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capitoLo V – Loreto, baluardo dell‘Europa cristiana contro l‘Islam
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capItolo V
Tra gli innumerevoli fatti storici ad esso legati, il santuario di Loreto ha avuto un ruolo essenziale nella lotta della Cristianità contro l’aggressione islamica. Di fronte agli attacchi del mondo musulmano, la Vergine Lauretana è stata invocata a protezione del Papato, della Chiesa Cattolica e, in generale, dell’identità cristiana europea.
Per avere un’idea dell’importanza di Loreto, è sufficiente menzionare due eventi epocali, decisivi per la storia delle relazioni tra il nostro continente e l’islam, ovvero le battaglie di Lepanto e di Vienna.
5.1 La battaglia di Lepanto (1571)
La battaglia di Lepanto frenò l’espansionismo turco verso Occidente. E se le armate cristiane ottennero la vittoria, lo si deve – oltre all’eroismo di chi si batté e versò il suo sangue – all’intervento della Madonna, invocata proprio come Virgo Lauretana. Non è un caso quindi se al termine del conflitto navale al santuario vennero donati alcuni trofei di guerra, quali bandiere, stendardi e armi strappate al nemico turco.
In caso di sconfitta, l’islam sarebbe dilagato in Europa e avrebbe preso possesso delle nostre terre, sottomettendoci e imponendo il suo dominio politico e la sua religione.
Ma lasciamo parlare il p. Arsenio d’Ascoli, che nella sua opera I Papi e la Santa Casa110 si soffermò dettagliatamente su quelle vicende.
110 A. D’ASCOLI, I Papi e la Santa Casa, Loreto, 1969, pp. 54 e ss.
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«San Pio V – scrisse – aveva messo sotto la protezione della Vergine di Loreto l’esito della grande battaglia che le Nazioni cristiane combattevano contro i Turchi, che stavano facendo per mare gli ultimi sforzi per aprirsi un varco nel Mediterraneo Occidentale e colpire al cuore la Chiesa Cattolica. Il Santo Pontefice aveva ordinato preghiere continue nella Santa Casa di Loreto, per tutto il periodo dell’ultima grande crociata.
Se la gloria militare della battaglia di Lepanto si riverbera sulla leggendaria figura di Don Giovanni d’Austria, la vittoria fu solo il risultato della preghiera fiduciosa di San Pio V. Egli odiava la guerra, ma l’amore verso la Chiesa in pericolo lo faceva così parlare ai Cardinali riuniti in Concistoro, il 2 aprile 1566: “Mi armo contro i Turchi, ma in ciò mi può giovare solo la preghiera”. Il Papa per le strade di Roma, a piedi nudi, andava in processione per piegare la bontà di Dio verso la sua Chiesa; nello stesso tempo però preparava le armi e alzava torri di vedetta lungo tutta la costa del mare di Roma.
La flotta cristiana salpò dai porti d’Europa e, dopo 20 giorni di navigazione, fu in vista della flotta nemica, forte di 300 navi. Don Giovanni d’Austria con un Crocifisso in mano girò di nave in nave, bello e luminoso in volto come l’arcangelo della vittoria; infuse ardore e coraggio e issò lo stendardo del Papa e la bandiera della spedizione su cui dominava l’immagine della Vergine. Fu per tutte le navi un segnale di preghiera.
Era quello un momento particolarmente solenne. Dietro a loro l’Europa e il Papa erano in ansia. La Vergine di Loreto, invocata con l’ardore dei figli, prese parte
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alla battaglia gigantesca. Verso mezzogiorno del 7 ottobre 1571 cominciò la furibonda mischia. Alle cinque di sera la battaglia era finita.
San Pio V stava esaminando con diversi prelati il movimento del tesoro pontificio. Tutto d’un tratto, quasi mosso da un impulso irresistibile, si alzò, si accostò a una finestra fissando lo sguardo verso l’oriente come estatico; poi ritornando verso i prelati, con gli occhi brillanti d’una gioia divina: “Non occupiamoci più d’affari – esclamò – ma andiamo a ringraziare Dio. La flotta cristiana ha ottenuto la vittoria”. Congedò i prelati e andò subito in cappella, ove un Cardinale accorso al lieto annunzio lo trovò immerso nel pianto della gioia.
La notizia ufficiale giunse però con un certo ritardo per una tempesta di mare che costrinse il messo di Don Giovanni d’Austria a fermarsi.
Al suo arrivo (notte del 21 ottobre 1571) egli lo accolse esclamando: “Il Signore ha esaudita la preghiera degli umili, e non ha sdegnato le loro domande. Siano queste cose tramandate ai posteri, e il popolo che nascerà loderà il Signore”.
Fece coniare una medaglia con incise le parole del Salmista: “La destra del Signore ha fatto cose grandi; da Dio questo proviene”. Passando poi al valoroso Generalissimo applicò a lui il motto dell’Angelo: “Fuit homo missus a Deo cui nomen erat Joannes”111. La stessa cosa fu fatta più tardi per Giovanni Sobieski nel 1683 a Vienna.
Il Pontefice, preso da incontenibile gioia, ordinò a tutti quelli che si trovavano a letto di alzarsi e venire con lui nella Cappella a glorificare la bontà divina.
La vittoria di Lepanto è perciò intimamente legata al Santuario di Loreto. Il culto speciale alla Madonna del Rosario ebbe origine e sviluppo dopo questa storica battaglia.
111 “Venne un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni”.
Il 25 maggio 1571 veniva sottoscritta a Roma la “Lega Cristiana”. Marcantonio Colonna, comandante della flotta pontificia, venne a Loreto con la sposa per mettere nelle mani di Maria la sorte della guerra. E nel 1576 Don Giovanni d’Austria venne a Loreto a sciogliere il voto fatto cinque anni prima alla Madonna, quando partì per la battaglia di Lepanto.
La decorazione della Sala Grande di Palazzo Colonna, a Roma, celebra il ruolo di Marco Antonio nella battaglia di Lepanto. Affresco di Giovanni Coli e Filippo Gherardi, 1675-1678.
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La vittoria fu ottenuta mediante il visibile patrocinio della Vergine Loretana. L’invocazione “Aiuto dei Cristiani” venne aggiunta alle Litanie Lauretane dopo questa vittoria. Anche San Pio V attribuì la vittoria alla Vergine di Loreto. “Perciò il Papa – dice lo Zucchi – veramente pio, diedesi con private e pubbliche orazioni a conciliarsi il grande Iddio e principalmente ordinò che nella santissima Cella di Loreto continuamente si porgessero caldi prieghi alla Madonna ch’Ella si degnasse di prestar il favore suo ai Cristiani, nel maggior pericolo e bisogno. Né vana fu la speranza del Pontefice Pio e delle altre pie persone” (Martorelli, vol. I, p.531).
Come ricordo e come riconoscenza nei medaglioni degli “Agnus Dei” fece porre l’immagine di Loreto con sopra le magnifiche parole: “Vera Domus florida quae fuit in Nazareth”112. Sotto volle che si scrivesse: “Sub tuum praesidium” per far comprendere a tutti a chi si doveva attribuire il merito della vittoria.
Altro fatto che ci fa vedere l’intervento della Vergine Loretana nelle sorti della battaglia. Mentre Marcantonio Colonna, comandante dell’armata papale, partiva per l’Oriente, la moglie Donna Felice Orsini con altre dame si portò a Loreto a pregare per lo sposo e per la vittoria. Passò giorni e notti in devotissima preghiera. Un giovane ebreo vedendo il suo fervore e la sua fede si convertì e ricevette il Battesimo in Santa Casa. Donna Orsini gli fece da madrina e se lo prese come paggio.
Roma preparò un ingresso trionfale al condottiero dell’armata papale, ma il Duce cristiano, riconoscendo che il merito della vittoria non era suo ma della Vergine di Loreto, differì il ritorno alla Capitale e venne a Loreto a ringraziare la Madonna.
Tutta l’armata papale approdò a Porto Recanati. Il comandante, gli ufficiali e i cristiani liberati dai Turchi, a piedi,
112 “La vera, splendida Casa che fu a Nazareth”.
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con il capo scoperto, cantando inni di gioia e di ringraziamento, salirono al colle loretano” (Ivi, Vol. I, pp.430-431).
Nel 1576 venne a Loreto Don Giovanni d’Austria. Egli veniva a sciogliere il voto fatto cinque anni prima alla Madonna, quando partì per la battaglia di Lepanto. Fino allora ne era stato sempre impedito da pressanti affari politici e militari. Nel cuore dell’inverno, a cavallo, venne a Loreto da Napoli. Appena vide da lontano il Santuario, si fermò, s’inchinò e si scoprì il capo in segno di riverenza. “Poiché alla benedetta Cella pervenne, fatta una generale confessione, alla Madonna grazie infinite rendette; né di ciò appagato, aggiunse allora al voto già adempiuto un ricco dono di danari. Come ebbe soddisfatto al voto ed alla pietà, a Napoli ritornò, seco portando un gran desiderio di quella amabilissima Signora di Loreto” (Ivi, vol. I, pp.433-434).
Circa 40.000 erano i rematori dell’armata turca a Lepanto. Moltissimi di essi erano cristiani. Quindicimila furono liberati nella grande battaglia e riportati in Europa sulle navi cristiane.
“È assai noto che nella medesima giornata, prima che al fatto si desse principio, gli schiavi cristiani dai Turchi posti alle catene per vogare, si votarono a Santa Maria di Loreto per la libertà loro” (Ivi, vol. I, p.431).
Tutti poi o in gruppo o alla spicciolata vollero venire a Loreto a sciogliere il loro voto. “E vollero che quivi restasse di tanto celeste beneficio qualche memoria: lasciarono alla loro Liberatrice le catene che ai remi gli tenevano legati” (Ivi, vol. I, 431).
Queste catene servirono per fabbricare le cancellate dei dodici altari della navata centrale della Basilica, dove rimasero a perenne ricordo per quasi due secoli. Infine “essendosi poste alle dette Cappelle li balaustri di marmo, furono levati quei cancelli, e quel ferro commisto indistintamente con altro fu impiegato in occorrenze di varie fab-
Dei 40.000 rematori dell’armata turca a Lepanto moltissimi erano cristiani. Circa 15.000 furono liberati nella grande battaglia e riportati in Europa sulle navi cristiane. Nella medesima giornata, prima che al fatto si desse principio, gli schiavi cristiani dai Turchi posti alle catene per vogare, si votarono a Santa Maria di Loreto per la libertà loro. Con le catene degli schiavi venuti a Loreto furono fatti, oltre le cancellate delle Cappelle, i quattro cancelli della Santa Casa.
briche spettanti all’istesso Santuario” (Ivi, vol. II, p.134).
Con le catene degli schiavi venuti a Loreto furono fatti, oltre le cancellate delle Cappelle, i quattro cancelli della Santa Casa che ancora si conservano al loro posto per ricordo. Con le grandi lance fu fatto un recinto alla fontana del Maderno e con le frecce una caratteristica cancellata a una Cappella della Basilica. Furono infine asportati tutti, perché corrosi dalla ruggine e soprattutto perché un’altra linea s’imponeva nelle Cappelle per armonizzare con i nuovi altari. Al Sacconi però non piacevano queste balaustre di marmo simili ai ripari dei palchetti dei teatri (Cfr. Vogel, Index Hist. 10-5-75).
Dove furono portati? Alcuni nei sotterranei, altri usati per altri scopi, altri al tirassegno comunale.
Fu davvero simpatico il gesto di questi schiavi che vollero donare le loro catene alla loro Liberatrice come segno di riconoscenza e di amore. I quattro cancelli della Santa Casa, anche se semplici e rozzi, stanno lì a cantare le glorie
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e le vittorie della Vergine e a ricordare a tutti coloro che sono schiavi delle passioni a spezzare le loro catene ai piedi di Maria e a risollevarsi liberi e puri. […]
Il Moroni113 nel suo dizionario di erudizione storico-ecclesiastica sotto la voce “Ancona” afferma categoricamente che il Papa san Pio V si portò nella città dorica nel 1566 per ordinare le fortificazioni contro i Turchi. Forse in quell’occasione si recò a visitare la Santa Casa verso la quale aveva mostrato devozione fin da quando era Cardinale.
Anche l’archivista della Santa Casa, Pietro Giannuizzi, […] dice che il Papa visitò Loreto nel 1566 per implorare dalla Vergine aiuto e assistenza per la Chiesa minacciata dai Turchi. Solo il P. Diego Calcagni, nelle memorie della città di Recanati afferma che il Papa visitò Loreto dopo la vittoria navale e si portò processionalmente in Santa Casa.
Per mezzo del Card. Michele Monelli, che si recava a Loreto per ringraziare la Madonna che gli aveva ottenuto la guarigione, inviò alla Basilica un pallio e una magnifica pianeta. (Martorelli, vol. I, 425).
5.2 La battaglia di Vienna (1683)
Un secolo dopo Lepanto, nel 1683, la Cristianità si trovò nuovamente in pericolo. L’espansionismo turco stava dilagando in Europa e così, ancora una volta, fu il Romano Pontefice, all’epoca Innocenzo XI, ad esortare gli Stati cattolici a prendere le armi per difendere la Chiesa e la stessa civiltà europea.
La battaglia decisiva si svolse a Vienna e anche in questo caso la vittoria fu ottenuta per intercessione della Madre di Dio, venerata con il titolo di Vergine Lauretana, la cui immagine venne portata dall’esercito cristiano vittorio-
113 Gaetano Moroni (1802-1883), erudito e dignitario pontificio, fu autore, tra l’altro, del Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica.
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so entrando nella capitale austriaca, liberata dal pericolo. I protagonisti indiscussi della grande Crociata contro l’Islam furono il re di Polonia Giovanni Sobieski e il cappuccino padre Marco d’Aviano.
Nella sua già citata opera “I papi e la Santa Casa”114 , p. Arsenio d’Ascoli, già direttore della Congregazione Universale, in maniera avvincente così ricordò l’avvenimento:
«Dopo un secolo dalla disfatta di Lepanto (1571) i turchi tentavano per terra di sommergere l’Europa e la cristianità. Maometto IV al principio del 1683 consegna a Kara Mustafà lo Stendardo di Maometto facendogli giurare di difenderlo fino alla morte. Il Gran Visir, orgoglioso della sua armata di 300.000 soldati, promette di abbattere Belgrado, Buda, Vienna, straripare in Italia, giungere fino a Roma e collocare sull’altare di San Pietro il trogolo del suo cavallo.
Nell’agosto del 1683 il Cappuccino P. Marco d’Aviano è nominato Cappellano Capo di tutte le armate cristiane. Egli rianima il popolo atterrito, convince Giovanni Sobieski ad accorrere con la sua armata di 40.000 uomini. L’immagine della Madonna è su ogni bandiera: Vienna aveva fiducia solo nel soccorso della Madonna. La città era assediata dal 14 luglio e la sua resa era questione di ore. Sul Kahlemberg, montagna che protegge la città dalla parte del nord, in una cappella, il P. Marco celebrò la Messa servita dal Sobieski dinanzi a tutta l’armata cristiana disposta a semicerchio. P. Marco promise la più strepitosa vittoria. Alla fine della Messa, come estatico, invece di dire: “Ite Missa est”, gridò: “Joannes vinces”, cioè: “Giovanni vincerai”. La battaglia iniziò all’alba dell’11 settembre. Un sole splendido illuminava le due armate che stavano per decidere le sorti d’Europa. Le campane della città fin dal mattino suonavano a stormo, le donne e i bambini erano in chiesa a implorare aiuto da Maria. Prima di sera l’armata turca era in rotta, lo stendar-
114 A. D’ASCOLI, I Papi e la Santa Casa, Loreto, 1969, pp. 54 e ss.
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do di Maometto nelle mani di Sobieski, la tenda del Gran Visir occupata. Il popolo era impaziente di contemplare il volto dell’eroe. Sobieski, preceduto dal grande Stendardo di Maometto, vestito di azzurro e di oro, montato sul cavallo del Gran Visir, il giorno seguente fece il suo ingresso solenne in città fra un delirio di popolo. Per ordine di Sobieski il corteo si diresse verso la chiesa della Madonna di Loreto in cui si venerava una celebre immagine della SS. Vergine. A Lei era dovuta la vittoria e ai suoi piedi tutto il popolo si prostrò riconoscente. Fu celebrata una S. Messa e Sobieski rimase sempre in ginocchio come assorto. Il predicatore salì il pulpito e fece un grande discorso di circostanza, applicando a Giovanni Sobieski il testo evangelico: “Fuit homo missus a Deo cui nomen erat Joannes” (“Vene un uomo inviato da Dio, il cui nome era Giovanni”). La cerimonia proseguì grandiosa e solenne nella sua semplicità con particolari gustosi che mettono in rilievo la fede e la bonomia di Sobieski. L’assedio aveva disorganizzato molte cose e la Chiesa di Loreto non aveva più cantori. “Non importa” disse Sobieski, e con la sua voce potente intonò ai piedi dell’altare il “Te Deum”, che il popolo proseguì ad una sola voce. L’organo e la musica non erano necessari: il coro della folla vi supplì con pietà, commozione, entusiasmo. Il clero sconcertato non sapeva come concludere, e sfogliava messali e rituali per cercare un versetto. Sobieski lo trasse d’imbarazzo: senza troppo badare alle rubriche, ne improvvisò uno e la sua voce sonora si innalzò ancora potente su la folla: “Non nobis, Domine, non nobis!” (“Non a noi, Signore, non a noi!”). I sacerdoti risposero piangendo: “Sed nomini tuo da gloriam” (“Ma al tuo nome dà gloria”). Sobieski inviò subito un messaggio al Beato Innocenzo XI per annunziargli la vittoria. I termini della missiva mostrano l’umiltà e la fede dell’eroe: “Venimus, vidimus, et Deus vicit” (“Siamo venuti, abbiamo veduto, e Dio ha vinto”). Una solenne ambasciata portava al Papa il grande stendardo di Maometto IV, la tenda del Gran
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Visir e una bandiera cristiana riconquistata ai Turchi. Il Beato Innocenzo XI, riconoscente alla Madonna di Loreto per la grande vittoria, inviò al Santuario la bandiera ritolta ai Turchi e la tenda. La bandiera si conserva ancora nella Sala del Tesoro. La tenda fu portata personalmente da Clementina, figlia di Sobieski, sposa a Giacomo II Re d’Inghilterra. Con la tenda fu confezionato un prezioso baldacchino che si usa solo nelle grandi solennità; una parte servì per un “apparato in quarto per pontificali”. Anche il Papa, come Sobieski, attribuiva la vittoria alla Vergine Loretana. Il suo ex voto fu l’istituzione di una festa in onore del SS.mo Nome di Maria. Il 25 novembre 1683 un atto della Congregazione dei Riti la estendeva a tutta la Chiesa e la fissava nella domenica fra l’ottava della Natività di Maria e San Pio X l’ha fissata per il 12 settembre, giorno anniversario della vittoria. Dopo la grande battaglia di Vienna, sotto le macerie fu trovata una bella immagine della Madonna di Loreto, nei cui lati era scritto: “In hac imagine Mariae victor eris Joannes; In hac imagine Mariae vinces Joannes” (“In questa immagine di Maria sarai vincitore, o Giovanni; in questa immagine di Maria vincerai, o Giovanni”). Era certo un’immagine portata lì da San Giovanni da Capistrano, più di due secoli prima, nelle lotte contro i Turchi in Ungheria e a Belgrado.
Sobieski volle che P. Marco la portasse nell’ingresso trionfale a Vienna il giorno dopo la vittoria. La portò con sé inseguendo il nemico e con essa riportò splendide vittorie contro i Turchi. La fece poi collocare nella sua Cappella e ogni giorno faceva celebrare dinanzi a Lei la S. Messa e cantare le Litanie Lauretane. Nella Cappella Polacca a Loreto il prof. Gatti ha voluto ricordare questo episodio collocando nel quadro della parete di destra il P. Marco d’Aviano con il quadro della Madonna di Loreto in mano. Il Beato Innocenzo XI mise l’impronta della S. Casa con l’iscrizione: “Santa Maria di Loreto, pregate per noi”, negli “Agnus Dei” del primo e settimo anno del suo Pontificato».
Un secolo dopo Lepanto, nel 1683, la Cristianità si trovò nuovamente in pericolo. L’espansionismo turco stava dilagando in Europa. I protagonisti indiscussi della grande Crociata contro l’Islam furono il re di Polonia Giovanni Sobieski e il cappuccino padre Marco d’Aviano. L’immagine della Madonna è su ogni bandiera. (Arturo Gatti, 1912-1939. Cappella polacca, Santuario di Loreto)
Davvero in questi, come in tanti altri casi della storia, la Madonna è apparsa “terribile come esercito schierato a battaglia” (Ct 6,10).
Al di fuori della Cappella Polacca del santuario c’è ancora una targa la cui iscrizione spiega come, dopo la battaglia, Sobieski donò il bottino sottratto ai turchi al santuario lauretano.
5.3 La difesa eroica dello Stato Pontificio
Due secoli dopo, un’altra crociata si combatté alle porte di Loreto, questa volta non più contro i turchi, ma contro la rivoluzione liberale e massonica guidata da casa Savoia contro gli antichi regni italiani, tra cui lo Stato Pontificio.
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Il generale dell’esercito papalino, Christophe LèonLouis Lamoriciére si batté valorosamente a difesa della Chiesa a Castelfidardo, il 18 settembre 1860: sotto gli occhi, potremmo dire, della Madonna. In quel contesto, alla testa degli Zuavi pontifici, trovò eroicamente la morte il colonnello George de Pimodan, dopo aver gettato uno sguardo al santuario lauretano.
“Durante il combattimento – avrebbe scritto più tardi uno dei volontari superstiti – io non perdevo di vista la Casa di Loreto”. “È dolce pensare, o buona Madre – diceva un altro rivolgendosi alla Santissima Vergine –, che una pallottola magari mi porterà presso di Voi in cinque minuti”.
I testimoni raccontano che tutti i soldati del Papa, da veri martiri, «hanno abbracciato la sofferenza e la morte con la gioia dei predestinati: si sono adagiati sul loro sangue come nel letto nuziale della vita immortale, cantando i cantici dell’amore eterno. È stato ai piedi della Santissima Vergine che hanno trovato il santo eroismo che li ha animati durante la lotta; è stato all’ombra della Santa Casa che sono venuti a offrire a Dio, per mezzo di Maria, le primizie delle loro sofferenze, alcuni il loro ultimo sospiro»115 .
Mons. Dupanloup, nell’orazione funebre dedicata ai caduti per la Chiesa ed il Papato, esclamò, tra l’altro: «Santuario di Loreto, essi ti vedevano combattendo! Tu apparivi ad essi come il rifugio aperto alla loro anima ed i loro occhi morenti guardavano a te. Questi giovani usciti da Loreto pieni di vita vi tornavano la sera, su barelle, le membra mutilate e tra grida d’angoscia. Pregavano i portaferiti di deporli il più vicino possibile alla divina magione, e coloro che ancora ne avevano la forza, si trascinavano sulle mani e sulle ginocchia per avvicinarsi e baciare le sante Mura»116 .
115 A. GRILLOT, La Sainte Maison de Lorette, Alfred Mame et Fils Editeurs, Tours, 18767, Cap. XIII - I martiri di Castelfidardo, pag. 169. 116 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 168.