Comunicato stampa “Il Disegno dello scultore” Progetto espositivo ideato da Sergio Risaliti A cura di Eva Francioli, Francesca Neri, Stefania Rispoli 21 aprile 2018 – 12 luglio 2018 Museo Novecento - Firenze Firenze, 20 aprile 2018 - Fiore all'occhiello del nuovo corso del Museo Novecento è la mostra ideata da Sergio Risaliti e curata da Eva Francioli, Francesca Neri e Stefania Rispoli, intitolata “Il disegno dello scultore” (21 aprile – 12 luglio), prima di una serie di esposizioni che si focalizzeranno sul disegno come espressione creativa, “padre e madre di tutte le arti”. La mostra Il Museo Novecento avvia un progetto espositivo pluriennale che si fonda sull’idea di disegno in rapporto alle altre discipline artistiche o scienze. In occasione della prima mostra “Il disegno dello scultore” - dislocata nelle sale al primo piano del Museo Novecento, ora trasformate in nuovo spazio espositivo - saranno presentate opere grafiche firmate da Adolfo Wildt, Jacques Lipchitz, David Smith, Louise Bourgeois, Luciano Fabro, Rebecca Horn e Rachel Whiteread, alternando figurazione e astrazione, studi sul corpo e indagini sullo spazio, schizzi e progetti. Dai primi anni del Novecento ai nostri giorni, a dare conto della creatività artistica in “casa” dello scultore e in epoche diverse: dalle prove “simboliste” di Adolfo Wildt (Milano, 1868-1931), maestro di Fontana e Melotti, a quelle cubiste di Jacques Lipchitz (Druskininkai, Lituania, 1891Capri, 1973) alle invenzioni segniche-gestuali di David Smith (Decatur, Indiana, 1906Bennington, 1965) il principale scultore della generazione dell'Espressionismo astratto, e fino ai disegni propedeutici di Raquel Whiteread (Ilford, 1963), giovane erede della grande tradizione plastica anglo-sassone, per la quale “i disegni sono il diario quotidiano del lavoro”. Completano il percorso i disegni di Louise Bourgeois (Parigi, 1911-New York, 2010), la cui verve grafica trascina sulla carta psicosi e ossessioni tipiche anche della sua scultura; quelli privati e poetici di Luciano Fabro (Torino, 1936-Milano, 2007), per il quale il disegno è una ginnastica della mano e della mente, del tatto e dello sguardo; quelli di Rebecca Horn (Michelstadt, Hesse, Germania, 1944), da sempre ossessionata dal disegno interpretato come manifestazione artistica immediata e libera. Accanto alle opere saranno esposte in alcuni casi sculture, nonché materiali di documentazione (film e documentari su ognuno dei sette artisti) che contestualizzeranno i disegni sia all’interno della ricerca e della pratica dei singoli artisti, sia in una riflessione più ampia sulla processualità artistica e sul rapporto tra invenzione ed esecuzione. “Strumento volto ad una prima, essenziale, definizione visiva del pensiero – spiegano le curatrici - il disegno ha avuto sin dall’antichità un ruolo fondamentale nell’ambito della creazione artistica, rappresentando sia un elemento imprescindibile della progettualità, che una forma espressiva autonoma. Storicamente, e in particolare a partire dal Rinascimento, la tradizione artistica toscana e fiorentina ha posto grande attenzione al valore concettuale e costruttivo della creazione grafica, giudicata fonte e corpo, padre e madre di tutte le arti. Un primato, non solo cronologico o meccanico, come era stato fino a tutto il Trecento, ma perfino etico e propedeutico nella formazione degli artefici, sancito con la nascita, ad esempio, a metà del Cinquecento dell’Accademia delle Arti del Disegno. Nell’arco del Novecento il disegno è entrato di diritto nella pratica di molti artisti e nella medialità pittorica, acquisendo sempre maggiore autonomia. Negli ultimi decenni molti musei hanno dedicato attenzione a questo mezzo, da un lato riconoscendo al disegno un ruolo sempre meno marginale all’interno della storiografia artistica, dall’altro facendone una chiave di lettura e
di interpretazione spesso inedite del lavoro di molti artisti”. Il disegno dello scultore si propone così di analizzare e rimettere in gioco fondamenti e modelli propri dell’esperienza artistica e più in generale delle culture visive moderne e contemporanee attraverso segni, disegni, schizzi e abbozzi che dall’inizio del ‘900 giungono sino alla contemporaneità. Ricerca, analisi e studio delle immagini sono tutti insieme le basi di questo progetto espositivo che nella sua prima fase coinvolgerà artisti scultori di diversa generazione e cultura, ma che nei suoi sviluppi successivi alternerà focus monografici a ulteriori campionature e soprattutto a nuove incursioni nei campi della pittura e dell’architettura, della scienza e della letteratura. A proposito del disegno “È la più profonda tra tutte le attività, quella del disegno, e la più impegnativa - ha scritto John Berger - proprio quando disegno mi rammarico delle settimane, forse degli anni che ho sprecato. Se, come nelle fiabe, io potessi concedere un dono a un ragazzo che diventerà pittore, gli concederei una vita lunga, in modo che egli possa impadronirsi di questa attività del disegnare”. Di questo stesso avviso – spiega Sergio Risaliti - sono stati Cennino Cennini, Ghiberti e molti altri teorici dell’arte nei secoli passati. Serve ricordare che Michelangelo già bambino “attendeva a disegnare... imbrattando dei fogli”, e che con questo dono ‘divino’ venne istradato all’arte nella bottega di Davide Ghirlandaio, dove per l’appunto fece inviperire il suo maestro: “Ora advenne che, lavorando Domenico la cappella grande di Santa Maria Novella, un giorno ch'egli era fuori si mise Michele Agnolo a ritrarre di naturale il ponte con alcuni deschi, con tutte le masserizie dell'arte, et alcuni di que' giovani che lavoravano. Per il che, tornato Domenico, e visto il disegno di Michele Agnolo, disse: “Costui ne sa piú di me”; e rimase sbigottito della nuova maniera e della nuova imitazione che, dal giudizio datogli dal cielo, aveva un simil giovane in età cosí tenera, ch'invero era tanto quanto piú desiderar si potesse nella pratica d'uno artefice che avesse operato molti anni”, narra Giorgio Vasari. Come è noto, il Buonarroti non cessò mai di scolpire e disegnare: perfino negli ultimi mesi della sua lunga vita, quando le forze lo stavano abbandonando ma l’immaginazione era potente, tratteggiò mirabili figure con la mano tremolante. E proprio Michelangelo, il grande scultore – anche poeta, pittore e architetto - aveva le idee chiare circa il primato del disegno su tutte le altre arti. Francisco de Hollanda, scrittore e pittore nato in Portogallo, ma attivo a Roma a metà del Cinquecento, fa dire al Buonarroti nel terzo dei suoi Dialoghi (1548): “Il disegno, che con altro nome chiamiamo tratto, è quello in cui consiste ed è la fonte e il corpo della pittura, della scultura, della architettura, e di tutti gli altri generi d’arte, e la radice di tutte le scienze”. L’iniziazione del genio fiorentino rinvia a quella di un artista del XX secolo, Adolfo Wildt che faceva rimontare all’infanzia la sua “mania dell’arte”, quando se ne stava “chino sopra ogni straccio di carta con un pezzo di matita o carbone in mano”.