Speciale NATURART - Fiera di Accenta di Gent, Belgio

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Special Edition

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Pistoia nel Mondo il Mondo a Pistoia - Pistoia in the World the World at Pistoia

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Provincia di Pistoia



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Trimestrale di Natura, Turismo e Arte sulla Provincia di Pistoia Registrazione Tribunale di Pistoia N°2/2010 del 28-05-2010 Special Edition

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Pistoia nel Mondo il Mondo a Pistoia - Pistoia in the World the World at Pistoia

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Via di Badia, 14 - 51100 Bottegone - Pistoia -Italy Tel. +39 0573 530051 - Fax +39 0573 530486 info@naturartpistoia.it - www.naturartpistoia.it Per la tua pubblicità sulla rivista contatta la Giorgio Tesi Editrice o invia una e-mail a grafica@giorgiotesivivai.it

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Di questo numero sono state diffuse 2.000 copie. 2,000 copies of this issue have been distributed.

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Direttore Responsabile Luciano Corsini - info@naturartpistoia.it

Coordinamento Redazione Enza Pirrera Carlo Vezzosi

Art Director Nicolò Begliomini - grafica@giorgiotesigroup.it

Comunicazione e Marketing Fabio Fondatori - marketing@giorgiotesigroup.it

Segreteria Carolina Begliomini Maria Grazia Taddeo info@naturartpistoia.it

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La Camera di Commercio mette al centro l’impresa The Chamber A of Commerce lleanza e collaborazione rappresentano i principi sui quali questa Camera di Commercio fonda la propria legittimazione istituzionale ed il “valore pubblico” che essa rappresenta per il sistema economico territoriale. Al centro delle politiche di programmazione e di organizzazione dell’ente camerale pistoiese c’è “l’impresa ed il modo di fare impresa sotto tutte le sue forme”. Promuovere il territorio attraverso una visione sistemica è da considerarsi una priorità assoluta. L’armonia di processi e di competenze fra più soggetti ed ambiti intersettoriali rafforzano, senza dubbio, ciascun risultato. Il sistema camerale, al quale viene riconosciuto il ruolo di leadership e di guida delle politiche economiche del territorio, deve sempre più fungere da stimolo e da polo di aggregazione sui temi che ne condizionano lo sviluppo e deve essere capace di attrarre energie e risorse su idee progettuali fortemente innovative. L’impegno della Camera di Commercio di Pistoia va proprio in questa direzione. Trasversalità, condivisione e valorizzazione sono anche principi-base di Naturart, questo prezioso prodotto editoriale nato proprio dalla fusione di più eccellenze territoriali, fra le quali il vivaismo rappresenta la più alta testimonianza. In questo numero promozionale Pistoia trova la sua naturale vetrina. Si tratta di un’occasione preziosa per Pistoia e per le sue aziende, non solo per far conoscere a livello internazionale la ricchezza e l’eterogeneità del territorio e della produzione enogastronomica e manifatturiera di alto livello.

focuses on the enterprise

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Stefano Morandi Presidente Camera di Commercio di Pistoia President of the Chamber of Commerce of Pistoia

lliance and cooperation are the principles on which this Chamber of Commerce bases its institutional legitimacy and the “public value” that it represents for the local economic system. At the center of policy planning and organization of the Chamber of Pistoia there is “the enterprise and its way of doing business in all its forms.” Promoting the area through a systemic vision is to be considered a top priority. The harmony of processes and skills among different stakeholders andcross-sectoral areas strenghten, without any doubt, every result. The chamber system, which has the role of leadership and guidance of the economic policies of the territory, must increasingly act as a stimulus and as a pole of aggregation on the issues that affect the development of the area itself and must be able to attract energy and resources on highly innovative projects. The commitment of the Chamber of Commerce of Pistoia goes in this direction. Transversality, sharing and enhancement are also basic principles of Naturart, this valuable editorial product born from the merger of various area excellences, among which plant nurseries are the highest testimony. In this promotional issue Pistoia finds its natural showcase. It is a valuable opportunity, for Pistoia and its companies, to raise awareness at international level about the richness and diversity of the area and of its food and wine production as well as of its manufacturing sectors.

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Una Provincia ricca di iniziativa S

fogliando le pagine di questo numero speciale di Naturart non posso che osservare quanto la Provincia di Pistoia sia un territorio dalle infinite potenzialità. Imprese, delle più svariate dimensioni, artigiane e non, spesso con alle spalle una lunga tradizione famigliare creano un panorama industriale unico nel suo genere. E’ facile cogliere nel dna degli imprenditori e, di riflesso, sulle loro aziende un legame col territorio e con le sue caratteristiche tutto pistoiese. Un legame che parla di storia e di storie, di qualità della vita, di paesaggio, ma anche di prodotti della tradizione, reinterpretati in maniera innovativa, attraverso un’ attenta ricerca orientata all’applicazione di tecnologie all’avanguardia. Contemporaneamente, il filo rosso che unisce le performance delle aziende pistoiesi è la capacità di non snaturare la propria filosofia imprenditoriale e la tradizione del saper fare, nel solco di una solida antica storia di artigianato e piccola impresa. Il territorio rappresenta un valore, un’ unica e irripetibile coincidenza di fattori che deve accompagnare lo sviluppo senza pagarne il prezzo più alto. Per questi motivi, pur in un momento di profonda crisi strutturale, di fronte alle tante difficoltà, il reticolo produttivo locale non ha perduto la propria spinta verso il futuro, continuando nel percorso di condividere con il resto del mondo le ricchezze che il nostro sapere può offrire. Sicuramente la galleria che Naturart ha deciso di selezionare non potrà che creare grande curiosità e ampie aspettative nel lettore che, proprio in virtù della conoscenza personale delle realtà presentate, sono certa non verranno deluse.

A Province that takes the initiative

F Federica Fratoni Presidente della Provincia di Pistoia President of the Province of Pistoia

lipping through the pages of this special issue of Naturart, anyone can easily understand how rich in potential the territory of the Province of Pistoia is. Our unique industrial scenario is made of businesses, that may vary in dimension and in specialization, with a long history behind them that comes, very often, from a family tradition. Reading the articles makes very easy to understand how deep is the bond within the territory and the entrepreneur, and, as a consequence, how typical is the link between Pistoia and its business. A link that speaks about history and heritage, lifestyle and landscape, typical products from the local tradition, viewed from the perspective of a constant innovation and a continuous research oriented to advanced technologies. At the same time, all the local activities are joined together in maintaining their own business philosophy, that is focused on preserving the know-how tradition and the ancient history of craftsmanship. The territory has a value and represents a unique coincidence of factors in which development and tradition must match. Maybe because all of these reasons, in a moment of deep structural downturn, facing all the consequent complex issues, our business hasn’t lost its drive towards the future, sharing with the rest of the world our knowledge and our assets. Surely, the overview that Naturart has carefully chosen will be thought-provoking and is going to create big expectations in the reader: because of my very personal knowledge of the quality of the businesses in this magazine, I am sure they won’t be disappointed.

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Storia e arte Ăˆ Piazza del Duomo Meravigliose architetture contengono opere fondamentali per la cultura europea

TESTI Giulia Gonfiantini FOTO Fabrizio Antonelli Nicolò Begliomini

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a qualunque lato la si osservi, si capisce al primo sguardo per quale ragione piazza del Duomo sia considerata una delle più belle d’Italia. Serena nelle atmosfere, è cinta da architetture di eleganza ordinata e monumentale, edifici che fanno gioco allo slancio del campanile, leggerissimo in altezza, per il fiorire di logge e loggette. Nei pomeriggi d’estate e nelle notti d’inverno, l’orologio fabbricato nel 1905 dalla ditta Cesare Fontana non manca di conferire alla piazza una parvenza vagamente metafisica. Insediata in origine dai romani, che proprio in questo luogo si stabilirono nel II secolo a.C., la piazza ha assunto poi il ruolo di fulcro delle attività religiose, politiche e sociali della città, ed ancora oggi costituisce il cuore della vita dei pistoiesi, che la vivono come sito privilegiato per incontrarsi: qui hanno sede, infatti, tutte le principali manifestazioni culturali e folkloristiche cittadine, oltre al mercato settimanale, che viene fatto risalire addirittura al 998. Ma una delle caratteristiche più affascinanti di questo luogo risiede nella commistione di arte e natura che esso rappresenta: aldilà dei monumenti del centro storico è possibile ammirare le colline ed i monti dell’Appennino, che circondano la città e la cui presenza ha fortemente contraddistinto la vita locale fin dal Medioevo. Pistoia si trova, infatti, a pochi chilometri di distanza dai più importanti tracciati del pellegrinaggio medioevale, i quali collegavano l’ovest ed il nord-ovest europeo a Roma; in particolare, la città esercitò 8

una particolare influenza su quanti percorrevano l’itinerario verso il santuario spagnolo di Santiago de Compostela e la via Francigena. Proprio San Jacopo, del resto, è il Santo Patrono della città; dunque un percorso volto alla conoscenza della storia e della cultura dell’intero territorio può essere fatto iniziare proprio dal luogo a partire da cui, nel Medioevo, molti pellegrini intraprendevano il cosiddetto «camino di Sant’Jago». Dentro la Cattedrale di San Zeno, infatti, è custodita una reliquia del Santo, all’interno di un imponente altare d’argento considerato uno dei vertici dell’oreficeria gotica italiana; impossibile qui elencare le innumerevoli testimonianze artistiche site all’interno del Duomo, mentre è d’obbligo fare cenno alla duecentesca croce dipinta da Coppo di Marcovaldo e Salerno di Coppo, recentemente restaurata per mano di Alfio Del Serra, pistoiese che ha dedicato la vita al risanamento di opere d’arte dal valore inestimabile e che per venti anni ha lavorato in esclusiva per la Galleria degli Uffizi di Firenze: «L’arte del periodo alto medioevale – sostiene - è ritenuta fondamentale per la civiltà europea, e Pistoia ha una quantità enorme di testimonianze di quel periodo, sparse in luoghi diversi della città; in particolare, Coppo di Marcovaldo può essere considerato per la pittura ciò che Nicola Pisano nel Duecento è stato in ambito scultoreo». Attualmente Del Serra è impegnato nel recupero della seicentesca «Resurrezione» dell’Allori.

Sopra - Giostra dell’Orso, ogni anno il 25 di Luglio. Above - Giostra dell’Orso, every year on July 25th. Sotto - Mercato. Si svolge mercoledi e sabato. Below - The market. Every Wednesday and Saturday.


History and Art in the Cathedral Square Fundamental works of art for European culture are found in this beautiful architecture

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Sopra - Altare di Sant’Jacopo in Duomo. Above - The Altar of Sant’Jacopo in the Duomo. Sotto - Il duecentesco Crocifisso su tavola di Coppo di Marcovaldo e Salerno di Coppo. Below - The 13th century wooden Crucifix by Coppo di Marcovaldo and Salerno di Coppo.

rom whichever angle one observes it, it is immediately understood why the Piazza del Duomo is considered one of the most beautiful in Italy. With its serene atmosphere, its architecture is surrounded by an ordered and monumental elegance, buildings that highlight the sway of the tall and slim bell tower, the flourishing loggia and loggette. During summer afternoons and winter nights, the clock, made in 1905 by the company Cesare Fontana, a vaguely metaphysical appearance is bestowed upon the piazza. Originally taken over by the Romans, who settled here in the 2nd century BC., the piazza thereafter took on the role of the center of the religious, political and social domains of the city, and still today constitutes the heart of the life of Pistoia’s residents who consider it the best place to meet. The city’s main cultural and folkloristic events are carried out here, as well as the weekly market that originally began in the year 998. One of the most fascinating characteristics of this site, however, lies in the blending of art and nature that it represents: beyond the monuments of the historical center it is possible to admire the hills and the Apennine mountains that surround the city with their presence that has strongly characterized local life since the Middle Ages. Pistoia is, in fact, just a few kilometers away from the most

important traces of the medieval pilgrimage, connecting Western and North-Western Europe to Rome. Pistoia also had power in influencing the number of pilgrims who passed through the routes toward the Spanish sanctuary, Santiago de Compostela and the Via Francigena. San Jacopo is, in fact, the Patron Saint of the city; therefore, an itinerary focusing on the history and culture of the entire territory may begin precisely from the place in which in the Middle Ages many pilgrims ventured on the so-called “Camino di Sant’Jago.” Inside the Cathedral of San Zeno, moreover, the relic of the Saint is housed inside the imposing silver altar, considered one of the best of goldsmithery of the Italian Gothic period. It is impossible to list the numerous artistic testaments inside the Duomo here; it is critical, however, to mention the 13th century cross painted by Coppo di Marcovaldo and Salerno di Coppo, recently restored by Alfio Del Serra, an art restorer from Pistoia who dedicated his life to the improvement of works of art of inestimable value, and who for twenty years worked exclusively for the Uffizi Gallery of Florence: “The art of the High Middle Ages,” he suggests, “is considered fundamental for European civilization, and Pistoia has an enormous quantity of evidence from that period, scattered in different places throughout the city. Coppo di Marcovaldo, in particular, can be considered for painting what Nicola Pisano in the 13th century was for sculpture. ”Currently, Del Serra is involved in the restoring of Allori’s 17th century “Resurrezione”.

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Uscendo dalla cattedrale e dando le spalle alla sua torre campanaria, ci si scopre circondati da architetture di rara bellezza; dall’adiacente Palazzo dei Vescovi, edificio costruito forse più di mille anni fa e che ora è il risultato delle numerose manipolazioni compiute nel corso dei secoli, all’eleganza dell’ottagonale Battistero di San Giovanni in Corte, progettato originariamente da Andrea Pisano e considerato una delle massime espressioni del gotico toscano: l’esterno dell’edificio è interamente rivestito di marmo bianco e verde ed è impreziosito dalla presenza di tre portali decorati con bassorilievi e capitelli scolpiti, mentre all’interno il fonte battesimale, realizzato da Lanfranco da Como nel 1226, costituisce la testimonianza più antica della struttura originaria. Altre costruzioni rappresentanti il potere politico, civile e giudiziario nella piazza si contendono lo spazio con quelli a sfondo religioso: tra essi predomina senz’altro la mole del Palazzo comunale o degli Anziani, noto anche come Palazzo di Giano, perché tradizionalmente ritenuto opera della volontà di Giano della Bella, podestà della città alla fine del Duecento. Se il cortile, in cui oggi si fa ammirare il «Miracolo» di Marino Marini, fa parte del nucleo originario dell’edificio, non così la quinta arcata esterna, frutto di un ampliamento successivo e che in effetti appare leggermente differente dalle altre. Ma la facciata in pietra arenaria del palazzo è capace di suscitare la curiosità dell’osservatore per altri motivi: essa riporta, oltre allo stemma centrale dei Medici, molte insegne di epoca medioevale; tra queste la testa di marmo nero sormontata da una mazza in ferro, che taluni identificano con il ritratto del traditore della città Filippo Tedici. 10

Proprio di fronte al Palazzo comunale sorge il Palazzo pretorio, sede del tribunale cittadino: costruito nel XIV secolo per ampliare la residenza del podestà, il suo aspetto medioevale è in realtà dovuto soprattutto ad un restauro eseguito nell’Ottocento, ed anche molte delle decorazioni presenti nella suggestiva corte interna sono state realizzate in quel periodo. L’ultimo lato della piazza, infine, è occupato da edifici più recenti: al secolo scorso risale quello che oggi è il Palazzo del governo, mentre di origine settecentesca è Palazzo Bracciolini, attualmente sede di un importante istituto di credito.

Sopra a sinistra - Palazzo dei Vescovi: facciata realizzata in diverse epoche. Above left - The Bishop’s Palace: Facade constructed in different periods. Sopra a destra - Battistero di San Giovanni in Corte. Above right - Baptistery of San Giovanni in Corte. Sinistra - Stemma Mediceo sulla facciata del Palazzo di Giano Della Bella (ora Palazzo Comunale). Left - Medici family crest on the facade of the Palace of Giano Della Bella (today the Town Hall). Sopra - Il Miracolo, scultura in bronzo di Marino Marini nel cortile medievale del palazzo Comunale. Above - The Miracle, bronze sculpture by Marino Marini in the Town Hall’s medieval courtyard.


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Exiting the Cathedral with our back to the bell tower, we find ourselves surrounded by architecture of rare beauty. From the adjacent Palazzo dei Vescovi - a building constructed possibly more than a million years ago and which now is the result of numerous structural changes carried out in the course of the centuries - to the elegant octagonal Baptistery of San Giovanni in Corte, originally designed by Andrea Pisano, and considered one of the highest expressions of Tuscan Gothic architecture. The external part of the building is entirely covered in white and green marble, and is embellished by the presence of three portals decorated with bas-reliefs and sculpted capitals, while the interior contains the baptismal fountain built by Lanfranco da Como in 1226, the oldest testimony of the original structure. Other buildings in the piazza representing the political, civil and judicial powers compete for space with the religious ones in the background. Among these the large structure of the Palazzo comunale or degli Anziani stands out, noted also as Palazzo di Giano because it was traditionally regarded as the work at the order of Giano della Bella, mayor (podestà) of the city at the end of the 13th century.

If the courtyard - where today one can admire the “Miracolo” by Marino Marini - is part of the original nucleus of the building, and not the fifth external arch, being the result of a successive modification and that actually appears slightly different from the other. The façade of the building in pietra arenaria is able to arouse the curiosity of the observer for other motives. Other than the central stem of the Medici family, there are many stems from the medieval period; among these is the black marble head overlapped by an iron club that some identify with the image of the trader of the city, Filippo Tedici. Right in front of the Palazzo comunale is the Palazzo pretorio, the current site of the city jail. It was constructed in the 14th century in order to enlarge the mayor’s residence. Its medieval aspect is, in fact, the result of a restoration carried out in the 19th century, and many of its present decorations in the suggestive internal courtyard were built in that period as well. Finally, more recent buildings occupy the last angle of the piazza. From the last century is the Palazzo del governo, while Palazzo Bracciolini - currently the headquarters of an important credit institute - was built in the 18th century.

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Cattedrale di San Zeno e Campanile Cathedral of San Zeno and the Bell Tower

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Palazzo dei Vescovi The Bishop’s Palace

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Battistero di San Giovanni in Corte Baptistery of San Giovanni in Corte

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Palazzo Pretorio o del Podestà Magistrate’s Hall (or Mayor’s Hall)

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Palazzo del Governo Government Hall

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Torre di Catilina Tower of Catilina

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Ex Chiesa di Santa Maria Cavaliera Ex-church of Santa Maria Cavaliera

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Palazzo Comunale Town Hall

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Civiltà dell’accoglienza e arte immensa Giovanni Della Robbia e Santi Buglioni autori di uno dei simboli più prestigiosi di Pistoia, posto sulla facciata dell’Ospedale del Ceppo

TESTI Giulia Gonfiantini FOTO Fabrizio Antonelli Nicolò Begliomini

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’ uno dei capolavori più significativi del Rinascimento toscano, tanto che, nel corso del tempo, è stato ed è considerato fra i simboli più prestigiosi della città di Pistoia. La storia del fregio dell’ospedale del Ceppo ha inizio nella prima metà del Cinquecento, quando il monaco certosino, Leonardo Buonafede commissionò a Giovanni Della Robbia la raffigurazione delle sette Opere di Misericordia, ammirabili, ancora oggi, da piazza Giovanni XXIII. I Della Robbia, famiglia di scultori fiorentini attiva tra il XV e il XVI secolo, sono celebri in tutto il mondo per le loro terracotte invetriate policrome. Quello pistoiese, però, costituisce, per molti aspetti, un esemplare unico, se non addirittura il culmine di questa particolare tecnica. «Si tratta – sottolinea lo storico dell’arte Gianluca Chelucci – di un racconto per immagini di tipologia inedita, di un’invenzione che non trova eguali. Tra le altre opere della tradizione robbiana non ve ne è, infatti, nessun’altra che possa vantare la stessa completezza ed organicità». L’opera fu realizzata tra il 1526 e il 1528 da Giovanni Della Robbia e dal suo allievo Santi Buglioni, nipote di Benedetto Buglioni, già autore, circa dieci anni prima, dell’Incoronazione della Vergine e del medaglione con lo stemma del Ceppo posto sulla facciata dell’ospedale. A Santi vengono attribuiti i primi sei pannelli del fregio, mentre Giovanni avrebbe modellato i medaglioni con scene di Vita della Vergine e lo stemma dei Medici. Con la sua morte e l’avvento della peste l’opera fu abbandonata, per essere portata a termine cinquant’anni dopo da Filippo di Lorenzo Paladini. La fondazione dell’ospedale del Ceppo viene abitualmente fatta risalire al 1277 e deve il proprio 14

nome ad un’antica leggenda pistoiese. La tradizione vuole, infatti, che la Vergine Maria, apparsa in sogno ai due pii coniugi Antimo e Bendinella, avesse ordinato di fondare un ospedale là dove fosse stato trovato un ceppo fiorito in pieno inverno. All’alba del XVI secolo l’istituzione, divenuta oggetto di aspre lotte tra le nobili famiglie dei Panciatichi e dei Cancellieri, venne infine assoggettata all’Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze. Il controllo passò dunque nelle mani dello “spedalingo” fiorentino Bonafede, che volle

ingentilire il luogo, già di per sé teatro di dolore e sofferenza e poi sede di scontri politici, con una grandiosa opera d’arte. «Il valore artistico e storico del fregio è indiscusso – continua Chelucci – ma esso si distingue soprattutto come una testimonianza umanistica universale, individuando nella bellezza e nella solidarietà i valori fondanti del vivere sociale, dell’idea stessa di città». Il fregio consta in una vivace striscia colorata, al cui interno prendono vita otto scene intercalate dalle virtù cardinali e teologali e da due Sfingi.


The civility of reception and boundless art Giovanni Della Robbia and Santi Buglioni - creators of one of the most prestigious symbols of Pistoia, on the façade of the Ospedale del Ceppo

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he frieze on the Ospedale del Ceppo is one of the most important masterpieces of the Tuscan Renaissance and has long been considered one of the most prestigious symbols of the city of Pistoia. Its history begins in the first half of the 16th century when the Carthusian monk Leonardo Buonafede commissioned Giovanni Della Robbia to portray the seven Acts of Mercy, which can still be admired today in Piazza Giovanni XXIII. The Florentine Della Robbia family of sculptors, active in the 15th and 16th centuries, is internationally renowned for multicolored glazed terracotta work. However, in many respects, the work in Pistoia is a unique example, even the culmination, of this particular technique. As art historian Gianluca Chelucci has stated, “We are talking about a narrative for images we have never seen before, unmatched creativity. In fact, no other Della Robbian sculpture is this detailed and organic”. The frieze was created between 1526 and 1528 by Giovanni Della Robbia and his student Santi Buglioni, the nephew of Benedetto Buglioni (who had completed the Coronation of the Virgin and the medallion with the Ceppo coat of arms on the façade of the hospital ten years prior). While the first six panels of the frieze are attributed to Santi, Giovanni would have sculpted the medallions with scenes from the Life of the Virgin and the Medici coat of arms. Upon Giovanni’s death and with the arrival of the plague, work on the frieze was abandoned, only to be completed fifty years later by Filippo di Lorenzo Paladini.

The foundation of the Ospedale del Ceppo is generally dated to 1277. The hospital’s name comes from an old Pistoia legend according to which the Virgin Mary appeared to the pious husband and wife Antimo and Bendinella in their dreams and ordered them to found a hospital at the site where a tree stump (ceppo) was found flowering in the middle of winter. By the beginning of the 16th century, the institution had become the subject of bitter feuds between the noble Panciatichi and Cancellieri families and was finally placed under the jurisdiction of the main Santa Maria Nuova in Florence. Control later passed into the hands of the Florentine spedalingo (hospital prefect) Bonafede, who wished to ennoble the building – formerly a theater of pain and suffering per se, and later the site of political conflicts – with a majestic work of art. “While the artistic and historical value of the frieze is unquestioned,” continues Chelucci, “it is primarily distinguished as a universal testimony to humanism, its beauty and solidarity characterizing the founding values of social life, the idea of the city itself”. The frieze is comprised of a vibrant multicolored band within which eight scenes come to life in between the cardinal and theological virtues and two sphinxes.

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Svelati arcaici misteri Quattro passi sottoterra per tutti La cittĂ sotterranea riportata finalmente alla luce TESTI Enza Pirrera FOTO Fabrizio Antonelli

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Archaic mysteries revealed A walk in underground Pistoia for everyone

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e non si ha consuetudine con questa area toscana per amare perdutamente Pistoia, e per sempre, basta arrivare nelle immediate vicinanze dell’accesso alla Pistoia Sotterranea.Quando, svoltando da una della vie che immettono in p.zza Giovanni XXIII, t’appare la facciata dell’Ospedale del Ceppo. Il difficile è riuscire a distogliere lo sguardo dal fregio robbiano rappresentante le sette Opere di Misericordia, che, collocato dall’inizio del ‘500 orna e caratterizza il frontespizio della costruzione pistoiese, in modo universalmente noto. Tanto che, per esempio, a Mosca, nella Tretyakov Gallery, ne è ammirabile una fedele riproduzione. Osservare le terrecotte policrome invetriate, merito del genio di maestri che operarono fra XV e XVI sec., inventori di tecniche conservative capaci di portale a noi intatte, è esperienza forte e indimenticabile. La discesa nella città sotterranea, recentemente svelata, è a sinistra, sotto il porticato e vi si accede dal primo portone. Stiamo parlando della più lunga area sotterranea bonificata della regione, circa 1.200 metri, dei quali sono visitabili ben 650 metri, accessibili e godibili anche da chi necessita di strutture agevolate, sicurezze e tecnologie particolari. Inoltre un percorso tattile consente conoscenze ed emozioni non visive. Una complessa opera di risanamento e recupero della vasta area ipogea si snoda nel sottosuolo, che va da piazza del Carmine a via San Marco, la via del Ceppo, piazza San Lorenzo, via del Fiore e si insinua poi fra via dei Giardini e via dei Baroni. Penetrare nelle viscere della città consente di appropriarsi anche della sua storia, si segue

l’alveo profondo del torrente Brana (poi Gora di Scornio), deviato già in epoca medievale per bonificare il Pantano a est del centro urbano, e in parte ricoperto con volte a botte nel Rinascimento, per sostenere la costruzione di strutture ospedaliere. Risalgono a epoca romana precedenti opere di bonifica con deviazione di un altro corso d’acqua, il Diecine. Il Brana fu indotto, prima a seguire la seconda cerchia di mura, fungendo da fossato e, dopo la costruzione delle terza cerchia muraria, trasfomato in gora funzionale al serivizio idrico. E’ però l’evolversi dell’urbanizzazione nei secoli ch’è ben leggibile, strati risalenti al ‘200 si fondono con testimonianze di edilizia successiva dei diversi secoli, in altezze che variano dai due ai sei metri. Volte, basamenti, residui di attrezzature idrauliche per opifici e frantoi, ponti romani e medievali, mura, torri della cinta muraria, conducono a saperi nuovi e intriganti, ma anche a effetti fantastici di visione fra il sotto e il sopra della città come in corrispondenza di piazza San Lorenzo. Da non perdersi: nell’Ospedale del Ceppo è ammirabile il Teatro Anatomico, costruito nella seconda metà del settecento, piccolo e funzionale è un vero gioiello architettonico, mentre, sempre in loco, sono molte le curiosità soddisfatte dal Museo dei Ferri chirurgici.

Piazza Giovanni XXIII – 51100 Pistoia orari 9/17 tutti i giorni - biglietteria chiusa ore 16 Hours: 9:00-17:00 every day – ticket closes at 16:00 Infopoint tel. +39 0573 368023 www.irsapt.it - e-mail pistoiasotterranea@irsapt.it

f you aren’t familiar with this Tuscan area to hopelessly love Pistoia forever, it would suffice to go to the nearest point of access to underground Pistoia. As you turn down one of the streets that lead to Piazza Giovanni XXIII, the façade of the Ospedale del Ceppo will appear before you. The difficult thing is to turn your gaze away from the decoration by della Robbia representing the seven Works of Misericordia placed there at the beginning of the 16th century, and that adorn the frontispiece of the building in a way that is universally recognized; the Tretyakov Gallery of Moscow, in fact, has a faithful reproduction of it. To observe the glazed polychrome terracotta - merit of the genius of artists that worked during the 15th and 16th centuries and inventors of conservative techniques that have been handed down to us in tact - is a powerful and unforgettable experience. The descent into the recently revealed underground city begins on the left under the portico, accessible from the first door. We are talking about the longest subterranean area reclaimed by the region - about 1,200 meters, of which 650 meters are visitable, accessible and enjoyable also by those who require accommodating, secure structures as well as certain kinds of technology. It is also a tactile journey that involves non-visual knowledge and emotions. A complex work of restoration and salvaging of the vast underground area unwinds in the subsoil that leads from Piazza del Carmine to Via San Marco, Via del Ceppo, Piazza San Lorenzo, Via del Fiore and brushes past Via dei Giardini and Via dei Baroni. To be able to penetrate the depths of the city allows one to take hold of its history. The deep riverbed of the Brana stream (and then Gora di Scornio), deviated already in medieval times in order to reclaim the swamp on the east of the urban center, and was in part covered up with vaults in the Renaissance in order to sustain the construction of hospital structures. From Roman times previous works have been reclaimed with a deviation of another stream of water, the Diecine. The Brana was induced first following the second city wall, functioning as a moat and after the construction of the third city wall - transformed into a channel serving as a water supply. It is clear, however, that urbanization throughout the centuries, and the layers from the 13th century, blend with testimony of successive constructions from different centuries in heights that vary from two to six meters. Vaults, bases, residue of hydraulic equipment for factories and olive presses, Roman and medieval bridges, walls, towers of the city wall, and the fantastic visual effects of seeing above and below the city near Piazza San Lorenzo: all lead to new and interesting knowledge. What is also not to be missed is the Teatro Anatomico (Anatomical Theater) in the Ospedale del Ceppo, built in the second half of the 18th century. It is small and functional as well as a true architectural jewel; while still in this area, the Museo dei Ferri chirurgici (Museum of Surgical Instruments) can furthermore satisfy many curiosities. 17


La grande scuola di Nicola e Giovanni Pisano Il mirabile capolavoro scultoreo nella chiesa di Sant’Andrea Movimento e drammaticità ne caratterizzano lo stile TESTI Giulia Gonfiantini

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FOTO Nicolò Begliomini

a presenza dei Pisano a Pistoia ha ufficialmente inizio nel 1273, quando a Nicola fu affidata l’esecuzione dell’altare di Sant’Jacopo all’interno del Duomo; ma è il figlio Giovanni a toccare i vertici della scultura medioevale italiana, con la realizzazione di uno dei pulpiti marmorei più belli al mondo, conservato ancora oggi all’interno della chiesa di Sant’Andrea. La città, del resto, era già nota nel Quattrocento come «la città dei pulpiti», poiché ne conservava ben quattro di inestimabile valore oltre a quello del Pisano. Ancora oggi sono ammirabili quelli di di S. Bartolomeo in Pantano e, di Fra’ Guglielmo da Pisa, allievo di Nicola Pisano, di S. Giovanni Fuorcivitas, mentre un quarto pulpito, originariamente sito nella cattedrale di San Zeno, è andato disperso. La struttura realizzata da Giovanni Pisano tra il 1298 ed il 1301 è solo in parte comparabile a quelli scolpiti precedentemente dal padre a Pisa e a Siena: di forma esagonale, esso poggia su sei colonne laterali di marmo rosso ed una centrale; due di queste sono sorrette da leoni stilofori e una da Atlante ripiegato su se stesso, mentre la colonna centrale poggia su tre grifoni alati. L’iconografia dell’opera si riferisce alla dottrina della Redenzione e segue uno schema secondo cui il registro inferiore è dedicato alle Allegorie, il mediano alle Profezie ed il superiore alla manifestazione di Cristo nella storia del mondo, dalla nascita alla crocifissione fino al giudizio universale. Anche se è evidente la vicinanza alle raffigurazioni simboliche tipiche dell’età romanica, lo stile 18

di Giovanni si avvicina maggiormente ai tumulti propri del gotico, per un elevato dinamismo delle figure scolpite e per la loro travolgente carica espressiva; in questi aspetti risiedono dunque le differenze con Nicola, i cui pur grandiosi pulpiti appaiono più misurati e ordinati. Forse proprio a ciò intende riferirsi l’iscrizione in lingua latina posta nella fascia che separa la zona delle arcatelle da quelle del sovrastante parapetto del ballatoio: in essa vengono nominati il committente Arnoldo, i tesorieri Andrea Vitelli e Tino di Vitale, e lo stesso Giovanni Pisano, che in questo pulpito «seppe superare il padre in sapienza». Certo è che in esso l’equilibrio e l’armoniosa accuratezza propri delle rappresentazioni di Nicola sono abbandonati a favore di una drammaticità nuova per l’epoca: alla dovizia di particolari Giovanni preferisce il movimento e l’intensità del gesto, ricavandone una forza espressiva che raramente trova eguali nel gotico europeo e che anzi sembra distaccarsi dalla canonica concezione di rilievo per avvicinarsi semmai alla plasticità propria della prassi scultorea a tutto tondo. Originariamente creato per essere posto dinanzi al presbiterio della chiesa, oggi il pulpito si trova lungo la navata sinistra in prossimità della penultima colonna. A rimuoverlo dalla sua iniziale collocazione fu il pievano Bartolomeo Cellesi nel 1619, quando oramai esso non veniva più utilizzato per la Messa ma soltanto per la predicazione; in quel periodo, inoltre, il pulpito venne scomposto e privato di qualche sua parte, tra cui due leggii oggi conservati altrove: quello dell’Evangelo

Foto apertura - Telamone, particolare. Opening photo - Telamone, detail. Sinistra - Strage degli innocenti, particolare . Left - The Massacre of the Innocents, detail. Destra - Chiesa di Sant’Andrea, il Pulpito. Rigth - Pulpit of the Church of Sant’Andrea.

con l’Aquila di San Giovanni, che in origine completava il tetramorfo, si trova attualmente tra le collezioni del Metropolitan Museum di New York, mentre quello dell’Epistola con Cristo in Pietà tra due angeli, che completava il gruppo dei tre apostoli, è custodito presso i musei statali di Berlino. All’interno della chiesa di Sant’Andrea vi sono altre opere riconducibili a Giovanni Pisano e alla sua bottega, come i due bellissimi crocifissi lignei o la statua di Sant’Andrea della facciata esterna; ma in città si trovano innumerevoli testimonianze di questa importante scuola scultorea medioevale e, più in generale, della prima età gotica. Una di queste, riportata recentemente alla luce dalla restauratrice Barbara Schleicher, tedesca di origine, ma ormai fiorentina d’adozione, è il crocifisso ligneo trecentesco sito nell’abside della chiesa di San Bartolomeo in Pantano, dalla caratteristica forma a Y.


The Nicola and Giovanni Pisano School The sculptural masterpiece in the Chiesa of Sant’Andrea: A style characterized by movement and dynamism

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he presence of the Pisano’s in Pistoia officially began in 1273 when Nicola Pisano was given the commission of the altar of Saint Jacob inside the Duomo; it was his son, Giovanni, however, who reached the peak of medieval Italian sculpture with the realization of one of most beautiful marble pulpits in the world, conserved to this today inside the Church of Sant’Andrea. Pistoia was already acclaimed in the 15th century as “the city of pulpits,” and in addition to Pisano’s there were four others, all of inestimable worth. Still today remain the pulpits by S. Bartolomeo in Pantano, Fra’ Guglielmo da Pisa (a student of Nicola Pisano), S. Giovanni Fuorcivitas, while a fourth pulpit, originally placed in the Cathedral of San Zeno, was lost. The structure built by Giovanni Pisano between 1298 and 1301 is only partly comparable to those sculpted previously by his father in Pisa and Siena. Hexagonal in form, it rests on six lateral

red marble columns and the center: two of these are supported by stiloforo lions and one of Atlantis bent down, while the central column rests on three winged griffons. The iconography of the work refers to the doctrine of the Redemption and tells the story with the lower register being dedicated to the Allegories, the middle one to the Prophecies, and the upper one to the manifestation of Christ in the history of the world, from birth to his crucifixion, and finally the universal judgment. Even if the similarity to symbolic representations from the Romanic era is evident, Giovanni’s style is actually more closely tied to the turmoil of the Gothic period, for the elevated dynamism of the sculpted figures and for their overwhelming expressive charge. In this aspect he differs from Nicola, whose great pulpits appear more measured and ordered. This is possibly the point Giovanni intended to make with the Latin inscription posted in the strip that separates the area of the small arches from those of the railing above the galleries. In it are the names of the patrons Arnoldo, the treasurers Andrea Vitelli and Tino di Vitale, and Giovanni Pisano, who, in this pulpit “knew how to supercede his father’s knowledge.” It is here that the equilibrium and harmonious accuracy of Nicola’s representations are disregarded in favor of the new dramatic emotion for the period. With a wealth of details, Giovanni prefers movement and intensity of the gesture, liberating an expressive force from it that is rarely equaled in the European Gothic, and seems rather to detach itself from the canonical conception of relief in order to come closer to the plasticity of the sculptural technique of the tondo.

The pulpit was originally conceived to be placed in front of the presbytery of the church; today, however, it is housed along the left nave near the second to last column. Bartolomeo Cellesi, of Pieve, removed it in 1619 from its original collocation, by then no longer used for the Masses and only for preaching. In that period, moreover, the pulpit was disassembled and stripped of some of its parts, among which two lecterns which are now conserved elsewhere: the one with San Giovanni Evangelist and the eagle that originally completed the tetramorphe is currently found in the collections of the Metropolitan Museum of New York, while the one with the epistle with Christ in Pietà with two angels that completed the group of three apostles, is kept by the state museums of Berlin. Inside the Church of Sant’Andrea there are other works attributed to Giovanni Pisano and his school: the two beautiful wooden crucifixes and the statue of Sant’Andrea on the external façade. Throughout the city there are also numerous examples of this important medieval sculptural school and - more in general - from the first Gothic period. One of these, brought recently back to light from restoration by the restorer Barbara Schleicher (of German nationality, but by now a Florentine by adoption) is the 14th century wooden crucifix housed in the apse of the church of San Bartolomeo in Pantano, with the characteristic ‘Y’ form.

Foto - San Giovanni Fuorcivitas, acquasantiera. Photo - Holy Water Font in San Giovanni Fuorcivitas.

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Altare Argentato

La Sacrestia dei belli arredi CosĂŹ Dante Alighieri definĂŹ la Cappella di San Jacopo, dentro la Cattedrale del capoluogo

TESTI Leonardo Begliomini FOTO Fabrizio Antonelli

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Nel 1400-1401, sulla fiancata destra furono realizzati dalla bottega di Lunardo di Mazzeo e Piero di Giovanni, due busti dei profeti Isaia e Geremia, che meritano speciale attenzione perché attribuiti a Filippo Brunelleschi, al quale, da parte della critica più recente, si attribuiscono anche le statuette di S. Gregorio Magno, S. Agostino e S. Luca Evangelista, situate in alto della stessa fiancata. Nel 1409, vi lavorò Niccolò di ser Guglielmo autore dei restanti evangelisti, poi di seguito Piero d’Antonio da Pisa autore delle restanti decorazioni. L’altare era in origine ornato da smalti, gemme di valore e dorature, che per le modifiche successive, le ingiurie del tempo e degli uomini (famoso il furto di alcune gemme da parte di Vanni Fucci di dantesca memoria) sono andati perduti e ne hanno senz’altro sminuito il valore decorativo. Nonostante le varie vicissitudini (non ultima lo smontaggio dell’altare, durante la seconda guerra mondiale, fatto per porlo al riparo dai pericoli di un eventuale bombardamento) rimane un opera di grande pregio pari o superiore a capolavori d’oreficeria del medioevo, come il dossale di S. Giovanni a Firenze, l’altare di Volvino a Milano e la pala d’oro di S. Marco a Venezia. L’altare formato a sbalzo nella quasi totalità delle formelle e delle nicchie, è finito con raffinati smalti, dorature e inserti di pietre preziose, e appare, nel suo fulgore, come testimonianza dell’assoluta perizia degli orafi toscani, che, nel doppio loggiato gotico, palesano di essere a conoscenza delle coeve esperienze artistiche, vedi Giovanni e Andrea Pisano, per quanto riguarda Andrea d’Ognabene (La crocifissione) e dell’Orcagna, per l’opera di Leonardo di ser Giovanni. Le figure, tutte, possiedono una monumentalità così imponente che possono benissimo confrontarsi con la statuaria del periodo. Nelle figure di profeti (Geremia e Isaia), di Brunelleschi, il grande artista crea un effetto di notevole tridimensionalità, con un’esecuzione raffinata, i corpi ben modellati che cercano dialogo con lo spazio circostante, uscendo dalle formelle quadrilobate di chiara matrice gotica. Soluzione che poi riprenderà anche nella formella del sacrificio d’Isacco per il concorso delle porte del battistero fiorentino, e già sembrano aprire a quello che sarà il Rinascimento fiorentino.

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altare di San Jacopo conservato nella cappella del crocefisso della cattedrale di Pistoia, fu realizzato in lamina d’argento fra il 1287 e il 1456 da orafi che in questi due secoli dettero saggio della loro valentia. Questa opera dette l’occasione a Dante di definire, nel XXIV canto dell’inferno, “la sagrestia de’ belli arredi” la cappella di San Jacopo, che in origine lo conteneva. La prima parte dell’altare, probabilmente, era composta da un dossale semplice, costituito da un solo ordine di tredici nicchie con immagini della Madonna e dei dodici apostoli. La cui realizzazione si è soliti attribuire all’orafo senese Pace di Valentino o per alcuni a un’ipotetica esecuzione da parte di Maestro Pace. L’altare nella sua forma attuale, però, è il prodotto di modifiche e accrescimenti, che si sono succeduti nel corso di quei due secoli sopra citati e che ne hanno fatto un capolavoro unico al mondo. 22

Nel 1316, fu ordinata l’esecuzione del paliotto centrale ad Andrea di Jacopo d’Ognabene con le storie del Nuovo testamento. Nel 1352, Gilio Pisano collocò al centro del dossale la statua di S. Jacopo. Dal 1361 al 1371, furono eseguiti due paliotti laterali: quello sinistro, con le storie del Vecchio testamento, fu sbalzato e cesellato da Francesco di Niccolò e da Leonardo di ser Giovanni, orafi fiorentini; quello destro, con la vita di S. Jacopo, fu eseguita dal solo Leonardo di ser Giovanni. Nel 1381, Piero d’Arrigo Tedesco fece la predella su cui si posa il dossale e, nel 1386, le statuette dei santi nella parte anteriore delle paraste, nel 1390, infine, le figure della Madonna e dell’angelo nella parte superiore del dossale. Quindi gli orafi Nofri di Buto e Atto di Piero Braccini, realizzarono, un paradiso con Cristo benedicente, incorniciato da una mandorla e affiancato da un coro di angeli, su disegno del pistoiese Giovanni di Bartolomeo Cristiani.

Pagine precedenti: rappresentazione Peccato Originale - Cacciata dal paradiso; in quesa pagina: Altare di San Jacopo nella Cattedrale di San Zeno. Preceeding pages: Representations of Original Sin - The Banishment from Paradise; on this page: Altar of San Jacopo in the Cathedral of San Zeno.


Silver Altar

The Sacristy of beautiful furniture This is how Dante Alighieri defined the Chapel of San Jacopo in the Cathedral of Pistoia

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he altar of San Jacopo conserved inside the Chapel of the Crucifix of the Cathedral of Pistoia, was created in silver foil between the years 1287 and 1456 by goldsmiths who, in these two centuries, became well known for their valuable production. This work gave Dante the occasion to refer to the Chapel of San Jacopo which originally held it, in Canto XXIV of his world literary masterpiece, Inferno, as “the Sacristy of beautiful furniture.” The first part of the altar probably was built with a simple dossal, made of only one order of thirteen niches with images of the Madonna and of twelve Apostles. This realization has usually been attributed to the goldsmith from Siena, Pace di Valentino, or for some a hypothesis is that it was created by Maestro Pace. The altar in its present day form, however, is the product of modifications and enlargements that have been done over the course of the 13th and 14th centuries and that they made it a masterpiece unique of its kind in the world. In 1316 the execution of the central frontal was by Andrea di Jacopo d’Ognabene with stories of the New Testament. In 1352, Gilio Pisano pla-

ced at the centre of the dossal the statue of San Jacopo. From 1361 to 1371, two lateral frontals were created: the left one, with stories from the Old Testament, was embossed and chiseled by Francesco di Niccolò and by Leonardo di ser Giovanni, Florentine goldsmiths; the one on the right, with the life of San Jacopo, was executed only by Leonardo di ser Giovanni. In 1381, Piero d’Arrigo Tedesco made the predella on which he placed the dossal and, in 1386, the figures of the Madonna and angel in the upper part. The goldsmiths, Nofri di Buto and Atto di Piero Braccini then created a Paradise with Christ giving the benediction, framed by a “Mandorla,” an almond shaped aureola, and accompanied on the sides by a chorus of angels based on the design of the Pistoiese artist, Giovanni di Bartolomeo Cristiani. In the years 1400-1401, on the right side, two busts of the prophets Isaiah and Jeremiah were created by the workshop of Leonardo di Mazzeo and Piero di Giovanni and merit special attention because they are attributed to Filippo Brunelleschi by the most recent critics; and the statues of Saint Gregory Magnum, Saint Augustine and Saint Luke the Evangelist, situated high up on the same side are now attributed to Luca Evangelista. In 1409 Niccolò di ser Guglielmo was the creator of the evangelists that remain, and then followed by Piero d’Antonio da Pisa, creator of the remaining evangelists. The altar was originally decorated by enamels, valuable gems and guiding of gold leaf; however, the modifications that would follow were a result of the abuses of time and men (the theft of several gems by Vanni Fucci of Dante’s times is an infamous event), the original decorations having been lost has now diminished the decorative value of the altar. Even considering the various vicissitudes (the last being the dismantling of the altar during World

War II, done to protect and hide it from the dangers of an eventual bombing) it remains a work of great prestige equal to, or even superior to, the masterpieces of the goldsmiths of the Middle Ages, such as the dossal of San Giovanni of Florence, the altar by Volvino in Milan and the “Pala d’oro” of Saint Mark’s in Venice. The altar, formed with its panels and niches, is finished with elegant enamels, gold leaf guiding and precious stones adorning it, and represents a testimony to the absolute expertise of the Tuscan goldsmiths, who, in the Gothic double loggia, reflect the contemporary artistic experience of their day. See Giovanni and Andre Pisano regarding the Crucifixion by Andrea d’Ognabene and Orcagna for the work of Leonardo di ser Giovanni. All of the figures possess such an imposing monumentality that they would very easily be compared to the statues of the period. In the figures of the prophets (Jeremiah and Isaiah) of Brunelleschi, the great artist created an effect of notable three dimensionality with a refined execution. The precisely modeled bodies create a dialogue with the surrounding space, coming out of the quatrefoil panels of the clear gothic style. A solution that would later be seen in the panels of the sacrifice of Isaac for the contest for the creation of the doors of the Florentine Baptistery, and already seem to inaugurate the world of what would be the Florentine Renaissance.

a sinistra: i profeti Geremia e Isaia di Filippo Brunelleschi; a destra: dossale con statua di San Gerolamo. to the left: the prophets, Geremia and Isaia by Filippo Brunelleschi; to the right: dossal with the statue of San Gerolamo. 23


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Giostra dell’Orso

Aspettando il Santo Protettore Dietro le quinte del “Palio”, che i quattro rioni cittadini si contenderanno il 25 luglio. Non solo folklore, anche cultura e sport

TESTI Giulia Gonfiantini FOTO Fabrizio Antonelli Nicolò Begliomini

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ostituisce l’evento cruciale dell’estate pistoiese ed è realizzata grazie alla passione e all’impegno di cittadini e volontari, che lavorano tutto l’anno senza lasciare niente al caso. Si tratta della Giostra dell’Orso, riedizione moderna dell’antico palio ippico esistente fin dalla prima metà del XIII secolo e legato da sempre al culto di S. Jacopo, santo patrono di Pistoia. Questa antica tradizione, così importante per la città, venne ripresa nel 1947, dopo una lunga pausa in concomitanza con il periodo delle due guerre mondiali, e, dopo un’ulteriore interruzione, tornò nuovamente ad essere disputata nella storica piazza del Duomo a metà degli anni Settanta. Da allora si svolge ogni anno nel giorno dedicato a S. Jacopo, il 25 luglio.

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Dietro la Giostra dell’Orso vi sono professionalità e competenze di alto livello: «Per questo tipo di attività – spiega Fabio Dolfi, presidente del comitato cittadino, che promuove la manifestazione – è necessaria una vera passione. Negli ultimi anni molti sono stati i miglioramenti apportati allo scopo di tutelare maggiormente i cavalli e, proprio a partire dal 2012, vige un nuovo codice di sicurezza in proposito. Il tutto senza, però, stravolgere lo spettacolo, emozionante sia per i pistoiesi sia per i turisti». A contendersi il palio sono i cavalieri rappresentanti dei quattro rioni pistoiesi, corrispondenti alle antiche porte di accesso alla città: Grifone, Leon d’Oro, Cervo Bianco, Drago. I fantini, da quest’anno due per ogni rione, fanno il loro in-

gresso in piazza preceduti da trombettieri e rulli di tamburi e prendono posto sotto il loggiato di Palazzo Comunale. Nel corso del palio devono percorrere il tracciato al galoppo e colpire con la lancia un bersaglio a forma di orso: oltre a proclamare il rione vincitore, al termine della competizione viene attribuito anche il titolo di Speron d’Oro al cavaliere, che ha conseguito il punteggio più alto. All’interno di ogni comitato rionale decine di persone lavorano tutto l’anno per preparare l’evento e per mantenere viva una tradizione, spesso tramandata da padre in figlio. «La giostra – afferma Alessandro Ieri, presidente del rione Drago, che si è aggiudicato le ultime tre edizioni del palio – è una passione per cui lavoriamo intensamente e


facciamo volentieri sacrifici». L’allenamento dei cavalli, perlopiù purosangue, ha inizio tradizionalmente dopo Pasqua: «Circa cinque o sei persone – spiega il presidente del Cervo Bianco Ubaldo Gori – si prendono cura degli animali nel corso dell’anno, prima della preparazione atletica vera e propria, che ha invece inizio a primavera ed è necessaria per prepararne la muscolatura in vista della gara». Allevatori e professionisti del settore lavorano per pianificare l’allenamento di cavalli e cavalieri; questi ultimi sono spesso professionisti, i cui nomi vengono generalmente ufficializzati tra fine aprile e inizio maggio. Pittoresco anche il contorno della manifestazione: prevede, nelle settimane antecedenti, altri appuntamenti come il palio calcistico e la sfilata d’apertura dei rioni, con musica e figuranti, che si svolge i primi di luglio. «Il ruolo del folklore – puntualizza Marco Gasperini, presidente del rione Grifone – è importante quanto l’aspetto sportivo. Per la sfilata, cui prendono parte centinaia di persone, vengono realizzati costumi ottenuti ricalcando quelli tradizionali e avvalendosi di vecchie decorazioni e altri cimeli, da noi conservati con orgoglio». «Nel complesso – aggiunge Roberto Frosini, presidente Leon d’Oro – lavorare a questo grande spettacolo è un piacere per chi, come noi, è appassionato di tradizioni, e tiene a tramandare qualcosa di così importante per l’immagine della città».

In queste pagine: in alto e nella foto qui sotto, alcuni momenti della Giostra dell’Orso; in basso, particolari della preparazione nei vari rioni. On these pages: Above and in the photo below, scenes from the Giostra dell’Orso; Below: Details of the preparation of the various districts.

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The Giostra dell’Orso

Looking forward to the day of the Patron Saint Behind the scenes of Pistoia’s “Palio” where the four city districts compete on July 25th. City folkore, culture and sport.

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t is the event that highlights the summer in Pistoia and is put on thanks to the passion and commitment of citizens and volunteers who work all year long without leaving anything behind. This is the Giostra dell’Orso (“The Joust of the Bear”), a modernized rendering of the ancient “palio” (contest) horseshow since the first part of the 13th century and has always been linked to the cult of San Jacopo, the patron saint of Pistoia. This ancient tradition that is so important for the city was taken up again in 1947, after a long pause in concomitance with the period of two world wars and, after another interruption, began to be performed in the historical Duomo Square in the mid 1960’s. Since then it takes place annually on the day dedicated to San Jacopo, July 25th. Behind the Giostra dell’Orso there are professio-

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nals and experts of a high level: “For this type of activity – explains Fabio Dolfi, President of the city committee that promotes the event – it is necessary to have true passion. In the recent years many improvements have been made for the scope of protecting the horses better, and, since 2012, a new security code has been enforced for this. All of this, however, without altering the spectacle that is as emotional for tourists as it is for the locals.” Competing in the contest are the horsemen that represent the four districts of Pistoia, which correspond to the ancient doors at the entrances of the city: the Griffon, the Golden Lion, the White Dear, and the Dragon. The jockeys, starting this year, are two for each district who make their entrance into the square followed by trumpeters and tambourine drums, and take their position under the loggia of the City Hall. In the course of the contest they have to make their way through the layout of the horse track and strike a target in the form of a bear with the sword: other than proclaiming the winning district, at the end of the competition the title of “Speron d’Oro” is awarded to the horseman who earned the highest points. Inside each district committee dozens of people work all year on the preparation for the event and to keep the tradition, which is often passed down from father to son, alive. “The joust – affirms Alessandro Ieri, President of the Dragon district, that won the last three editions of the contest – is a passion for which we work intensely and we willingly make sacrifices.” The raising of the horses, moreover, is as pure breads and traditionally


begins just after Easter: “Around five or six people – explains the President of the White Dear, Ubaldo Gori – take care of the animals during the year, before the true athletic preparation that instead begins in the spring and is necessary for the preparation of the animal’s muscles to be ready for the contests.” Trainers and professionals of the sector organize the training of the horses and horsemen. The latter are often professionals whose names are generally official at the end of April and beginning of May. The surroundings of the event are also picturesque. In the preceding weeks, other events such as the soccer “palio” and the outdoor parade of the districts, with music and appear, takes place the first of July. “The role of folklore – exclaims Marco Gasperini, President of the Griffon district – is important as much as the athletic aspect. For the parade, in which hundreds of people take part, costumes that recall the ancient traditions with ornate decorations and other heirlooms are made, and conserved by Pistoia with pride.” “On the whole – adds Roberto Frosini, President of the Golden Lion – working on this large event is a pleasure for those who, like us, are passionate about old traditions, and who care about passing down something important such as this for the image of the city.”

In queste pagine: dettagli ripresi durante i giorni della preparazione della cerimonia: On these pages: Details captured during the preparatory days before the cerimony.


Quando il colore prende forma Alla scoperta del grande scultore pistoiese Marino Marini.

TESTI Perla Cappellini FOTO Fabrizio Antonelli Archivio Museo Marino Marini

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arino Marini, nato a Pistoia nel 1901, è uno degli artisti di spicco nel panorama dell’arte moderna del Novecento. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti a Firenze, insegna scultura alla Scuola d’Arte di Monza nel 1929 e, nel 1940, diventa titolare di una cattedra all’Accademia di Brera. Al suo impegno accademico alterna nel tempo numerosi viaggi all’estero, accompagnato a partire dal 1938 dalla moglie, Mercedes Pedrazzini, affettuosamente rinominata Marina. Sono viaggi durante i quali entra in contatto con l’arte internazionale, avendo occasione di conoscere le maggiori personalità contemporanee che contribuiranno ad arricchire e stimolare la sua ricerca artistica. La forza espressiva del suo linguaggio, profondamente legato alla scultura antica e in particolare a quella etrusca, pervade le opulente “Pomone”, trapela nel drammatico equilibrio dei cavalli e dei cavalieri e nell’indagine psicologica dei ritratti, opere che hanno trovato spazio nelle molteplici esposizioni temporanee e nei musei di tutto il mondo. Nel 1979 si inaugura a Pistoia il Centro di Documentazione dell’opera di Marino Marini, che dal 1989 viene collocato nell’antica sede, interamente restaurata, dell’Ordine Ospedaliero di Sant’Antonio Abate. Le realizzazioni di Marini invadono così i suggestivi ambienti del Convento del Tau, in corso Amendola, 30

Sopra - Marino Marini a lavoro nel suo studio. Above - Marino Marini at work in his studio. Sotto - Below Cavallo, bronzo - bronze, 1945

dal cortile alla chiesa medievale dove a Cavalieri e Pomone fanno da sfondo coloratissimi dipinti trecenteschi. Nel museo è custodita l’intera collezione dell’opera grafica di Marini, circa 350 pezzi tra acqueforti, incisioni, puntesecche, in parte esposte e in parte destinate a mostre temporanee, che testimoniano l’evolversi del pensiero artistico dell’artista pistoiese, ed inoltre un’imponente gipsoteca, che raccoglie ritratti in gesso di piccole dimensioni e un gruppo di gessi monumentali. La raccolta comprende infine un cospicuo numero di disegni, acquerelli, tempere e tecniche miste, un “corpus” significativo che culmina nel grande olio del 1964, l’Incontro, dove si rivelano la straordinaria qualità di Marini pittore e la sua grande sensibilità cromatica. I severi spazi conventuali si animano così dei colori e delle forme dell’artista e lo stretto rapporto tra la pittura e la scultura - “non comincerei mai una scultura senza passare dal colore” -, si evidenzia anche nelle opere in bronzo come la Giovinetta del 1938, le tre Pomone del 1943, il Cavallo del 1945 e la prima versione in argento del pregevole ritratto di Igor Stravinskij del 1950. Il Museo Marino Marini si lega idealmente all’omonimo museo fiorentino (che espone l’opera scultorea dell’artista), inaugurato nel 1988, pochi anni dopo la morte di Marini, avvenuta a Viareggio nel 1980.


When Color Takes Form Discovering Marino Marini’s graphic art and exceptional cromatic sensibility through etchings and watercolors

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orn in Pistoia in 1901, Marino Marini is one of celebrated artists of the modern art world of the Twentieth Century. After attending the Accademia di Belle Arti in Florence, he taught sculpture in the Scuola d’Arte of Monza in 1929, and later in 1940 became chair at the Accademia di Brera. In addition to his academic career, from 1939 onwards he traveled extensively abroad, accompanied by his wife, Mercedes Pedrazzini, affectionately referred to as “Marina.” It was during these trips that he would come into contact with the international art scene and encountered the most renowned contemporary figures, all of which would contribute in enriching his artistic career. The expressive intensity of his language, profoundly linked to ancient sculpture, particularly Etruscan, pervades the opulent Pomone, is manifested in the dynamic symmetry of horses and knights, as well as in the psychological enquiry of his subjects in works that have found their place in numerous contemporary expositions and museums throughout the world. In 1979, the Centro di Documentazione dell’opera di Marino Marini (Center for the Documentation of Marino Marini’s works) was inaugurated, and thereafter placed in the entirely restored site of the Ordine Ospedaliero di Sant’Antonio Abate. Marino’s works permeate the suggestive atmosphere of the Convento del Tau, in Corso Amendola, from the courtyard to the medieval church where, behind the Cavalieri e Pomone, is the backdrop of vividly colorful 14th century paintings.

The entire collection of Marino’s graphic art is housed in the museum: around 350 pieces of etchings, engravings, dry points, some exposed and others destined for contemporary exhibits, all of which testify to the evolution of the artistic ideas of this artist from Pistoia. Here one can also find the impressive gipsoteca which houses plaster casts of small dimensions, as well as a group of monumental casts. Finally, the collections consists of a remarkable number of designs, watercolors, tempera and mixed techniques: a significant corpus of work that culminates in the remarkable oil painting of 1964, L’Incontro, in which we can find the dynamic quality of Marino’s artwork and extraordinary chromatic sensibility. The austere space of the convent is animated with Marino’s colors and forms as well as the close relationship between painting and sculpture. In his own words, the importance of color is emphasized: “I would never begin a sculpture without first considering the color…” This is indeed highlighted in his works in bronze such as the Giovinetta (1938), the Pomone (1943), the Cavallo (1945), and the first version in silver of the admirable painting of Igor Stravinkskij (1950). In addition to the Marino Marini Museum of Pistoia, its sister museum in Florence which houses Marino’s sculptures, was inaugurated in 1988, several years after the artist’s death in 1980 in Viareggio.

Sopra a destra- Above right La caduta dell’angelo, olio su tela - oil on canvas, 1967 Sopra - Above L’incontro, olio su tela - oil on canvas, 1964 Destra - Right Ritratto di Igor Stravinskij, argento - silver, 1950

Centro di Documentazione e Fondazione Marino Marini Corso Silvano Fedi, 30 - Pistoia Tel. +39 0573 30285 www.fondazionemarinomarini.it 31


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ulle colline che sorgono lungo la via Montalese, che collega Pistoia con Prato, in località Santomato, si erge l’imponente facciata della villa di Celle. Le linee architettoniche dell’edificio, realizzato alla fine del Seicento per volere del cardinal Carlo Agostino Fabroni, sono visibili dall’intera piana pistoiese e ne costituiscono un punto cospicuo per chi si avvicini alla città venendo da Firenze. La tenuta di Celle, oltre alla residenza principale, è composta da un giardino all’italiana con fontana e ninfeo, la cappella gentilizia, la voliera, la fattoria, la zona agricola, le scuderie e un grande parco ottocentesco di oltre 20 ettari che si estende sulla collina retrostante. Il progetto di questo parco romantico - o come si diceva al tempo, all’inglese - fu affidato a Giovanni Gambini, architetto e pittore pistoiese al quale dobbiamo anche la sistemazione dell’attuale tribuna della cattedrale di Pistoia, nonché la progettazione dei ruscelli e dei laghi del parco Puccini di Scornio. Il parco di Celle è una delle realizzazioni più originali e meglio conservate di quel particolare gusto estetico che animò il primo Romanticismo: in un contesto ambientale formato da essenze arboree di diversa varietà e sapientemente accostate, come se la natura stessa avesse dipinto su di una grande tela, si possono trovare laghetti con giochi d’acqua, un grande lago con isoletta, fontane, cascate, grotte e anfratti segreti, una casina del tè dalle forme neogotiche, un tempietto assiro-egiziano e uno circolare dedicato a Venere. Tutti elementi che dovevano destare stupore nel visitatore, che passeggiando lungo i vialetti alberati e le radure del bosco, si sarebbe inebriato di questo contatto con la natura, denso di sorprese e scorci pittoreschi.

La collezione Gori Dalle prime opere realizzate a seguito di un convegno consuntivo con esperti e critici di fama internazionale, convocati da Giuliano Gori a Celle nel 1981, oggi la collezione conta più di settanta opere d’arte realizzate nel parco storico, nelle zone agricole di margine, negli spazi interni della fattoria e in altri ambienti adibiti a esposizioni permanenti e temporanee. Il prossimo anno si celebrerà il trentennale di una collezione che ha visto lavorare artisti fra i più noti al mondo come, solo per citarne alcuni: Robert Morris, Sol LeWitt, Jean-Michel Folon, Dani Karavan, Richard Long, Beverly Pepper, Daniel Buren, Dennis Oppenheim, Claudio Parmiggiani, Joseph Kosuth, Hidetoshi Nagasawa, Anne e Patrick Poirier, Alberto Burri, Fausto Melotti, Anselm Kiefer, Emilio Vedova, Michelangelo Pistoletto. Creatori d’istallazioni d’arte che negli anni si sono relazionati con gli spazi di Celle, spesso modificando completamente il loro modo di operare, come Magdalena Abakanowicz che proprio qui ha cominciato a lavorare il bronzo per la prima volta, o come Richard Serra che invece dell’acciaio delle sue gigantesche lastre verticali, ha usato una pietra locale (il colombino di Fioren32

Centro culturale immenso realizzato da Giuliano Gori

Spazi d’Arte a Celle Sculture dei più noti artisti contemporanei esposte nel parco della villa

zuola) dal forte significato simbolico. Negli anni la collezione ha visto l’accrescersi di opere e di eventi che hanno reso Celle un luogo di sperimentazione e di ricerca artistica proiettata nel futuro. Il progetto Spazi d’arte è ,infatti, un lavoro in evoluzione che continua nel tempo, e quasi ogni anno vengono inaugurate nuove opere realizzate da nuovi artisti. I visitatori, provenienti da tutto il mondo, sono accettati gratuitamente dalla segreteria della collezione, previa richiesta scritta inviata tramite il sito della collezione www.goricoll.it. Per motivi inerenti il carattere privato e l’importanza culturale della collezione, il calendario degli appuntamenti dà solitamente precedenza alle istituzioni pubbliche quali musei, accademie e università che hanno concordato per iscritto una visita con largo anticipo. Val la pena di ricordare alcuni ospiti “eccellenti” non solamente legati al mondo dell’arte, che hanno apprezzato la collezione: Umberto Eco, Luciano Berio, Arata Isozaki, Banana Yoshimoto, Edoardo Sanguineti e molti altri. La visita si effettua nei giorni non-festivi, da maggio a tutto settembre (in agosto chiuso), la durata è di circa 4-5 ore, ed è rivolta solamente a coloro che sono realmente interessati a visitare un luogo così particolare e che nutrono una vera passione per l’arte contemporanea.

www.goricoll.it Foto apertura e destra - Daniel Buren, La Cabane éclatée aux 4 Salles, 2005. Opening photo to the right - Daniel Buren, La Cabane éclatée aux 4 Salles, 2005. In alto - Magdalena Abakanowicz, Kataris, 1985. Above - Magdalena Abakanowicz, Kataris, 1985.


Immense cultural centre created by Giuliano Gori

Art spaces at Celle Sculptures of the most noted contemporary artists on display in the villa’s park

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Gli artisti e le opere In questo straordinario contesto ambientale, frutto dell’ingegno di una cultura stratificata nel tempo sul territorio, si è dato vita ad un progetto dalle caratteristiche innovative e originali. Il collezionista Giuliano Gori, attuale proprietario della tenuta di Celle, ha realizzato una personale idea che risale alla fine degli anni sessanta: Spazi d’arte a Celle, una collezione sui generis che segna l’inizio di una sperimentazione artistica basata sul rapporto opera-ambiente, che conoscerà un gran successo in molte altre collezioni in spazi aperti, per le quali quella di Celle rimane un canone riconosciuto in tutto il mondo. Nasce, infatti, con le prime installazioni inaugurate nel 1982, il termine “Arte ambientale”, una forma di arte integrata con un luogo che la contiene ed entra a far parte dell’opera d’arte stessa. Gli artisti impegnati nel creare a Celle sono stati ospitati negli ambienti della tenuta, ne hanno assaporato gli odori, ascoltato i suoni, conosciuto la storia e vissuto a stretto contatto con il collezionista. Egli, al pari di un mecenate d’altri tempi, ha accompagnato l’artista nell’individuare il luogo più opportuno, supportandone le richieste, la scelta dei materiali e delle tecnologie, discutendo sui dubbi e le perplessità.

Ogni opera realizzata a Celle è frutto di un grande lavoro, anzitutto metodologico. Secondo il motto di Carlo Belli “i diritti dell’arte terminano dove iniziano quelli della natura”: ovverosia, le opere di oggi devono entrare in relazione con l’ambiente che le contiene, devono integrarsi avendo cura di non interferire e di conservare ciò che è esistente e storicizzato. Non semplici sculture poste in un ambiente, ma creazioni nate in funzione del luogo stesso e che acquistano cosi la loro valenza artistica. Siamo abituati a vedere opere esposte in musei e gallerie; spesso completamente diverse dal posto per il quale erano state progettate. Pensiamo alle grandi tele che i pittori del passato dipingevano per gli altari delle chiese, realizzate per essere illuminate dalla luce di una finestra laterale o da un lucernario; erano studiate per dialogare con altri lavori d’arte e d’architettura presenti nello spazio che le conteneva. L’arte ambientale riporta alla luce quest’antica dicotomia fra opera e luogo, fra natura e intervento umano, fra artista e committente. A Celle si respira la continuità di una consapevolezza che ha fatto della Toscana uno dei territori di maggiore sperimentazione artistica, ed è in questo ambiente non solo paesaggistico, ma culturale, storico e antropologico che gli artisti si trovano ad intervenire.

n the hills that rise along the Via Montalese that connects Pistoia with Prato in the area of Santomato stands the imposing facade of the Villa di Celle. The architectural structure of the building - built at the end of the 18th century at the request of Cardinal Carlo Agostino Fabroni - is visible from the entire valley of Pistoia and constitutes a conspicuous point for those who come to Pistoia from Florence. The Celle estate, other than the principle residence, is composed of an Italian garden with a fountain and nimphaeum, a noble chapel, an aviary, a farmhouse, an agricultural zone, stables and a grand 19th century park constituting more than 20 hectares that extend to the hill behind it. The project of this romantic park – or as one used to say, an English park – was given to Giovanni Gambini, architect and painter from Pistoia who is responsible for the placement of the current tribune of the cathedral of Pistoia, as well as designing the streams and lakes of the Puccini Park of Scornio. The park of Celle is one of the most original and best conserved designs of that unique aesthetic taste that animated the beginning of the Renaissance: in an environmental context formed by trees of different varieties and knowingly juxtaposed - as if the same nature had painted on a large canvas one can find small lakes with water games, a large lake with an island, fountains, waterfalls, grottos and secret gorges, a small tea house in the neogothic form, a little Assyrian-Egyptian temple as well as one dedicated to Venus: all elements that were meant to arouse astonishment in the visitor who, while walking along the tree lined streets and the clearings of the woods, would be intoxicated by this contact with nature, rich in surprises and picturesque views.

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Nella foto - Robert Morris, Labirinto, 1982. In the photo - Robert Morris, Labyrinth, 1982. A destra - Alberto Burri, Grande ferro Celle, 1986. Right - Alberto Burri, Large iron of Celle, 1986. 34


The Gori collection In this extraordinary environmental context, fruit of the intelligence of a culture stratified in time on the territory, life was given to a project with innovative and original characteristics. The collector Giuiano Gori, the current owner of the Celle estate, has established a personal idea that goes back to the end of the 1960’s: artistic spaces at Celle, a sui generis collection that marks the beginning of an artistic experimentation based on the relationship of work-environment that would influence many other collections in open spaces. The Celle collections remains a recognized canon around the world; in fact, it is here that with the first installations inaugurated in 1982 the term “environmental art” is born, a form of art integrated with the place that contains it, and it in turn becomes part of the work of art itself.

The artists and the art works From the first works created following a convention with experts and critics of international fame, called together by Giuliano Gori at Celle in 1981, today the collection contains more than 70 art works created in the historical park, in the agriculture zone on the side, in the internal spaces of the villa and in other areas used for permanent and temporary expositions. Next year will be the celebration of 30 years of a collection that has seen some of the most noted artists in the world artists such as: Robert Morris, Sol LeWitt, Jean-Michel Folon, Dani Karavan, Richard Long, Beverly Pepper, Daniel Buren, Dennis Oppenheim, Claudio Parmiggiani, Joseph Kosuth, Hidetoshi Nagasawa, Anne e Patrick Poirier, Alberto

The artists involved in creating at Celle were guests in the surroundings of the estate; they tasted the smells, listened to the sounds, learned about the history and lived in close contact with the collector. Like a patron of times past, he accompanies the artist in choosing the best space, responds to all requests, the choice of materials and technologies, discussing the doubts and perplexities. Every work created at Celle is the fruit of a great effort, and most of all is methodological. According to the motto of Carlo Belli “the rights of art terminate where the ones of nature begin”: that is, the works of today have to enter into relation with the environment that contains them and they have to integrate taking care not to interfere with, but to conserve that which is in existence and is historicized. They are not simple sculptures placed in a chosen environment, but rather creations born in sync with the same place and that acquire the

same artistic value only in that place. We are used to seeing works exposed in museums and in galleries; often completely different from the place for which they were originally conceived. We think about the great canvases that painters of the past would paint for the altars of churches, created to be illuminated by the light of a lateral window or by a skylight; they were studied to be in dialogue with other works of art and architecture present in the space that contained them. Environmental art brings to light this ancient dichotomy between artwork and place, between nature and human intervention, between artist and viewer. At Celle one can breath the continuity of a knowledge that made Tuscany one of the territories of great artistic experimentation, and it is in this environment that is not only a landscape, but a cultural, historical and anthropological domain, where the artists find themselves intervening.

Burri, Fausto Melotti, Anselm Kiefer, Emilio Vedova, Michelangelo Pistoletto. Creators of art installations that over the years were made with the spaces of Celle, often modifying completely their way of operating, such as Magdalena Abakanowicz who here began to work on bronze for the first time, or like Richard Serra who instead of the steel of his gigantic vertical plates, used a local stone here (the “Colombino” of Fiorenzuola) which has a strong symbolic significance. Over the years the collections has seen the accumulation of works of art and events that have rendered Celle a place of experimentation and artistic research projected toward the future. The project Spazi d’arte is, in fact, a work in progress that continues in time, and almost every year new art works by new artists are inaugurated. The visitors, from all over the world, are received

for free by the secretary of the collection, by written request through the collection’s website www. goricoll.it. For reasons inherent to the private nature and the cultural importance of the collection, the calendar for visits gives precedence to public institutions such as museums, academies, and universities that have sent a written request long before the planned visiting date. It is worth noting some of the famous guests – not necessarily linked to the art world – who have appreciated the collection: Umberto Eco, Luciano Berio, Arata Isozaki, Banana Yoshimoto, Edoardo Sanguineti and many others. Visits are carried out Monday through Saturday (except holidays), from May through September (in August it is closed), the duration is around 4-5 hours, and is geared to those sincerely interested in visiting such a unique place and who hold a true passion for contemporary art. 35


TESTO Eleonora Angelini FOTO Archivio Giardino Zoologico

Incontrarli, conoscerli, proteggerli Più di quaranta anni di storia dedicati alla conservazione della biodiversità

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l Giardino Zoologico di Pistoia compie 43 anni: una storia iniziata grazie alla tenacia e volontà di Raffaello Galardini che trasformò un podere incolto in un parco che offrì sin da subito la possibilità ai visitatori di incontrare animali mai visti: giraffe, elefanti, ippopotami, leoni e tigri. Da allora forma e contenuto del parco sono profondamente cambiati fino a diventare oggi una struttura riconosciuta a livello internazionale quale centro per la tutela della biodiversità, ovvero dell’insieme delle diverse forme di vita del nostro Pianeta. Con i suoi 8 ettari arricchiti da molte piante, si presenta come un parco di interesse non solo zoologico ma anche botanico. Passeggiare lungo i vialetti tra le maestose camelie, fiorite in questo periodo, e le imponenti palme dà la possibilità a ciascuno di passare una tranquilla giornata fuori dal convulso ritmo cittadino. Pochi si aspettano però di fare un’esperienza emozionante e di tornare a casa con qualcosa in più. La storia che viene raccontata sin dall’inizio del percorso è quella tra l’uomo e la natura non solo nella sua accezione negativa con le azioni di bracconaggio e gestione insostenibile dei territtori, ma anche per la parte innata in ciascuno di noi di meraviglia di fronte ai colori e alla moltiplicità di forme. Cambia il punto di vista rispetto al passato: enormi vetrate offrono spaccati di ambienti naturali dove osservare in tutta tranquillità orsi, leoni, tigri, lupi. In alcuni casi vengono riproposti incontri simili a quelli che accadrebbero negli ambienti naturali, come nel caso dei lemuri dalla coda ad anelli: sono i visitatori ad entrare nel loro ambiente come se stessero camminando in una foresta malgascia accolti dai loro meravigliosi salti. 36

Guide esperte approfittano dell’empatia che si crea per informare il pubblico sulle tematiche di conservazione degli ambienti naturali e su come semplicemente entrando allo zoo, ognuno può contribuire alla tutela degli stessi. Infatti il Giardino Zooligico è fortemente impegnato in progetti di conservazione ad esempio in Madagascar, in Sud America ma anche in Italia a favore dei rarissimi Orsi marsicani, progetti sostenuti economincamente, come tutte la altre attività del parco, grazie solo agli ingressi dei visitatori. La parte dello zoo che ospita i grandi erbivori (elefanti, giraffe e ippopotami) riflette ancora l’impostazione storica del parco ma è già stata progettata una nuova area dedicata agli elefanti e una savana per gli altri mammiferi africani che

sarà costruita su un territorio di ben 7 ettari di recente acquisizione che andrà ad integrare l’attuale estensione del parco. Il Giardino Zoologico ha dedicato da sempre grande spazio ai bambini: sono circa 7000 i piccoli visitatori che ogni anno frequentano il laboratorio didattico sia in contesto scolastico, sia nel tempo libero (centri estivi, compleanni, giornateeventi). I percorsi didattici sono differenziati per fasce d’età e contenuti e ogni attività si avvale di momenti di interazione con reperti di origine naturale, esperienze dirette e gioco affinché l’apprendimento dei concetti scientifici sia facilitato dal coinvolgimento di tutti i sensi. Lo zoo così è davvero il luogo dove incontrare gli animali per conoscerli e imparare a proteggerli.


Meeting Them, Getting to Know Them, Protecting Them Over forty years of history dedicated to the biodiversty conservation

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istoia’s Zoological Garden is now 43 years old. Its story tells of how, thanks to Raffaello Galardini’s tenacity and determination, a fallow farm was turned into a park where visitors immediately had the opportunity to meet animals never before seen: giraffes, elephants, hippos, lions, and tigers. Since it was established, the park’s form and content have changed profoundly. Today, it has become an internationally recognized center for the safeguarding of biodiversity, or, in other words, all the various life forms on our planet. With its eight hectares populated by many beautiful plants, the park is of both zoological as well as botanical interest, offering everyone an opportunity to spend a quiet day away from the frantic pace of the city and walk along its footpaths amidst imposing palm trees and the majestic camellias that flower in this period. However, few expect to have such an enjoyable experience and to return home with something extra. From the beginning, it has told he story of man and nature, not merely the negative aspects of poaching and unsustainable land management, but also of the innate ability in each of us to marvel at nature’s colors and multiplicity of forms. In respect to the past, this perspective has now changed, with huge windows offering views into natural environments where bears, lions, tigers, and wolves can be observed in peace. In some cases, these encounters are similar to what takes place in the wild, as is the case with the ring-tailed lemurs. Walking through a Mada-

gascan forest-like environment, the lemurs greet visitors with their amazing leaps. Experienced guides benefit from the empathy thus created to tell the public about the issues facing the conservation of natural environments and how, by simply going to the zoo, everyone can contribute to safeguarding them. In fact, Pistoia’s zoo is strongly committed to conservation projects not only in Madagascar and in South America, but also in Italy on behalf of the extremely rare Marsican brown bears. Like all the park’s other activities, these projects are supported economically only by visitors’ admissions. The part of the zoo housing large herbivores (elephants, giraffes, and hippos) still reflects the park’s earlier setting. However, a new elephant area and a savanna for other African mammals have already been designed and will be built on a recently acquired parcel of less than seven hectares, thus increasing the park’s current size. The zoo has always dedicated a lot of space to children. Annually, about 7,000 young visitors attend educational workshops, either through their schools or in their free time (summer camps, birthdays, theme-days), with the courses organized according to age and content. Each activity encourages interaction with natural objects, direct experiences, and games involving all the senses that help to understand the scientific concepts. As a result, the zoo is truly a place where, by meeting and getting to know the animals, we can learn how to protect them.

Giardino Zoologico Via Pieve a Celle, 160/A - Pistoia Tel. +39 0573 911219 info@zoodipistoia.it www.zoodipistoia.it 37


Storia, neve e campioni del mondo Turismo per quattro stagioni. Sci ed escursioni, bella gente e accogliente terra di confine

TESTI Marcello Fontana FOTO Lorenzo Corsini

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l Comune di Abetone, nasce nel 1936, per volere del regime dell’epoca, che costituì questo nuovo insediamento sottraendo parte del loro territorio ai due comuni confinanti. Ciò allo scopo di poter meglio soddisfare le necessità dei propri gerarchi, che amavano soggiornarvi nel periodo estivo (in particolare la famiglia Ciano). Cedettero terreno Cutigliano sul versante toscano e Fiumalbo su quello modenese. l’Abetone per una terra antica come quella toscana, con comuni risalenti addirittura a prima del Mille, è senz’altro da ritenersi una realtà fra le più recenti. L’origine comunque del nucleo abitato, risale alla seconda metà del ‘700 con la costruzione della strada di valico ad opera di Pietro Leopoldo Gran Duca di Toscana e di Francesco III Duca di Modena di casato d’Este, che affidarono rispettivamente all’abate Ximenes e all’architetto Giardini la progettazione e la realizzazione dell’importante via transappenninica. A ricordo dell’apertura della strada furono erette due piramidi in pietra, tuttora esistenti sul valico, nel cui fregio, scolpito in latino, si evidenzia la di-

versa mentalità dei due governi, che vollero comunque la strada: in quella toscana si esaltano le capacità di Pietro Leopoldo quale restauratore delle libertà e del commercio, in quella emiliana, si parla invece di strada militare per collegare Mantova e l’Allemagna alla Toscana. Di fatto questi due cippi costituiscono uno dei pochi riferimenti monumentali dell’Abetone. La strada, fu inaugurata il 1 maggio 1871. La storia più recente vede invece la progressiva trasformazione turistica del paese, che, legato alla villeggiatura estiva sino dall’inizio del secolo, si apre agli sport invernali con l’inaugurazione del primo impianto di risalita nel 1936 (slittovia Abetone Selletta) e, dopo la pausa bellica, con la seggiovia del monte Gomito. Il collegamento del centro del paese con la nuova seggiovia della Selletta (1953) di fatto consacrò l’Abetone nel novero delle stazioni turistiche invernali dell’epoca. La fase successiva, portò poi, sul finire degli anni ’60, alla valorizzazione della Valle del Sestaione a cui seguì quella della Valle delle Pozze, ribattezzata per l’occasione Val di Luce, e nella fase

conclusiva, siamo negli anni ’70, la mitica ovovia di Zeno Colo’, che sfruttando sulla linea di massima pendenza il Monte Gomito, diede fama mondiale al comprensorio sciistico abetonese. Per finire questo brevissimo excursus storico, ci piace citare uno scrittore “emiliano” di “cose” appenniniche nell’800: Giovanni Bortolotti. “” in principio vi era solo una giogaia di monti, bianca di nevi eterne e di ghiacciai che, insuperabile divideva gli acquitrini della Padusia, l’odierna valle del Po, dalle foreste della Valle dell’Arno. Poi il clima si raddolcisce, spariscono i ghiacciai, si sciolgono le nevi ed i fiumi, ancor gonfi d’acqua, si aprono a forza un più diretto passaggio verso il mare ed il loro corso assume, almeno nella parte montana un assetto pressochè definitivo- Comincia la vita nei monti; prima solo fiere ed uccelli, poi, infine l’uomo. Volgono rapidi secoli e millenni sul quadrante della preistoria e della storia; gli uomini coperti di pelli villose si avventurano sempre più in alto, risalendo le valli, sino a trovare i punti di più comodo valico. Si assiste allora, a trasmigrazione di popoli...”

Abetone: History, snow, world championships

construction of the mountain pass carried out by Pietro Leopoldo, the Grand Duke of Tuscany, and Francesco III, Duke of Modena, belonging to the Este family. They entrusted Abbot Ximenes and an architect by the name of Giardini with the planning and execution of this important trans Appenine pass. In memory of the opening of this road, two stone pyramids, which are still standing, were erected at the summit, with an inscription chiselled in Latin. These inscriptions bear witness to the different mentality of the two governments, both of whom actively sought to create this road. In the Tuscan inscription the talents of Pietro Leopoldo are extolled, remembering him as the man who restored liberty and commerce; in Emilia, instead, the road is cited for its military importance in connecting Tuscany with Mantua and Germany. . These are among the few commemorative monuments in Abetone. The road was inaugurated on May 1, 1871. More recent history sees the progressive touristic transformation of the town which, from the start of the last century, was considered as an ideal location for summer holidays. In 1936 it opens up to winter sports with the installation of the first ski lift (the “Slittovia” Abetone Selletta) and, after the war, with a chairlift on Mount Gomito. The direct accessibility of the town center with the new Selletta chai-

rlift in 1953 definitively placed Abetone among the top winter ski resorts of the time. The next stage of development came with the opening of the Valley of Sestaione at the end of the 1960s, followed by the Valley of the Pozze, renamed for the occasion the Valley of Light. In the 1970s the two-seater eggshaped cable car - or “ovovia” - Zeno Colò was installed, which ran up the steepest slope of Mount Gomito and brought world fame to Abetone as a ski resort. To conclude this brief historical synthesis, a citation from the Emilian author of Appenine lore in the 19th century, Giovanni Bortolotti. “At the beginning there was only a mountain chain eternally capped by glaciers that separated the swamps of the Padusia (today’s Po valley) from the forests of the Arno Valley. Gradually the climate becomes less harsh, the ice caps disappear and the snow melts. The rushing rivers, swollen with water, open a more direct passage toward the sea and the river beds assume their nearly definitive conformation, at least in the mountainous area. Human life begins to arrive where previously only birds and beasts had ventured. Centuries and millenniums of prehistory and history rush by; hairy men push further up the valleys until they find the easiest points of passage. This marks the beginning of the migration of entire populations….”.

Tourism for all seasons. Skiing, hiking, hospitality and inviting natural surroundings

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lhe town of Abetone was founded in 1936 during the fascist regime, absorbing part of the territory belonging to two bordering towns in order to respond to the needs of the local authorities who loved spending their summer holidays there (especially the Ciano family). Land was taken from Cutigliano on the Tuscan border and from Fiumalbo in the province of Modena. Abetone is undoubtedly one of the most recently-formed municipalities in Tuscany, a region where many towns date back to the year 1000 and even earlier. The origins of the inhabited center of Abetone go back to the second half of the 18th century with the 40


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a trasformazione che il Bartolotti auspicava all’inizio del secolo scorso, si è trasformata in una vera e propria essenza di vita; l’Abetone, vive oggi, di solo turismo e la sua monocultura economica, si è imposta alla attenzione del mondo turistico . E’ infatti , una stazione di sport invernali con dei “numeri”, che la pongono, a livello qualitativo, per piste e impianti, concorrenziale con le più celebrate stazioni della cerchia alpina. La rete delle risalite garantisce infatti, una portata oraria di 22mila persone ora, in linea sopratuttto, con la richiesta di un turismo pendolare, sempre più intenso, e con un bacino di utenza veramente eccezionale, essendo l’Abetone l’unico centro sciatorio di un vastissimo comprensorio. Ingloba, infatti, oltre all’intera Toscana, anche una buona parte delle regioni contigue . I rifugi in quota, le aziende del ristoro, i locali di svago e di intrattenimento, sono al passo con i tempi che viviamo e con la trasformazione del fenomento turistico, dal “residenziale” degli anni ’60 . alle attuali “movide” Se si aggiunge poi che da qualunque posto si alloggi, lungo i quasi sei chilometri in cui si “svolge”

il paese, è possibile raggiungere gli impianti senza ricorrere alla macchina, il gioco, in positivo, è presto fatto. Il ricettivo tradizionale –gli alberghi-. Non ha seguito questa trasformazione a scapito degli alloggi privati, pur mantenendo–quasi in controtendenza- “nicchie” di eccellenza come il ritrutturato “Abetone e Piramidi” (era la vecchia dogana granducale) e il “Bellavista” una ex villa dal sapore romantico, grazie anche a un panorama mozzafiato. Molti eventi in inverno contribuiscono al prestigio dell’Abetone; il più rilevante il “Pinocchio” sciatore, vera olimpiade giovanile, a cui partecipano quasi diecimila ragazzi provenienti da tutto il mondo Ma non sono da meno una Coppa Europa internazionale femminile, che ricalca le orme della vecchia “Foemina”, una prova di campionato italiano aspiranti e giovani, senza trascurare le cosidette gare di “propaganda” che coinvolgono, praticamente ogni week-end, un vero esercito di appassionati. L’Abetone d’estate, quando altrove la calure incombe, offre forse il meglio di se. Ripropone con ritmi d’oggi l’ambiente aristocratico di un tempo accoglie giovani, genitori e nonni in uguale mi-

sura: e se i primi gareggiano misurandosi con il trekking e con il “gravity park” (le mountain bikes possono muoversi fra conifere e latifoglie in una foresta demaniale di diecimila ettari e sulle piste di sci invernali), gli altri, talvolta, più contemplativi godono di atmosfere uniche ed eleganti. L’offerta proposta dai numerosi locali d’incontro soddisfa anche il più esigente fra i visitatori. Si gode di buona musica, accoglienza schietta, tipicità gastronomiche di rara bontà, aria fina e panorami. Quelli van proprio visiti.

Pagina precedente - Arrivo impianti di risalita e panoramica sull’appennino. Previous page - Arrival of the sky lifts and panorama of the appennines. Sinistra - Sciatori alla partenza dell’ovovia. Left - Skiers departing in the ovovia. Destra - Zeno Colò e Celina Seghi i due Abetonesi Campioni del Mondo. Right - Zeno Colò and Celina Seghi, the two world champions from the Abetone.

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he transformation that Bartolotti foresaw at the beginning of the 20th century has become a reality, a completely new way of life. Abetone today lives on tourism, and its economic monoculture has drawn wide attention. It is a winter resort that can compete qualitatively, insofar as ski trails and receptive structures are concerned, with the best-known Alpine ski resorts. The extensive network of ski lifts guarantees service to 22,000 skiers every hour, corresponding to the needs of day trippers or weekend tourism, ever more intense, and serves skiers from a wide area in view of the fact that Abetone is the only ski resort in a vast territory. Visitors come from all over Tuscany and from the neighbouring regions as well. The mountain retreats on the slopes, the many eating places and the recreational facilities fully satisfy the needs of tourists who will find that the facilities and services have kept pace with the times as the residential tourism of the 1960s has given way to the numerous present-day short-term visitors. In addition, whatever accommodation you choose along the nearly six kilometres of road that winds through the town, it is possible to reach the ski lifts without a car. The advantages are immediately evident. More traditional hotel-style accommodations

exist alongside family-type residential lodgings; hotels such as the restructured Abetone and Pyramids (in the former customs house of the Granduchy) or the Bellavista, a former villa with a romantic flavour, offer top quality structures and magnificent views. Many winter events contribute to the prestige of the locality, the most relevant being the Pinocchio ski race, a veritable youth Olympics with the participation of nearly 10,000 young people from all over the world. Now should we forget the female International European Cup which is a new edition of the old “Foemina”, an Italian competition for aspiring young skiers, and the so-called races that serve to create publicity and which take place practically every weekend, attracting an army of ski enthusiasts. In the summer Abetone shows its other face when the heat sets in at lower altitutdes. It offers an aristocratic environment of times gone by and young people, along with their parents and grandparents, arrive to enjoy their holidays. While the younger crowd sets off for mountain treks or heads for “gravity park” (where they can ride mountain bikes through a pine forest of nearly 25,000 acres, or pedal along the ski trails), the more contemplative older folks can enjoy the unique and elegant atmosphere. There are numerous cafés and restaurants which satisfy the most demanding of visitors, offering good music together with pleasant surroundings and local gastronomic specialties, not to mention the pure air and mountain views – all of which must be experienced. 41


Le discese “ardite” Oggi, la località dell’Appennino Pistoiese vanta infrastrutture per gli sport invernali di livello mondiale, meta di famosi personaggi TESTI Lorenzo Cipriani

FOTO Carpe Diem - Abetonesport

in dall’epoca medicea si era posto il problema del transito tra il Granducato di Toscana e il Ducato di Modena: c’era di mezzo l’Appennino e, anche dal punto di vista politico, i due stati erano affini perché entrambi legati all’Austria. Un tecnico militare fu inviato a percorrere la catena montuosa per scegliere i migliori passaggi; ma, sotto gli “ultimi” Medici (s’intende, ultimi non solo in senso dinastico) c’erano ben altre cose a cui pensare. Quando, però, cambiò la dinastia e la Toscana fu retta da Pietro Leopoldo di Lorena, il problema si ripose e allora fu risolto. Il sovrano, Infatti, incaricò il gesuita Leonardo Ximenes di redigere un progetto. In accordo con il tecnico dell’altro versante, il modenese maggiore Giardini, il disegno fu steso: prevedeva che, dalle pendici toscane dell’Appennino, si sca-

lassero le vette, collegando vari paesetti montani e poi si transitasse dal passo che prese il nome da un colossale abete appositamente abbattuto. L’Abetone, appunto; e la strada – inaugurata nel 1781 - prese nome dai due progettisti. I toscani la chiamano Ximenes-Giardini; i modenesi Giardini-Ximenes: perché ognuno volle dare la precedenza al proprio uomo.

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Strada Ximenes-Giardini Questa prima transappenninica ebbe in modo prioritario scopi militari, perché già cominciava a montare un qualche risentimento contro l’Austria, stato egemone nel nord Italia e che aveva a Modena e in Toscana salde alleanze; si pensava che in caso di disordini (che infatti poi, in epoca

primo-risorgimentale vennero) sarebbe stato facile usare il collegamento per fare affluire truppe austriache. Fin dalla fine del secolo dei Lumi, però, la strada ebbe anche una valenza economica per l’incremento dei traffici che riuscì a promuovere; anzi, quando Francesco IV, duca di Modena, fece notare che il business delle merci fra i due territori non era intensissimo, Pietro Leopoldo, da fine fisiocrate qual era, rispose che bisognava attendere il suo inevitabile sviluppo. Quel che lo stesso sovrano toscano, pur illuminato, non poteva prevedere è che il volume degli affari e dell’economia montana in genere, si incrementò – proprio grazie alla strada – con l’accendersi di un primo turismo, attraverso cui furono conosciuti i paesi più ameni, dotati di bei panorami, di una gustosa gastronomia, in cui fioriva, pure, il “bel parlare” toscano, cioè la lingua italiana. Il Tommaseo, l’Abate Giuliani, il Fucini e altri, descrissero quei luoghi: merita citare la “Gita nel Pistojese” del primo autore. Bisognava però arrivare agli inizi del nuovo secolo perchè si manifestasse il fenomeno degli sci; in principio due squadrate assi di legno che qualche “matto”, emulo di cose che aveva visto fare in Norvegia, si legava ai piedi per buttarsi giù dalle discese innevate. Se non si rompeva subito la testa, imparava a spigolare (ma non c’erano lamine!), a cambiar direzione e perfino a fermarsi, ma vuoi mettere l’ammirazione delle ragazze che vedevano scender questo intrepido avvolto in una nuvola di neve?


Pian piano lo sci divenne sport, da prima elitario, poi sempre più popolare. Che sui monti dell’Abetone poteva sorgere una bella stazione sciistica se ne accorse il fascismo e, in particolare, Edda Ciano, sempre alla ricerca di alcuni divertimenti “esotici”, lei che era stata tanto in Cina. Cominciò a frequentare l’Abetone; e si raccontano le interminabili partite di poker delle nottate brave della sua corte. Arrivò qualche volta a sciare anche il principe ereditario, che batteva, usando l’apposito slittone a contrappesi, la prima pista tracciata fra gli abeti, cioè la Selletta. Però il regime, che nel frattempo aveva (1936) costituito l’Abetone come Comune e ne aveva fatto podestà un tecnico come l’ingegner Lapo Farinati, pensò che il vero e proprio centro sciistico non fosse sui monti immediatamente prospicenti il paese; ma, piuttosto, in una desolata valle (basti ricordare il suo nome originario: val delle Pozze) che era subito dopo il valico nel versante modenese. Come si poteva fare per collegarla con il centro mondano, sede del Comune? Attraverso una galleria di tre chilometri scavata sotto le Tre Potenze, cioè la vetta più alta della zona, lungo cui correva il confine fra tre stati pre-unitari: Toscana, Modena, Lucca. Chi percorre il sentiero di vetta, indicato col numero 00, trova ancora i cippi confinari in pietra. Quando il turista fosse sbucato nella vallata delle Pozze avrebbe trovato grandi attrezzature: un largo piazzale, alcune piste corredate di moderne

funivie, un grande albergo in mezzo al comprensorio, poco sotto la villa del podestà e progettista, più sopra l’ippodromo di alta montagna sui cui i cavalli avrebbero corso con ferri chiodati, il laghetto gelato per i pattinatori. Il tutto illuminato da un grande faro, che dalla cima avrebbe reso visibili queste meraviglie, a servizio di un turismo tecnologicamente avanzato.

Nella Val di Luce Il progetto fu redatto, ebbe una sua circolazione e si dette inizio ai lavori. Alla metà della conca della vallata, allora poeticamente ribattezzata val di Luce (e il nome è rimasto) spicca ancora, perfettamente integrato con l’ambiente, l’albergo costruito con la pietra locale, è ancora in piedi la villa di Farinati, anche se non fu mai utilizzata; la strada che congiunge queste due costruzioni risulta ancora tracciata e consente attuali escursioni, se, pure, oggi è soprattutto tratto di pista sciistica. Ciò nonostante, quando si arrivò al 1942, cioè quando la guerra cominciò ad andar male, il grandioso progetto fu abbandonato; del resto lo stesso primo podestà, Lapo Farinati, era stato sostituito da persona più in linea con il regime. Oggi, la val di Luce è divenuta parte integrante del comprensorio sciistico dell’Abetone, che negli ultimi decenni ha molto potenziato i suoi im-

pianti e ampliato il numero e la lunghezza della piste. Dal rifugio più alto, sul monte Gomito, è possibile scendere con gli sci ai piedi per tutta la valle e dal suo fondo essere riportati alla cima. I due comprensori sono così integrati e costituiscono la più ampia e attrezzata risorsa sciistica della Toscana (da non temere il confronto con note e importanti località alpine). Chi ne discende le piste può trovare non solo possibilità sportive di alto livello, ma è anche in grado di respirare quell’aria di storia e tradizione che i luoghi ancora emanano. Qualcuno dei più anziani, magari ricordando i racconti del nonno boscaiolo, può raffrontare la modernità dell’oggi con quello che era la val delle Pozze dell’inizio del Novecento, quando, addirittura, vi fu insediato il campo di reclusione dei prigionieri austriaci durante la prima guerra mondiale. I quali, alloggiati nella vallata, furono messi a compiere lavori ritenuti di utilità comune: e, infatti, il più noto itinerario corrente fra l’Abetone e la val di Luce si chiama ancor oggi “il sentiero del Tedesco”.

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The bold “descents” A popular destination for celebrities, the area of the Pistoia Apennines is known today for its infrastructure for international level winter sports.

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ver since the period of the Medici it held the problem of transit between the Tuscan Grand Duchy and the Duke of Modena. The Apennine Mountain was in the middle and - even from a political point of view - the two states were connected because of being their links to Austria. A military technician was invited to cross the mountainous chain in order to choose the best paths; however, under the “last” Medici (meaning, the last not only in terms of the dynasty) there were many other aspects to consider. When the dynasty eventually changed and Tuscany began to be ruled by Pietro Leopoldo of Loraine the problem was resolved. The sovereign assigned the Jesuit, Leonardo Ximenes, to draw up a plan. In agreement with the technician of the other side, Major Giardini, from Modena, the design was laid out: it stated that from the Tuscan slopes of the Apennine they could climb the peaks, connecting various mountain towns and then opening for transit the pass that took its name from the massive spruce tree that had been chopped down. The Abetone, moreover, and the street – inaugurated in 1781 – were named after the two planners. The Tuscans called it Ximenes-Giardini; the Modenese instead called it Giardini-Ximenes - each one wanted to give precedence to their man.

Ximenes-Giardini Road This first Transalpine rode was primarily for military purposes, because it had already begun to arouse resentment against Austria, the hegemonic state

in northern Italy that had solid alliances in Modena and in Tuscany. It was believed that in the event of disorder (that in a successive epic happened) it would be easy to use the connection to allow the Austrian troops to pass through; however, since the end of the Enlightenment period the road also held a particular economic value for the incrementation of traffic, and when Francesco IV, the Duke of Modena, made it known that the merchandise business between the two territories was not particularly intense, Pietro Leopoldo - the refined physiocrat that he was - responded that they needed to wait for its inevitable development. What the same Tuscan Sovereign - however enlightened as he was - could not foresee was that the volume of business and mountain economy in general rose, thanks to the road, with the beginning of the first tourist movement. More attractions with beautiful panoramas were becoming known as well as a delicious gastronomic tradition and the flourishing of the “beautiful Tuscan speak,” the Italian language that is. Tommaseo, the abbot Giuliani, Fucini and others, described those areas, and it is worth citing “Trip through Pistoia” by the first author. We need to go back to the beginning of the 20th century to know how the skiing phenomenon began; at first two square axes of wood that some “crazy man” - emulator of things that he had seen done in Norway - would use to tie his legs together to throw himself down form the snowy slopes. If he didn’t immediately break his head open, he would learn to glide, to change direction and even to stop himself. Then, can you imagine the admiration of the girls

who would see this fearless skier rolled up in a cloud of snow? Slowly, skiing became a sport that was initially elitist, but later became more and more popular. It was during the fascist period that a beautiful ski station was discovered on the mountaintops of the Abetone. Eddo Ciano, in particular, who was always searching for “exotic” pastimes, having lived for a long time in China, began to visit the area. There are stories about the endless poker matches of the late nights of his court. Even the Crown Prince arrived several times to ski, using the necessary sleigh with counterweights, down the first trail drawn out among the firs, the Selletta. The regime, however, which in the meantime had made the Abetone a Municipality in 1936 and installed as town mayor a technician, the engineer Lapo Farinati, felt that the true skiing centre was not on the mountains immediately facing the town, but rather in a desolated valley (whose original name was “Valley of the Wells”) immediately after the pass on the side of Modena. What could one do to connect with the social centre, the heart of the Municipality? Only through a gallery of three kilometres excavated under the Three Powers - the highest point of the area - long enough to run through the borders between three pre-united states: Tuscany, Modena, and Lucca. Those who cross along the path at the top, indicated with the number 00, will still find the boundary stones. When a tourist would emerge in the Valley of the Wells, he would find amazing attractions: a large square, several trails accompanied by modern cableways, a large hotel in the middle of the area, just under the mayor/engineer’s villa and, higher above the hippodrome of the high mountain, on which the horses would have run with studded shoes, was the small frozen lake for the ice skaters. All of this was illuminated by a large lighthouse, that from the top would render all these marvels visible for a technologically advanced tourism.

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La Montagna e l’Ecomuseo Tanti itinerari da seguire, tra patrimonio storico, naturalistico e del lavoro

TESTI Tosca Delle Piastre FOTO Lorenzo Corsini

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a Montagna Pistoiese inizia in Porta al Borgo, un tempo periferia di Pistoia, oggi con la stessa vita del Centro di cui è parte. A salire s’inizia a Capostrada, ma gli umori e i sentimenti da montanini cominciano molto prima. E lo può capire soltanto chi ricorda l’Osteria degli Autotreni, sempre affollata da chi usciva dal grande mercato di frutta e verdura e da quanti aspettavano il “postale” della Lazzi, per salire verso Le Piastre e oltre, fino a Pieve Pelago. Dopo il Ponte Calcaiola, il paesaggio che lasci alle spalle si sviluppa nel surreale. A Piazza, se a occidente la panoramica si appoggia presto morbida sulle pendici di Serripoli, a sud già vai oltre Pistoia e il campanile del Duomo sventola la bandiera delle tue meraviglie. E più sali e più ti sembra di vedere il mondo che si adagia ai tuoi piedi. Da qui, La Montagna Pistoiese non pare soltanto quel luogo ideale per il trekking, il buon mangiare, l’affabilità della gente, la tranquillità dei boschi, lo scorrere di ruscelli limpidi e di fonti zampillanti, ma i colori della storia che percorre le vie della pianura, fino a Firenze e sui crinali del Montalbano, del Chianti, fino alle montagne pisane. A Cireglio, il viandante che ha memoria lunga intercetta un’assenza: una splendida chiesa medievale vigilata da un campanile pendente, che un tempo indicava il cielo con un ornello secolare sempre verde. Un sol botto di una guerra infame lasciò quel vuoto. Ma Cireglio vive egualmente nel suo immediato risveglio. È con il Poggiolo e Le Piastre che si entra nella grande vallata: quella del Reno, il fiume le cui sorgenti sono fra Prunetta e Le Piastre, il paese del grande poeta latinista Alfredo Bartoli, lo scultore Leonardo Begliomini e del “Campionato Italiano della Bugia”. E qui comincia uno dei sei itinerari dell’Ecomuseo: quello del ghiaccio. A un chilometro dal paese, al 50esimo Km della via Ximenes

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(strada provinciale 66), ancora nella sua architettura intatta, appare la ghiacciaia della Madonnina (o Pozziferrino) e un classico lago, cioè il bacino dove il ghiaccio veniva prodotto nei mesi freddi, rifornito dalle acque del Reno. La produzione in decine di “laghi” di proporzioni più o meno eguali, durò fino al termine della seconda guerra mondiale, e gli ultimi clienti furono proprio i comandi delle truppe americane della V Armata. Più avanti ci sono i “lagoni” del Malandrone, (51 Km S.P.66) oggi trasformati in distensive oasi per la pesca alle trote. La produzione del ghiaccio si spingeva fino a Pracchia, dove le attività cessarono molto prima, data l’impossibilità di usare l’acqua del Reno, mescolata a quella del torrente Maresca, inquinata dagli scarichi della SMI (stabilimento metallurgico) a Campotizzoro. L’itinerario del ferro, sempre inserito nell’Ecomuseo della Montagna, è altrettanto suggestivo e storicamente importante. Nel ‘500, in montagna operava il più rinomato polo siderurgico del Gran Ducato, ed era stato proprio un Medici a pretenderlo. Già esisteva la ferriera Sabatini a Pracchia, i cui macchinari sono ancora esposti nei locali originari, e pronti per dimostrazioni pratiche specie per giovani e giovanissimi studenti. A Pontepetri sono stati ricostituiti un Polo e un Giardino del ferro, con un maglio e una ruota verticale funzionanti anche per ragioni didattiche. Tra gli itinerari dell’Ecomuseo, quello dell’Arte Sacra ci porta a Popiglio, nel Museo Diocesano, e al Polo per scolaresche. L’itinerario della Vita Quotidiana conduce alla scoperta di località intatte come Rivoreta e l’Orsigna (il borgo tanto caro allo scrittore Tiziano Terzani): da visitare il Molino di Giamba e la via del Carbone. La natura è ricordata nell’Orto Botanico e Forestale dell’Abetone, e nel Polo Didattico Fontana Vaccaia, ma è il Centro naturalistico archeologico dell’Appennino Pistoiese di Campotizzoro ad ottenere i maggiori successi. Nell’altra vallata della Montagna, quella che arriva e scavalca la Collina sulla via Francesca, si sviluppa l’itinerario della Pietra che passa a Sambuca e arriva al Polo didattico di Pavana, e all’insediamento Altomedievale dell’Acquerino. Nel

giro completo di tutti i percorsi tracciati dall’Eco Museo, si scoprono anche emozionanti strutture come il Ponte Sospeso a Mammiano o gli inaspettati affreschi nella chiesa parrocchiale di Piteglio; e poi la valle del Sestaione, le “visioni” panoramiche di Prunetta, la Macchia all’Antonini, ma soprattutto il centro di Cutigliano col Palazzo Pretorio, piazza Catilina (un figlio dell’era romana) l’antica trattoria di Fagiolino, e tanti stimoli per andare, ovviamente d’inverno, a sciare alla Doganaccia o a Pian di Novello. Eppoi il Pian degli Ontani dove visse e poetò la pastora Beatrice, o ancora Pianasinatico, valle del Sestaione, il Melo. Il cuore dell’intero territorio, comunque, è l’area del comune di San Marcello (nel cui centro possono ammirarsi splendidi palazzi): Maresca con i sentieri del Teso; Gavinana e i boschi dei Mandrumini; Spignana e Lizzano Belvedere dai verdi pascoli; La Lima fiume e paese custodi del ricordo della grande cartiera Cini. Ma queste vallate, nelle aree di Borgo a Buggiano, Cutigliano, Lamporecchio, Montale, Pescia, Pistoia, Piteglio, Quarrata, Sambuca Pistoiese, San Marcello Pistoiese producono anche uno squisito formaggio presidio Slow Food: il pregiato Pecorino della Montagna Pistoiese. Nato da antichi metodi di lavorazione del latte a crudo, latte prodotto dalla razza ovina autoctona toscana: la massese. Una “pecora nera” (dal vello scuro) e dall’occhio vivo che regala anche ricotta e raveggiolo straordinari. Una Montagna Pistoiese non sconfinata, ma dalle bellezze e sorprese senza limiti.

Sopra - Ghiacciaia della Madonnina, Le Piastre. Above - Icebox of the Madonnina, Le Piastre. Sinistra - Facciata del Palazzo pretorio, Cutigliano. Left - Facade of the Magistrate’s Hall, Cutigliano. Destra - Ponte sul fiume Lima. Right - Bridge on the Lima river.


The Ecomuseum of the Mountains Many itineraries of the area’s patrimony among its history, nature and works

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he Pistoian Mountains begin with Porta al Borgo, at one time on the outskirts of Pistoia, while today it is a vibrant part of the city center. One heads up towards the mountains with Capostrada, but the mood and sentiments of the mountain inhabitants begin long before. The only ones who can truly understand this are those who remember the Osteria degli Autotreni, always busy with people leaving the large fruit and vegetable market, and those waiting at the bus stop of the Lazzi bus in order to head towards Le Piastre and further on, before reaching Pieve Pelago. After Ponte Calcaiola, the landscape that you leave behind begins to seem surreal. In Piazza, to the west the panorama softly leans down on the slopes of Serripoli, while to the south you are already beyond Pistoia, and the bell tower of the Duomo slowly disappears to your wonderment; the further you climb the more it seems like the world lies at your feet. From here, the Pistoian Mountains do not appear only as the ideal place for trekking, eating well, the graciousness of the people, the tranquility of the woods, the flowing of limpid streams and of springing fountains, but rather for the different colors of history that travel through the streets of the plains, all the way to Florence and on the ridge of the Montalbano mountain, through the Chianti, and eventually to the Pisan Mountains. In Cireglio, the traveler with a good memory senses an absence: a beautiful medieval church guarded by a leaning tower that at one time rose up to the sky with a centuries old Evergreen Ash tree. A singular blow of an infamous war left this empty void; Cireglio, however lived on in its immediate reawakening. It is through Poggiolo and Le Piastre that one en-

ters the large Reno valley, the river whose sources are between Prunetta and Le Piastre, the hometown of the sculpture Leonardo Begliuomini of the local “Championship of Lies.” Here one begins with one of the six itineraries of the Eco Museum: the one known as the “ice itinerary.” A kilometer from the town, 50 kilometers from Via Ximenes (the provincial road 66), still architecturally intact, appears the icebox of the Madonnina (or Pozziferrino) and a lake, the basin where the ice was produced in colder months, supplied by the waters of the Reno. The production into ten “lakes” of more or less equal proportions lasted until the end of World War II, the last clients being the commanders of the American troops of the Fifth Brigade. Further on, there are the “large lakes” of Malandrone (51 km S.P.66), today transformed into a relaxing oasis for trout fishing. The production of ice took place all the way to Pracchia, where the activity ceased long before due to the impossibility of using the water of the Reno - mixed with that of the Maresca Torrent - polluted by the dumping of the SMI (Metallurgical Establishment) in Campotizzoro. The “iron itinerary” of the Eco Museum is indeed evocative and historically important as well. In the 1500’s, it was the most renowned iron and steel pole of the Grand Duchy, and sustained by the Medici family. Sabatini Ironworks in Pracchia was already in existence; their machinery is still exposed today in the original places, and ready for practical demonstrations, particularly for young students and kids. In Pontepetri a pole and an Iron Garden were restored with a mallet and a vertical wheel that functioned for didactic purposes as well. Another itinerary among of the museum is that of “Sacred Art”, which brings us to the Diocesan Museum in Popiglio, and to the pole for female scholars. The itinerary of “Daily Life” explores uncontaminated areas such as Rivoretta and Orsigna (the village that was so dear to Tiziano Terzani). The Mill of Giamba and the Via del Carbone (“Charcoal street”) are indeed must-sees. The Botanical Garden, the Abetone Forest, and the didactic pole Fontana vaccaia all recall nature, but it is the Center for Naturalistic Archeology of the Pistoian Appenine town of Cam-

potizzoro that attracts the most visitors. In the other valley of the Pistoian Mountains, the one that arrives and passes over the hills of Via Francesca, there is the “Stone itinerary” that passes through Sambuca and arrives at the didactic pole of Avana, and at the settlement of the high middle ages, Acquerino. With all the itineraries of the Eco Museum there are fascinating discoveries for the traveler such as the Suspended Bridge in Mammiano, or the unexpected frescos in the parochial church of Piteglio. Additional enticements for visitors are the Sestaione Valley, the panoramic “visions” of Prunetta, the area Macchia all’Antonini, but most of all the center of Cutigliano with the Palazzo Pretorio and the Piazza Catilina (a son of the Roman era), and the ancient restaurant, “Fagiolino.” In the winter months one can ski at the Doganaccia or the Pian di Novello. And finally, Pian degli Ontani -- where the 19th century Beatrice, the Shepherdess lived and composed her poetry --as well as the locality, Il Melo, in Pianasinatico in the Sestaione Valley, are worthy of attention. The heart of the entire territory, however, is the area of the town of San Marcello (with splendid buildings in its historical center), Maresca with the Teso forest; Gavinana and the Mandrumini woods; Spignana and Lizzano Belvedere with their green pastures; the Lima river and town with the memory of the renowned paper mill, Cini. These vallies in the area of Borgo a Buggiano, Cutigliano, Lamporecchio, Montale, Pescia, Pistoia, Piteglio, Quarrata, Sambuca Pistoiese, and San Marcello Pistoiese also produce an exquisite cheese of the Slow Food Presidium: the renowned Pecorino from the Pistoian Mountains. Begun with ancient techniques using raw milk produced by the native Tuscan sheep, the Massese. A “black sheep” , with a dark coat, and with a lively gaze, that gives us extraordinary ricotta and raveggiolo as well. The Pistoian Mountain is un-trespassed, but with endless beauty and surprises.

www.abetoneapm.it www.provincia.pistoia.it 49


Piteglio

Il mito templare tra storia e leggenda A spasso in un borgo incantato, perso nella magia del tempo e nella forza dell’allegoria

TESTI Francesca Rafanelli FOTO Nicolò Begliomini 50


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a sinistra: una veduta del borgo. sotto, da sinistra a destra: reliquia del “Latte della Madonna”; simboli ritrovati nell’Antica Pieve. nella pagina accanto: “un templare” all’altare della Compagnia” nella pagina d’apertura: corte della Pieve di Santa Maria Assunta. Left: a view of the village. Below, from left to right: relic of the “Milk of the Madonna”, rediscovered symbols of the old parish church. Following page: a “templar” knight at the company’s altar. Opening page: courtyard of the Parish Church of Santa Maria Assunta.

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l legame di Piteglio con la storia templare fa riferimento ad indizi presenti nel territorio e nella tradizione popolare e devozionale, ancora oggetto di studio e d’indagine storica. Il primo segno si manifesta con l’arrivo in paese della reliquia del “Latte della Madonna” che una memoria popolare racconta esser stata portata da un cavaliere crociato, forse proprio un templare, che nel 1266 si era fermato nel castello dei conti Guidi, nel luogo dove oggi sorge la pieve di Santa Maria Assunta. La reliquia, oggetto di culto nel periodo tardo medievale e nei secoli successivi, fu collocata nella cappella del “Latte della Madonna”, al centro dell’altare entro una struttura lignea, descritta dalle cronache del tempo in forma del Tempio di Salomone. Una tela settecentesca, con la particolare iconografia, unica nel suo genere, della Madonna con il Bambino che mostra la sacra ampolla, copriva durante l’anno la reliquia. Alla cappella si accede ancora oggi attraversando un arco percorso

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da elementi simbolici quali fleur de lis, conchiglie iacopee, fichi, che culminano al centro nel dualismo di un volto femminile e di uno maschile. Un culto al femminile, quello della reliquia del Latte, che sembra collegarsi alle antiche tradizioni pagane, quando forse anche Piteglio celebrava il culto della grande Madre Terra, coadiuvato da una polla galattofora, o fonte lattaia, che la tradizione collocava sotto il campanile. A questo potrebbe riferirsi la particolare iscrizione Abissus Gratiae dell’altare della Compagnia, contigua alla torre campanaria. Altri elementi dal carattere simbolico sono i sinistri volti posti ad ornamenti di stemmi o sacri arredi che hanno l’aspetto di Bafometto o Baphomet, l’idolo pagano venerato dai templari. Anche la vicina pieve della Santissima Annunziata o Pieve Vecchia presenta alcuni particolari indizi. Fino alla seconda metà del secolo XX, ed in parte ancora oggi, ogni lunedì dell’Angelo il sacerdote, dal pulpito esterno, benediva la Val di Lima

mostrando la reliquia del Latte ed intonando per tre volte, insieme al popolo, il “Monstra te esse Matrem”, l’inno che San Bernardo, il compilatore delle regole dell’ordine, rivolse alla Vergine. Sulla parete esterna si notano un nodo di Salomone e più in basso una vecchina che fila, con simboli e criptiche lettere. All’interno le pareti sono percorse da sedute in pietra, ciascuna indicata da una rosa a cinque petali. La devozione verso San Bernardo vide il culmine all’inizio del secolo XVIII quando il prelato piteglino Taddeo Giovannini fece costruire, nell’attuale piazza Guermani, un oratorio dedicato all’Abate di Chiravalle al cui interno collocò una reliquia del santo. L’oratorio, non più esistente, è ricordato dal 2007 da una scultura dell’artista Dorando Baldi. Qualunque sia oggi il modo di porsi di fronte ad un simbolo, una data, una tradizione popolare e devozionale, di fatto Piteglio ci consegna un’affascinante e talvolta misteriosa lettura di un luogo. Un posto dove perdersi nella storia.


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Piteglio

The Templar myth Between history and legend Strolling in an enchanted village, lost in the magic of time and in the depths of allegory

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iteglio’s link with Templar history refers to evidence in the area and in the folk and devotional tradition, still the subject study and historical inquiry. The first sign was revealed with the arrival in town of the relic of the Milk of the Madonna that a folk memory tells of its being brought by a crusader, perhaps a Templar, who, in 1266, had stopped at the castle of the Guidi Counts, on the site where the parish church of Santa Maria Assunta now stands. The relic, an object of worship in the late Middle Ages and in the successive centuries, was placed in the chapel of the Milk of the Madonna, in the center of the altar, inside a wooden structure described in chronicles of the times as being in the form of the Temple of Solomon.

A unique eighteenth-century painting, with the particular iconography of the Madonna and the Child, who displays the holy cruet, covers the relic throughout the year. Still today the chapel is entered through an arch covered with such symbolic elements as fleur-de-lis, Jacobean shells, and figs, which culminate at the center in the dualism of a female and a male face. The relic of the milk is a feminine cult that seems to be linked to ancient pagan traditions, from perhaps when Piteglio celebrated the cult of the Great Mother Earth, assisted by a galactophorous spring or milk source that tradition has placed under the bell tower. The unusual inscription Abissus Gratiae on the Company’s altar, immediately adjacent to the bell tower, may refer to this. Other symbolic elements are the sinister faces ornamenting the coats-of-arms or sacred vessels that look like Baphomet, the pagan idol worshiped by the Knights Templar. The nearby church of the Santissima Annunziata, or the old parish church, also has some unusual signs. Until the second half of the twentieth century, and to some extent still today, every Monday of the Angelus, the priest blessed the Lima Valley from the exterior pulpit, showing the relic of the milk and chanting three times, along with the people, the Monstra te esse Matrem, the hymn dedicated to the Virgin by St. Bernard, the compiler of the order’s rules. On the outside wall, we find a Solomon’s knot and, below, an old woman spinning, with cryptic symbols and letters. Inside, the walls are lined with stone seats, each indicated by a five-petaled rose. The devotion to St. Bernard reached its height in the early eighteenth century when Piteglio’s prelate Taddeo Giovannini had an oratory built in the modern-day Piazza Guermani and dedicated it to the Abbot of Clairvaux; a relic of the saint was placed inside. In 2007, the oratory, no longer extant, was remembered in a sculpture by the artist Dorando Baldi. Whatever is today’s way of standing before a symbol, a date, or a popular and devotional tradition, Piteglio has indeed given us a fascinating and sometimes mysterious interpretation of a place where one can get lost in history.

a sinistra: “Madonna con bambino”, tela del ‘700 sita nella Pieve di Santa Maria dell’Assunta. Left: “Madonna with Child”, 18th-century painting from the Parish Church of Santa Maria Assunta. 54


Il gioco delle coincidenze

È

suggestivo immaginare un sottile fil rouge, che attraversa la storia templare giocando con alcune date e simboli legati a Piteglio. Per fare solo alcuni esempi: la fondazione dell’oratorio di San Bernardo da Chiaravalle risale al 1703, quarto centenario dello Schiaffo di Anagni, l’inizio della fine dell’ordine; la sua consacrazione al 1707, quarto centenario dell’arresto dei Templari a Parigi; la lapide commemorativa al 1710, quarto centenario della fine dei cavalieri di Cristo. La “Vecchina che Fila alla Pieve Vecchia”, è stata da alcuni studiosi interpretata alla luce di un simbolismo templare. Le lettere WGN tradotte come W (o così come) Gesù Nazareno e le successive MJB come (de) Molay Jaques Bartolomeus, ultimo Maestro dell’ordine considerato dai suoi seguaci un secondo Messia. Il cuore centrale rimanderebbe ai Rosacroce, quale rappresentazione della conoscenza colpita da un dardo che la riporta verso il basso alla dimensione materica. La “Vecchina che fila la rocca” potrebbe allora essere un armato che brandisce una spada, nell’atto di puntarla verso l’alto, come se volesse rielevarsi dalla caduta.

A game of coincidence

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laying with some dates and symbols related to Piteglio, it is interesting to imagine and trace the subtle common thread that runs through a history marked by a recollection of the Templar story. To give just a few examples. The foundation of the Oratory of San Bernardo da Chiaravalle dates back to 1703, the quadricentenary of the Schiaffo di Anagni, or the Slap of Anagni, which marked the beginning of the order’s end. The oratory was consecrated in 1707, the fourth centenary of the Templars’ arrest in Paris. There is a commemorative plaque from 1710, the 400th anniversary of the end of the Knights of Christ. Some scholars have interpreted the figure in the old parish church of the old woman spinning in the light of Templar symbolism.The letters WGN have been translated as W (or like) Jesus of Nazareth and the subsequent MJB as (de) Molay Jaques Bartolomeus, the last master of the Order and considered a second Messiah by his followers. The central heart could refer to the Rosicrucians whose representation of knowledge struck by a dart that returns it to a material plane. The old woman spinning the distaff could thus be an armed man wielding a sword, in the act of pointing it upward, as if rising again after the Fall.

in alto: simboli incisi sulle mura dell’Antica Pieve. sopra: ritratto di templare. a sinistra: particolari della reliquia del “Latte della Madonna”. Top of the page: symbols engraved in the walls of the old parish church. Above: a portrait of a Templar knight. Left: details of the relic of the “Milk of the Madonna”. 55


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Porrettana Rotaie di civiltà Da 150 anni lavoro, emozioni e progresso Una grande impresa che unì veramente l’Italia

TESTO Enza Pirrera FOTO Marcello Mari Marco Braccialini

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’amore per il futuro non può prescindere dal passato e qui parliamo di un passato straordinario e luminoso e di un triste presente, accecato dal mero profitto. Vi raccontiamo della vita pulsante della Montagna Tosco-Emiliana, scandita dal ritmo eccitante dei treni in movimento lungo la linea ferroviaria Porrettana, Pistoia/Bologna, e della confluenza di genti di ogni provenienza e cultura. I treni, in corsa dal 1864, erano e sono (anche se ridotti) progresso, lavoro e salute sociale, cultura, garantiti su un territorio difficile: quello della montagna appenninica. C’era una volta…, chi sapeva vedere davvero lontano, pensava al futuro e al bene comune, investiva denari (molti) solo per un ritorno di civiltà, quella che nasce dal benessere diffuso. Ci fu chi provvide all’unità ferroviaria e di pensiero dell’Italia risorgimentale. Si materializzò un capolavoro utile e moderno. Un capolavoro che, oggi, si vuole archiviare, comunque. Tanto a cosa serve il bello, l’utilissimo, il sano, quando con quattro “sciocche” ruote, dopo quattro conti sciocchi, all’apparenza si spende meno. Basterebbe conoscere la storia vera d’Italia, quella priva di retorica, che ha cambiato la vita dei luoghi e con lungimiranza (retaggio d’altri tempi) ha arricchito il Paese per il Paese. Granducati, Stato Pontificio e Impero Austroungarico frammentavano il loro potere sul territorio,

Straordinari dettagli tecnici La velocità nella realizzazione dell’opera, attiva nel 1864, perfetta e di altissima qualità tecnologica, a ripensarci crea quasi sofferenza se si rapporta ai tempi, talvolta infiniti, dell’operare dei nostri giorni. In-finiti anche per la loro mancata conclusione. La linea Bologna Pistoia percorre 99 km di puro azzardo su un terreno impervio. Una tratta che con le iniziali locomotive a vapore 58

l’Italia era divisa, ma la prima convenzione per costruire una linea ferroviaria che unisse Modena a Firenze vide la luce nel 1851. Poi, nel 1856, a Vienna, si firmò l’accordo definitivo per la “trasappennina”, fatta e finita già nel 1864 con l’ultimo tratto Pracchia - Pistoia. Il 150° dell’unità d’Italia dovrebbe tenerne conto: il paese unì effettivamente Nord e Sud solo al completamento della Ferrovia Porrettana. Una meraviglia delle realizzazioni ferroviarie, che affronta tortuose difficoltà viarie correndo su ma-

nufatti di rara perizia. Un percorso di viaggio sulla strada ferrata, che lascia esterrefatti. S’immerge nella natura aspra, verdissima, avvolgente dell’Appennino Tosco Emiliano e lo doma. Un contenitore di emozioni antiche e attuali. S’affollano e si mischiano viaggiatori, tanti, di ogni età, di ogni etnia, religione e anche posizione sociale. Chi fa buon uso del proprio intelletto, non rinuncia al gusto vitale di ascoltare e guardare e discutere, mentre sferraglia il treno, sorretto anche dai pensieri, spesso manifesti, di chi lo utilizza.

esigeva vero eroismo dai macchinisti; tra Sammomè e Pracchia talvolta svenivano, per mancanza di areazione in galleria (lunga 2.727 metri), così altri dovevano saltare da apposite rampe sui treni in corsa. Proprio in quel segmento, 25 km da guinness, che da 63 metri sale a 617 metri sopra il livello del mare, con pendenza media di 22,1 per mille, furono indispensabili, fra gallerie, ponti, viadotti (da Ponte alla Venturina a Pistoia) ben 65 manufatti. Fra questi c’è la prima galleria a S stretta (fra Piteccio e Corbezzi), con raggio di curva di soli 300 metri, realizzata con il principio delle gallerie elicoi-

dali (tecnologia avveniristica, applicata in seguito da Protche anche alla Galleria del Gottardo). Le sbuffanti locomotive, tra 1927/28, vennero sostituite all’avvio dell’elettrificazione (sistema trifase). La seconda Guerra Mondiale fece scempio di questa fondamentale via di comunicazione. Anche la fiorente attività per la produzione del ghiaccio naturale, che dalla montagna pistoiese viaggiava per Bologna e Pistoia, subì un arresto. La riattivazione definitiva della indispensabile ”linfa” dei monti fu attesa fino al 1949. Poi fu festa di gente operosa montanina, tesa al sapere e al lavoro.


The Porrettana railway: the rails of a forgotten civilization 150 years of work, emotions and progress. A great achievement that truly united Italy

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he love for the future cannot forget about the past and here we speak about an extraordinary and enlightened past - and a sad present, blinded by mere profit. We will tell you about the pulsating life of the Tuscan-Emilian Apennine marked by the exciting rhythm of the trains moving along the Porrettana railway, Pistoia/Bologna, and of the confluence of people of every origin and culture. The trains, running since 1864, were and are still today (even if in reduced number) the representation of progress, work, social health and culture guaranteed on a difficult territory: the Apennine mountain. Once upon a time, those who had true foresight thought about the future and the common good, and would invest a lot of money for a return to civilization, which is born from universal well being. There were those who counted on the unity of the railway network and of the thought of Restoration Italy, therefore a useful and modern masterpiece was created. It is a masterpiece that today, however, is going to be archived. In other words, what use is something beautiful, useful and healthy when, after realizing the meagre budget for four “mere” rails, less financing is spent? It is enough to know the true history of Italy; the one without the rhetoric that changed the life of places, and with foresight and heritage has enriched the country - for the betterment of the country. Grand Dukes, State Pontificates, and the Austrian-Hungarian Empire dispersed their power on the territory. Italy was different, however, and the first agreement to construct a railway line that would unite Modena to Florence saw the light in 1851. In Vienna, in 1856, the definitive agreement for the “trans-Apennine” railway was signed and in 1864 it was up and running with the last stop being Pracchia-Pistoia. The 150th anniversary of the Unity of Italy should remember that the country was effectively united North and South only after the completion of the Porrettana Railway: a marvel of railway creations that faces tortuous difficult roads running along artefacts of rare appraisal. Its travel path on the railway road leaves us with a feeling of amazement as it emerges into the rugged, extremely green nature that embraces the Tuscan-Emilian Apennine and subdues it. The numerous travellers of every age, ethnicity, religion and social position crowd in and mingle. Those who make good use of their intellect do not renounce the vital enjoyment of listening, observing and engaging in conversations while the train roars along, fuelled by the thoughts – and often manifestos of those who use it.

Extraordinary technical details The train and its velocity, active in 1864, was the most perfected and highest quality of technology of the time; to think about it creates almost a sense of suffering if one thinks about the time - sometimes infinite - of running it would be today. Infinite also for their lack of finishing. The Bologna Pistoia line travels 99 kilometres on impervious terrain. A line whose initial steam locomotive engineers were worthy of true heroism. Between Sammomè and Pracchia some of them would at times faint because of the low airflow in the tunnel (2,737 meters long), while others had to jump across special ramps to the running trains. Right in that segment was 25 kilometres that from

63 meters rose to 617 meters above sea level, with an average slope of 22,1 by 1,000 between tunnels, bridges, viaducts (from Ponte alla Venturina to Pistoia) and 65 artefacts. Among these there is the first narrow S shaped tunnel (between Piteccio and Corbezzi), with a turning radius of only 300 meters, and constructed with the principle of the helical tunnels (futuristic technology, applied following Protche to the San Gottardo Tunnel). The snorting locomotives, between the years 1927 and 1928, were replaced by the start of the electrification (tri-phase system). The Second World War then ruined this fundamental road of communication. The flourishing activity for the production of natural ice, which from the Pistoian Mountain travelled to Bologna and Pistoia, ended. Finally, the definitive re-activation of the indispensable “lifeline” of the mountains was in 1949 – a year that met the anticipation of mountain workers, ready for knowledge and work. 59


Borgo piccolo, grande 60


TESTI Giancarlo Zampini FOTO Riccardo Boccardi

La storia di Tiziano Terzani s’incrocia tra le vie del mondo, le case e i boschi dell’Orsigna

scrittore, uomo immenso Autore di libri importanti, giornalista e un film sulla sua vita montanina

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erzani ed Orsigna.<<….Torno sempre anch’io e sempre più mi domando se dopo tanta strada fatta in cerca d’un senso all’insensata cosa che è la vita, questa valle non sia dopotutto il posto più altro e più sensato; e se, dopo tante avventure tanti amori per il Vietnam, la Cina, il Giappone e ora l’India, l’Orsigna non sia - se ho fortuna - il mio vero ultimo amor.>> E’ il pensiero di Tiziano Terzani espresso nell’agosto del 1998 in un articolo, molto più lungo, per Il Corriere della Sera, riportato nel libro di chi scrive, “Tiziano Terzani: l’Orsigna ultimo amore”. Parole che raramente si leggono su una pagina di giornale, più frequenti in una raccolta di poesie d’autore, che fanno capire quanto fosse grande l’amore del giornalista - scrittore per questa piccola frazione montana pistoiese, terra di confine fra la Toscana e l’Emilia. “Da Orsigna non ci si passa, per andarci bisogna volerlo”, altra sua storica affermazione. Tiziano Terzani arrivò in questo piccolo paese, una valle verde come poche altre, nel 1945, aveva bisogno di aria buona, questo l’ordine del medico. Suo padre Gerardo conosceva Orsigna perché ci veniva a sciare su due palanche che ogni volta toglieva dalle staccionate, non trovò migliore soluzione che portarlo su, prima in affitto dall’Azelia, la postina del paese, poi dalla Filide. Solo più tardi, quando Tiziano Terzani fu consacrato giornalista e scrittore e arrivarono i primi soldi, si costruì una casa presso la borgata “Il Contadino”, ma non di lusso, una casa come le altre. All’Orsigna, terra di pastori e carbonai, Terzani è cresciuto, ha scoperto la libertà, quella che a Firenze i genitori non gli permettevano, ha colti62

vato le prime amicizie, ha vissuto i primi innamoramenti, ha conosciuto i poeti di contrasto, quelli che una volta diventato grande amava riunire nelle serate d’estate nell’aia di casa, con tanti ospiti e l’immancabile damigiana di vino. Ancora Tiziano Terzani e Orsigna, per la quale non lesinava dichiarazioni d’amore: “Orsigna mi ha messo la poesia nella vita, ci sono venuto da ragazzo, questo rimane il posto del mio cuore e rimane il mio rifugio. Dovunque sono stato nel

mondo, qualunque cosa mi succedesse, tranne l’incontro con la Signora dal mantello nero, avrei potuto rifugiarmi all’Orsigna…..”. Un’altra dimostrazione del legame che aveva instaurato, un paese autentico e integro come solo gli artisti sanno trovare e apprezzare. Il percorso professionale di Tiziano Terzani (tessera giornalistica tedesca) è stato di grande intensità. Quasi trent’anni di corrispondente dall’Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel: a Singa-


pore, Hong Kong, primo giornalista occidentale a prendere servizio a Pechino, e poi Saigon, Cambogia, Tokio, Bangkok, infine l’India dove si stabilisce nel 1994. Nel 1995 scrive, “Un indovino mi disse”, pubblicazione che incrina il suo lavoro di giornalista, dà inizio a una marcia di avvicinamento al Divino, passa molto del suo tempo all’Orsigna e sull’Himalaya dove ha preso una baita. Cambia anche l’abito, veste all’indiana, pantaloni larghi e casacche sempre di colore chiaro, vegetariano, grande difensore della natura, religioso ma senza coltivare religioni. Purtroppo, arriva anche il male, nel 1997 gli viene diagnosticato il cancro che lo porterà alla morte il 28 luglio del 2004, avvenuta per sua scelta nel paese preferito, fra le braccia della sua amata moglie Angela, Folco e la figlia Saskia. Sette anni intensi, intervallati dal ritorno al lavoro dopo l’attacco alle torri gemelle di New York, quando, con lo scoppio della guerra in Afganistan si reca a Peshawar, collabora con Il Corriere della Sera e scrive il libro “Lettere contro la guerra. Al suo ritorno diventa uomo di pace, le sue visite si concentrano nelle scuole e luoghi istituzionali: “Ad una guerra non si può rispondere con una guerra”, questo il suo pensiero espresso a tutte le platee. Nel 2004 le sue condizioni di salute peggiorano, il 12 marzo chiama il figlio Folco che si trova negli Stati Uniti, gli rimangono pochi mesi di vita: “Se vuoi venire a Orsigna, un’ora il giorno, ti racconterò quello che non ti ho mai detto, quello che vorrai conoscere, di me e della mia famiglia”. Folco accolse l’invito, salì all’Orsigna, registrò ogni cosa detta dal babbo, nel 2006 scrisse il libro-testamento, “La Fine è il mio inizio”, dal quale è stato tratto il film, uscito il 25 ottobre del 2010 nelle sale tedesche e il 1 aprile del 2011 in quelle italiane. Nei panni di Tiziano Terzani uno splendido Bruno Ganz, il ruolo di Folco interpretato da Elio Germano. Le ceneri di Tiziano Terzani sono state sparse nell’appenninica vallata della sua vita.

Tiziano Terzani’s story intersects among the streets of the world and the houses and woods of Orsigna

A small mountain village, a great writer, an immense man Author of important books, journalist and a film on his life in the mountains.

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erzani and Orsigna. “I too always return and ask myself if after all the road travelled in search of a meaning to the senseless thing that life is, this valley isn’t after all the place most other and the most sensible; and if, after so many adventures and love for Vietnam, China, Japan and now India, Orsigna isn’t – if I’m lucky – my last true love.” These are the thoughts of Tiziano Terzani expressed in August of 1998 in a much longer article for Corriere della Sera, “Tiziano Terzani: Orsigna, last love.” Words that one rarely reads in the pages of a newspaper - but more likely in a collection of poetry - that make us realize just how great the love of the journalist/writer is for this small corner of the mountains of Pistoia, a land that lies between Tuscany and Emiglia Romagna. “One doesn’t just pass through Orsigna, you need to mean to be there,” is one of his other famous affirmations. Tiziano Terzani arrived in this small village, a green valley like no other, in 1945, needing clean air on the doctor’s orders. His father Gerardo knew Orsigna because he came here to ski on two planks that he would take from the fence each time; he couldn’t find a better solution than to bring his son up here, renting at first from Azelia, the post woman of the village, then from Filide. It was only later, when Tiziano Terzani was consecrated as journalist and writer and his first stipends started arriving that he constructed a house in the village “Il contadino” - a modest house just like any. In Orsigna, land of shepards and coalmen, Terzani grew up, he discovered freedom – one that his parents in Florence didn’t allow him – he made his first friendships, had his first loves, he became familiar with the “Contrasto” poets whom he loved to reunite, once famous, in the summer evenings in the barnyard of his house, surrounded by numerous guests and the ever present carboy of wine. Another reflection from Tiziano Terzani and Orsigna, for which he doesn’t hide his declarations of love: “Orsigna put poetry into my life. I came here as a boy. This has remained the place of my heart and has remained my refuge. Wherever I’ve been in the world, whatever would have happened to me, except the encounter with the lady in the black cloak, I would have been able to take refuge in Orsigna.” It is another demonstration of the bond that he established with an authentic and wholesome place that only artists know how to appreciate. The professional journey of Tiziano Terzani (certified journalist for Germany) was immensely intense. Almost thirty years as a correspondent for Asia for the weekly German newspaper Der Spiegal: in Singapore, Hong Kong, first western

journalist to be in service in Peking, and then Saigon, Cambodia, Tokyo, Bangkok, and finally in India where he moved in 1994. In 1995 he writes Un indovino mi disse (A Fortune Teller Told Me), a publication that profoundly changes his work as a journalist and paves the way to a march toward the divine. He spends a lot of time in Orsigna and in the Himalayas where he bought a chalet; he changes his clothes and dresses in the Indian style - wide pants and cassock always a light colour – he becomes vegetarian, a great advocate of nature, religious but without cultivating religions. Unfortunately his illness arrives and in 1997 he is diagnosed with cancer that would finally take his life on July 28th, 2004 in this favourite place of his, in the arms of his beloved wife Angela, and children, Folco and Saskia. Seven intense years, with an interval of his return to work after the attack on the twin towers in New York, when, with the outbreak of war in Afganistan, he goes to Peshawar, collaborates with the Corriere della Sera and writes the book Letters against war. Upon his return he becomes a man of peace, his visits are concentrated in the schools and institutions: “You can’t respond to war with a war,” this is his thought expressed to all his audiences. In 2004 his health deteriorates and on March 12th he calls his son Folco who lives in the United States, only a few months of his life remain: “If you want to come to Orsigna, an hour a day, I’ll tell you what I’ve never told you before, what you want to know about me and our family.” Folco accepted the invite, went to Orsigna, recorded every thing his father said, and in 2006 he wrote the book/testament, La Fine è il mio inizio (The End is My Beginning), the inspiration for the film that opened on October 25th 2010 in German cinemas and April 1st 2011 in Italy. In the role of Terzani is a magnificent Bruno Ganz while Elio Germano interprets the role of Folco. Tiziano Terzani’s ashes were scattered in the appenine valley of his life.

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Montecatini Terme dove il benessere è festa L’antica consuetudine a creare piacevole il soggiorno degli ospiti, curando la loro salute è la filosofia dell’accoglienza

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n armonioso accordo tra benessere, natura e cultura caratterizza la città di Montecatini, sede del maggiore centro termale italiano ed abbellita da parchi e giardini, architetture in stile liberty, palazzi storici e locali alla moda. Qui la parola d’ordine è sinergia e integrazione tra le molteplici peculiarità del territorio e gli stabilimenti termali, che ne rappresentano un’eccellenza: il comune, infatti, ne conta ben nove, e ognuno di questi è in grado di offrire un sistema completo di trattamenti, realizzati grazie all’ausilio di esperti ed équipe mediche qualificate. Le cure termali, seguendo l’alternarsi delle stagioni, sono capaci di rispondere alle esigenze più disparate in qualunque momento, dato che gli stabilimenti sono aperti tutto l’anno. Montecatini Terme è quindi la città ideale per rimettere in forma il proprio organismo e al contempo trascorrere una vacanza piacevole e rigenerante, in cui alla cura di sé è possibile affiancare il divertimento, l’attività fisica e sportiva, la cultura, il buon cibo.

Montecatini Terme where wellness is a treat

Sopra - Veduta esterna delle Terme Excelsior Above - External view of the Terme Excelsior

Underlying our philosophy of hospitality is the timeless art of creating enjoyable holidays for our guests together with a special eye to their health

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he Montecatini hallmark is based on a perfect harmony of wellness, nature and culture. Home to Italy’s foremost thermal spa centre, it is studded with wonderful parks and gardens, art nouveau architecture, historical palazzi and trendy coffee and wine bars. Its password is a combination of the synergy and integration of the special features of the area with the excellence of the thermal spas: all nine of the town spas offer a complete treatment range effected by highly qualified experts and medical teams. The fact that they are open all year long also means that seasonal ailments can be treated any time of the year. Montecatini Terme is therefore the ideal town for getting your body back into shape and having a regenerating and enjoyable time, where fun, physical activity and sport, culture and good cuisine and are all part and parcel of your personal wellness. 65


Hot spring waters and treatment for any need

Sorgenti e cure per ogni esigenza Quattro in tutto i diversi tipi di acqua termale che sgorgano dalle sorgenti valdinievoline: la Rinfresco, scoperta prima del 1477, è indicata sia come bibita che per balneoterapia ed è capace sia di favorire la diuresi che di ripristinare i sali minerali, mentre la Leopoldina, nota da tempi immemorabili, purifica ed è particolarmente consigliata in casi di stipsi cronica; la Regina invece, rinvenuta soltanto nel 1855, è un toccasana nei casi di insufficienza epatica e nelle disfunzioni delle vie biliari. L’ultima della lista, la Tettuccio, favorisce in particolare la depurazione del fegato: nota almeno dal 1417, risulta efficace nel trattamento del colesterolo ed è

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indicata anche per gastrite e dispepsia. Quanto ai servizi proposti c’è l’imbarazzo della scelta: da quelli propri del termalismo classico ai trattamenti di bellezza, dalla riabilitazione motoria alla sezione olistica, comprensiva di professionisti esperti in discipline ayurvediche. Da segnalare che nel corso del 2011 una piscina termale di 2.500 mq, circondata da un moderno centro benessere, sarà collocata nell’edificio delle settecentesche Terme Leopoldine, secondo il progetto del famoso architetto Massimiliano Fuksas, e andrà ad arricchire la già vasta offerta dell’attuale centro benessere, oggi sito presso lo stabilimento Excelsior, in cui ai riconosciuti benefici delle tradizionali acque e fango termali vengono abbinate le più innovative metodologie di massaggio, di trattamento corpo e viso e programmi di snellimento e relax su misura.

All of four different types of thermal water flow out from the Valdinievole springs: the Rinfresco, discovered prior to 1477, is advised for both drinking and balneotherapy and can also be used as a diuretic aid and for replenishing mineral salts, while the Leopoldina, known from time immemorial, purifies and is particularly advised in cases of chronic constipation. The Regina, only discovered in 1855, on the other hand, is a panacea in cases of liver insufficiency and bile duct disorders. The last of the list, the Tettuccio, is particularly effective in purifying the liver: known from at least 1417, it is effective in treating cholesterol and is also advised in cases of gastritis and dyspepsia. And when it comes to our services our guests are simply spoiled for choice: from classic thermal spa services to beauty treatments or from the motor rehabilitation section to the holistic section. And then there are our expert ayurvedic medicine professionals 2011 will see a new arrival in the form of a 2,500 sq. metre thermal pool. Surrounded by a modern wellness centre designed by the famous architect, Massimiliano Fuksas, it will be located in the eighteenth century Terme Leopoldine building. This will further enhance the already vast offer of the present Excelsior wellness centre, where the renowned benefits of our traditional thermal water and mud treatments are combined with the most innovative and customised methods both for massages and body and facial treatments and slimming and relaxation programmes.


Attraverso varie epoche Risalgono all’epoca romana le prime notizie sugli effetti benefici delle acque termali salso-solfato-alcaline montecatinesi, anche se il primo studio approfondito su queste sorgenti è del XV secolo: il trattato in questione, intitolato “De Balneorum Italiae proprietatibus” (1417), riportava i risultati delle ricerche che proprio in Valdinievole avevano impegnato Ugolino Simoni, celebre medico cui si è soliti attribuire la paternità dell’idrologia medica italiana. Verso la metà del 1700 invece il Granduca Leopoldo di Toscana si impegnò in una prima canalizzazione delle acque termali e dette l’avvio all’edificazione degli stabilimenti per le cure, mentre un ulteriore studio delle acque di Montecatini, impostato stavolta su basi scientifiche moderne, risale al periodo fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso.

Just a bit of history The first mention of the beneficial effects of Montecatini’s salt-sulphatealkaline hot spring waters dates back to Roman times, even if the first in-depth study on these springs was carried out in the XV century: the “De Balneorum Italiae proprietatibus” treatise of 1417, relates the results of research carried out in Valdinievole by none other than Ugolino Simoni, the doctor usually renowned for being the father of medical hydrology in Italy. But it was Leopold, the Grand Duke of Tuscany, and his first canalisation of the spa waters mid-way through 1700, that initially launched the construction of the thermal spas. A further study of Montecatini’s waters, this time conducted on a scientific basis, dates back to the turn of the last century. www.turismo.intoscana.it www.montecatiniturismo.it Info +39 0572 772244 Sotto - Panoramica della galleria Terme del Tettuccio Below - Panoramic view of Terme del Tettuccio’s gallery

Montecatini Golf Club Montecatini Golf, campo 18 buche par 72, situato nel cuore della toscana, tra la Versilia e le più importanti città d’arte, è un percorso emozionale con spunti culturali e paesaggistici; nel complesso storico della Club House, ex fattoria medicea funziona la Foresteria, 4 stelle, con tutti i confort. Montecatini Golf Club, 18 holes 72 par, is in the middle of the Tuscany between Versilia and the most important cities of art, it is an emotional course with cult input and have a beautiful view in the historical contest of Club House, former farm Dè Medici, there is the hotel 4 stars with all conforts.


Turismo e sport su due ruote Il Campionato del Mondo e i percorsi in mountain bike L’offerta pistoiese e la sua storia

TESTO Enza Pirrera FOTO Archivio APT

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l ciclismo, sia esso sportivo o da diporto, per fare turismo o semplicemente come mezzo di trasporto è connaturato al territorio pistoiese e alla sua gente. C’è la storia oltre ai dati statistici a confermarlo. Fu una gara, di 33 km., svoltasi sulla Firenze – Pistoia a inaugurare le attività agonistiche su due ruote in Italia. Si era nel 1870, vi fu grande partecipazione di atleti e spettatori: vinse un americano, e il pubblico non si lasciò pregare per portare in trionfo quell’atleta: Rynner Van Hest. Forse nacque allora la straordinaria passione per la bicicletta nel Pistoiese, rimasta cospicua nel secolo e mezzo successivo. In una ricerca, effettuata e pubblicata dal giornale economico Il Sole 24Ore, nel 2008, la nostra provincia appare al primo posto nel Paese per la quantità di ciclisti dilettanti e all’ottavo per il numero di professionisti. E queste sono già valide ragioni per giustificare, coma non mai, aver destinato le nostre strade allo svolgimento del Campionato del Mondo 2013. Anche la varietà dei percorsi possibili sono un altro elemento di naturale promozione dell’importante attività sportiva. Ricordiamo le strade della Val di Nievole, del Monte Albano, della Montagna Pistoiese, la suggestione dei paesaggi, le gradevoli accoglienze ambientali come le città di Pescia, Montecatini, Monsummano, la tipicità di paesi quali Casalguidi, Lamporecchio, la salita e il Passo de Le Piastre, il Monte Oppio, Gavinana, Maresca, San Marcello, la valle del Reno e Pracchia, la Val della Lima e Popiglio, la strada da Prunetta alle Pievi Pesciatine, Serravalle Pistoiese, e i fatti agonistici che le resero famose. Segnaliamo, fra tutte, la data 1940, quando il “campionissimo” Fausto Coppi, giovane fenomeno, vinse il suo primo Giro d’Italia, staccando eccelsi e celebrati avversari, Gino Bartali incluso, sulle rampe de Le Piastre e dell’Abetone. L’ambiente e la storia, poi, hanno contribuito a fare delle nostre piane e vallate il più grande serbatoio di grandi “corritori”. 68

Oggi, l’offerta locale è particolarmente interessante, pure, per gli appassionati di mountain bike. Innumerevoli i percorsi, che con differente tipo di impegno, regalano esperienze importanti: come da Pescia a Uzzano e Medicina, o più in alto verso le Pievi, o pedalando fra le colline sopra Collodi, o del Montalbano, eppoi da Quarrata e Tizzana a Lamporecchio. Certo, il massimo della suggestione si prova per i sentieri dell’Alto Appennino, puntando alle vette del

Teso, alle meraviglie del Lago Scaffaiolo e del Corno alle Scale, per i declivi intorno e sopra l’Orsigna, ma anche per l’antica strada della Via Francesca della Sambuca, lastricata come al tempo che conduceva i pellegrini, attraverso la valle del torrente Limentra, a Bologna e verso Santiago. Sono tanti i gruppi che impegnati nel trekking scambiano saluti con i turisti della bike. E parecchi sono i frequentatori stranieri, provenienti dal Nord Europa.

in alto e sinistra - immagini suggetive dei numerosi percorsi ciclistici in fuoristrada della Provincia; sopra il pistoiese Franco Ballerini, un simbolo del ciclismo nazionale recentemente scomparso; a destra: immagine del mondiale Toscana2013 e il testimonial Pinocchio.

On the top left side: striking pictures of the Province several bike tracks Above: Franco Ballerini from Pistoia, a symbol of the national cycling lately passed away. Right side: pictures of the World Championship Tuscany 2013 and the Pinocchio testimonial


Tourism and sport on two wheels The World Championship and mountain bike itineraries The history of Pistoia’s cycling offerings

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ycling, whether it for competitive sports or pastime, for tourism or simply as a means of transportation, is engrained into the territory of Pistoia and its residents. There is the history beyond the statistical numbers to confirm this. It was a competition of 33 km that took place on the Florence – Pistoia road to inaugurate the agonistic activities on two wheels in Italy. It was in 1870 that saw the great participation of athletes and spectators: an American by the name of Rynner Van Hest won. Perhaps after this the extraordinary passion for the bike in Pistoia was born, and remained conspicuous in the following century and half. In an article published by the economic newspaper, Il Sole 24 Ore, in 2008 our province appeared in 1st place in the country for the quantity of dilettante cyclists and in 8th place for the number of professionals. These are already valid reasons for justifying, more than ever, having lent our roads to the development of the World Championships of 2013. The variety of possible itineraries in the area is another element of natural promotion of this important sports activity. Noteworthy itineraries wind through the roads of the Val di Nievole, of Monte Albano, of the Montagna Pistoiese; the enchanting landscapes and enjoyable atmospheres of cities such as Pescia, Montecatini, Monsummano and the characteristic qualities of localities such as Casalguidi, Lamporecchio, as well as the hills rising up to Le Piastre, Monte Oppio, Gavinana, Maresca, San Marcello, the valley of the Reno and Pracchia, the Val della

Lima and Popiglio, the road from Prunetta to the Parish churches of Pescia’s hills, Serravalle Pistoiese, and the agonistic events that have made them famous – they are all memorable areas that attract cycling enthusiasts to Pistoia. We should mention the year 1940 when the “acclaimed champion,” Fausto Coppi, a young phenomenon, won his first Giro d’Italia, beating famous adversaries – including Gino Bartali - on the ramps of the Le Piastre and Abetone. The environment and its history have contributed to making our planes and valleys the largest reservoir of great cyclists. Today, the local offering is particularly interesting, especially for the enthusiasts of mounting biking. Innumerable are the itineraries that provide important experiences: Pescia to Uzzano

and Medicina, or even higher up towards the Parish churches, or pedalling among the hills above Collodi or Montalbano, then from Quarrata and Tizzana to Lamporecchio. Certainly, the most beautiful views are experienced among the woods of the High Apennine going towards the peaks of the Teso forest to the marvellous Scaffaiolo Lake and the Corno alle Scale, the slopes around and above Orsigna, but also around the ancient streets of Via Francesca of Sambuca, paved just as it was at one time with pilgrims who would pass through it - through the valley of the torrent, Limentra - to Bologna and towards Santiago. When up there it is common to spot groups on trekking excursions who regularly wave to the biking tourists, many of whom are not Italian natives, but from Northern Europe. 69


Inaugurata nel 1898

Sui binari del tempo Viaggio con applausi in funicolare a Montecatini Alto TESTI Emanuel Carfora FOTO Fabrizio Antonelli

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opo aver percorso il tragitto della funicolare, arrivati alla stazione posta in altura, i turisti giapponesi fanno un applauso al panorama della Valdinievole e all’esperienza di viaggio appena vissuta: qui capita anche di assistere a momenti come questo». A raccontarlo è il proprietario dell’impianto, Lido Cardelli, ardito imprenditore che da tre decenni mantiene in vita le due vetture rosse che, idealmente, dalla fine dell’800, uniscono la città di Montecatini con il suo castello. Oggi, questi antichi vagoni trasportano turisti da tutto il mondo: «Il 90% dei visitatori – spiega Lido Cardelli – sono stranieri, recentemente vediamo arrivare anche norvegesi, russi, cinesi, giapponesi, americani, australiani». La funicolare vanta numeri considerevoli: «Negli ultimi anni – continua Cardelli – abbiamo registrato una media di circa 40 mila passeggeri, quindi mi ritengo orgoglioso dei risultati raggiunti perché ripagano il lavoro di una vita». Aperta con chiare finalità turistiche, la funicolare fu inaugurata nella primavera del 1898, quando gli stabilimenti termali di Montecatini attraevano migliaia di curanti nella emergente “città delle acque” toscana. Fin dagli inizi del Novecento, quindi, la funicolare aveva avuto il merito di creare un corridoio privilegiato, attraverso il quale offrire ai numerosi visitatori la possibilità di respirare aria fresca nel castello, diventato ambita stazione climatica dove trascorrere parte del soggiorno. Questo inedito afflusso investì anche le famiglie

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umili del borgo, creando un fenomeno molto curioso: i fanciulli più poveri – per racimolare qualche moneta – attendevano gli arrivi nei pressi della stazione per raccontare la Storia di Montecatini, una filastrocca frenetica dove fatti, date, personaggi e curiosità erano raccontati tutto d’un fiato, creando così un’atmosfera meravigliosa. La realizzazione della linea, tuttavia, modificava per sempre il paesaggio della quotidianità. Le stazioni poste a ‘monte’ e a ‘valle’, le rotaie e le veloci vetture introducevano elementi di modernità nell’ambiente agricolo ottocentesco, cambiavano la percezione del tempo e dello spazio nella risalita verso il borgo medievale, il quale

si confermava ancor di più simbolo dell’antichità. Originariamente identificate solo con i numeri 1 e 2, oggi queste vetture sono conosciute con i nomi Gigio e Gigia e rappresentano quel moderno ed efficace strumento di un’antica strategia di accoglienza. Il viaggio in funicolare – parallelo alla strada per il castello scandita dalle stazioni della Via Crucis – permette di entrare in una fotografia panoramica unica: i passeggeri seduti sulle vecchie panche di legno, oppure in piedi sul balconcino esterno in attesa che le vetture, una in salita e l’altra in discesa, come nell’Ottocento, si sfiorino allo scambio di metà tragitto.


Since 1898

On the tracks of time A trip on the funicular in Montecatini Alto

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fter having spent the trip on the funicular, arriving at the station up high, the Japanese tourists make a round of applause at the panorama of the Valdinievole valley, and at the experience of the trip they just took: here it happens that one experiences moments like this.” These are the words of its owner, Lido Cardelli, a daring entrepreneur who for three decades maintains the two red cars that from the end of the 1800’s have united the city of Montecatini with its castle. Today these ancient wagons transport tourists from all over the world: “90% of the visitors – explains Cardelli – are foreign with the most recent visitors being Norwegian, Russian, Chinese, Japanese, American and Australian.” The funicular has considerable numbers: “In the recent years – continues Cardelli – we have registered an average of around 40,000 passen-

gers; therefore, I am proud of the results that I’ve reached because they pay off the work of a lifetime.” Open with clear touristic motives, the funicular was inaugurated in the spring of 1898, when the spa establishments of Montecatini would attract thousands of people who came to bask in the prestigious ville d’eaux of Tuscany. Since the beginning of the 20th century, therefore, the funicular had the merit of creating a privileged touristic corridor, through which numerous tourists would be offered the possibility of breathing fresh air in the castle, becoming a coveted place where one could spend a part of his or her trip. This influx of tourists invested also the humble families of the village, creating a phenomenon that is very intriguing: the poorest children, in order to make some money, would wait for their arrival near the station so that they could tell the “History of Montecatini,” a frenetic rhyme where facts, dates and curiosities were told all in one breath, creating a marvelous atmosphere. The creation of the line, however, altered the daily landscape forever. The stations placed on the ‘mountain’ and the ‘valley,’ the rails and the fast cars introduced elements of modernity in the agricultural environment of the 19th century, changing the perception of time and space in the trip up towards the medieval village, even today

still a symbol of times past. Originally identified only with numbers 1 and 2, today these cars are known by the names “Gigio” and “Gigia” and represent that modern and efficient instrument of a traditional strategy of welcoming. The trip in the funicular – parallel to the road for the castle marked from the station of the Via Crucis – allows one to enter into a unique photographic panorama: the passengers seated on the old wood benches, or on foot on the external balcony waiting for the cars while one goes up and the other goes down, and they meet each other at midway on the journey just as they did in the 19th century.

pagine precedenti: funicolare in movimento verso Montecatini Alto; a sinistra: in alto stazione d’arrivo, in basso i propietari Cardelli padre e figlio; in alto: salita con turisti della carrozza detta “Gigio” Preceding page: Funicular headed towards Montecatini Alto; to the left: above, the station of arrival, below, the owners Cardelli, father and son; above: the car called “Gigio” taking tourists up. 71


Purgatorio, Inferno e Paradiso Itinerario della salute nelle Grotte Giusti TESTO Rebecca Colet

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utto ebbe inizio per caso, quando, nel 1849, alcuni minatori impegnati nei possedimenti di Domenico Giusti, padre del poeta Giuseppe, notarono alcuni vapori caldi fuoriuscire da una cavità del terreno. Una volta ampliato l’antro di quello che credevano un pozzo naturale, si trovarono di fronte ad una bellissima grotta millenaria, caratterizzata da labirinti sotterranei e cunicoli abbelliti, qua e là, dai giochi di luce creati dalla presenza di stalagmiti e stalattiti. Questo dono della natura, che, con i suoi duecento metri abbondanti di estensione, costituisce la terza grotta più grande d’Europa, è stato, nel corso del tempo, mèta di principi e personaggi storici, come il compositore Giuseppe Verdi, che non esitò a definirla “l’ottava meraviglia del mondo”. Ancora oggi il fascino della Grotta Giusti rimane immutato, e costituisce l’attrattiva principale di un importante centro termale, sorto, nel frattempo, nel parco adiacente alla villa ottocentesca. Attualmente è sede di un prestigioso “resort”.

Sopra - Interno delle grotte Above - Interior of the cave Sopra a destra - Nuova zona relax. Above right - New relaxation area. Destra - Notturno piscina termale all’aperto. Trattamenti centro benessere e palestra. Right - Nightime thermal pool. Spa treatments and Gym. 72

I pregi della grotta vanno di pari passo con gli effetti salutari dei suoi vapori caldo-umidi, ideali per bagni curativi e terapie rigeneranti. L’acqua termale che qui sgorga, di tipo bicarbonato-solfatoclorurate-calcico-magnesiaco, crea all’interno dei sotterranei gradevoli laghetti emananti esalazioni dall’indubbio effetto benefico. Al suo interno è, dunque, possibile godere di un bagno turco naturale. Si può scegliere a proprio piacimento la temperatura, visto che le tre caverne componenti la grotta si distinguono per gradazioni differenti. Secondo un percorso che la tradizione ha associato ad echi danteschi, infatti, si può scegliere tra i 24° gradi del Paradiso, il clima intermedio del Purgatorio ed infine i 34° della zona più profonda: l’Inferno. Il centro benessere del Grotta Giusti Natural Spa Resort, attualmente, ha affiancato alle terapie termali tradizionali i trattamenti più all’avanguardia. Spiccano quelli proposti dal reparto di discipline orientali (shiatsu, dhara e massaggio ayurvedico), mentre un’équipe medico-scientifica è a disposizione per programmi di alimentazione personalizzata e check up capaci di attestare i livelli di stress, attraverso la percentuale di radicali liberi presente nell’organismo. Sono, poi, parte integrante del complesso anche una piscina termale esterna, con scenografiche cascate, e idromassaggi. Tutto l’anno sono aperti: una palestra attrezzata, un campo da tennis, un innovativo centro di medicina estetica, un percorso vita e itinerari da trekking per escursioni nella campagna circostante.

FOTO Archivio Grotte Giusti


Purgatory, Hell and Paradise An itinerary for good health in the Grotta Giusti

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t began by chance, when, in 1849, several minors involved in the estates of Domenico Giusti (father of the poet, Giuseppe) noted some hot vapours spewing from the cavity of the terrain. Once the antrum expanded - of what they thought was a natural well - they found themselves in front of a beautiful thousand-year-old grotto, characterized by subterranean labyrinths and magnificent tunnels, here and there, with special light effects created by the presence of stalagmites and stalactites. This gift of nature, with its profound depth of two hundred meters, constitutes the third largest grotto in Europe, and was - over the course of time - a destination of both princes and historical figures, including the composer Giuseppe Verdi who did not hesitate to define it “the eighth wonder of the world.� Still today the fascination of the Grotta Giusti remains unchanged, and constitutes the principle attraction of an important hot springs in the park next to the 19th century villa. It is currently the site of a prestigious heath resort. The merits of the grotto go hand in hand with the health benefits of its hot and humid vapours, ideal for curative bathes and regenerative therapies. The water of this hot springs consists of a composition of bicarbonate, sulphate, clorurate, calcium and magnesium, thus producing within the enjoyable subterranean lakes a blissful sensation that derives from its healing properties.

Inside, one can enjoy a natural Turkish bath by choosing the most comfortable temperature from the different temperature levels that can be reached in the three caverns of the grotto. According to an itinerary that tradition has associated with Dantesque echoes one can choose between 24 degrees Celsius in Paradise, the intermediate climate of Purgatory, and finally 34 degrees of the deepest level, Hell. The health spa of the Grotta Giusti Natural Spa Resort today offers traditional thermal spa therapies as well as some of the most avant-garde treatments, in particular the ones offered by the section of eastern disciplines (shiatsu, dhara, and ayurve-

dic massage), while a medical-scientific team is available for personalized nutritional programs and check-ups that are able to measure stress levels through the percentage of free radicals present in the body. Part of the complex as well is the external thermal swimming pool, with its scenic waterfalls and whirlpools. A modern gym, a tennis court, innovative aesthetic medicine, as well as trails and trekking itineraries for excursions in the surrounding countryside, are among the resort’s year round offerings.

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Da Monsummano Alto a Montevettolini

Il paesaggio dei castelli Gli antichi sentieri della Valdinievole fra natura e storia

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TESTI Claudia Becarelli Emanuel Carfora FOTO Fabrizio Antonelli Comune di Monsummano

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ungo la strada provinciale, che va da Pistoia a Montecatini Terme, l’attenzione viene attratta dal turrito borgo di Serravalle, a presidio del valico, superato il quale si apre la Valdinievole. Ed ecco qui, in cima a un erto colle, sulla sponda sinistra del fiume, svetta una torre solitaria (illuminata di notte), residuo baluardo del castello di Monsummano, a cui, in un bellicoso Medioevo, faceva da contraltare, sull’opposta riva della Nievole, quello di Montecatini, oggi Montecatini Alto. Seguono, poi, sui rilievi verso Ovest, quelli di Massa, Cozzile, Colle, Buggiano, Uzzano e Montecarlo ‘di Lucca’. Lungo la dorsale del Montalbano invece, naturale confine occidentale della Valdinievole, potremmo percorrere il crinale verso Sud, fra antichi sentieri, da Mosummano Alto verso Montevettolini, Cecina, Larciano, i ruderi dei due castelli di Lamporecchio, Cerreto Guidi, Vinci (già, il paese di Leonardo!). La straordinaria densità di castelli ha precise ragioni storiche e geografiche: non solo era necessario difendersi nei ‘secoli bui’, ma la pianura, in gran parte occupata dal Padule di Fucecchio, era insalubre. Va da sé che la popolazione rurale abitasse nei borghi fortificati sulle alture, sopravvissuti anche in età di rinascita urbana, fra XII e XIV secolo, giacché la Valdinievole, dominio lucchese, fu terra di aspri scontri prima con Pistoia, poi con Firenze. Nel 1339 la vallata divenne tutta fiorentina ma i castelli rimasero, ancora, a presidiare il confine. La loro decadenza iniziò quando, nel Seicento, con la bonifica medicea e la fondazione di insediamenti di pianura (primo fra tutti l’attuale Mosummano Terme, nel 1602), la vita gradualmente ‘scivolò’ verso valle: la peggior sorte certo toccò al castello di Monsummano, quello posto sul colle più impervio e da sempre privo di fonti d’acqua, oggi fascinoso paese fantasma dove resta-

no, fra i ruderi delle antiche case e stalle sepolte dai rovi, solo gli edifici religiosi e un’unica casa abitata. Lunghi tratti della cinta muraria dugentesca rimasti, più o meno diroccati, consentono ancora di leggere l’impianto urbano ‘a fuso’, modellato sulla morfologia del colle. All’estremità nord si trova la torre pentagonale, piccolo gioiello di architettura militare, che offriva all’esterno i lati obliqui, più sfuggenti, ai colpi dei nemici e garantiva un’ampia visuale, dal castello di Serravalle ai Monti Pisani. Poco distante sul lato nord-ovest, ben conservata, la Porta di Nostra Donna dalla quale si scendeva a fondovalle, verso la via Cassia. Dalla torre la strada principale conduce dirimpetto alla suggestiva chiesa di San Niccolao, ancor oggi officiata, mentre sul lato destro della piazzetta si trova, sconsacrato, l’oratorio del Corpus Domini.

Antiche Strade lastricate La chiesa, il cui impianto risale probabilmente all’XI secolo (e del resto il castello è attestato sin dal 1005), è a semplice aula unica e si presenta oggi nel suo aspetto dugentesco: l’irregolare tessitura muraria in pietra della facciata, con portale sovrastato da un arco ogivale, denuncia rifacimenti e ampliamenti. La strada prosegue a destra sotto il possente archivolto, che sorregge la torre campanaria e conduce all’estremità sud delle mura alla Porta del Pidocchio (o del Mercato). Da questa ci si dirige verso Montevettolini: entrando dalla porta Barbacci, o del Vicino, per le antiche strade lastricate del castello si ha la sensazione che la viabilità anulare e di pendenza stringa l’edificato alla collina, molto dolce e dal culmine pianeggiante. Le residue architetture militari medievali rievocano un passato burrascoso,

ormai sbiadito nell’odierna quieta vita del paese. Isolata e attraente è rimasta, poco fuori dall’abitato, la torre poligonale ‘dello Sprone’, un tempo avamposto verso valle della possente cinta muraria, che aveva il suo caposaldo nella rocca eptagonale alla sommità del colle. La maggior parte delle torri è invece stata riutilizzata in nuove architetture (e quindi oggi scarsamente riconoscibile), come nel trecentesco ex Palazzo Comunale e sul lato ovest, originaria facciata, della chiesa dei Santi Michele e Lorenzo. Questa prospetta, col bel portico meridionale, su piazza Bargellini: in leggera pendenza e di forma triangolare, l’ampio invaso è il vero cuore del borgo, sede un tempo del mercato istituito nel 1602 dal Granduca Ferdinando I dei Medici, che, solo pochi anni prima, vi aveva fatto erigere una sua villa. A destra del loggiato la strada passa sotto la poderosa torre campanaria sorretta da un archivolto, probabile ingresso alla rocca medievale, riadattata dal 1597 a dimora signorile. La costruzione di una residenza di caccia ai margini della riserva del Barco Reale rientrava in un più ampio progetto di riorganizzazione territoriale della Valdinievole, iniziato dalla Corona, proprio in quegli anni con la bonifica del Padule. Il ‘Palazzo’ di Montevettolini, su progetto dell’architetto granducale Gherardo Mechini, andò così a sostituire la rocca, includendone alcune torri e la Porta del Cantone. La Villa Medicea fu poi ceduta alla famiglia Bartolommei (1650) e nel 1871 acquistata dal principe Marcantonio Borghese. Tuttora residenza privata della nobile famiglia papalina ha mantenuto il suo aspetto severo e ‘fuoriscala’ rispetto all’impianto urbano del borgo: l’affascinante mole, ben riconoscibile anche a distanza, da oramai quattro secoli caratterizza il paesaggio dei castelli.


The landscape of castles From Monsummano Alto to Montevettolini The ancient paths of the Valdinievole between nature and history

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long the provincial road that stretches from Pistoia to Montecatini Terme one’s attention is captured by the turreted village of Serravalle that protects the pass once beyond it as the Valdinievole valley opens up. It is here, on top of a steep hill on the left bank of the river where a tower stands (illuminated by the night), the remaining bulwark of the castle of Monsummano, that, in a combative Middle Ages, functioned as a counterpart on the opposite river of the Nievole in Montecatini, today Montecatini Alto. Proceeding along on the reliefs towards the West, we find Massa, Cozzile, Colle, Buggiano, Uzzano and Montecarlo “of Lucca.” Along the spine of Montalbano, however, the natural western border of the Valdinievole, we can head along the Southern bound ridge, among the ancient paths, from Monsummano Alto towards Montevettolini, Cecina, Larciano, and the ruins of the two castles of Lamporecchio and Cerreto Guidi in Vinci (Leonardo Da Vinci’s hometown!). The extraordinary density of the castles has precise historical and geographical motives: not only was it necessary to defend themselves from the “dark ages,” but the plain - for the most part occupied by the Marsh of Fucecchio - was unhealthy. It goes without saying that the rural population in the fortified villages on the heights, having survived as well during the period of urban renewal between the 12th and 15th centuries in the Valdinievole, domina-

ted the territory of Lucca and it therefore became a land of bitter fighting first with Pistoia, then with Florence. In 1339 the entire valley became part of Florentine territory; the castles, however, remained to defend the borders. Their decadence began when, in the 17th century, with the Medici reclamation and the foundation of settlements on the plains (first they were all part of the now Monsummano Terme, in 1602), life gradually moved down toward the valleys. The worst destiny struck the castle of Monsummano, the one placed among the most impervious hills and continuously lacking water resources. Today it is a fascinating ghost town where there remain - among the ruins of the ancient houses and stalls buried by the blackberry bushes - only the religious buildings and a unique inhabited house. Long parts of the 13th century city walls remain, more or less in ruin, and allow one still today to make out the urban “worn out” structure, modelled on the morphology of the hills. At the northern extreme one finds the pentagonal tower, a small jewel of military architecture with external oblique walls making it more elusive to enemy blows. From here there is the boundless view of the Pistoian Mountains from the castle of Serravalle. Just a short stretch away on the north western side, and well preserved, is the

Porta di Nostra Donna, from which one can go down to the bottom towards the Cassia road. From the tower the principle road continues facing the fascinating church of San Niccolo, still officiated today, while on the right side of the small piazza we find the deconsecrated oratory of Corpus Domini.

Ancient Paved Roads The church, whose structure is believed to have been built in the 11th century (with the castle was built in 1005), is simply a single room with the irregularly textured walls in stone on the façade, and today, in its characteristic 13th century style, with the portal dominated by an ogival arch, one can see its changes and enlargement. The road proceeds towards the right under the powerful archway that supports the bell tower and leads to the furthest southern part of the wall of the Porta del Pidocchio (also known as Porta del Mercato Mercato). From here it takes us towards Montevettolini. Entering from the Porta Barbacci (or Porta del Vicino) for the ancient roads paved by the castle, one has the sensation that the slope becomes narrower. The medieval architectural ruins evoke a tempestuous past, by now faded in the calm life of the town today. Isolated and alluring, just outside of the inhabited area, is the polygonal tower ‘dello sprone,’ that was at one time an outpost towards the valley of the dominating city wall with its stronghold in the hexagonal fortress at the summit of the hill. The majority of the towers are instead reutilized for new architecture (and therefore today barely recognizable), just as in the 14th century ex Town Hall and on the west side, the original façade, of the church of San Michele and Lorenzo. With the beautiful southern portico, on Piazza Barellini - slightly leaning and in a triangular form - this wide cradle is the true heart of the village, seat at one time of the market instituted in 1602 by Grand Duke Ferdinando I dei Medici, who, only a few years before, had a villa erected. To the right of the loggia the road passes under the powerful tower supported by an archway believed to be the entrance to the medieval fortress, and re-adapted in 1597 as a stately home. The construction of a hunting residence on the edge of the reserve of Barco Reale became part of a larger project of reorganization of the territory of the Valdinievole, began by Corona in the years with the reclamation of the marsh. The ‘Palazzo’ of Montevettolini, based on the project by the Grand Duke’s architect Gherardo Mechini, served to substitute the fortress, including several towers and the Porta del Cantone. The Medici Villa was then sold to the Bartolommei family (1650) and in 1871 acquired by the prince, Marcantonio Borghese. Today it is still a private residence of the noble papal family who maintained its severe aspect and is ‘out of scale’ for the urban design of the village. The fascinating massive structure, well recognizable also at a distance, now four centuries later, characterizes the landscape of the castles.


La vallata delle Pievi Antiche chiese parrocchiali punteggiano la Valleriana, ordinata e verdeggiante Svizzera pesciatina

TESTI Leah Maltese FOTO Giuseppe Mosconi

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’era una volta un nobile di Ginevra che, fuggendo dai giacobini, si ritrovò felicemente esule a coltivare la terra toscana. Amava le piante, la natura tutta e un angolo del comune di Pescia in particolare. Jean Charles Leonard Simonde de Sismondi, questo il suo nome, ritrovò le sue radici in Valdinievole e si invaghì a tal punto dei boschi della Valleriana – così simili, a suo dire, alla terra natale – da voler ribattezzare questa zona, con elvetica nostalgia, “Svizzera pesciatina”. Di queste valli che da Pescia si inerpicano verso l’Appennino ci si innamora ancor’oggi a prima vista. Alla natura generosa l’uomo ha aggiunto una pennellata d’artista: le “dieci castella”, scrigni di arte, storia e suggestioni. Sono Vellano, Pietrabuona, Medicina, Aramo, Fibbialla, Sorana, San Quirico, Castelvecchio, Stiappa e Pontito. Il nostro itinerario parte da Pietrabuona, porta d’ingresso alla Svizzera pesciatina. Nel nome si cela la ricchezza di cave di pietra serena, utilizzata nelle pievi dei borghi circostanti. Da vedere, in paese, la rocca e il “Museo della carta”. Proseguendo ecco Medicina, vera terrazza sulla valle, Fibialla con le vigne e i castagni, poi Aramo, con le antiche mura, i cunicoli sotterranei per fuggire in caso di assedio, la Pieve di San Frediano e l’oratorio della Natività di Maria. Un tornante dopo l’altro si giunge a San Quirico, borgo murato con la pieve dedicata ai Santi Andrea e Lucia: notevoli il fonte battesimale e il pulpito in pietra serena. Da San Quirico ci spostiamo a Castelvecchio, che chiede una lunga sosta: la pieve, del X secolo, è monumento nazionale. L’edificio sorge in cima all’abitato ed è dedicato ai santi Ansano e Tommaso. Occhi esperti riconosceranno la facciata in romanico lombardo, ma va detto che il crollo subito nell’Ottocento distrusse 80

parte dell’impianto originario. All’esterno, bassorilievi forse longobardi mostrano animali mostruosi e una misteriosa figura, forse Cristo forse un orante: per alcuni un segno della presenza dei templari e di Goffredo di Buglione. All’interno, vuoto ma suggestivo, si conserva la cripta sotto il presbiterio, mentre all’esterno, isolata, svetta la torre campanaria. In paese merita la visita anche l’oratorio del Santissimo Rosario, con gli affreschi dedicati alla Vergine e al Cristo. Prima di ripartire, fate una pausa ai tavolini sulla terrazza del bar accanto al negozio di alimentari: vertiginosa la vista sulla valle. Riprendendo l’itinerario, si incontra Stiappa, con le case curiosamente erette a muraglia e abitate – ricorda il Sismondi – da bellissime donne. Pontito, patria di Lazzaro Papi, storico e letterato, si annuncia da lontano grazie alla rara conformazione a ventaglio e, nella Valleriana, è il borgo più particolare, alto e lontano da Pescia. Tra viuzze in salita, archi antichi e porte difensive ci si sente nel Medioevo. Un tempo fortificato, oggi delle antiche mura il borgo conserva soltanto tracce, mentre è ancora riconoscibile nelle forme la pieve romanica dedicata ai santi Andrea e Lucia. Penultima tappa è Sorana, nota per i fagioli e le numerose fontane. Poi l’ultimo borgo di questa terra singolare: Vellano, via maestra per l’Abetone. È il capoluogo della montagna pesciatina, vanta una pieve del X secolo, buone strutture ricettive e si annuncia al viaggiatore già lungo la strada, con la sua conformazione a semicerchio arroccato e l’inconfondibile campanile. Schierato con i ghibellini, Vellano fu punito nel Duecento dai lucchesi. In risposta all’attacco subito, il borgo aderì alla “Lega della Castella della Valdinievole”, fatto che, alla luce del nostro itinerario, è un’indubbia fortuna.

Sinistra- Veduta di Pontito da Stiappa. Left - View of Pontito from Stiappa. Sopra - Gente nelle strade di Pontito. Above - Socializing in the streets of Pontito. Destra - Pontito Chiesa romanica di Sant’Andrea e Lucia. Right - Pontito Romanic Church Sant’Andrea and Lucia. Foto apertura - Chiesa parrocchiale dei Santi Sisto e Martino di Vellano. Opening photo - Parish Church of Santi Sisto and Martino in Vellano

In questo scrigno di tesori che è la Valleriana, spiccano le pievi medievali, per le quali auspichiamo torni la possibilità di rimanere costantemente aperte al pubblico. Tra tutte, la più imponente è quella di Castelvecchio, dichiarata monumento nazionale ma chiusa da tempo per restauri. Il volenteroso Gruppo parrocchiale di Castelvecchio organizza tuttavia visite guidate. Per prenotazioni rivolgersi con anticipo a Roberto Flori (tel. 3355615543) e Lario Rosellini (tel. 0572400115), o scrivere a gpcastelvecchio@ libero.it (sito www.gpcastelvecchio.com) In this treasure chest of attractions in the Valleriana are the medieval parishes, for which we hope that they return to being constantly open to the public. Among all of them, the most impressive is the Parish of Castelvecchio, declared a national monument, although closed for years due to restoration; however, the volunteer group, Gruppo parrocchiale di Castelvecchio, organizes guided tours. For reservations reserve in advance with Roberto Flori (tel. 3355615543) and Lario Rosellini (tel. 0572400115), or write to gpcastelvecchio@libero.it - www.gpcastelvecchio.com).


La Valley of the Parishes Ancient parochial churches highlight the “Valleriana”, orderly and verdant ‘Little Switzerland’

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nce upon a time there was a nobleman from Ginevra who, fleeing from the Jacobins, finds himself happily exiled cultivating Tuscan land. He loved plants, nature and a corner of the city of Pescia, in particular. Jean Charles Leonard Simonde de Sismonde -- this is his full name -- rediscovered his roots in the Valdinievole and fell so in love with the woods of the Valleriana – so similar, he said, of his native land – that he wanted to re-baptize this area, with Swiss nostalgia, “Little Switzerland of Pescia.” Still today one falls in love at first sight with these valleys that climb towards the Apennines from Pescia. Man added an artist’s brush stroke to the generous nature: there are ten cities that make up the so-called dieci castella, treasure chests of art, history and intrigues. Found here are the towns of Vellano, Pietrabuona, Medicina, Aramo, Fibialla, Sorana, San Quirico, Castelvecchio, Stiappa and Pontito. Our itinerary departs from Pietrabuona, the entrance door to the Svizzera pesciatina. In its name is richness of the quarries of the pietra serena stone, used in the parishes of the surrounding villages. In the town the fortress and the Paper museum (Museo della carta) are important attractions to see. Continuing on with Medicina, a true terrace on the valley, one finds Fibialla with its vineyards and chestnut trees, then Aramo with its ancient walls, underground tunnels for escape in case of attack, the Parish of San Frediano, and the Oratory of the Nativity of the Virgin Mary. Through one winding road after the other, one reaches San Quirico, the walled village with the parish dedicated to Saints Andrea and Lucia. Noteworthy here are the baptismal fountain and the pulpit in pietra serena. From San Quirico we move on to Castel-

vecchio, which requires a long break; the parish, from the 10th century, in fact, is a national monument. The building rises up through the village and is dedicated to Saints Ansano and Tommaso. Expert eyes will recognize the Lombard Romanesque style; however, it is important to note that the destruction it underwent in the 1800’s destroyed part of the original structure. On the external surface, bas-reliefs - possibly by the Longobards - demonstrate monstrous animals and a mysterious figure, maybe Christ or an Orante: for some, it is a sign of the presence of the Templars and of Godfroy de Boillon. In the empty but suggestive interior, the crypt is preserved under the presbytery, while outside the isolated bell tower stands out. In town, a visit to the oratory of the Santissimo Rosario is worth a visit, with frescos dedicated to the Virgin and to Christ. Before departing, take a break and sit at one of the tables on the terrace of the bar next to the grocery store and enjoy the vertiginous view of the valley. Returning to our itinerary, we come across Stiappa, with its houses curiously erect like fortresses and inhabited by beautiful women – as Sismondi recalled. Pontito, hometown of Lazzaro Papi, historian and man of letters, is seen from afar thanks to its rare fanlike form. It is the most unique village in the Valieriana: high and faraway from Pescia. Among the sloped streets, ancient arches and defensive city doors, one has a sense of being in the Middle Ages. Once fortified, today only a few traces of the ancient city walls are conserved, while the Romanic parish dedicated to Saints Andrea and Lucia is still recognizable. The second to last stop is Sorana, noted for its beans and numerous fountains. Finally, the last village of this unique land is Vellano, on the way road to Abetone at the top of the Pistoian mountains. Vellano is the county seat of the Pesciatine Mountains, and has a parish from the 10th century, welcoming tourist accommodations, and first appears to the traveler along the road, with its semicircular defense form and unmistakable bell tower. Aligned with the Ghibellines, Vellano was attacked in the 13th century by Lucca. In response to the attack they subdued, the village adhered to the “League of the cities of the Valdinievole,” an important historical detail in light of our itinerary.

Il Fagiolo di Sorana

The Sorana Bean

Cibo da regnanti o da contadini. Poco più di dieci ettari per coltivare una minuscola perla di bontà: il fagiolo di Sorana. Su pendii rubati alla selva dalla determinazione dell’uomo (promotori Medici e Granduchi leopoldini), altissime piante di fagioli svettano fra il verde intenso, carezzate dai venti di scirocco che creano per loro il microclima perfetto. Il seme bianco latte perlaceo, o nei cultivar antichi il rosso con striatura scure, ha comunque buccia sottile, che se cotta a regola d’arte si scioglie con la tenera polpa. Prezioso è un termine riduttivo. Digeribile e buono, sostenuto nell’essere se stesso da un Presidio Slow Food, coccolato dai suoi orgogliosi e amorevoli produttori è, comunque, destinato a pochi eletti poichè non si superano 60 quintali annui di produzione.

Only a little more than ten hectares to cultivate a small pearl of goodness: The Sorana Bean. On slopes stolen from the woods by the determination of man (promoters of the Medici and Leopold families), extremely tall beanstalks shoot up among the intense green, caressed by the Sirocco winds that create a perfect microclimate for them. The pearly, milky white seed, or in the ancient cultivar, red with dark streaks, has a thin skin that if cooked properly it dissolves with the tender pulp. To say it is valuable would be an underestimate; indeed it is highly digestible and tasty, of the Slow Food Presidium, and pampered by its proud and loving producers. It is destined, however, to a limited number of consumers because no more than 60 quintals a year is produced.

www.presidioslowfood.it Info - www.comune.pescia.pt.it 81


Prima di Pinocchio

La necessità della bellezza Villa e giardino Garzoni a Collodi Mano dell’uomo e meraviglia della natura TESTI Claudia Becarelli FOTO Fabrizio Antonelli

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rima di divenire famoso per aver fornito, se non i natali, almeno lo pseudonimo a Carlo Lorenzini - il ‘padre’di Pinocchio - il borgo di Collodi fu celebre per la villa e il giardino Garzoni la cui fama aveva valicato i confini del ducato di Lucca già nel XVIII secolo. La villa e giardino costituivano un unitario complesso strutturatosi fra Sei e Settecento, assumendo l’aspetto che, fortunatamente, ancora conserva con poche alterazioni. L’ imponente dimora gentilizia, che torreggia, è proprio il caso di dirlo, sull’alto di una rupe, colpisce l’attenzione di chi risale la valle della Pescia lucchese, mentre ai suoi piedi, sul fianco di un declivio più ampio e dolce, si dispiega il giardino, quasi appartato, con asse di simmetria ruotato rispetto a quello dell’edificio. E dietro l’ampia facciata di quella che pare una reggia, le case del borgo si inerpicano su per il crinale, fino all’antica chiesa di San Bartolomeo, lungo l’unica strada, che un tempo passava proprio dal portone della villa. Già, perché questa sorse sulle rovine di un fortilizio medievale, conservando un rapporto di tipo feudale col borgo, raggiungibile solo dal 1940 con una moderna strada carrabile. Entrati nel cortile della nobile dimora (oggi chiusa al pubblico e in attesa di restauri interni) pare di fare un salto indietro nel tempo. La strada lastricata si snoda con le sue gradonate, passando davanti alla cappella gentilizia, fino alla porta (ora sempre serrata) che immette nella piazzetta di S. Antonio, all’inizio del paese. La vera meraviglia, però, è suscitata nel moderno visitatore, al pari che nell’antico viandante, dalla Palazzina d’estate che si erge dirimpetto all’androne di accesso al cortile. Era una sorta di residenza minore, più appartata e di scala, anche psicologicamente più idonea agli agi della vita domestica: vero gioiello rococò dalle ali concave progettato da Filippo Juvara, vero big del suo tempo. Visitate le sontuose sale affrescate della dimora principale e la pittoresca cucina (qui trascorse alcuni anni della sua fanciullezza Collodi giacché la

madre era cameriera dei Garzoni) si esce a malincuore da questo mondo di fiaba per dirigersi a valle verso l’ingresso del giardino. La meraviglia, però, si rinnova, giacché proprio questo era l’obbiettivo dell’arte barocca: in un sontuoso parterre pianeggiante, con aiuole quasi ricamate, ci accolgono pietrificati fauni che suonano, Flora, Diana e, immancabili, Apollo e Dafne mentre gli zampilli di due vasche circolari contribuiscono a rallegrare questo luogo di delizie. Da qui il terreno sale, prima con un parterre “all’inglese” in cui si stagliano tre stemmi dei Garzoni a mosaico in pietra e quindi con terrazzamenti, dove il visitatore accaldato può ripararsi nella frescura della grotta di Nettuno. Il giardino, esposto a Ovest, è, infatti, ben soleggiato, tantoché, nel cosiddetto “viale delle palme”, rigogliosissime, un tempo si coltivavano spalliere di agrumi. Lasciata dietro questa natura armoniosa e razionalmente ordinata, lo scenario cambia, diviene più inquietante. La vegetazione ad alto fusto di

due boschetti si stringe intorno all’asse centrale. Una doppia ripida gradonata si inerpica ai lati di una “scala” d’acqua dove la mano dell’uomo ha riprodotto finte rocce, apparentemente naturali. Soprattutto, con un’acuta sensibilità prospettica, l’architetto Ottaviano Diodati seppe suggerire, dal fondo di queste cascatelle, la presenza di un grottesco mascherone a bocca aperta. Salendo, però, l’inganno si svela e la fatica dell’ascesa, quasi un percorso iniziatico, è premiata, oggi, dallo spettacolare panorama del giardino, un tempo dal refrigerio di cui dame e gentiluomini potevano godere dentro ai “bagnetti termali” posti alla sommità del colle. I nobili frequentatori del giardino potevano, spostandosi verso la villa, perdersi e ritrovarsi nel labirinto di siepi di bosso, nel boschetto di bambù, passeggiare su ponticelli che scavalcano il Rio Canalaccio, sotto gli occhi vigili di divinità di pietra o allegri villani che popolano il giardino. A noi, figli della società dell’utile, non resta che convincersi della necessita della bellezza.

Pinocchio insegna sempre

Pinocchio continues to teach

Il famosissimo burattino di legno, Pinocchio, dal naso che si allungava se diceva bugie, e nato dalla penna di Carlo Lorenzini, proprio furbo, furbo non era. Ma neppure lo scrittore, che aveva origini a Collodi, da parte di mamma, era furbissimo: dopo la preziosa stesura della geniale storia, pubblicata nel 1883, dimenticò di tutelarsi (non registrò i suoi futuri diritti). Si firmò Collodi e mise nell’opera fantasia, grande saggezza popolare e intima toscanità, senza pensare al suo possibile futuro successo «planetario». Ma a distanza di centoventinove anni siamo qui a studiarci sopra e ad ammirare le innumerevoli pubblicazioni, interpretazioni e creazioni che dal «quell’iniziale tocco di legno dell’immaginazione» continuano a nascere in ogni campo artistico. A Collodi nel 1956 è stato inaugurato il Parco di Pinocchio. Artisti e architetti di fama, crearono sculture immerse fra folta vegetazione, fusero arte e ambiente per esperienze sensoriali e culturali. Il tutto è supportato da laboratori didattici, animazioni, spettacoli per i piccoli, giostre d’epoca. Una fiaba nella fiaba.

The famous wooden puppet, Pinocchio, with his nose that grew when he would tell lies, was born from the pen of Carlo Lorenzini and not known to be so shrewd; however, neither was the writer himself. After the publication in 1883 of the precious copy of his genial story, he forgot to protect it (he did not register his future rights). He signed the work as Collodi and poured his imagination into it, a lot of popular widsom and intimate linguistic “Tuscanisms”, without thinking about its possible future “planetary” success. Today we are still here to study it and admire the numerous publications, interpretations and creations that came from “that initial touch of wood from the imagination” that continue to be reinterpreted in every artistic field. In 1956 the Pinocchio Park in Collodi. Famed artists and architects had created sculptures immersed among the lush vegetation, blending art and the environment for sensorial and cultural experiences. All of this was supported by didactic laboratories, animations, performances for children and games of the time: a fable within the fable.

www.pinocchio.it


Pagina a fianco: in alto palazzina d’estate di Filippo Juvara, in basso a sinistra un particolare scultoreo di una fontana, a destra una visione panoramica della villa. In questa pagina: la scalinata a doppia rampa del giardino edificata nel 1700. Previous page: Above is the summer home of Filippo Juvara, below to the left is a sculptural detail of a fountain, to the right is a panoramic view of the villa; On this page: the double ramp staircase of the garden built in 1700.

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In questa pagina: panoramica della villa e dell’arroccato borgo di Collodi. On this page: panoramic view of the villa and the village perched over Collodi. 86


Before Pinocchio

The necessity of beauty Villa Garzoni and garden in Collodi. The hand of man and the marvel of nature.

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efore becoming famous for having created the pseudonym of Carlo Lorenzini – the ‘father’ of Pinocchio – the village of Collodi was famous for the Villa Garzoni and its garden whose fame spread beyond the borders of the Duchy of Lucca even in the 17th century. The villa and garden constituted a unified complex built between the 17th and 18th centuries in an architectural style that, fortunately, still today remains with very few alterations. The imposing regal home that towers over the village up high on a hill, captures the attention of those who enter the valley of Pescia ‘of Lucca,’ while just at ones feet on the side of a wider declination lies the practically secluded garden with the axis of symmetry rotated with respect to that of the building. Behind the wide facade of what seems like a small kingdom, the homes of the village climb upwards towards the ridge all the way to the ancient church of San Bartolomeo along the only road that at one time passed right in front of the main door of the villa which was built on top of the ruins of a medieval fortress, and thus preserved the ‘feudal’ relations with the village that until 1940 was reachable only by foot and now with a modern road. Entering into the courtyard of the noble residence (today closed to the public and waiting for restoration work on its interior) it seems like one is about to take a step back in time. The paved road curves along with its ledge, passing in front of the noble chapel, all the way to the door (still locked up today) that opens onto the small

piazza of Sant’Antonio at the entrance of the village. The true marvel for the modern day visitor, however - just like the ancient traveler - is the ‘Small summer house,’ that stands opposite the hall of the entrance to the courtyard; serving as a kind of minor residence at one time, it was more secluded and also psychologically more suitable to the needs of the residence villa: a true Rococò gem with the wings of the concave designed by Filippo Juvara, a famous architect of his day. Visit the sumptuously frescoed rooms of the principle residence and the picturesque kitchen (here ‘Collodi’ spent several years of his childhood because his mother worked in the kitchen staff as food server of the Garzoni family). One leaves with a sense of reluctance from this fable-like world to then head towards the valley towards the entrance of the garden. The marvelous effect, however, captures the visitor once again just as the Baroque tradition would have it: in a magnificent flat plateau with flower beds that seem almost ‘embroidered,’ while greeting us are marble fauns with instruments, the goddess Flora, the nymph Diana and the evocative Apollo and Daphne while the water spurting out of the two circular fountains contribute to the delightful atmosphere this place. From here the terrain goes upwards, first with an ‘English style’ plateau where three stems of the Garzoni in a mosaic of stone and terraces stand out, a place where the visitor who needs a break from the heat can take respite in the shade of the grotto of Neptune. The garden, exposed

to the West, receives the direct sun, so much so that in the so-called “Boulevard of the palm trees,” blooming, at one time cultivated the backs of citrus trees. As we leave behind us this harmonious and rationally ordered nature, the scene changes and becomes more unsettling. The vegetation of two small timber tree forests narrows around the central axis. A double steep terrace climbs up on the sides of a “staircase” of water where the hand of man has reproduced artificial rocks that appear natural. Above all, with an acute perspective sensibility, the architect Ottaviano Diodati knew how to suggest, from the bottom of these waterfalls, the presence of a large Grotesque mask with its mouth open. Continuing upwards, however, the deception fades and the fatigue of the ascent, almost an initiation itinerary, is rewarded, today, with the spectacular panorama of the garden, a time of refreshment of which gentle ladies and gentlemen could enjoy inside the “hot springs” inside the summit of the hill. The noble frequenters of the garden could, on their way to the villa, get lost or lose each other among the labyrinth of the woods and find their way or their companions again in the small bamboo forest, while walking over the small bridges that cross over the River Canalaccio, all the while under the vigil watch of mythological divinities in stone or happy villains that ‘populate’ the garden. All we need to do, descendants of a society of the ‘useful,’ as we have become, is simply to convince ourselves of the necessity for beauty such as this.

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I borghi TESTI Emanuel Carfora FOTO Nicolò Begliomini 88


Dagli schizzi di Leonardo... agli sbuffi della vaporiera

di Massa e Cozzile E la stagione dell’uva, olive e castagne 89


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eonardo da Vinci e Pistoia… il Montalbano e la Valdinievole. È una traccia da seguire, soprattutto quando si osservano i numerosi castelli del territorio di Pistoia: quelli sulle colline della Valdinievole e del Montalbano appunto. Il Leonardo disegnatore, nei suoi schizzi di inizio ‘500, ha rappresentato più volte questi luoghi, prima lucchesi e poi governati per lunghi secoli da Firenze, ma oggi conosciuti come pistoiesi. È il paesaggio dei castelli, disegnato da una mano straordinaria: in queste carte troviamo quelli di Monsummano, Montecatini, Massa, Buggiano e molti altri. Ma possiamo riconoscere anche Pistoia, oltre ai borghi medievali sorti sulle colline attorno al Padule di Fucecchio, raffigurati in modo stilizzato, oppure con un semplice cerchio, sempre affiancati da una parola, che indica il nome dell’abitato. Come nell’antichità, questi castelli sono in contatto visivo fra loro, poggiati sulle alture come pedine su una scacchiera, collegati l’uno all’altro da strade collinari antiche e moderne. Proprio percorrendo una di queste, lasciandosi alle spalle il castello di Buggiano, dopo poche curve incontriamo il piccolo borgo di Colle di Buggiano. Poi, a seconda di tratti più o meno rettilinei, nascosti e mostrati dalla gran quantità di rami di olivi, si intravedono i castelli di Cozzile e Massa. Sono entrambi facilmente riconoscibili, con l’unica torre campanaria all’ingresso degli abitati, il primo più piccolo e in alto, collocato proprio sopra il secondo, più grande e dalla forma allungata. Un tempo autonomi, oggi condividono un’identità amministrativa, quella del Comune di Massa e Cozzile. Nel periodo autunnale e invernale, attorno a questi borghi, si assiste alla stagione della raccolta delle castagne, delle olive, dell’uva: farina, olio, vino. Un brulichio di attività: scale, ceste e reti per raccogliere e sistemare le olive. E poi colonne di fumo che si alzano attorno alle mura dei 90

manieri. È il lavoro delle mani, lo stesso che ha prodotto, nel corso di lunghi secoli, quei ‘boschi’ di olivi che indicano l’utilizzo delle risorse naturali di questi straordinari territori. Persino l’antica rocca di Massa (XI-XII sec.), fiancheggiata oggi da una suggestiva strada panoramica, è occupata da un oliveto ben tenuto, delimitato dalle mura medievali. Queste attività rurali sono più antiche delle stesse architetture visibili, dato che il castello di Massa trae origine da un’azienda agraria tardo-antica (III-IV sec.). All’ingresso della fortezza, attraverso Porta ai Campi, la piccola cupola del presbiterio della pieve di Santa Maria Assunta, sulla quale si addossa l’impressionante campanile in pietra (XII sec.). Di fianco a questa torre, l’ingresso al piccolo museo di San Michele. Strade ripide e lastricate portano all’interno del borgo, dove troviamo la gentilezza degli abitanti, che conservano vivo lo spirito del castello, ben rappresentato anche dalla loggia dell’antico palazzo della Cancelleria, dove si nota, sulla facciata, il grande stemma mediceo. Nella parte più alta dell’abitato, inizia il sentiero medievale per Cozzile, piccolo borgo del XII secolo incastonato nel verde delle colline. L’ottocentesco palazzo De Gubernatis, con il suo inconfondibile profilo merlato, occupa lo spazio che un tempo ospitava la rocca. Due grandi cipressi, percorrendo il sentiero verso Porta Nuova, affascinano l’occhio del visitatore. Un’atmosfera silenziosa si respira all’interno del paese, con la piccola piazza e il pozzo al centro. Questi luoghi, che Leonardo rappresentava con i disegni, così erano descritti dallo scrittore Giuseppe Baronti, a fine ‘800, dalle stanze della villa Medicea del castello di Montevettolini: “Affacciandosi da ogni lato a qualche finestra, l’animo si esalta e l’occhio si ricrea dinanzi a uno spettacolo svariato e sublime: qua un semicerchio di monti vicini, ai quali sopravanza Belvedere, coperti da calde tinte di verde; là, in mezzo a rigogliosa vegetazione, Monsummano-Alto, cono gigantesco, con fianco nudo, coi dirupi spaven-

Pagine precedenti - Uliveti intorno Massa. Previous page - Olive trees around Massa. In alto -Veduta panoramica dei castelli di Massa e Cozzile. Above - Panoramic view of the castles of Massa and Cozzile. In basso - particolare dell’interno del borgo. Below - detail of the inside of the village.

tosi e con in vetta le sue rovine e la sua chiesuola; in basso il nuovo Monsummano, lindo ed allegro; più lungi altro territorio della Valdinievole, dove striscia la vaporiera e si veggono la Pieve, i Bagni di Montecatini, innumerevoli case sparse, castelli e ville, tra le quali primeggia quella di Bellavista”. Ieri come oggi, verrebbe da dire.


From Leonardo’s sketches… to the steam of the locomotive

The villages of Massa and Cozzile And the season of grapes, olives and chestnuts

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eonardo da Vinci and Pistoia, the mountain of Montalbano and the Valdinievole valley: It is an itinerary to explore, most of all when we observe numerous castles of the territory of Pistoia, those on the hills of the Valdinievole valley and of Montalbano. Leonardo in his sketches at the beginning of the 16th century often represented these places, first considered the territory of Lucca and later ruled for many centuries by Florence, but today known as territory of Pistoia. It is the landscape of castles, designed by an extraordinary hand. In these documents we find those of Monsummano, Montecatini, Massa, Buggiano and many others. But we can also recognize Pistoia, other than the medieval villages on the hills surrounding the Marsh of Fucecchio, represented in a stylized manner, or with a simple circle, always accompanied by a word that indicates the name of the place. Just as in antiquity, ancient and modern hill roads right near each other are set on high hills like pawns on a chessboard connecting these castles to each other. Going along one of these roads, leaving the cathedral behind us, after a few curves we encounter the small village of Colle di Buggiano. Then, with their more or less straight profiles, hidden and demonstrated by a large quantity of olive branches, we can see the castles of Cozzile and Massa. Both are easily recognizable, with the unique bell tower at the entrance of the homes. The first is the smallest one and higher up, just above is the second, larger one with the elongated form. At one time autonomous, today they share an administrative identity, that of the City of Massa and Cozzile. In the autumn and winter period, around these villages are the seasons of chestnut, olive and

grapes picking and the making of flours, oil and wine. A swarm of activity: ladders, baskets and nets to collect the olives - and then columns of smoke that rise around the walls of the castles. It is the work of hands that have produced over the course of the long centuries those “woods” of olives that attest to the use of the natural resources of these extraordinary territories. Even the ancient rock of Massa (11th and 12th centuries), flanked today by an intriguing panoramic road, has a well-maintained olive tree next to it, defined by the medieval walls. These rural activities are more ancient than the actual visible architecture given that the castle of Massa draws on its origins of an agricultural agency form the late 3rd-4th century. At the entrance of the ancient fortress, through Porta ai Campi is the small dome of the rectory of the parish church of Santa Maria Assunta, where the striking stone bell tower of the 12th century stands. Next to this tower is the entrance to the small museum of San Michele. Steep and paved roads lead to the inside of the village where we find the kindness of the inhabitants who keep the spirit of the castle alive and well represented even from the loggia of the ancient Palazzo of the Chancellor, where one can spot the large Medici crest on its facade.

In the highest part of the village begins the ancient medieval trail for Cozzile, a small village of the 12th century set in the green of the hills. The 19th century Palazzo De Gubernatis, with its unmistakeable crenellated wall profile occupies the space that at one time housed the ancient rock. Two large cypress trees set along the trail towards Porta Nuova tantalize the eyes of the visitor. A silent atmosphere can be felt inside the town with the small square and ancient well in the centre. The writer Giuseppe Baronti described these places that Leonardo represented with his designs at the end of the 19th century, from the rooms of the Medici villa of the castle of Montevettolini: “Facing its side and a few windows, the spirit is exalted and the eye is dazzled in front of a diverse and sublime spectacle: here a semi circle of nearby mountains, where the Belvedere survives, covered by warm green shades; there, in the middle of a thriving vegetation, Monsummano Alto, a gigantic cone, with its nude side, with frightful cliffs and with at the summit its ruins and its little church. Below is the new Monsummano, clean and happy. The more you proceed towards the other territory of the Valdinievole, you come upon the view of the Parish church, the Baths of Montecatini, innumerable houses scattered between castles and villas, the first of which is the Bellavista villa.” The past is the present, one could say.

Pag 16 - Torre campanaria e Palazzo De Gubernatis. Page 16 - Bell tower and Palazzo De Gubernatis. In alto - Veduta di Cozzile e particolare dell’interno del borgo. Above - View of Cozzile and detail of the inside of the village. In basso - Chiesa di San Jacopo (XIII sec.) e sullo sfondo Porta Nuova. Below - Church of San Jacopo (13th century) and in the background the Porta Nuova. 91


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Villa la MĂ gia antico e moderno A Quarrata il luogo di svago dei Medici rinnova le emozioni TESTI

Tiziano Carradori FOTO

Fabrizio Antonelli 93


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u un colle, alle pendici del Montalbano, nell’immediata periferia di Quarrata, la medicea Villa La Màgia, uno dei luoghi simbolo della città del mobile, mostra ancora oggi le sue eleganti linee tardo rinascimentali. Gli interni sono decorati con affreschi di soggetto mitologico opera di Giovanni Domenico Ferretti, uno dei maggiori pittori toscani del XVIII secolo. L’ospite certamente più famoso è stato l’imperatore Carlo V, vi dormì dopo una battuta di caccia nel bellissimo parco, che ancor oggi vi sorge accanto,luogo dall’atmosfera davvero suggestiva e ricco di alberi secolari. Dal 2000 la villa è di proprietà del Comune di Quarrata che vi ospita manifestazioni e collezioni d’arte. Opere notevoli sono ammirabili nella permanente dell’artista Agenore Fabbri, mentre all’esterno (dal 2005) è in continua evoluzione un

progetto di arte contemporanea: “Genius Loci lo spirito del luogo”. Il parco tematico, pensato per rafforzare il valore del rapporto fra arte e paesagio, consente un vero itinerario sensoriale all’aperto, con istallazioni artistiche ambientali di contemporanei come Fabrizio Corneli, Anne e Patrick Poirier, Marco Bagnoli, Hidetoshi Nagasawa e Maurizio Nannucci (sua la creazione all’interno del cortile, caratterizzata da scritte luminose dagli effetti ammalianti). La collezione, una delle più interessanti della Toscana, si arricchirà di una scultura-fontana che il francese Daniel Buren ha realizzando nel parco. Un pregio in più per Villa La Màgia, tanto bella questa casa da poter essere annoverata fra i siti meritevoli del riconoscimento dell’Unesco come “patrimonio dell’umanità”.

Villa la Màgia ancient and modern The Medici’s Playground in Quarrata Revives One’s Emotions

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itting on a hill, on the slopes of Montalbano, in the immediate periphery of Quarrata, the Medici’s Villa la Màgia, one of the symbolic places of this “Furniture City”, demonstrates its late Renaissance elegance still today. The interior is decorated with frescos of mythological themes by Giovanni Domenico Ferretti, one of the major Tuscan painters of the 18th century. The most famous guest of the villa was the emperor Carlo the Fifth, who sojourned here after a hunting spree in the beautiful park, still today a place with 94

Sopra - Cortile centrale con installazioni artistiche luminose di Maurizio Nannucci. Above - Central courtyard with luminous artistic installations by Maurizio Nannucci. Sotto - Affreschi interni di Giovanni Domenico Ferretti secolo XVIII. Below - The interior’s frescos by Giovanni Domenico Ferretti, 18th century.

a particularly suggestive atmosphere and filled with centuries old trees. From the year 2000 the villa is owned by the city of Quarrata and is used for manifestations and art collections. One can admire the notable works in the permanent exhibition of the artist Agenore Fabbri, while on the outside (from 2005) a contemporary art project is in continuous evolution: “Genius Loci - lo spirito del luogo” (“Local Geniuses: The Spirit of the Place”). The thematic park, conceived as a way to reinforce the value of the relationship between art and landscape, allows a true sensory itinerary in the open, with environmental artistic instillations of contemporary artists such as Fabrizio Corneli, Anne e Patrick Poirier, Marco Bagnoli, Hidetoshi Nagasawa and Maurizio Nannucci, whose artwork inside of the courtyard is characterized by dazzling writings of the fascinating effects. Shortly, the collection - one of the most interesting in Tuscany – will be enriched with a sculpture/ fountain that the French artist, Daniel Buren, is creating within the park. What is more is that this beautiful home is listed by Unesco as a “Patrimony of Humanity”.


Il sistema Ville Medicee

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retta nel 1320 da Vinciguerra Panciatichi Villa la Màgia ha forme architettoniche imponenti. Collocata in posizione strategica per il controllo della viabilità fra Pistoia e Firenze, passò ai Medici quando Francesco I, nel 1583, perfezionò l’acquisto, sia della villa, sia dei vasti possedimenti annessi. Probabilmente fu il Buontalenti, architetto ufficiale del Granduca, a occuparsi della sua ristrutturazione, venne creato anche un lago artificiale (oggi scomparso) per agevolare la pesca e le battute di caccia. Di fatto era un luogo di svago, “di delizia”. Il “sistema delle Ville Medicee del Montalbano”, iniziato da Lorenzo il Magnifico, continuato da Francesco I e successivamente Ferdinando I (ville di Pratolino, Marignolle, Cerreto Guidi, Lappeggi, La Màgia, l’Ambrogiana, la Petraia e quelle di Castello, Artimino e Montevettolini) si arricchiva così di un nuovo gioiello. La storia le riserverà diversi passaggi di proprietà e trasformazioni, dagli Attavanti alla contessa Pagnani Amati Cellesi, ultima proprietaria che abitò a lungo la Màgia, anche da sola e fino a tempi recenti, per questo tuttora colma di straordinari arredi e oggetti. Fu sempre viva questa dimora, e si percepisce, aggirandosi fra i suoi spazi ricchi di memorie ci si sente affatati.

The Villa Medici System

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rected in 1320 by Vinciguerra Panciatichi, Villa la Màgia has impressive architectural forms. Placed in a strategic position to oversee the area between Pistoia and Florence, it came into the Medici possession when Francesco I, in 1583, acquired the villa as well as the adjoining estates. It was probably Buontalenti, the official architect of the Granduke, who oversaw its restoration. An artificial lake - although no longer there today- was built to facilitate fishing and hunting sprees. In fact, it was a playground - that is “di delizia” - for the Medici family. The “System of Villa Medici’s of Montalbano,” was initiated by Lorenzo the Magnificent and continued by Francesco I, then later Fedinando I. With the villas of Pratolino, Marignolle, Cerreto Guidi, Lappeggi, La Màgia, l’Ambrogiana, la Petraia e quelle di Castello, Artimino and Montevettolini, the family’s collection was further enriched. Villa la Màgia’s history has seen different owners and transformations, from the Attavanti to the Countess Pagnani Amati Cellesi, the last owner who lived there alone for many years, and until recent times. For this reason the villa is still rich with extraordinary furnishings and objects. The Villa la Màgia has always been a house full of life, and one perceives this while wandering around its rooms filled with memories.

Sopra - Arredi interni d’epoca. Above - Interior epoch style furnishings. Sotto - Fontana realizzata dall’artista Daniel Buren. Below - Fountain created by the artist Daniel Buren.

www.villalamagia.it via Vecchia Fiorentina 63, Quarrata (Pistoia) Tel. + 39 0573 774500

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Dalle incerte origini, oggi centro sociale di cultura e arte

TESTI Enza Pirrera FOTO Nicolò Begliomini

Smilea leggiadra fortezza Vanto di Montale, in mezzo alla pianura fra Pistoia e Prato

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asta affacciarsi alle finestre della Smilea per comprendere subito perché la costruzione è lì. Si coglie subito la vastità dei dintorni dalla morbida bellezza, mentre lo sguardo se ne appropria fino a carezzare i profili delle città di Pistoia e Firenze. L’aspetto di fortilizio in stile gotico, di una villa fattoria a pianta quadrata, con corte porticata interna, è caratterizzato da due svettanti torri. Alte venti metri, s’innestano nel perimetro murario del XVI secolo, mentre nella parete settentrionale si erge un loggione, sorretto da dodici archi di pietra a sesto acuto. Villa Smilea si incontra percorrendo la pianura, lungo la strada per Agliana, a Montale. Il luogo fu strategico per lungo tempo e, per motivi storici diversi, fondamentale a soddisfare e contenere litigiosità tra nobili famiglie pistoiesi e fiorentine. Già dal Medioevo, e forse anche molto prima, poiché è nei pressi della “statio” romana di Hellana, lungo il tracciato della via Cassia Clodia. L’accesso alla Valle dell’Agna, lungo il torrente, era ideale per il controllo del territorio. Si edificò, quindi, la struttura, a sei miglia dalla città di Pistoia. Certezze sulle origini, però, non ce ne sono fino al 1427, quando la villa passò ai Panciatichi (fiorentini). Nata come roccaforte difensiva, fu teatro (fra 1400 e 1540) di durissimi scontri, fino a che il Granduca Cosimo I° fermò la belligeranza. La Smilea, successivamente, fu ingentilita, ampliata e adattata a esigenze signorili. Nel 1611 dai Panciatichi fu venduta a Piero Covoni. La famiglia di nobili origini fiorentine, seguendo il gusto del tempo (verso la fine del 1700) fece

notevoli opere di trasformazione per ottenere una pregevole villa, quando fu ridisegnanto il profilo meridionale dell’intero complesso. La storia, nel 1799, la penalizzò per via dei saccheggi napoleonici delle truppe in ritirata. Zanobi Covoni fu anche imprigionato dai francesi. Poi, a Montale e a Smilea, con Marco Covoni, fino al 1824 (anno in cui morì), a irradiare di benessere l’area fu l’apprezzato genio politico dei Lorena. Gli eredi Covoni Pandolfini vi alloggiarono saltuariamente, di fatto la funzione preminente fino al’inizio del XX secolo fu d’essere fattoria. L’esigenza di trovar luoghi adatti alla convalescenza per i soldati feriti durante la Prima Guerra Mondiale fu soddisfatta anche dalla villa fortezza. L’ultimo proprietario che vi abitò, fino agli anni 40, fu Gian Giacomo per cessione di Maria Covoni Pandolfini-Borghese, sua madre. In seguito fu rifugio per sfollati, ospitò la sede della Previdenza Sociale e il Podestà di Montale. Dal 1954 i passaggi di proprietà furono diversi, ma nel 2003 il Comune di Montale, potè acquisire la parte più antica di Villa Smilea, elemento integrante del patrimonio storico e culturale della comunità, che, dopo appropriati restauri, dal 2008, ne gode ogni pregio. Fuori, una struttura imponente e rigorosa, che soddisfa la vista e l’orgoglio e dentro il cuore bello e pulsante della socialità e della cultura. Vivissima. Al piano terra è la parte più antica risalente al 1300. Queste stanze vaste sono destinate alla moderna ed efficiente biblioteca comunale che nell’ala sud, del 1400, ha organizzato una biblioteca per i ragazzi. La notevole attrattiva della Smilea è anche rappresentata dalla mostra per-

manente di ben 22 opere, sculture gessi e mosaici, del montalese Jorio Vivarelli (1922-2008), illustre esponente della tradizione artistica pistoiese e famoso nel mondo (sue grandi e significative sculture si trovano a Roma, Phiadelphia, Nagasaki).Molti sono gli spazi destinati alle mostre d’arte contemporanea, allestimenti artistici che si alternano e, sempre, s’innestano armoniosamente, fondendosi in modo naturale fra passaggi, slarghi e sale. Per i bambini, qui è assolutamente naturale rincorrersi felici, passando dal cortile porticato, che allinea splendide fusioni di Vivarelli, al giardino esterno, dove possono fruire di spazi allestiti con creazioni ideate appositamente per loro da artisti famosi. Come la scatola sonora narrante ideata da Sandra Tomboloni.Gli interni sono impreziositi da ricche e delicate decorazioni pittoriche, risalenti al ‘700. Ben conservate, creano illusioni ottiche davvero suggestive. L’esigenza di quei tempi di restare protetti fra spesse mura era compensata, ampiamente, dall’esser immersi nella leggiadria delle scene bucoliche, rappresentate su muri e soffitti. Tutte le pareti affrescate creano la sensazione d’essere all’aria aperta (il tipo di decorazione è appunto chiamata “en plein air”). Altre stanze dipinte con la tecnica detta di “mezzo fresco o a bianco di calce” (tipica del ‘600/700), presentano quadrature, cornici mistilinee in stucco bianco che impreziosiscono i temi del capriccio.

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From its ambiguous origins, today social centre for culture and art

Smilea, an elegant fortress Pride of Montale, in the middle of the plains between Pistoia and Prato

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ust looking into the windows of the Smilea one can immediately understand why it is there. The vastness of the softly beautiful interior captures the visitor all at once, while one’s gaze is taken to caressing the profiles of the cities of Florence and Pistoia. The fortress is in the gothic style of a villa factory, a plain square, with an internal arcaded courtyard and accompanied by two soaring towers. As high as twenty metres, they are inserted into the walled parameter of the 16th century, while in the northern wall there is a large loggia, supported by twelve stone ogival arches. Villa Smilea is found travelling through the plains, along the road to Agliano, in Montale. The place was strategic for a long time, for different historical motives, fundamental in satisfying and containing the feuding among the noble families of Pistoia and Florence. Already in the Middle Ages - and possibly even before that - being that it is in the area of the Roman “statio” of Hellana, along the roads of the Via Cassia Clodia. The access of the Valley of Agna, along the creak, was ideal for the control of the territory; the structure was built, therefore, six miles from the city of Pistoia. There are no certainties about its beginnings, however, until 1427 when the villa passed in ownership to the Panciatichi Florentine family. Conceived of as a defensive stronghold, it was a theatre (between 1400 and 1540) for excruciatingly violent encounters, until the Grand Duke, Cosimo the First, put an end to the violence. La Smilea was subsequently amplified and adapted to the needs of the nobles. In 1611 the Panciatichi family sold it to Piero Covoni. The family of Florentine noble origins, following the style of the time (around the end of the 1700’s) made signi-

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ficant changes to transform it into a prestigious villa, having the southern profile of the entire complex redesigned. History, in 1799, took its vengeance on the villa with the Napoleonic looting of the troops in retreat, and Zanobi Covoni was also imprisoned by the French. Next, in Montale and inhabiting La Smilea was Marco Covoni until 1824 (the year in which he died), while radiating a sense of wellbeing in the area was the valued political genius of the Lorraine rulers. The heirs Covoni Pandolfini would stay in the villa occasionally, making its primary function as a farmhouse until the beginning of the 20th century. The need to find places suitable for the convalescence of wounded soldiers during the First World War was met also by the villa fortress. The last owner, who lived there, until the 1940’s, was Gian Giacomo who inherited it from his mother, Maria Covoni Pandolfini-Borghese. Following this period it became a refuge for the displaced, housing the headquarters of the Social Security and the Podestà (mayor) of Montale. From 1954 on there

were different changes of ownership, but in 2003 the City of Montale was able to acquire the oldest part of the Villa Smilea - integrating element of the historical and cultural patrimony of the community - which, after appropriate restorations that began in 2008, it is finally able enjoy. From the outside it is an imposing and rigorous structure satisfying the visual experience, while the pride inside testifies to the beautiful and pulsating heart of sociality and culture. It is a place that is extremely alive. On the ground flour is the oldest part going back to the 1300’s. These vast rooms are the homes of the modern and efficient city library that in the southern wing, from the 1400’s, have organized a library for children. A noteworthy attraction of La Smilea is also represented by the permanent exhibit of 22 works of sculpture, plasters and mosaics, by the artist from Montale, Jorio Vivarelli (1922-2008), illustrious exponent of the artistic tradition of Pistoia and famous throughout the world (his large and significant sculptures are found in Rome, Philadelphia, and Nagasaki). There are many spaces destined for contemporary art exhibits, artistic preparations, merging naturally into the landscapes. For children, here it is absolutely natural to playfully chase each other, passing through the arcade of the courtyard that blends beautiful fusion sculptures by Vivarelli to the external garden where they can enjoy the spaces prepared with creations made specifically for them by famous artists. The interior spaces are embellished by rich and delicate pictorial decorations, going back to the 1700’s. Well conserved, they create truly suggestive optical illusions. The needs in those times to remain protected between thick city walls was compensated by being immersed in the elegance of the bucolic scenes, represented on walls and ceilings. All of the frescoed walls create a sensation of being out in the open air (the type of decoration, in fact, being called “en plein air”). Other rooms painted with the technique referred to as the “half fresh or lime white” (typical of the 17th and 18th centuries), present quadratures, mistillinear frames in white stucco that highlight the whimsical themes.


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Il Padule di Fucecchio, l’area umida interna più vasta d’Italia

C’è qualcosa di nuovo oggi in Toscana. Anzi di antico... Luogo ideale per osservare gli uccelli migratori e stanziali

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TESTI Amedeo Bartolini* FOTO Alessandro Magrini Archivio Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio Onlus

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rea meritevole di essere inserita nella coscienza collettiva italiana il Padule di Fucecchio, è una delle mete irrinunciabili per un’esperienza di vita culturalmente consapevole. Emozionante. L’area umida interna più vasta d’Italia aspetta di svelarsi alla conoscenza di chi fa del turismo arte di vita. Un luogo naturalistico e storico assimilabile all’eccezionalità paesaggistica delle Dolomiti o del delta del Po, qualcosa di nuovo, oggi nel sole, anzi “di antico”. Nella sua integrazione con il Lago di Sibolla questo territorio, guardando all’intero insieme di aree umide, alternate a boschi, prati, terreni coltivati, ha una storia antichissima di piante ancora vitali, risalenti a ere di glaciazione lontane. Una storia di aree umide (ora definite laghi, ora paludi) che, per secoli e secoli, hanno segnato la vita, l’economia, la viabilità, la storia civile delle popolazioni residenti in quel triangolo di terra, che ha i suoi vertici a Monsummano Terme a nord-est, ad Altopascio a nordovest, a Ponte a Cappiano, sul bacino dell’Arno, a sud. E’ così che la viabilità medievale ha avuto i suoi passaggi obbligati e ben noti lungo le “vie francigene” laterali, cioè tra Altopascio e l’Arno a est, oppure ai piedi o sul crinale del Montalbano ad ovest; e lungo quegli assi viari sorsero nel lungo e vitale Medioevo hospitalia famosi, gestiti da organizzazioni altrettanto conosciute; basti pensare ai Cavalieri del Tau di Altopascio. In epoche successive la zona è stata opportunità di vita – e allo stesso tempo causa di morte - per le popolazioni insediate sulle sue rive e sulle sue “gronde”. L’utilizzazione delle erbe palustri per rivestire fiaschi e damigiane, le vaste opportunità di pesca e di caccia, che garantivano un apporto economico, spingeva tutti i Comuni insediati sulle colline a nord della Valdinievole o sul Montalbano a ricercare un prolungamento territoriale fino al Padule di Fucecchio. Le vie d’acqua interne, naturali e artificiali, che mediante adeguati navicelli 102

collegavano Livorno a Pisa e poi, risalito l’Arno, arrivavano fino ai molti porti realizzati ai bordi del Padule, assicuravano una vitalità commerciale attraente non solo per la Valdinievole, ma persino Pistoia e le sue industrie siderurgiche montane. La malaria, però, era un dramma a cui doveva essere data una soluzione. Vennero così le prime bonifiche medicee, con la necessità di scegliere tra il fornire più pesci a Firenze o più terreni da coltivare per i possidenti e aria più sana per le popolazioni. Prevalse la forza della modernità e le bonifiche andarono avanti, sia con gli ultimi Medici, sia con i Lorena. E dopo le progressive bonifiche ecco i problemi del presente: il massiccio incremento demografico, la crescente presenza di industrie nelle aree limitrofe al Padule, un’agricoltura sempre più legata al supporto della chimica, purtroppo, hanno contribuito a creare problemi gravi di inquinamento, coinvolgendo i corsi d’acqua che assicuravano il giusto apporto idrico alla flora e alla fauna delle zone umide. Era necessario intervenire prima che una presenza di paesaggio tanto ricca di storia scomparisse dal cuore della Toscana.

Per informazioni e prenotazioni: Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio, Castelmartini di Larciano tel. e fax 0573/84540, e-mail: fucecchio@zoneumidetoscane.it www.zoneumidetoscane.it

* Presidente del Centro di Ricerca , Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio Onlus

In alto - Tipule in accoppiamento. Above - Tipula mating. In basso - Il Tuffetto è il più piccolo e il più comune degli Svassi che frequentano i nostri paduli. Below - Little Grebe duck is the smallest and most common of the Grebes that flock to our marshes. A destra - Corioli, su un ramo caduto di quercia. Right - Coriolis mushroom on the fallen branch of the oak tree.


Così nel 1996 la Provincia di Pistoia, facendosi interprete di una sollecitazione popolare largamente diffusa – il Padule è nel cuore, nella memoria e nelle passioni di ogni residente del vasto territorio che cinge quelle aree umide! - istituì una riserva naturale negli spazi acquisiti dal patrimonio pubblico. Furono create la Riserva delle Morette e quella della Monaca-Righetti, che, assieme alla vicina riserva dell’area fiorentina, coprono complessivamente una superficie di circa 230 ettari, poco più di un decimo dell’intera superficie del Padule di Fucecchio (2.074 ettari). Gli aspetti naturalistici di questa Riserva (gli interventi, cioè, di monitoraggio, di studio, di ricerca, di promozione e di educazione ambientale) sono oggi di competenza di una ONLUS, costituita dagli Enti pubblici locali, oltre che dalle rappresentanze dei proprietari privati e delle associazioni venatorie e ambientaliste, il Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione; sono affidati al Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio gli interventi relativi alla gestione idraulica e alla manutenzione ordinaria. Fra le porte di accesso culturali sono già in essere: il Museo della città e del territorio di Monsummano Terme e le strutture medicee di Ponte a Cappiano sul bacino dell’Arno. Mentre molti sono gli interventi in progetto, che, presto, renderanno agevole l’accesso per un pubblico di visitatori sempre più vasto. Questi sono luoghi ideali per osservare gli uccelli migratori che passano annualmente, quelli che qui stanziano, quelli che evidenziano, col loro incremento numerico e con la loro ritornata presenza, gli importanti miglioramenti dell’area. L’istituzione della Riserva e la gestione del Centro di Ricerche ha il merito di aver attratto anche le cicogne, che sono tornate a nidificare. Un evento significativo e importante, tanto che si sono organizzati ben due “giorni della cicogna”. Nel rispetto assoluto della fauna, personale specializzato accompagna in visite guidate ad appositi osservatori, posti nel cuore delle aree umide. Il contatto è quasi diretto con la molteplicità colorita delle tante razze di uccelli acquatici presenti, che, protetti dal mirabile intrico dalla flora, si insediano a loro agio nel paesaggio multiforme. Sul versante della valorizzazione storico-memoriale del Padule di Fucecchio le Amministrazioni comunali e provinciali, socie del Centro di Ricerche, hanno voluto che si realizzi un progetto particolare: il “percorso della memoria” che consenta la visita dei luoghi della strage avvenuta alla fine d’agosto del 1944, durante la ritirata delle truppe nazi-fasciste dall’Arno alla “Linea gotica” sull’Appennino. Qui famiglie inermi, che nel Padule abitavano o che qui speravano di trovare provvisorio rifugio, furono trucidate. La presenza di un tragico susseguirsi di cippi e di lapidi è rimasta, il collegarli in un percorso unitario consentirà di ricordare e meditare, per poi progettare un futuro di umana convivenza e di pace. Coinvolgere, dunque, l’uomo con la natura, la storia, le tradizioni, con la sua cultura e le contraddizioni...Questi gli obiettivi antichi e nuovi che il Padule di Fucecchio può offrire ad appassionati esperti e neofiti. Organizzare ore indimenticabili di contatto con la natura e con se stessi è davvero alla portata di tutti. 103


The Marsh of Fucecchio, the most extensive internal humid area in Italy

In tuscany today there is something new…although it is actually ancient… The ideal place to observe the migratory and non-migratory birds

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n area deserving of making its way into the Italian collective conscience is the Marsh of Fucecchio, one of the unavoidable destinations for a culturally conscious life experience. It is an exciting place being the most extensive internal humid area in Italy is waiting to reveal itself to the knowledge of those who make tourism a way of life. A naturalistic and historical place comparable to the magnificent landscape

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of the Dolomites or of the delta of the River Po, something new, today in the sun - although it is also something “ancient.” In its integration with the Lake of Sibolla this territory - considering the entire whole of humid areas, alternating with woods, lawns, cultivated land - has an ancient history of plants that are still vital, going back to distant ice age. A history of humid areas (now defined lakes and swamps) that, century after century, have influenced life, the economy, the viability, and the civil history of the resident populations in that triangle of land, that has its peak in Monsummano Terme to the north-east, and Altopascio to the north-west, to Ponte a Cappiano, on the basin of the Arno, to the south. It is the area where the Middle Ages had its mandatory – and well known – passages through the lateral “Vie francigene,” between Altopascio and the Arno to the east, or at the foot or on the ridge of Montalbano to the west; and along these roads famous hospitalities appeared in the long and vital medieval times, run by well known organizations – for example, the Knights of Tau of Altopascio. In successive epochs the area provided an opportunity for living – and at the same time the cause of death – for the populations residing along the banks and on the “eaves”. The use

of marsh herbs to coat flasks and demijohns, the vast fishing and hunting opportunities, all that guaranteed an economic contribution, pushed the municipalities of the hills to the north of Valdinievole or on Montalbano to search for a territorial extension all the way to the Marsh of Fucecchio. The internal water roadways – both natural and artificial – that, through the appropriate ships, connected Livorno to Pisa and then, climbed up the Arno, would arrive all the way to many ports made at the edges of the Marsh; they would assure a commercial vitality attractive not only for the Valdinievole, but also for Pistoia and its mountain steel industries. Malaria, however, was a problem that desperately needed a solution. The first Medici reclamation arrived, with the need to choose between supplying more fish to Florence or more land to cultivate for the landowners, and healthier air for the populations. The force of modernity prevailed and the reclamations went ahead with the last Medici as well as with the Lorraine. After the progressive reclamations, here is the problem of the present day: the massive demographic increment, the rising of industries in the neighbouring areas of the Marsh, and an agriculture increasingly tied to chemical support, unfortunately, have contributed to creating serious pol-


lution, involving the water ways that assured the right water supply to the flora and fauna of the humid zones. It was necessary to intervene before a presence of landscape so rich with history were to disappear from the heart of Tuscany. Therefore in 1996 the Province of Pistoia, making itself the interpreter of widely diffused popular solicitation – the Marsh is in the heart, memory and passions of every resident of the vast territory that surrounds those humid areas! – instituted a natural reserve in the spaces acquired by the public patrimony. The Reserve of the Morette-Righetti was created, along with the nearby reserve of the Florentine area, covering an overall surface of around 240 hectares, little more than a tenth of the entire surface of the Marsh of Fucecchio (2,074 hectares). The naturalistic aspects of this Reserve (the interventions, that is, of monitoring, studying, research, and of promotion and environmental education) are today under the direction of an ONLUS organization, constituted by the local Public bodies, as well as by the representation of private owners and hunting and environmental associations, the Centre for Research, Documentation and Promotion while entrusted to the Consortium of Drainage of the Marsh of Fucecchio are the interventions relative to the hydraulic management and ordinary maintenance.

Doors opening the way to cultural access are already in act with the Museum of the City and Territory of Monsummano Terme and the Medici structures of Ponte a Cappiano on the basin of the Arno. Soon there will be easier access for a growing number of visitors. These are the ideal places to observe migratory birds that pass by annually, those that are non-migratory, and those that demonstrate, with their increasing numbers and with their returning presence, the important improvements of the area. The institution of the Reserve and the managing of the Centre for Research holds the merit of having even attracted storks that have returned to make their nests. A significant and important event, such as the two “Days of the Storks” has been organized. With the utmost respect for the fauna, specialized personnel accompanies visitors during guided visits to special observation points, placed in the heart of the humid areas. The contact is almost direct with the colourful multiplicity of many races of aquatic birds present, who, protected by a wonderful area of the flora, blend in comfortably into varied landscape. On the side of the historical-memorial development of the Marsh of Fucecchio the Communal and Provincial administrations, members of the Centre for Research requested the development

of a unique project: the “journey of memory” that consents the visit of places of the massacre that took place at the end of August of 1944, during the retreat of Nazi-Fascist troops from the Arno to the “Gothic Line” on the Apennines. Here helpless families who lived in the Marsh, or hoped to find a provisory home here, were slaughtered. The presence of a tragic succession of stones and tombstones has remained, and including them in a visit allows one to remember and to reflect, in order to build a future of human cohabitation and peace. Therefore, to include man with nature, history, traditions and his culture and contradictions…these are the ancient and new objectives that the Marsh of Fucecchio can offer to passionate experts and neophytes. Organizing unforgettable hours of contact with nature and with oneself is truly for everyone.

* Presidente del Centro di Ricerca , Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio Onlus

Parlando di acquitrini…. Poesia di Tonino Milite PLASMODIO a Dante Un giorno, nell’acquitrinio di Ravenna, Plasmodio il barbaro, figlio di Anofele, parassita dei globuli rossi, invase un Poeta, e poi lo spense. Ma quello aveva già descritto il Paradiso. Dal libro Meteora, Editore Oscar Mondadori

For information and reservations: Centre for Research, Documentation and Promotion of the Marsh of Fucecchio, Castelmartini di Larciano Tel. and fax +39 0573/84540 e-mail - fucecchio@zoneumidetoscane.it www.zoneumidetoscane.it Nella foto- Il bellissimo Airone bianco maggiore. Below - A beautiful Great White Heron. 105


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Vivaismo motore del territorio

Verde, vibrante armonia Emozioni fra colori e profumi

TESTO Enza Pirrera FOTO Nicolò Begliomini

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rescere nel verde con una natura selvaggia, ma domabile, oppure nel verde vezzeggiato dall’uomo, può condizionare, fortemente, successive necessità dei concreti valori positivi dell’esistenza. Può sembrare un’affermazione pretenziosa, ma è vera. Tutto nelle cose della natura è racchiuso nell’esigenza di soddisfare bisogni primari, nel cosiddetto “piacere”. Ed è un fatto: non si instilla futuro “bisogno/piacere” del naturale, là dove il verde langue. Ovunque prevalga, purtroppo, la sterilità di spazi creati senza assecondare la simbiosi fra uomo e albero, si formano caratteri meno armoniosi. L’armonia interiore è un’emozione che vibra all’unisono con il verde, che fa da ideale cassa di risonanza creando equilibrio. Tante parole servono per ricreare, se possibile, il sentire, la sensazione, che provano i moltissimi viaggiatori (per innumerevoli ragioni) che s’innamorano per sempre dell’Italia e della Toscana. In un’area di questa terra, meravigliosa per arte e natura e armonia innata, è il territorio Pistoiese che, ricchissimo di boschi dell’Appennino, ha concretizzato a valle uno dei più straordinari, vasti sistemi di coltivazioni di verde all’avanguardia. La provincia di Pistoia è borghi, chiese, arte e vivai di verde, vivai, vivai a perdita d’occhio. Cinquemila ettari di vivai. Saper portare nel mondo le piante prodotte dalle aziende del Pistoiese è pregio: della volontà, creatività, lungimiranza, sapienza antica, oltre a modernissima genialità nella coltivazione, di chi c’è proprio nato fra il verde e ne ha <necessità emozionale>. Per questo nascono e crescono sane e garantite le piante di Pistoia; sono preferite nel mondo, e viaggiano verso cinque continenti; ed è il comparto vivaistico pistoiese leder in Europa. Tanto

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viaggiar di prodotto eccellente crea movimento di genti. Vedere, toccare con mano quanto s’intende acquistare, capire come si produce è prassi abituale del <buon acquirente>. Così arriva a ogni stagione nella nostra area un variegato cospicuo numero di turisti insoliti. Sono ben diecimila i visitatori, che ogni anno ci onorano della loro presenza, per ragioni legate al vivaismo. L’accoglienza è ovviamente molto calorosa, costruita sull’abituale italianissima voglia di condivisione del buono e del bello; il nostro carattere è latino e non c’è cosa in cui non ci sia anche amore. Siamo appassionati delle nostre opere d’arte, rare, pregevoli, uniche, siamo appassionati dei nostri morbidi paesaggi, delle tradizioni, che teniamo ben salde, dei vini indimenticabili, del nostro cibo, di indubbio pregio (tutelato a 360° da attente norme), ma, soprattutto, coccolato da chi produce, coltiva, alleva con infinita pazienza e sacrificio. Visitare questa terra è un’esperienza che quando si prova si desidera ripetere. Dopo la prima volta, però, e questo noi pistoiesi lo verifichiamo costantemente, si è diventati “amici”, per sempre, di gente e luoghi. Il visitatore ambisce, insomma, riprovare ancora quel senso di <globale intima armonia > percepita al primo approccio. E’ noto che l’amicizia esige condivisione e accoglienza, dedizione e accudimento mirato. Questa consapevolezza ha già creato ampie sinergie nell’intero territorio. Volontà comuni e positive si attivano per rafforzare e far conoscere ogni settore produttivo che opera nell’area, come la pubblicazione di NATURART. Già in essere, inoltre, ma si amplierà ulteriormente a breve, una forma di agevolazione personalizzata, destinata proprio ai “turisti del verde”. Gente speciale, gente passionale, forte, con cui capirsi, al di là della reciproca lingua, è semplice, istintivo e bello.


Plant nurseries, the motor of the territory

A harmony of vibrant greenery Emotions among colours and scent

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o be raised among greenery with an untamed, but contained, nature - or among the greenery cultivated with care by man - can strongly influence the one’s future needs for concrete and positive values of existence. It can seem like a pretentious affirmation, but it’s true. Everything in nature is incorporated in the existence of satisfying primary needs for so-called “pleasure.” It is a fact: the future is not instilled from the “need/pleasure” of the natural where greenery languishes. Wherever it prevails, unfortunately, the sterility of spaces that are created without supporting the symbiosis between man and tree results in human beings with less harmonious characters. Interior harmony is an emotion that resonates in unison with greenery and that serves as the ideal

sounding board to creating balance. Many words serve to recreate, if possible, the sensation that many travellers experience (for numerous reasons) when they fall in love with Italy and Tuscany. In an area which is known on this earth for its marvellous art, nature and innate harmony, it is the territory of Pistoia, rich with the abundant forests of its Appenines, has made concrete one of the most extraordinary, vast systems of cultivation of avant-garde greenery. The province of Pistoia consists of villages, churches, art and five thousand hectors of plant nurseries. To know how to bring into the world the plants produced by businesses in Pistoia is a privilege. It is the result of the will, creativity, foresight, and ancient wisdom, in addition to the very modern geniality in cultivation, of those who were born among this land of greenery and hold this “emotional need” for it. For this reason the plants of Pistoia are raised and grow healthy and are guaranteed. They are preferred throughout the world and they travel across five continents making the nursery sector of Pistoia a leader in Europe. So much travelling of an excellent product creates cultural exchanges among people. To see and touch with ones hands how much one wants to acquire and to understand how the plant is produced is habitual praxis of the “good buyer.” The result is that a diverse number of tourists visit our area; there are well over ten thousand visitors who every year honour us with their presence for reasons linked to the plant nursery businesses. This welcoming is obviously very warm, built on the common Italian need to share the good and the bad; our character is Latin and there is nothing in which love is left out. We are passionate about our works of art that are rare, precious, unique, and we are passionate about our breathtaking landscapes, and of our traditions that we keep grounded, of unforgeable wines, of our food, of undoubted prestige (protected at 360° by attentive norms), but, most of all, we are proud of the treasures of those who produce, cultivate, and grow with infinite patience and sacrifice. To visit this land is an experience that when one tries it there is always the desire to repeat it. After the first time, however - and this we Pistoians constantly verify - we become “friends” forever with people and places. The visitor aims, essentially experiencing again that sense of “global intimate harmony” perceived in the first approach. It is known that friendship requires sharing and acceptance, devotion and targeted care giving. This knowledge has already created ample synergies in the entire territory. Common and positive will are activated in order to reinforce and make every productive sector known that operates in the area, such as the publication NATURART. It is already in existence and will become even larger soon, a kind of personalized facilitation, destined for the “tourists of greenery.” These are special people who understand each other, beyond one’s native tongue; it is simple, instinctive and beautiful. 109


Il cibo a volte commuove Le tradizioni, la terra buona e l’amore del proporre nutrimento

TESTO Enza Pirrera FOTO Nicolò Begliomini Archivio APT

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os’è capace di fissarsi nella memoria, rigenerando anche le sensazioni provate, con altrettanta pervicacia quanto può un aroma e un buon sapore? Difficile dare una risposta sicura per tutti, ma è dimostrato: i profumi sono capaci di veri miracoli nel recupero emozionale. Se si odora un cucchiaio di olio I.G.P del nostro Montalbano (terra di geni che, a Vinci, ha dato i natali a Leonardo) per esempio si coglie, oltre all’odore prevalente fruttato,un sentore di mandorla, carciofo, frutta matura, verde di foglia. Se poi lo cospargete per insaporire una delle zuppe di legumi tipiche di qua, potreste provare anche una vaga commozione. E’ così, venite e provate. E non scorderete più la delizia del gusto, che nasce dalle sapienti arti di coltivazione, spremitura, delle olive Leccino, Moraiolo, Frantoio, Pendolino, Rossellino, Piangente. Si, ci vantiamo un po’, ma…con buone ragioni. Per esempio a parlar di fagioli, nel Pistoiese è normale che si tratti di quelli di Sorana, presidio di Slow Food, (così come lo è il Pecorino della Montagna Pistoiese “rigorosamente a latte crudo”). Un fagiolo di pregio che cresce su pendii affacciati sulle vallate del Pesciatino: bianco latte perlaceo o rosso striato ha buccia sottile, e quando è cotto, a regola d’arte, quasi si scioglie fra lingua e palato. Più che digeribile. Se però il vostro gradimento maggiore è per il gusto dolce potreste scoprire, di essere arrivati nel “Paese dei Balocchi”, nella chocolate Valley Toscana (Firen110

ze, Prato e Pistoia in testa) così fra Monsummano, la Valdinievole, Agliana, Montecatini, Quarrata si posson trovare molte produzioni di cioccolato eccellente. Merito di maestri cioccolatieri di rara perizia, capaci d’ammaliare regnanti e contadini, qui e per il mondo, anche grazie all’altissima qualità dei prodotti iniziali e il rispetto profondo per chi si approprierà, gustandola, della sua opera pasticciera, effimera e indimenticabile. La pasticceria locale raggiunge il suo massimo punto di leggerezza con i Brigidini di Lamporecchio. Friabilissime cialdine deliziose, dorate e quasi trasparenti. Un antico “trastullo” nato dall’insieme di uova, zucchero e farina, dal delicato sapore d’anice. Elemento tradizionale del territorio, che fa festa, irrinunciabile, così come lo sono i “Birignoccoluti” confetti di Pistoia. Consistenti, tondi e dalla superficie gibbosa. Lo zucchero bianco che avvolge il ripieno, tradizionale è al sapor d’anice, deve cader goccia a goccia (per 8/10 ore), per crear questo “chicco”, che un tempo si lanciava fra la folla, nelle occasioni gioiose e per la festa del Patrono. Dovrei raccontarvi ancora dei nostri salumi, mieli, vini stratosferici, funghi, frutti di bosco unici, del formaggio della Montagna, della ricotta, delle castagne pistolesi, che non ce ne sono altre per far farina “bona”. Utile per poi cuocer “necci”, che con il pecorino (del latte della pecora nera, Massese), come dicevo, se mangiati calduccini… bhe… possono perfino commuovere.


Food can be moving at times Traditions, good land and love for one’s own nourishment

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hat can remain imprinted in a person’s memory, renewing over and over again the sensations that one has experienced in the past, the aromas and the delicious flavours? It is difficult to give an answer that is appropriate for everyone, but this we can say for certain: scents are capable of true miracles in the recovery of emotions. If one adores a spoonful of I.G.P oil from our Montalbano Mountains (a land of geniuses where Vinci gave us Leonardo) for example, the prevalent fruity smell, a hint of almond, artichoke, mature fruit, and the green of the leaves are all taken in through a whiff of the aromas. If you then drizzle it to give one of the typical bean soups from here some extra tang, you might experience a vague emotion. So come and try it. And don’t forget the most delicious of tastes that was born from the ancient art of cultivation and pressing of the Leccino, Moraiolo, Frantoio, Pendolino, Rossellino and Piangente olive trees. Yes, we brag a bit, but it is with good reason. For example, speaking of beans, in the area of Pistoia it is normal that we talk about the ones from Sorano that are sustained by Slow Food, (just as the Pecorino of the Pistoiese Mountains is made “strictly with raw milk”). A bean that is especially prized that grows on the slopes facing the valley of the “Pesciatino” white pearly milk and red striped with a thin skin, and when cooked it always, without fail, melts between the tongue and the palate – and it is especially digestible.

If, however, you have a sweet tooth, you may discover that you have arrived in the “Wonderland” of the chocolate Valley of Tuscany (with Firenze, Prato and Pistoia as the highlights) between Monsummano, the Valdinievole Valley, Agliana, Montecatini and Quarrata where one can find many excellent chocolate producers. This is the land of the master chocolatiers with their rare expertise, capable of delighting people of all walks of life locally and around the world thanks to the extremely high quality of ingredients used by those who make the products and taste them, transforming the pastry making production into a work of art that is ephemeral and unforgettable. The local pastry making reaches its maximum point of lightness with the Brigidini of Lamporecchio. These are crumbly delicious round disks that are characteristically golden and almost transparent. It is part of an ancient “pastime” that comes from

from egg, sugar and flour, with a delicate anise flavour. Traditional sweets of the territory that are popular and not to be missed are the “Brignoccoluti,” sugared confections from Pistoia. Consistent, round and with a lumpy surface, the white sugar that surrounds the filling offers the traditional flavour of anise and must fall drop by drop (for 8 to 10 hours), in order to create this “little candy,” that at one time people would toss into the crowd on joyous occasions for the Patron Saint Day. I should also tell you about our salamis, honeys, stratospheric wines, mushrooms, unique wood berries, of the cheese from the Mountains, of ricotta, or of the Pistoiese chestnuts that are used for making “good tasting” flour and essential for creating chestnut flour “Necci,” crepes with pecorino filling inside (from black sheep’s milk from Massese). If they are eaten freshly warmed, well, then, they are capable of moving you.

Nelle pagine - Prodotti tipici dell’area pistoiese; In the following pages: typical products of the Pistoia territory 111


Conosci Pistoia Getting to know Pistoia A pochi chilometri dalle mete della Toscana più note, tra Firenze, Lucca e Pisa, al di fuori dei percorsi più frequentati, la provincia di Pistoia, con le sue bellezze paesaggistiche ed il suo ricco patrimonio artistico e culturale, può essere una vera scoperta: ovunque il visitatore vedrà convivere in armonia la bellezza della natura e i capolavori dell’arte. Dal turismo d’arte a quello montano, dal termalismo al turismo congressuale, dal turismo verde sino a quello enogastronomico, ricca e varia è l’offerta turistica del territorio, pronto, in tutti i periodi dell’anno, ad accogliere e rendere partecipe il viaggiatore dai mille interessi. Chi si emoziona davanti alla storia ed alle costruzioni dell’uomo ha la possibilità di fare un interessante viaggio nel passato in primo luogo visitando le città d’arte di Pistoia e Pescia, dove medioevo, rinascimento, barocco, si rivelano in palazzi, loggiati, chiese e andando poi alla scoperta di borghi, castelli e pievi non meno ricchi di testimonianze storiche ed artistiche. Chi apprezza la natura può ammirare la straordinaria varietà dei paesaggi e degli ambienti naturali: le morbide colline del Montalbano e della Svizzera Pesciatina, il verde estivo e le nevi invernali della montagna, le aree umide del Padule di Fucecchio e della Querciola di Quarrata, il verde dei vivai. Per chi ama lo sport è possibile sciare presso il noto comprensorio turistico che ha il suo centro principale nell’Abetone, andare in bicicletta o semplicemente fare una vacanza in movimento in uno scenario piacevole e rilassante. Chi vuole rigenerare corpo e spirito può trovare relax e benessere nei famosi centri termali di Montecatini Terme e Monsummano Terme. La famiglia che viaggia ha a disposizione tante opportunità per far divertire i propri bambini, ad esempio con una visita a Collodi, luogo che ha dato i natali al più famoso burattino del mondo: Per tutti i buongustai è stuzzicante andare alla riscoperta di sapori genuini e autentici gustando prodotti tipici, piatti e prelibatezze locali sia in accoglienti e piccoli locali sia in occasione delle numerose sagre e feste. Coloro che sono interessati al patrimonio culturale, religioso e popolare possono entrare in stretto contatto con il territorio e la sua storia millenaria attraverso le tradizioni folkloristiche, celebrazioni, manifestazioni e fiere. A chi ama il turismo culturale il territorio offre innumerevoli opportunità, dai Musei, che custodiscono interessanti e ricche esposizioni, fino ad eventi culturali, spettacoli teatrali e musicali, visite guidate etc. organizzati in tutti i periodi dell’anno anche nei mesi invernali. Da non perdere poi l’Ecomuseo della Montagna Pistoiese che, con i suoi itinerari tematici all’aperto ricchi di musei e centri per la didattica, offre un singolare racconto della storia, delle tradizioni e della cultura della montagna. Varia e completa è l’offerta turistico-ricettiva, dai grandi alberghi ai piccoli e gradevoli bed & breakfast, dalle case vacanza ai tipici agriturismo, fino ai rifugi e ai campeggi. Altrettanto variegati e interessanti sono gli itinerari tematici da praticare sul territorio, lontani dalle rotte più frequentate, alla scoperta del volto più autentico della Toscana.

Provincia di Pistoia

A few kilometres from the more famous destinations in Tuscany such as Florence, Lucca and Pisa, a little off the usual tourist track, the province of Pistoia, with its beautiful scenery and its rich artistic and cultural heritage, is sure to be a real discovery: wherever they look the visitor will find the beauty of nature and masterpieces of art side by side in harmony. From tourism in search of art to that in the mountains, from the spa holiday to the business trip, from countryside to gastronomic tourism, the possibilities offered by the region are rich and varied, and ready all year round to welcome and involve the traveller. Those who are passionate about history and the works of man can take a fascinating trip to the past first by visiting Pistoia and Pescia, the cities of art, where medieval, Renaissance and baroque reveal themselves in palaces, arcades and churches, and also by discovering the hamlets, castles and country churches which are just as rich historically and artistically. Nature-lovers will find an extraordinary variety of landscapes and natural environments: the gentle hills of Montalbano and Svizzera Pesciatina, the summer green and winter snow of the mountains, the marshlands of the Padule di Fucecchio and of the Querciola in Quarrata, and the green of the nurseries. Those who love sport can go skiing at the well-known ski resort whose main centre is Abetone, cycle the region, or simply pursue their chosen sports in pleasant and relaxing surroundings. Those looking to regenerate body and spirit can find relaxation and well-being in the famous spa centres of Montecatini Terme and Monsummano Terme. Families on holiday will find many opportunities to amuse the kids, for example with a visit to Collodi, the birthplace of the most famous puppet in all the world: Pinocchio. For the gourmet, an appetising trip on the trail of genuine, authentic flavours, tasting traditional traditional products and local dishes and delicacies both in small homely restaurants and on the occasion of the numerous festivals. Those more interested in the cultural, religious and folk heritage can connect with the land and its long history through the folkloristic traditions, celebrations, displays and fairs. The region also offers a great deal to those seeking culture, from the Museums which contain many fascinating and rich displays, right through to cultural events, theatre and musical shows, guided tours etc which are organised all year round, including during the winter months. Also not to be missed is the Ecomuseo della Montagna Pistoiese, whose themed open-air itineraries taking in museums and learning centres offer a unique perspective on the history, traditions and culture of the mountains. There is a wide selection of accomodation, from the grand hotels to the small and pleasant bed & breakfasts, from the holiday houses to the traditional farmhouses, to the mountain refuges and the campsites. Just as varied and interesting are the themed itineraries to be found off the beaten track throughout the area.

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