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La via Cassia dalla porta vecchia a Palazzo Bracciolini

L’antica Porta Lucensis e la toponomastica storica di via degli Orafi

Poco più avanti rispetto all’Ottica Turi, procedendo verso via San Martino della Battaglia (oggi via Buozzi), il viaggiatore che fosse stato ospite della nostra Città oltre un secolo fa avrebbe notato, tra le svariate attività commerciali lì presenti, anche quella della cartoleria e libreria di Luigi Badioli, storico editore locale di cartoline illustrate. Dopo aver quindi completato un primo tour in senso orario del centro storico di Pistoia, corrispondente alla combinazione parziale della prima e della seconda cerchia muraria, avrebbe avuto adesso l’occasione ideale per far giungere notizie e rassicurazioni a casa e l’invio di una cartolina illustrata (che al tempo, a fronte di un costo modesto, offriva la possibilità di essere ricevuta dal destinatario già il giorno seguente!) sarebbe stato il miglior mezzo possibile, per quei tempi addirittura “multimediale”. Uscito quindi dalla cartoleria con la cartolina appena acquistata, il turista avrebbe percorso solamente pochi passi per raggiungere le Poste centrali che a fine anni Dieci del Novecento avevano la loro ubicazione ancora sul “Globo”, nell’edificio della soppressa chiesa della Ss.ma Trinità, e proprio in quello sportello postale avrebbe quindi affrancato e spedito la sua missiva.

A questo punto, non gli sarebbe rimasta altra scelta che spingersi più a fondo nel cuore cittadino, alla ricerca di quella centralissima piazza del Duomo che da molti secoli rappresenta l’orgoglio artistico e architettonico di tutti i pistoiesi. Per fare ciò, sarebbe passato dalla direttissima via degli

Orafi, continuando però ad ammirare le bellezze storiche, urbanistiche e architettoniche che gli si fossero presentate davanti, lungo il tragitto da compiere per arrivare alla mèta. Reimmettendosi quindi in via San Martino della Battaglia (via Buozzi) avrebbe quindi raggiunto velocemente la cosiddetta “Porta Vecchia”, da dove si imbocca la via degli Orafi nel suo lato occidentale, al quadrivio con via Curtatone e Montanara (già via Garibaldi) e via della Madonna. Il “Canto alla Porta Vecchia” oltre un secolo fa si sarebbe presentato assai animato di passanti, reso vivace dalle numerosissime attività presenti e, soprattutto, splendente in tutta la sua maestosa bellezza interpretata magnificamente dalla grande mole del palazzo Pagnini (1), sede della libreria e cartoleria omonima (Pagnini fu il principale editore di cartoline illustrate della sua epoca, che poi cedette l’attività alla Bresci e Milani e quindi direttamente a Giovanni Milani, attività che perdurò fino alla fine degli anni ‘70) e soprattutto ingentilito e reso modernamente bello grazie alla torre Liberty dell’ “Emporio Duilio 48” dei Fratelli Lavarini (2), una delle tante opere di bella modernità imprenditoriale che Antonio Lavarini, umile ombrellaio all’inizio della sua sfavillante carriera commerciale, volle mettere a punto per abbellire e proiettare nel futuro la Città di Pistoia. Questo proposito presupponeva di allinearsi con il nuovo gusto Liberty che al tempo rappresentava la massima espressione moderna di bellezza. E così, quella che alla fine dell’Ottocento non era altro che quanto residuava, probabilmente, di una decadente vecchia torre d’avvistamento situata proprio all’uscita della Porta Lucensis (la porta situata alla prima cerchia che permetteva l’uscita dalla Città in direzione di Lucca), grazie all’investimento del commerciante originario della Val d’Ossola, diventò elegante, dotata di tettoie in vetro in stile Art Nouveau, luccicante e caratterizzante un intero quartiere cittadino, grazie alla sua nuova forma tipica dell’Esposizione Universale, alle sue vetrate oro su nero, caratterizzate dagli slogan commerciali che dovevano immediatamente fare colpo sul passante, avvicinandolo e invogliandolo ad entrare (“Qui si risparmia”, Un milione d’articoli a prezzo fisso”, “I prezzi fissi sono il controllo del pubblico” , “I nostri prezzi fissi non temono confronti”, etc.). La curiosa insegna “Emporio Duilio 48” (3) indicava un calmiere di prezzo per i vari prodotti, per cui 48 centesimi o multipli di 48, una sorta di “tutto a 1 euro” ante litteram, secondo una formula di commercio che agli inizi del XX secolo andava per la maggiore, felice intuizione del commerciante austriaco Giuseppe Siebzehner. “Emporio Duilio”, invece, era una sorta di catena commerciale che deve il suo nome alla nave “Duilio”, varata in quegli anni, tanto che i primi “Emporio Duilio” presentavano un arredamento interno marinaresco e pure i commessi indossavano divise da marinaio. Lavarini non si fermò lì, e proprio accanto alla torre dell’ “Emporio Duilio 48” decise di aprire, sulla via Cavour, un secondo cinema (dopo che aveva già inaugurato l’”Eden”, alla Galleria Vittorio Emanuele, in via degli Orafi) dotandolo di una pregevole facciata Liberty in ferro battuto, col nome di “Modernissimo”.

Interessante notare che la via degli Orafi oggi viene identificata con un nome di attività artigianale che risulta ai nostri tempi completamente sparita, mentre ancora ai tempi del nostro viaggiatore immaginario di oltre 100 anni fa, quella degli orefici risultava essere ancora l’attività prevalente di questa strada, fin da sempre a fortissima vocazione commerciale. Tale toponimo trova rispondenza ufficiale a partire dal 1697, quando si legge di una “strada degl’Orefici” in un atto dell’archivio vescovile. Tuttavia, per riportare correttamente ma soprattutto logicamente una cronistoria della toponomastica di questa strada, occorre andare a ritroso nel tempo. È dal 1866 che “via degli Orafi” viene riportata come tale negli elenchi ufficiali di strade comunali, anche se anche in epoca successiva si ritrova su alcuni documenti di carattere commerciale la dicitura “via degli Orefici”, nome che la strada aveva ufficialmente in epoca precedente (dal 1777), per il tratto che va da Piazza Duomo a via del Duca, mentre il tratto successivo, alla solita epoca, veniva denominato “via dalla Serena”, dal nome dell’antica “Osteria della Serena”, la sua prima conduttrice, edificio localizzabile all’incirca all’altezza dell’odierna Galleria Vittorio Emanuele, in quell’epoca di proprietà della famiglia Tonti. All’ultimo tratto, che sfocia alla Porta Vecchia, veniva invece attribuito, appunto, il nome di “via della Portavecchia” o “via della Portavecchia che va alla Madonna”. Ancora a ritroso nel tempo, nella seconda metà del XVI secolo la troviamo dalle fonti storiche indicata come “via che va a Porta Lucese”, mentre nella prima metà dello stesso secolo la troviamo come “via che va di piazza alla Porta Vecchia”, “Porta Vecchia” e, a denotare la presenza della famiglia, come “via de’ Tonti” (1500), ad indicare appunto i possedimenti di tale famiglia a metà della strada, nel lato settentrionale. Procedendo ancora indietro nel tempo, arriviamo al secolo XV, e per la prima volta (o meglio, per l’ultima volta secondo una regolare linea del tempo), troviamo per via degli Orafi la denominazione di “luogo in Taverna” (e nei secoli precedenti fino al XIII “via Taverna”, “via nova de Taberna” e “iuxta Tavernam”) e di, curiosamente ma a ragion veduta, “via del Corso” (ma di questo parleremo più avanti). Mentre il termine “Taberna”, da cui “Taverna”, con ogni probabilità indicava, in pieno Medioevo, una ampia area che circondava la strada principale ove si concentravano un gran numero di attività commerciali, di botteghe, le “tabernae” appunto. Successivamente l’area dovette restringersi fino a circoscriversi grossomodo all’odierno vicolo Taverna, anche se va detto che un po’ tutta via degli Orafi ha poi conservato nel corso dei secoli la sua forte vocazione commerciale, pur mutando nei vari secoli le merceologie. Sempre nel 1371, nei capitoli delle provvisioni del Comune, troviamo ancora un “cantum Porte Veteris” piuttosto comprensibile perché giunto così praticamente fino ad oggi (Canto alla Porta Vecchia) e identificabile esattamente all’uscita della primitiva Porta Lucchese (Lucensis), ove via degli Orafi sfocia nel quadrivio dove intravede davanti a sé la naturale prosecuzione data da via della Madonna. “Porta Lucense” o “Porta Lucensis”, la porta di accesso o di uscita dalla odierna via degli Orafi, viene, secondo gli studiosi, così denominata a partire dalla costruzione della prima cinta muraria di cui faceva parte, e sembrerebbe trovare riscontro documentale a partire dall’anno 994. Data l’importanza degli interscambi che al tempo dovevano necessariamente esserci con la città di Lucca, “capoluogo” longobardo quando anche Pistoia era longobarda, probabilmente era considerata come la più importante delle porte cittadine della prima cerchia e quindi la “Porta Vecchia” per eccellenza. Man mano che la popolazione pistoiese crebbe, la piccola cerchia muraria cittadina non fu più sufficiente e venne ampliata ad una seconda, con la porta Lucchese arretrata in corrispondenza di San Vitale fino a che non si procedette al terzo e definitivo arretramento con la creazione della terza ed ultima cerchia muraria difensiva, quella che ancora oggi conosciamo e parzialmente vediamo.

Ma l’ultimo salto a ritroso nella storia per quanto riguarda la toponomastica storica di via degli Orafi risale addirittura all’epoca antica, esattamente all’epoca classica del II secolo a.C., quando la via si chiamava addirittura Cassia! È, questa, la storia delle origini della Città e necessita, ovviamente, di un ampio approfondimento tutto suo.

NOTE ALLE IMMAGINI:

1): Un affollatissimo Canto della Porta Vecchia, tra il Palazzo Pagnini e la torre Liberty dei F.lli Lavarini, probabilmente in un giorno di festa. Cartolina viaggiata per Firenze il 01/04/1916. 7266 Edit.Domenico Pagnini, Pistoia. Coll. E. Nappini.

(2): L’elegante mole della “torre Lavarini”ripresa da via della Madonna. Cartolina viaggiata per Saint-Denis-en-Val (Francia) il 10/09/1919. 7276 Ed. Cartoleria Pagnini – Pistoia. Coll. E. Nappini.

(3): Ancora

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