Corso di URBANISTICA II
Il progetto urbanistico del territorio extraurbano
BEGATO tra quartiere popolare e nucleo storico
Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
INDICE ELABORATO 1
ELABORATO 2
ELABORATO 3
ELABORATO 4
- Il progetto urbanistico del territorio extraurbano - Definizione di progetto - Progetto edilizio e progetto urbanistico: differenze - Suddivisione dei progetti urbanistici - Linguaggio di rappresentazione - Inquadramento territoriale - Sezioni significative e considerazioni idrogeologiche - Sopralluogo e fotografia = strumenti di conoscenza - Caratteri e ambiguità dei diversi contesti
- La Governance nella pianificazione del territorio - Pianificazione di bacino - Pianificazione di bacino - Scheda tecnico normativa - Leggi sulla pianificazione di bacino - Leggi sulla pianificazione di bacino - Pianificazione di bacino in Liguria - Rischio idrogeologico - Regimi normativi del PdB - Regimi normativi del PdB presenti nell’area di studio
- Ambiente, territorio e paesaggio - Pianificazione del paesaggio - Scheda tecnica normativa - Leggi sulla pianificazione di paesaggio - Pianificazione del paesaggio in Liguria - Regimi normativi del PTCP - Regimi normativi del PTCP presenti nell’area di studio
- Atre cartografie di riferimento - Il progetto di conoscenza - Fattori antropici - Fattori naturali - Regimi e indirizzi normativi progettuali - Indirizzi e norme progettuali - Tipi morfologici - Analisi delle permanenze storiche - Opere di sostegno dei versanti: i terrazzi - Viabilità: accessibilità locale e nodi di collegamento - Considerazioni - Suggerimenti e soluzioni progettuali
ELABORATO 5 - Masterplan - Descrizione indirizzi progettuali del Masterplan - Foto-localizzazione indirizzi progettuali del Masterplan - Prima idea progettuale - Seconda idea progettuale
Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
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Il progetto urbanistico del territorio extraurbano L’espansione del costruito nei territori agricoli e rurali ha determinato un mosaico di spazi ibridi articolato secondo un alternarsi di pieni e di vuoti, di città e campagna, senza alcun nesso apparente. La complessità dei territori è costituita dalla sovrapposizione di strati diversi sedimentati nel tempo secondo una logica misteriosa di cancellazioni e di permanenze che uno sguardo superficiale non può non classificare che come caotico e incoerente. Nella realtà della pratica, l’urbanistica è chiamata sempre più a confrontarsi con frammenti di città dentro la campagna e frammenti di campagna dentro la città senza avere a disposizione strumenti propri ed adatti alla loro comprensione e gestione. La progressiva sopprafazione dei caratteri ambientali del territorio da parte degli insediamenti costruiti e delle reti ha raggiunto negli ultimi anni un altissimo grado di irreversibilità. Ciò rende urgente ed imprescindibile una maggiore consapevolezza delle nostre responsabilità nei confronti dell’ambiente naturale e degli habitat e la necessità di analizzare in profondità il rapporto tra progettazione dell’ambiente naturale e progettazione degli insediamenti. L’abbandono delle strutture economiche tradizionali, che modellavano e conformavano il paesaggio “antropogeografico”, per un’agricoltura di mercato, ha messo in crisi prima di tutto il sistema morfologico delle aree rurali, la loro conformazione fisica, il loro essere “paesaggio”. La perdita delle tecniche tradizionali e la trasformazione degli strumenti ha fatto si che l’agricoltura corrente perdesse la capacità di radicarsi sulla geografia dei luoghi rendendola intellegibile. La stessa cosa si può dire per quanto riguarda le reti dei trasporti, appoggiate indifferentemente sul territorio grazie
a strumentazioni e tecniche che consentono il superamento, attraverso la cancellazione, di qualsiasi ostacolo orografico. Il risultato di questi processi è stato quello dell’impoverimento, dell’indifferenzazione, e della banalizzazione del mondo rurale, la perdita di biodiversità. L’abbandono e la marginalizzazione dei terreni da una parte, la loro “riscrittura” secondo tecniche moderne dall’altra hanno operato un cambiamento radicale nella struttura fisica del mondo agricolo rendendo più sensibili i terreni alle forze di espansione immobiliare della città. Il territorio extraurbano è tornato di attualità poiché caratterizzato da una serie di potenzialità inespresse da dover essere messe necessariamente in evidenza. I motivi fondamentali di questo cambiamento sono stati: - il ritorno ad abitare in campagna per risiedervi stabilmente o temporaneamente; - la presenza di molti problemi, ma anche molte risorse ambientali;
- la presenza di valori paesaggistici di richiamo culturale ed economico; - le potenzialità delle nuove economie del turismo verde e dell’agroalimentare di nicchia o a km zero. Il progetto urbanistico del territorio extraurbano, pertanto, è stato trascurato dagli interessi e dalle pratiche dell’urbanistica per molto tempo. Questo perché esso manca di esperienze consolidate nella strumentazione e nella pratica urbanistica, ed inoltre comporta la padronanza di metodi, tecniche e strumenti per ideare, controllare e disegnare le trasformazioni possibili. Oggetto del corso sono i piani territoriali che controllano gli aspetti ambientali e paesistici del territorio attraverso l’uso del suolo, ovvero tutti quegli strumenti incidenti per un’analisi degli aspetti ambientali e paesaggistici. Inizialmente verranno analizzate le leggi Nazionali e le leggi della Regione Liguria significative in materia di pianificazione di Territorio, Ambiente, Paesaggio, poiché hanno introdotto piani urbanistici territoriali in
grado di indirizzare gli interventi sul territorio, sull'ambiente e sul paesaggio e di governarne le trasformazioni. Non saranno analizzati in maniera esauriente tutti gli articoli delle diverse leggi, ma esclusivamente quelli relativi agli aspetti normativi aventi rilevanza progettuale, volti cioè a definire i tipi di intervento e le modalità della loro attuazione. Verranno interpretati in maniera unitaria ed integrati tra loro i piani territoriali ed ambientali vigenti:
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- Piano Di Bacino; - Pino Territoriale di Coordinamento Paesistico. Tutti questi obbiettivi verranno applicati su un’area di studio scelta, tenendo conto e cercando di integrare : - Le esigenze delle comunità (sociali e culturali); - Le esigenze dello sviluppo economico; - Le esigenze della salvaguardia ambientale e della tutela paesaggistica.
Area di studio di 347.733,3 mq (34,8 Ha), appartenente ad una zona rurale caratterizzata dalla vicinanza con il centro cittadino
Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
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Definizione di progetto
Progetto edilizio e progetto urbanistico: differenze
Il termine progetto ha un significato molto ampio e definisce svariati concetti. Le varie connotazioni di significato hanno in comune alcune nozioni molto generali, che lo distinguono da sogni, velleità, ipotesi.
I concetti generali che sono alla base del termine nei due progetti hanno caratteristiche e valori diversi. Infatti le intenzioni del progetto edilizio sono prevalentemente motivate da interessi privati e se hanno rilevanza pubblica (scuole, ospedali, etc,) rispondono ad attenzioni settoriali e specialistiche.
Esso infatti: 1. richiede intenzione e volontà, poichè è finalizzato al raggiungimento di obiettivi;
Le intenzioni del progetto urbanistico sono, invece, prevalentemente giustificate da interressi pubblici e/o collettivi e mediano tra interessi anche molto diversi che possono essere conflittuali. Inoltre le traiettorie di futuro del progetto edilizio hanno mediamente tempi più brevi di quelle del progetto urbanistico.
2. riguarda il futuro, poiché prevede cose e/o avvenimenti che ancora non ci sono o non si sono verificate; 3. tiene conto delle modalità secondo cui sarà realizzato (competenze tecniche e professionali);
che linguistico. Quindi la specificità disciplinare del progetto urbanistico è rintracciabile nella pertinenza ad operare sullo spazio della città, nella “cura della forma”. In particolare esso è uno strumento capace di articolare alle diverse scale e in tempi diversi sia gli aspetti spaziali, figurativi e formale che quelli sociali dell’intervento urbanistico mediante un “ asse morfologico” e un “asse del processo”, il primo riferito all’organizzazione dello spazio, il secondo alla capacità di trasformazione lungo il tempo.
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Per quanto riguarda le modalità di realizzazione il progetto architettonico richiede risorse più limitate rispetto a quello urbanistico. Infine possiamo dire che nel progetto edilizio sono coinvolti in larga misura soggetti privati e pubblici, mentre nel progetto urbanistico direttamente i soggetti pubblici. A queste differenze si aggiunge però una differenza peculiare, il fatto cioè che i progetti edilizi riguardano porzioni dello spazio urbano e territoriale maggiormente limitate di quelle che sono soggette ai progetti urbanistici.
4. considera i soggetti che saranno coinvolti nella sua realizzazione, poiché è comunque un atto sociale. Nelle varie forme sotto cui si manifesta, il progetto assume particolari aspetti e significati. È possibile distinguere il progetto edilizio ed architettonico, il quale si occupa del disegno dei nuovi interventi edilizi e del riuso dei fabbricati esistenti; ed il progetto urbanistico riguardante invece, le trasformazioni relative agli assetti fisici delle città e del territorio, le trasformazioni edilizie, infrastrutturali, dei suoli, delle acque e della vegetazione.
È necessaria, in realtà, la definizione di una pratica sperimentale che applichi tecniche e strumenti in grado di “vedere” la sostanza dei luoghi e che contempli la possibilità reale di una valorizzazione dello spazio attraverso azioni concrete oltre che mentali.
Quartiere popolare di Begato Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
In questa pratica si possono riconoscere le caratteristiche del progetto urbanistico intesa come disciplina di “mezzo” che colma il vuoto tra pianificazione e progetto edilizio. Il progetto è terreno comune a molte discipline ma è proprio delle discipline dell’architettura di dare ad esso un esito spaziale oltre C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Suddivisione dei progetti urbanistici I progetti dell’urbanistica sono di diverso tipo ed il loro numero è aumentato progressivamente nel tempo.
Linguaggio di rappresentazione Il progetto utilizza adeguati linguaggi convenzionali per anticipare e prefigurare gli stati futuri di edifici, città e territori. A differenza del progetto dell’edilizia, che comporta la simulazione di oggetti edilizi del tutto nuovi o la trasformazione di quelli già esistenti, utilizzando il linguaggio convenzionale della geometria descrittiva e delle proiezioni ortogonali alla scala 1/100, con dettagli in scala 1/10 ed inquadramenti nel contesto in scala 1/500, il progetto della città e del territorio richiede la simulazione della trasformazione degli assetti di ampi spazi territoriali ed urbani, utilizzando il linguaggio della rappresentazione degli usi dei suoli secondo le proiezioni ortogonali geografiche a scale diverse (per i diversi piani) che variano da 1/1000 a 1/25.000.
Possiamo distinguerli in: - progetti territoriali: riguardano l’intero territorio governato da una pubblica amministrazione (comunali o sovra-comunali) e possono essere progetti generali se comportano interventi di trasformazione multisettoriali e multi obiettivi e progetti di settore se comportano interventi di trasformazione settoriali e legati ad un obiettivo specifico; - progetti attuativi: riguardano una parte circoscritta del territorio comunale (infracomuali) e possono essere di diverso tipo in funzione degli obiettivi: di espansione, di recupero, di riqualificazione, etc. Essi disegnano le trasformazioni fisiche degli spazi urbani e territoriali, hanno valenza collettiva, dovrebbero tutelare gli interessi pubblici, garantire il benessere delle popolazioni e il soddisfacimento delle esigenze materiali ed immateriali attraverso il controllo dell’uso dello spazio e delle sue prestazioni.
La differenza dei linguaggi dipende da alcuni fattori discriminanti: - la dimensione delle aree interessate dal progetto : condiziona il dettaglio con cui rappresentare le trasformazione e di conseguenza il linguaggio grafico per rappresentare lo spazio interessato; - i soggetti coinvolti nella realizzazione del progetto : influenzano la necessità di catalizzare contemporaneamente le volontà di molti soggetti, pubblici e privati, nella realizzazione del progetto e di conseguenza il linguaggio degli apparati regolativi-normativi; - i processi attraverso cui è realizzato il progetto: condiziona la possibilità di coordinare molteplici interventi distribuiti nel tempo e le modalità della gestione da parte delle pubbliche amministrazioni.
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Definisce l’organizzazione e la forma degli spazi urbani e territoriali
La loro attuazione richiede del tempo poiché non sono realizzati in un unico momento, ma secondo una sequenza di interventi conseguiti in tempi diversi, di cui coordinano e controllano la rispondenza al disegno generale. A tali fini si inquadrano in documenti più complessi: i piani che, assieme al disegno degli spazi di città e territori, definiscono anche gli aspetti giuridici, amministrativi e procedurali attraverso i quali sono definite le trasformazioni ammissibili e controllano la coerenza al disegno generale.
Progetto urbanistico
Ha intenzioni che traguardano obiettivi di interesse pubblico
È redatto da soggetti pubblici ed istituzionali, i quali si dividono ruoli e compiti (Governance)
Nucleo storico di Begato Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
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Inquadramento territoriale Il territorio europeo
Il territorio italiano
Il territorio provinciale genovese
Il bacino del torrente Polcevera (grigio) e la Media Val Polcevera (rosso)
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La Liguria: collegamento tra mar Mediterraneo ed Europa
Genova: smart city europea
Il bacino del torrente Polcevera
Il comparto paesaggistico-ambientale di progetto
Area di studio di 347.733,3 mq (34,8 Ha), appartenente ad una zona rurale caratterizzata dalla vicinanza con il centro cittadino
La “Diga” di Begato: quartiere periurbano popolare del 1980, edificato seguendo il D.L. 167
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Nucleo storico di Begato, il paese “vecchio” con caratteristiche extraurbane
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Sezioni significative e considerazioni idrogeologiche 259 m B
B
200 m 150 m
112 m B’
A’ A Sezione trasversale in scala 1:100 B’
Dati acquisiti dalla sezione:
Ortofoto in scala 1:200 263 m
150 m
175 m
200 m
A’
• • • • •
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distanza reale: 497 km quota minima: 112 m s.l.m. quota massima: 259 m s.l.m. pendenza massima: 30,9 % pendenza media: 30,6 %
A
Sezione longitudinale in scala 1:200 Dati acquisiti dalla sezione: • • • • •
distanza reale: 1,30 km quota minima: 130 m s.l.m. quota massima: 263 m s.l.m. pendenza massima: 27,2 % pendenza media: 13,8 %
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Immagine panoramica dell’area di studio
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Sopralluogo e fotografia = strumenti di conoscenza
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La “Diga” di Begato
Abbandono e dissesti idrogeologici
Ortofoto in scala 1:200
Domanda agricola nei pressi delle case popolari Nucleo storico di Begato
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Caratteri e ambiguità dei diversi contesti
Elementi significativi rilevanti
La “Diga” di Begato: quartiere popolare ad alta densità edilizia
Domanda agricola
Richiesta di orti urbani Durante il sopralluogo sono stati rilevati, 4nelle aree limitrofe al quartiere popolare, degli orti e dei piccoli appezzamenti coltivati in condizioni inadatte dovute a una morfologia del territorio molto acclive, dalla mancanza di spazi riservati al ricovero degli attrezzi, da una viabilità pressoché pedonale e da una mancanza di conoscenza, da parte dei cittadini, di come svolgere le attività agrarie. Abbandono delle aree agricole storiche
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Nucleo storico di Begato: gli antichi “saperi” contadini
Dissesto idrogeologico
Viabilità locale carrabile e pedonale insufficiente e non mantenuta
Abbandono
Dalle fotografie scattate durante il rilievo è messo in evidenza come nell’antico nucleo di Begato alcune aree agricole non sono più utilizzate. Questo fenomeno provoca una mancanza di mantenimento dei terrazzi e del territorio che provoca l’aumento del rischio idrogeologico.
Viabilità insufficiente e abbandono Dall’indagine fotografica emerge un intesivo abbandono del territorio denotato da rifiuti di ogni genere lasciati sul ciglio della strada. Questo fenomeno è dovuto alla mancanza di aree adibite alla raccolta dei rifiuti e alla difficoltà che riscontrano i cittadini al percorrere le strade strette con mezzi abbastanza grandi per portare i rifiuti nelle apposite aree vicine al centro urbano.
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La Governance nella pianificazione del territorio Il termine governance definisce l’organizzazione che una qualsiasi struttura, pubblica o di impresa si è data per raggiungere scopi ed obiettivi che le sono pertinenti. in questo caso lo scopo è la difesa del suolo secondo la Pianificazione di Paesaggio e di Bacino. Fissato l’obbiettivo, vengono poi distribuite le responsabilità, i ruoli e le competenze ai diversi soggetti interessati. Nel caso del progetto urbanistico il termine governance riguarda l’organizzazione complessiva delle relazioni tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati, che consentono di perseguire determinati obiettivi di governo e controllo delle trasformazioni territoriali. Per organizzazione si intende: l’insieme delle competenze, dei ruoli e degli strumenti.
Nel caso invece del progetto di territorio la governance riguarda le pubbliche amministrazioni ed i soggetti privati, i quali con le loro azioni compiono trasformazioni fisiche del territorio. Le diverse strutture della governance hanno in comune un obiettivo : organizzare e coordinare quelle politiche finalizzate al governo del territorio.
Società
Privati
Associazioni di cittadini
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Ciascuna struttura : - assume competenze e ruoli; - gestisce particolari strumenti; - esercita azioni per il raggiungimento dei suoi obbiettivi.
Singoli cittadini
Come si esercita la Governance
Stato attraverso i Ministeri
Province
Regioni
Pubbliche amministrazioni
Autorità di Bacino
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Enti Parco
Comuni
1. Le Regioni recepiscono le indicazioni delle leggi nazionali con proprie leggi regionali in cui definiscono con maggior dettaglio gli strumenti urbanistici di governo del territorio, redigono i piani urbanistici alla scala regionale, approvano gli strumenti urbanistici redatti dagli enti subordinati; 2. Le Province, danno attuazione alle leggi regionali in materia di governo del territorio per le competenze ed i ruoli loro assegnati dalle leggi statali e regionali, redigono i Piani Territoriali Provinciali; 3. I Comuni redigono i Piani Urbanistici Comunali ed i Piani Attuativi, danno le concessioni agli interventi singoli ed ai piani attuativi; 4. Società, enti, associazioni di privati e singoli privati redigono i progetti di trasformazione di singoli edifici od attuativi che sottopongono ad approvazione da parte degli enti pubblici competenti.
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Pianificazione di bacino Premessa L’uso dello spazio fisico terrestre e il governo dei processi di occupazione e di trasformazione del suolo hanno ubbidito a tendenze economiche diverse (e a pressioni settoriali o corporative specifiche) o ,più raramente, a esigenze di difesa. Questo uso e questo governo sono strettamente legati al ciclo dell’acqua, da quello meteorico a quello superficiale ( prima di scorrimento e poi fluviale, lacustre e marittimo), o a quello sotterraneo. Il rapporto acqua terra, nella sua componente principale di erosione/sedimentazione, e in altre più dirette, è anche alla base dell’evoluzione stessa più recente della superficie terrestre (geomorfologica); ma è anche alla base dell’uso umano “della natura” (la realtà fisica), così come si è sviluppato nell’agricoltura, nell’urbanistica, nei trasporti, nell’industria: del quale uso è fatta tutta la storia umana. In epoche storiche, il consumo di spazio fisico e di acqua da parte delle attività umane era così limitato da lasciare ai cicli idrologici e all’evoluzione geomorfologica una sostanziale continuità; di recente questo consumo è diventato così grande in senso sia assoluto sia relativo da bloccare completamente tutti i fenomeni cosiddetti “naturali” e da metterne in moto altri di enorme peso. Già sul finire di questo processo di trasformazione sono state diffuse in Italia le conoscenze, le misure e gli strumenti, alcuni già in uso altrove da una settantina d’anni, di analisi e di governo dei fenomeni suddetti.
idrografico: quel territorio cioè le cui acque confluiscono a uno stesso fiume; “Autorità di Bacino” sono stati chiamati gli organismi sovra regionali di coordinamento di questo governo, in pratica delle misure e delle opere di difesa idraulica e geomorfologica da un lato, e degli strumenti pianificatori di allocazione della risorsa d’acqua e di terra dall’altro. Il modo di tradurre in pratica tutte queste conoscenze, queste volontà di governo e queste decisioni d’uso delle risorse è il Piano di Bacino, uno strumento complesso e di portata quasi illimitata di analisi e di programma. La sua portata effettiva finale è quindi dibattuta e discutibile: se essa deve assumere una “cogenza” vincolante su tutti i problemi, o se deve limitarsi a indicazioni di indirizzo. Il caso italiano pende ormai chiaramente verso la prima accezione: e, d’altra parte, ci si trova in una realtà economica dove tutti gli usi del territorio e dell’acqua sono pesantemente incentivati dall’intervento pubblico, e quindi totalmente sottratti a una qualunque dinamica o conflittualità di “libero mercato”.
Nella coscienza ormai diffusa dell’interdipendenza dei due usi e dei due governi (dell’acqua e della terra) questi strumenti sono concretamente pensati a scala di bacino Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
La difesa del suolo
Il risanamento delle acque Scopo: Pianificazione di Bacino La gestione del patrimonio idrico per gli usi economici e sociali
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La tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi
La pianificazione di bacino La pianificazione di bacino è sancita dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, che ha, tra le altre, la finalità di assicurare la difesa del suolo e la tutela degli aspetti ambientali assumendo il “bacino idrografico” come ambito territoriale di riferimento. Alle Autorità di bacino è attribuito il compito di pianificazione e di programmazione al fine di fornire uno strumento, il Piano di bacino, per il governo unitario del bacino idrografico. I Piani di bacino sono dunque documenti tecnico-normativi che orientano le politiche e le decisioni in termini di pianificazione su diverse tematiche, quali l’assetto idrogeologico e la rete idrografica, la tutela della qualità dei corpi idrici, l’uso razionale delle risorse idriche e la regolamentazione dell’uso del territorio. Nello specifico, essi, oltre ad informazioni di
tipo specialistico, possiedono un importante valore legislativo in quanto prevalenti su altri livelli di pianificazione. I Piani di bacino sono destinati a tutti i soggetti, sia pubblici (Regione, Provincia, Autorità di Bacino, Enti locali) che privati ( Operatori economici, Imprenditori, Cittadini ). Il Piano di Bacino definisce le politiche di intervento sul territorio, per la sistemazione organica dell’intero Bacino idrografico, integrando i temi legati ai fenomeni antropici e naturali. Permette inoltre di operare scelte di Pianificazione secondo strategie intese ad una globale politica di gestione del territorio. Il PdB è suddiviso in Fascicoli, contenenti testi generali sul territorio e le sue problematiche, ed Allegati, che contengono principalmente la Cartografia ed i risultati delle varie verifiche effettuate.
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Pianificazione di bacino - Scheda tecnico normativa Introduzione: leggi e documenti Al grave problema della difesa del suolo, si è voluta dare una risposta definendo con la legge n.183 del 1989, Norme per il riassetto organizzativo funzionale della difesa del suolo , gli scopi /soggetti / strumenti e modalità di azione della Pubblica Amministrazione.
Quadro generale normativo Anche il decreto legislativo 152 del 2006, che riunisce le norme in materia ambientale , ribadisce e conferma il valore e le finalità dei Piani di Bacino anche in relazione alla possibilità di elaborare e approvare gli stessi per stralci sia tematici sia cartografici.
Con questa legge la Difesa del suolo si attua nel Bacino idrografico inteso come ecosistema unitario. Lo strumento attraverso il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso per la conservazione e valorizzazione del suolo sono il Piano di Bacino; le Autorità di Bacino è l’organo che opera in conformità agli obbiettivi di questa legge.
- DL 30 dicembre 1923 N. 3267 Riordino dei boschi e dei terreni montani Vincolo idrogeologico - L. 18 maggio 1989 N. 183 Difesa del suolo - Piani di bacino - LR 28 gennaio 1993 N.9 Organizzazione regionale della difesa del suolo Piani di bacino
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- DL 11 GIUGNO 1998 n. 180 Prevenzione del rischio idrogeologico Piano di bacino e rischio idrogeologico - Deliberazioni della Giunta regionale n° 1277-1999 e n°1411-1999 Relative all’approvazione, ai sensi del DL 180-1998, del piano straordinario volto alla mitigazione del rischio
Il PdB configurato con questa legge è uno strumento complesso ed esteso, così con la legge n.493 del 1993 è stata stabilita la possibilità di redigere e approvare piani per sottobacini o piani stralci relativi a settori funzionali. Essi devono costituire in ogni caso le diverse fasi rispetto alle previsioni del Piano definite dalla legge precedente.
- D.lgs. 152 - 3 aprile 2006 E D.lgs. 4 - 16 gennaio 2008 Norme in materia ambientale Valutazione Ambientale Strategica
In nome dell’urgenza di fronteggiare il rischio a cui fu esposto gran parte del Paese, fu emanato un provvedimento noto come decreto legge 180 del 1998, convertito in legge n. 267 del 1998, Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico e a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania. Lo scopo di questa norma era quello di dare una accelerazione agli adempimenti della legge 183 attraverso l’adozione in tempi brevi di Piani di Bacino stralcio che contengano in particolare l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e le relative misure di salvaguardia.
Stralcio carta dei regimi normativi del PdB del torrente Polcevera
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Leggi sulla pianificazione di bacino L.183 / 1989 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della Difesa del Suolo Emanata a causa della difficile morfologia del territorio ed a seguito delle ricor¬renti catastrofi idrogeologiche FINALITA’ E SCOPO: Difesa del suolo, risanamento e gestione delle acque, oltre alla tutela degli aspetti ad essi connessi ed i loro patrimoni. Obbligo delle regioni di redigere i Piani di Bacino. STRUMENTI E MODALITA’ DI INTERVENTO: questa legge introduce il Vincolo idrogeologico ( già accennato nella legisla¬zione del 1923) ed il Piano di Bacino (piano territoriale di settore mediante il quale sono programmate e pianificate le norme che regolano le azioni sull’uso del suolo). OGGETTO DI TUTELA: Il suolo, le acque ed i patrimoni ad essi connessi. SOGGETTI RESPONSABILI: Autorità di bacino appositamente istituite e le Regioni. Come fare il Piano di Bacino Il soggetto del PdB è il Bacino Idrografico , i cui criteri per definirlo sono di natura fisiografica e morfologica. Il territorio nazionale è suddiviso in Bacini idrografici di rilievo nazionale, interre¬gionale e regionale. Mentre i primi due sono delimitati dallo Stato, i cui piani sono redatti da Autorità di Bacino appositamente istituite, mentre il terzo è delimitato dalle Regioni e redatto dalle stesse.
Il Pdb è immediatamente vincolante per amministrazioni ed enti pubblici e privati. Sono piani sovra-ordinati rispetto agli strumenti urbanistici. Il piano è composto da un: Quadro conoscitivo generale che riguarda il sistema fisico, le situazioni di degrado e le cause relative, gli usi dei suoli previsti dagli strumenti urbanistici , i vincoli idrogeologici ed i vincoli paesaggistici; Quadro normativo con indicazioni su cosa si può fare o meno e indicando aree sottoposte a vincoli; Interventi ed opere. D.L 180 / 1998 Misure urgenti per la prevenzione del rischio idro¬geologico A causa della frana catastrofica che si verificò a Sarno, nella Regione Campania nel 1997, fu emanato questo Decreto Legge che integra e modifica la legge 183 del 1989 su alcuni aspetti della pianificazione di bacino. FINALITA’ E SCOPO: Difesa del suolo, risanamento e gestione delle acque, oltre alla tutela degli aspetti ad essi connessi ed i loro patrimoni. STRUMENTI E MODALITA’ DI INTERVENTO: Questo decreto impone alle Autorità di bacino ed alle Regioni l’obbligo di adot¬tare, in regime di urgenza straordinaria, piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico. Il Piano stralcio contiene: la definizione di rischio idrogeologico, la determinazione delle classi di rischio, la definizione degli elementi a rischio, gli indirizzi normativi per le differenti zone a rischio. Obbliga inoltre l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeo¬logico, suddiviso in rischio idraulico e rischio di fra-
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na/valanga. Il rischio totale è il prodotto di tre fattori : Pericolosità - Elementi a rischio - Vulnerabilità. OGGETTO DI TUTELA : Il suolo, le acque ed i patrimoni ad essi connessi. SOGGETTI RESPONSABILI: Autorità di Bacino e Regioni. Come fare il Piano di Bacino Sulla struttura del PdB si fa riferimento alle indicazioni definite dalla legge 183 del 1989, ma con questo decreto legislativo si obbligano i vari PdB ad avere al loro interno una sezione interamente dedicata alla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, individuate unendo i fattori di pericolosità / vulnerabi¬lità / elementi a rischio. Si arriva così ad una suddivisione in classi di Rischio crescente : Rischio moderato, medio, elevato ed infine molto elevato. L.R 9 / 1993 Organizzazione regionale della difesa del suolo In applicazione della L. 183 del 1989 FINALITA’ E SCOPO Ha lo scopo di assicurare la difesa del suolo la tutela dei corpi idrici, il risana¬mento e la conservazione delle acque la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale assetto economico e sociale nonché’ la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi. STRUMENTI E MODALITA’ DI INTERVENTO Le attività si suddividono in : Le attività programmatorie consistono nella individuazione di criteri per la formazione il coordinamento e la verifica di efficacia dei piani di bacino idrogra¬fici. Le attività di pianificazione riguardano la compilazione e l‘aggiornamento dei piani di bacino idrografico, le attività estrattive negli
alvei delle acque pubbliche al fine di prevenire il dissesto del territorio inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste e la scomparsa dei biotopi tipici delle zone umide, il riordino del vincolo idrogeologico. Le attività attuative curano in particolare le opere a difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi e altri fenomeni di dissesto, le opere idrauliche per la sistemazione e la regolazione dei corsi d’ acqua. OGGETTO DI TUTELA I corpi idrici , le acque di fruizione ed il patrimonio idrico.
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SOGGETTI RESPONSABILI : La Regione e le Autorità di Bacino di rilievo interregionale e regionale che svol¬gono opportune azioni di carattere conoscitivo di programmazione e pianifica¬zione degli interventi per la la regolazione delle dinamiche naturali ed antropiche proprie dei suoli ed alla salvaguardia delle qualità ecologiche paesaggistiche e culturali nonché’ delle capacità di autodepurazione dei corpi idrici. Come fare il Piano di Bacino Il Pdb deve contenere il quadro conoscitivo aggiornato secondo il sistema fisico del luogo, deve individuare le aree da sottoporre a vincolo e quelle in situazione di degrado. Esso deve inoltre illustrare le direttive per una corretta pianificazione del territorio e le indicazioni delle opere necessarie per la difesa del suolo e la sistemazione delle acque; devono essere presenti le aree sottoposte a vincolo e le indica¬zioni su come e se si potesse andare ad intervenire. Nel Pdb devono essere infine presenti le programmazioni per una corretta utilizzazione delle acque e delle altre risorse, allegate ad uno studi sull’impatto ambientale. ( tutto in riferimento alla struttura del PdB definita dalla legge 183 del 1989).
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Leggi sulla pianificazione di bacino Quadro generale di riferimento Al problema nazionale della difesa del suolo si è data una risposta razionale e organica definendo, con la legge n.183 del 18 maggio 1989, Norme per il riassetto organizzativo funzionale della difesa del suolo. Attraverso i concetti innovativi introdotti da tale norma, la difesa del suolo si attua nel bacino idrografico inteso come ecosistema unitario; lo strumento attraverso il quale sono “pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utiliz¬zazione delle acque” è il Piano di bacino e l’Autorità di bacino è l’organo che opera. Il Piano di bacino è uno strumento complesso ed esteso; è stata stabilita succes¬sivamente con la legge del 4 dicembre 1993 n.493 la possibilità di redigere e approvare piani per sottobacini o stralci relativi a settori funzionali. In nome dell’urgenza di fronteggiare il rischio a cui è esposto gran parte del Paese è stato emanato un provvedimento: decreto legge 180/98 convertito, con modificazioni, nella legge n.267 del 3 agosto 1998 “Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico e a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania“. Tale norma vuole dare una accelerazione agli adempimenti della legge 183/89 attraverso l’adozione in tempi brevi di Piani di bacino stralcio che contengano in particolare l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e le relative misure di salvaguardia. La Regione Liguria, prima in Italia, ha emanato una norma in applicazione alla legge nazionale, nota come Legge n° 9 del 1993
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Organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della legge 183 del 1989. In applicazione di questa legge, l’attività di pianificazione di bacino nell’ ambito del territorio ligure, si sviluppa su tre livelli: - Autorità di bacino di Rilievo Regionale , per i bacini scolanti nel versante ligure; - Autorità di bacino di Rilievo Interregionale , per la porzione di territorio regionale relativa al fiume Magra; - Autorità di bacino di Rilievo Nazionale , per la porzione di territorio regionale scolante nel bacino fiume Po’.
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Per l’elaborazione del PdB viene seguito il documento “Criteri per l’elaborazione dei Piani di Bacino“ ( approvata nel 1994 ) a cui sono state integrate varie raccomandazioni relative alle varie problematiche riscontrate nella creazione dei vari PdB. Il piano di Bacino divide il territorio analizzato in diverse zone che corrispon¬dono alle diverse categorie morfologiche a diverso grado di urbanizzazione: - Versanti, insediato, non insediato; - Fondovalle, insediato, non insediato - ed a diverse condizioni di pericolosità: Aree inondabili Aree in frana Vengono illustrate varie carte che descrivono il territorio a seconda dei diversi tematismi (Uso del suolo, Rischio idrogeologico ecc..) ma la Carta più impor¬tante per la pianificazione di territorio è la Tavola della zonizzazione, definita carta dei regimi normativi che fa riferimento all’allegato delle Norme tecniche di attuazione.
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Territorio rurale dell’area di studio C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Pianificazione di bacino in Liguria TIPOLOGIE DI AREE ED ELEMENTI A RISCHIO Si tratta di elementi essenziali della conoscenza del territorio e delle sue criticità: da un lato gli interventi puntuali o di area da effettuarsi per ridurre i fattori di rischio e dall’altro le azioni di più ampio raggio che devono essere intraprese per assicurare nel tempo le migliori condizioni di salvaguardia del territorio a fronte dell’esigenza di utilizzazione e di insediamento sostenibile nello stesso. Per la definizione di una normativa efficace è necessario individuare gli ambiti, o porzioni di territorio, definiti sulla base dei livelli di rischio o della suscettività al dissesto; ciò è indispensabile per giungere ad un’interazione tra processi naturali e processi antropici considerando anche la vulnerabilità. Per completare la base di conoscenze si è rappresentato il paesaggio connotandolo ed articolandolo in diverse unità: sistemi di relazioni che consentono di individuare un insieme di elementi discreti distribuiti in maniera discontinua nello spazio territoriale (zone omogenee). Le zone omogenee possono quindi essere così tracciate: Versanti non insediati; Versanti insediati; Ambiti di fondovalle non insediati; Ambiti di fondovalle insediati; Ambiti di fondovalle e di versante urbano; Aree di cava. Al fine dell’identificazione delle zone omogenee è possibile applicare le seguenti definizioni: - VNI - “versanti montani non insediati”: si tratta di quelle parti di territorio che si presentano allo stato sostanzialmente naturale, ove non sono presenti apprezzabili forme d’insediamento;
- VI – “versanti insediati”: porzioni di territorio nelle quali si rileva un’organizzazione della vita associata. È il minimo modulo territoriale: minima entità rappresentativa del paesaggio. Nel VI i rapporti tra insediamento, percorsi di appoderamento, produzione ed assetto dei suoli e regime fondiario sono strettamente legati da relazioni dirette e ne rappresentano gli elementi costitutivi.
principio di sostenibilità che sono emersi dagli Studi propedeutici e dalla loro elaborazione in Piano di Bacino stralcio. Una delle finalità del Piano di bacino è dunque, quella di ridurre le condizioni di rischio ed orientare gli usi del suolo verso forme che assicurino un equilibrio idro - geo - morfologico compatibile. Pertanto i regimi normativi vengono definiti in questo modo:
- FNI - “ambiti di fondovalle non insediati”: si tratta di quelle parti di territorio site nel fondovalle ove non sono presenti forme apprezzabili di insediamento; - FI - “ambiti di fondovalle insediati”: si tratta di quelle parti di territorio site nel fondovalle ove sono presenti, con diversi gradi di intensità, forme apprezzabili di insediamento e delle relative infrastrutture; - FVU - “ambiti di fondovalle e di versante urbano”: si tratta delle parti di territorio ormai definitivamente inglobate nella struttura urbana; in esse sono quindi comprese le aree golenali ed i versanti anche di forte acclività ove non sono presenti spazi di discontinuità nella struttura insediativa; - CV - “aree di cava”: si tratta di quelle parti di territorio destinate ad attività estrattive che hanno pesanti sviluppi sull’ambiente circostante e che devono essere salvaguardate per consentire di continuare l’attività estrattiva oppure che possono essere restituite ad un utilizzo diverso da quello sino ad oggi attuato o per le quali può essere riconfermato l’utilizzo attuale a seguito di specifici interventi di recupero.
1. il regime di mantenimento il quale viene applicato:
REGIMI NORMATIVI I regimi normativi stabiliscono l’ampiezza delle modificazioni, che possono o debbono essere apportate rispetto allo stato attuale del territorio, tenendo conto dei profili di criticità e di positività, nonché del più generale
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- alle forme di utilizzo e di insediamento in atto nelle quali non si può alterare nessuno dei fattori naturali presenti quando essi sono di livello ottimale; - al territorio ove l’equilibrio dei fattori idraulici, idro-geo-morfologici e vegetazionali, singolarmente, per parti o complessivamente, ha raggiunto una condizione accettabile, ma non presenta significativi margini di sicurezza per cui deve essere conservato l’equilibrio raggiunto in quanto condizione irrinunciabile per la salvaguardia del territorio medesimo; - a scala molto localizzata, ove le condizioni di stabilità generale dei versanti sono ormai oltre il limite per la presenza di frane superficiali o profonde o la vegetazione si presenta in forte disequilibrio con l’ambiente circostante, cosicché occorre intervenire con opere adeguate per ripristinare l’equilibrio generale del territorio. 2. il regime di modificabilità il quale viene applicato: - al territorio ove siano presenti agglomerati insediativi, più o meno concentrati, nei quali i fattori naturali abbiano raggiunto mediamente una condizione d'equilibrio con l'ambiente circostante;
- Si può modificare l’assetto attuale, anche insediativo, a condizione che siano osservate specifiche cautele indicate dal Piano; - E' ammissibile intervenire sul territorio e sul patrimonio edilizio esistente, risolvendo, ove presenti, gli eventuali problemi puntuali; - Nelle aree localizzate classificate ad alto e molto alto rischio sono consentiti prevalentemente gli interventi tesi a ridurre le condizioni di vulnerabilità.
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3. il regime di trasformazione il quale viene applicato: - nei territori ove è necessario intervenire in modo sostanziale sull’attuale assetto esistente, ivi compreso quello insediativo, per ricondurre la situazione a condizioni di rischio accettabile mediante la realizzazione di opere di difesa del suolo, ove possibile la rinaturalizzazione dell'ambiente, nonché azioni diverse comportanti anche la delocalizzazione di manufatti ed attività; - Si applica ad aree prevalentemente urbane ed a quelle classificate come inondabili dal presente Piano; - Sono ammissibili interventi di trasformazione strettamente collegati ad opere di carattere strutturale, anche di vasto respiro, finalizzate alla riduzione delle portate ed all’adeguamento delle sezioni idrauliche minimali, alla bonifica delle aree di dissesto ed al recupero del degrado ambientale del territorio. Per i regimi normativi del mantenimento, modificabilità e trasformazione sono fornite rispettive regole, cautele e condizioni per la disciplina degli usi e degli interventi sul territorio.
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Rischio idrogeologico CHE COSA È IL RISCHIO? In modo più generale, e secondo una concezione più moderna del termine, esso può essere inteso come "qualsiasi situazione di squilibrio o di equilibrio instabile del suolo, del sottosuolo o di entrambi", ovvero "l'insieme di quei fenomeni connessi al rovinoso defluire delle acque libere in superficie e all'interno del suolo, producendo effetti che possono portare alla perdita di vite umane, ad alterazioni delle attività e delle opere dell'uomo e dell'ambiente fisico". I fenomeni di dissesto idrogeologico sono fenomeni naturali che possono avvenire per cause strutturali (geomorfologiche) oppure per cause occasionali, che determinano in un dato momento l'alterazione degli equilibri esistenti. L'antropizzazione e la costruzione di nuove infrastrutture oltre a mutare l'assetto del territorio, accrescendo la possibilità che si verifichino dissesti, hanno determinato una maggiore esposizione di persone e beni al rischio idrogeologico. Esso si manifesta in maniera differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio nelle zone montane, esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura. Pertanto, il concetto di rischio inteso come rischio totale è basato sulla combinazione di più fattori di natura tecnica (nel caso specifico idraulica e idrogeologica), ma anche socioeconomica. La sua espressione viene definita secondo tale formula: R=HxExV
dove: H: pericolosità, intesa come la probabilità che si realizzino le condizioni di accadimento dell’evento calamitoso in dato intervallo di tempo (periodo di ritorno); E: valore degli elementi a rischio, intesi come persone e beni;
V: vulnerabilità, intesa come la capacità degli elementi a rischio a resistere all’evento in considerazione. Inoltre essa dipende anche dall’intensità dell’evento stesso. L’individuazione delle aree a rischio idrogeologico, costituito dal rischio idraulico e dal rischio geomorfologico, che porta alla redazione della carta del rischio idrogeologico, è un’elaborazione prevista nella pianificazione di bacino stralcio dell’Autorità di bacino regionale già in atto, ma anche esplicitamente richiesta dall”Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180/98”, pubblicato sulla G.U. del 5.1.1999. I diversi gradi di rischio si determinano attraverso una matrice nella quale vengono posti in relazione le classi di pericolosità (idraulica e geomorfologica) con le classi degli elementi a rischio. Da tale intersezione, si ottengono:
colosità ambientale. H (pericolosità) è insita nelle caratteristiche geologiche del luogo, per cui difficilmente è eliminabile, si può ridurre solo in taluni casi. Occorre, quindi, agire meglio su V (vulnerabilità). In definitiva il rischio idrogeologico comprende due categorie principali:
Rischio idrogeologico
rischio da alluvione (rischio idraulico)
rischio frana (rischio geomorfologico)
RISCHIO IDRAULICO Esso comprende le esondazioni, che si verificano quando un corso d'acqua, arricchitosi con una portata superiore a quella normalmente contenuta in alveo, supera o rompe gli argini e invade il territorio circostante, arrecando danni alle infrastrutture presenti, quali edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, o alle zone agricole. Al termine “rischio” è unicamente ed implicitamente associata la ricorrenza dell’evento. Riportiamo di seguito, in via indicativa, i tempi di ritorno delle portate di piena al di sopra delle quali si verifica l’esondazione, classificandoli in:
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1a - aree ad alta probabilità di inondazione (tempo di ritorno 25-50 anni); 1b - aree a moderata probabilità di inondazione (tempo di ritorno100-200 anni); 1c - aree a bassa probabilità di inondazione (tempo di ritorno 300-500 anni).
- R1: rischio moderato - danni sociali ed economici marginali; - R2: rischio medio - danni minori agli edifici ed alle infrastrutture, che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici, la funzionalità delle attività economiche; - R3: rischio elevato - problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture che ne pregiudicano l’agibilità, interruzione delle attività socioeconomiche; - R4: rischio molto elevato - perdita di vite umane, lesioni gravi alle persone,danni gravi ad edifici ed infrastrutture, distruzione di attività socioeconomiche. Il rischio ambientale può essere mitigato attraverso strategie di prevenzione, con azioni mirate alla riduzione della vulnerabilità, e coerenti ai progressi delle ricerche sulla peri-
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Fenomeno franoso presente nell’area di studio C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Rischio idrogeologico RISCHIO IDRAULICO Esso comprende le esondazioni, che si verificano quando un corso d'acqua, arricchitosi con una portata superiore a quella normalmente contenuta in alveo, supera o rompe gli argini e invade il territorio circostante, arrecando danni alle infrastrutture presenti, quali edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, o alle zone agricole. Al termine “rischio” è unicamente ed implicitamente associata la ricorrenza dell’evento. Riportiamo di seguito, in via indicativa, i tempi di ritorno delle portate di piena al di sopra delle quali si verifica l’esondazione, classificandoli in: 1a - aree ad alta probabilità di inondazione (tempo di ritorno 25-50 anni); 1b - aree a moderata probabilità di inondazione (tempo di ritorno100-200 anni); 1c - aree a bassa probabilità di inondazione (tempo di ritorno 300-500 anni). Definizione degli elementi a rischio - Gli agglomerati urbani, comprese le zone di espansione urbanistica; - Le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio; - Le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale; - I beni ambientai e culturali di interesse rilevante; - Le aree sede di sevizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.
MISURE DI SALVAGUARDIA PER IL RISCHIO IDRAULICO a1. Aree a rischio molto elevato Sono consentiti: - Interventi idraulici per la messa in sicurezza; - Interventi edilizi di: demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo (art.31 L457-1978), mitigazione della vulnerabilità degli edifici senza aumento di superficie e di volume; - Manutenzione, ampliamento, ristrutturazione e realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici essenziali e non delocalizzabili, purché non incrementino il carico insediativo;
RISCHIO GEOMORFOLOGICO Il rischio geomorfologico si manifesta prevalentemente tramite eventi franosi e tramite l'erosione, causata da diversi fenomeni naturali, dei versanti. Questi fenomeni determinano dissesti di varia tipologia: frane di crollo dovute a particolari situazioni di fragilità strutturale e tettonica degli ammassi rocciosi su pendii acclivi, colate detritiche improvvise e veloci, deformazioni gravitative profonde di versante o colamenti lenti e continui nel tempo.
a2 Aree a elevato rischio Sono consentiti: - Interventi edilizi fino alla ristrutturazione edilizia (art. 31 l457-1978), purchè non aumentino il livello di rischio, non ostacolino capacità di invaso, le superfici abitative o per attività economicamente rilevanti siano realizzate a quote compatibili con le piene di riferimento - Interventi di ampliamento degli edifici esistenti per motivi di adeguamento igienicosanitario (corredati di studio di compatibilità idraulica) - Manufatti, che no siano volumi edilizi (corredati da studio di compatibilità idraulica)
MISURE DI SALVAGUARDIA PER IL RISCHIO DI FRANA a.1 Aree a rischio molto elevato Sono consentiti: - Opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi; - Interventi di demolizione senza ricostruzione; - Interventi di manutenzione ordinaria degli edifici (art.31 L 457-1978); - Interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di pubblico interesse; - Interventi per ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti senza aumenti di superficie e volume o cambio di destinazione d’uso che aumenti il carico urbanistico.
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a.2 Aree a elevato rischio Sono consentiti: - Interventi fio alla manutenzione straordinaria e risanamento conservativo (art.31 L 4571978) senza aumento di superfici e volumi; - Interventi per mitigare la vulnerabilità degli edifici, senza aumento di superfici e volumi; - Interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-sanitario.
Fenomeno franoso presente Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
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Regimi normativi del PdB Legenda dei regimi del PdB riscontrati nell’area di studio Area ad alta suscettività al dissesto
Versante insediato MA
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Zoom sull’area di studio (scala 1:200) - regimi normativi del PdB - base CTR
Estratto cartografico del Piano di Bacino del torrente Polcevera
Zoom sull’area di studio - regimi normativi del PdB - ortofoto 3D
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Regimi normativi del PdB presenti nell’area di studio Art. 18 Disciplina dell’assetto idrogeologico del territorio - versanti insediati (VI) 1. L’area omogenea dei versanti insediati (VI) è disciplinata dai regimi normativi del mantenimento (MA) e della modificabilità (MO). 2. Nell’area omogenea dei versanti insediati, le aree VI-MA, sono soggette al regime di mantenimento e sottoposte alle seguenti norme nelle quali vengono specificati gli interventi non compatibili. Le norme inerenti il suolo naturale prevalgono rispetto a quelle inerenti la viabilità, l’insediamento, la copertura vegetale, le risorse idriche e la rete idrografica. a) NORME INERENTI IL SUOLO NATURALE a1) interventi che richiedono sbancamenti e riporti che modificano negativamente la configurazione morfologica esistente, compromettendo la stabilità dei versanti ed incidono sul territorio producendone l’erosione, il dilavamento e/o l’impermeabilizzazione non coerente rispetto ai parametri riportati ai punti c1a e c2a, , fatta eccezione per le serre a tunnel; a2) attività estrattive; a3) discariche nelle zone ad alta suscettività al dissesto ed in quelle di frana attiva riportate nella Tav. 19 a4) interventi di qualunque tipo nelle aree ad alta suscettività al dissesto e in quelle in frana attiva riportate nella Tav. 19, o nelle aree a franosità diffusa e nelle frane stabilizzate riportate nella tav. 7, se non a seguito di approfondite indagini specifiche di dettaglio.
b) NORME INERENTI LA VIABILITÀ: b1) apertura di nuove strade ad eccezione delle viabilità di tipo forestale, delle strade poderali ed interpoderali a servizio dei fondi e delle piste per gli interventi di consolidamento di frane e per le sistemazioni idrogeologiche ed idrauliche e fatta altresì eccezione per la viabilità, anche nelle zone ad alta suscettività al dissesto e in quelle in frana attiva individuate nella Tav. 19, qualora questa sia tesa a collegare nuclei abitati non serviti o a migliorare la mobilità all’interno degli stessi, finalizzata esclusivamente al servizio dei residenti e per una larghezza non superiore a metri 3, comunque supportata da adeguate indagini e con la realizzazione di tutte le opere che salvaguardino la stabilità del versante. c) NORME INERENTI L'INSEDIAMENTO: - Nelle aree ricadenti in frana attiva, non sono compatibili: - gli interventi di nuova edificazione; - gli interventi eccedenti la manutenzione straordinaria, come definita dalla lett. b), comma 1, dell’art. 31 della l. n. 457/78 salvi quelli di demolizione senza ricostruzione nonché quelli strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità delle opere esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, non comportanti peraltro aumenti di superficie e volume; Nelle aree ad alta suscettività al dissesto, non sono compatibili: c1a) nuove costruzioni ed interventi sul patrimonio edilizio esistente e sue pertinenze, con incremento dell'impermeabilizzazione complessiva superiore a due volte la superficie coperta ed, in ogni caso, al 10% della
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superficie fondiaria disponibile netta, dovendosi intendere per aree disponibili quelle in possesso del richiedente non ancora edificate o impermeabilizzate, sulle quali è previsto l’intervento di progetto, immediatamente prospicienti lo stesso, senza soluzioni di continuità e facenti parte dello stesso bacino idrografico, o se non realizzati alle condizioni di cui all'art. 9, comma 2, lett. B relativo ai sistemi di compensazione delle portate, fatta eccezione per dimostrati motivi di sicurezza o di tutela storico ambientale. Detti interventi sono subordinati, ove necessario, al consolidamento del versante e risanamento del manto vegetale; il soggetto attuatore è tenuto a sottoscrivere un atto liberatorio che escluda ogni responsabilità dell’amministrazione pubblica in ordine a eventuali futuri danni a cose e a persone comunque derivanti dalla criticità segnalata; c1b) la costruzione di nuove serre e la ristrutturazione e la ricostruzione di quelle esistenti ove sia previsto un incremento della impermeabilizzazione del suolo se non realizzate con le condizioni di cui all'art. 9, comma 2, lettera b relativo ai sistemi di compensazione delle portate; il soggetto attuatore è tenuto a sottoscrivere un atto liberatorio che escluda ogni responsabilità dell’amministrazione pubblica in ordine a eventuali futuri danni a cose e a persone comunque derivanti dalla criticità segnalata; c1c) interventi edilizi, ammessi ai commi precedenti, se non non corredati da appositi studi e perizie geologiche, geomorfologiche e geologico-tecniche che attestino la coerenza tra le soluzioni progettuali previste e le condizioni puntuali e generali di stabilità dei versanti e di carico ammissibile; il soggetto attuatore è tenuto a sottoscrivere un atto liberatorio che escluda ogni responsabilità dell’amministrazione pubblica in ordine
a eventuali futuri danni a cose e a persone comunque derivanti dalla criticità segnalata. Per le restanti aree indicate non sono compatibili: c2a) nuove costruzioni ed interventi sul patrimonio edilizio esistente e sue pertinenze con incremento dell’impermeabilizzazione complessiva superiore a due volte la superficie coperta ed, in ogni caso, al 15% della superficie fondiaria disponibile netta, dovendosi intendere per aree disponibili quelle in possesso del richiedente non ancora edificate o impermeabilizzate, sulle quali è previsto l’intervento di progetto, immediatamente prospicienti lo stesso, senza soluzioni di continuità e facenti parte dello stesso bacino idrografico, o se non realizzati alle condizioni di cui all'art. 9, comma 2, lett. b relativo ai sistemi di compensazione delle portate, fatta eccezione per dimostrati motivi di sicurezza o di tutela storico ambientale. Detti interventi sono subordinati, ove necessario, al consolidamento del versante ed al risanamento del manto vegetale;
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c2b) la costruzione di nuove serre e la ristrutturazione e la ricostruzione di quelle esistenti ove sia previsto un incremento della impermeabilizzazione del suolo se non realizzate con le condizioni di cui all'art. 9, comma 2, lettera b relativo ai sistemi di compensazione delle portate;
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Regimi normativi del PdB presenti nell’area di studio d) NORME INERENTI LA COPERTURA VEGETALE d1) interventi volti all'eliminazione del bosco, tranne che per motivi fitosanitari, all'introduzione di specie legnose incompatibili con la strategia del PTCP regionale ed, in generale, interventi che non siano volti al raggiungimento dell'equilibrio vegetazionale; d2) il pascolo se non a seguito di studi specifici che individuino preliminarmente l'entità delle risorse foraggiere disponibili, la gravità dei fattori limitanti, il numero e il tipo di animali pascolanti, la definizione di turni di riposo per la cotica erbosa, la realizzazione di interventi volti alla riqualificazione ed al miglioramento della qualità ambientale. d3) il pascolo nelle zone ad alta densità di fenomeni erosivi superficiali in cui si prevedono interventi estensivi di difesa del suolo e ricostituzione o miglioramento della copertura vegetazionale fino alla realizzazione degli interventi medesimi. e) NORME INERENTI LE RISORSE IDRICHE e1) derivazioni incompatibili con il deflusso minimo vitale, in attesa della redazione dello stralcio relativo al bilancio delle risorse idriche. e2) nuove derivazioni e captazioni d’acqua per usi industriali, agricoli o domestici superiori a 10 lt/sec di portata in attesa dell’adozione dello stralcio relativo al bilancio delle risorse idriche;
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f) NORME INERENTI LA RETE IDROGRAFICA Si individuano due diversi regimi qualora le opere ricadano lungo i corsi d'acqua ovvero nell'alveo f1) lungo i corsi d’acqua f1a) nuove opere ubicate a distanze inferiori a quelle di cui all’art. 12.
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f2) nell’alveo dei corsi d’acqua f2a) Interventi di regimazione idraulica che restringano l’alveo o che aumentino la velocità di scorrimento, plateazioni, deviazioni, rettilineazioni, qualora non siano inquadrate in un progetto complessivo di riassetto idrogeologico previsto dal presente Piano di bacino, nonché tutte quelle opere che possano impedire un costante equilibrio idraulico ed idrogeologico di base, la filtratura e l’autodepurazione dei carichi inquinanti, la ricarica e la protezione delle falde sotterranee.
Ortofoto dell’area di studio
f2b) nuove coperture e tombinature dei corsi d’acqua indicati come significativi nella Tav.3 fatta eccezione per quelle necessarie per la tutela della pubblica e privata incolumità, alla tutela igienico-sanitaria nonché per quelle eventualmente previste dal Piano e comunque previo parere del Comitato Tecnico Provinciale; f2c) guadi con strutture emergenti dall’alveo interferenti con il regolare deflusso delle acque. f2d) estrazione di materiale litoide dall'alveo dei torrenti con modalità diverse da quelle indicate all'art. 9.
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Versante insediato
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Ambiente, territorio e paesaggio DEFINIZIONE DI AMBIENTE -Enciclopedia europea, Garzanti, Milano, 1976: “Insieme delle condizioni chimiche, fisiche e biologiche in cui si stabilisce la vita di comunità degli organismi” -Le garzantine, Filosofia, Garzanti, Milano, 1999: “Insieme delle condizioni che influiscono sulla vita degli individui (organismi animati ed inanimati)” -DLgs 152/2006 “Norme in materia ambientale”: Ambiente è il sistema di relazioni tra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici
biente, centrata sulla dialettica del rapporto uomo-ambiente e uomo-natura. Questo concetto usato oggi dal sapere della pianificazione si è fatto dunque molto vicino e simile a quello proprio della cultura ecologica. Consideriamo l’ambiente come un insieme di elementi (struttura geologica, clima, vegetazione, fauna, flora, ecc.) tra cui si sono costituite determinate relazioni di equilibrio. Sia il territorio che l’ambiente includono la considerazione della presenza umana come un fattore determinante, in grado, per scopi per lo più economici, di modificare l’organizzazione del territorio e di sovvertire il sistema ambiente, fino a porne a rischio gli equilibri.
“il complesso di condizioni materiali, sociali, culturali e morali, in cui una persona vive e si forma”
Nondimeno in entrambi i casi l’uomo è considerato esclusivamente come un elemento interno a quel sistema di rapporti, a pari degli altri elementi, con cui interagisce con maggiore o minor forza. Il termine italiano “ambiente” deriva dal latino ambiens, -entis, participio presente del verbo ambire, che significa “andare intorno, circondare”. “Ambiente” si configura come un complesso attivo di elementi che si muovono in un contesto comune, che si influenzano reciprocamente.
Il salto qualitativo concettuale più rilevante e sostanziale è avvenuto nel passaggio dal considerare l’ambiente come sistema significativo dei segni o come supporto statico, quadro, supporto fisico, vincolo esterno, delle scelte e degli interventi territoriali a una concezione assai più vicina a quella dell’ecologia, ovvero come:“ sistema dinamico-globale fisico, biologico e sociale, i cui elementi sono suscettibili di avere degli effetti sull’uomo e le attività umane e viceversa”. Questo salto ha comportato anche una connotazione più dinamica ed organica del concetto di am-
Non è solo un insieme di fatti (gli elementi che lo compongono), ma anche luogo di atti (le dinamiche che tra questi stessi elementi intercorrono). Nel Vocabolario della Lingua Italiana dell’Enciclopedia Treccani (1986), ambiente è definito “la natura, come luogo più o meno circoscritto in cui si svolge la vita dell’uomo, degli animali, delle piante, con i suoi aspetti di paesaggio, le sue risorse, i suoi equilibri, considerata sia in sé stessa sia nelle trasformazioni operate dall’uomo e nei nuovi equilibri che ne sono risultati, e come patrimonio da conservare proteggendolo dalla distruzione, dalla degradazione,dall’inqu
“Lo spazio che circonda una cosa o una persona e in cui essa vive” “l’insieme delle condizioni fisico chimiche e biologiche che permettono e favoriscono la vita degli esseri viventi”
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inamento”. La parola “ambiente” rimanda nello stesso tempo a “ciò che circonda” e a “ciò che è circondato”: la biosfera e i suoi equilibri, il paesaggio, le piante, gli animali, gli esseri umani. Per questo, il termine è così vicino al classico “natura”; ma “natura” ha, nel lessico filosofico generale, un significato più ampio: è l’insieme di ciò che esiste, il processo di nascita e di trasformazione delle cose, la loro essenza e legge, o anche, per la tradizione idealistica, l’opposto della mente razionale; “ambiente” possiede un senso meno metafisico, più concreto e vicino all’esperienza. Il termine “ambiente” presenta il vantaggio di una minore definitezza, che ci dà modo di indicare non solo la terra e i suoi equilibri, le diverse specie animali e vegetali, ma anche le formazioni culturali che derivano dal rapporto dell’umanità con la natura circostante, il paesaggio naturale e storico, ecc.
DEFINIZIONE DI TERRITORIO “porzione di terra di estensione abbastanza considerevole” “zona, regione” “estensione di paese compreso entro i confini di uno Stato o comunque sottoposto ad un’unica amministrazione” (Dizionario Devoto Oli, 2006) l concetto di “territorio” ha subito, specialmente negli ultimi decenni, una trasformazione radicale: da semplice risorsa materiale suscettibile di sfruttamento, da spazio controllabile nel quale le differenziazioni sono viste come resistenze alla trasformazione, si è giunti ad una interpretazione in cui è ricono-
sciuto il carattere relazionale e incerto proprio di un sistema complesso. La conoscenza del territorio passa attraverso il riconoscimento delle interazioni tra dinamiche a differente scala (globale/locale) e tra le dinamiche tra l’osservatore e l’oggetto osservato (abitante/territorio); il territorio non è più il medium neutro su cui si svolgono gli eventi, ma è il frutto delle dinamiche interattive che si svolgono continuamente tra di essi. Un prezioso contributo è fornito da Magnaghi (2000), per il quale il territorio è un «soggetto vivente ad alta complessità», intendendo per soggetto vivente nè il complesso di ecosistemi, nè la società presente che vive in un determinato luogo e neppure il milieu (inteso come giacimento socioculturale di un luogo).
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Per tale autore il territorio è soggetto vivente in quanto prodotto dalla interazione di lunga durata tra insediamento umano ed ambiente, ciclicamente trasformato dal succedersi delle civilizzazioni; non è un oggetto fisico, («il territorio non esiste in natura»), piuttosto rappresenta l’esito di un «processo di territorializzazione», ovvero un processo di strutturazione dello spazio fisico da parte della società insediata; il suolo, la terra, l’ambiente fisico, il paesaggio, l’ecosistema, l’architettura, le infrastrutture non sono ancora il territorio, essi ne rappresentano i supporti fisici e simbolici. La specificità del territorio consiste nel suo essere esito della capacità di strutturazione simbolica dello spazio, consentendo il riconoscimento di una correlazione fra luogo fisico e spazio culturale, simbolico, economico della società insediata; il territorio è inscindibile sia dai suoi supporti materiali che dalle diverse forme di appropriazione che si sono succedute.
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Ambiente, territorio e paesaggio La conoscenza del territorio permette anche una fruizione più consapevole delle sue potenzialità e della sua bellezza. In definitiva il territorio può essere pensato come a uno spazio concreto occupato e delimitato da comunità umane che in esso trovano le proprie condizioni di sopravvivenza, e che gli uomini organizzano in funzione degli scopi economici e residenziali ritenuti più idonei. E’essenzialmente una costruzione antropica, spazio di vita dell’uomo o di una società, spazio che ha dei limiti, che ha delle caratteristiche fisiche sulle quali si modella l’azione dell’uomo.
DEFINIZIONE DI PAESAGGIO -Convenzione UNESCO (1992) esito dell’azione combinata della natura e dell’uomo, testimonianza dell’evoluzione nel corso degli anni delle società e dell’insediamento umano sotto l’influsso dei condizionamenti o delle opportunità posti dall’ambiente naturale e dalle forze sociali, economiche e culturali interne ed esterne. -Convenzione europea del paesaggio (2000) parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. -Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004) territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e delle loro interrelazioni. “porzione di territorio considerata dal punto di vista della prospettiva o della descrizione, oppure da quello geografico” “panorama, vista, veduta; ambiente, territorio”
(Dizionario Devoto Oli, 2006) “Il paesaggio è l’aggregazione di più alto livello organizzativo di insiemi viventi complessi. Come tale, è costituito da sistemi dinamici di ecosistemi, che evolvono in un processo integrato di coazioni e interazioni naturali e antropogene” (Romani, 1994) “Ogni paesaggio è un’elaborazione culturale di uno specifico ambiente naturale” (Sereno, 1983) La proiezione soggettiva del territorio è il paesaggio; esso è il territorio percepito e rappresentato sulla base del nostro sentire, emozionarci, patire, rammemorare, progettare. La relazione tra paesaggio e territorio corrisponde alla relazione tra cultura e natura. Il territorio invoca l’agire, il paesaggio il guardare. Può essere inoltre considerato come un aspetto dell’ambiente in cui viviamo; possiamo dire che il paesaggio è la forma dell’ambiente. In altre parole è ciò che vediamo nel suo insieme. I monti, le pianure, i fiumi, i boschi, le aree abitate non sono il paesaggio, ma lo producono con l’insieme delle loro forme. Un buon paesaggio deve essere anche riconoscibile come forma attesa di un determinato luogo. Ne rappresenta l’identità. Per tale ragione si è imposto come elemento di decodificazione di una letteratura che lo ha utilizzato per mettere a nudo l’evolversi della società e del suo modo di vivere. La cultura umana genera cambiamenti nel paesaggio, che a sua volta influenza i comportamenti umani: lo studio e la valutazione della dinamica di tali rapporti è elemento caratteristico dell’ecologia del paesaggio. Queste relazioni possono essere espresse in una serie di principi generali di ordine culturale e due di questi sono di parti-
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colare importanza: - la percezione, cognizione e valutazione umana influenzano direttamente il paesaggio e ne sono influenzate; - le convenzioni culturali influenzano tanto la struttura del paesaggio abitato quanto quella del paesaggio semi-naturale. In conclusione il paesaggio viene visto come uno scenario naturale immoto ed inerte e non come un ambiente di gran parte modificato e trasformato dagli uomini. In altre parole la lettura del territorio è sempre avvenuta secondo criteri estetici senza tenere conto che nel paesaggio sono inseriti invece i segni delle trasformazioni delle società contadine, del mutare dell’economia, del progresso delle tecniche. Pertanto, ad un osservatore attento, i vecchi borghi, le case, i laghi, i fiumi, le stesse forme dei campi debbono apparire come documenti e testimonianze di una storia che deve essere in gran parte ancora scritta. Senza dubbio, nel nostro secolo, l’azione dell’uomo ha notevolmente modificato il paesaggio, tanto che alcune volte risulta difficile individuare le numerose trasformazioni che anche in breve tempo si sono susseguite. Nella maggior parte dei casi è però ancora possibile scorgere nell’ambiente molti aspetti che testimoniano il nostro passato, che ne individuano le caratteristiche specifiche, e, di conseguenza, offrono l’opportunità di mettere in atto una corretta azione di tutela. Paesaggio quindi come insieme complesso e inscindibile dei segni della natura e dei segni, nel tempo, dei processi storico insediativi ed economico – culturali, come dimensione visibile dell’ambiente antropizzato. La nozione di paesaggio è, infine,divisa da due orientamenti che riguardano il ruolo assunto dall’uomo nel costruire. Alcuni ritengono, infatti, che l’uomo sia con-
dizionato dalla natura nel suo agire; altri, invece, assegnano all’uomo una libertà di scelta nel suo operare, sia pure in un campo di possibilità più o meno ampie offerte dalla natura. Il primo si inserisce nella visione ecologista, che studia e si interroga sulla capacità dell’uomo di modificare e turbare gli equilibri naturali. L’altro orientamento, che mette al centro del paesaggio l’uomo (attore e percettore), dà molta importanza alla percezione, tramite sensoriale attraverso il quale l’uomo si rapporta alla natura. Le diverse rappresentazioni mostrano che il paesaggio è proiezione dei modi dell’uomo di vedere e rappresentare il mondo, in base alle questioni che si pone (sentimentali, estetiche, pratiche, produttive, ludiche). Il paesaggio ha assunto oggi un ruolo culturale centrale di fronte al dilagare degli interventi modificatori dell’uomo connessi all’industrializzazione e al liberismo economico che ha assegnato valore al suolo, vi è così il rischio che il paesaggio venga derubato della sua naturale connotazione, che ne si cancelli la memoria, la quale è componete essenziale della sua identità.
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Al tempo stesso il paesaggio è diventato una preoccupazione degli urbanisti, degli amministratori e di chi presiede al governo dei territori. Il paesaggio non è a priori né naturale, né antropico, ma è generalmente e in vario modo un insieme di forme naturali, seminaturali e antropiche. Un paesaggio prevalentemente naturale viene considerato “bello”, perché così siamo abituati a pensare. Chi pianifica e progetta deve perciò discorrere con gli elementi dell’ambiente in cui interviene valorizzando i fattori di singolarità, di identità e di equilibrio, riducendo quindi quelli di squilibrio e di dissonanza fastidiosa, indipendentemente dal loro essere naturali o antropici.
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Pianificazione del paesaggio - Scheda tecnica normativa Nel 1939 è introdotta, nel quadro normativo italiano, la legge 1497 riguardante la disciplina paesistica. Nei successivi anni Ottanta i temi della qualità ambientale, della riqualificazione, della difesa del suolo, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali sono ormai diventati di interesse comune, obiettivo generalizzato delle nuove politiche territoriali. In questo periodo sono infatti approvate leggi finalizzate alla tutela integrale del territorio, tra le quali spicca la legge 431/1985 detta anche “Legge Galasso” che si pone come obiettivo la “Tutela delle zone di particolare interesse ambientale” . Infine al termine degli anni ’90 ogni regione mise in atto le procedure amministrative e tecniche per la predisposizione dei piani territoriali paesistici. Furono quindi introdotti dei piani con duplice valore: - di contenimento - di salvaguardia paesistica I piani devono contenere le norme di tutela generale, per la salvaguardia del territorio e norme per regolamentare la realizzazione dei piani urbanistici a livello inferiore, ossia delle linee guida per lo sviluppo a cui devono attenersi regioni e provincie. LEGGI E DOCUMENTI La tutela del paesaggio in Italia inizia a muovere i primi passi nei primi anni del Novecento. I principali strumenti legislativi per difendere e costruire il paesaggio italiano sono promulgati nella prima metà del ‘900 in anticipo rispetto al manifestarsi dei danni provocati al paesaggio dalla ricostruzione post- bellica e dal boom economico.
La prima legge sulla tutela delle cose mobili ed immobili è infatti del 1909, alla quale seguirono altri provvedimenti tesi alla tutela del paesaggio culturale e naturale. Tra questi vi è la legge 1497, risalente al 1939, che ha rappresentato uno dei provvedimenti di tutela e di progettazione del paesaggio più avanzati stabilendo quali fossero gli strumenti e i modi più idonei alla “Protezione delle bellezze naturali”. I due strumenti fondamentali previsti erano i vincoli paesaggistici ed i piani paesistici. Successivamente, a metà degli anni Ottanta, venne introdotta una grande novità legislativa e culturale; la legge 431/1985, nota anche come legge Galasso, agiva infatti su due livelli strettamente connessi: da un lato imponeva vincoli su intere categorie di beni e dall’altro obbligava le Regioni a dotarsi di strumenti di pianificazione per il governo del paesaggio e delle sue trasformazioni. Pur essendo percepita come una novità, la legge 431 non introdusse norme nuove bensì impose alle regioni l’esercizio di quelle già presenti. Del 2004 è il decreto legislativo n°42 che definisce il Codice dei Beni culturali e del paesaggio in cui sono sintetizzate ed organizzate le diverse norme ed i provvedimenti che in precedenza hanno trattato temi riguardanti il paesaggio ed i beni culturali. Nell’Ottobre del 2000 era stata presentata agli stati membri del Consiglio d’Europa la Convenzione Europea del Paesaggio di cui l’Italia è tra i primi firmatari.
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QUADRO NORMATIVO GENERALE Nel campo della tutela del paesaggio non è possibile fare riferimento ad un unico codice, occorre piuttosto riferirsi ad un “corpus” di leggi, norme, tecniche, provvedimenti che ne compongono la disciplina.
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L. 364/1909 “Tutela delle cose mobili ed immobili aventi interesse storico artistico”
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L. 688/1912 “Tutela delle ville, parchi e giardini aventi interesse storico o artistico”
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L.778/1922 “Tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”
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L.1497/1939 “Protezione delle bellezze naturali”
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L.431/1985 – Legge Galasso “Tutela delle zone di particolare interesse ambientale”
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DL 490/ 1999 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali”
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2000 Convenzione europea del paesaggio
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DL 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio
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Art.9 della Costituzione italiana “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca tecnica e scientifica. Tutela il paesaggio ed il Patrimonio storico ed artistico della nazione”
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Questa convenzione ebbe un ruolo molto importante anche nella definizione del Codice dei beni culturali e del paesaggio in quanto diede una definizione unitaria di Paesaggio e tracciò delle strade d’intervento comuni da intraprendere per la sua conservazione.
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Leggi sulla pianificazione di paesaggio L. 778/1922 “Tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico” Obiettivi Sono soggette alla tutela le cose immobili la cui conservazione presenta un grande interesse pubblico a causa della loro “bellezza naturale” o della loro particolare relazione con la storia civile e letteraria. Qui è evidente l’influenza del pensiero di Benedetto Croce che propone la conservazione dei “caratteri fisici particolari della patria (…) con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo i quali si sono formati e sono pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”. Strumenti Nel 1923 venne introdotto per la prima volta il vincolo paesaggistico tramite il quale vennero posti i limiti progettuali da rispettare durante la trasformazione del territorio. Contrariamente al Piano il vincolo non è un disegno ma stabilisce maggiori controlli rispetto al territorio non vincolato Oggetto Sono soggette a protezione speciale le cose immobili la cui conservazione presenta un notevole interesse pubblico a causa di una notevole bellezza naturale e in relazione alla storia civile e letteraria. Sono inoltre protette anche le bellezze panoramiche.
L. 1497/1939 “Protezione delle bellezze naturali” Obiettivi Pone sotto tutela tutte le bellezze naturali o che hanno una singolarità geologica definite da una commissione istituita presso ogni Provincia Strumenti La legge individua i beni da proteggere e le caratteristiche di tale protezione attraverso gli elenchi delle cose e delle località da sottoporre a vincolo o a piani territoriali paesistici (PTCP non obbligatorio). Oggetto Sono sottoposte a tutela le cose immobili che hanno i caratteri di bellezze naturali o di singolarità geologiche; le ville, i giardini ed i parchi che si distinguono per una non comune bellezza; i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; le bellezze panoramiche. Responsabili - Il ministero della Pubblica Istruzione - Le sovraintendenze - Le Regioni - Il ministero per i beni culturali ed ambientali
Responsabili - Ispettori onorari - Commissioni Provinciali - Uffici Comunali o Provinciali devono segnalare alle Sovraintendenze, ovvero Il ministero dell’educazione naturale (oggi ministero dei beni culturali).
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L.431/1985 – Legge Galasso “Tutela delle zone di particolare interesse ambientale” Obiettivi Si occupa della tutela degli aspetti naturalistici ed ambientali in Italia nel tentativo di tutelare il territorio affinchè esso non venga alterato morfologicamente e strutturalmente. L’ambiente è qui inteso come patrimonio collettivo, testimonianza di una cultura comune. Strumenti Alle regioni è imposta la redazione di un Piano Paesistico che tuteli il territorio e le sue bellezze; in particolare i piani devono porre la totale inedificabilità in aree specifiche quali: le aree alpine al di sopra dei 1600 metri, le aree appenniniche al di sopra dei 1200 metri, le aree a distanza di 300 metri dalla riva di mari e laghi e 150 metri dalle sponde di fiumi e torrenti, sui vulcani, nelle paludi, in aree di interesse archeologico e le aree per il rimboschimento o incendiate. Sono inoltre definiti i vincoli paesaggistici della L. 1497/39, i vincoli stabiliti temporaneamente in questa legge, i PTC o i PTU. Oggetto Questa legge tutela, in base a caratteristiche peculiari, i territori costieri, i fiumi ed i torrenti, i laghi, i ghiacciai, parchi e riserve, i vulcani e le zone di interesse archeologico Responsabili - Sovraintendenza - Regioni - Province - Comuni - Ministero della Pubblica Istruzione
Convenzione europea del paesaggio 2000 La Convenzione Europea del Paesaggio è presentata, nell’Ottobre del 2000, è presentata agli Stati Membri del Consiglio d’Europa per la sottoscrizione. La Convenzione definisce il paesaggio come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione dei fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” ovvero non è concepito unicamente come porzione fisica bensì come spazio di interazione tra l’uomo e gli elementi naturali.
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Il paesaggio assume un nuovo significato, diverso da quello attribuitogli dalle leggi precedenti la Convenzione; infatti sia la legge 1497/39 che la legge 431/85 non davano una definizione esplicita di paesaggio, e che i significati ad esso attribuiti si potevano ricavare solo indirettamente, risalendo dalle categorie di oggetti tutelati ai concetti più generali a cui potevano essere riferiti. Il paesaggio è la forma visibile del territorio, che non ha una propria oggettività assoluta, ma solo se colta nell'ambito dei processi percettivi, che selezionano gli elementi della visione e li ordinano secondo gerarchie e priorità. L'identità di un paesaggio è intesa come rapporto di identificazione tra popolazioni e territorio. Il rapporto non è diretto ma mediato dalla percezione, che filtra la visione attraverso i modelli culturali attraverso i quali il paesaggio prende forma. Il significato di paesaggio, legato al concetto di identità, presuppone anche il concetto della partecipazione attiva degli abitanti alla sua costruzione e conservazione. Il paesaggio non è soltanto visione e forma
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Leggi sulla pianificazione di paesaggio percepita della realtà territoriale; la visione seleziona le forme, che interpreta come risultato dell'interazione tra fenomeni naturali e fenomeni prodotti dall'agire umano. Strumenti Gli strumenti per la tutela del paesaggio sono gli stessi previsti dalla legge del 1939 ovvero: il vincolo paesaggistico che segue una dichiarazione di interesse pubblico che è oggetto specifico della ricerca ed il piano paesistico. Il vincolo rimane, fino alla Convenzione, uno strumento di tutela passiva, perché le amministrazioni si limitano a verificare che i singoli interventi e progetti di trasformazione non compromettano la qualità paesaggistica tramite particolari procedure di approvazione che affiancano quelle urbanistiche. I progetti di trasformazione, riguardanti le aree o gli immobili riconosciuti di particolare valore e per questo sottoponibili a tutela, sono vincolati dal fatto che devono ottenere una specifica autorizzazione. Il Piano Paesaggistico è invece uno strumento di tutela attiva, in quanto propone una progettazione complessiva, coordinata in un disegno unitario che riassume tutti i possibili progetti di trasformazione. Questi piani non hanno però avuto esiti significativi per lungo tempo e la loro pratica è stata presto abbandonata. Questo strumento è più impegnativo del vincolo e forse per questa ragione alcune Regioni ne sono prive. In Italia fra il 1939 ed il 1985 sono stati redatti soltanto quattordici piani paesistici, per territori aventi valore particolare e di estensione circoscritta.
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DL 42/2004 - Codice dei beni culturali e del paesaggio Obiettivi La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura. Il Codice porta a sintesi e organizza in modo unitario le diversi leggi che negli anni hanno trattato separatamente la materia dei Beni Culturali e del Paesaggio. La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni che costituiscono il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. La valorizzazione consiste invece nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale ed assicurare le migliori condizioni di utilizzo e fruizione pubblica. Strumenti Gli strumenti utilizzati dal Codice sono i Piani Paesaggistici, che hanno lo scopo di assicurare che tutto il territorio nazionale sia conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti e la dichiarazione di notevole interesse pubblico e vincolo che ha lo scopo di assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti peculiari del territorio attraverso una specifica disciplina contenente prescrizioni d’uso e una specifica autorizzazione data ai singoli progetti di trasformazione (che devono essere corredati da un’adeguata relazione paesaggistica) , rilasciata dalle amministrazioni competenti.
Oggetto Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici; questo codice si occupa quindi dei beni culturali ossia delle cose immobili e mobili di interesse artistico, storico, archeologico, etno-antropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate quali testimonianze di civiltà e dei beni paesaggistici ovvero gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio.
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Responsabili Una COMMISSIONE PROVINCIALE si occupa di emanare le dichiarazioni di notevole interesse pubblico. Questo provvedimento è poi emanato dalla REGIONE. l’Autorizzazione riguarda LA REGIONE O UN ENTE DA LEI DELEGATO, COMMISSIONE PER IL PAESAGGIO,SOPRINTENDENZA. Il Piano Paesaggistico è approvato dalle diverse REGIONI, che possono collaborare con il MINISTERO DEI BENI E DELLE ATIVITA’ CULTURALI per elaborarlo.
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Pianificazione del paesaggio in Liguria Il PTCP è uno strumento proposto a governare sotto il profilo paesistico le trasformazioni del territorio ligure.
LEGENDA DEL PTCP - LIVELLO LOCALE, ASSETTO INSEDIATIVO
La Regione Liguria è stata la prima a dotarsi di un Piano paesistico : adottato nel 1986 e approvato attraverso Deliberazione del Consiglio Regionale n° 6 del 1990, esso si estende all’intero territorio ligure.
Criteri di Zonizzazione
Il Piano definisce una disciplina estesa all’intero territorio regionale de è applicabile in ogni sua parte, anche dove non sussistano specifici vincoli di tipo paesistico - ambientale.
IS insediamenti sparsi
Il piano è strutturato su tre livelli: - Territoriale: hanno valore di indirizzo nei confronti degli atti di pianificazione. Il Piano individua 100 ambiti ed ognuno fa riferimento ad una scheda descrittiva contenuta nel testo normativo. - Locale: prevalgono immediatamente sulle previsioni degli strumenti comunali. Su questo livello si articolano i tre assetti (insediativo, vegetazionale e morfologico ). - Puntuale: non incidono sui regimi normativi e sui gradi di tutela delle singole porzioni di territorio. Specificano le indicazioni a livello locale con particolare riguardo sugli aspetti qualitativi. e diviso in tre assetti: - Insediativo - Vegetazionale - Insediativo
ME manufatti emergenti
Il PTCP FA RIFERIMENTO ALLE SEGUENTI LEGGI : - L.431 del 1985, ovvero la Legge Galasso - L.Regionale 39 del 1984 - L.Regionale 6 del 1991 - L. Urbanistica Regionale 36 del 1997
ANI aree non insediate NI nuclei isolati
ID insediamenti diffusi
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TU tessuti urbano
SME sistemi di manufatti emergenti TRZ aree di trasformazione Regimi normativi CE conservazione MA mantenimento MO modificabilità (A e B) CO consolidamento TR trasformabilità
Estratto della legenda del PTCP
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Regimi normativi del PTCP Legenda delle componenti e dei regimi normativi del PTCP riscontrati nell’area di studio IS - MA
ID - CO
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Zoom sull’area di studio (scala 1:200) - regimi normativi del PTCP - base CTR
Estratto cartografico della Carta dell’assetto insediativo del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico
Zoom sull’area di studio - regimi normativi del PTCP - ortofoto 3D
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C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Regimi normativi del PTCP presenti nell’area di studio L’area di progetto è composta dalle categorie descrittive di: - IS-MA : Area composta da insediamenti sparsi in cui vige il regime di mantenimento - ID-CO: Area composta da insediamento diffuso in cui vige il regime di consolidamento
Insediamenti Sparsi - Regime normativo di MANTENIMENTO (IS-MA) 1. Tale regime si applica nei casi in cui si riconosce l'esistenza di un equilibrato rapporto tra l'insediamento e l'ambiente naturale o agricolo e nei quali si ritiene peraltro compatibile con la tutela dei valori paesisticoambientali, o addirittura funzionale ad essa, un incremento della consistenza insediativa o della dotazione di attrezzature ed impianti, sempreché questo non ecceda i limiti di un insediamento sparso. 2. L'obiettivo della disciplina è quello di mantenere le caratteristiche insediative della zona, con particolare riguardo ad eventuali ricorrenze significative nella tipologia e nella ubicazione degli edifici rispetto alla morfologia del terreno.
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lnsediamenti Diffusi - Regime normativo di CONSOLIDAMENTO (ID-CO) 1. Tale regime si applica là dove esistono insediamenti diffusi caratterizzati da discontinuità dei tessuto e da eventuali eterogeneità delle forme insediative, nei quali siano peraltro riconoscibili alcuni caratteri prevalenti, rispetto ai quali si intenda omogeneizzare l'insieme. 2. L'obiettivo della disciplina è quello di consolidare, mediante gli interventi consentiti, quei caratteri prevalenti della zona ritenuti compatibili con una corretta definizione paesistico-ambientale dell'insieme. 3. Sono pertanto consentiti gli interventi di nuova edificazione e di urbanizzazione nonché di integrazione ed eventuale sostituzione delle preesistenze, atti a completare ed omogeneizzare l'insediamento esistente in forme e modi coerenti con i caratteri prevalenti tra i quali quelli relativi alla volumetria, al rapporto di copertura, all'altezza.
3. Sono pertanto consentiti quegli interventi di nuova edificazione e sugli edifici esistenti, nonché di adeguamento della dotazione di infrastrutture, attrezzature e impianti che il territorio consente nel rispetto delle forme insediative attuali e sempre che non implichino né richiedano la realizzazione di una rete infrastrutturale e tecnologica omogeneamente diffusa.
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Ortofoto dell’area di studio
Insediamenti Sparsi - Regime normativo di MANTENIMENTO (IS-MA)
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Atre cartografie di riferimento
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Estratto cartografico della Carta dell’Uso del Suolo
Estratto cartografico della Carta Forestale
Legenda
Legenda Aree insediate sature
Aree insediate
Aree insediate diffuse
Altri coltivi
Aree agricole miste, boscate naturali
Ceduo semplice misto
BAT: angiosperme marittime e collinari
Dal progetto di conoscenza al progetto integrato dell’abitare Lo sviluppo del progetto integrato comporta alcuni passi fondamentali: 1 - definire lo scopo e gli obiettivi generali e specifici, al fine di garantire la continuità di sviluppo sostenibile dell’insediamento, la salvaguardia ambientale, l’identità dei profili paesaggistici e tradurli in criteri e strategie di indirizzo progettuale; 2 - rilevare le condizioni materiali, gli elementi fisici e le risorse che gli interventi progettuali dovranno tenere in conto e con
cui si confronteranno; 3 - utilizzare il linguaggio grafico più adatto a rappresentare l’organizzazione territoriale (distribuzione di attività e funzioni nello spazio), le strutture ambientali (relazioni con gli elementi naturali rilevanti), i profili paesaggistici (le forme e le immagini risultanti); 4 - stabilire le modalità di gestione e di realizzazione degli interventi ed ruolo e competenze dei diversi soggetti implicati. Inoltre è necessario la conoscenza delle condizioni e delle caratteristiche del contesto nel quale il progetto integrato sostenibile si colloca.
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Territorio agricolo semi-abbandonato C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Il progetto di conoscenza Progetto integrato sostenibile
Socialmente ed economicamente sostenibile
conoscere le esigenze espresse dagli abitanti;
riconoscere le potenzialità di sviluppo economico e di valorizzazione del patrimonio territoriale
Ambientalmente e paesaggisticamente sostenibile
Analisi caratteri strutturali dell’urbanizzazione e dell’ambiente
Valutare aspetti positivi e negativi
individuare regole meta-progettuali di sostenibilità per ciascun fenomeno esaminato
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Il progetto di conoscenza: fattori antropici e fattori naturali Il contesto territoriale in cui si colloca il progetto integrato e sostenibile è un sistema complesso nel quale fattori antropici dell’urbanizzazione rurale e fattori naturali stanno tra loro in relazione. Per analizzare un sistema complesso prima lo si scompone nei singoli elementi che ne fanno parte, considerandoli separatamente, quindi li si valuta in funzione degli obiettivi di sostenibilità del progetto. Infine se ne interpretano le potenzialità ai fini di sviluppare e realizzare il progetto integrato e sostenibile.
Aria
Acqua Fattori naturali Suolo Insediamento
Fattori antropici
Viabilità
Vegetazione
Manufatti agricoli
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Fattori antropici URBANIZZAZIONE RURALE INSEDIAMENTO
URBANIZZAZIONE RURALE MANUFATTI AGRICOLI
URBANIZZAZIONE RURALE VIABILITÀ LOCALE
Per insediamento si intende non semplicemente un agglomerato di abitazioni, bensì un centro di vita organizzata sul piano sociale, comprendente attività di pubblico interesse e basato su un’ economia prevalentemente ma non esclusivamente agricola. Esso può essere accentrato in aggregati, sparso in case isolate o a nuclei di abitazioni più o meno vicine. L’insediamento rurale è il miglior indicatore del processo storico di occupazione del suolo.
I terrazzamenti rappresentano un valore storico, con profondi legami col paesaggio consolidato e con la difesa del suolo. Essi sono pertanto uno strumento per governare e controllare il deflusso delle acque. Inoltre i sistemi terrazzati svolgono anche un’azione positiva in relazione alle frane, riducendone la frequenza, ma ad una sola condizione: il sistema deve essere presidiato e mantenuto continuamente.
Riguardo esso:
- analizzare, significa rilevare gli elementi significativi ai fini del progetto: depositi attrezzi; terrazzamenti e/o ciglioni; sistemazioni dei corsi d’acqua.
Le strade hanno almeno due funzioni: una “economica” e una “ civile”. Flussi di merci devono essere raccolti da strade di connessione (percorsi di impianto) e distribuite tra i poli da altre strade di comunicazione (percorsi di collegamento). Inoltre la rete nel suo complesso è significativa dei modi che hanno i poli e i tessuti di aggregarsi per gruppi che danno luogo ad entità amministrative o politiche (la frazione, la circoscrizione, il comune) che hanno, ad esempio un dialetto più differenziato da altre entità, e sono suddivisibili in altre entità più piccole. I vantaggi di una rete, oltre che di carattere sociale, sono anche indubbiamente di carattere economico, a causa del deteriorarsi della rete stradale infatti molti tessuti che potrebbero essere utilizzati, sono di difficile accesso e perciò ogni iniziativa diventa scarsamente redditizia.
- analizzare, significa rilevare le caratteristiche significative ai fini del progetto: tessuti (o morfologie) insediativi, ov vero come stanno assieme gli edifici; tipologie edilizie, ovvero la forma degli edifici. - valutare, manifestare valori di qualità e/o degrado: ai profili insediativi risultanti da morfologie e tipologie; all’edilizia. - interpretare, significa proporre possibili soluzioni di adeguamento e di miglioramento sostenibili ambientalmente e paesaggisticamente, tenendo conto di norme e parametri dei progetti istituzionali.
Relativamente ai manufatti agricoli:
- Valutare, significa attribuire valori : allo stato di manutenzione. - Interpretare, significa proporre possibili soluzioni di adeguamento e di miglioramento sostenibili ambientalmente e paesaggisticamente, tenendo conto di regole e parametri dei progetti istituzionali. Fattori antropici: urbanizzazione rurale - viabilità
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Per quanto riguarda la viabilità: - analizzare significa rilevare le caratteristiche significative ai fini del progetto distinguendo: viabilità veicolare; viabilità pedonale. - valutare vuol dire attribuire valori : all’accessibilità all’insediamento; alla percorribilità ed allo stato delle strade. - interpretare significa proporre possibili soluzioni di adeguamento e di miglioramento sostenibili ambientalmente e paesaggisticamente, tenendo conto di norme e parametri dei progetti istituzionali. Versante terrazzato e coltivato
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Fattori naturali ACQUA
ARIA
L'acqua è un componente assai abbondante e tale da costituire sicuramente uno degli elementi di maggiore caratterizzazione del nostro pianeta. Tutta l'acqua presente sulla Terra è ciclicamente intercomunicante, nel senso che le acque lasciano continuamente, evaporando, la superficie terrestre e vi ricadono come prodotto meteorico di vario tipo. L'uomo oggigiorno, almeno nelle nazioni a più alto tenore di vita, utilizza una cospicua parte dell'acqua litosferica ed altra egli ne ricava da falde sotterranee per destinarla ad usi agrari (acque irrigue), ad usi civili (acque potabili) ed a usi industriali (acque industriali). L’acqua può essere allo stesso tempo risorsa o criticità idrogeologica.
L’aria è un miscuglio di gas, soprattutto azoto e ossigeno, che avviluppa la Terra costituendone l’atmosfera. È un elemento attivo, in quanto agisce su un oggetto per modificarlo. L’Aria dal latino aer e dal greco antico aèr rappresenta tutto ciò che è gassoso, inodore, insapore e comburente. Tra tutti gli elementi è quello più sottile, in quanto invisibile, non può essere afferrata e trattenuta. L’aria è lo spazio intangibile che avvolge e permea l’intero universo, l’invisibile che respiriamo, perciò è l’energia vitale senza la quale non ci sarebbe la vita. La sua sede è il mondo sottile intermedio tra il cielo e la terra.
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Aria come criticità
Aria come risorsa
Acqua come criticità
Acqua come risorsa
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approvvigionamento idro-potabile
esondazioni
fattore di salubrità
produzione energia
frane
componente del microclima locale
rilievo paesaggistico
alluvioni
componente del microclima locale sfavorevole all’insediamento e/o all’agricoltura
fruizione ricreativa
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Fattori naturali
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VEGETAZIONE
SUOLO “Il suolo è uno dei beni più preziosi dell’umanità. Consente la vita dei vegetali, degli animali, e dell’uomo sulla superficie della terra”.(Carta Europea del Suolo, Consiglio d’Europa, 1972) Esso è una risorsa limitata, composto da particelle minerali, sostanza organica, acqua aria ed organismi viventi, occupa lo strato superficiale della crosta terrestre e ricopre 1/16 della superficie del pianeta come una coltre molto sottile. Inoltre è un elemento essenziale degli ecosistemi, una sua qualsiasi alterazione può ripercuotersi non solo sulla sua capacità produttiva, ma anche sulla qualità dell’acqua che beviamo e dei prodotti agricoli di cui ci nutriamo. Le funzioni del suolo sono innumerevoli, da semplice supporto fisico per la costruzione di Suolo come risorsa
infrastrutture, impianti industriali e insediamenti umani, a base produttiva della maggior parte dell’alimentazione umana e animale, del legname e di altri materiali utili all’uomo. E’ deposito e fonte di materie prime come argilla, ghiaia, sabbia, torba e minerali; ha funzione di mantenimento dell’assetto territoriale, in quanto fattore determinante per la stabilità dei versanti e per la circolazione idrica sotterranea e superficiale. Il suolo ha anche una importante funzione naturalistica quale habitat di una grandissima varietà di specie animali e vegetali e perché in esso si completano i cicli dell’acqua e di altri elementi naturali. E’, infine, un importante elemento del paesaggio che ci circonda e fa parte del nostro patrimonio storico e culturale. Suolo come criticità
Quando si parla di vegetazione si fa riferimento a tutto ciò che, a livello vegetale, ricopre il suolo di una determinata zona, dunque al tipo di piante e alla loro appartenenza ad una certa comunità vegetale. Le diverse caratteristiche della vegetazione variano a seconda del clima, delle temperature, delle precipitazioni, dell'altitudine, della latitudine e dei ritmi stagionali presenti in ogni zona del mondo. Si possono distinguere due tipologie: la vegetazione reale, cioè quella attualmente presente in una determinata area; e la vegetazione potenziale, quella che sarebbe vigente in un luogo se in esso cessasse l’attività antropica. Se entrambe coincidono vuol dire che la naturalità è elevata.
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Vegetazione come criticità
Vegetazione come risorsa
produzioni agricole
cava o discarica
produzione agricola
abbandono e sottoutilizzo
per localizzare attività ricreative
frana
risorsa ricreativa
inacessibilità
per localizzare i nuovi insediamenti
suscettività al dissesto
mitigazione per il cambiamento climatico
incuria
rilievo paesaggistico
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Regimi e indirizzi normativi progettuali PIANO di BACINO Legenda dei regimi del PdB riscontrati nell’area di studio Area ad alta suscettività al dissesto Inedificabilità. Possibile aprire nuova viabilità purchè in funzione della messa in sicurezza del versante.
Versante insediato MA Le nuove costruzioni non devono impermeabilizzare più del 10% della Sf. Non è possibile aprire nuova viabilità.
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PIANO TERRITORIALE di COORDINAMENTO PAESISTICO Legenda delle componenti e dei regimi normativi del PTCP riscontrati nell’area di studio IS - MA Insediamento sparso. Mantenere le caratteristiche, sono consentiti gli interventi di nuova edificazione e sugli edifici esistenti che non richiedano costruzione di nuova edificazione.
ID - CO Insediamenti diffusi caratterizzati da discontinuità e da eventuali eterogeneità delle forme. Consolidare, mediante gli interventi consentiti, i caratteri prevalenti della zona Consentiti gli interventi di nuova edificazione e di urbanizzazione.
NUOVA ZONIZZAZIONE per INDIRIZZI PROGETTUALI Area inedificabile: non possono essere presenti zone di espansione Area da mantenere: il mantenimento deve essere pianificato in base alle esigenze e alle caratteristiche naturali del territorio. Area edificabile: queste aree possono essere edificate utilizzando l’I.U.I. 0,03 mq/ mq
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Indirizzi e norme progettuali PIANO TERRITORIALE di COORDINAMENTO PAESISTICO IS MA Insediamento sparso. Mantenere le caratteristiche, sono consentiti gli interventi di nuova edificazione e sugli edifici esistenti che non richiedano costruzione di nuova edificazione. Tavola della zonizzazione per gli indirizzi progettuali ID CO Insediamenti diffusi caratterizzati da discontinuità e da eventuali eterogeneità delle forme. Consolidare, mediante gli interventi consentiti, i caratteri prevalenti della zona Consentiti gli interventi di nuova edificazione e di urbanizzazione.
Le nuove costruzioni non devono impermeabilizzare più del 10% della Sf. Non è possibile aprire nuova viabilità. SUSCETTIVITA’ ALTA Inedificabilità. Possibile aprire nuova viabilità purchè in funzione della messa in sicurezza del versante.
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Area edificabile
PIANO TERRITORIALE di COORDINAMENTO PAESISTICO
PIANO di BACINO VI MA
Area da mantenere
Area inedificabile
V I
P I A N O
M A
IS MA
ID CO
Area da mantenere: il mantenimento deve essere pianificato in base alle esigenze e alle caratteristiche naturali del territorio.
Area edificabile: queste aree possono essere edificate utilizzando l’I.U.I. 0,03 mq/mq
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d i B A C I N O
S U S C E T T I V I T A’
A L T A
Area inedificabile: non possono essere presenti zone di espansione
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Tipi morfologici Esempi di edifici distinti secondo la tipologia morfologico
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Nucleo
Estratto cartografico della carta dei tipi morfologici
Legenda Nucleo Aggregato Case sparse
Nucleo 15%
Confine area di studio
Aggregato
Case sparse 37%
Aggregato 48% Superficie edificata (mq) Nucleo Aggregato Case sparse
684,3 2249,6 1737,6
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Case sparse C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Analisi delle permanenze storiche Cartografie di base per la redazione della carta delle permanenze storiche con localizzazione dell’area di studio
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Estratto cartografico della carta delle permanenze soriche
Estratto cartografico dell’IGM 1936
Legenda Permanenze storiche riscontrate nella Carta degli Stati Sardi 1850 Permanenze storiche riscontrate nella Carta dell’IGM 1936 Edifici attuali riscontrati nella Carta Tecnica Regionale Confine area di studio
Sup. edificata oggi 14% Sup. edificata 1850 42%
Superficie edificata (mq) Nel 1850 Nel 1936 Oggi
Sup. edificata 1936 44%
Estratto cartografico degli Stati Sardi 1850
2137,6 2249,6 684,3
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Opere di sostegno dei versanti: i terrazzi
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Estratto cartografico della carta del rilievo dei terrazzamenti Legenda Terrazzamenti
Viabilità locale
Reticolo idrografico
Confine area di studio
Fotografie del sopralluogo
Abbandono dei terrazzi e dell’attività agricola
Ricovero attrezzi, presumibilmente per attrezzatura agricola
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Terrazzamenti dell’area di pertinenza del nucleo storico
Avanzamento della vegetazione per mancanza di manutenzione
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Viabilità: accessibilità locale e nodi di collegamento
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Estratto cartografico della carta del rilievo dei terrazzamenti Legenda Viabilità locale
Nodo di collegamento
Area di studio
Fotografie del sopralluogo
Antiche “crose” pedonali ristrutturate
Mancanza di parcheggi
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Case sparse lungo le strade locali e non sulla mezzacosta per mancanza di aste carrabili
Viabilità locale di larghessa ridotta
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Considerazioni SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE Il tema della ecosostenibilità e della compatibilità ambientale degli interventi urbanistici ed edilizi è oggetto di forte attenzione da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel settore. L’ambiente naturale è soggetto a continue trasformazioni provocate dalla costante interazione tra ambiente naturale ed ambiente antropizzato che riceve e rimette materiali, risorse ed energia. La progettazione architettonica deve quindi garantire non solo le migliori condizioni di comfort psicofisico ai suoi utenti, ma anche la migliore interrelazione possibile tra l’edificio ed il suo intorno ambientale. Il grado di ecologicità di un edificio ne esprime il potenziale in salubrità ed efficienza che sono fortemente legate alla concezione di insieme della struttura nella quale devono essere ben associati tecnologie e materiali in rapporto al clima ed al contesto ambientale in cui è inserito. Le tecnologie ecologicamente sostenibili rappresentano un valore culturale profondo in quanto creano differenze e complessità nei luoghi e nei comportamenti che dovrebbero essere alla base degli ecosistemi urbani. L’ecosostenibilità del costruito non è altro che l’attenzione progettuale agli impatti fisici, biologici, storici ed ecologici che l’edificio determina. Un edificio corretto dal punto di vista della ecosostenibilità è dunque un edificio che interagisce in modo positivo con il suo intorno ambientale e quindi non lo degrada e non lo impoverisce, sfrutta al meglio le risorse energetiche locali, usa materiali rinnovabili e di provenienza prevalentemente locale, interagisce positivamente con il suo contesto paesistico e sociale. A tal fine, risulta fondamentale “l’analisi del
sito”, quale indagine conoscitiva e propedeutica alla progettazione in quanto pone particolare attenzione agli elementi ambientali e climatici, nonché alla storia, alla cultura e al contesto sociale dei luoghi in cui si va ad operare. Pertanto, un’architettura attenta alle risorse ambientali porta con sé un’attenzione particolare all’inserimento nel contesto in cui va a collocarsi. A sottolineare l’importanza dei rapporti che sempre devono esistere tra il costruito e l’ambiente Vitruvio raccomandava che:… ”gli edifizi privati saranno ben disposti, se dal bel principio si consideri in quali paesi ed in quali climi debbansi i medesimi edificare: perciocché debbono essere diversi quelli in Egitto da quelli in Ispagna, d’altra maniera quelli di Ponto e d’una maniera affatto diversa in Roma…”. Una volta conosciuto il territorio è necessario acquisire gli strumenti per poterne gestire le risorse. Il problema della gestione delle risorse riguarda sicuramente anche il progetto del singolo edificio, ma trova il suo ambito di trattazione più significativo su una scala più vasta che è quella territoriale. “IL TERRITORIO NON E’ UN ASINO“ La nostra proposta verte sul “non intervento” inteso non come abbandono al degrado e allontanamento dal territorio bensì come un intervento teso alla conservazione del territorio, al ripristino, alla protezione del paesaggio percepito, alla gestione delle risorse presenti ed alla cosciente fruizione, non allo sfruttamento, dei suoli nel tentativo di evitarne un consumo esagerato ma soprattutto lo spreco. Questo proprio in virtù della metafora che sottolinea l’assoluta incoerenza tra la nostra idea di territorio ed alcune teorie funzionaliste che considerano il territorio come ma-
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teriale subordinato all’uomo, un mero strumento passivo da sfruttare. Questa metafora vale ancor di più se si considera il territorio secondo un’idea di lungo termine, per la quale la fruizione di questa risorsa si protrae nel tempo e pertanto necessita del mantenimento in vita, nonché di condizioni il più possibile stabili e di “purezza”, della risorsa stessa. Come l’asino è il territorio: “non dev’essere sfruttato oltre i limiti superati i quali muore, diventando così indisponibile a utilizzazioni successive” PROPOSTA PER UN PROGETTO LOCALE Pensare globale agire locale Il territorio, l’ambiente ed il paesaggio sono oggi considerati dall’uomo come una sorta di “altro da sé” mentre in realtà questi esistono unicamente in relazione all’uomo proprio in quanto esso li percepisce e ne entra in contatto. L’uomo stesso esiste nel momento in cui si pone in rapporto con lo spazio, con ciò che lo circonda. L’intenzione della cura dei luoghi, della creazione di beni in forme durevoli e sostenibili richiede necessariamente la collaborazione, la partecipazione della comunità insediata, alla progettazione di questa intenzione. E’ fondamentale che alla base di un progetto o della pianificazione di uno spazio collettivo vi sia la collettività stessa, cosciente e consapevole dell’azione di cui fa parte. L’idea di progetto locale fa dunque capo a questa convinzione, all’idea che lo sviluppo locale derivi in primo luogo da una cittadinanza attiva che partecipa allo sviluppo della stessa società locale la cui esistenza diviene quindi una premessa indispensabile. Pertanto con la definizione di “progetto locale” si intende il recupero, il ripristino non solo del territorio fisico e delle sue risorse materiali ma soprattutto dell’identità culturale della comunità che vi risiede. Per correggere e rimediare all’errore dovu-
to all’”omologazione culturale” portata dalla globalizzazione che ha condotto verso un’ “omologazione territoriale” il paesaggio pare importante agire nella costruzione o meglio, nella ricostruzione di una coscienza di luogo ossia di una consapevolezza acquisita tramite un percorso di trasformazione o, se vogliamo di un’inversione culturale degli abitanti, di ritorno alla convivialità, alla solidarietà ed alla condivisione sia dei beni materiali, del territorio come spazio fisico sia dei beni relazionali costituiti nelle comunità. Così da un pensiero globale ed atopico si giunge ad un’azione locale seppur non puntuale.
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Un progetto atopico La nostra proposta si basa sulla creazione di una “moderna comunità tradizionale” ossia di una piccola società legata ai costumi della tradizione, alla terra e a paesaggi vernacolari ma capace di relazionarsi con la modernità, in grado di sfruttarne le nuove risorse e tecnologie per dare vita ad una sorta di “rete di città” o meglio, ad una rete di piccole comunità autonome ma non isolate. L’essere atopico del nostro progetto si riflette nel metodo che utilizza non certo nella sua realizzazione che dev’essere ovviamente relazionata al contesto. Utopia e progetto L’obiettivo che ci poniamo è il raggiungimento di un’ utopia alla quale il nostro progetto si affianca al fine di condurre ad una presa di coscienza individuale e collettiva delle comunità locali come unica possibilità per la conservazione e la valorizzazione di un territorio che rimane tuttavia utilizzabile. Vogliamo dunque disegnare, attraverso la percezione e la deduzione, forme e visioni che tengano conto, nel rispetto dei modelli generali ed universali, del carattere peculiare, indifferenziato ed irripetibile dei singoli diversi contesti.
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Suggerimenti e soluzioni progettuali 1. Localizzare l’insediamento sulla mezzacosta con aggregati e spazi comuni
2. Soddisfare la domanda agricola, orti urbani con strutture agricola di servizio
Insediamento di mezzacosta aggregato
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Spazio comune tra gli aggregati
3. Regolamentare l’assetto orografico del reticolo e opere di irrigazione
4. Migliorare l’accessibilità locale, parcheggi, spazi pubblici e privati
Quartiere di edilizia popolare
Nucleo storico
Opere idrauliche
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Nuova viabilità locale
Viabilità locale esistente
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Masterplan
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Masterplan - base CTR Legenda Area insediata da mantenere - non edificabile
Area di presidio ambientale - bosco di ceduo semplice misto
Area insediata con possibilità di edificazione (residenze o servizi)
Area agricola da mantenere - mantenimento terrazzi
Area insediabile
Area agricola da sistemare
Area ad alta suscettività - non edificabile
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Descrizione indirizzi progettuali del Masterplan Area insediabile Aree non insediate e prive di edificazione. In queste zone è possibile la costruzione di nuove residenze e/o servizi che permettano l’aggregazione dell’edificazione e la manutenzione del territorio rurale.
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Area ad alta suscettività - non edificabile
Estratto del masterplan di riferimento - base CTR Area insediata da mantenere - non edificabile
Vietate le nuove costruzioni. Area che ricade nel bosco di ceduo semplice misto per migliorare la stabilità del versante. Non sono previste nuovi edifici limitrofi a queste aree.
Questa area corrisponde al nucleo storico di Begato, l’edificato corrisponde al tipo morfologico dell’aggregato e del nucleo. In questa area non sono previste nuove edificazioni, per il già elevato indice di edificazione, ma si prevedono opere di mantenimento del nucleo storico preservando le permanenze.
Area di presidio ambientale - bosco di ceduo semplice misto
Area insediata con possibilità di edificazione (residenze o servizi)
Area agricola da mantenere - mantenimento terrazzi
In queste aree verranno insediate strutture adibite ad uso pubblico o privato che permettano una aggregazione del tessuto così da poter rendere l’area asservibile, grazie a infrastrutture, e migliorare la manutenzione e il recupero delle aree grazie a manufatti agricoli e orti urbani.
I terrazzi esistenti devono essere mantenuti per poter essere coltivati e offrire un’azione mitigatrice al rischio idrogeologico.
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Aree di presidio ambientale delimitate dal PdB e dal PTCP. Le aree boscate creano un “cuscino verde” tra l’autostrada e la zona edificata così da migliorare la vivibilità dei luoghi grazie alla protezione dall’inquinamento dell’aria e acustico.
Area agricola da sistemare Possibilità di creare terrazzamenti agricoli, orti urbani e piccoli ricoveri attrezzi.
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Foto-localizzazione indirizzi progettuali del Masterplan Area insediabile
Area insediata da mantenere - non edificabile
Estratto del masterplan di riferimento - base CTR
E L A B O R A T O 5
Area di presidio ambientale - bosco di ceduo semplice misto
Area agricola da sistemare
Area agricola da mantenere mantenimento terrazzi
Area insediata con possibilità di edificazione (residenze o servizi)
Roberta Bulone - Violetta Lussignoli - Emilio Nervi Urbanistica II - I piani d’area vasta dell’ambiente e del paesaggio - Mariolina Dominici Besio
Area ad alta suscettività - non edificabile
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Prima idea progettuale Ristrutturazione di un edificio storico (presente già nel 1850) recuperato a uso di agriturismo ecosostenibile con aree di pertinenza agricola terrazzata e produzione propria di prodotti locali che favorisce il commercio sostenibile a chilometro zero.
Area adibita a parcheggio pubblico per l’accessibilità ai vicini aggregati edilizi e a parcheggio privato dell’agriturismo.
E L A B O R A T O 5
Unità insediativa aggregata con indirizzo agricolo/residenziale per compattare il tessuto e valorizzare il territorio rurale tramite ricoveri attrezzi e servizi atti alla produzione agricola.
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Area centrale rispetto al tessuto edilizio aggregato a indirizzo agricolo e di pertinenza pubblica e privata utile alla sostenibilità, all’accessibilità, al recupero e al mantenimento del territorio.
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Seconda idea progettuale Piazza pubblica con limitrofo parcheggio, utile per dare sfogo al tempo libero degli abitanti del quartiere popolare e come zona di mercato.
Area terrazzata privata: terreni agricoli (I.U.I. = 0,03 mq/mq) con zona di espansione a uso residenziale/agricolo.
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Parco pubblico attrezzato con giochi per bambini, panchine, zona pic-nic, percorsi pedonali all’interno del bosco.
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Area ad uso agricola terrazzata: creata per soddisfare la domanda agricola proveniente dalle case popolari di Begato grazie agli orti urbani forniti di servizi infrastrutturali e ricoveri attrezzi. Utile per migliorare l’assetto idrogeologico e mitigare il rischio. C.d.L. Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio - a.a. 2011/2012 Facoltà di Architettura - Università degli Studi di Genova
Fonti Cartografia - Piano di Bacino del torrente Polcevera - Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico - Carta degli stati sardi al 1850 - Carta dell' IGM al 1936 Bibliografia - Magnaghi A., Il progetto locale, Bollati Boringhieri, 2000 Torino - Canevari A., Palazzo D., Paesaggio e territorio, Angeli, 2001 Milano - Cannata G., Ciccone F., Valentini A., Il governo dei bacini idrografici: strumenti tecnici e pianificatori, Etas, 1994 Milano - McHarg I., Progettare con la natura, Muzio, 1989 Padova - Salzano E., Fondamenti di urbanistica, Laterza, 2003 Roma-Bari - Scazzosi L., Leggere il paesaggio; confronti internazionali, Gangemi, 2002 Roma
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