arquà Petrarca 1969-83 Docente all’ Istituto d’Arte “P. Selvatico”, Padova 1979-80 Docente alla Rietveld Akademie, Amsterdam 1983 Docente alla Rietveld Akademie, Amsterdam 1984 Concetto e progettazione architettonica dell’esposizione “Gioiello Arte Contemporanea d’Austria” Ateneo di San Basso, con il patrocinio della Biennale di Venezia, Venezia 1985 Professore alla Fachhochschule, Düsseldorf 1987 Docente alla San Diego University, USA 1990 Professore al Royal College of Art, London 1993 Docente alla Sommer Akademie, Graz 1994 Docente alla Rhode Island School of Design, Providence, USA 1995 Professore alla Sommer Akademie, Salzburg 1996 Docente alla Rhode Island School of Design, Providence, USA 1998 Professore alla Sommer Akademie, Salzburg 2002 Progetto al Marunouchi Building per Mitsubishi Estate Co. Ltd., Tokyo. 2004 Collabora con Pastoe, Ultrecht , per la progettazione della serie di tavoli “Quadro”. Progettazione e realizzazione della medaglia per il Comune di Arquà Petrarca in occasione della celebrazione del 700° anniversario della nascita di Francesco Petrarca. 2006 Esegue servizio in argento per cerimonia religiosa per la Chiesa di St. Michael, Monaco. 2007 Workshop presso la scuola “Le Arti Orafe”, Lucca. 2008 Workshop presso la scuola “Le Arti Orafe”, Lucca. 2008 Esegue un Ostensorio in argento per la Chiesa di St. Michiel, Monaco. Esegue la Nuova Teca del Sacro Cingolo Mariano, Prato. 2009 Workshop presso la scuola “Le Arti Orafe”, Firenze. Esibizioni personali 2011 Museum im Palais, UniversalmuseumJoanneum, Graz. 2010 Pinakothek Der Moderne, München 2009 Galleria Maurer Zilioli, Brescia 2008 Museo dell’Opera del Duomo “Le Volte”, Prato. 2007 Palazzo Pitti, Museo degli Argenti, Firenze. 2006 Design Flandesr, Brussels. 2005 Galerie Heike Curtze, Wien; Galerie Heike Curtze, Salzburg; Galerie Fred Jahn, München; Centro ricerche Nardini, Bassano del Grappa (VI). 2004 Galerie Heike Curtze, Salzburg. 2003 Scuderie Storiche, Poggio a Caiano; Eurema Interni, Dolo; International Design Zentrum, Berlin. 2002 Galerie Handwerk, Mümchen. 2001 Galerie Fred Jahn, München; Museum für Angewandte Kunst, Frankfurt; Galerie Zell Am See, Zell Am See; Galleria Marcolongo, Padova. 2000 Museo Correr, Venezia; Gewerbemuseum, Winterthur; Heike Curtze & Suse Wassibauer, Salzburg. 1998 Galerie Naïla De Monbrison, Paris; Taideteollisuusmuseo, Helsinki; Galerie Curtze, Salzburg. 1997 Galerie Fred Jahn, München; Palazzo del Monte di Pietà, Padova; Galerie Figl, Linz; Galerie Curtze, Düsseldorf. 1996 Galerie Curtze, Wien; Loggia Rucellai, Firenze; Galerie Curtze, Düsseldorf; Galerie “Magari”, Barcelona; Franklin Parrasch Gallery, N.Y. 1995 Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Galerie Curtze, Wien; Galerie Curtze, Salzburg; Museu Textil i d’indumentària, Barcelona; Galerie Zell Am See, Zell Am See; Fonourakis jewellery, Athens; National Gallery of Victoria, Melbourne.


Esposizioni collettive 2012 “4 Padovani 1 Torinese” Maurer Zilioli Contemporary Arts, Brescia; “Giampaolo Babetto & Anna Heindl, GAlerie Sofie Lachaert, Tielrode 2011 “Tefaf ”, Maastricht 2010 “Tefaf ”, Maastricht 2009 “Nuovi Segnali”, Eurema interni, Dolo; “Sill Life”, Galerie Sofie Lachaert, Belgio 2008 “Gioielli d’autore, Padova e la scuola dell’oro” Palazzo della Ragione, Padova; Galerie Fred Jahn, München; “Gioiello Italiano Contemporaneo”, Palazzo Valmarana braga, Vicenza; “Zeitgenössische Schmuckkunst der Italienischen Avantgarde” Galerie Stühler, Berlino; “Eternal Platinum” Triennale di Milano, Milano. 2007 “Glasswear“, Museum of Arts and Design, New York; Gioiello Italiano Contemporaneo, Fiera di Vicenza, Vicenza; “Giampaolo Babetto, Youg-Jae Lee, German Stegmaier e Riccardo de Prà”, Casa Camilla, Arquà Petrarca. 2006 Affaires Culturelle, Cagnes- sur-Mer; Sofa, New York; Marijke Studio, Padova; “Plastica, Oro Contemporaneo” Studio GR 20, Padova; Venice Design Gallery, Venezia; “ Armonici Contrasti” Le Arti Orafe, Firenze; Galerie Marzee, Nijmegen; 2005 Triennale di Milano, Milano; “Trasformations”, National Gallery of Australia, Camberra; Galerie Marzee, Nijmegen. 2004 Galleria Paolo Marcolongo, Padova. 2001 The RISD Museum, Providence; American Craft Museum, New York. 1996 New Times, New Thinking: Jewellery in Europe & America, Crafts Council Gallery, London. 1995 Musee des Arts Decoratives, Lousanne. 1994 “In Touch” de Sandvigske Samliger, Lillehammer; Schmuckszene ‘94, International Schmuckschau, München. 1993 “93 The Art of Jewellery” Japan Jewellery Design Association, Tokyo; “Facet 1” International Jewellery Biennale, Kunsthal Rotterdam. 1993 “13 Goldschmide Von Amsterdam bis Tokyo,” Bayerische Akademie der Schönen Künste. 1992 Triennale du Biyou, Musée des Art Decoratives, Paris; Centrum Beeldende

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1994 Neue Galerie der Stadt Linz ; Museum Für Konkrete Kunst, Ingolstadt; Galerie Figl, Linz 1993 Museum für Kunst und Gewerbe, Hamburg; Galerie Zaunschirm, Zollikon; Galeria Mauro Brucoli, Milano. 1992 Musée d’Art Moderne et Contemporaine, Nizza; Kunstverein, Düsseldorf. 1991 Galerie für Modernen Schmuck, Frankfurt; Galerie CADA, München; Galerie Thaddäus Ropac, Salzburg. 1990 Galerie Louise Smit, Amsterdam. 1989 Provinciaal Museum Voor Moderne Kunst, Oostende; Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1987 Galleria Stevens, Padua; Galerie Kunstformen Jetz !, Salzburg; Galerie Zaunschirm, Zollikon; Galerie CADA, München; Galerie Lucy Jordan,Oostende. 1986 Galerie VO, Washington. 1985 Galerie Orfrèvre, Düsseldorf. 1994 Galerie CADA, München; Galerie Am Graben, Wien. 1983 Schaufenster Nr. 34 München; Galerie am Graben, Wien; Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1981 Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1980 Art Wear Gallery, New York; Harcus Kracov Gallery, Boston; Galerie Orfrèvre, Düsseldorf. 1977 Stedelijk Museum, Amsterdam; Galerie Nouvelles Images, Den Haag; Gemeentelijke Van Reekum Museum, Apeldoorn. 1976 Electrum Gallery, London. 1974 Galleria la Trinità, Roma. 1973 Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1972 Galerie Nouvelles Images, Den Haag.


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Kunst, Grooningen. 1991 “Europäisches Kunsthandwerk; “Haus der Wirtschaft, Stuttgart. 1989-90 Galerie Thaddäus Ropac, Salzburg; Galerie Slavik, Wien; “Gioielli e legature Artisti del XX secolo”, Biblioteca Trivulziana , Milano; Triennale du Bijou, Paris; “Perth International Craft Triennal”, Art Gallery of Western Australia, Perth and Power House Museum, Sydney. 1989 “Ornamenta I°”, Pforzheim. 1988 “Biennale Svizzera del gioiello d’Arte Contemporanea”, Villa Malpensata, Lugano; “Tragezeichen”, Museum Morsbroich, Leverkusen; “Segnali per il corpo 2”, Studio Pao, Milano; Studio GR 20, Padova. 1987 “Schmuck, Zeichen am Körper”, Francisco Carolinum Museum, Linz; “Europea Joieria Contemporània”, Fundaciò Caixa de Pensions, Barcelona; “Aspetti dell’Arte Italiana” Galerie Nouvelles Images, Den Haag; Biannale du Bijou, Paris. 1986 Galerie Van Krimpen, Amsterdam; “Prestige and Art”, Seibu Department Store, Tokyo; XIV Biennale del Bronzetto, Padova; “Nove artisti di scuola padovana” Museo Civico Eremitani, Padova;Art Gallery San Diego State University, San Diego; Croft and Folk Museum, Los Angeles; Concepts Gallery, Palo Alto; Hoffman Gallery, School of Art and Craft, Portland, Oregon; Concepts Gallery, Carmel, California; Bellevue Art Museum, Bellevue. 1985 Geementen Museum, Den Haag; Galerie Nouvelles Images, Den Haag; Galerie Werkstatt, Berlin; “Goldsymposium” Handwerkskammer, Köln. 1984 “Contemporary Jewellery America, Australia, Europe and Japan”, National Museum of Modern Art Kioto and National Museum of Art, Tokyo; “Jewellery International” American Craft Museum, New York. 1983 “International Jewellery Art Exibition”, Isetan Art Museum Tokyo, and Nabio Gallery, Osaka; “10 Orafi padovani” Schmuckmuseum, Pforzheim; Deutsches Goldschmiedehaus, Hanau; Diamanten Museum, Antwerpen;Bellerive Museum, Zürich; “Material” Schmuck und Gerat Sonderschau der Internationale Handwerkmesse, München. 1982 “Schmucktendenzen 1982” Schmuckmuseum, Pforrzeim; “Soggetti d’oreficeria” Museo Civico, Padova. 1981 “Art 12/81 Kunstmesse” Electrum Gallery, London; Gallerie Teufel, Köln. 1980 “ Schmuck International 1900/1980” Künstlerhaus, Wien. 1979 Galerie Thomas, München. 1977 “Schmucktendenzen” Schmuckmuseum Pforzheim. 1975 Galerie Nouvelles Images, Den Haag; ”Form + Qualität” Internationale Schmuckschon. München. 1970 Museum Boymans Van Beuningen, Rotterdam; Arte del Metallo, Gubbio. 1967 ”Form + Qualität” Internationale Schmuckschon. München; Gelleria Bevilacqua La Masa, Venezia. Prizes 2012 Andrea Palladio Iternational Jewellery Awards, Vicenza 2003 RISD New York Athena Awards for “excellent carrier”, Providence. 1998 Ring of Honour “Foundation of the Ring of Honour of the Association of Goldsmiths’Art”, Hanau. 1991 Goldmedaille des Freistaates Bayern, München. 1985 Herbert Hoffmann Preis, München. 1983 Grand Prix, Japan Jewellery Design Association, Tokyo. 1975 Herbert Hoffmann Preis, München. Public Collections Schmuckmuseum , Pforzheim; Collezione Danner Stiftung , Pinakothek Der Moderne, München; Victoria and Albert Museum, London; National Gallery of Western Australia, Perth; Musée des Art Decoratives, Paris; Musée d’Art Contemporaine, Nice;


National Museum of Scotland, Edimburg: Museum für Kunst und Gewerbe, Hamburg; Nordenfieldske Kunstindustrimuseum Trondheim, Norway; Kunstgewerbemuseum, Berlin; Museum Für Konkrete Kunst , Ingolstadt ; Museu Textil i d’Indumentaria, Barcelona; Museum of Art, Rhode Island School of Design, Providence, Rhode Island USA; Museum für Angewandte Kunst, Frankfurt. Grassi Museum, Leipzig. Musei Civici, complesso Museale Palazzo Zuckermann, Padova National Gallery of Australia, Camberra. Museo degli Argenti, Firenze. UniversalmuseumJoanneum, Graz.

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Fausto Maria Franchi nasce a Roma il 9 maggio 1939. La sua formazione, sotto la guida dei Proff. Orlandini e Gerardi, ha luogo presso il M.A.I., Museo Artistico e Industriale di Roma. Il riconoscimento della critica avviene nel 1964 con la prima personale a New York, la realizzazione della legatura per il “Libro d’oro della città di Roma” e il 1° Premio del Concorso Nazionale di Oreficeria. Stimato fra i maggiori esponenti della gioielleria artistica contemporanea per il suo impegno nella ricerca e nella sperimentazione, affascinato dalla materia e dalle sue molteplici possibilità, con un mero movimento che da inventivo si trasforma in creativo, Fausto Maria Franchi tende a trasmettere proprie forme e delicate texture alle superfici del gioiello-scultura. Il museo di Palazzo Massimo, la Galleria Comunale d’Arte Moderna e il museo d’Arte Orientale di Roma, le scuderie di Palazzo Reale di Napoli, il Silver Triennal di Hanau, il museo degli Argenti di Palazzo Pitti hanno ospitato le sue ultime mostre personali. A proposito di Fausto Maria Franchi, Maria Luisa Spaziani un giorno ha scritto: “Stavo per consegnare a Mondatori un nuovo libro di poesie ma nessun titolo sembrava costituire la soluzione ideale. Fausto Maria Franchi senza saperlo me lo offrì in una spilla. Un ovale di giada al centro, e tutt’intorno concentriche onde di un mare in burrasca. L’occhio del ciclone e da allora il suo nome e quello di “poesia” sono strettamente fusi nella mia fantasia” . Attualmente, Fausto Maria Franchi vive e lavora in Roma, via del Clementino, e in Todi. Hanno scritto di lui: Cristina Acidini, Silvana Balbi De Caro, Giovanna Bonasegala, Francesco Bianchi, Gianni Borgna, Ornella Casazza, Luigi Cortesi, Giacomo Cortesi, Manuela Crescentini, Enrico Crispolti, Gabriele De Vecchi, Giovanni Franzoni, Tullio Gregory, Florian Hufnagl, Dacia Maraini, Franco Marrone, Ellen Maurer Zilioli, Francesco Mattioli, Angela Maria Romanini, Lucia Sabatini Scalmati, Giulio Salierno, Sebastian Schadhauser, Maria Luisa Spaziani, Giuseppe Zampino

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Fausto Maria Franchi


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Graziano Visintin 1954 Pernumia (Padova, Italy) 1973 Diploma all’Istituto “Pietro Selvatico” Padova Docente all’Istituto “Pietro Selvatico” , Padova, dal 1976 Vive e lavora a Padova

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PREMI Concorso oreficeria “UNO A ERRE”, Arezzo (I) International Jewellery Art Prize, 5th Tokyo Triennal, Tokyo (J) Herbert Hofmann Preis, Schmuckszene 88, München (D) 3 Preis “ART + DESIGN”, Benson & Hedges Gold, Hamburg (D) 1990 Bayerischer Staatspreis, Goldmedaille, München (D) Honourable Mention „SIGNATUREN“, Schwabisch Gmund (D) 2009 Master prize European Prize for Applied Arts, World Craft Council Belgique Francophone, Mons, Belgium 2011 Primo premio - Premio internazionale Mario Pinton, Padova, Italia MUSEI E COLLEZIONI Collection Marzée, Nijmegen (NL) Die Neue Sammlung, Staatliches Museum für Angewangte Kunst, Design in der Pinakothek der Moderne, Dauerleihgabe der Danner-Stiftung, München (D) Hiko Mizuno College, Tokyo (J) Inge Asembaum, Wien (A) Landesmuseum Joanneum, Graz (A) Musée des Arts Décoratifs - Palais du Louvre, Paris (F) Schmuckmuseum, Pforzheim (D) Studio GR 20, Padova (I) Victoria&Albert Museum, London (GB) Musei Civici di Padova – Museo d’Arte – Arti applicate e Decorative, Padova (I) Museo degli argenti – Palazzo Pitti – Firenze (I) The Alice and Louis Koch collection – Basel (CH) PERSONALI 1984 Galerie Pulitzer, Amsterdam (NL) 1986 Galerie Marzee, Nijmegen (ND) 1987 Galerie Louise Smith, Amsterdam (NL) Galerie Marzee, Nijmegen (NL) 1990 Galerie Treykorn, Berlin (D) 1991 Rarefrazioni, Galleria Civica, Padova (I) 1992 New Jewels Gallery, Knokke Zoute (NL) 1995 Galerie Treykorn, Berlin (D) 1998 Galerie Hélène Porée, Paris (F) Galerie Marzee, Nijmegen (NL) 2004 Galerie Marzee, Nijmegen (NL) 2011 Alternatives Gallery , Roma (I) 2011 Galerie Viceversa, Lausanne (CH) 2012 Galerie Marzee Nijmegen ( NL)



i prestiti


Gioielli antichi

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I gioielli concessi dal Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, pur non essendo in oro, rappresentano le donne di una delle popolazioni più antiche della Calabria, gli Enotri. Si tratta di oggetti, per lo più in bronzo, risalenti all’età del Ferro (870-720 a.C.) ritrovati nelle tombe della necropoli di Torre del Mordillo (Spezzano Albanese – CS) nel 1888 e appartenenti alla collezione del Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza. Oggetti del corredo funerario, indossati sul vestito funebre, che nella loro quantità e qualità segnalavano lo stato del defunto e il suo ruolo nella società. Numerose fibule (spille) per fermare i vestiti, ferma trecce, collane, cinturoni di lamina, bracciali, anelli di filo a più giro alle mani e ai piedi, pendagli di catenelle, o a forma di disco o del tipo “a xilofono”sono gli oggetti esposti in mostra. Particolarmente interessanti sono anche le perle di pasta vitrea da cui ricavare gioielli e amuleti. Questi esposti sono solo significativi esemplari dei ricchissimi corredi delle 230 tombe di Torre del Mordillo, attualmente fruibili presso il Museo dei Brettii e degli Enotri, che tuttavia rendono l’idea di quella che fosse la cultura artigianale dell’Età del Ferro in Calabria ed il gusto estetico delle donne enotrie nella scelta degli ornamenti personali, per alcuni versi già molto “moderni” e anticipatori, in alcuni elementi decorativi, della ricca tradizione artigianale successiva.

Pendente di forma circolare di circa 4,5 cm di diametro con decorazione eseguita a sbalzo. È dotato di una piccola estremità ripiegata su se stessa per permetterne la sospensione mediante un filo. Proviene dalla Tomba n. 14 della necropoli dell’età del ferro di località “Chiane” di Serra d’Aiello ed è databile agli inizi dell’ VIII sec. a. C. La decorazione consiste in una serie di punti, una borchia centrale e linee circolari concentriche di chiara ispirazione villanoviana (Punkt buckel sistem) realizzata mediante attrezzi a punta di vario tipo. E’ il pendente in oro più antico esistente in Calabria. Si possono fare vari confronti con le necropoli dell’età del ferro dell’Etruria meridionale (es. Tomba M11 dei Montarozzi di Tarquinia) ma anche della Campania (es. tombe degli scavi Osta di Cuma). Quasi certamente il pendente è un oggetto di importazione. Inventario e conservazione Il Reperto è catalogato a cura della Soprintendenza archeologica di Reggio Calabria ed inventariato al num. 143693 ed è conservato presso l’Antiquarium Archeologico di Serra d’Aiello (non in esposizione).

Bibliografia

R. Agostino - F. Mollo ( a cura di) Alla ricerca di Temesa Omerica. Primi dati dalla Necropoli Chiane di Serra d’Aiello. Scilla 2007 F. Mollo Da Temesa a Blanda. Itinerari archeologici lungo la costa tirrenica cosentina. Reggio Calabria 2011 G. F. La Torre (a cura di) Dall’Oliva al Savuto. Studi e ricerche sul territorio dell’antica Temesa. Atti del Convegno. Amantea 15-16 Settembre 2007. Pisa-Roma 2009 Autore scheda Francesco Froio (Antiquarium Archeologico di Serra D’Aiello)

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Pendente in lamina d’oro


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Croce reliquiario

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Croce Astile argento sbalzato, cesellato e pietre policrome su struttura lignea cm 50x41 XIV secolo Argentiere meridionale San Marco Argentano (Cosenza), Tesoro della Cattedrale Iscrizioni JESUS NAZARENUS REX JUDEORUM Bibliografia Martire 1877, p. 279 ss; Cristofaro 1900 , pp. 241-242; Orsi 1925, IV, p. 540; Cappelli 1925, Francipane 1927, pp. 13-22; Francipane 1933, pp. 238-241; Lipinsky 1933, p. 65 ss.; Cappelli 1934, IV, pp. 131-132; Lipinsky 1961, pp. 33-38; Lipinsky 1972-73, pp. 157 ss.; Lipinsky 1975, p. 189 ss.; Lipinsky 1975, II, pp.114-115; Di Dario Guida 1983, p. 232; Leone 2006 pp. 2-7. La croce di forma latina, in argento sbalzato, cesellato e pietre su struttura lignea, con terminazioni trilobate profilate da cornicette modanate il cui potenziamento risulta essere in stretto rapporto proporzionale con il medaglione presente all’incrocio dei bracci, è databile al XIV secolo e presenta tracce di doratura. Ornata secondo canoni iconografici ricorrenti presenta nel recto il Cristo crocefisso, in posizione frontale con la testa eretta e gli occhi aperti, vivo sulla croce è ritratto come trionfatore sulla morte (Christus Triumphans) secondo l’Inno “Pange lingua gloriosi lauream certaminis et super crucis tropheum dic triumphum nobile”1: loda o lingua, la vittoria del glorioso combattimento e sul trofeo della croce racconta il nobile trionfo, il Redentore del mondo immolandosi ha vinto la morte. Raffigurato a piedi disgiunti, in scorcio prospettico, Cristo Basileus, dominatore del mondo dalla barba curata, i riccioli ordinati che sfiorano le spalle e il sontuoso perizoma che cinge le ginocchia, poggia su una croce liscia con piccola pedana inscritta all’interno del perimetro modanato, l’aureola rifinita dall’inserimento di tre pietre; al di sopra del nimbo sono i simboli cosmici del Sole e della Luna che compaiono spesso nelle raffigurazioni della crocifissione e hanno una precisa allusione al Vangelo di Luca (Lc 23, 44-45a): “και εσκοτισθη ο ηλιοs / obscuratus est sol” nel momento della morte di Cristo, ma che potrebbero anche stringere un nesso con alcune iconografie più antiche, pagane, di area siriaca, che accompagnano la raffigurazione di divinità come Serapide o Iupiter Heliopolitanus o Mitra legate al culto del sole, culto dal quale il cristianesimo recupera molti elementi, si pensi in particolare al concetto di Cristo come Sol Invictus; o , ancora, che rappresentino l’intero universo creato del quale il Cristo, anche crocifisso e morto sulla croce, resta Signore, in quanto cosmocratore e pantocratore insieme. Alle estremità dei bracci sono i dolenti, a destra San Giovanni e a sinistra la Madonna, raffigurati come piccole figure intere, in posa sofferente, vestiti di un pesante panneggio, in alto sta un angelo che insiste sul cartiglio in cui, in caratteri gotici onciali, è l’iscrizione Jesus Nazarenus Rex Judeorum, in basso è presente una sorta di castone inserito nella rappresentazione del calice eucaristico contenitore del Sangue la cui figurazione ai piedi della crocifissione è allusione alla liturgia sacrificale della Messa. Lungo i bracci della croce inscritta e sulle terminazioni laterali sono ricavate delle piccole aperture rettangolari, possibili contenitori per reliquie. Nel verso l’Agnus Dei, iconografia ispirata dall’Apocalisse: “poi vidi ritto in mezzo al trono circondato da quattro esseri viventi e dai vegliardi un agnello, come immolato” (Ap 5,6), con la raffigurazione dell’agnello inscritta perfettamente all’interno del medaglione centrale; alle quattro estremità dei bracci che presentano la lamina finemente lavorata con motivo ad intreccio quasi vimineo, sono sbalzati i simboli del Tetramorfo allusivi degli Evangelisti: in alto l’aquila di San Giovanni, in basso l’angelo di San Matteo, a destra il leone alato di San Marco; a sinistra il toro alato di San Luca. Il collegamento delle due lamine anteriori e 1

Il Pange lingua ed il Vexilla regis prodeunt, tra i poemi e gli inni sacri alla Croce di Cristo, scritti da Venanzio Fortunato per l’arrivo al monastero di Poitiers di una reliquia donata dall’imperatore Giustino II, furono introdotti in seguito nella liturgia.


Melissa Acquesta Generale

T. Martire, Calabria sacra e profana, Cosenza 1877, p. 279 ss S. Cristofaro, Cronistoria della città di San Marco Argentano, Cosenza 1900 , pp. 241-242 P. Orsi, San Marco Argentano (appunti di un viaggio), in “Brutium”, 1925, IV, p. 540 B. Cappelli, Una croce d’argento del secolo XV in San Pietro in Morano, in “Brutium” 1925, IV, p. 2 [ripubblicato in B. Cappelli, Medioevo Bizantino nel Mezzogiorno d’Italia ed altri saggi di storia e d’arte medievale, Castrovillari, 1993, pp. 465-470] A. Francipane, L’Arte in Calabria, Messina 1927, pp. 13-22 A. Francipane (a cura di) Inventario degli oggetti d’arte d’Italia. II. Calabria, Roma 1933, pp. 238-241 A. Lipinsky, Mediaeval goldsmith’s art in Calabria, in “Goldsmith Journal” London 1933, XXIX, p. 65 ss. B. Cappelli, Note marginali all’inventario degli oggetti d’arte d’Italia. II. Calabria, in “Archivio storico per la Calabria e la Lucania” 1934, IV, pp. 131-132 A. Lipinsky, Argenterie quattrocentesche in Calabria, in “Almanacco calabrese” 1961, IX, pp. 28-50. A. Lipinsky, Scuole argentarie in Calabria Citra, in “Almanacco Calabrese”, 1972-73, pp. 157 ss. A. Lipinsky, Calici per Gioacchino da Fiore. L’”argentiera” e gli argentieri di Longobucco e le origini della scuola orafa in Calabria Citeriore, in “Dante, nel pensiero e nella Esegesi dei secoli XIV-XV (Atti del terzo Convegno Nazionale di Studi danteschi)”, Firenze 1975, p. 189 ss. A. Lipinsky, Les arts somptuaires en Italie méridionale et en Sicilie (900-1200), in “Cahiers de civilisation médiévale “ 1975, II, pp.114-115 M. P. Di Dario Guida (a cura di), Itinerari per la Calabria, Roma- Vicenza, editoriale “L’Espresso” 1983, p. 232. G. Leone in Argenti di Calabria. Testimonianze meridionali dal XV al XIX secolo, catalogo della mostra, a cura di Salvatore Abita, Cosenza 2006, pp. 2-7

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posteriori della croce è dato da un motivo a palmetta che ne mette in evidenza con grazia i contorni. Nella parte inferiore del disco si intravede la presenza di una reliquia, in alto sul braccio superiore si intuiscono chiaramente i segni della rimozione di una placchetta probabilmente di forma circolare. Secondo le fonti più antiche (Martire 1877; Cristofaro 1900) la croce sarebbe stata donata alla Chiesa di San Marco dall’abate Tommaso, Abate del monastero cistercense di Santa Maria della Matina, sede della cattedra vescovile dal 1321 al 1348. Le stesse fonti, supportate dalla presenza dei segni di manomissione di cui si è discusso, ricordano la presenza sulla croce di un’iscrizione attestante la data 1308, coerente con i riferimenti stilistici di ambito meridionale italiano, e il nome del donatore probabilmente riportati sulla placchetta oggi perduta. La critica contemporanea (Cappelli 1925; Lipinsky 1966-67, 1972-73; Leone 2006) tende a riportare la lavorazione della croce astile di San Marco Argentano ad anonimo argentiere meridionale collegato a probabile produzione autoctona legata, secondo fonti erudite, alla presenza nell’area settentrionale della Calabria, proprio ai confini con la Lucania e con allargamenti fino al basso Cilento, “[…] di una tradizione artistica particolare, la quale si è estrinsecata in lapicidi ed architetti, in organari e quasi certamente anche in orafi ed argentieri” (Lipinsky 1961, pp. 37-38). Inserendo la nostra Croce in un nucleo di altre opere simili come la Croce astile della Chiesa di San Pietro di Morano Calabro e le perdute testimonianze di Mottafollone (Cosenza) e della Chiesa della Maddalena sempre a Morano Calabro (Cosenza) sarebbe possibile testimoniare “una produzione locale […] iniziatasi, forse già prima del 1400 e seguibile fin quasi alla metà del del XV secolo. […riscontrandovi…] una prima fase con livello artistico notevolmente alto, di netta derivazione napoletana, e un successivo, rapido imbarbarimento in una forma involutiva.” (Lipinsky 1961, p. 38), a cui è necessario affiancare tutte quelle influenze stilistiche che dall’età durazzesca a quella aragonese si diffusero nel Regno, che potrebbero essere stare conosciute e rielaborate dagli argentieri meridionali in assonanza o parallelamente a quelli abruzzesi a partire dagli apporti toscani trecenteschi (Leone 2006) e che giustificherebbero l’attardarsi in Calabria del tema medievale del Cristo trionfatore sulla croce anche se mutuato in un differente contesto figurativo, teologico e devozionale. Lipinsky (1966-67; 1972-73) come Cappelli (1925) collega tale produzione all’esistenza delle miniere, sparse sul tutto il territorio calabrese, dando una netta preminenza all’attività di quella di Longobucco (Cosenza) “l’Argentera”, vicinissima a questa località, conosciutissima già in epoca greca, con riferimento alla vicina Sibari, e il cui sfruttamento era ancora fiorente tra il XIII e il XIV secolo, essendo, con quelle della Sardegna la più importante del regno, capace di soddisfare le continue esigenze di materia prima per un’attività - quella argentiera tenuta in gran conto dai sovrani aragonesi, come confermano i reiterati privilegi del 1458, del 1474 e del 1481 (Di Dario Guida 1983, p. 232).


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Ostensorio Calcara Oro sbalzato, cesellato e inciso Marchi e stemmi: Stemma Mons. Calcara Sec. XX (1947, datato) Cosenza, Museo Diocesano L’ostensorio, proveniente dal Museo Diocesano di Cosenza, fu commissionato da S.E. Mons. Aniello Calcara, Vescovo della allora Diocesi di Cosenza (1940 – 1961) e fu realizzato da manifatture meridionali che usarono per la fusione monili in oro ed ex voto donati dai fedeli alla Diocesi. Come riportato dallo stemma episcopale posto alla base, fu realizzato nel 1947 in occasione del terzo Congresso Eucaristico Regionale, che ospitò la prima Mostra d’Arte Sacra Calabrese. La base dell’opera, circolare con modanatura liscia, è sorretta da quattro piedi a zampe leonine sormontati da volute floreali e presenta ornamenti raffiguranti festoni a fogliette realizzati a cesello, così come il fusto sbalzato, che si risolve in un nodo a sfera schiacciata decorato da piccole pietre ornamentali montate su una fascia liscia e in nodi di raccordo a disco che presentano modanature lisce rese con effetto satinato che culminano in una coppia di volute avvolte da una fascia. Il ricettacolo eucaristico, dal quale si dipanano raggi filiformi, lanceolati e fiammeggianti, comprendeunacrocedaiterminaliritrinciatichepresenta,sullesuperficiaureeincorrispondenza delle estremità, motivi cuoriformi con elementi circolari apicali dai quali emergono i simboli iconografici dei quattro evangelisti, qui realizzati a fusione, così come riportatici dall’iconografia cristiana che identifica nell’uomo Matteo, nel bue Luca, nel leone Marco e nell’aquila Giovanni. La teca è contornata da tre ordini concentrici ricchi di elementi decorativi fitomorfi, che presentano, nel profilo più esterno, sedici fascette di tre fogliette con profilo polilobato e con castone di diamante nella parte inferiore. Una prima cornice a dentelli separa il secondo giro di palmette alternate a piccole infiorescenze tripetalo, orientate verso l’esterno, cui segue un’ulteriore cornice a perline, collegata all’ultimo cerchio di otto fogliette tripunte, stavolta disposte verso la lente e alternate agli elementi floreali visti nella cornice precedente. La lunula emisferica presenta castoni di preziosi con piccole perle disposte in modo equidistante. L’opera, nella sua realizzazione formale, stilizza diversi elementi teologici: partendo dal segno della croce, indicazione del sacrificio divino, converge, con un graduale passaggio di elementi giocati sul numero otto, simbolo della pienezza divina, e sul numero trinitario cui alludono le decorazione tripunte, nella teca destinata a contenere l’ostia consacrata, cerchio simbolo del sol invictus. Gemma-Anais Principe


Collana

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oro, maglia a rete incatenata, elementi fusi XIX-XX secolo Orafo meridionale Cosenza, Tesoro della Cattedrale

Melissa Acquesta

Bracciale oro cesellato e bulinato, placchette decorate XIX-XX secolo Orafo meridionale Cosenza, Tesoro della Cattedrale Il bracciale, ex voto legato al culto della Madonna del Pilerio, Patrona della città di Cosenza, è lavorato a placchette rettangolari affiancate, unite tramite perni interni. Il recto è decorato in modo trasversale tra elementi romboidali con fiore quadripetalo centrale, uniti da un decoro a filo ritorto che culmina nei due lati con foglie di vite. Il resto della superficie presenta sempre decorazione disposta “a spina di pesce”, diagonalmente all’asse centrale. Un’ulteriore elemento floreale che riprende i precedenti è presente in modo speculare ai due apici del gioiello in modo da completarsi nel momento dell’aggancio, il bordo profilato a quello che sembrerebbe filo ritorto. Il bracciale, l’ornamento meno usato e più raro da ritrovarsi nell’oreficeria popolare, riservato per lungo tempo alle classi aristocratiche e più abbienti, si diffuse nelle classi subalterne alla fine dell’Ottocento, è da considerarsi un ornamento più adatto alla signora “borghese”, suscettibile alle tendenze del momento, ai cambiamenti, che può disporre di maggiori risorse economiche, lontano dalla logica del riuso che ha condannato alla fusione gli ori antichi per dare vita ai nuovi più consoni ai tempi moderni. Melissa Acquesta

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La collana, ex voto legato al culto della Madonna del Pilerio, Patrona della città di Cosenza, è lavorata a maglia a rete incatenata a quattro fila nel girocollo che si allarga su davanti fino ad arrivare a sei fila. Su tutto il corpo sono disposti in modo equidistante 20 elementi circolari che culminano nell’elemento floreale posto al centro della maglia, decorazione che è strutturata con corolla a sei petali di fattura prismatica e stilo circolare. Piccoli elementi sferici “a goccia” sono fissati in modo alternato nei due bordi della collana, diradandosi in prossimità della parte centrale. Da ricerche svolte su documenti d’archivio, dagli atti testamentari, dai registri dei Monti di Pietà sappiamo come determinati ornamenti venissero indossati secondo le occasioni: fidanzamento, matrimonio, vedovanza etc. Benché la gran parte dei reperti giunti fino a noi sia accompagnata da marchi di identificazione indecifrabili o, nella maggioranza dei casi, ne sia del tutto priva rendendo difficile se non impossibile risalire con certezza ai luoghi di produzione; e siano talmente poche le testimonianze utili a ricostruirne il percorso storico e comunque subordinate ai mutamenti del gusto per cui la necessità di riutilizzare il vecchio per “rinnovare” ha destinato la maggior parte degli oggetti alla fusione, sappiamo che queste “regole” venivano rispettate più dalle classi popolari che dalle classi borghesi che, avendo maggiore possibilità economica, potevano permettersi più collane oltre quella nuziale, quella di corallo rosso con funzione apotropaica utilizzata nel quotidiano e quella di perline scaramazze che costituivano la necessaria dotazione della donna di origini modeste ma onesta e lavoratrice. La collana, infatti, nella tradizione popolare era senz’altro il gioiello più atteso dalla futura sposa; le veniva donato dalla suocera alcuni giorni prima del matrimonio ed oltre al significato di legame che si instaurava con la famiglia dello sposo, aveva anche un valore di investitura nell’ambito della società. Stava a significare un nuovo ruolo: quello di futura madre e quindi di continuazione della famiglia stessa.


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Orecchini Oro, perline scaramazze, rubini primi anni del XIX secolo Orafo napoletano, Punzoni: illeggibili su orecchini e fermagli Cosenza, Tesoro della Cattedrale Gli orecchini, ex voto legato al culto della Madonna del Pilerio, Patrona della città di Cosenza, sono costituiti da un fermaglio figurato come un fiore a sei petali a doppia corolla nella stilizzazione neoclassica della tipologia “a girasole” al quale pendente si incastra un corpo centrale pendente dalla forma a fiocco, chiaro simbolo nuziale che allude all’unione amorosa che si augura per gli sposi sia sempre stretta e salda come lo sono i nodi; tradizionalmente, alla prima visita in casa della ragazza di cui chiedeva la mano il giovane futuro fidanzato donava alla fidanzata un paio di orecchini. Dalle estremità di entrambe le cocche una piccola corolla fiorita segna l’aggancio con altri due elementi pendenti dalla forma floreale, leggermente allungata di dimensioni minori e derivata dal fermaglio; infine una terza corolla, la più grande dei fiori pendenti, è agganciata al centro delle code del fiocco. Gli orecchini sono incrostati di piccoli rubini dal colore violaceo che illuminano il centro del fiocco, dei fiori e distanziano i petali, e decorati con perline scaramazze fittamente tessute a coprire l’intera superficie, a testimoniare il livello sociale della donna che li indossava. Melissa Acquesta

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Generale

O. Cavalcanti, Ori antichi di Calabria – segni simboli funzione, Palermo, 1991 D. Pisani (a cura di), Il gioiello popolare calabrese, Napoli, 1997. D. Pisani, I gioielli nell’iconografia femminile calabrese, in L. Lenti (a cura di), Gioielli in Italia, Donne e ori. Storia, arte, passione, Venezia, 2003




Si ringrazia il Presidente della Provincia di Cosenza per l’attenzione profusa alla crescita culturale del territorio. Si ringraziano il Soprintendente ai beni archeologici della Calabria e il Soprintendente ai beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria per il sostegno dell’iniziativa e l’intensa partecipazione, nonchè le rispettive Istituzioni per la fattiva collaborazione. Un ringraziamento ai Direttori dei Musei della Rete Museale della Provincia di Cosenza che hanno concesso in prestito le loro opere, al direttore e alla presidente del parco nazionale della Sila, ai Sindaci e agli Assessori dei Musei prestatori, ai Vescovi e, in particolare alla Curia arcivescovile di Cosenza-Bisignano e alla Curia vescovile di San Marco Argentano. Un ringraziamento ai protagonisti dell’esposizione, i valenti orafi della provincia di Cosenza: Paola Righetti, Francesca Ricioppo, Giovan Battista Spadafora, Monica Spadafora, Antonio Perri, Anna Perri, Luca Angotti, Salvatore Crivaro, Francesco Iorio, Sandro Prandina, Luigi Filippelli, Domenico Tordo, Francesca Tocci, Sergio Mazzuca. Un ringraziamento ad Alessandro Baldoni per avere accolto l’invito ed esser giunto, da Borgo degli Orefici a Napoli, all’antica Via degli Orefici di Cosenza. Si ringraziano gli artisti/orafi Gianpaolo Babetto e Graziano Visintin per avere dato immediato credito al progetto ed avere dimostrato intensa partecipazione. Un ringraziamento e un sincero saluto a Fausto Maria Franchi e Lucia Salmati per la disponibilità che hanno spontaneamente donato all’iniziativa e per la ricchezza degli scambi intercorsi. Un ringraziamento ad Aurelio Franchi, Presidente del CNA di Arezzo e Vice-presidente della sezione artistica per aver creduto nell’iniziativa, sperando di poterla sempre arricchire negli anni a venire. Grazie a Belmira De Rango, Melissa Acquesta, Gemma Anais Principe, Laura Verta e Ramona De Cello, Pino Iannelli, Luigi Rinaldi, Andrea Vizzini, Mariuccia De Vincenti, Maria Carbone.



COSENZA PREZIOSA Maestri e opere dell'arte orafa

english


Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

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editore

con il patrocinio

The MAM, experimental museu favors artistic-craft process’s reappropriation with goldsmith’s art laboratorie in the Museum


Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters is promoted by the Province of Cosenza with the legal aid of Calabria’s historical, artistic and ethnoantropologic heritage superintendene and of Calabria’s Archaeological heritage Superintendence Exhibition’s designer, responsible for scientific research, exhibited works and catalogue texts: Anna Cipparrone Contributions to catalogue: Gerardo Mario Oliverio, Fabio De Chirico, Simonetta Bonomi, Anna Cipparrone, Marilena Cerzoso, Francesco Froio, Gregorio Aversa, Antonello Savaglio, Lara Vinca Masini, Fausto Maria Franchi e Lucia Salmati, Francesca Di Ciaula, Melissa Acquesta, Gemma Anais Principe Didactic and panels: Anna Cipparrone Exhibition’s project and preparation: Fiorino Sposato, Anna Cipparrone Graphic project: Dino Grazioso Photo: Andrea Vizzini Video and Installation: Pino Iannelli, Lastcam Catalogue and Exhibition’ Translations: Laura Verta

ISBN 978-88-908163-1-4

Musei prestatori Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza Museo archeologico di Serra d’Aiello Antiquarium di Scalea Museo diocesano di Cosenza Museo diocesano di San Marco Argentano Museo del Cupone - Parco Nazionale della Sila Museo Pietra Viva (Trentino Alto Adige) Museo demologico di San Giovanni in Fiore Museo del costume Vaccarizzo Artisti/orafi Gianpaolo Babetto (Padova) Fausto Maria Franchi (Roma) Graziano Visintin (Padova) Alessandro Baldoni (Napoli) Eduardo Bruno (San Marco Argentano) Aziende artigiane della provincia di Cosenza Arte orafa Ricioppo (Santa Sofia D’Epiro) Arte orafa Sole e oro (Cosenza) Creazioni orafe Adamas (Cosenza) Arte orafa G-B. Spadafora (San Giovanni in Fiore) Il Perseo di Iorio F.sco (Rende) Laboratorio orafo Angotti (San Giovanni in Fiore) Laboratorio orafo Prandina (Cosenza) Perri gioielli (Corigliano) Riflessi di Tocci F.sca (Castrovillari) Orafo Crivaro (San Giovanni in Fiore) Laboratorio orafo di Scintille (Cosenza) Laboratorio orafo Domenico Tordo (Mirto)

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Index

Introduction Gerardo Mario Oliverio ......................................................................................................... pag. 103 The archaeological heritage .................................................................................................. pag. 104 Simonetta Bonomi

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Historical, artistic and ethnoantropologic heritage .......................................................... pag. 105 Fabio De Chirico Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art ........................................... pag. 107 Anna Cipparrone Temesa’s territory ................................................................................................................... pag. 116 Francesco Froio The jewels of the population Enotra in the Province of Cosenza ................................... pag. 119 Marilena Cerzoso Evidence in the high antiquity Tirreno cosentino ............................................................. pag. 121 Gregorio Aversa Sumptuary arts Notes for a brief Goldsmith’s art history from IV to XVIII century ................... .................................................................................................................................................. pag. 123 Melissa Acquesta News of treasure and spells in province of Cosenza between sixteenth and Nineteenth century .................................................................................................................................... pag. 126 Antonello Savaglio Jewels of culture ..................................................................................................................... pag. 128 Lara Vinca Masini When the hand meets the material ..................................................................................... pag. 131 Fausto Maria Franchi Graziano Visintin .................................................................................................................. pag. 134 Francesca Di Ciaula Borgo orefici and the exhibition in Cosenza ...................................................................... pag. 135 Paola Righetti


Index

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The Exhibition Origins recovery: gold and jewels in ancient times ........................................................... pag. 137 Sacred goldsmith’s art and jewels from XIV to XIX century Ancient goldsmith’s art in nowadays laboratories ............................................................. pag. 139

Contemporary gold. The artists/goldsmiths Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin .................................................................................................................. pag. 145 The extraction process and Calabria’s cave map - Goldsmith’s workbench representation ....... .................................................................................................................................................. pag. 148 Goldsmith’s art masters in Province of Cosenza: Cosenza goldsmith’s art histor .......... pag. 149 Tradition and Innovation Goldsmith’s art masters in province of Cosenza .................. pag. 152 The recall of ancient times .................................................................................................... pag. 153 Mytology ................................................................................................................................. pag. 156 Geometries ............................................................................................................................. pag. 158 Luxury, ostentation and freedom ........................................................................................ pag. 160

Museums ................................................................................................................................ pag. 162 The goldsmiths ...................................................................................................................... pag. 169 Loans ....................................................................................................................................... pag. 181

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Borgo degli Orefici and goldsmith’s art tradition in the Kingdom of Naples ................ pag. 144



Introduction

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Province of Cosenza Arts and Crafts Museum continues taking the shape of a excelleneces promotions and exploitation place, and the exhibition Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art wants to link Southern Itlay goldsmith’s art ancient origins with the lively activities still shown by our great goldsmiths.

Cosenza can be placed in history as the city of the hundreds transits, exchanges and contaminations, that’s why the Arts and Crafts Museum suggests to re-establish those links, putting together, for the first time in a unique context, works of art and of excellent crafts coming from the whole provincial territory (the Museums of the Provincial Museum Network and goldsmith’s art laboratories of San Giovanni in Fiore, Santa Sofia d’Epiro, Cosenza, Rende, Castrovillari, Corigliano, Mirto), but also from the national goldsmith’s art production cornerstones such as Padua and Rome, place of origin of the artists and goldsmiths Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin. It’s an exhibition that will be very relevant for the whole provincial territory. Exhibition’s aim is bringing light on the artists that continue local ancient traditions and, above all, on province of Cosenza goldsmiths, to hand down to new generations matirial, immaterial and cultural heritage represented by ancient jobs not only through the knowledge but also comprehending the other realities from a contaminations promotion and exploitation point of view. A comprehension that, for sure, it is made easier by the great new offered by the Arts and Crafts Museum: crafts laboratorie experience through which we want to spread our craftsman masters skills, rituals, technical “knowledge” and laboratories’ experience. Gerardo Mario Oliverio President of Province

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The choice of celebrating goldsmith’s art field during Christmas, comes by Province of Cosenza’s will of making the exhibition a regural meeting of its exhibition’s planning, with the aim of reintroducing and giving a strong impulse to goldsmith’s arts field that is the mainstay of made in Italy.


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The archaeological heritage

Praiseworthy and intelligent this is how must be defined the systematic revisiting action of the crafts activities from ancient times to contemporary age that the arts and crafts museum of the Province of Cosenza is bringing on. The arts and crafts framework now taking shape, thanks to exhibitions and catalogues, is of unexpected richness and variety opening, furthermore, new life, customs and economical life backgrounds. In the mentioned framework also archaeological documents reach brand new importance, obtaining an attention that before no one gave to it, offering to exhibition’s visitor, to reader and scholars the occasion of widening their own knowledge on this small Calabria’s portion’ past and reconsider their own point of view on antiquity having as concrete witnesses all the working and skillful hands, all the ancient tools as Scalea’s late roman crucible. Ornaments objects, not only in gold but also in bronze, don’t tell us only about their maker’s story, but tell us about materials, used techniques, traditional shapes, often identifiers of an ethnic community and, above all for this reason, tell us about the world in which were created, about purchasers and the meaning they had when used. Good part of exhibited archaeological finds refer to Oenotrians, population that lived in Calabria during Iron Age, before Greek definitively settled here. Are funerary kits coming from the necropolis of Torre Mordillo near Spezzano Albanese and Serra Ajello. From the first one is it possible to admire feminine ornaments, part of precious parures underlining the woman’s high social status; from the second a pendant in gold, a very precious and exotic burial gift, if it’s true that most important comparisons bring back to Etririans. A striking video given by Cosenza Bretti and Enotri Museum, in reconstructing a burial excavation’s steps, stresses the complex and symbolical rite. The thin and refined gold pectoral of Sibari, has decorations done in Greece on eastern inspiration and reflects the image of the great Magna Graecia city leader of an empire as well as its aristocracy’s taste for luxury. Simonetta Bonomi Superintendent for Calabria’s archaeological Heritage


Exhibition›s aim is exploiting and enjoying Calabria›s goldsmith›s art heritage, to be exact Province of Cosenza›s one, an obliged step, senn that, concerning sacred art- even if the analytic exam of the gorgeous and numerous handmade product did lots of steps forwardisn›t arrived yet to a clear definition, that›s why can still happen that works of art very similar between them can be differently classified. Varies is, infact, the sacred art production in the whole Region, both as autochthonous production that as imported so, through handmade’s exhibition the aim will be linking arts and popular faith, luxury and religion. Of the ancient silver handmade products, mainly sacred, for their bigger presence because of the daily liturgical use- goblets, monstrances, jewels and other precious objects- even if lots of them were destroyed or consumed by daily use or stolen, will be stressed historical and artistic value together with the researches related to criteria and realization’ methods. This heritage survival, in some cases, has been favored by cult, well-established and strong, still present, nowadays as an insuperable border to lend some of those works of art also for happenings like the present one. Besides, the exhibition underlines very meaningful moments in contrast with the idea, expressed by someone, that Calabria’s goldsmiths production is imported only, as Joachim of Fiore Mirabilum veritas defensa in which the Abbot writes about a visit happened between the 1191-92 and the 1202, in Longobucco seat of old silver caves to «conficiendos calices» for his abbey in San Giovanni in Fiore. A quote, the mentioned one, get by the life of the abbot, very well known and considered important by Lipinsky to sanction the present of arts’ industries in Calabria. Infact, it is probable that silver extracted by Longobucco’s cave was used for ancient cities coining like Thury, Sybaris and maybe Crotone, confirmed by the discover in the surrounding of should be the ancient staters. Extraction’s activity lasting, with the presence of silver masters maybe helped for the start of a specific tradition and a “Longobucco school” which importance lasted in time, it is also possible that some of the works of art created there escaped the disctruction happened in centuries, The fourtheenth century San Marco Argentano Cross, present in exhibition could be considered as the only school’s work of art survived.; othe experts don’t leave out remedies to apulian prototypes, that would explain also the little contraddictions retraceable in it; recent hypothesis instead retreace in the Cross a majestic synthesis of the Angevian evolutions on local substratum on Byzantine influence. Lots are the exhibited works without marks that may be datable around Seventeenth and Eighteenth century, they belong to province’s churches and can be attributed to local silver art masters, whom, even working far from kingdom’s capital city, surely knew working techniques- casting, graver, embossed- and the style of Naples’s shops also trough imported wonderful examples. In the same Cosenza, besides, there was a piazza degli Argentieri, as testified by a 1571 document concerning the appointment of a Ferrao as the philosopher Bernardino Telesio’s attorney ans a road called Orefici both placed in the present Corso Telesio. Goldsmith’s art shope were present all over the territory: Rossano and Cosenza were the most famous duringg Middle Age, Castrovillari during Baroque with Bernardino

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Historical, artistic and ethnoantropologic heritage


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and Giuseppe Conte’s silver production; Monteleone (present Vibo Valentia) and Oppido Mamertina in eighteenth century, San Giovanni in Fiore and Crotone since the last two centuries, where is perfectly represented goldsmith’s art old tradition and where between the huge production, lots realized in gold and filigree, can be pointed out a necklace called iennacca and the brillocco a buckle with a precious stone mounted. Calabria’s goldsmiths ability can be seen also on typical dresses above all on the Arbëreshë, made precious by jewels and precious stones as silver and gold tiaras, the silver buckle used to fix ribbons placed on bride’s hair. Besides, some jewels remember and reproduce Magna Graecia’s jewels. Examples present on our territory are a lot and very different between them; the goldsmith’ exhibition will give the opportunity of writing a history of art brand new page, will also permit studying what remained in our region, having as main objective exhibited goldsmith’s art technical virtuosity study, always loved for the preciosity of the material more than for obtained results. Maybe, in the case of the ecclesiastic objects, must be attributed to products small dimensions that conditioned the merit. Calabria’s goldsmith’s art diffusion, through a series of precious handmade products realized between XIV and XIX century, is the occasion to give impulse to the great goldsmith’s art masters that, nowadays maintain, reinterpreting it, the ancient tradition. Important opportunity the present one, in Cosenza and province’s productive system, comparison opportunity with the national goldsmith’s art sector to find out the correct strategies to empower and develop this field. Jewels, common all over the province and the region for symbology, typologies and realization techniques, were realized- to permit the purchase to all social classes- with low carat percentage’s gold and with an high copper’s percentage, to be melted when not used anymore; this way a huge goldsmith’s heritage get lost. This is another important exhibition meaning: the exploitation of what remained, goldsmith and silver masters re-evaluation, giving the possibility to the public of enjoying goldsmith’s art production in province of Cosenza, stressing what persists of our tradition in nowadays production. That’s why the Superintendence for Calabria’s historical, artistic and ethnoantropologic heritage had to welcome with enthusiasm the cooperation proposal arrived by the Province of Cosenza to realize this relevant exhibition, stimolus of interest and reflections on the cultural heritage. Fabio De Chirico Calabria’s historical, artistic and ethnoantropologic heritage


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Since ancient times the human being felt the vital need of using jewels and gold, defined by Pindar as “Zeus’s son, not devoured by moth or damaged by rust, supreme possession that looses human being’ minds”1, is the most important adorning element.

The exhibition “Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art”, wants to be an occasion useful to recreate southern Italy goldsmith’s art ancient origins, placing province of Cosenza Goldsmith’s art masters and their works, on a national stage and 1 P.L. Bernstei, Oro,storia di un’ossessione, Milano 2000; G. Gregorietti, Il gioiello nei secoli, by Erich Steingraber, Milano 1969

Fig. 1. Brettii and Enotri Museum, armelts bacelets and disc pendant Oenotrian(IX century b.C.)

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It pushed humanity towards greatest ventures, but also in discrediting itself with fool deeds in an eternal contradiction implicit in the metal: it is malleable but at the same time indestructible. Lots history’s personalities, of the Bible and also of legends piled it up but lots of them were also possessed by gold.


108 Fig. 2. Brettii and Enotri Museum, belt from Torre del Mordillo (IX sec. b.C.)

Fig. 3. Serra d’Aiello Archaeological antiquarium Pendant in gold leaf with embossed decoration (VIII century (b.C.)

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in a space without time were Iron Age rough jewels join main contemporary art’s expression. The fil rouge linking so different contexts both from a chronological point of view that from a semantic one is creativity, functionality and the representative feeling generated by jewels.

Fig. 4 Opificio Tiraz di Palermo, Stauroteca di Federico II (collezione del Museo Diocesano di Cosenza)

Works of art come from the Archaeological and Diocesan Museums present on the Province of Cosenza Museum Network, from goldsmith’s art laboratories (Cosenza, Rende, Castrovillari, Corigliano, San Giovanni in Fiore, Santa Sofia d’Epiro and so on) and from the versatile experiences of Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visentin, artists and goldsmiths between the most important in the international movement of “the artistic jewel” coming from Padua and Rome. Temporary exhibition model that the Arts and Crafts Museum goes on proposing is the one of the dialogue between artists, topics and historical Ages never putted, before, in comparison in an exhibitions contexts. A model that wants to exploit province of Cosenza museums, archaeological and historic-artistic heritage often placed in a marginal dimension. Arts and Crafts Museum’ exhibitions aim is considering every single work of art (or craft) as symbol of a clear cultural conjunction, clear sign of a social context bordered in space but heir of ancient traditions, trying to add new territories and personalities to the wider and know national arts and crafts spaces. All this being aware of the fact that contemporary artistic and crafts world now, is living in a constant dialogue between tradition and innovation.

Fig. 5 San Marco Argentano Diocesan Museum, Asyle Crosss in embossed engraved silver and polichrome precious stones on wood structure (XIV century)

Jewel’s history in province of Cosenza has its roots in the preHellenistic Age and the section “Origins recovery: gold and jewels in ancient times” has a double intention: suggesting the deep archaeological stratification and all the civilizations that occupied our territory and analyzing the ways in which the jewel was realized in ancient times, the materials, the working techniques, to testify ancient time jewel’s evolution from bronze and iron use to precious


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Precious are the bracelets, the buckles, the necklaces and the rings that the Brettii and Enotri Museum exhibits in this section (pic. 1-2), wonderful is the pendant in gold leaf with embossed decoration obtained by Serra d’Aiello Archaeological Museum (Pic. 3). Unique and present only on the catalogue is the Pectoral of the V century b.C. coming from Sibaritide National Archaeological Museum. In ancient times gold was used also to forge coins; that’s why from ancient jewels we arrive, through Normans Age’s gold coins, recovered by the Carabinieri’s group for cultural heritage protection and exploitation (pic.4), to Middle Age and Modern sacred goldsmith’s art2. We have to go back to 1270 to find the first news on local goldsmiths with the mention of Simillo Guglielmo de Cosenza in the registers of the Angevin office of the court’s clerk3 and to the XIII century with the mention of the goldsmiths from Longobucco to whom Joachim of Fiore commissioned the goblets for his abbey, anyway the symbol of Southern Italy and Cosenza’s goldsmith’s art is, for sure the Cross reliquary donated by the Emperor Frederick II to Cosenza’s Cathedral in occasion of its consecration4, not on exhibition because it is part of the exhibition of Cosenza Diocesan Museum that will be open soon. 2 Contributi per la storia dell’oreficeria, argenteria e gioielleria, by Piero Pazzi, Venezia 1996; A. M. Orsini, Premessa ad una catalogazione della suppellettile ecclesiastica, la catalogazione come possibilità di museificazione, in Contributi per la storia dell’oreficeria, argenteria e gioielleria, by Piero Pazzi, Venezia 1996, p. 63; A, Nardi, Lo sviluppo della produzione orafa durante la prima metà del XIX secolo, in Contributi …cit., p. 170; 3 O. Cavalcanti, Ori antichi di Calabria. Segni simboli e funzione, Palermo 1991; Artigianato in Calabria, by Alessandro Agrimi, Roma 1971; Cosenza Preziosa. L’arte tra il XIX e il XXI secolo, by Domenico Pisani, Soveria Mannelli 2005 4 La stauroteca del Duomo di Cosenza, Roma 1992; M. P. Di Dario Guida, Riflessioni sulla stauroteca di Cosenza, in Chiese e società nel Mezzogiorno, Soveria Mannelli 1998; M. P. Di Dario Guida, La stauroteca di Cosenza e la cultura artistica dell’estremo Sud nell’età normanno sveva, Napoli 1984; A. Lipinsky, L’arte orafa alla corte di Federico II di Svevia, Firenze 1970

Fig. 6., Eduardo Bruno,Holy Graal Cross, lost wox melting, San Marco Argentano Fig. 7. Cosenza Diocesan Museum, Calcara’s monstrance in embossed, chiseled and engraved gold

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material introduction between which gold.


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Created by Tiraz Factory in Palermo that worked a lot until the time in which the imperial Court moved in Apulia and in Naples after the death of the emperor’s wife Constance occurred in 1222), the Cross reliquary influenced Southern Italy and Cosenza’s artistic production inspiring, still today great value handmade artistic production.

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Is exhibited, instead the astyle cross coming from San Marco Argentano Diocesan Museum, is embossed in silver and gold with very stressed byzantine reliefs. On the recto an high relief crucifix with, on cross limbs extreme parts, an angel, the afflicted on the side and on the lower part the reliquary vase, while on the verso has net geometrical decorations, the symbols of the four Evangelists and, at the centre, the Mystic Lamb. The historiography agrees in dating this work of art in the 1308, almost for the ancient parts (pic.5). The section “Sacred goldsmith’s art and jewels from the Fifteenth century to the Twentieth century” exhibits also jewels donated ex voto by faithful to the Madonna del Pilerio (necklace, bracelets and earrings of the XVIII-XIX century) and the processional monstrance realized using the gold donated by citizens to Cosenza’s cathedral, in the 1947 when the archbishop was Mons. Aniello Calcara (pics. 6-7). The exhibition presents, as already said, the continuous dialogue between past and present, tradition and innovation, traditional local jewels most important examples used to stress civil society moments and rites and contemporary art main expressions. That’s why in the section dedicated to sacred goldsmith’s art are exhibited the cross and the crowns realized by the master Giovan Battista Spadafora in the goldsmith’s art laboratory of San Giovanni in Fiore (Pic. 8). The following section “contemporary gold” offers a synthesis of the production belonging to the most important artists/goldsmiths well know at International level, that we have in Italy: Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visentin coming from Padua and Rome. They testify how gold can cross creativity borders. In their

Fig. 8. Laboratorio orafo G.B. Spadafora, Two crowns and the Cross for altar in silver casted in 24 carat gold adorned with leaves refined with the graver and small coral roses datable to the beginning of 1900.


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works are exalted artistic knowledge, craft’ skills and contemporary innovation. They represent a movement that is generally divided in three moments from ‘50ies to nowadays, free from every kind of borders, they made of the jewel the object of a personal experimentalism concerning shapes, materials and iconography. Research’ perspectives suggested by Babetto, Franchi and Visentin all their career long are uncountable and the exhibited works just synthesize some goals, showing how the jewel went beyond functionality’ borders becoming micro-sculpture and, meanwhile, how sculpture reached a daily dimension and tied to the idea of representing whoever wears the jewel (pics 9/14)5.

5 Immaginazione aurea, artisti-orafi e orafi-artisti in Italia nel secondo Novecento, by Enrico Crispolti, Milano 2001; Fausto Maria Franchi, un ponte parallelo al fiume. Anelli-scultura 1962-2002, Napoli 2002; Libero pensiero. Fausto Maria Franchi orafo scultore, Roma 2000; Fausto Maria Franchi, artefatti preziosi, by Ornella Casazza, Enrico Crispolti, Lucia Sabatini Scalmati, Firenze 2009; Babetto, gioielli e…altro, cat. Mostra Brussels 2006; Babetto: 1996-2000. Geometrie di gioielli, Venezia 2000; Gli ori di Gianpaolo Babetto alla collezione Peggy Guggenheim, Vicenza 1996; Gianpaolo Babetto, gioielli di cultura, Prato 2002; Rarefrazioni nell’opera di Paolo Sardina e Graziano Visintin, by Luciano Ernesto Francalanci and Giorgio segato, 1991 6 G. Marafioti, Croniche et antichità di Calabria, edizione Forni, Bologna 1975. Quote’s translation has been updated to contemporary language. The original language is late sixteenth century Italian. (Translator’s note)

Fig. 9. Alessandro Baldoni, Lion, silver chiseled, Naples

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Up to the historian Girolamo Marafioti, whom wrote down a long list of Calabria’s caves, “Calabria’ river and springs waters are sweet, gold-bearing and curative(…); “almost all the province is rich of gold, silver and minerals”6. The experts of the sector agree in believing that Argentanum and Longobucco’ caves played a primary role in Sibari and Crotone coining, besides, their use lasted centuries. The exhibition goes on with examples of gold and silver extraction processes in Province of Cosenza and on goldsmith’s bench table to recreate an experience deeply rooted in our territory and documented by sources (pics. 15-16).


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Fig. 10. Gianpaolo Babetto Ring 1980, white gold 750, Padua – photo by : Giustino Chemello (VI) Fig. 11. Gianpaolo Babetto Buckle 1970, white gold 750, Padua – photo by : Giustino Chemello (VI)

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Fig. 12. Graziano Visintin, Buckle in gold 18 carat, enamel and gold leaf, Padua

Fig. 13. Fausto Maria Franchi, ring Multiple three of life, 2003 silver and wax melting, Rome

Fig. 14. Graziano Visintin, necklace in white gold 18 carat, gilding in 24 carat, Padua


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Real protagonists of the exhibition “Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art”, are the goldsmith’s art masters of the province. They arrive from the whole provincial territory and represent the strength and the proud of Calabria’s crafts. They work with passion and great imagination becoming the maker of historical and cultural past transformation in jewel. They face researches, experimentalisms and innovative solutions in the field of techniques, material and iconographies, and that’s why the exhibition was divided in sections joined by videos, so that visitor can be aware of province of Cosenza goldsmith’s art heritage extraordinary variety and richness, as well as of one of them modus operandi. Nature, animal world, gems, enamels and corals are inspirations for Cosenza’ territory goldsmiths (San Giovanni in Fiore, Cosenza, Rende, Corigliano, Castrovillari, Santa Sofia d’Epiro ecc.) (pics. 1720).

Jewels went beyond its ornamental value, now is a work of art and the exhibition helps in reflecting on a goldsmith’s art production,

Fig. 15. Fausto Maria Franchi, homage to Fontana, gold and green Polymethyl methacrylate, embossed and chiseled, Rome

Fig. 16. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti, buckle bird and buckle drake. Gold 18 carat with quartz and gold 18 carat, rubies Cosenza Fig. 17. Laboratorio orafo Sandro Prandina, Necklace with rose. Hand worked corals, Cosenza

Fig. 18. Laboratorio orafo G. B. Spadafora,, buckle turtle. Gold, diamonds and amethyst, San Giovanni in Fiore

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Classic past and mythology characters, eastern cultures as well as every single aspect of everyday life fill their creations. Often, infact, material and emotional status bringing to the most unusual results has its bases on past knowledge and on the reinterpretation of the ancient and the traditional, jewel’s shapes, techniques and functions.


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Cosenza’s one, that still today doesn’t leave out, but exploits, past recovery, re-elaboration and interpretation, considering it as nowadays privileged observation point. Innovation is expression’s freedom as well as freedom in techniques, figurative solution and material choice presented by province of Cosenza goldsmith’s art masters (Pics 21-26).

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Anna Cipparrone Art’s historian Manager of the Arts and Crafts Museum

Fig. 20. Arte orafa Antonio Perri, Necklace Gold net lace “Foxy tail” with pendant decorated by small filigree flowers. The clasp has fallic elements decoration Corigliano (CS) Fig. 21 Accademia Arte Orafa by Francesca Ricioppo and Vincenzo Nicoletti, Cameo the three graces, Santa Sofia d’Epiro

Fig. 19. Arte orafa Antonio Perri Necklace with onyx and gold. Musk quartz surrounded by sea pearls and gold spheres. Corigliano (CS)


115 Fig. 22. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti,necklace Putto, gold 18 carat with engraved turquoise and black coral branches Cosenza

Fig. 24. Orafo Crivaro, Necklace with shaded Sapphires, white gold and hand engraved cameo, earrings with sapphires and pearls. San Giovanni in Fiore Fig. 25. Laboratorio orafo Il Perseo by Francesco Iorio, Ring Amber, Gold and Baltic Amber Rende

Fig. 26. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Moebius Ribbon, silver. San Giovanni in Fiore

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Fig. 23. Laboratorio orafo Luca Angotti, parure Jennacca. Necklace, bracelets and earrings, in gold, Swarovsky and pearls, San Giovanni in Fiore


Temesa’s territory

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Serra d’Aiello municipality area made up by three plateau succession Cozzo Piano Grande, Cozzo Carmineantonio and Cozzo Serra Aiello separated by linking saddles almost at 400 meters above sea level placed in the coastal area comprehended between Oliva and Savuto rivers, is an area of great historical and archaeological interest. It’s the area in which begins the story of the ancient TEMESA settlement. Topographical position permits the control of the whole plain and the communication roads that, through the two rivers , permitting the connection with the Ionian area . The archaeological potentialities of Serra d’Aiello municipality and surrounding areas Cleto, Amantea (Campora S. Giovanni) and Nocera Terinese municipalities comprehended, were strongly pointed out during last year’s when deepen surface researches putted in action by Calabria Archaeological Superintendence , together with Alybas Archaeological group permitted recognizing a large settlement system, developed since Neolithic Age on the coast, fixed during Middle Bronze Age and is recent on Serra d’Aiello ridge’s hill. Finds of cottages, lots potteries fragments lost all over the area , lots of tombs obtained from the rag rocks similar to the Mycenaean discovered in Sicily, represent what remains of Bronze Age. But it’s with the Iron Age that the settlement reaches its main expansion and richness.

Fig. 27. Serra d’Aiello, necropolis sight Chiane

CHIANE NECROPOLIS What we have just said found a confirm in 2004 with the discovery of an Iron Age Necropolis (IX – VIII century b. C.) discovered near Chiane in Serra d’Aiello Municipality where have been discovered, until now, 26 terrestrial burial tombs. In some cases tombs appear to be directly excavated in ground or sand stone, in some other the tomb appear covered and limited by big and small fluvial stones and grave’s stone. A bit left aside, for the moment, is the case of a cremation in a cinerary urn where were discovered the rests of the dead his funerary kit and potteries. Tombs present few potteries biconical vases, one handle bowls, tankards, cups and Askòi to which are added loom’s weight, spools and fusaroles to define feminine burial. Rich are the metal kits: almost all the man tombs has peak and the bronze sauroter, with buckles, above all twisting shape ones, typical of southern Italy production in bronze. Feminine tombs, in particular, present some cases (Tomb n. 6 and tomb n. 14) containing lots of personal ornaments in bronze, iron and amber (phaleras, four spiral and twisting arch buckles, necklaces with pendants and amber and glassy vagus, earrings in amber, combs, pectorals and pendants in iron and bronze). All this richness, together with the settlement extension an its strategic position useful for communication roads defense and control, together, also, with the presence of the famous copper deposits, mentioned by Homer in his Odyssey, point out the


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importance of this Tyrrhenian community, the only one of the whole Iron Age between Pontecagnano and Tropea having relations with Sibaritide Oenotrians élites (as demonstrated by buckles, phaleras and other important ornaments typical of Oenotrians facies) and above all, with the populations settled in the area of Villanova ( let’s just think about the gold pendant discovered in the tomb 14 and exhibited here, to the thurible with the typical Khufu ship shape, the sword with the iron age typical shape remembering two aerials (Tarquinia), the pendant, to the sword’s sheath (Veio) to the crested helmet discovered in Imbelli’s sanctuary not very distant from Cozzo Piano Grande).

THE TOMB 14 AND THE GOLD PENDANT The tomb 14 was placed at the south eastern border of the excavated area, in an area characterized by rich burials that may be datable around the first quarter of the VIII century b.C. the tomb (m 2,60 x 1,10 x 0,35) was covered with parapets created joining big fluvial rocks so to reinforce the rag rock. The funerary kit was placed in a small winze near the buried and protected with different rocks It was made up by two cup with one handle, a close shape impasto vase, 3 loom’s weights and a fusarole realized with the mentioned technique. Rich and precious were the object used as personal ornaments positioned on her heads and breast and made up by objects in bronze. Iron, amber, silver and gold. Starting from the head bronze spiral yarns used as comb, circular earrings in amber, and on her breast lots of pendants and vagus in amber part of necklaces, a couple of four spiral buckles in bronze, a twisting buckle in bronze and an arch in iron. Lower a couple of phaleras in bronze and near a couple of small and rare four spiral buckles in silver, not in good conditions. Where once was her right hand a ring in iron and, a little bit down at the pelvis, lots of vagus in amber and the gold pendant. Is a circular shape pendant of almost 4,5 cm of diameter with embossed decoration. It has a small extremity furled on itself to permit the suspension through a yarn. The decoration consists of a series of point, a central stud and a series of circular concentric lines clearly recalling Villanovan culture (Punktbuckelsistem) realized using tools with different kind of tips. Lots of comparisons can be done with Iron Age Necropolis discovered in Southern Etruria (for example Tarquinia’s Montarozzi Tomb

Fig. 28. Serra d’Aiello Tomb’s excavation step

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The presence of princely tombs (n. 6 and n. 14) testify the structure of the community, an emerging aristocracy, able of affirming a relevant social status and resisting to Etrurian control and Euboaen Chalcis attempt of controlling the territory form a commercial point of view. The presence of a art pottery cup in the tomb n 10 is a pre colonial commerce example.


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M11) but also with the ones discovered in Campania (for example Osta di Cuma excavations’ tomb). Almost certainly the pendant has been imported. It is the ancient pendant existing in Calabria. The find has been catalogued by Reggio Calabria Archaeological Superintendence. Inventory’s corresponding number n. 143693 and is kept near Serra d’Aiello Archaeological Antiquarium. (it is not on exhibition) Francesco Froio Temesa Museum - Serra d’Aiello

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Fig. 29.Serra d’Aiello Archaeological antiquarium Pendant in gold leaf with embossed decoration (VIII century (b.C.)

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It will seems a strange thing finding, in an exhibition on province of Cosenza’s goldsmith’s art tradition, object that aren’t made with gold. Anyway seemed interesting exhibiting objects that, even not in gold, represented the jewels used by the woman belonging to one of the ancient Calabria’s populations, Oenotrians. Mainly are objects in bronze that may be datable around the Iron Age (870-720 b.C.) discovered in the tombs of Torre del Mordillo necropolis (Spezzano Albanese – CS) in 1888 and belonging to Cosenza Bretti and Enotri Museum’s collection. Objects of the funerary kit and worn on the funerary dress, testifying in their quantity, the social status, the role played in the society by the dead; the Oenotrian one was a society noblepatronage pre-urban” which power were in the hands of an aristocracy based on family’s offspring(gens). Torre del Mordillo Oenoteian woman had beautiful parures: lots of buckles of different dimension and shape, to fix dresses, combs, necklaces, leaf's belt, bracelets, yarn rings for hands and ankles, circular necklace's pendants or with xylophone shape. Some tombs stand out between Torre del Mordillo’s one for their richness and importance . In one of the mentioned (tomb 96), woman, placed near the man in dead, worn a beautiful leaf’s belt and two big spiral bracelets; in the tomb 78 there is, instead, every kind of ornament as, for example, a couple of bronze figurines (man and a woman embraced), typical of the Oenotrian world The gorgeous feminine dresses had different kind of buckles: twisting arch shape, often covered with amber grains and ivory but, above all, four spiral buckles of different dimension, often in repeated series. Basing on the positions had by this kind of jewel as discovered in other necropolis, it is possible that their function was fixing different stratus of dresses as well as that

Fig. 30. Brettii and Enotri Museum, Tomb 78, Torre del Mordillo Necropolis IX century b.C.)

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The jewels of the population Enotra in the province of Cosenza


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some other had just a decorative function. The buckle is an accessory invented for the dresses in Europe and Northern Italy diffused during iron Age. In the mentioned period were realized changing just the arch’s shape, taking into consideration defined shapes and giving them different dimensions, following fashion. Near Torre del Mordillo were discovered both bronze than iron buckles. Circular pendants, the xylophone’s shape ones and small chains were generally placed near legs and ribs, often supported by a central metal leaf: they could be hanged to the belt or part of a complex system to fix dresses and shawls. Particularly used were also glass pearls, but above all, amber ones, resin was considered by ancient populations as a magic and precious “stone” with which produce jewels and amulets. The one exhibited here are only a part of the rich funerary kits discovered near Torre del Mordillo 230 tombs, nowadays exhibited near Cosenza’s Bretti and Enotri Museum; even if in few exemplars they give the idea of Iron Age craft’s culture in Calabria and Oenotrian woman taste for fashion while choosing personal ornaments often “modern and harbingers, in some decorative patterns, of the next craft’s tradition

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Maria Cerzoso Manager of Cosenza Brettii e degli Enotri civic Museum

Fig. 31. Brettii and Enotri Museum,funerary kit, Torre del Mordillo Necropolis IX century b.C.)


Amantea basin area, in ancient times had a strategic territorial position in Calabria as well as in the whole Southern Italy, placed, as it is, in the heart of Mediterranean Sea. It was favored by paths that, through Savuto river’s valley, linked the Tyrrhenian coast to the Ionic one from which was easily reachable the area occupied since the last decades of the VIII century by the Eachean city of Sybaris. At the same time, it is placed near the sea in front of the Aeolian Islands and in a perspective of sea commerce with central Italy (Campania, Lazio, Etruria) from a side, Sicily and North Africa from the other. One of the main resources that all the communities settled in this area were interested in trading should have been mineral. Even if we still not have a concrete proof concerning extraction activities in our area, it is important to stress out that the whole Pollino mountainside until the scilletico-lametino Isthmus was interested by minerals’ presence (for example Grotta della Monaca near Sant’Agata d’Esaro, where has been demonstrated the presence of an active cave during Neolithic and the presence of a necropolis belonging to the Bronze Age). Recent excavations near Amantea demonstrated, also here, the presence of similar caves with burial function. One of the mentioned indigenous communities lived, for sure, near Chiane (the present Serra D’Aiello municipality) between the end of the IX century and the beginning of the VIII century b. C. as shown by an important necropolis discovered in 2004-2005. Were discovered 26 tombs between which some supine burial, others simple graves and other covered by fluvial rocks, which funerary kits contain a closed vase and other local production or imported objects. The tomb n. 6 presents the richest funerary kit of the whole necropolis and must have belonged to a young priestess. The chronological framework permitted to link mentioned necropolis to the ancient city of Temesa mentioned by Homer (Odyssey book I versus 179184) were he speaks about the trading putted in action by mentioned indigenous community and the king of Tafi arrived there to exchange iron with bronze, in mentioned passage the king is speaking and he says he’s proud of being the king of this important community arrived in Temesa by sea “for bronze” to be exchanged with “shining iron”. I corredi delle tombe di Chiane dimostrano come l’uso dei metalli fosse ben noto alla comunità autoctona. Dalla necropoli vengono, infatti, vari oggetti di ornamento personale come armille a spirale, fibule, torques e pendenti in parte prodotti forse localmente, ma anche di provenienza esterna, soprattutto da ambiente ionico enotrio. Tra gli altri oggetti, grandissima importanza ha il pendaglio circolare in oro presente in mostra che apparteneva al corredo di una sepoltura femminile, la tomba 14. Chiane funerary kits show how metal use was well known to the indigenous community. From the necropolis come, infact, different objects used as personal ornament such as spiral armlets, buckles, torques and pendants produced, maybe in part, locally but also imported, in particular from the Ionian Oenotrian area. Between the other objects, very important is the circular shape pendant exhibited here and belonging to a funerary kit discovered in the tomb 14, a feminine burial. In this case it’s an imported object, maybe from Campania, even if can be related to Southern Etruria craft. We know how much expert etrurian became in goldsmith’s art between VI and

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Evidence in the high antiquity Tirreno Cosentino


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IV century b.C., but already in this period the populations settled in Villanova’s territory were able of creating jewels as experts goldsmiths. Almost surely the object represent the solar disc and was placed near the girl’s pubis. Its apotropaic and wishing value is given by the position, unlike the other elements of the parure (necklaces in amber, glassy material, iron and bronze’s rings, bronze and silver buckles, amber earrings) the gold disc should underline the importance of reproduction for the dead. Besides, gold in ancient times represented the indestructible metal. Represented the element that could better underline the biggest human desire: immortality. Technical skills in goldsmith’s art aren’t unknown in our area for what concerns antiquity. From Scalea we have two crucibles, one of that exhibited here with pyramidal shape and clear melting signs discovered thanks to chemical analysis. It is an object which shape is similar to a small glass with a spout used to complete mineral purification through the cupellation. Maybe a reference to this technique is present in the Iliad (XVIII, 470) Pier Giovanni Guzzo suggested dating our crucibles in the Roman – imperial Age even if there aren’t clear written sources referring about goldsmith’s art activity. Of course some objects in gold were discovered in the surroundings (Laino, Luzzi) as well as the discover of extraction’s activities (Altomonte), to be true all the data we have are still few to reconstruct a detailed productive and commercial activity. Gregorio Aversa Responsabile per l’area archeologica del Tirreno cosentino


Sumptuary arts

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The term goldsmith’s art indicates the art of working noble metals and precious stones to make jewels, ornament’s objects, furniture r cult. Though apart from gold and silver, often are also used less precious metals such as silver-plated copper and gold-plated copper, bronze and brass, it is clear how defining precious metal objects working as “Minor art” (compared to painting, sculpture and architecture) for goldsmith’s art has been for long time only a conventional and reductive thing substituted by contemporary critics with “Supmtuary art” (luxury, from the latin sumptus: expenditure, waste) to define artistic production sectors related to expensive and sought-after material were it is possible the realization of high level works of art, able of expressing coeval civilization aesthetic, cultural and spiritual values Sumptuary arts comprehended in Late Antiquity a huge production in gold, silver, ivory, gems, glass and silk which aim was high classes social status ostentation. Silverware or the silver used for toilet or also as ornament or the cult were generally produced in Rome, Ravenna, Milan, Costantinople, Antakya and Alexandria. In Late Antiquity world(around the 250 - 700 a.C.) precious metals working (silver, gold, ivory, silk and so on) has a very great importance in the artistic production framework. Managerial class is recognizable through social status marks and its culturally distinguishable as an élite: luxury arts objects (jewels, precious dresses, silverware, ivory handmade products) contain all a series of symbolic, promotional and power ostentation’ meaning. Private use silverware, that were already produced during Hellenistic age and in the Roman Empire, the peculiar and expensive objects, well known for material used and working excellence, are often used as imperial presents; since IV and VII century plates are adorned with scenes kept from The Old and the New Testament following a classic decorative style and patterns that gives value to the definition used for byzantine silvers used by Kitzinger in 1977 who defined them as “ classic shape’s natural vehicles” By the end of the Iconoclast Age(726-843) byzantine goldsmith’s art its protagonist of sumptuary arts flourishing during Macedon and Komnenos empire(867-1204) during which the western world recognizes Costantinople’s peerless talent in the cloisonné technique (also known as Byzantium splendor an enamel artistic decorative technique in which thin yarns (filigree) or metal fillets- generally copper- or alveolus, defined cloisons in French are welded or glued to a plate-the support of the work to be created; after it in the areas where is present the metal casted the enamel creating a sort of mosaic which tessera are defined by metal fillets). If there’s no doubt on the influence had by Byzantine production on European goldsmith’s art both from the technical that from the stylistic point of view it is also important the arrival in this area of the gold and the enamels brought by the Crossed after Costantinople’s conquer in 1204. After iconoclast period destruction, the loss caused by Crossed sack and the consequent devastations putted in action by Turkish in 1453 compromised even more an heritage which unique witness can be discovered in Europe (Saint Mark Basilica’s treasure in Venice which byzantine masterpieces arrive from the spoils obtained by Crossed at the beginning of 1200 and, still in Venice the gold altar-piece that can be defined the most important masterpiece for byzantine enamel’s history). During Middle Age goldsmith’s art obtains a very relevant role in the artistic production also thanks to the importance recognized by Barbarian civilizations to this technique identified as their most important witness; infact from the shapes and the taste used to created buckles, sacred objects and jewels produced between the IV and the X century can be detected

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Notes for a brief Goldsmith’s art history from IV to XVIII century


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the following centuries’ style genesis, fruit of a melting pot of eastern, late antiquity and barbarian influences favored by their migrations and, which working techniques are are the ones inherited by Greek and Romans modified following new stylistic and decorative needs arriving the technique known as kerbschnitt, wedge intaglio, introduced in Italy by Ostrogoths, nomad goldsmiths peculiarity, used for geometric and zoomorphic complicated interlacement which differences have only a geographic meaning and in the characteristic represented by colored gold as to say the nearness of gold and colored precious stones. A bit more rare are barbaric liturgical object’s examples. Belongs to the VII century sant’Eligio’s cross fragment(Paris, Bibliothéque Nationale) that adorned Sant-Denis abbey’s altar while precious are the sacred art examples of Lombard age part of Monza Cathedral Treasure: Theodelinda Gospel Book Cover and Agilulf ’s cross. During the Carolingian and Ottonian Age, goldsmith’s art that will be the inspiration until the XII century incorporating the “romantic” period, has the imperial court as elaboration place, main production centers are the cities were the representatives of the power live and goldsmith becomes the interlocutor of lots of powerful people reaching a prestige never had until then. Emperors, court’ dignitaries, popes and bishops are the purchaser of the wonderful miniated codex’ bindings decorated with ivory filled in precious frames, gems and filigree (Charles the Bald Book of Psalms– Paris Bibliothéque Nationale, Codex Aureus – Monaco, Bayerische Staatsbibliothekek). Becomes wider the production of cross for the altar and reliquaries, the realization of big works of art such as frontals or ciboria, the decoration is different from the previous one because of the progressive abandoning of zoomorphic patterns in favor of brank- ursine leaves one as well as animal patterns as by byzantine and roman art. In southern Italy all over the XII century persists the byzantine influence rediscovered thanks to continuous enameled goldsmith’s pieces importation from abroad. Typical is Palermo Norman Court production well recognizable because of the filigree worked “a vermicelli” (as the Gospel book belonged to the Bishop of Capua Alfano that may be datable around the 1173and the 1182– Capua, Tesoro Cathedral treasure), while in Centre Italy goldsmiths art adapts to the renewed narrative taste sculpture’s plasticism (Città di Castello silver frontal donated to the Cathedral in the 1143). During 1200 goldsmith’s art gains an absolute relief importance for gothic language spreading. For the small dimension precious works are objects that can be easily travel becoming, this way, new project ideas elements. Gothic architecture inventions are extreme solutions for those micro architecture examples made up by reliquaries and monstrances (Castelnuovo 1983). In goldsmith’s art shops are experimented new stylistic solution and new techniques as well, such as the translucent enamel (material that gives the possibility of admiring gold or silver glossy surface). The fortune of the typologies taking space in 1300: reliquaries, goblets, patens, pixys and medallion decorated with champlevé enamels (decorative technique up to which troughs or cells are carved o casted into the surface of a metal object, and filled with vitreous enamels. The piece is then fired until the enamel melts, and when cooled the surface of the object is polished. The parts of the original surface not subject to carving remain visible as a frame for the enamel pattern), in different areas was very used until the 1400, when the “Late gothic” tries to resists to Renaissance news. In spite of the differences between Renaissance and Mannerism the works of art produced between 1400 and 1500 have in common the importance reached by goldsmiths art as demonstrated by the fact that the most famous artists of the Age trained near goldsmith’s art laboratories (Brunelleschi, Botticelli, Dürer, between the goldsmith painters Antonio Pollaiolo and Francesco Francia) from the pattern arrived until now we can clearly see the difference between the Renaissance point of view inspired to coeval architecture and the exaggerated inventions of mannerism, The importance had by pattern in 1400 Florence production favour the renewed fortune of the Niello a silver plate engraved and filled with a black substance that leaves out the pattern frame Collareta 1988) great importance has profane goldsmith’s art let’s think about the treasure collected by da Lorenzo dè Medici thanks to whom Italy hosted some of the most famous foreigner artists (Pietro Coster and Jacques Biliverts)the De Medici one represents the richest collection of Renaissance glyptic and goldsmith’s art.


Melissa Acquesta Specializzanda in beni artistici. Università di Macerata

Bibliography

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While Lombardy exalts the painted enamels working technique, in Genoa grows, all over the 1550, the importance of the profane silvers decorated by commemorative patterns inferred by painting. To give more importance to furniture were involved the most famous painters while silvers creation was done by Flamish or Spanish artists. Fontainebleau school, instead is one of the examples of the Italian style exportation in Europe: Cellini after the roman experience moves to France and ends the famous saltcellar(1540), started for Ippolito d’Este and ended for Francis I of France, inspired to Mannerism sculpture remembers Michelangelo’ tombs. During the Seventeenth century, period in which most important goldsmith’s art production is mainly devoted to profane production, France and Holland (were the brothers Paul (around the 1568-1613) and Adam (1565-1627) van Vianen introduce the Kwabornament, called “auricular” style because the shapes are similar to ears appreciated by the rising baroque) and the Italy are the counties were goldsmith’s art plays the main role in baroque language creation. In Italy infact even if northern news aren’t well accepted because of the classic tradition and a tied relation with architecture, the centre in which work the most important artists is Rome, an example is Giovanni Giardini (1646-1721) author of the well known series of drawings for goldsmith’s art published in Prague in 1750 with the title Prontuarium Artis Argentariae while in Genoa still persists the habit of let famous artists drawn the patterns for Flamish and Spanish goldsmiths working there of whom are famous the silverware for potatoes decorated with dynastic histories, in Florence are still used the precious stones. In Naples, profane goes with sacred purchasers following Orazio Scoppa models and Lorenzo Vaccaro patterns. In Sicily, Juvarra’s silverware production has no comparison. Trapani’s late baroque instead is characterized by coral. French goldsmith’s art production must be placed in a wider discussion concerning Louis XIV and Louis XV style and included in a taste unifying real palaces furniture up to a taste that before was baroque (Le Brun inventions) and then Rococo, style in which France leaded all over Europe in eighteenth century. Silver is worked with patterns in which is clear the sense of motion, free from traditional schemes, fantasy without borders and also originality as mostly suggested by marine decorations. Goldsmith’s art history, starting from the second half of the Eighteenth century is, always more coincident with silver one. Ercolano and Pompei discovery has an important role for classic style taste rising involving contemporary silver.


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News of treasure and spells in province of Cosenza between sixteenth and Nineteenth century News of f treasure and spells in province of Cosenza between Sixteenth and Nineteenth century The desire of finding a treasure, enjoying its benefits has always been in human being’s mind. Since ancient times, as specified by Roman Law and in Emperors’ Leo I the Trachian and Zeno, lots of people were fascinated by legends and popular stories telling about the existence of treasures and caskets kept in inaccessible spots and lots of them risked the research, sure of bringing them back to light. Up to Middle Age culture, instead, the activity was based on extra sensorial powers and was obstructed by Church, that has always seen it as a devil’s phenomena. Many citizens in province of Cosenza hoped to find a treasure and, starting from the second half of the Fifteenth century, the King Alfonso of Aragon ordered to Simonetto Scannasorice and Palmadisse Sassone («eorum vita durante»)to discover every king of precious metal or treasure. During the first half of XVI century, while the classic world was being re-evaluated, the barons scoured their possessions in search of gold Prospero Parisio, Vincenzo Tarsia, Adriano Guglielmo Spadafora, Giovan Battista Martirano standed out for their activity but more than them Alberico Cybo whom in 1582, tried to recover the precious goods discovered by three vassals of Aiello guaranteeing that they would have go back home safely after giving him their findings «of what they would have received a part». In the same period caused a sensation the excavation promoted by the Genoese banker Agostino Belmusto in the quarter “Erbolano” near Pietrafitta where, up to coevals was hidden stone «with engraved a mule or horse’s tool sign» hiding a «treasure of gold, silver and jewels or everything else hidden there». The territory was property of Giovanni Martino Greco whom, the 30 of june of 1578, to win him over accepted to receive 1/5 of the discovered material. In Seventeenth century researches were done near Luzzi territory of princes Firrao, while near Paterno was discovered a huge treasure, at the feet of “Carpinetto” mount: a place where was in the air an ancient legend populated by ghosts , monsters,, witches, spirites and night birds «hitting with their flags curious faces ». From a paper sent to Kingdom of Naples Viceroy, Gaspar de Brancamonte y Guzman, it is possible to point out that all happened thanks to a woman premonition that dreamt two giants buried in the mount and, under their bodies there was a big treasure. Excavations did not deny the indications end the villagers entered in possession of a great number of gold and silver coins engraved on both faces: on the recto an head crowned with laurels, on the verso an ear of wheat. Discovered objects favored collecting and, exactly during that season the prince of Bonifati Roberto Telesio bought a “treasure” made up by ancient coins discovered in the territory of Mottafollone (S. Giuliano). In Eighteenth century research’s activity was showed by foreigner travelers and accepted by prince Carlos of Bourbon and Ferdinand I of the Two Sicilies. Both kings enacted special laws concerning archaeological protection to avoid “predators” and authorized the priest Giuseppe Pastore to put in action new excavations in “Muricelle” near Luzzi municipality which results were synthesized in the working journal, then sent to Naples’s Real Museo Borbonico. At the same time, in Bisignago , the Bishop Bonaventura Sculco collected an interesting coins’ collection now kept near the Diocesan Library.


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Excavations and researches good results, in the second half of the XVIII century, opened peoples mind, that hoped in gold finding to go beyond an economic crisis. Not always the results were happy. The 11 september 1771, for exammple, the priest Giovanni Cribari from Rende gave himself up in front of the notary Saverio Mazziotta, sadly declaring that:

In Cosenza, caused a sensation the discovery of precious material, in 1854, thought to be part of king Alaric I tomb. In an area surrounding the hospital property of Clarisse’ monastery «a farmer while working the ground for seeding, discovered a small vase in clay full of gold coins belonging to roman emperor Claudius and lots of others roman emperors. Not known by the ignorant, to whom it was said that the value was no more than five or six carlines each, they arrived in the hand of greedy vampires, that with the immoral action enlarged their fortune». Also this collection enriched private houses and in the hands of important personalities of Cosenza such as Pasquale Bombini, Giacinto Di Falco, Francesco Pontieri, Pasquale Campagna and the goldsmith De Caro, that didn’t took into consideration bourbons authorities investigations denying everything. Let’s end this brief excursus on treasure discovery remembering that Cosenza’s territory preserved other surprises during the Twentieth- century. The stratigraphic archaeology’s century began as better as possible when near the Ninfe cave in Cerchiara di Calabria the mason Antonio Pezzulli «discovered a great number of lams and gold coins. Thanks to these last mentioned (wrote the journalist of Cronaca di Calabria)it is possible to affirm that the objects belong to a very ancient age , probably to Pompeian Age. Lamps are very beautiful for the engravings: warriors, animals and so on, furthermore there are also pornographic ones». It was the 4 july 19052. Antonello Savaglio Storico

1 Quotes italian text is the one spoken during the XVIII century, the translation has been updated to current English. (Translator’s note) 2 For more details, archive and bibliography informations please consider our publications: Scavi di antichità, esperienza antiquaria e tesoretti monetali in Calabria tra XVI e XIX secolo, in «Rivista Storica Calabrese», A. XXI (2000), nn. 1-2, pp. 145-177; Ricerca antiquaria e scoperte archeologiche in Calabria e a Luzzi in Età Moderna, in «Archeologia in territorio di Luzzi: stato della ricerca e prospettive», by Antonio La Marca, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, pp. 129-142.

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in that period he went with the late priest Antonio from Rende- religious member of the Order- and other people he doesn’t remember (the name) to excavate and discover little distant from the know cave, where there was a stone, a treasure, as they were convinced that after he didn’t found […] and toward the cave they were1. In other places the dream became true and if in Luzzi caused a sensation the discovery of a gold medal with a goddess standing on an hippocampus, in Falconara Albanese children, under some slabs of rock in “La Scala”, discovered a pan containing gold coins, after stolen by Carmine Morello.


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Jewels of culture

It is known, I think almost all over the world, how much is Known the name of Giampaolo Babetto as creators of jewels dialoguing with the concept of space, even remaining always an expression tied to jewels, without transforming the jewel, as very often happens with jewels created by architects, a scale architectural project (to be true the same thing happens for the so called “artist’ jewels”, often considered small works of art recalling painting or sculpure). Very often his jewels are difficult to be understood, they ask to whoever wear them, a strong cultural knowledge when to the term “ornament” as well as to the similar one “decoration” is given the meaning that Alois Riegl gave while writing In his attributed in his Stilfragen, edited in 1893, that “…the need of decoration is… one of the human being basic need, even more than body’s protection”. let’s point out that Werkade, a Nabi from Belgium, later would have declared that: painting doesn’t exists, there’s just decoration”… Babetto’ jewels cannot be defined only as “art’s jewels”, but I dare say, as “Culture’s jewels” in the sense that they represent a creativity coming from a culture based on contemporary, rich of continue cross-references to artistic and architectural history, from Venetian renaissance to Tuscan Mannerism’s transgression, analyzed with the charming Pontorno’s eye “squint”. Nowadays Babetto’s work gains a new dimension, directly facing architecture’s space, as if the jewel for him has been, apart from ad clear research field and extraordinary experimentation, also a widening exercise, to face a new scale ad problems and ideas defined as “others”. he designs furniture for refined spaces, for friends that are also collectors; between them a wonderful paduan villa (Casa Romamin Jacur), submerged in green, with halls furnished with very nice pieces and old paintings where he seems to lower, right In the middle, as from an “alien” universe his tables, ghosts of a different world, often white or red and black, or methacrylate translucent opalescence (a material he uses also, whit extraordinary effects, in his jewels, in a transparency’s challenge with his “empties”, were deep colors nurse in). Almost “metropolitan angels”, those tables seem to have the will of bringing in those smooth, refined spaces, the “outside” life, city’s noise, in a challenge, with shown off diversity with the other refined, silence old pieces. diversity that becomes even more evident while analyzing the structure: “main” elements, at first sight, strong, minimal, they get more complicated while being arranged, of sudden changes, plans Intersections, in legs positioning, often not in line (it can happen that one leg doesn’t follow others side) or different colored supports laid down- and it comes up to my mind, a poetry by Ungaretti, “Tappeto” (da L’Allegria) “every color spreads out, lays down other colors/ to be alone only if you look at it”) Supports must be considered as alternated color’s compositions, bringing back to Rietveld. I think that Neo-plasticism, Russian Constructivism, and, by consequence, some Deconstructivism exploits still are Babetto’s most loved architecture referential points. But take a look also to his minimal sofa-dormeuse playing with the idea of an absolute minimalism, but with few changes in pillow shape (on a white one there’s a cylinder shape one that putted between the two seats gives moving idea) and the two sofas with irregular back playing also on color contrast. and the big tables for the outside, placed one after the other, also them present differences and peculiarities. And the ones which woody thick surface, is in contrast with thin support’s slenderness… And here it goes, almost as a distinguishing mark, the beautiful squared armchair-dresser, that on the silver laminated surface betrays, in small wrinkles, the red enameled back, home


Schäfer, Meerbusch main interior color. But, and here is Babetto real sign, on one of the two doors, near the opening, a small step supports, seated, the little scamp profile of the guy from Poggio a Caiano, of Pontormo that leaves falling down, from a cornice his silver laminated leg, things that brings us back directly to some of his jewels But, it is casual or not the presence, near the furniture piece, under a big slanting large window, of a small Rietveld woody chair reminding Babetto’s new research field? A research that grows until measuring itself directly with space, facing also interior design topics, bringing back to light, or better to direct practice, his studying experience in architecture. Besides, we are facing a moment, for arts but not exclusively, of huge vagueness, let’s say, with a term that is used a lot, a period of stylistic and disciplines “contamination” (but also life, races and religions…) For arts this is an heritage that the “radical” fashions, In Italy, Europe and U.S.A, have unconsciously provoked. I say unconsciously because visual arts involvement in architecture began with the rising of the “movement”, but was, still private and personal. It was the expression of young architects “in rebellion”, during an extraordinary vital historical moment. It was, anyway, the first time that the art joined life and architectural processes. (let’s think to the relation, just to mention one between Archigram and the American Life - English “Popular Art”). With the passing of time, exploding in the last fifteen years, what was defined artist’s clear artistry sense, different for antonomasia by the architect’ one was used also in architecture, so that, nowadays, art can express itself directly in architecture (not in present architecture, often miserable, but in the great expressions, making of the most well known architects, with usual fashion’s exaggerations, real stars.) This, must be clear, doesn’t take nothing to artists. Represents, an art’s enrichment, in creativity. And It isn’t the umpteenth time an attempt, often re-proposed, and often failed, of “arts synthesis”, but of a sort of experience’s intersection and interaction, as well as creativity and techniques, challenging to gather a common result, without losing one’s own autonomy and peculiarity. Sometimes this process is present in the work of an artist, as in Giampaolo Babetto’s case, that even transferring in every activity he does, all his expressivity, enriches every work with other experiences, being able of remaining autonomous. So in his interior design experience Babetto transfers his creativity, unique in everything he does, being able of differentiating values. For sure, some refinements, he used to work with gold (Flora Wiechmann, one of the most ‘60ies well known goldsmiths, defined him “the gold magician”) are applied also, transposed while working on some wall, real, sensible monochromes. the stair of this other paduan house (home Scimone) culminating in a skylight framing the sky (Turrell comes up to the mind) leaves the light coming in, natural and artificial through irregular cuts recalling Libeskind. Even If here Libeskind’s cuts dramatic power becomes calm and clear shape. And think also to the hall pavement of a new, technologic skyscraper of the Mitsubishi Estate Co. Ltd, In Tokyo, that Babetto traced with deep cuts, covered by radiate transparent surfaces (with elements breaking symmetry). Cuts continuing also outside of the building,

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outside of the glass doors almost projecting outside the reflection of the glowing treasure hidden inside. Babetto, infact has filled those cuts of a colored, lucent glass gravel, a treasure submerged in gems, exalted by hidden lights (Babetto says that they reflect the impression he had from Tokyo, the one of something swarming with secret magma, precious, dramatic, of an extraordinary strenght). It is possible to think that in this work called “Un-finished” by Babetto, adding a sensitive poetic touch to the whole building, he wanted to give a sort of permission to his main activity of goldsmith. if it wasn’t that in his jewels he has never used, I think (or almost not always) shining precious stones.

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Lara Vinca Masini

da Giampaolo Babetto – Gioielli di cultura, catalogo della mostra (Monaco, Galerie Handwerk – Poggio a Caiano, Villa Medicea), Gli Ori, Prato 2002


The jewel is an art mediating between past and present, it’s a mnemonic tool, an educative and codifying language. It’s a creative process, stressed by doing, projected outside. Where the 50’ies and I, as almost all the young students of M.A.I., Museo Artistico Industriale, in via Conte Verde- Rome was a Mario Masenza window’s fun How many afternoons spent hidden, because I was a bit ashamed, waiting impatient to see those shutter risen, the shutters that were hiding my desires attracting my attention so much. I remember, in particular, two silver Cannilla’s candlesticks, I envied them, I would have been the creator. Use precious metals in such unconventional way attracted me. I was seduced by the asymmetrical and conflicting shapes, the respect for material its plasticity I was just a child and I loved to play; I still remember how, in front of Masenza’s shop, my favorite game was identifying the author before reading the name of the artist written on the brass plate. Sometimes I was standing there speaking with myself loudly and then feeling ill at ease I went away running. Dino Basaldella, Consagra, Capogrossi were unmistakable but Mirko, Mirko was difficult. I mistook him with Afro, but then I recognized him for his peculiar chromatism, typical of his paintings has I learnt after been growing in work and study. During classes at school, the morning after, I spoke about it with the teacher Orlandini who loved to spend time talking about it; discussion’ topics during that periods were shapes, the use of a particular precious stone, opaque colors. Reflecting on texture, metal plasticism, used technique; analyzing the jewel and its use those are the messages that the teachers Orlandini e Gerardi left me. ‘50ies Rome typical use was a particular love for minor art, expressed under the help of the Architect Galasso that in borghetto Flaminio joined a group of craftsman and artists linked one to another by the common desire of experimenting, working on new shapes and new concepts, aware of the fact that Fascism and was had caused late to Italian artistic research. They worked on every kind of request: tables, lamps, potteries, mosaics, jewels but the laboratory closed very soon: died for loss of aggregation and managerial skills apart that for economical problems. Mario Masenza had the ability of understanding the historical moment and attracting some borghetto’s artists, enlarging the group and making them work on goldsmith’s art which he knew very well demand and commerce. Masenza was not jus a goldsmith’s art shop with refined furniture’, the roof with frescos representing the birth of Venus and Danaë surrounded by gold and jewels, for Rome was a breeding ground for ideas, a theatre where the actors were, listing them as I can remember the brothers Basaldella, Franco Cannilla, Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Nicola Carrino, Alberto Gerardi, Lorenzo Guerrini, Renato Guttuso, Nino Franchina, Giulio Turcato, Marcello Avenali, Gino Severini, Lucio Fontana, Carlo Carrino, Pietro Dorazio, Emilio Greco, Leoncillo Leonardi, Carlo Lorenzetti, Mario Mafai, Edgardo Mannucci, Umberto Mastroianni, Mazzullo, Pericle Fazzini, Gaetano Pompa, Giuseppe Uncini e Giuseppe Santomaso.

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When the hand meets the material


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They were the great artists of the second half of 1900. Now there’s only an empty stage which curtain felt on one of the numerous fashion shops. Masenza’s helpers, as refined technicians, naturally referring to artists creativity were Gherardi and Fumanti brothers. Diderico Gherardi was one of the first craftsman in Rome that experimented in goldsmith’s art some sculpture techniques, lost-wax casting, plugging to obtain undercut models and so on cooperating since the first postwar period with Masenza to realize artist’s jewels. Seen his peculiar skills he worked with artists with different personalities, in particular he realized works of art for Afro being able of bringing in jewels painter’s atmosphere, lyric and poetic language.

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This was the roman situation in which I grew up. But of all it, that has been so important to me what is left? How much of it can be still identified in goldsmith’s art both craft or industrial? How much of it is left in purchasers’ how much in people’ taste? Closed Mario Masenza’s shop, changed the M.A.I. in art school which managers were not able of maintaining the cultural heritage, roman craft/artistic vision, made exception for some excellences, fruit of the Italian intelligence, is leaded by sappers rich of skills with without ideas. They just spend time reproducing the past destroying, this way apart from the renovation possibilities, the warp of technical knowledge, pride and value of their own history. What is the School of Padua? It is just the art school “Pietro Selvatico”. A state school that has as pupils guys from 14 to 18 years old, as many others in Italy, but that with time has reached, thanks to a particular way of teaching, an international value. One of a kind example in the European framework so important that lots of foreigner artists are convinced it is a university perfecting school. Unfortunately in Italy isn’t seen as in foreigner countries. Was Fritz Falk manager of the Schmuckmuseum in Pforzheim who used for the first time the term “School of Padua”, identifying with it all the goldsmith’s art- artists ex pupils of the “Selvatico” now teaches or professionals that, continue, everyone by himself, everyone with his own name, a way of creating jewels tied to material knowledge, to the plastic study on geometrical bases, the formal invention and the attention through the plastic object “thinking about its projection beyond the present”. (Mario Pinton, la scuola dell’oro). School of Padua goldsmith’s art masters gave a clear answer, everyone with his own expressivity and works, to all the problems presented by contemporary jewel. Contemporary jewel is imagining, creating, doing ( and also buying) a jewel wanting to be witness of one’s own age; its preciosity doesn’t stay only in precious materials but in innovation, in the whole, in the particular attention linking technique, needed to create it, and the will of giving to the object the thought , the research, the doubts, the feelings and the emotions of the artist. Every jewel needs time to be understood: gives emotions, pleases the eye and makes deside; creates a mood, gives time to images to be created and passed in human being fantasy. Reading texture’s semantic, understanding surface’ s empty and full, work of art symbolic and chromatic value, its originality, fruit of research and not of a simple imitation, are speculations favoring work’s comprehension and passing, to reader, artist’s feelings and emotions. Entering in jewels creative path, revealing the process step by step, feeling it slowly, as slow has been its coming up from mind to metal, needs a slow step permitting the entrance in doing mysteries to walk along knowledge’s paths leaving that time lazily fills it making it own. Only a conscious analysis, beat by time rhythm and symbols reading, witness of the work can show the knowledge of old and simple things and open the doors to artist’s intimacy. Art needs technique to be seen, if it wasn’t so it would be an not applied though. Creations is based on reproduction as to say on the knowledge of what it has been already done. Repetition is in learning, cannot be learnt and cannot be done again. Learning means knowing what has already been said, knowing how to play games already played, reaching knowledge and the respect for the material, trying to reach “another” result. More information, more procedures, more techniques we know, more possibility we have of exploiting our creativity. When the hand meets the material: material faces technique.


All the problems, the crisis of the sector, brings craftsman to walk on two paths, only apparently distinguished, going back to the shop and open to the global world. Return to the shop/laboratory, perfect symbol of craft organization, of its know-how and good aimed at the project so that hand and mind can towards a quality identity that doesn’t care about art’s differences because “all the works have the same value and right”, this should mean entering in artistic and cultural production, giving market’s an education. Being opened to new requests, being prepared to other solutions, comprehending contaminations that in a globalized world are clear, being able of using correctly innovative techniques, multiple reproduction included because good product doesn’t mean only a unique handmade piece, on the contrary, free craft but the unfair handmade objects, would say opening the pages of that book left in the artificial dusty garret. Fausto Maria Franchi Rome 22 novembre 2012

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Man work on material suppose a deep technique’s study. It is thanks to it that it is possible to realize what still doesn’t exists but we have imagined. Human mind element that permit to give life to what still doesn’t exists is called imagination. Only imagination allow us of thinking to a planning. Building, wearing’ s different way so that our work, our jewels can live on the others. Creativity is always moved by imagination. Imagination comes from desire, conflict because between desire and its object there’s real life. Comes up refusing things how they are: puts order in it, change their way or dismantles it, cutting their meaning, disfigures it make all of it “other”. Imagination is the impulse that creates the first idea, produces fantasy, and it’s fantasy that leads us to creativity while reason is set aside; it just comes in a second moment to define, check and codify the model. When imagination’s working no one uses mind and starts desiring- As to say Observing. Feeling. Wanting. Planning. Goldsmith’s art is a difficult discipline, rich of different aspects, that deserves years of study to be known in a satisfying way. Lots are the difficulties that the goldsmith’s art master must face to survive. Market and administrative rules don’t set aside crafts so lots craftsman start realizing poor wax models, bought all together and to sell industrial jewellery. This is what we have to fight . we lives in cities with a rich cultural heritage, we are surrounded by a marvelous nature. Beauty is inside of us. Beauty is spirituality, reflection, love, devotion, consciousness. Many times has been suggested the idea of the laboratory’s school or training course near craft laboratories. The basic idea is creating a synergy between the schools system and craft laboratories to fulfill teaching. Mentioned identities should create a single identity where young people could receive solid basis making easier the entering in the working life. For few excellences the project could be a very good thing but how is it possible to make this project real for hundreds of students? Where are the laboratories? We should create a mega laboratory leaded by an art’s master where school, purchaser, research are melted in a single thing. Going back to something like a renaissance’ shop. Is it possible? Shouldn’t be better opening a univerisity for applied arts, is there any examples all over Europe in which culture, theory and practice go together? Where techniques teaching goes together with planning, artistic personality creation, art’s theory study and where as departments manager there are well known artists giving to students something that could be define “less teaching”? The craftsman could obtain credibility, value, and all craft’s world will have a good place in the work chain. In nowadays society, reading the word craft snd its importance, even if is subjected to different facets, doesn’t have for sure the importance it should and has a scarce value. The terms identifies the myriad of small enterprises putted, even if not having the same economic strength, with the industrial enterprises that just reproduce the past destroying, this way apart from the renovation possibilities, the warp of technical knowledge, pride and value of their own history.


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Graziano Visintin

I remember the first time meeting Graziano in 1979 in front of the Pietro Selvatico, the art school in Padova. I was coming from Rome after finishing high school, and through friends I came across what it was already known as the Paduan School. A deep friendship started between us, spending many hours together in his studio me as a jong pupil and he as a master. Looking at his work now I see Graziano in front of me as 30 years ago with his beautiful hands, his concentrated look, his strong patience and determination. Graziano’s work is still imbued with the same rarefied atmosfere, a kind of magic silence where you have to move slowly and act gently in order to feel the beauty and the deepness of his work. Harmony and balance accompany his jewellery, in which every element with his own character and quality is necessary and complementary to each other. However everything looks like coming natural, without forcing, as if it is born now in front of our eyes. The lightly colourful tactile elements are there as they nearly want to break this balance, but surprisingly they reinforce and enrich it. Strong and tender at the same time, Graziano’s work talks to me the ancient sacred language of the big masters, and I thank him for this. Francesca Di Ciaula Romo, october 2009


Borgo Orefici is one of the ancient quarters of Naples historical centre. It is placed in the surrounding od the Orefici square where, still nowadays, are opened the most famous and qualified Southern Italy goldsmith››s art shops. An history the one of Borgo›s goldsmith’s art with ancient and noble origins and where, still, after centuries, keeps, between its houses and streets, all the tradition. I grew up doing the “shop’s boy”: making coffee, cleaning but, at the same time, i learned masters’ art, that magic atmosphere that, today get almost lost. There weren’t the new technologies, the old masters engraved by hand and every minute lived in that privileged observatory marked my life and profession. There I learned to listen jewel’s voice, to recognize metals quality, to develop creativity until finding my own voice, my own hands, my own sight. I learned Greek and Roman goldsmith’s art secret techniques, the one of cameos working and of the corals mounted in framework by the school of Torre del Greco. Today, after twenty years I have to welcome the masters of Borgo Orefice here at home, in occasion of the exhibition Cosenza Preziosa and, as then, I feel of the emotion of the “shop’s boy” that only the love and the passion I feel for my art can give. It’s as landlord that I’m getting ready to welcome them as if it was yesterday that I left Naples, as if twenty years has passed in a second. Paola Righetti

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Borgo orefici and the exhibition in Cosenza


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the exhibition


Archaic age tombs stress out goldsmith’s art importance since Etrurian Age. Sarcophagus and wall paintings document jewels daily use in ancient times both in relation with their clear ornamental value and, above all, for the implied apotropaic meaning given to every jewel placed near the parts of the body considered vulnerable. For ancient Greece, instead, are above all the findings near sanctuaries what reveals classic civilization great profusion of jewels and goldsmith’s art. Better works were tied to god’s cult and were part of the donations done to the sanctuary, fulcrum of Polis religious and civil life. Apart from jewels finding it is possible to reconstruct this use analyzing vase paintings where lots of space is given to body’s ornaments and their simplicity. During Roman empire luxury was a way of life and, if in houses golden leaves adorned roofs and walls, jewels were considered as a good to contend for. Between them the presence of amulets points out the trait d’union that jewels, since Etrurian Age, subtended with afterlife. Finds exhibited in this section, which aim is recreating goldsmith’s art origins in province of Cosenza, point out in chronological order that jewels were used before gold’s working introduction as well as the presence of gold not only to create jewels but in lots of other and different things. Infact, Cosenza’s civilization, deeply documented since Iron Age, presents a complete range of jewels with ornamental value belonging to Oenotrians pre-Ellenic civilization (finds of Cosenza Brettii and Enotri Museum). With Magna Graecia can be detected the use of gold to produce money as well as to realize jewels with ornamental value as the pendant in gold leaf discovered near Chiane in Serra D’aiello Municipality. It is exhibited also a baked clay crucible belonging to Late Antiquity (Scalea Antiquarium) that up to researches, suggests a goldsmith’s art production in the territory, The video is lent by Cosenza Brettii and Enotri Museum and shows the methods used for archaeological excavations and the correct positions of jewels on feminine body. Exhibiting in this section Brettii and Enotri Museum, Cosenza Antiquarium Cimalonga, Scalea Serra d’Aiello Antiquarium Photo re production of the pectoral in gold leaf kept near Sibaritide National Museum

Fig. 32. Brettii and Enotri Museum,funerary kit, Torre del Mordillo Necropolis IX century b.C.)

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Origins recovery: gold and jewels in ancient times


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Fig. 33. Brettii and Enotri Museum,bronze belt, Torre del Mordillo Necropolis IX century b.C.)

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Fig. 34. Serra d’Aiello Archaeological antiquarium Pendant in gold leaf with embossed decoration (VIII century (b.C.)

Fig. 35. Sibaritide Archaeological National Museum, pectoral in silver and embossed gold (599-575 a.C). Sibari, Stombi, Sibaritide Archaeological National Museum


Sacred goldsmith’s art and jewels. Gold from XIV to XIX Century Fig. 36. San Marco Argentano Diocesan Museum, Astyle Cross XIV century. Embossed ans Chiseled silver, Precious stones on wood. On the recto Jesus Christ and on the Verso the Holy Lamb Fig. 37. San Marco Argentano Diocesan Museum, Astyle Cross XIV century. Embossed ans Chiseled silver, Precious stones on wood. On the recto Jesus Christ and on the Verso the Holy Lamb

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This section, which aim is recovering Cosenza’s territory goldsmith’s art tradition, faces the Modern Age (XV XIX century) proposing sacred goldsmith’s art handmade production and feminine jewels. Mentioned treasures, not always created in Cosenza but in Southern Italy, being in an indissoluble bond with local religious and civil society express customs, traditions and events. Lots of exhibited objects comes from province of Cosenza’ churches, keepers of a huge historical and artistic heritage, which main part is exhibited near territory’s diocesan and sacred art museums. Concerning vestments, altar cloths and holy vessels, sculptures, paintings and paraments, furnitures and other treasures it is important to underline that is registered a great goldsmith’s production that is the real protagonist during rites. Mentioned object aren’t always “artistic elements2 but, even if serials, they must be considered tangible documents of a community life based on liturgical praxis. Candelabrum, branched candelabrum, altar cards, crosses for the altar, tabernacles, goblets, pixes, patens, monstrances, thuribles, shrines of every shape and dimension, moreover, processional objects like canopies, crosses, flags, lanterns, are only some of the handmade treasures realized for the rites, main part of it in gold. Gold donated by citizens and then melted, as for Monsignor Calcara’s monstrance, gold worked by local laboratories, gold ordered broad to seal an artistic patronage in which the church has always played an important role, in every case gold joining the rite.

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Fig. 38. Eduardo Bruno, Holy Graal Cross. Gold, lost wax melting San Marco Argentano Croce del Santo Graal Opera dello scultore Eduardo Bruno Materiale:oro Tecnica:fusione a cera persa Dimensioni:cm 15x12 La croce d’oro potenziata,ispirata alle croci medievali di origine bizantina,nella sua complessa articolazione strutturale e simbolica sembra voler seguire la visione Giovannea del mistero escatologico del “Verbo” cristiano.”In principio era il verbo-scrive nel vangelo San Giovanni- e più avanti- il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. L’iconografia della croce,attraverso il simbolo,quale elemento unificante,induce ad una profonda e severa meditazione. IL Cristus triumphans che simboleggia il trionfo sulla morte è incassato nella croce e non scolpito sulla croce: allusione alla perfetta simbiosi di Cristo con il Sacro legno, che diventa così, simbolo universale, del messaggio escatologico cristiano. A testimonianza del Verbo, sono scolpiti nella croce potenziata, nell’atto di scrivere i quattro evangelisti. Al vertice, sulla cimasa, è scolpito San Giovanni ; sulla base della croce, sul calvario,è situato l ‘evangelista Matteo, sull’espansioni laterali sono posti San Luca e San Marco. Sui tabelloni invece, ai lati di Cristo, sono scolpiti i dolenti:la Madonna e Giovanni che assistono al momento supremo dell’olocausto. Sopra la testa di Cristo sono incisi i simboli cosmici del sole e della luna e, al centro, il simbolo trinitario del triangolo equilatero.

Il corpo di Cristo con le braccia distesi e i piedi uniti, rientra nella misura di un modulo quadrato, simbolo dell’umanità di Cristo ma disegnano anche un triangolo equilatero capovolto, che ne sottolinea la natura divina. Sotto le braccia del Cristo, infatti, sono collocati due pavoni, simbolo dell’immortalità e della resurrezione. Nello spazio del suppedaneo,sono incisi i cerchi trinitari gioachimiti che alludono alla perfetta consustanzialità delle tre persone divine:simbologia assunta e trasfigurata nella fantasia lirica di Dante ,nel più alto simbolo poetico del mistero trinitario. Così nel poema sacro di Dante Alighieri: “nella profonda e chiara sussistenza dell’alto lume parsemi tre giri di tre colori e d’una contenenza…” Paradiso, XXXIII canto. La croce potenziata in oro è carica di misteriosi simboli e di continui rimandi ermetici che consente letture a più livelli dei valori formali simbolici e religiosi. Vediamo ancora un rimando simbolico alla triangolazione capovolta:la posizione della croce che include San Giovanni, la madonna e san Matteo, disegna una sagoma a forma di calice la quale si carica di una forte simbologia della passione- chiaro rimando al calice di Cristo- alludendo,così, al grande mistero del Santo Graal. Eduardo Bruno


Exhibiting in this section Cosenza Diocesan Museum San Marco Argentano Diocesan Museum Rossano Diocesan Museum??? Laboratorio orafo G.B. Spadafora, San Giovanni in Fiore Edoardo Bruno, sculptor from San Marco Argentano

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Fig. 39. Cosenza diocesan Museum, processional monstrance and gold crosier. Realized in 1947 by Monsignor Calcara melting the gold donated by citizens, the monstrance has, engraved the Cosenza archiepiscopate seal and the date.

Fig. 40. Laboratorio orafo G. B. SpadaforaCouple of Crowns with cross for the altar silver casted in 24 carat gold adorned with leaves refined with the graver and small coral roses datable to the beginning of 1900. San Giovanni in Fiore

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The presence in this exhibitions of sacred goldsmith’s art pieces belonging to provincial territory’s museums concurs, first of all, in retracing Cosenza’s territory goldsmith’s art origins selecting handmade products realized in or for the territory and also, in offering a vision, even if very small, of the huge artistic heritage, stimulating the increase of researches, the widening of exploitation and protection, the development of methods which aim must be the creation of data banks and updated achives. Exhibited works arrive from province of Cosenza Diocesan Museums. They enclose a chronological period that from San Marco Argentano astyle cross (1308 for the ancient parts) arrives to Monsignor Aniello Calcara’s monstrance (1947). San Marco Argentano’s cross is embossed with stressed reliefs and an high relief byzantine cross. It presents on the opposite side geometrical shapes and net decoration. In it are kept precious relics and it is dominated by the representation of Christ and the Mystic Lamb. Cosenza’s goblet, used during the rite as Christ’s blood keeper, is realized with precious material: precious stones, gold and silver to symbolize Holy Communion importance. The monstrance, instead, may be datable around the first half of XIV century, when entered the use of exhibiting to Faithfull’s sight the consecrated host, taking this way its meaning by the latin word “monstrancia” as to say “to Show”. Monsignor Calcara’s one gains importance in relation to its purchaser, becoming symbol of a prosperous period for Cosenza’s Archdiocese.


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Fig. 41. Cosenza diocesan Museum, Earrings donated to the Madonna del Pilerio, gold, seed pearls, rubies XIX century

Fig. 42. Laboratorio orafo G. B. Spadafora,, ancient rings, seed paerls and amethysts San Giovanni in Fiore

Fig. 43. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti, ancient earrings, gold and sapphires Cosenza

Fig. 44. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti, necklace up and down, pearls and rubies Cosenza


Fig. 45. Arte orafa Antonio Perri, necklace Hercules knot. Embossed gold plates with twisting threads. Pendant covered with filigree and eight half “jannacca” shape pendant, Inspired to Hercules knot exhibited near Taranto Archaeological MuseumCorigliano (CS)

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Origin’s recovery: Borgo degli Orefici and glodsmith’s art tradition in the Kingdom of Naples

Fig. 46. Alessandro Baldoni, lion, chiseled silver, Naples

Campania goldsmith’s art tradition has its roots in region’s Lombard territories, interested by the passage and contaminations of great civilizations like Norman, Swebian Angevian and Aragonese that, time by time, enriched its culture in particular for what concerns figurative and applied arts. The Parthenopean city, experiences and contamination’s crossroads in the Kingdom of Naples, has been during centuries theatre of exchanges and important craft and artistic processes of which goldsmith’s production is, still, protagonist. The first goldsmith’s art masters were the French arrived with the Angevian court but, already in the XIV century, local craftsman joined the Borgo neighborhood receiving the official acknowledgement by Joanna I of Naples who created for them a Corporation. Since Middle Age, Borgo degli Orefici. The gold neighborhood, was filled with vitality and in shops were handed down, from generation to generation, goldsmith’s art konowledge, techniques and materials. The “Borgo” standed in Pendiano’s quarter where, up to documents, already from 1300 was rooted an intense production tied to gold and others metals working that, melted, hammed and hand worked, were used to adorn churches and noble houses. Borgo degli Orefici has the typical Parthenopean historical centre town planning structure, with long and narrow roads in which the only wide stretch is Orefici square were, since the age of Joanna I of Naples goldsmith’s art masters met for the “hearings” as to say the meetings during which the four corporation’ councilors supervised the work. Some important legislative interventions confirmed the activities developed in it: Frederick II, in 1200 gave goldsmiths the first acknowledgement, Charles II in the XV century of Naples obliged pusher’s use to identify gold and silver’s work of art value, in 1683 the Viceroy of Naples the Marquis of Carpio ratified goldsmiths presence, in 1755 Charles III of Spain worked to avoid art’s repression, in 1783 Ferdinand I of the Two Sicilies obliged goldsmith’s masters “ not to open any laboratory out of the Borgo” to avoid their dispersion and so on. Bourbons plans to promote Kingdom’s handmade productions were numerous and important. Between them let’s just remember the opening of schools and goldsmith’s art laboratories and the fact that, in 1888, the Borgo hosted 360 specialized laboratories. Still nowadays Naples goldsmith’s art laboratories activities is specialized in creating “artistic jewels” and the master Baldoni is a clear symbol of it. Exhibits in this section Alessandro Baldoni is a golsmith’s art master in Naples. His technical and artistic training started in a shop of the old borgo orefici in Naples historical centre.his creation are realzed with ancient techniques, keeping Naple’s ancient goldsmith’s art historical tradition. Nature is his main inspiration in creating unique pieces.


Contemporary gold The artists/goldsmiths Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi and Graziano Visintin

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Fig. 47. Gianpaolo Babetto Ring 1980, white gold 750 – photo by Giustino Chemello (VI) Fig. 48. Gianpaolo Babetto Ring- 2000, white gold 750- niello photo by Lorenzo Trento (PD)

Fig. 49. Gianpaolo Babetto, Necklace1976, white gold 750 – niello photo by : Lorenzo Trento (PD) Fig. 50. Gianpaolo Babetto,Buckle 1970, white gold 750 – photo by : Giustino Chemello (VI)

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

“Contemporary gold” offers a synthesis of the rich works’ production created by the most important goldsmiths, well known at international lever, present nowadays in Italy Gianpaolo Babetto, Fausto Maria Franchi e Graziano Visintin. Coming from Padua (Babetto e Visintin) and Rome (Franchi), they testify the crossborder creative process faced by gold working as well as precious stone’s after Art Nouveau, Secessionism and Art Dèco with which goldsmith’s art reached high realization’s possibilities. A movement the one of the artistic jewel that has its roots in the isolated attempts of artists committed with painting and sculpture that consolidated during three long moments going from ‘50ies to nowadays which mains point are Babetto, Franchi e Visintin.


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The presence of three great artists in an exhibition dedicated to Cosenza’s territory excellence’s crafts, stresses, first of all, the recent separation of goldsmith’s art production main fields- the craft- artistic and the art jewel- and, on the other side, national artistic goldsmith’s art production complementarity. In their works are exalted artistic knowledge, craft skills and innovation. Babetto, Franchi e Visintin, free from every kind of border made of jewel their own personal experimentalism investing shapes, materials and iconographies and that is opened to infinite possibilities and solutions. Rings, necklaces and bracelets often are symbol of a complex and charming universe made up by ancient memories, beliefs, alchemies and geometries. Babetto, Franchi e Visentin researches perspectives suggested in their great careers are infact numerous and exhibited works just synthesis’s some goals, stressing out how jewels went beyond functionality’s borders becoming micro sculpture and how sculpture has found a daily dimension directly related to however wears the jewel.

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Exhibits in this section Gianpaolo Babetto (Padova) Fausto Maria Franchi (Roma) Graziano Visintin (Padova)

Fig. 51. Fausto Maria Franchi, Buckle Elective Affinities. Silvere and Copper boring and other techniques Rome Fig. 52. Fausto Maria Franchi ring Multiple three of life, 2003 silver and wax melting, Rome


Fig. 53. Fausto Maria Franchi, Ring wind’ joy. Gold and black onyx, empty tube cut

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Fig. 54. Fausto Maria Franchi, homage to Fontana, gold and green Polymethyl methacrylate, embossed and chiseled, Rome

Fig. 56. Fausto Maria Franchi, Chandelier sculpture Paola e Francesco, Bronze and Silver Rome

Fig. 57. Graziano Visintin, Buckle, gold 18 carat Padua Fig. 58. Graziano Visintin, white gold necklace , gilding gold 24 carat, Padua

Fig. 60. Graziano Visintin, necklace white gold 18 carat, gold 18 carat niello, Padua Fig. 61. Graziano Visintin, buckle gold 18 carat, enamel, gold leaf, Padua

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Fig. 55. Fausto Maria Franchi,Ring memories door, red gold, white gold. Wax melting and other techniques Rome


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The extraction process and Calabria’s cave’s map Goldsmith’s workbench

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Up to Girolamo Marafioti, whom wrote down a long list of Calabria’s caves, “Calabria’ river and springs waters are sweet, gold-bearing and curative(…); “almost all the province is rich of gold, silver and minerals”1. (G. Marafioti, Croniche et antichità di Calabria). The experts of the sector agree in believing that Argentanum and Longobucco’ caves played a primary role in Sibari and Crotone coining. It is also sure that cave’s presence determined mentioned cities settlements. Thanks to the people living in Sibari they had a great demographic increase. After the classic period Longobucco’s cave went through different vicissitudes, but is documented that Frederick II, precious stones collectors, then used on his iconography, collected the silver and the minerals coming from Longobucco’s cave so to recall the attention of the abbot Joachim of Fiore that commissioned some goblets. A fellow Giovanni da Longobucco is mentioned in documents as the only one that could use the cave, while some experts confirm the presence of a silver school in Longobucco since the XVI century. We have detailed news on Longobucco’s cave by angevin. Sources testify that the contribution given by Longobucco’s cave to Kingdom’s mint, the importance given by the kings and the Church to logobucco extraction’s process and the kind of contract in which was established the payment in part of extracted material for every worker. With the Aragonese started a real mining policy based on the private funds contribution to use the caves. Aragonese’s treasure, up to contemporary documents could count with priceless value pieces “aureis, argenteisque vasis simulacrisque, tum gemmi set cetera regali cultu omnes saeculi nostri reges longe superavit”. Jewels importance in Aragonese court was determined not only by ostentation’s desire but also by their value in case of financial problems ad during vicissitudes. In this section has been recreated longobucco’s miner extaction process and after it Goldsmith workbench The objects used for the installation, realized by Pino Iannelli, have been landed by Pietra Viva Museum (Trentino Alto Adige) Cupone Museum (Sila National Park) and Sila social history, work, economy and folkloric museum (San Giovanni in Fiore)

1 G. Marafioti, Croniche et antichità di Calabria, edizione Forni, Bologna 1975. Quote’s translation has been updated to present language. The original language is late sixteenth century Italian. (Translator’s note)


Goldsmith’s art masters in Province of Cosenza: Cosenza goldsmith’s art history

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Southern Italy and Cosenza goldsmith’s art main point, is the cross reliquary donated by Frederick II to Cosenza’s Cathedral in 1222. to it refers the sacred goldsmith’s art object since 1200, to it ae inspired main part of the crosses realized by contemporary goldsmiths in a continuous dialogue between past and present.

Fig. 63. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti, bracelet Dolphins gilded silver Cosenza Fig. 62. Accademia orafa Horus by Luigi Filippelli, ring Flower, gold. Cosenza

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Exhibitions protagonists are province of Cosenza goldsmith’s art masters, continuing and unbroken tradition rich of suggestions. Archaeological finds and, for Modern Age (XV-XIX century) sacred goldsmith’s art and jewels realized for happenings by local civilizations (marriage, burials, social power, religion, apotropaic symbology and so on), points out how old is goldsmith’s art production in our territory. On mentioned basis is rooted the fervid contemporaneous crafts enterprises work that, taking advantage by local history looks towards innovative solutions that fan be reached only by every goldsmith’s art master.


Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

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Going through Cosenza’s gold history, in 1270 near Cosenza, was active the goldsmith Simillo de Guglielmo. In Longobucco, between XII and XIII, Giovanni da Longobucco used local cave’s metal, certified also the existence of a school were Joachim of Fiore asked for the realization of the goblets for his abbey. San Marco Argentano, Castrovillari, Cassano Ionio, Zumpano, San Demetrio Corone keep some unique example of the ancient local goldsmith’s art. in 1400, in Cosenza, seems to be opened a Mint and, in 1500 the noble aea of the present Corso Telesio was called via degli Orefici privileged place were where opened the most important goldsmith’s art shops working under the protection of Madonna degli Orefici, her iconography was on the external cathedral’s wall. Since 1584 the opening of the Monte di Pietà di Cosenza in which archive are kept precious data on Cosenza’s popular goldsmith’s art and on the names of the jewels in possessions of the noble families of the city and the provincial territory (the “gargantiglia”, the “boccolette” rings, earrings, the “virghetta”, pendants, the “scioccaglij”, buckles). Consistent were the woman and noble purchasers in Calabria since 1700, fruit of the ancient use up to which women had to pile up precious objects to wear. At the end of 1700 it is testified the family’s possession of ”fashion objects for the person” : “gloves, hats for man and woman, fans gold’s yarna nd jewels in general”. At the half of 1800 in Cosenza there were “8 glodsmiths and laboratories to work silver and gold with 64 workers” and, in Celico a Monte dei Pegni with a storage of gold, copper and silver objects. Nowadays are numerous the gold’s laboratories. Every goldsmith keeps the own modus operandi and everyone faces topics, different technical and style’s researches that the exhibition wants to exploit and make enjoyable with the division in sections and with the video Province of Cosenza crafts laboratories exhibiting Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Rende Laboratorio orafo di Francesca Tocci, Castrovillari Laboratorio orafo G. B. Spadafora, San Giovanni in Fiore Laboratorio orafo Luca Angotti, San Giovanni in Fiore Orafo Crivaro, San Giovanni in Fiore Gioielleria Scintille, Cosenza Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Cosenza Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Cosenza Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti, Santa Sofia d’Epiro Arte orafa Antonio Perri, Corigliano Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Soleoro Cosenza Orafo Domenico Tordo, Mirto


151 Fig. 65. Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Octopus Coral brenchesCosenza

Fig. 67 Laboratorio Orafo Sandro Prandina, pendant “Unfinished” Christ hand worked coral brenches Cosenza Fig. 68. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, RING Nemo GOLD, DIAMONDS, RUBIES, ENAMELS San Giovanni in Fiore

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Fig. 64. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, buckle Turtle. Gold, diamonds, amethysts San Giovanni in Fiore

Fig. 66. Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Corals “Love”, pendant “I love You” pendant Cupid and Conocchia coral brenches Cosenza


Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

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Tradition and Innovation Goldsmith’s art masters in province of Cosenza Goldsmith’s art represents one between the artistic categories most intimately related to social life dimension and has always joined human being life becoming his distinctive elements. From ancient legends to Etrurian jewels, from Middle Age and Renaissance goldsmith’s art to Art Nouveau, we arrived until the innovative solutions expressed by contemporary goldsmith’s art masters. Jewel goes beyond its ornamental value becoming real work of art, fruit of a continuous dialogue between tradition and innovation. Traditional goldsmith’s art was created to satisfy a local and craft production suggested by population taste and common needs joining aesthetic value with the symbolic and functional one. Contemporary goldsmith’s art research’ origins are instead retraceable, between the end of 1800 and the beginning of 1900, in a cultural point of junction which aim is going beyond the differences between minor arts and major arts re-evaluating, from an artistic point of view, handmade production. Arts becomes part of everyday experience but, meanwhile, exalts it. From it traditional goldsmith’s art and innovative elements. Every part of the jewel becomes an experimentation element , shapes, materials techniques all is brand new so that it becomes the symbol of his creator and whoever wears it. Nature and life are goldsmith’s inspirations as inspirations are ancient past personalities, mythology, eastern culture and every single aspect of everyday life. Very often, infact, emotional an material impulse bringing the most unusual modern results have the bases on past knowledge and on the reinterpretation, not just the simple recall, of ancient traditions, shapes, techniques and traditional jewel functions. In contemporary goldsmith’s art what is melted and exalted is the continuity line and the deep relation between traditional craft’s skill and plastic effects suggested in modern creations were, it is clear, tradition and innovation live an indissoluble bond. Mythology and ancient time, as well as shapes, luxury and ostentation are the different faces of a goldsmith’s art production that still nowadays doesn’t leaves out, but exploits past’s recovery, interpretation and re-elaboration considering it as a contemporary reality privileged observation point. Innovation essentially is in the expressive freedom, in techniques and figurative as well as material joining solutions as expressed by province of Cosenza’s great goldsmith’s art masters. Produced results topicality is retraceable in the following sections: ancient times, mythology, luxury-ostentation- freedom and geometries. Aziende artigiane della provincia di Cosenza che espongono in mostra: Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio, Rende Laboratorio orafo di Francesca Tocci, Castrovillari Laboratorio orafo G. B. Spadafora, San Giovanni in Fiore Laboratorio orafo Luca Angotti, San Giovanni in Fiore Orafo Crivaro, San Giovanni in Fiore Gioielleria Scintille, Cosenza Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Cosenza Laboratorio Orafo Sandro Prandina, Cosenza Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti, Santa Sofia d’Epiro Arte orafa Antonio Perri, Corigliano Accademia orafa Horus di Luigi Filippelli, Soleoro Cosenza Orafo Domenico Tordo, Mirto


The recall of ancient times

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“Classic” isn’t just an historical period but a way of life. Classics are the solutions that in figurative arts as in goldsmith’s art, reach perfection without any problem, with simplicity and variety since Pericles Age.

As is well known the concept of ancient times recalling has been theorized by Humanists: Petrarch in primis expressed the vision of the story up to which classic antiquity was seen as a wonderful age followed by Decadence. An age to look with admiration but not in a slavish way, considering it as a starting point for present cultural renovation. Not different has been, since 1400, artists orientation: roman spoils and insignia, cameos and gems, Egyptian shapes, imperial insignia, inscriptions, history and mythology personalities and characters inspired every works of art and, jewels permits to “classic” to become a constant referential point both in denial and

Fig. 69 Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti, necklace Putto, gold 18 carat with engraved turquoise and black coral branchesCosenza

Fig. 70. Gioielleria Scintille, Ring Alaric I Line Middle Age shield (silver and precious stones)

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Privileged relation linking Italian art to antiquity’s is retraceable in every era and craft/artistic production. The inspirations comes from the models of an ideal past linked to present with strong affinity but that is looked “not blindly but with the correct wisdom and the consciousness of copying the ancient in its spirit, principle and rules that belongs to every era” ”(Recueil de decorations interieures)


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experimentation moments that in copying and recalling.

Fig. 72. Gioielleria Scintille, pendant Alaric I Line Real Seal, silver Fig. 71. Gioielleria Scintille Necklace Alaric I Line Middle Age shield (silver and precious stones)

Fig. 73. Orafo Domenico Tordo, Natuzza’s cross, Gold and diamong and version in silver with zircons

Also Calabria crafts traditions celebrate and seal local civilization ancient history surviving not only thanks to archaeological findings and historiographical research but also thanks to handmade product evoking cultural and historical heritage’ moments, events and personalities. Archaic civilization, Magna Graecia, Saints, Blessed, prophets are the patterns of contemporary goldsmith’s art production wisely harmonized in Cosenza’s territory goldsmith’s art masters. Following on this route it is possible to identify regional history’s renovation through contemporary artistic craft formulas. Reaching a complementary relation between tradition and innovation the goldsmith’s art masters exhibiting here take as staring point our history’s elements, events and personalities doing of our past a bridge through modernity, expressing themselves with freedom and experimenting shapes and materials

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Ancient representations are the ones related to King Alaric I, Joachim of Fiore but also to faith and fertility ancient symbols: brooches, earrings, necklaces, rings, bracelets. Towards all these things goes Cosenza’s territory’s goldsmith’s art masters creation that with innovative freedom and, sometimes also genial shapes and material linking, are able of reaching very original solutions.


Fig. 74. Gioielleria Scintille, Earrings Alaric I Line Galla Placidia ailver and pearls Fig. 75. Accademia Arte Orafa di Francesca Ricioppo and Vincenzo Nicoletti, Cameo the three Graces Santa Sofia d’Epiro

Fig. 76. Gioielleria Scintille Bracelet Alaric I Line Middle Age shield silver and precious stones

Fig. 77. Arte orafa Antonio Perri Necklace half moon, filigree fold and onyx. Inspired to a II century a.C. finds in Taormina Corigliano Fig. 78. Accademia Arte Orafa Francesca Ricioppo and Vincenzo Nicoletti necklace Cross Santa Sofia d’Epiro

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Mythology

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Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

In ancient Greece are, above all sanctuaries’ votive offering what document precious object’s quality, while traces of their use are reproduced on vase painting. Iconographic sources, infact, testify that Greeks ornamental jewels creation was related to god’s cult and, clearly also to mythology: necklaces, crowns, pendants earrings, bracelets and rings with votive symbols were created to celebrate gods, eroes and telling their exploits, sealing their greatness by using precious material. Nowadays province of Cosenza’s goldsmith’s art masters precious creations bring back to the public mythological heritage characters and shapes with modern techniques and solutions joined by creative process crafts and skills: unicorns, mermaids, griffins, harpies, fantasy tools and characters are the protagonists of the jewels inspired to Mythology. Between the exhibited works of art Apocalype characters represented by Joachim of Fiore in his Liber Figurarum, the lyre remembering Apollo’s Mount Parnassus, ancient Greek tragedy’ masks, Pegasus, Venus

Fig. 80. Laboratorio orafo G. B. Spadafora The Plate of the Plate. Silver plate hand worked San Giovanni in Fiore

Fig. 81. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti necklace Masks gold 18 carat with onyx, Cosenza


Fig. 82. Orafo Domenico Tordo, pendant warrior and Johanne of Arc, polished silver. Mirto

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Fig. 84. Arte orafa Antonio Perri necklace Aphrodite. Gold with filigree spiral alternated to “Jennacche” grains decorated with small seed pearls. Central part in glass representing Aphrodite Corigliano (CS)

Fig. 85. Arte orafa Antonio Perri Necklace Elios. Gold with pearls and coral travelling cases engraved. Central in citrine topaz representing the god of sun Corigliano

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Fig. 83. Accademia orafa Horus by Luigi Filippelli, necklace the birth of Venus, gold, Cosenza


Geometries

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Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Fig. 86. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio Butterfly wings Gold 18 carat, morganite, Tahiti pearl and diamonds Rende

Contemporary goldsmith’s art heritage is huge. Since Art Nuveau to Secessionism results, goldsmith’s art reached great innovation’ results also thanks to the presence of artists that putted to the test this sector before with isolated experiences and then always more aware of what they were doing. Italian goldsmith’s art history can be divided into three moments: early ‘900 (Consagra and Pomodoro) ‘60ies- 70’ies (Turrini, Reister, Franchi and so on) and nowadays where very good goldsmiths are preparing the future. In the section “geometries” and “contemporary style” are melted and exalted province of Cosenza craft tradition’s knowledge with the artistic experimentalism, without a continuity solution. Geometric and contemporary style, infact, has its roots in ancient times but has its fortune in tradition and innovation cultural synthesis Sometimes is used the term micro sculpture, other people talk about stylized shapes, anyway, jewel becomes sculpture and sculpture ornament’s object. Besides, up to contemporary language, jewel, in everyday life passes from object to artistic experimentation on shape, techniques, materials until definitively free itself from all this becoming the symbol of whoever has it.

Fig. 87. Laboratorio orafo Il Perseo by Francesco Iorio Ring Amber Gold and Baltic Amber Rende (CS)

Fig. 88. Laboratorio orafo Il Perseo by Francesco Iorio Necklace Blue moon white gold, blue topaz ct.80, diamonds, Rende


Fig. 89. Laboratorio orafo Il Perseo di Francesco Iorio Ring Dolphin White gold and diamonds pave Rende (CS)

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Fig. 91. Laboratorio orafo G. B. Spadafora Moebius Ribbon, silver San Giovanni in Fiore

Fig. 92. Creazioni Adamas/Domus Aurea by Paola Righetti Bracelets geometries in grecian style Gold 18 carat and polished silver Cosenza

Fig. 93. Accademia orafa Horus by Luigi Filippelli, necklace geometries. Gold, Cosenza

Fig. 94. Orafo Crivaro Ring heart White gold 750 18 carat with diamond 0,35 brown braun San Giovanni in Fiore

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Fig. 90. Orafo Domenico Tordo, pendant Italian flag, gold, diamonds, emeralds and rubies


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Luxury, ostentation and freedom

Luxury and ostentation’ feeling in goldsmith’s art has its origin in the anthropocentric feeling and the prestige’s desire felt during Renaissance Age. Since the XV century, infact, even if art was filled of classic severe and rational culture, goldsmith’s art lived a great moment under the cultural and ideal impulse brought by the most important courts of the whole Age: the House of Este, the House of Gonzaga, The House of Sforza, the House of Montefeltro, the House of Medici just to mention few of them. The jewel starts adorning head, clothes and feminine bodies; goes on the fashion of clasp and figurative art masterpieces seal jewels importance in Renaissance’s life and society. Gold chains, pearls, gems, pendants, diamonds, cameos, engraved crystals define ornaments importance, in particular necklaces importance becoming symbol of personal luxury and ostentation. With time seems that all European Country loose the sense of proportion. Jewel’s use is so absolutely necessary that harmony and sobriety are darkened. 1700 goldsmith’s art success, marked by precious stones predominance was determined by French families ambition. One of the portraits clearly testifying how many jewels could wear a noble 1700 woman is Matilde Querini one realized by Roverto Longhi. What follows is rocaille style and jewel become even more rich of vivacious and luxurious elements reflecting Age’s noble attitude.

Fig. 95 Ricioppo and Vincenzo Nicoletti, necklace Joys Santa Sofia d’Epiro

Fig. 96. Laboratorio orafo Luca Angotti, ring in gold with diamond brilliant cut white and rose pave mounting San Giovanni in Fiore


Nowadays to be considered a luxury good, the object must be exclusive, of high quality, dear. And, above all, must win on normality. The purchaser must be convinced of buying a superior quality good and, above all, a unique one. Nowadays luxury has a different meaning from the one it had in past decades: it isn’t just exhibition or status it’s luxury aiming at increasing one’s own personal pleasure doesn’t has any importance communicating to all the other people one’s own social status and richness. What make people buy a luxury good isn’t ostentation anymore but the need of feeling realized, having the best. Luxury necklaces are the ones exhibited in this section. They have their roots on past knowledge but are going through modernity with innovative and charming solutions.

Fig. 97. Orafo Crivaro Necklace with white micro seed-pearls, rose coral, gold 750 18 carats, black faceted spinel and black salomite San Giovanni in Fiore

Fig. 98. Laboratorio orafo G. B. Spadafora, Collana Il fascino dell’Oriente Argento brunito, diamanti, smeraldi, zaffiri gialli e peridotti San Giovanni in Fiore Fig. 99 Creazioni Adamas/Domus Aurea di Paola Righetti, Collana con volto di donna Oro 18 k con rubini, smeraldi, zaffiri e berilli Cosenza

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Museums


Cupone Museum (Visit Centre) Sila National Park

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Sila National Park’s visit centre is placed near Camigliatello in an area called Cupone Cupone visit centre offers striking paths, visits with guides and places of great naturalistic and cultural value such as the botanical garden, submerged in green with a scientific didactic path that can be joined also by people with physical and visual disorders The geological garden that permits observing Sila’s territory characteristic rocks and the naturalistic museum that has a showroom totally dedicated to the tree were are visible finds and handmade product. From the naturalistic museum starts all didactic paths reaching Cupone Archaeological site on the edges of Cecita lake were archaeologist are bringing back to life finds that may be datable around Neolithic and Aeneolithic Age.

Cosenza’s archaeological museum preparation (2009) arrives at present condition after lots of events, moving, scattering and new elements, fruit of recent digging in Cosenza historical centre. Collection’s main heart was created in 1888 with Luigi Viola finds in the areas of Torre del Mordillo (Spezzano Albanese), Cozzo Michelicchio and Caccia di Favella (Corigliano Calabro) of which are part all the finds belonging to the Chronological period going from Pre-history to Roman age. In it, has particular importance the section on Oenotrians- preGrecian indigenous population (1700-720 b.C.)- and on Bretti- italic population (356-202 b.C) that settled in Cosenza. Cosenza’s archaeological museum has a scholar and interactive intent; rooms present a perfect relation between showcases and informative panels and a series of tricks useful to involve visitor. The museum is divided into six areas that, from a chronological point of view, help in recreating the human and historical traces left by the populations that occupied our territory from Iron Age (960-720 a.C.) to the Roman one (202 b.C.-476 b.C.) Lots are the finds exhibited in the Museum from fossils to buckles perfectly kept, lances tips, bracelets and jewels discovered in the necropolis present on our territory. There are also clay’ votive statues explaining the ancient gods cult and a conspicuous numismatics collection.

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Bretti and Enotri Archaeological Museum


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Sila social history, work, economy and folkloric museum San Giovanni in Fiore Sila social history, work, economy and folkloric museum near San Giovanni in Fiore was opened in 1984 and recently has been enriched with an important section dedicated to documents and photography. The first floor presents the rich photographic session of the well know artist Saverio Marra a photographer born and lived in San Giovanni in Fiore and dead in 1978. Thanks to this section it is possible to recreate village’s history through images showing people working in the fields, familiar and social relations, woman traditional dresses and all the other life’s aspect considered very important by Marra. “People from San Giovanni in Fiore” is, infact, the title of this first museum’s section. The second floor exhibits seven sections or better, the tools used to pot in action seven working cycles representing San Giovanni in Fiore folk wisdom and work with objects and tools donated or collected in abandoned houses or fields, the latest arrive (2007) are cloths, precious stones and furniture were bought by local craftsman.

Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

Cosenza Diocesan Museum Cosenza’s Diocesan Museum was created tank to a scientific ordering and the historicartistic knowledge of all the ecclesiastical goods property of Cosenza-Bisignano archdiocese. Bishop’s pastoral activity developed in centuries, has left, thanks to crafts, painters and master’s huge artistic quality production a great number of works of art having an important liturgical and cultural value. In the Museum, tank to a clear and explicative exhibition’s path concerning the main characteristics of diocesan artistic production it is possible to go through a visit where paraments and liturgical objects witness, as well as paintings and stony fragments is developed in an itinerary that moves its guidelines in the Cross Reliquary, art and local devotion main object., the pats analyzes all archdiocese different devotions and in particular the one related to the Madonna del Pilerio through altar-hangings and the one used for the sacred painting as well as all the other paintings produced in times. In the last room are exhibited some paintings between which the Majestic “Virgin Mary” by Luca Giordano the San Gennaro by Andrea Vaccaro and Virgins by Giuseppe Pascaletti, fragments of a southern Italy artistic culture developed during XVII and XVIII century. Cosenza’s diocesan Museum is hosted near the archiepiscopal seat, also known as Cicala Palace built around the XV century. Cosenza’s Diocesan Museum will be opened in 2013..


Placed in San Marco Argentano historical centre, in the Church of San Giovanni, not opened to religious ceremonies anymore, the excellent diocesan museum its a referential point in San Marco Argentano’s artistic, historical and cultural heritage. The Church has very ancient origins; in 1209 was mentioned in a parchment of Aldobrandini archive – to be exact in an Instrumentum Venditionis- and, in XVI century, became the seat of the Immaculate Conception Confraternity. Recently the restoration and the new use have built an intermediate floor making of it the seat of important collections: the ground floor keeps all the sacred jewels in gold and silver belonging to 1600 and 1700, the first floor, instead, keeps paraments and paintings of the XVI-XVIII century. Collection’s flower on the buttonhole is the Cross- reliquary made up by three foiled cusped arms and donated by the cistercian abbot of Santa Maria della Matina in 1308; it is possible that it is the fruit of two different artistic moments: the cross of the XIII century and the painted parts of the XI century. The paintings on the recto represent the Christ Triumphans that has, on the aureole, three precious stones engraved and Middle Ages’ typical images; on the other side, where the arms cross one with the other it is visible the Lamb while on the extremities there are the four Evangelists. The museum has processional crosses, goblets in silver, monstrances, a beautiful astyle cross belonging to the half of the XVII century with phoenix and Pelican’ embossed images, liturgical vestments, altar cloths and holy vessels, pontificals of the 1762 and the important San Nicola bust in embossed silver maybe coming from Filippo del Giudice’s laboratory, as states the stamped acronym “FDG”. The great shape paintings helps in enriching the artistic character of the painters working in Calabria in the second half of the 1800, stressing their huge production and great stylistic ability.

Sibaritide Archaeological National Museum The Sibaritide Archaeological National Museum was created with the need of keeping and exhibiting the finds of the ancient cities of Sybaris, Copia e Thurii, rediscovered in the protected areas of Parco del Cavallo, Casa Bianca, Parco dei Tori and Stombi. The museum keeps finds belonging to Protohistory (Torre Mordillo and Broglio di Trebisacce, XVV-XIV b.C.); finds of ancient architectural decoration discovered in Sibari, Ionian friezes (both entire blocks and fragments) discovered in Parco del Cavallo. Majestic is Athena Sanctuary’s image insisting on timpone Motta (near Francavilla marittima) recreated through finds: pyxes, alabasters, and bowls. A room is completely dedicated to Thurii, Hellenistic village that may be datable around the first half of IV century b.C. and other important showcases point out the ornamental richness and the daily production tied to working activities near Salto (Cariati), funerary kits discovered in a brettio warrior Chamber-tomb (330 b.C.) and other villages of the Sibaritide. Great space is dedicated to main roman age contexts: monuments, materials and everything else on Copia and its territory, since the colonial period (beginning of the II century b.C.) until the creation of the municipium, after the Social War, as well as, all that concerns Imperial Age and the Late Antiquity arriving to the definitive abandoning of occurred between the VI and the VII century b.C..

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Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

San Marco Argentano Diocesan Museum


Precious Cosenza. Goldsmith’s art masters and works of art

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Torre Cimalonga Antiquarium Scalea Placed in one of the panoramic squares of Scalea historical centre, the museum is hosted in an ancient 1500 defensive tower and offers Scalea’s territory reconstruction from Paleolithic age to Late Antiquity. The museum was opened in 1987 and since 2004 offers the present exhibition so to be defined a jewel of Salea’s territory, archaeology and history well related to the other archaeological museums of the province. The sites where were discovered the finds kept in the Museum starts, from a chronological point of view, with Torre Talao rock that offers the first data and archaeological material on the small city apart from the beautiful defensive tower. The site thanks to continuous excavations campaigns putted in action since early ‘900ies its one of the most important prehistoric context of southern Italy Tyrrhenian coast above all for faunal and lithic finds belonging to Paleolithic age (discovered in 1891 and of the storages that, datable between the 60000 e 40000 years b.C. are the main mousterians complex we know. Other finds come from Petrosa Settlement. Excavations in this area brought back to us cottages with stone foundations, bricks, what remains of roofs made with mud, clay and other materials as well as a wall built to protect the settlement (VII-VI Century b.C.). Petrosa’s importance is retraceable also from the period in which it was abandoned (510 b.C.) the same year in which the Achaean polis Sybaris was destroyed. There’s also another hypothesis up to which there’d be a relation between Petrosa’s leaving and Laos foundation (now Marcellina) by Sybari’s survivor population at the end of VI century b.C. Important as well are the finds exhibited near Torre Cimalonga concerning the settlements of Foresta/Sant’Angelo: 3 tombs belonging to the second half of IV century b.C. and the funerary kits: black painting vases and potteries, vases with red images and pieces of pottery used to eat and cook belonging to the Imperial Age thing that stresses the presence of villae rusticae near Foresta after Hannibal’s war. There are lots of other find near the museum making very precious this little archaeology’s casket in province of Cosenza.

Antiquarium and Archaeological park Serra D’Aiello Made ready and opened in 2007 thanks to the cooperation between the Superintendence for archaeological finds and the local archaeological team “Alybas”, Serra d’Aiello Museum must be defined as a main step between Province’s, and why not also regional, archaeological museums considered the brand new discoveries as well as finds variety and the richness A new showroom was recently opened to exhibit the finds discovered near Cozzo Piano Grande, Chiane and Cozzo Carmineantonio where it seems once was placed the Homeric Temesa village The museum offers to visitor showcases rich of funerary kits considering that near Chiane have been discovered more than 26 tombs part of a IX-VIII century b.C. necropolis. In tombs were discovered potteries, work and war’s tools, a very rich metal equipment and a variety of jewels discovered in the so called “Princess tomb” which reconstruction (showed also on detailed panels) helps in being aware of her and her village high social status. Buckles, phaleras, a incensory of great value and beauty, rings, necklaces, earrings and jewels in amber were the objects enriching these tombs pointing out, especially in the comparison with the other Archaeological museum present on our territory, the exceptionality and the importance of the ancient site where now is Serra d’Aiello, a place that deserves to be visited also for its churches, its palaces and its nature.


Arberëshë traditional dress Museum Vaccarizzo Albanese

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Hosted in the palace built by Cusumano’ brothers in 1763, arberëshë traditional dress permanent exhibition it is one of the arberëshë tradition’s topoi in Calabria and, above all, of it exploitation and diffusion. It’s a large exhibition of original dresses divided for territorial areas- Vaccarizzo’s one is the holiday dress which main characteristics are the beautiful rose color and the peculiar hairstyle- it has also dresses belonging to surrounding small villages such as Piana degli Albanesi and other ones characterized by arberëshë’s presence. The upper floor exhibits has a striking ancient jewels collection belonging to the local community of great importance and symbolism.


the goldsmiths


Adamas goldsmith’s laboratory opened in Cosenza near via Negroni, was created by a Claudio Gaudio’s idea, expert and keen on precious stones (he obtained the degree near the Istituto gemmologico internazionale of Anversa) and Paola Righetti, goldsmith that trained near the scuola d’arte orafa meridionale of Naples, were she learned the ancient working techniques of the so called “jewels made to measure”. Naples goldsmith’s art tradition infact, is characterized by the artist-craftsman producing recognizable and brand unique goldsmith’s are pieces, that unlike industrial production, loves to mould precious metal with stones, giving free expression to creativity. Adamas created twenty two jewels collection taking inspiration from Naples’s goldsmith’s art tradition. Adamas’ collections reached the great public charmed by the excusive creation fruit of Team Adamas work. Lots the important happenings of which Creazioni Orafe Adamas has been testimonial, just to mention some of them: Moda Movie, Festival delle Serre, Artigianato sotto le stelle, Memorial Versace, Trenta ore per la vita. As part of “le Botteghe di Alarico”organized and took part to the exhibition “Ritorno in via degli orefici” that took place in December 2009 near Cosenza National Library. It was between the organizer of the happening “Fashion Show lo stile in passerella” that took place in Rende the il 28.09.2010 near Cablos seat. Besides it took part to the fashion and jewels show that took place near the hotel Palazzo Fabiano near Rende the 30.10.2011 and during which presented its jewels-cameo, unique pieces that reached a great success. The happening was shown by local network television and have also been published some newspaper articles on it. Adamas was invited by the Province of Cosenza to took part to the happening “Precious Cosenza- Cosenza’s territory goldsmith’s art on exhibition” organized by the Arts and Crafts Museum, in Corso Telesio from the 19 December 2011 to the 22 January 2012.Adamas, together with its jewel’s creation activities, develops also training course; infact the two founder members Paola Righetti and Claudio Gaudio, during years helped lots of pupils in learning this art, so that some of them realized the dream of opening their own laboratory. Adamas production is characterized by the creation of jewels realized using ancient crafts techniques, unique pieces joining tradition and innovation, easiness and refinement and that for this reason represent excellence’s creations, real Made in Italy’s production proud. 0984 483480

Angotti Laboratory History, culture and tradition chase each other in the gold yarns of master Angotti goldsmith’s art. The Angotti Laboratory comes from San Giovanni in Fiore goldsmith’s art famous tradition, an art that conquered the world for its originality and peculiarity. Angotti’s jewels success is the fruit of the unon between past and present, customized and unique pieces, rare and unrepeatable jewels telling a story that feels like mystery. Well known San Giovanni in Fiore goldsmith’s art masters creations gain new life in master Angotti’s skills who creates customized and personalized jewels up to woman’s taste that will have the pleasure of wearing it. Exhibited jewels we want to present in this occasion are: The jennacca main jewel adorning San Giovanni in Fiore typiccal dress. It is made up by grains obtained by a particular working in gold filigree with which is obtained a daisy that worked with the bottioli obtains a semispherical shape and linked to another semi sphere gives shape to the grain. In particular, in our young collection we gave a new style to the Jennacca presenting it in a modern way adding Swarovski and pearls so that it can be used also by young generations. The other jewel that will be presented is a unique piece, a ring in gold studded with white and rose diamonds, old single cut, with pave setting. Exhibited jewels value is almost 8.000,00 euro. 0984975513

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Creazioni orafe Adamas


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Salvatore Crivaro Animated by a native love for art, Salvatore Crivaro cultivated the one for drawing after he had fallen in love with jewel’s beauty, elegance and glamour. Enrolled at the Art school to perfection his qualities and catch on paper all the innovative ideas suggested by his creativity attended Valenza Po goldsmith’s art school. He received lots of proposals by important trademarks but his desire is always the one of being related to his jewels, his creations, to his every single work uniqueness, so to he defines himself as the goldsmith of worldwide unique jewels. Esteemed by vips, he realized a plaque in gold that the Province of Cosenza donated to Pope Benedict XVI. 3292017341

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Perri Gioielleri Orafi dal 1986 Since a century the Perri family contributes in spreading, at National and International level, Calabria’s goldsmith’s art traditional jewels. In 1894 near Cirò Marina (Cz) Gennaro Perri opened the first goldsmith’s art laboratory, years after also his sons were influenced by their father passion an started to learn goldsmith’s art bases. Raffaele worked for Cartier in Paris while Alberto opened near Campana, a real “gold’s workroom” thanks to Gennaro and Antonio donations, nowadays, near Rende civic museum are exhibited Alberto Perri’s workbenches, his tools and original drawings. Gennaro, for various years will work in Cosenza near the laboratory- shop in Corso Telesio, heart of Cosenza’s historical centre, were is still visible the original ‘50ies sign. Antonio will move in Corigliano Calabro where, nowadays, in cooperation with his daughter Anna creates ancient style and modern’s jewels. Perri goldsmiths is a real craft’s dynasty, transferring, from generation to generation ancient goldsmith’s art skills and experiences. In their laboratory near Corigliano, jewels are created with passion and devotion, taste and creative inspiration, reinterpreting and updating ancient goldsmith’s art styles producing jewels tied to popular tradition and, meanwhile updating to contemporary taste. Every jewel created by Perri is unique, handmade, refined and finished in every single particular. Every jewel created by Perri is a work of ar. 0983889753

Scintille - Alaric i jewels Scintille was opened 25 years ago by intuition of Sergio Mazzuca and Santo Naccarato that joined the forces and created a jeweller’s new concept. What remains of the winning formula it’s in Naccarato’s mastery ability of working the gold and in Mazzuca’s marked managerial inclination. Nowadays Scintille counts with 3 stores, more than 1000 square meters of showrooms, more than 150 brand in selling in 5 exhibition areas. Scintille is also a goldsmith’s laboratory living maximum attention to details and in 2012 decided to honor Cosenza with some collections telling city’s history, personalities and historical moments. After 1600 year from the death of the man that putted down on its knee the Roman Empire, Scintille jeweller’s shop, thanks to its goldsmiths and dongiovanni gioielli exclusive design, remembered Alaric I with some exclusive lines going through the life of this feared warrior. Are handmade jewels: possible imperfections exalt their preciousness marking their uniqueness. 098421999


Sandro Prandina

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Deftness, creativity and passion… unchanged with time Near the goldsmith’s shop present in Cosenza since two generation, Sandro Prandina drawn, realizes and repairs jewels in gold, silver and others noble metals. Since when he was a child, in his father’s shop, Sandro exchanges the games with the study of formal elements combinations typical of the art. The young man identifies this place as his natural one and translates the effort in love, refining the techniques he already knew because of the interest and the love he had in goldsmiths’ art. In the silence of his laboratory he imagines, studies and works out jewel’s project and realizes it carefully choosing the most suitable techniques, skillfully joining tradition and innovation. The perception of a vibrating soul, present in every particular object of this rich production, enchants and attracts also the most demanding lovers of goldsmith’s art. Results are the critics approval; his production has all the spiritual freedom charm, where his art places him, revealing a material-element decorum emitting beauty, Sandro’ goldsmith’ art main idea. His identification number is *15CS. 098472431

L’idea di un’ ACCADEMIA ORAFA nella città di S. Sofia D’Epiro, nasce dalla volontà di due giovanissimi maestri Orafi di S. Sofia D’Epiro (Francesca Ricioppo e Vincenzo Nicoletti), che portano con sé un bagaglio di esperienza nel campo dell’oreficeria di notevole spessore. Dopo anni di studio presso l’ Accademia delle Arti Orafe di Roma, hanno frequentato stage e aggiornamenti nelle migliori fabbriche e laboratori orafi di Valenza Po, di Arezzo, di Roma e di Vicenza, partecipando attivamente anche ad eventi e manifestazioni culturali sia nella regione che fuori di essa. La loro passione per l’arte orafa, li ha portati a dedicare un’infinità di tempo al loro laboratorio, con notevoli risultati di successo nel corso di questi anni; dal 2001, anno di apertura della attività propria, ad oggi, il laboratorio si è trasformato ed evoluto, oggi è un intero immobile nel centro storico del paese, con macchinari ed attrezzature che non hanno nulla da invidiare alle fabbriche di Valenza. La loro clientela è vasta, ricevono richieste da privati anche fuori provincia e collaborano con tante gioiellerie della zona. Promuovere e diffondere quest’arte è il loro obbiettivo, in un territorio così ricco di tradizioni, di simbologie antiche che esprimono sentimenti e che racchiudono significati, rivivere e rivedere tutto ciò anche in chiave moderna, saranno i motivi di studio dell’accademia. Dare una preparazione ottimale a chi desidera diventare artigiano orafo, attraverso gesti sapienti, conoscenze approfondite del mestiere e delle tecnologie avanzate, sono questi i punti di forza dei NUOVI ORAFI. 0984957053

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Academy goldsmith


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Laboratorio orafo G. B. Spadafora The history of the enterprise corresponds with Spadafora’s family goldsmith’s art that starts, around the second half of the 1700, by means of Francesco, great- great grandfather of the master Giovanbattista which inherited it and, on his turn, passed to his sons and daughters. Well known and esteemed all over the world, Spadafora’s jewels are real works of art. Material is forged and shaped with skilful alchemy through air and fire baptism, respecting tradition, to realize objects able of ravishing for their beauty, the scrupulous attention and the great care of particulars, something which makes every item a unique piece of jewellery. Tools are the ones used in ancient times- the oil lamp, the bellows, the cuttlebones- but shapes are updated following the natural change of taste, never being too much modern, in the wildian belief that “IT WOULD RUN THE RISK OF GOING, VERY SOON, OUT OF FASHION” Fashion is a form of ugliness so intolerable that we have to alter it every six months- Oscar Wilde It is an elegant classicism- sometimes sober, others a little bit more peculiar- that, being so, isn’t afraid of the passing of time. The goldsmith master Giovambattista Spadafora has been mentioned and defined in the “XIX and XX century Dictionary of the italian jewel” as one of the artists that contributed the most in spreading, all over the world, Italian goldsmith’s art. In 50’ies he held the reins of the family shop starting an historical research path on Calabria and its most important and studied personalities such as Joachim of Fiore and Alaric I to bring them back to light and recreating the jewels of their ancient times. He individuated the production age, the belonging civilization and then, he updated to nowadays creating a magic bridge between Calabria’s important past and its present. In more than 50 years of activity, the master, well known also as “Mary’s goldsmith” thanks to the myriad of crowns and halos realized to adorn the head of the Virgin’ statues, received lots of acknowledgment and award at international level. Lots of his work of art can be admired visiting the Vatican Museums as well as Museums and Churches all over the world. 0984 993968

Francesca Tocci Francesca Tocci, in 1984, starts a professional path in the field of goldsmith’s art that she feels like restrictive for her creative fantasy, that’s why in 2001 creates RIFLESSI a craft laboratory where giving space to her artistic passion specializing in the creation of jewels with natural gems and precious stones. What she creates is known and all over so to be used also for some shows on the national televion network RAI 1 Precious stones and gold in Francesca Tocci’s hands are molded in different and eclectic shapes because she doesn’t follow clear referential styles but leaves free space to her versatile imagination to her originality’s creative research and her strength of young and enterprising woman. 098122791


Domenico Tordo

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WITH CALABRIA IN THE HEART: it isn’t just a goldsmith’s art school work of art. it’s something more. Or, almost, wants to be more. It’s aspiration that wants to be shared in an inter generation way, to think about Calabria as a place able of touching whoever lives there or arrives to be hosted, in this jewel is kept an algorithm: the art one synthesized by moments and methods that were part and, still are part of Domenico Tordo’s training, from the skills obtained while working in a laboratory until this added value understood and kept as the most precious thing near Cellini school, until feeling himself as part of an important productive universe (1700 enterprises, 1350 goldsmith’s art with almost 8000 workers in Valenza, to the strategic importance of the interaction between enterprises in an economic system going from the creativity to the respect for the needs and the productive problems until discovering that being a goldsmith means giving, anyway a soul to the objects , until feeling the weight of crafts in a world globalized by cliché were the disappearing of ancient jobs is directly related to the zeroing of territories, peculiarities, populations histories and economies. In a world the real meaning of challenge, the one of the new generations and of a whole region, Calabria, where everyone, parents and sons and daughters need, as the bread, the optimism and above all of the real meaning of the word tomorrow. In it are the precious stones “with Calabria in the heart”, realized by Domenico Tordo and on which is taking shape a path of consciousness and a ambitious cultural plan. 0983480575

Eduardo Bruno Scultore, orafo e medaglista di San Marco Argentano, si trasferisce a Firenze dove studia pittura e scultura all’Accademia di Belle Arti, completando gli studi umanistici all’Università di Firenze. Qui si laurea in lettere con indirizzo storico-artistico. Nel campo delle arti figurative collabora lungamente con lo scultore fiorentino Antonio Berti, utilizzando vari materiali: creta, bronzo, pietra, oro ed argento, specializzandosi, infine, nell’arte dell’oreficeria e della medaglistica. La sua carriera di orafo e medaglista inizia nel 1976, quando a Firenze si tiene la “Mostra Internazionale”, per commerorare il X anniversario dell’alluvione ed in questa occasione viene scelta e fatta coniare la sua medaglia. Nel 1979 è a Roma a palazzo Barberini, sala Pietro da Cortona, dove è scelta e fatta coniare la sua medaglia che commemora la nascita di Albert Einstein. Nel 1989 conia la medaglia ufficiale per il grande abate Gioacchino da Fiore. Il 1995 il Museo Nazionale del Bargello acquisisce la medaglia commemorativa di Francesco I dei Medici, fusa a cera persa dal Maestro, tuttora esposta nella sezione medaglistica Nel 2007, in occasione della VII rassegna cinematografica, tenutasi presso il Castello del Principe di Sangineto (Cs), realizza per l’occasione la medaglia ufficiale; realizza La Sapienza scultura in bronzo, collocata nel Palazzo del Governo, sede della Provincia di Cosenza; la moneta d’oro, Palazzo del Governo, coniata per la Provincia di Cosenza; la statua San Francesco di Paola in bronzo per il comune di San Fili (Cs); il trittico in bronzo Famulatus, collocato nella Chiesa di San Francesco di Paola in S. Marco Argentano (Cs). Nel 2011 realizza la medaglia per la ricorrenza del 150 anniversario dell’Unità d’Italia.

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WITH CALABRIA IN THE HEART: THE PROJECT Early work, fruit of the nostalgia towards the native land, it isn’t just a goldsmith’s art work synthesizing mother land centrality, together with the technical skill and the young taste of a young master


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Giampaolo Babetto 1947 Nasce a Padova, Italia, vive e lavora ad Arquà Petrarca 1969-83 Docente all’ Istituto d’Arte “P. Selvatico”, Padova 1979-80 Docente alla Rietveld Akademie, Amsterdam 1983 Docente alla Rietveld Akademie, Amsterdam 1984 Concetto e progettazione architettonica dell’esposizione “Gioiello Arte Contemporanea d’Austria” Ateneo di San Basso, con il patrocinio della Biennale di Venezia, Venezia 1985 Professore alla Fachhochschule, Düsseldorf 1987 Docente alla San Diego University, USA 1990 Professore al Royal College of Art, London 1993 Docente alla Sommer Akademie, Graz 1994 Docente alla Rhode Island School of Design, Providence, USA 1995 Professore alla Sommer Akademie, Salzburg 1996 Docente alla Rhode Island School of Design, Providence, USA 1998 Professore alla Sommer Akademie, Salzburg 2002 Progetto al Marunouchi Building per Mitsubishi Estate Co. Ltd., Tokyo. 2004 Collabora con Pastoe, Ultrecht , per la progettazione della serie di tavoli “Quadro”. Progettazione e realizzazione della medaglia per il Comune di Arquà Petrarca in occasione della celebrazione del 700° anniversario della nascita di Francesco Petrarca. 2006 Esegue servizio in argento per cerimonia religiosa per la Chiesa di St. Michael, Monaco. 2007 Workshop presso la scuola “Le Arti Orafe”, Lucca. 2008 Workshop presso la scuola “Le Arti Orafe”, Lucca. 2008 Esegue un Ostensorio in argento per la Chiesa di St. Michiel, Monaco. Esegue la Nuova Teca del Sacro Cingolo Mariano, Prato. 2009 Workshop presso la scuola “Le Arti Orafe”, Firenze. Esibizioni personali 2011 Museum im Palais, UniversalmuseumJoanneum, Graz. 2010 Pinakothek Der Moderne, München 2009 Galleria Maurer Zilioli, Brescia 2008 Museo dell’Opera del Duomo “Le Volte”, Prato. 2007 Palazzo Pitti, Museo degli Argenti, Firenze. 2006 Design Flandesr, Brussels. 2005 Galerie Heike Curtze, Wien; Galerie Heike Curtze, Salzburg; Galerie Fred Jahn, München; Centro ricerche Nardini, Bassano del Grappa (VI). 2004 Galerie Heike Curtze, Salzburg. 2003 Scuderie Storiche, Poggio a Caiano; Eurema Interni, Dolo; International Design Zentrum, Berlin. 2002 Galerie Handwerk, Mümchen. 2001 Galerie Fred Jahn, München; Museum für Angewandte Kunst, Frankfurt; Galerie Zell Am See, Zell Am See; Galleria Marcolongo, Padova. 2000 Museo Correr, Venezia; Gewerbemuseum, Winterthur; Heike Curtze & Suse Wassibauer, Salzburg. 1998 Galerie Naïla De Monbrison, Paris; Taideteollisuusmuseo, Helsinki; Galerie Curtze, Salzburg. 1997 Galerie Fred Jahn, München; Palazzo del Monte di Pietà, Padova; Galerie Figl, Linz; Galerie Curtze, Düsseldorf. 1996 Galerie Curtze, Wien; Loggia Rucellai, Firenze; Galerie Curtze, Düsseldorf; Galerie “Magari”, Barcelona; Franklin Parrasch Gallery, N.Y. 1995 Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Galerie Curtze, Wien; Galerie Curtze, Salzburg; Museu Textil i d’indumentària, Barcelona; Galerie Zell Am See, Zell Am See; Fonourakis jewellery, Athens; National Gallery of Victoria, Melbourne.


1994 Neue Galerie der Stadt Linz ; Museum Für Konkrete Kunst, Ingolstadt; Galerie Figl, Linz 1993 Museum für Kunst und Gewerbe, Hamburg; Galerie Zaunschirm, Zollikon; Galeria Mauro Brucoli, Milano. 1992 Musée d’Art Moderne et Contemporaine, Nizza; Kunstverein, Düsseldorf. 1991 Galerie für Modernen Schmuck, Frankfurt; Galerie CADA, München; Galerie Thaddäus Ropac, Salzburg. 1990 Galerie Louise Smit, Amsterdam. 1989 Provinciaal Museum Voor Moderne Kunst, Oostende; Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1987 Galleria Stevens, Padua; Galerie Kunstformen Jetz !, Salzburg; Galerie Zaunschirm, Zollikon; Galerie CADA, München; Galerie Lucy Jordan,Oostende. 1986 Galerie VO, Washington. 1985 Galerie Orfrèvre, Düsseldorf. 1994 Galerie CADA, München; Galerie Am Graben, Wien. 1983 Schaufenster Nr. 34 München; Galerie am Graben, Wien; Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1981 Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1980 Art Wear Gallery, New York; Harcus Kracov Gallery, Boston; Galerie Orfrèvre, Düsseldorf. 1977 Stedelijk Museum, Amsterdam; Galerie Nouvelles Images, Den Haag; Gemeentelijke Van Reekum Museum, Apeldoorn. 1976 Electrum Gallery, London. 1974 Galleria la Trinità, Roma. 1973 Galerie Nouvelles Images, Den Haag. 1972 Galerie Nouvelles Images, Den Haag.

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Esposizioni collettive 2012 “4 Padovani 1 Torinese” Maurer Zilioli Contemporary Arts, Brescia; “Giampaolo Babetto & Anna Heindl, GAlerie Sofie Lachaert, Tielrode 2011 “Tefaf ”, Maastricht 2010 “Tefaf ”, Maastricht 2009 “Nuovi Segnali”, Eurema interni, Dolo; “Sill Life”, Galerie Sofie Lachaert, Belgio 2008 “Gioielli d’autore, Padova e la scuola dell’oro” Palazzo della Ragione, Padova; Galerie Fred Jahn, München; “Gioiello Italiano Contemporaneo”, Palazzo Valmarana braga, Vicenza; “Zeitgenössische Schmuckkunst der Italienischen Avantgarde” Galerie Stühler, Berlino; “Eternal Platinum” Triennale di Milano, Milano. 2007 “Glasswear“, Museum of Arts and Design, New York; Gioiello Italiano Contemporaneo, Fiera di Vicenza, Vicenza; “Giampaolo Babetto, Youg-Jae Lee, German Stegmaier e Riccardo de Prà”, Casa Camilla, Arquà Petrarca. 2006 Affaires Culturelle, Cagnes- sur-Mer; Sofa, New York; Marijke Studio, Padova; “Plastica, Oro Contemporaneo” Studio GR 20, Padova; Venice Design Gallery, Venezia; “ Armonici Contrasti” Le Arti Orafe, Firenze; Galerie Marzee, Nijmegen; 2005 Triennale di Milano, Milano; “Trasformations”, National Gallery of Australia, Camberra; Galerie Marzee, Nijmegen. 2004 Galleria Paolo Marcolongo, Padova. 2001 The RISD Museum, Providence; American Craft Museum, New York. 1996 New Times, New Thinking: Jewellery in Europe & America, Crafts Council Gallery, London. 1995 Musee des Arts Decoratives, Lousanne. 1994 “In Touch” de Sandvigske Samliger, Lillehammer; Schmuckszene ‘94, International Schmuckschau, München. 1993 “93 The Art of Jewellery” Japan Jewellery Design Association, Tokyo; “Facet 1” International Jewellery Biennale, Kunsthal Rotterdam. 1993 “13 Goldschmide Von Amsterdam bis Tokyo,” Bayerische Akademie der Schönen Künste. 1992 Triennale du Biyou, Musée des Art Decoratives, Paris; Centrum Beeldende

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Kunst, Grooningen. 1991 “Europäisches Kunsthandwerk; “Haus der Wirtschaft, Stuttgart. 1989-90 Galerie Thaddäus Ropac, Salzburg; Galerie Slavik, Wien; “Gioielli e legature Artisti del XX secolo”, Biblioteca Trivulziana , Milano; Triennale du Bijou, Paris; “Perth International Craft Triennal”, Art Gallery of Western Australia, Perth and Power House Museum, Sydney. 1989 “Ornamenta I°”, Pforzheim. 1988 “Biennale Svizzera del gioiello d’Arte Contemporanea”, Villa Malpensata, Lugano; “Tragezeichen”, Museum Morsbroich, Leverkusen; “Segnali per il corpo 2”, Studio Pao, Milano; Studio GR 20, Padova. 1987 “Schmuck, Zeichen am Körper”, Francisco Carolinum Museum, Linz; “Europea Joieria Contemporània”, Fundaciò Caixa de Pensions, Barcelona; “Aspetti dell’Arte Italiana” Galerie Nouvelles Images, Den Haag; Biannale du Bijou, Paris. 1986 Galerie Van Krimpen, Amsterdam; “Prestige and Art”, Seibu Department Store, Tokyo; XIV Biennale del Bronzetto, Padova; “Nove artisti di scuola padovana” Museo Civico Eremitani, Padova;Art Gallery San Diego State University, San Diego; Croft and Folk Museum, Los Angeles; Concepts Gallery, Palo Alto; Hoffman Gallery, School of Art and Craft, Portland, Oregon; Concepts Gallery, Carmel, California; Bellevue Art Museum, Bellevue. 1985 Geementen Museum, Den Haag; Galerie Nouvelles Images, Den Haag; Galerie Werkstatt, Berlin; “Goldsymposium” Handwerkskammer, Köln. 1984 “Contemporary Jewellery America, Australia, Europe and Japan”, National Museum of Modern Art Kioto and National Museum of Art, Tokyo; “Jewellery International” American Craft Museum, New York. 1983 “International Jewellery Art Exibition”, Isetan Art Museum Tokyo, and Nabio Gallery, Osaka; “10 Orafi padovani” Schmuckmuseum, Pforzheim; Deutsches Goldschmiedehaus, Hanau; Diamanten Museum, Antwerpen;Bellerive Museum, Zürich; “Material” Schmuck und Gerat Sonderschau der Internationale Handwerkmesse, München. 1982 “Schmucktendenzen 1982” Schmuckmuseum, Pforrzeim; “Soggetti d’oreficeria” Museo Civico, Padova. 1981 “Art 12/81 Kunstmesse” Electrum Gallery, London; Gallerie Teufel, Köln. 1980 “ Schmuck International 1900/1980” Künstlerhaus, Wien. 1979 Galerie Thomas, München. 1977 “Schmucktendenzen” Schmuckmuseum Pforzheim. 1975 Galerie Nouvelles Images, Den Haag; ”Form + Qualität” Internationale Schmuckschon. München. 1970 Museum Boymans Van Beuningen, Rotterdam; Arte del Metallo, Gubbio. 1967 ”Form + Qualität” Internationale Schmuckschon. München; Gelleria Bevilacqua La Masa, Venezia. Prizes 2012 Andrea Palladio Iternational Jewellery Awards, Vicenza 2003 RISD New York Athena Awards for “excellent carrier”, Providence. 1998 Ring of Honour “Foundation of the Ring of Honour of the Association of Goldsmiths’Art”, Hanau. 1991 Goldmedaille des Freistaates Bayern, München. 1985 Herbert Hoffmann Preis, München. 1983 Grand Prix, Japan Jewellery Design Association, Tokyo. 1975 Herbert Hoffmann Preis, München. Public Collections Schmuckmuseum , Pforzheim; Collezione Danner Stiftung , Pinakothek Der Moderne, München; Victoria and Albert Museum, London; National Gallery of Western Australia, Perth; Musée des Art Decoratives, Paris; Musée d’Art Contemporaine, Nice;


National Museum of Scotland, Edimburg: Museum für Kunst und Gewerbe, Hamburg; Nordenfieldske Kunstindustrimuseum Trondheim, Norway; Kunstgewerbemuseum, Berlin; Museum Für Konkrete Kunst , Ingolstadt ; Museu Textil i d’Indumentaria, Barcelona; Museum of Art, Rhode Island School of Design, Providence, Rhode Island USA; Museum für Angewandte Kunst, Frankfurt. Grassi Museum, Leipzig. Musei Civici, complesso Museale Palazzo Zuckermann, Padova National Gallery of Australia, Camberra. Museo degli Argenti, Firenze. UniversalmuseumJoanneum, Graz.

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Fausto Maria Franchi nasce a Roma il 9 maggio 1939. La sua formazione, sotto la guida dei Proff. Orlandini e Gerardi, ha luogo presso il M.A.I., Museo Artistico e Industriale di Roma. Il riconoscimento della critica avviene nel 1964 con la prima personale a New York, la realizzazione della legatura per il “Libro d’oro della città di Roma” e il 1° Premio del Concorso Nazionale di Oreficeria. Stimato fra i maggiori esponenti della gioielleria artistica contemporanea per il suo impegno nella ricerca e nella sperimentazione, affascinato dalla materia e dalle sue molteplici possibilità, con un mero movimento che da inventivo si trasforma in creativo, Fausto Maria Franchi tende a trasmettere proprie forme e delicate texture alle superfici del gioiello-scultura. Il museo di Palazzo Massimo, la Galleria Comunale d’Arte Moderna e il museo d’Arte Orientale di Roma, le scuderie di Palazzo Reale di Napoli, il Silver Triennal di Hanau, il museo degli Argenti di Palazzo Pitti hanno ospitato le sue ultime mostre personali. A proposito di Fausto Maria Franchi, Maria Luisa Spaziani un giorno ha scritto: “Stavo per consegnare a Mondatori un nuovo libro di poesie ma nessun titolo sembrava costituire la soluzione ideale. Fausto Maria Franchi senza saperlo me lo offrì in una spilla. Un ovale di giada al centro, e tutt’intorno concentriche onde di un mare in burrasca. L’occhio del ciclone e da allora il suo nome e quello di “poesia” sono strettamente fusi nella mia fantasia” . Attualmente, Fausto Maria Franchi vive e lavora in Roma, via del Clementino, e in Todi. Hanno scritto di lui: Cristina Acidini, Silvana Balbi De Caro, Giovanna Bonasegala, Francesco Bianchi, Gianni Borgna, Ornella Casazza, Luigi Cortesi, Giacomo Cortesi, Manuela Crescentini, Enrico Crispolti, Gabriele De Vecchi, Giovanni Franzoni, Tullio Gregory, Florian Hufnagl, Dacia Maraini, Franco Marrone, Ellen Maurer Zilioli, Francesco Mattioli, Angela Maria Romanini, Lucia Sabatini Scalmati, Giulio Salierno, Sebastian Schadhauser, Maria Luisa Spaziani, Giuseppe Zampino

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Fausto Maria Franchi


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Graziano Visintin 1954 Pernumia (Padova, Italy) 1973 Diploma all’Istituto “Pietro Selvatico” Padova Docente all’Istituto “Pietro Selvatico” , Padova, dal 1976 Vive e lavora a Padova

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PREMI Concorso oreficeria “UNO A ERRE”, Arezzo (I) International Jewellery Art Prize, 5th Tokyo Triennal, Tokyo (J) Herbert Hofmann Preis, Schmuckszene 88, München (D) 3 Preis “ART + DESIGN”, Benson & Hedges Gold, Hamburg (D) 1990 Bayerischer Staatspreis, Goldmedaille, München (D) Honourable Mention „SIGNATUREN“, Schwabisch Gmund (D) 2009 Master prize European Prize for Applied Arts, World Craft Council Belgique Francophone, Mons, Belgium 2011 Primo premio - Premio internazionale Mario Pinton, Padova, Italia MUSEI E COLLEZIONI Collection Marzée, Nijmegen (NL) Die Neue Sammlung, Staatliches Museum für Angewangte Kunst, Design in der Pinakothek der Moderne, Dauerleihgabe der Danner-Stiftung, München (D) Hiko Mizuno College, Tokyo (J) Inge Asembaum, Wien (A) Landesmuseum Joanneum, Graz (A) Musée des Arts Décoratifs - Palais du Louvre, Paris (F) Schmuckmuseum, Pforzheim (D) Studio GR 20, Padova (I) Victoria&Albert Museum, London (GB) Musei Civici di Padova – Museo d’Arte – Arti applicate e Decorative, Padova (I) Museo degli argenti – Palazzo Pitti – Firenze (I) The Alice and Louis Koch collection – Basel (CH) PERSONALI 1984 Galerie Pulitzer, Amsterdam (NL) 1986 Galerie Marzee, Nijmegen (ND) 1987 Galerie Louise Smith, Amsterdam (NL) Galerie Marzee, Nijmegen (NL) 1990 Galerie Treykorn, Berlin (D) 1991 Rarefrazioni, Galleria Civica, Padova (I) 1992 New Jewels Gallery, Knokke Zoute (NL) 1995 Galerie Treykorn, Berlin (D) 1998 Galerie Hélène Porée, Paris (F) Galerie Marzee, Nijmegen (NL) 2004 Galerie Marzee, Nijmegen (NL) 2011 Alternatives Gallery , Roma (I) 2011 Galerie Viceversa, Lausanne (CH) 2012 Galerie Marzee Nijmegen ( NL)


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Loans


Gioielli antichi

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Pendant in gold leaf embossed decoration Circular shake pendant of almost 4,5 cm of diameter with embossed decoration. It has a small extremity furled on itself to permit the suspension through a yarn. It comes from the tomb n. 14 of the Iron Age Necropolis discovered near “Chiane” in Serra d’Aiello Municipality and it can be dated around the beginning of the VIII century b. C. The decoration consists of a series of point, a central stud and a series of circular concentric lines clearly recalling Villanovan culture (Punktbuckelsistem) realized using tools with different kind of tips. It is the ancient pendant existing in Calabria. Lots of comparisons can be done with Iron Age Necropolis discovered in Southern Etruria (for example Tarquinia’s Montarozzi Tomb M11) but also with the ones discovered in Campania (for example Osta di Cuma excavations’ tomb). Almost certainly the pendant has been imported. Inventory and preservation The find has been catalogued by Reggio Calabria Archaeological Superintendence. Inventory’s corresponding number n. 143693 and is kept near Serra d’Aiello Archaeological Antiquarium. (it is not on exhibition) Bibliografia

R. Agostino - F. Mollo ( a cura di) Alla ricerca di Temesa Omerica. Primi dati dalla Necropoli Chiane di Serra d’Aiello. Scilla 2007 F. Mollo Da Temesa a Blanda. Itinerari archeologici lungo la costa tirrenica cosentina. Reggio Calabria 2011 G. F. La Torre (a cura di) Dall’Oliva al Savuto. Studi e ricerche sul territorio dell’antica Temesa. Atti del Convegno. Amantea 15-16 Settembre 2007. Pisa-Roma 2009 Autore scheda Francesco Froio (Serra D’aiello Archaeological Antiquarium)

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The jewels exhibited in this show case, even if not in gold, are representatives of the woman belonging to one of the most ancient populations that lived in Calabria, the Oenotrians. Mainly are objects in bronze that may be datable around the Iron Age (870-720 b.C.) discovered in the tombs of Torre del Mordillo necropolis (Spezzano Albanese – CS) in 1888 and belonging to Cosenza Bretti and Enotri Museum’s collection. Objects of the funerary kit and worn on the funerary dress, testifying in their quantity, the social status and the role played in the society by the dead. Buckles, of different dimension and shape, to fix dresses, combs, necklaces, leaf ’s belt, bracelets, yarn rings for hands and ankles, circular necklace’s pendants or with xylophone shape those are the objects on exhibition. Particularly used were also glass pearls, made with a resin with which produce jewels and amulets. The one exhibited here are only a part of the rich funerary kits discovered near Torre del Mordillo 230 tombs, nowadays exhibited near Cosenza’s Bretti and Enotri Museum; even if in few exemplars they give the idea of Iron Age craft’s culture in Calabria and Oenotrian woman taste for fashion while choosing personal ornaments often “modern and harbingers, in some decorative patterns, of the next craft’s tradition.


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Reliquary Cross Astile Cross Embossed, chiselled silver and polychromatic stones on a wooden structure. Cm 50x41 14th century Silversmith from the South San Marco Argentano (Cosenza). Treasure of the Cathedral. The Cross with a latin shape, of embassed, chiselled silver and polychromatic stones was created in the 14th century and contains signs of gilding. According to the most ancient sources (Martire 1877; Cristofaro 1900) the cross would have been donated to the Church of San Marco by the Abbot Tommaso, Abbot of the Cistercian Monastery of Santa Maria della Matina, diocesan centre from 1321 to 1348. These sources, supported by the presence of signs of tampering, remind the presence of an inscription that indicates the year 1308 on the Cross, coherent with the stylistic references of the Southern Italy, and the name of the giver probably written on the lost plate. The Contemporary criticism (Cappelli 1925; Lipinsky 1966-67, 1972-73; Leone 2006) considers that the work of this Cross of San Marco Argentano is related to an anonymous silversmith who came from the South. He probably was influenced by an artistic tradition that developed in the northern part of Calabria, beyond the borders of Lucania and Cilento. “[…] of a particular artistic tradition that was expressed between Stone-cutters , architects, organ-builders and almost certainly between Goldsmiths and Silversmiths” ( Lipinsky 1961, pp 37-38). Lipinsky (1966-67; 1972-73) like Cappelli (1925) links this tradition to the mines, scattered all over the calabrian territory, giving leadership to the activity in Longobucco (Cosenza) Melissa Acquesta

Calcara Monstrance Embossed, chiselled and engraved gold Marks and emblems: Mons. Calcara Emblem 20th century (dated 1947) Cosenza, Museo Diocesano (Diocesan Museum) The monstrance , coming from Museo Diocesano (Cosenza), was commissioned by S.E. Mons. Aniello Calcara, Bishop of the Diocese of Cosenza at that time (1940-1961) and it was created in 1947 on the occasion of the third Regional Eucharistic Congress, where the first Holy Art Exhibition of Calabria took place. This work of art contains a lot of theological elements: we can observe the shape of the Cross that underlines the Sacrifice of God , the presence of the shape number 8 that captures our attention and refers to the Height of God and also the shape number 3 (or better trinitarian number) through the use of three-pointeddecorations in the shrine that contains the consecrated host, with a circular shape, symbol of the sol invictus. Gemma Anais Principe


Necklace

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The necklace ex voto to Madonna del Pilerio cult, Patron of Cosenza, is created with the chained net stitch technique with four yarns near the neck going wider until counting six. All over the necklace are putted 20 circular elements ending in the flower placed at sitch’s centre decoration made up by a six prismatic petals corolla and circular stylet. Small spherical “drops” elements are alternated on necklace’s sides, becoming less frequent while rioining the central part. From researches developed on archive’s documents, testaments and Monti di Pietà registers we nok how such ornaments were used in particular moments: engagements, marriage, widowhood and so on. Even if main part of the finds have unreadable identificatory marks or doesn’t have it at all, making impossible the identification of the places of production, and are so few the witnesses useful to recreate the historical path and, in any case,everithing we know is subjected to taste’s change and the need of reuse old things to “renew” so what happen is that main part of the objects were melted to create new jewels. We know that there “rules” were respected more by low social classes than the others that, having more economic possibilities, could buy more than a necklace apart from the marriage one, the one made in red coral with apotropaic function was used everyday and together with th seed-pearls one was the base of the dowry of a onest and worker woman with poor origins. In popular tradition the necklace was bride’s most wanted jewel; it was doneted by her mother in law some days before the marriage and its was symbol of the relation between the two families apart from the social value. It represented the new role: the one of future mother and family’s continuer. Melissa Acquesta

Bracelet Chiseled and engraved gold, oro cesellato e bulinato, decorated small plates XIX-XX century southern Italy goldsmith Cosenza, Cathedral’s treasure The bracelet ex voto to Madonna del Pilerio cult, Patron of Cosenza, is worked with small rectangular plates placed side by side and linked one to the other with interior pins. The recto is decorated in transversal way between rhomboidal elements with a centrel four petal flower linked by a twisted thread decoration having, near the sides, grapevines leave. The rest of the surface presents a “fishbone” decoration diagonal to the central axes. Another floral element decorated as all the others is placed, in specular way to jewel’s top so to give shape to a flower when clasped, the outlined border is made up in twisted thread. The bracelet, the less used ornament and the rarest to find in popular goldsmith’s art, priviledge, for a long time of the richest social classes, started to be used by everyone at the end of the Nineteenth century, must be considered an ornament more suitable to middleclass ladies, opened to fashion, changes, that has more economic possibilities, far from reuse logic that condamned ancient gold to be melted in order to create new jewels respecting the coeval teste. Gemma Anais Principe

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gold, chained net stitch, meltedd elements XIX-XX century Southern Italy Goldsmith Cosenza, Cathedral’s treasure


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Earrings Gold, small seed- pearls, rubies beginning of the XIX century Neapolitan goldsmith Pushers : unreadable on earrings and clasps Cosenza, Cathedralìs treasure The earrings ex voto to Madonna del Pilerio cult, Patron of Cosenza are made up by a clasp which shape is a double corolla with a six petals flower, in the typical Neoclassic “sunflower” style, to which is fixed a central ribbon shape pendant, clear bridal symbol referring to lovers union wished to be always strong as knots between the new couple; traditionally the earrings were the gift done by the fiancé to his loved when he asked for her to become his bride. From tips extremities asmall flower corolla points out the clasp with two pendant elements a little bit more extended derived by the clasp, then a third corolla, the biggest one, is fixed to ribbon ends centre, the earrings are filled with small violet rubies lightening the ribbon centre s and putting space between the petals, decorated with small seed pearls covering the entire surface, testifying woman social status

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Melissa Acquesta

General

O. Cavalcanti, Ori antichi di Calabria – segni simboli funzione, Palermo, 1991 D. Pisani (a cura di), Il gioiello popolare calabrese, Napoli, 1997. D. Pisani, I gioielli nell’iconografia femminile calabrese, in L. Lenti (a cura di), Gioielli in Italia, Donne e ori. Storia, arte, passione, Venezia, 2003



Si ringrazia il Presidente della Provincia di Cosenza per l’attenzione profusa alla crescita culturale del territorio. Si ringraziano il Soprintendente ai beni archeologici della Calabria e il Soprintendente ai beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria per il sostegno dell’iniziativa e l’intensa partecipazione, nonchè le rispettive Istituzioni per la fattiva collaborazione. Un ringraziamento ai Direttori dei Musei della Rete Museale della Provincia di Cosenza che hanno concesso in prestito le loro opere, al direttore e alla presidente del parco nazionale della Sila, ai Sindaci e agli Assessori dei Musei prestatori, ai Vescovi e, in particolare alla Curia arcivescovile di Cosenza-Bisignano e alla Curia vescovile di San Marco Argentano. Un ringraziamento ai protagonisti dell’esposizione, i valenti orafi della provincia di Cosenza: Paola Righetti, Francesca Ricioppo, Giovan Battista Spadafora, Monica Spadafora, Antonio Perri, Anna Perri, Luca Angotti, Salvatore Crivaro, Francesco Iorio, Sandro Prandina, Luigi Filippelli, Domenico Tordo, Francesca Tocci, Sergio Mazzuca. Un ringraziamento ad Alessandro Baldoni per avere accolto l’invito ed esser giunto, da Borgo degli Orefici a Napoli, all’antica Via degli Orefici di Cosenza. Si ringraziano gli artisti/orafi Gianpaolo Babetto e Graziano Visintin per avere dato immediato credito al progetto ed avere dimostrato intensa partecipazione. Un ringraziamento e un sincero saluto a Fausto Maria Franchi e Lucia Salmati per la disponibilità che hanno spontaneamente donato all’iniziativa e per la ricchezza degli scambi intercorsi. Un ringraziamento ad Aurelio Franchi, Presidente del CNA di Arezzo e Vice-presidente della sezione artistica per aver creduto nell’iniziativa, sperando di poterla sempre arricchire negli anni a venire. Grazie a Belmira De Rango, Melissa Acquesta, Gemma Anais Principe, Laura Verta e Ramona De Cello, Pino Iannelli, Luigi Rinaldi, Andrea Vizzini, Mariuccia De Vincenti, Maria Carbone.




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