Trimestrale di informazione dell’Associazione Italiana Diabetici Anno XIII n°3 - Luglio-Settembre 2007 Spedizione in abbonamento postale - 45% - Art.2, comma - Legge 622/96 - Filiale di Roma
AID, una crescita faticosa che ci riempie di orgoglio
U
n anno importante, forse addirittura il più importante per l’AID, quello appena trascorso. In questo anno abbiamo assistito a tanti cambiamenti riguardo l’operato dell’Associazione. Abbiamo dimostrato – in primis a noi stessi – che noi dell’Associazione siamo capaci di procedere nella realizzazione degli obiettivi statutari, sempre validi ed attuali, seguendo e mettendo in pratica gli insegnamenti ed i Consigli di chi ci ha preceduto. Da Marzo ad oggi molte cose sono state realizzate: è stato portato a compimento il 3° volume del Buon Compenso Metabolico del Diabete che AID, ed AMD – SID e FAND insieme ad IDF stanno disegnando negli ultimi 2 anni; è stato pubblicato l’estratto del progetto DAWN che AID insieme a NOVO ed ad altre associazioni di pazienti ha provveduto ad elaborare; la NS Associazione anche per quest’anno è stata collocata a pieno titolo tra le entità importanti del pianeta – diabete in Italia per la realizzazione della Giornata Mondiale tenutasi il 14 Novembre. Quanto detto finora dimostra quanto grande è l’impegno che ci vede i consiglieri tutti del nuovo direttivo e sacrificare molta della nostra attività professionale ai fini di realizzare gli scopi preposti. Un ringraziamento particolare ci corre l’obbligo inviarlo alla dott.ssa PAOLA RIZZOLI che per tanti anni ha saputo dirigere degnamente l’Associazione in tutte le sedi dove era necessario rappresentarla. Un plauso ed un saluto infine alla TIPOGRAFIA NGE ed al direttore TOMMASO MARRONE che hanno saputo condurre la rivista AIDID fino ad Oggi ed un grazie anticipato invece alla nuova gestione tipografica che non sarà sicuramente da meno in quanto la nuova veste grafica di questo numero che stà uscendo in stampa ne è una degna testimonianza. GRAZIE A TUTTI Il Presidente Dott. RAFFAELE SCALPONE
AGENDA
All’interno pag.3
- Il Cardiologo “Cuore a... rischio nei diabetici” dott. Massimo Romano
pag.4
- Il Chirurgo “Col bisturi non si cura il diabete” di Monica Bottino
pag.6
- L’Oculista “La retinopatia diabetica, diagnosi e terapia”
• Brescia, 21-23 gennaio 2008 Formare per accreditare. Una opportunità per migliorare U.O. di Diabetologia e Malattie Metaboliche, Ospedali Civili. Per ulteriori informazioni: Associazione Medici Diabetologi (AMD) Sezione Lombardia
dott. Luca Iacobelli
pag.8
- Chimica “Un virus all’origine del diabete di Tipo1”
pag.10
- Studi&ricerche “Possiamo salvarli...?”
pag.13
- Psicologia “Il dialogo e la vita” dott. Raffaele Scalpone
pag.14
- Scienza “Nuove esperienze nel trattamento del diabete mellito” dalla redazione
• Rieti, 31 gennaio 2008 Diabete di tipo 2: integrare l’esercizio fisico alla terapia farmacologica Presso la Sala mostre fondazione Varrone, via dei Crispolti, 22 Per ulteriori informazioni: Balducci Stefano via della Nomentana, 27 Tel. 0690080260, fax 0690080235, cell. 3891828041 e-mail sbalducci@esinet.it
2
AnnoXIII - n°3 - 2007
Una donna racconta... il mio uomo ha il diabete Mi sono decisa a scrivere queste righe per inviare un messaggio a tutti coloro che si trovano nella mia situazione: avere un partner diabetico. L’ho conosciuto due anni fa sul posto di lavoro era, un ragazzo molto riservato; una mia collega si è subito premurata di specificare che “ha il diabete!!” (Neanche avesse, che so, una maledizione....) Io ho semplicemente commentato “Ah.”, visto che avevo ben altri pensieri per la testa (una relazione che faceva acqua da tutte le parti). Alcuni mesi dopo chiudo la relazione che avevo e inizio a frequentare questo ragazzo, ed a gennaio ci siamo messi assieme. In tutto questo tempo mai una parola sul diabete. Finchè una sera ha deciso di “confessarmelo”. Da lì è iniziata la mia ricerca, in cerca di informazioni precise e utili per farmi un’idea del suo “piccolo disagio” (come lo chiama lui). Da quel giorno è passato tanto tempo, ne abbiamo parlato altre volte e talvolta
CONSIGLIO DIRETTIVO A.I.D
ci scherziamo anche. Morale della favola? Cari partner di diabetici, non abbiate paura! Non fatevi mai condizionare dai “sentito dire”, fregatevene di quello che dice la gente, che è spesso ignorante e cattiva. Portate pazienza se il/la vostro/a partner a volte è irritabile senza motivo, se si sente a disagio, se non ama parlare di questo. Cercate di essere disponibili, di andare incontro alle loro esigenze; informatevi, fate capire alla persona che vi sta accanto che non la giudicate, ma che cercate solo di capire meglio la situazione. Nel mio caso, dopo la resistenza iniziale, mi sono fatta spiegare come si misura la glicemia, come si fa un’iniezione, come agire in caso di ipo e iper glicemia. Risultato? Siamo entrambi contenti felici innamorati e più sicuri: io perchè so cosa fare in caso di emergenza; il mio ragazzo perchè sa di avere accanto una persona che può aiutarlo in caso di necessità.
Annamaria
“Sono come gli altri anche se sono diabetico” Mi chiamo Alessio sono romano ed ho scoperto di avere il diabete da 4 anni, il mio contatto con la malattia per la verità è stato molto più difficile di quanto pensavo, soprattutto perchè devo conviverici ed ha cambiato il mio stile di vita ed abitudini. Poi penso peròdi essere sempre l'Alessio che ero quando non avevo il diabete... Mi domando quando sarò vecchio cosa mi porterò dietro, i ricordi del mio diabete??????......
a questo non vorrei pensarci perchè la vita siamo noi stessi non il diabete, sempre presente nelle cose che facciamo, anche nelle più banali di questo mondo. Comunque grazie alla medicina che sta dando frutti buoni, penso che il disturbo che abbiamo, il diabete, forse non l'avremo più, ma per il momento penso che bisogna vivere e godere la vita, con un sorriso che ci faccia dire: “ sono come gli altri”.
Alessio
Periodico trimestrale dell’Associazione Italiana Diabetici
Direttore responsabile
Daniele Comparon Comitato di redazione
Raffaele Scalpone Marisa Pentori (segretaria)
Leonardo Girardi
Stampa Lodigraf 2 via Giovanni XIII snc 00018 Palombara Sabina (Roma) Registrazione
Tribunale di Roma n.325/93 del 22/07/93
Presidente Raffaele Scalpone Vice presidente Cosimo Pennetta Segretario Leonardo Girardi Consiglieri effettivi Giovanni Carru Luigi Donara Leonardo Girardi Roberto Iori Tommaso Marrone Alessandro Nardini Cosimo Pennetta Internet www.assitdiab.it COMITATO SCIENTIFICO A.I.D. DIRETTORE SCIENTIFICO: Alberto Fidanza Presidente Fondazione Alberto Fidenza COMPONENTI: Roberto Bartolucci • Chirurgo Vascolare Azienda S. Camillo -Roma • Docente I Scuola Specializzazione in Chirurgia Vascolare - “La Sapienza” - Roma Giovanni Gasbarrini • Direttore Istituto Medicina Interna e Geriatria del Policlinico Gemelli - Roma Carlo Teodonio • Diabetologo Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina “San Giovanni Calibita” • Direttore Sanitario Associazione Italiana Diabetici Giuseppe Visco • Professore di Malattie Infettive Università di Roma - tor Vergata Francesco Tucci • Oftalmologo Presidente Società Italiana di Oftalmologia Legale Ai sensi della legge n.675/96 (tutela dati personali) si garantisce la massima riservatezza dei dati personali forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, o di opporsi al trattamento dei dati che li riguardano, scrivendo a: A.I.D. - Via della Scrofa, 14 - 00186 -Roma
(coordinatore)
Direzione, Redazione
Via della Scrofa, 14 00186-Roma Tel 06.68803784 fax 06.68803784 email assitdiab@tiscalinet.it
Contributo ordinaria: euro 52 Contributo sostenitore: euro 100
Associazione Italiana Diabetici 00186 Roma - Via della Scrofa, 14 c/c Postale n. 59918003
Finito di stampare nel mese di novembre 2007 Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne comporta la responsabilità personale
AnnoXIII - n°3 - 2007
3
Cuore a… rischio nei diabetici Ben ill 77% dei ricoveri ospedalieri di soggetti diabetici avviene per complicanze dovute a malattie cardiovascolari, mentre il restante 9% è determinato da altre cause. ¬ Dottor Massimo Romano ¬ ¬ Cardiologo (Consulente responsabile della branca cardiovascolare dell’AID) ¬
L
e malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di mortalità nei pazienti diabetici. Infatti, studi recenti effettuati dall’Osservatorio Nazionale della Sanità, hanno rilevato che il 77% dei ricoveri ospedalieri del soggetto diabetico avviene per complicanze dovute a malattie cardiovascolari, mentre il restante 9% è determinato da altre cause. Le malattie cardiovascolari, dunque, rappresentano la principale causa di mortalità nel diabete, ogni diabetico diagnosticato, ad esempio, dopo 20 anni avrà una probabilità del 60% di morire a causa di un incidente cardiovascolare. Bisogna però fare una distinzione tra la cardiopatia che colpisce il soggetto affetto da diabete insulino-dipendente di tipo I e quello non insulino-dipendente di tipo II. In entrambe le forme il primo segnale e l’aggravarsi della cardiopatia dipendono dal cattivo controllo del diabete e dalla conseguente prolungata esposizione del diabetico alla iperglicemia cronica. I pazienti diabetici, difatti, vanno incontro in misura maggiore di altri ad un processo di ispessimento del proprio albero circolatorio vascolare arterioso (vasculopatia aterosclerotica) rispetto ai loro coetanei non malati. In proposito la comunità medica internazionale ha ancora pochi dati a disposizione per supportare un nesso causale tra la durata del diabete, il grado di iperglicemia ed il grado di estensione della malattia aterosclerotica vascolare. E’ stato, comunque accertato, che la somma di più fattori di rischio, quali: fumo, ipertensione, elevato tasso nel sangue di trigliceridi e di colesterolo, possano accelerare l’insorgenze di aterosclerosi dei vasi sanguigni del diabetico, ossia, il loro progressivo indurimen-
to. Oggi, grazie all’efficacia della terapia sul controllo della glicemia, i pazienti diabetici sopravvivono alla loro malattia e godono di apparente buona salute per lunghi periodi di tempo. Tuttavia, a
A causa della neuropatia il dolore al torace in corso di ischemia delle coronarie o di infarto conclamato del cuore, nel diabetico, può anche non essere avvertito. dispetto dall’apparenza, il cuore e le arterie vengono danneggiati in maniera subdola e continua dai processi aterosclerotici solo parzialmente conosciuti. Ed infatti, dopo 20 o 30 anni dall’insorgenza del diabete,le manifestazioni cliniche ai danni della vascuolpatia emergano lungo tutto l’albero circolatorio con particolare interessamento dei vasi sanguigni che irrorano il cuore, facendo insorge una cardiopatia. Inizialmente il danno che interessa le piccole arterie del cuore produce solo occasionalmente una rilevanza clinica significativa, ad esempio, dolore al torace dopo lo sforzo. Solo quando il
danno arriverà ad interessare una grossa arteria coronaria del cuore (coronaropatia) allora si giunge all’infarto. Il dolore al torace in corso di ischemia delle coronarie o di infarto conclamato del cuore, nel diabetico, può anche non essere avvertito perché silente, questo perché molti diabetici sono affetta da “neuropatia autonomia”, ossia, la perdita di sensibilità ad avvertire il dolore da parte dei nervi che innervano il cuore, danno provocato dalla cronica esposizione alla iperglicemia propria del diabete. Pertanto, considerata l’elevata frequenza con qui si manifestano questi problemi cardiaci nei diabetici, è necessario che il diabetologo, dinanzi al verificarsi di un possibile danno cardiaco invii il malato presso il centro cardiologico di riferimento per i controlli e le verifiche del caso. Oggi, in proposito, è disponibile un’ampia gamma di tests cardiologici per fare diagnosi immediate dell’insorgenza di disturbi cardiaci in un soggetto affetto da diabete. Nessun test, però, fornisce la possibilità di studiare direttamente la presenza o l’assenza di alterazioni delle coronarie del cuore. Molto si sta facendo in ambito cardiologico per migliorare la prognosi del soggetto diabetico colpito da infarto, numerosi, a riguardo, sono gli schemi terapeutici e le terapie innovative introdotte per migliorare la qualità della vita del diabetico nel post-infarto. Nel 1956, ad esempio, un diabetico su tre decedeva entro un anno dalla dismissione ospedaliera, negli anni ’90 questo tragico rapporto si è ridotto ad uno su dieci. Punto fermo, rimangono, le linee guida che ogni cardiologo esperto di problemi cardiaci nei diabetici dovrebbe seguire, ossia: Esame coronografico in caso di angina instabile o spontanea durante il test di sforzo; Intervento di rivascolarizzazione mediante by-pass o angioplastica. Identica sequenza diagnostico-terapeutica dovrebbe essere applicata al paziente diabetico infartuato.
4
AnnoXIII - n°3 - 2007
«Col bisturi…. non si cura il diabete» Uno studio pilota dell’ospedale San Martino di Genova è diventato un caso nazionale. Chirurghi e specialisti divisi sull’estendibilità dell’intervento sul pancreas attuato sugli obesi anche alla terapia del diabete ¬ Di Monica Bottino ¬
«
Il diabete non si può guarire affidandosi al bisturi...». L’ha affermato il dr.Raffaele Scalpone, presidente dell’Aid, l’Associazione italiana per la tutela degli interessi dei diabetici, che riunisce insieme medici e pazienti nella lotta contro una delle malattie più gravi e invalidanti del nostro millennio. A suscitare la reazione dello specialista sono state le ultime notizie arrivate proprio
pe ed infondate aspettative. «Sono settimane - spiega il dottor Scalpone - che siamo tempestati di telefonate da parte dei nostri pazienti che ci chiedono di essere sottoposti subito ad intervento chirurgico. Personalmente, dopo l’uscita dei primi articoli giornalistici che illustravano e presentavano l’operazione come la cura definitiva per il diabete, in grado di evitare per sempre le
ta grassi e farinacei, più tardi di quanto avviene in una digestione normale, un’intuizione che rappresenta una rivoluzione mondiale nella terapia dell’obesità. In pratica, si riduce in maniera significativa l’assorbimento di grassi e zuccheri, e chi prima era obeso non solo dimagrisce mangiando quello e quanto… vuole, ma elimina il rischio di ammalarsi di diabete. Inoltre il chirurgo genovese ha presentato i risultati di uno studio pilota che rivela come sei pazienti operati, a soli quattro mesi di distanza, siano guariti del tutto o abbiano già ridotto il diabete a uno stato «sotto controllo». «Ma guariranno del tutto anche loro - afferma Scopinaro che, in primavera guiderà uno studio multicentrico nel quale saranno coinvolti diversi ospedali italiani - Posso affermare di avere guarito sette diabetici con la chirurgia già vent’anni fa.
Applicare la chirurgia alla terapia del diabete. “Il sistema migliore – replica il dr. Raffaele Scalpone, presidente dell’Aid – resta la prevenzione”
da Genova dove il chirurgo Nicola Scopinaro, noto in tutto il mondo per aver inventato l’intervento di diversione bilio-pancreatica per la cura dell’obesità, ha lanciato una nuova, affascinante, sfida: applicare la chirurgia anche alla terapia del diabete. Una “promessa” di guarigione che, secondo i diabetologi, ha creato trop-
terapie e un certo stile di vita, ho ricevuto fino a duecento chiamate in un solo giorno... È chiaro che adesso serve chiarezza, per non ingenerare false aspettative». L’intervento ideato da Scopinaro prevede, grazie alla tecnica chirurgica, di portare i cibi a contatto con la secrezione bilio-pancreatica, che trat-
E, su questo argomento, ho già pubblicato i miei risultati…». «Chi il diabete già ce l’ha non può guarire - replica Scalpone - e inoltre non si può pensare di trattare tutti i due milioni e mezzo di diabetici italiani con questo approccio medico. L’unico sistema che assicura risultati concreti, resta la prevenzione, quella si che può aiutare». Il dr. Scalpone , infatti, insieme alla sua Associazione e ad altri specialisti ha presentato una guida alla prevenzione e alla cura del diabete che verrà distribuita a partire dalla metà di dicembre a tutti i medici di medicina generale.
AnnoXIII - n°3 - 2007
5
«E’ un intervento rischioso» Esistono metodi più semplici e meno pericolosi per ottenere gli stessi risultati: mangiare porzioni più piccole, ad esempio, aumentare le fibre alimentari, diminuire i carboidrati semplici e gli zuccheri
«
Non raccomanderei mai a un diabetico di sottoporsi a un intervento chirurgico per curare la sua malattia, se non in caso di grave obesità”: è l’opinione di Jakko Tuomiletho, Professore di Sanità Pubblica dell’Università di Helsinki, uno dei massimi esperti mondiali di diabete. Commentando il recente annuncio sulla possibilità di guarire il diabete di tipo 2 attraverso un intervento di diversione bilio-pancreatica, Tuomiletho ha affermato che “….tecnicamente l’operazione può portare alla riduzione dell’assorbimento di glucosio e all’abbassamento della gli-
cemia dopo il pranzo. Tuttavia, esistono metodi più semplici e meno pericolosi per ottenere gli stessi risultati: mangiare porzioni più piccole, ad esempio, aumentare le fibre alimentari, diminuire i carboidrati semplici e gli zuccheri; poi abbiamo i farmaci. Inoltre non dobbiamo dimenticare che la chirurgia bariatrica (quella finalizzata alla riduzione del peso) è sempre fonte di potenziali complica-
zioni, tra le quali devono ancora essere studiate quelle a lungo termine sul “cattivo” assorbimento che l’intervento produce. Il rapporto rischio-beneficio dell’operazione, infatti, deve essere valutato con estrema attenzione: è una tecnica difficile e se il chirurgo non è più che esperto, ossia, non ha eseguito almeno 200 interventi, il rischio è troppo elevato”.
Eventi
L’impegno dell’Europa, diabete day Lo scorso14 novembre a Strasburgo bambini e ragazzi provenienti da tutti gli stati dell’Europa Unita hanno rappresentato la loro dura esperienza di diabetici
I
l “World Diabete Day” è stato celebrato lo scorso 14 novembre a Strasburgo da bambini e ragazzi provenienti da tutti gli stati dell’Europa Unita. A rappresentare l’esperienza dei ragazzi italiani è stato Luca, 12 anni d’età e da cinque anni affetto dal diabete. Ha sventolato la sua bandiera tricolore assieme agli altri bambini e ragazzi europei (di età compresa, tra
uno e 28 anni) sotto il cerchio blu posto all’ingresso dell’edificio principale, ha raccontato assieme a tutti gli altri la sua esperienza ed infine, ha offerto ad alcuni membri italiani del Parlamento Europeo la spilletta commemorativa formata da un cerchio blu, chiedendo di indossarla a testimonianza dell’evento. Giulio, il papà di Luca, ci racconta: “Come genitore ho avuto dei colloqui con alcuni parlamentari che ci hanno ricevuto, dimostrando grande sensibilità al problema. Inoltre, va sottolineato che la comunità Europea investe somme ingenti nella ricerca e che si deve cercare di attingerne, in particolare, per la ricerca sul
Diabete”. Per quel che riguarda l’impegno ufficiale del Parlamento Europeo, è stato firmato un documento preparato insieme dai rappresentanti IDF ed ISPAD, in cui impegna la Comunità su alcuni punti specifici (raccogliere dati sulla situazione attuale soprattutto sulla gestione del Diabete nelle scuole, sviluppo ed implementazione di programmi educazionali, campagne di informazione sui bisogni dei bambini con Diabete e loro famiglie, facilitare scambi di informazione e protocolli tra i paesi membri, includere i bisogni dei bambini con Diabete e delle loro famiglie tra le iniziative rilevanti dell’Europa Unita).
6
AnnoXIII - n°3 - 2007
La retinopatia diabetica, diagnosi e terapia La retinopatia diabetica è la manifestazione oculare più importante del diabete e costituisce una delle cause più frequenti di cecità in età adulta. ¬ Dottor Luca Iacobelli - Oculista ¬
l diabete mellito (DM) è una malattia, favorita da fattori ambientali e genetici e caratterizzata da alterazioni del metabolismo glicidico, lipidico e proteico causate da insufficienza di secrezione insulinica che può essere assoluta o relativa. L’incidenza in Italia sembra in crescita ed è di circa il 3,2% della popolazione. In molti dei pazienti con malattia di lunga durata, possono svilupparsi complicanze vascolari microangiopatiche (retinopatia, nefropatia) e macroangiopatiche (vasi coronarici, cerebrali e degli arti inferiori), nonché complicanze neuropatiche. Il miglioramento dei mezzi tera-
festazione oculare più importante del diabete e costituisce nei paesi industrializzati una delle cause più frequenti di cecità in età adulta, con percentuali variabili nei diversi paesi, superata nell’età più avanzate dalla degenerazione maculare senile, dal glaucoma e dalla cataratta. Le cause di cecità per RD sono nell’ordine: distacco di retina trazionale, emorragia vitreale, maculopatia essudativo-edematosa, proliferazione fibro-gliale epiretinica, glaucoma. L’evoluzione della retinopatia diabetica è assai varia, e va da forme iniziali che definiamo RD non proliferante (Fig. 1), a sua volta suddivisa in lieve, moderata e grave, alla manifestazione più avanzata della RD, ovvero la forma proliferante (Fig. 2). Quest’ultima è considerata un grave segno prognostico “quoad vitam”: sono stati calcolati rispettivamente il 25% ed il 50% dei decessi nei 2 e 5 anni seguenti la sua insor-
peutici ha determinato negli ultimi 50 anni un considerevole aumento della durata della vita media dei diabetici e, di conseguenza, anche un incremento impressionante della incidenza della Retinopatia Diabetica (RD). La retinopatia diabetica è la mani-
genza. La retinopatia è, in linea generale, maggiormente frequente e più grave nelle forme di diabete di tipo 1 (IDDM) rispetto alle forme di diabete di tipo 2 (NIDDM), con una prevalenza della forma non proliferante nei pazienti insulino-dipendenti di
I
circa il 24% dopo 5 anni di malattia, e di circa il 80% con più di 15 anni di malattia. La RD proliferante è invece presente, dopo 15 anni di malattia, nel 25% dei pazienti IDDM e nell’8% di quelli NIDDM. I fattori di rischio che influenzano l’evoluzione della retinopatia diabetica possono essere suddivisi in: fattori esterni (controllo metabolico e la dieta, il fumo, l’alcool, i contraccettivi orali), fattori interni (l’età, l’ipertensione, i lipidi, la nefropatia, la gravidanza ed eventuali patologie della ghiandola ipofisaria) e fattori oculari (miopia, ambliopia, glaucoma, distacchi posteriori di vitreo, corioretinopatia e trattamento chirurgico della cataratta, i primi dei quali sembrano protettivi nei confronti della RD). Nella gestione e nella prevenzione delle complicanze del diabete è molto importante un controllo metabolico preciso ed uno screening regolare, responsabilità per lo più del medico di base e del diabetologo, che devono lavorare in stretto contatto con l’oculista, il quale ha il compito di eseguire un’osservazione costante del fondo oculare dei pazienti diabetici, un’eventuale fluorangiografia retinica (FAG) ed OCT, per poi dare, in relazione alla forma di RD trovata, la più appropriata terapia. La fluorangiografia, che consiste praticamente nell’esecuzione di fotografie del fondo oculare dopo iniezione di mezzo di contrasto, sembra ancora oggi il miglior metodo per la diagnosi precisa dello stadio della malattia e per l’individuazione di aree retiniche ischemiche. Altri esami a cui sottoporre costantemente il paziente con RD, sono l'O.C.T, metodica con la quale si valuta lo spessore retinico l'entità dell'edema maculare, e la microperimetria (M.P.) che invece esamina in maniera perfetta e ripetibile la funzione
AnnoXIII - n°3 - 2007
7
della retina. Tali esami, come anche la FAG, sono utili per monitorare l'eventuale efficacia della terapia. La laser-terapia fotocoagulativa resta oggi, a 50 anni dalla sua nascita, il miglior sistema per la cura e la prevenzione delle complicanze più gravi della retinopatia diabetica. Per le forme di retinopatia con edema maculare che non rispondono alla terapia con laser, esistono oggi diversi farmaci ad uso intraoculare (intravitreale), con azione antiangiogenetica, dotati di estrema efficacia. Essi si praticano in regime ambulatoriale ed in anestesia topica (con collirio). I più usati e scientificamente più studiati ed efficaci sono l’Avastin (Bevacizumab) ed il Triamcinolone acetonide. Utile è
Nella gestione e nella prevenzione delle complicanze del diabete è molto importante un controllo metabolico preciso ed uno screening regolare, responsabilità per lo più del medico di base e del diabetologo, che devono lavorare in stretto contatto con l’oculista.
comunque la somministrazione di farmaci ed integratori attivi sul microcircolo e sul trofismo della retina e del nervo ottico.La retinopatia diabetica è quasi sempre asintomatica nelle sue fasi iniziali, per cui è importante che tutti i pazienti diabetici eseguano frequenti controlli
anche in assenza di problemi oculari, con lo scopo di ritardarne l’insorgenza o di curarla tempestivamente qualora fosse presente; il trattamento immediato ed appropriato della retinopatia riduce, infatti, del 90% a 5 anni il rischio di cecità conseguente alla retinopatia.
8
AnnoXIII - n°3 - 2007
Un virus all’origine del diabete di tipo 1 La complessità della patologia, ad ogni modo, prevede che, pur essendone stata riconosciuta l’origine multifattoriale, non è stato ancora del tutto chiarito il ruolo di ciascun fattore eziologico, né come questi interagiscono tra loro.
U
n virus sarebbe responsabile dello sviluppo del diabete di tipo 1. Sono le conclusioni a cui sono pervenuti i ricercatori del Dipartimento di Medicina Interna, Scienze Endocrine e Metaboliche e Biochimica dell’Università di Siena, dell’Università di Pisa e da “Novartis Vaccines”, che sono riusciti, infatti, ad isolare per la prima volta il virus Coxsackie B4 dal pancreas di pazienti affetti da diabete di tipo 1, convalidando una teoria avanzata vent’anni fa circa il coinvolgimento degli enterovirus nella malattia e aprendo, nel contempo, uno spiraglio terapeutico. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista della Accademia delle Scienze Americane (PNAS), si inserisce in quel filone della ricerca biomedica finalizzato a ricomporre l’intricato puzzle della patogenesi del diabete di tipo 1, una malattia autoimmune caratterizzata da un attacco “self” da parte del sistema immunitario nei confronti delle cellule beta del pancreas. Essendo queste ultime deputate alla regolazione del livello di glucosio nel sangue attraverso la produzione del-
l’ormone insulina, la loro distruzione provoca un eccesso di glicemia che, se non trattato può condurre al coma diabetico, costringendo inoltre il paziente ad assumere insulina per tutta la vita senza altra possibilità di cura se non il trapianto di pancreas. La complessità della patologia sta nel fatto che, pur essendone stata riconosciuta l’origine multifattoriale, non è stato ancora del tutto chiarito il ruolo di ciascun fattore eziologico, né come questi interagiscono tra loro. In particolare, una delle cause di origine ambientale su cui si è maggiormente scommesso negli anni per le sue strette implicazioni con il disturbo autoimmune è rappresentata dalle infezioni virali, in special modo quelle causate dall’enterovirus Coxsackie, la cui associazione con il diabete di tipo 1 è stata documentata da numerose evidenze senza che però fosse mai stato trovato un filo diretto tra il virus e lo stato infiammatorio delle cellule beta-pancreatiche. Prendendo le mosse da tali premesse, gli autori di questo studio hanno prelevato il tessuto pancreati-
co da 6 individui a cui era stato da poco diagnosticato il diabete di tipo 1 e, attraverso indagini molecolari e immunologiche, hanno isolato e sequenziato il virus Coxsackie B4 nella metà dei soggetti. “Sino a oggi il coinvolgimento di questo patogeno nello sviluppo della malattia era stato provato solo in modo indiretto” - ha commentato Stefano Censini ricercatore senior presso il centro ricerche senese di Novartis Vaccines, guidato da Rino Rappuoli -
AnnoXIII - n°3 - 2007
“mentre ora, per la prima volta, l’infezione virale è stata accertata “sul campo” e in modo inequivocabile, ossia attraverso l’isolamento del virus e il sequenziamento del suo genoma direttamente dai campioni provenienti dal pancreas di pazienti affetti”. “Che ci sia un legame diretto tra il virus e la patologia autoimmune” - ha aggiunto Francesco Dotta, Responsabile della U.O. di Diabetologia del Policlinico “Le Scotte” - “è provato dal fatto che le cellule pancreatiche positive per il Coxsackie B4 sono risultate caratterizzate sia da insulite - il tipico stato infiammatorio della malattia – sia da una scarsa capacità di produrre insulina, che è uno dei segni distintivi del diabete. Quando poi con lo stesso virus abbiamo provato ad infettare cellule beta-pancreatiche sane, queste sono diventate a loro volta difettose nella secrezione dell’ormone”. Nei tessuti in cui è stato isolato il virus non è stata invece riscontrata la tipica infiltrazione da parte dei linfociti T autoreattivi, la cui assenza ha preservato le cellule pancreatiche dalla distruzione. “E’ piuttosto evidente” - ha
Uno studio condotto in collaborazione tra l’Università di Siena, l’Università di Pisa e “Novartis Vaccines”, ha identificato l’infezione da Coxsackie B4 come una delle cause del diabete di tipo 1 fatto notare Antonello Covacci, Responsabile dell’Unità Microbiologia Cellulare e Bioinformatica di Novartis Vaccines
News L’ostecalcina, una proteina delle ossa, protegge dal diabete
L
e ossa non sono soltanto un «supporto» del corpo, ma si comportano anche come un organo producendo una proteina che previene il diabete, controllando il metabolismo degli zuccheri e di conseguenza anche il peso corporeo. Questo ruolo attivo dello scheletro nella vita cellulare è stato scoperto da alcuni ricercatori della Columbia University. In particolare, gli studioso hanno dimostrato su delle cavie che l'osteocalcina, una proteina prodotta nelle ossa, controlla la produzione e la sensibilità all'insulina e protegge dal diabete di tipo 2, la forma più comune di diabete caratterizzata da disordini della secrezione insulinica. Il diabete di tipo 2 non è insulinodipendente e spesso è aggravato dall'obesità. “L'osteocalcina è conosciuta dal 1977 – ha spiegato il dr.Gerard Karsenty, che ha coordina-
- “che esiste una sottopopolazione di pazienti con diagnosi recente di diabete di tipo 1 in cui l’infiammazione a livello del pancreas - caratterizzata da una scarsa capacità di produrre insulina, ma non dal classico processo di autodistruzione messo in atto dai linfociti T - risulta associata all’infezione da Coxsackie B4. Se questa osservazione fosse confermata su larga scala, verrebbe da un lato definitivamente rivalutato il ruolo del virus quale cofattore scatenante la malattia e, dall’altro, aperto un nuovo scenario terapeutico per una malattia a tutt’oggi senza possibilità di cura”. “Questo studio” ha concluso Rino Rappuoli, Responsabile della Ricerca di Novartis Vaccines “dimostra come la stretta collaborazione tra ricercatori di discipline diverse provenienti dal settore pubblico e da quello privato possa portare a risultati di assoluta avanguardia a livello internazionale, diventando un esempio concreto dell’efficacia del concetto del Parco Scientifico Toscana Life Sciences, che mira a mettere insieme le esperienze degli scienziati di tutta la Regione per renderli competitivi nel mondo”.
Omega 3 e pesce contro l’invecchiamento delle arterie
U
to lo studio - e si sapeva che viene prodotta dagli osteoblasti, le cellule responsabili della formazione delle ossa, ma non aveva nessuna funzione conosciuta”.
9
n'elevata assunzione di acidi grassi polinsaturi a catena lunga omega-3 (LCPUFA) e pesce potrebbe ridurre il rischio di degenerazione maculare da invecchiamento (AMD) di natura neovascolare. Questi dati supportano ampiamente quelli di studi precedenti che avevano connesso l'apporto di LCPUFA omega-3 e di cibi che ne sono ricchi con un effetto anti-AMD. Infatti, unitamente ad altre indagini, suggeriscono di modificare la dieta, con l'assunzione di più cibi ricchi in LCPUFA omega-3, alimentazione che potrebbe determinare una riduzione nel rischio di sviluppare AMD di natura neovascolare, mentre, al contrario, l'assunzione di acido arachidonico sembra incrementare questo rischio.
10
AnnoXIII - n°3 - 2007
La scienza si mobilita per contrastare l’insorgenza del diabete di tipo 1 nei neonati
Possiamo salvarli…? Lo scopo dello studio Trigr è quello di verificare il possibile ruolo della precoce esposizione alle proteine del latte vaccino in soggetti geneticamente predisposti.
P
er prevenire l’insorgenza del diabete di tipo 1, in bambini con un genitore o fratello già affetti dalla malattia è stato avviato, in più di 50 centri in Europa, America e Canada lo studio “TRIGR”. In Italia, in particolare verrà condotto presso il Campus Biomedico di Roma e l’Ospedale Brotzu di Cagliari. La Sardegna, tra l’altro è la regione dove si è registrato il numero maggiori di bambini colpiti dal diabete. Si tratta del primo studio internazionale multicentrico di prevenzione primaria del diabete tipo 1 (giovanile, insulino-dipendente), dopo più di un decennio di lavori rivolti al perfezionamento del protocollo di studio, al quale parteciperanno circa 2800 neonati ad alto rischio genetico che vuole chiarire ed esaminare a fondo il ruolo delle proteine del latte vaccino nell’insorgenza del diabete tipo 1. Tutto è iniziato nei primi anni ottanta, con gli studi effettuati sugli animali (topi NOD e ratti BB naturalmente inclini a sviluppare il diabete), i quali non sviluppavano il diabete se alimentati dalla nascita con una dieta priva di proteine del latte vaccino. A queste evidenze si sono poi affiancati studi sull’uomo che mostravano come l’incidenza del diabete tipo 1 fosse più alta nei paesi con elevato consumo di latte vaccino pro capite. Negli stessi anni si evidenziava anche il ruolo protettivo sullo sviluppo del diabete tipo 1 esercitato dall’allattamento al seno e quindi dalla più tardiva esposizione alle proteine del latte vaccino. Tuttavia tali esperienze indirette e non sempre concordi nei loro risultati non erano sufficienti per attribuire al latte vaccino la responsabilità dell’insorgenza del diabete tipo 1. Da qui la necessità di uno studio controllato che facesse chiarezza sull’argomento aprendo allo stesso tempo speranze su una possibile strategia preventiva. Lo scopo dello studio Trigr, dunque, è quello di verificare il possibile ruolo della precoce esposizione alle proteine del latte vaccino in sog-
getti geneticamente predisposti. In particolare, si vuole verificare se la totale abolizione delle proteine del latte vaccino nei primi 6-8 mesi di vita prevenga la comparsa di diabete tipo 1 o di anticorpi anti insula pancreatica (markers surrogati) in neonati ad alto rischio genetico, parenti di primo grado di pazienti diabetici. A riguardo, uno studio preliminare condotto su 208 neonati finlandesi ha mostrato una riduzione del rischio del diabete nel gruppo non esposto alle proteine del latte e una assoluta normalità nello sviluppo dei neonati trattati. Per cui, il progetto di ricerca prevede il confronto tra un gruppo di neonati che assumono dopo l'allattamento al seno due diverse forme di latte contenente proteine idrolisate, cioè predigerite, in diverse percentuali. Il periodo di intervento sarà limitato ai primi 6-8 mesi di vita. I neonati verranno allattati al seno e se necessiteranno di integrazioni con latte artificiale dovranno assumere quello fornito dallo studio TRIGR. Nello stesso periodo non potranno assumere proteine del latte sotto altre forme. Al termine dei 6-8 mesi la dieta tornerà normale.I bambini verranno sottoposti periodicamente a visite cliniche e prelievi fino all’età di 10 anni, assieme a interviste sulla loro alimentazione.
News
In USA, meno diabetici con problemi cardiaci
N
egli Stati Uniti, dal 1997 al 2005 la percentuale di diabetici dai 35 in su che lamentano problemi cardiaci è diminuita dell’11%, in accordo con le nuove scoperte riportate sul “Morbidity and Mortality Weekly Report”.Altro dato incoraggiante e strettamente correlato: la percentuale di diabetici che misurano la glicemia almeno una volta al giorno è salita negli ultimi anni e adesso supera il 61%, come dimostrato nell’Healthy people 2010 National objective.Le scoperte di entrambi gli studi, che sono stati condotti dai ricercatori del “Center for disease Control and Prevention”, sono stati comunicati in concomitantanza con la giornata mondiale del diabete (14 novembre) e l’obiettivo di questa campagna è soprattutto quello di aumentare l’attenzione circa l’impatto del diabete sui bambini in età pediatrica.
AnnoXIII - n°3 - 2007
11
40 mila pugliesi non sanno di soffrire della malattia
La terapia per l’ipertensione può diminuire i rischi cardiovascolari
In aumento i casi di diabete in Puglia
Dimostrati gli effetti positivi di un abbassamento della pressione
Sono i risultati di “Campagna 110” una ricerca lanciata lo scorso maggio in oltre 200 farmacie delle province di Bari, Taranto e Foggia
I
l diabete mellito è in forte aumento in Puglia e almeno 40 mila pugliesi non sanno di averlo, mentre sono 120 mila i pazienti diabetici registrati nella regione. Sono i risultati di “Campagna 110” una ricerca lanciata lo scorso maggio in oltre 200 farmacie delle province di
Bari, Taranto e Foggia e sostenuta dalla Asl di Bari, dall’Ares e dall’assessorato regionale alle politiche per la salute, oltre che da Federfarma Taranto e Ordine dei farmacisti di Taranto. Le schede dei questionari sui controlli (gratuiti) della glicemia, raccolti nei mesi di maggio e giugno, sono stati consegnati in occasione della quinta edizione del “Farpas day”, a Modugno, nel barese, nel corso dell’evento annuale di una delle due cooperative (Farpas e Cotafarti unite nel marchio Farmaurora) che hanno lanciato la campagna di prevenzione e sensibilizzazione in Puglia.“Uno screening di questa portata non è mai stato realizzato in Italia”, ha sottolineato il professor Francesco Giorgino, direttore dell’unità operativa di Endocrinologia dell’università di Bari, uno dei più autorevoli studiosi italiani della malattia
Secondo il dott. MacMahon se anche solo la metà dei diabetici nel mondo fosse sottoposta a questa terapia: un milione e mezzo di decessi sarebbero evitati nel quinquennio compreso tra il 2010 – 2015
S
econdo il dott. MacMahon se anche solo la metà dei diabetici nel mondo fosse sottoposta a questa terapia: un milione e mezzo di decessi sarebbero evitati nel quinquennio compreso tra il 2010 – 2015.All’ultimo Congresso della European Society of Cardiology, tenutosi a Vienna nel settembre scorso è stata presentata la ricerca, effettuata su 11 mila pazienti, del Prof. Stephen MacMahon, del George Institute for International Health, presso l’Università di Sydney (Australia), i cui risultati dimostrano che la combinazione del farmaco ACE-inibitore (che cioè blocca l’enzima di trasformazione dell’angiotensina) perindopril e del diuretico indapamide è ben tollerata e riduce il rischio di gravi problemi vascolari e di mortalità nei pazienti con diabete di tipo 2. Pazienti diabetici sono resi invalidi o muoiono per complicanze cardiovascolari ed è già stato dimostrato che i rischi associati al diabete possono essere ridotti dalla terapia contro l’ipertensione. Il dott. MacMahon ha ipotizzato che un abbassamento della pressione sanguigna possa essere importante per tutti i pazienti diabetici, non solo per quelli con ipertensione. Lo studio ha coinvolto pazienti diabetici di tipo 2 ipertesi e normotesi, di età dai 55 anni in su, che avevano altri fattori di rischio di problemi vascolari. È stata somministrata una sola compressa giornaliera della combinazione delle sostanze attive: 2 mg. di perindopril più 0.625 mg. di indapamide al giorno per i primi tre mesi, seguita quindi da 4 mg. di perin-
dopril più 1.25 mg. di indapamide per il periodo successivo. Era ammesso l’uso di altre comuni terapie anti-ipertensive a discrezione del medico curante, con l’esclusione dei diuretici a base di tiazide. I risultati principali sono stati monitorati a due livelli: macrovascolare, come ictus non mortale, infarto miocardico, o decessi improvvisi per qualsiasi causa cardiovascolare, e microvascolare, fra cui neuropatie insorgenti o in peggioramento e malattie oculari da diabete. Il dott. MacMahon presentando i risultati conseguiti, ha messo in rilievo il vantaggio che ci si può attendere su base mondiale se anche solo la metà dei diabetici nel mondo fosse sottoposta a questa terapia: un milione e mezzo di decessi sarebbero evitati nel quinquennio compreso tra il 2010 – 2015.
diabetica, il quale ha seguito e supportato sul piano scientifico l’intera iniziativa, denominata “Campagna 110”. Soddisfazione per il manager Vito Novelli della rete Farmaurora. “Il nostro obiettivo è quello di proporre un ruolo nuovo e a attivo delle farmacie sul territorio, come “sentinelle sanitarie” e di supporto all’attivi-
tà di diagnosi e assistenza primaria”. Da una prima e sommaria interpretazione dei dati emerge che in Puglia il diabete potrebbe superare il 10% (fino al 24% considerando anche le condizioni di prediabete) rispetto al 5,6 delle ultime rilevazioni (dati osservatorio epidemiologico regione Puglia).
12
AnnoXIII - n°3 - 2007
Tiket e relative esenzioni, cerchiamo di capire come funziona il Sistema Sanità
La regola, prevenire è meglio che pagare Esenzione fa rima con prevenzione… come appunto nel quadro della prevenzione del rischio cardiovascolare fa parte la scelta di erogare al diabetico alcuni farmaci, mirati alla gestione della glicemia, in regime di esenzione dal ticket.
I
l sistema del tiket, ossia la cosìdetta partecipazione alla spesa è presente un po’ in tutti i sistemi sanitari per governare la domanda di prestazioni (farmaceutiche, ambulatoriali, diagnostiche etc). Ha una sua razionalità scientifica e medica, invece, la scelta di dare gratuitamente i servizi sanitari,ad alcune persone, ben specifiche. Non si tratta di una logica assistenziale o caritatevole ma di un preciso e fondato calcolo da parte del SSN il quale, recependo le indicazioni date da un grande numero di ricerche, ha individuato come: a)alcuni farmaci e presidi, b) determinate prestazioni specialistiche
ambulatoriali, c)alcune prestazioni diagnostiche, permettono di ridurre o ritardare non solo e non tanto l’aggravamento della patologia, nel nostro caso il diabete, quanto le sue complicanze, ed in primo luogo, quella cardiovascolare. ‘Esenzione’ dunque fa rima con ‘prevenzione’. Del quadro, appunto, della prevenzione del rischio cardiovascolare fa parte la scelta di erogare al diabetico alcuni farmaci, mirati alla gestione della glicemia, in regime di esenzione dal ticket. L’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco per esempio ha correttamente individuato i più avanzati orientamenti internazionali considerando il diabetico alla stregua dell’infartuato e collocando quindi gli interventi in una logica di prevenzione secondaria. Purtroppo questa stessa logica (investo nella preven-
zione e risparmio nella gestione della complicanza acuta) non è stata estesa né alle popolazioni “a rischio” di diabete o comunque di eventi cardiovascolari, come i soggetti affetti da sindrome metabolica. Tutto questo vale anche per le prestazioni specialistiche e per la diagnostica di laboratorio, in un sistema erogatore di prestazioni, la compartecipazione alla spesa è una leva sulla quale il SSN affidala propria necessità di risparmio. Anche qui, vanno distinte le prestazioni, per esempio le visite cardiologiche e oculistiche o gli ECG o i controlli alla sensibilità degli arti inferiori che possono essere considerate indispensabili in una logica di prevenzione. Il diabete, dunque, primo fra le condizioni croniche, responsabile di quasi il 10% dei costi sanitari diretti, impone modi di pensare nuovi, fa saltare fuori le contraddizioni. Il 60% dei costi del diabete, infatti, sono generati da complicanze, e appartengono alla parte dei ricoveri ospedalieri; solo una piccola frazione dei costi è investita nei Servizi di Diabetologia.
Lo sport inteso come sistema di prevenzione alle complicanze del diabete
Diabetes Training Camp Numerosi studi hanno, poi, dimostrato che l’esercizio fisico è efficace il doppio rispetto a un approccio farmacologico nella prevenzione della malattia.
U
n campo di lavoro per pazienti affetti da diabete di tipo 1 nel quale imparare ed eseguire programmi di esercizio fisico intensivo in modo da prevenire le complicanze della patologia: è l’ultima trovata “made in Usa”, come racconta il settimanale Newsweek che ha dedicato all’argomento un lungo reportage.
L’idea è stata di Matthew Corcoran, fondatore del Diabetes Training Camp, il quale ha confessato che era frustrato dopo 10 anni di lavoro come endocrinologo clinico della University of Chicago, dove aveva visitato ed assistito migliaia di pazienti, con la sensazione fortissima di non riuscire a fare abbastanza per loro, soprattutto sul fronte della prevenzione.“Ho avuto sempre un particolare interesse per l’esercizio fisico intensivo come metodo di prevenzione”, spiega Corcoran. “In ospedale
avevo una decina di pazienti che per hobby partecipavano a maratone e gare di triathlon, Ebbene, erano proprio quelli il cui stato di salute era migliore. Numerosi studi recenti hanno, poi, dimostrato che l’esercizio fisico è efficace il doppio rispetto a un approccio farmacologico nella prevenzione del diabete”. Secondo i creatori del Diabetes Training Camp, i sistemi sanitari dovrebbero cambiare rotta e strategia, e allestire strutture nelle quali insegnare ai pazienti (e anche agli individui sani) a praticare sport in modo intensivo con il supporto di educatori, nutrizionisti, allenatori personalizzati e fisiologi, tutto sotto stretto controllo medico. “Possiamo seguire una persona - spiega Corcoran - e nel giro di pochi giorni insegnargli alcuni concetti fondamentali su come gestire e controllare l’insorgenza del diabete attraverso uno stile di vita sano”.
AnnoXIII - n°3 - 2007
13
Il rapporto tra il cardiologo ed il paziente diabetico è fondamentale per salvargli la vita
Il dialogo & la vita Troppo spesso il rapporto tra un cardiologo ed il diabetico si esaurisce all’esecuzione di un elettrocardiogramma ed alla misurazione della pressione, mentre sarebbe stato necessario eseguire altri e più mirati controlli ¬ Dottor Raffaele Scalpone (Specialista in Diabetologia) ¬ ¬ Presidente A.I.D. ¬
I
l rapporto tra medico e paziente è sempre stato un fattore determinante nell’identificare e curare le malattie. Quali sono, però, le differenze e le caratteristiche che rendono peculiare questo rapporto tra il medico ed il paziente diabetico? Innanzitutto il dia-
betico è un paziente che presenta un rischio di infarto e di ictus decisamente maggiore rispetto ad un paziente non diabetico, in secondo luogo, il diabetico spesso non percepisce il dolore in maniera corretta non riuscendo ad interpretare il percolo che, appunto attraverso il dolore il nostro organismo vuole segnalare….Infine, spesso e volentieri, condizioni di iperglicemia non spiegabile sono da riferirsi a condizioni di infezioni o malattie cardiovascolari sottostanti. Da tutte queste considerazioni si deduce l’importanza fondamentale di instaurare un filo diretto tra il paziente ed il diabetologo curante ma anche con un cardiologo. E’ importante a riguardo instaurare un dialogo diretto, infatti, nella maggior parte dei
casi, il rapporto tra un cardiologo ed il diabetico si esaurisce all’esecuzione di un elettrocardiogramma di controllo ed alla misurazione della pressione. Il paziente si sente tranquillo perché ritiene aver fatto tutto quello che avrebbe dovuto…Invece poi si verifica un evento inatteso, con conseguenze immaginabili. Perché è accaduto…? La risposta è semplice: occorre parlare con il cardiologo e raccontare, dal nostro stile di vita alle più banali sensazioni, un dialogo completo avrebbe potuto indurre i medici ad effettuare controlli più severi anche in assenza di un motivo apparente. La prevenzione è infatti l’unica vera arma che abbiamo nei pazienti diabetici, una realtà che non bisogna mai stancarsi di ripetere. I nemici con i quali si ha a che fare sono tanti ed agguerriti, a partire dall’aterosclerosi (infarto – icuts arteriopatia obliterante degli arti inferiori), che nasce spesso da valori alterati del rapporto tra colesterolo e trigliceridi (il valore del colesterolo deve essere inferiore ai valori indicati come normali dai comuni laboratori di analisi), altre volte, da una predisposizione genetica. L’insufficienza renale (fase iniziale determinata da: micoalbuminuria-proteinuria: fase avanzata dal rialzo della creeatinimia
azotemia); l’ipertensioine arteriosa che in un diabetico necessita di un controllo più severo (la massima deve essere sempre inferiore a 120mmhg e la minima inferiore ad 80 mmhg). Nel diabetico è peculiare la stessa risoluzione chirurgica delle problematiche cardiovascolari. Ancora oggi, anche in condizioni di urgenza, il paziente diabetico se sottoposto a by-pass aorto-coronarico rischia di vedere utilizzata la vena safena e non le arterie, questo lo pone a
La prevenzione è l’unica vera arma che hanno i pazienti diabetici. Bisogna difendersi da “nemici” agguerriti, quali: aterosclerosi, insufficienza renale, ipertensione arteriosa rischio di occlusine dello stesso a tempi decisamente inferiori rispetto ad un identico intervento di by-pass effettuato con arteria mammaria, inoltre, la dimensione della cicatrice è fondamentale per ridurre il rischio di infezioni perioperatrorie (da qui la necessità, quando possibile, di operare in mitoractomia). Per questo motivo, da anni, collaboro con l’AID, ed in particolare, con il presidente dr. Scalpone, per ridurre il rischio primario e secondario dei pazienti diabetici. A questo articolo, ne seguiranno altri che affronteranno gli specifici argomenti che abbiamo accennato, qualora vogliate proporre domande, inviatele alla redazione e sarò felice di rispondervi.
14
AnnoXIII - n°3 - 2007
Dall’incretina agli inibitori DPPT per ridurre gli effetti della malattia
Nuove esperienze nel trattamento del diabete mellito Una nuova classe di farmaci sarebbe in grado di stimolare il rilascio di insulina, bloccare il rilascio di glucagone e migliorare efficacemente la regolazione della glicemia. ¬ Dalla redazione ¬
N
ell’uomo la regolazione della glicemia avviene attraverso complesse interazioni ormonali. L’insulina, l’ormone secreto dalle cellule beta del pancreas, è responsabile della riduzione del glucosio plasmatico. Al contrario, il glucagone, l’ormone secreto dalle cellule alfa pancreatiche, è considerato il principale responsabile dell’aumento glicemico. Nei soggetti non affetti da diabete l’interazione e la regolazione di questi ormoni permette di mantenere valori glicemici a digiuno inferiori a 100 mg/dl e valori post-prandiali non superiori a 140 mg/dl, nonostante l’incostante introduzione di carboidrati nell’arco della giornata. Nel diabete mellito Tipo 2 però tale regolazione risulta alterata.. Nonostante i diversi regimi terapeutici utilizzati nel trattamento del diabete, il controllo glicemico in questi pazienti tende a peggiorare progressivamente nel tempo. Da qui il nuovo interesse verso farmaci che utilizzando nuovi meccanismi di azione possono migliorare l’omeostasi del glucosio senza deteriorare la secrezione insulinica: questi nuovi farmaci utilizzano il sistema delle incretine.
La prima incretina ad essere stata identificata è il GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide), la seconda il GLP-1 (Glucagon-Like Peptide 1). Entrambi questi ormoni svolgono molteplici azioni sulla regolazione glicemica: promuovono la proliferazione delle cellule beta del pancreas, riducono la morte cellulare e stimolano il rilascio di insulina. Il GIP viene prodotto nel duodeno da parte delle cellule K mentre il GLP-1 è rilasciato dalle cellule enteroendocrine del colon e del piccolo intestino. La secrezione del GIP è stimolata dalla presenza nel duodeno sia di glucosio che di lipidi. I suo livelli plasmatici sono circa 10-20 volte più elevati nel periodo post-prandiale rispetto alla fase di digiuno. Oltre alla sua azione di stimolo sulla secrezione insulinica, il GIP inibisce la secrezione acida gastrica e regola il metabolismo dei grassi nel tessuto adiposo. Il rilascio del GLP-1 è stimolato da diversi nutrienti a livello intestinale ma la sua azione sulla secrezione insulinica è strettamente dipendente dal glucosio circolante. Rispetto al GIP, il GLP-1 possiede anche un’azione sen-
sibilizzante sui recettori del glucosio, inibisce la secrezione di glucagone e riduce lo svuotamento gastrico, rallentandolo. Inoltre sembra aumentare il senso di sazietà, limitando quindi l’introito di cibo e l’aumento di peso, pur continuando a stimolare la proliferazione beta-cellulare. L’Exenetide è un analogo del GLP-1 attualmente disponibile. Questa molecola deriva dall’exendin-4, una proteina naturale che ha le stesse caratteristiche del GLP-1 e che è stata inizialmente isolata nella ghiandola salivare di una lucertola, L’Exenetide ha il vantaggio di essere degradata più lentamente rispetto al GLP-1, fatto questo che ne consente una somministrazione sottocutanea due volte al giorno. In particolare l’exenetide ha mostrato di migliorare in maniera significativa sia i valori glicemici a digiuno e post-prandiali che i valori dell’HbA1c in tutti i pazienti. La Liraglutide, un nuovo analogo del GLP1, sembra possedere anche un azione stimolante la proliferazione delle beta cellule che quindi preserverebbe più a lungo la funzionalità del pancreas endocrino. L’exenetide e gli altri analoghi del
AnnoXIII - n°3 - 2007
GLP-1 sono in genere ben tollerati ma hanno effetti collaterali fra cui i più frequenti sono la nausea, il vomito, la diarrea, con un aumentato rischio di ipoglicemie più evidente ai dosaggi maggiori. La Dipeptidil-Peptidasi-4 (DPP-4) è invece un enzima presente principalmente a livello dell’endotelio dei vasi sanguigni e nel siero umano in grado di inattivare le incretine GIP e GLP-1, oltre ad altri peptidi. Recente è l’idea di utilizzare degli inibitori della DPP-4 nel trattamento del diabete tipo 2. Queste molecole agiscono legandosi al DPP-4 e impedendo la degradazione delle incretine e fanno in modo di prolungare notevolmente i loro effetti biologici. A riguardo, è stato provato che la vildagliptina riduce sia i livelli di glicemia a digiuno che postprandiali, diminuisce la secrezione di glucagone e mantiene un importante aumento della secrezione e della sensibilità insulinica post-prandiale. Altri studi hanno dimostrato come questo farmaco sia ben tollerato in assenza di effetti collaterali. Utilizzata alla dose di 100 mg al giorno in associazione ai glitazoni (pioglitazone) la vildagliptina è in
grado di ridurre i valori di HbA1c di circa il 3% in pazienti con un valore medio di emoglobina glicosilata intorno a 10%.
La sitagliptina è un altro inibitore selettivo dalla DPP-4, dimostra di migliorare significativamente i valori glicemici a digiuno e quelli post-prandiali rispetto al placebo, soprattutto quando utilizzata in associazione con altri ipoglicemizzanti. L’utilizzo della sitagliptina è stato approvato nel trattamento del diabete mellito tipo 2 negli Stati Uniti nell’ottobre del 2006. Sia la vildagliptina che la
15
sitagliptina sembrano essere molecole sicure e ben tollerate. I pazienti in trattamento con inibitori della DPP-4 raramente hanno accusato episodi ipoglicemici e questo sicuramente rappresenta uno dei principali vantaggi del loro utilizzo. La metformina ha come più frequente effetto collaterale i disturbi gastrointestinali che spesso ne limitano l’utilizzo e soprattutto il raggiungimento di una dose adeguata. La rinnovata attenzione, dunque, sugli ormoni incretinici e sui i loro analoghi e l’avvento degli inibitori della DPP-4 ha aperto nuove frontiere nel trattamento del diabete mellito tipo 2. Questa nuova classe di farmaci è in grado, infatti, di stimolare il rilascio di insulina, inibire il rilascio di glucagone e migliorare efficacemente la regolazione della glicemia. Rispetto ai farmaci attualmente utilizzati per via orale mancano di significativi effetti collaterali, non determinano un aumento del peso corporeo e sembrano limitare alcuni importanti fattori di rischio come la dislipidemia, l’obesità e l’ipertensione. Infine, queste classe di farmaci può essere utilizzata anche in combinazione con gli altri ipoglicemizzanti orali.