New Demo Magazine - Luglio 2013

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IL NUOVO MENSILE DI INFORMAZIONE GRATUITA / n. 21 LUGLIO 2013

Inside

Brindisi, finalmente una città da amare a pagina 20

Travel

Welcome in Tanzania a pagina 45

Sport

Playground Stories a pagina 48

Antonio Magrì

"SUA ECCELLENZA" VIRTUS Sfoglia Demo Magazine sul tuo smartphone





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Sommario IN QUESTO NUMERO Reportage

CONTRATTI A PRO-GHETTO

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Focus On

ERGASTOLO A VANTAGGIATO A un anno di distanza della strage arriva la condanna di primo grado

Storia di caporalato africano nella prima città in Puglia dei braccianti neri

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Salute

CUORE DI BIMBO Inside

BRINDISI, NEGROAMARO WINE FESTIVAL

Cardiopatia congenita, i vantaggi delle procedure emodinamiche

Pagina 8 / People SUA MISTER ECCELLENZA INTERVISTA AD ANTONIO MAGRÌ

Pagina 10 / Contemporary ARTE EDUCA ALL'ARTE THE ABRAMOVIC METHOD

Pagina 25 / Inside BRINDISI, IL RINANCIO PARTE DAL MARE NOSTRUM

l'opportunità per sviluppare il turismo enogastronomico

Pagina 26 / Focus On A COME ANORESSIA B COME BULIMIA

Pagina 34 / New Economy ANTONELLO VENDITTI E LA RICETTA DELLA NONNA

Outside

SALENTO Una terra da scoprire

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Pagina 38 / Libere Riflessioni TEST E PRETESTI LE MILLE FORME DELLA POESIA

Pagina 49 / Sport I SEGNI DEL BEACH VOLLEY



Fuori dalle righe

Editoriale di Agnese Poci / Direttore DemoMagazine

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opo aver letto per alcuni anni questa pagina, firmata da colleghi illustri, mi ritrovo oggi a vivere in prima persona una fantastica esperienza da direttore responsabile. Vorrei approfittare di queste pagine per ringraziare chi ha creduto nelle mie capacità, la Best in Puglia srl, che proprio per il suo lavoro di squadra è stata insignita di un riconoscimento per l'organizzazione del torneo interforze dedicato a Melissa Bassi. Così ci si sente, entrando a far parte della redazione di Demo, come in una squadra: qui sta la forza di questo gruppo, che cerca di lavorare al meglio per offrire sempre nuovi spunti di riflessione in chi costantemente segue Demo. In questo numero, abbiamo voluto dare spazio in copertina all'imprenditore francavillese Antonio Magrì, un esempio per chi crede in un progetto e si impegna per portarlo avanti. Il tutto, condito da una storia personale fatta di sacrificio e amore per la famiglia, che essa sia quella dei legami di sangue o aziendali, non importa. Ma non solo: sfogliando Demo, troverete un focus sulla città di Brindisi, che sembra essere rinata grazie alla riqualificazione del Lungomare Regina Margherita e alle manifestazioni che ha ospitato, con una altissima presenza di visitatori. E poi, spazio all'attualità, con la sentenza di ergastolo per Giovanni Vantaggiato, autore reo confesso dell'attentato all'istituto “Morvillo – Falcone” di Brindisi. Una condanna che non placherà il dolore e non sanerà le ferite di intere famiglie colpite il 19 maggio scorso. Viaggeremo nella mente degli adolescenti in lotta con la psiche e con il cibo con Valeria Morleo, che scandaglia per noi le tematiche dell'anoressia e della bulimia. Grazie allo sguardo attento di Federico Micelli, invece, andremo a conoscere in modo approfondito la vita degli immigrati del “ghetto” di Foggia, in bilico tra legalità e illegalità. Antonio Scoditti ci porterà per mano per il Salento, suggerendoci località da visitare e invitandoci a conoscere più da vicino le grandi storie del basket, nato per le strade dei quartieri più malfamati d'America, e il beach volley: sudore e fatica sotto il caldo sole estivo. Non mancheranno le nostre rubriche dedicate ai componimenti della scuola di scrittura creativa “Cinescript” e le “Libere riflessioni” di Ferdinando Sallustio. A loro e a tutti voi va il mio ringraziamento personale. Solitamente, quando si entra in un team corso d'opera, è difficile sentirsi a proprio agio. Questo, per me, non è successo. Merito di un gruppo affiatato, una seconda famiglia, composta dalla redazione di Demo e da tutti i suoi lettori.

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PEOPLE

SUA ECCELLENZA I VIRTUS Intervista ad Antonio Magrì patron della Virtus Francavilla

n periodi di crisi, si è alla continua ricerca di esempi positivi da seguire. E se un grande come Pablo Picasso diceva che copiare era da geni, mentre imitare da stupidi, non c'è che da credergli. Per questo, la nostra redazione ha voluto fortemente incontrare Antonio Magrì, titolare di NuovArredo, un faro dell'imprenditoria pugliese, felice per il successo della squadra di cui è patron, la Virtus Francavilla, che si è guadagnato l'accesso in Eccellenza.

di Redazione

Presidente, com'è stata vista dal Gruppo Magrì la scalata Nuovarredo nel mondo del calcio? Il nostro è un percorso iniziato circa diciassette anni fa, quando da studente universitario ho dovuto lasciare gli stu-

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di per andare incontro alle esigenze familiari. La precedente azienda in nostro possesso era in difficoltà, per cui ho lasciato tutto, iniziand tutto daccapo. Per cui, passo dopo passo, ci siamo ricostruiti una nuova strada, nonostante il fardello

dei problemi economici che ci siam portati appresso. Siamo partiti da zero. Con pazienza, abbiamo aperto il primo negozio, cui ne è seguito un altro e un altro ancora... e siamo giunti così alla realtà odierna, con circa 200 collaboratori, pre-


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senti in tutta la Puglia con 14 punti vendita. Sono sicuro che questo gruppo si rafforzerà maggiormente negli anni futuri, dato che sta riuscendo a difendersi bene dalla crisi. Quello nel calcio, invece, è stato un salto nel buio: eravamo inesperti. Ed è stata una nostra scelta quella di non circondarci di cosiddetti “addetti ai lavori”. Siamo partiti dal gradino più basso, la Prima Categoria. Se l'inesperienza porta ai risultati che abbiamo raggiunto ...Ben venga l'inesperienza! Le sue precedenti esperienze nel settore sportivo sono state da sponsor principale. Col tempo, siete riusciti a focalizzare l'attenzione sulla squadra, con notevoli risultati. Siamo stati sempre vicini allo sport, perché pensiamo che in generale sia un veicolo importante per le attività commerciali, soprattutto per quelle come la nostra, che entrano nelle case della gente per renderle migliori. Da sponsor per squadre di calcio e basket, abbiamo affiancato le società nel loro percorso verso le serie maggiori. Dopo di ché, ci siamo sentiti pronti per un'avventura con gestione diretta, perché quasi tutti siamo della famiglia NuovArredo: dal segretario al tesoriere, presidente e vicepresidente inclusi. Partendo dal basso, i rischi di sbagliare erano minimi e ci teniamo a portarlo avanti, con i piedi per terra, e i risultati stanno arrivando. Com'è vista dalla concorrenza commerciale su Francavilla Fontana la vostra escalation? La concorrenza fa bene, perché dà sempre stimoli nuovi. Basta vedere dove sono situati i nostri punti vendita. Lì, nelle vicinanze, ce ne sono altri, concorrenti. Questo perché siamo convinti che dove ci sono più aziende dello stesso settore, si crei un centro di attrazione. Poi, se oltre alla posizione, sai scegliere il prezzo e il prodotto giusti da offrire, allora riesci sicuramente a ottenere risultati. Come viene vissuta l'Eccellenza dal gruppo? Tutti i miei collaboratori sono tifosi della Virtus e seguono la squadra con grande attaccamento. Quindi, diventa anche un risultato aziendale. Siamo abituati a crescere come azienda e quando si cresce anche in ambiti diversi, ogni scatto in avanti viene vissuto con orgoglio e sono tutti molto contenti. La cosa bella è che anche nelle pause del lavoro – e anche durante, a volte, si parla di calcio.

La diversificazione di NuovArredo fa sì che il gruppo spazi anche nel sociale. Puntiamo molto sugli uomini. Va detto che la nostra è un'azienda molto giovane, la media va dai 30 ai 35 anni. Poi siamo attenti perché i nostri collaboratori stiano bene, perché se si sentono bene, allora lavorano meglio. Così, il lavoro diventa anche divertimento. Abbiamo una palestra aziendale gratuita per tutti i collaboratori, così come il bar aziendale, tutto per creare un clima in cui sia sereno vivere ed operare. E parlare di calcio, a quel punto, diventa inevitabile. Presidente, la Virtus Francavilla è in Eccellenza. A parte la questione sullo staff tecnico, quali sono i programmi di NuovArredo per questa categoria? Partiamo dalla riconferma di tutti i tecnici e tutti i dirigenti attuali. Abbiamo già una squadra che è abbastanza competitiva, ma chiaramente ci saranno degli innesti nei vari reparti e creeremo una squadra che possa fare bella figura, consapevoli delle difficoltà che può comportare un campionato di Eccellenza, che noi non conosciamo. Ancora una volta, da inesperti, ci avviciniamo ad una nuova sfida. Come in passato ci sentiamo un po' inferiori agli altri, ma se tanto mi da tanto... Il campionato di Eccellenza sarebbe la nostra dimensione naturale, perché tocchiamo più punti della Regione, quindi anche da un punto di vista commerciale

e pubblicitario, l'Eccellenza ci rispecchia come poche altre categorie. In chiusura, Antonio Magrì ha qualche sassolino da togliersi? Mah, qualche sassolino me lo toglierei nei confronti di chi non credeva in noi come squadra calcistica, tra cui un cronista che, in una trasmissione televisiva, mi diceva che per fare passi in avanti, per una squadra è fondamentale investire. Noi abbiamo mancato l'obiettivo vittoria del campionato per soli due punti: diciamo che alle polemiche abbiamo risposto sul campo. L'organizzazione della squadra ha sempre puntato in alto, senza creare alcuna pressione sul gruppo. Abbiamo sempre preteso il massimo dai nostri ragazzi, ma abbiamo anche fatto in modo che fossero sempre tranquilli: infatti l'inizio del girone di ritorno è stato il punto di svolta, perché è stato il solo momento in cui abbiamo pressato sui ragazzi, e i risultati si sono visti. 14 vittorie consecutive, 3 pareggi e una sola sconfitta. I numeri parlano. Il credo della Famiglia Magrì è che basta impegnarsi per vedere realizzarsi i propri sogni? Sì. Il nostro motto è “Uniti per un unico obiettivo”. Peraltro, il nostro slogan aziendale è “Tutto è possibile”. Per il prossimo anno, ci impegneremo al massimo e pensiamo a divertirci.

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CONTEMPORARY

L'ARTE EDUCA ALL'ARTE di Alessandro Passaro

Che cos'è la crisi? Dal greco, Scelta Che cos'è l'amore? Dal greco, Non morte Che cos'è l'arte? Un passaggio da una stato di crisi a una risposta d'amore diverso

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l mio reale obiettivo in questa recensione e nelle altre che seguiranno, se ciò avverrà, non è solo fornire un punto di vista differente sul concetto di arte, ma fornire una serie di punti cardine attraverso il quale la fruizione dell'arte possa avvenire in uno stato di consapevolezza maggiore. Come artista, pittore principalmente, sono circa 15 anni che mi relaziono con i meccanismi che motivano l'arte a superare se stessa, così come la storia dell'arte evidenzia. D'altronde, l'informazione non è tale se non viene esternata e condivisa, ed è per questo che ho accettato di buon grado l'idea di rivolgermi a un pubblico mesagnese e non solo, simbolo di un Sud con un potenziale infinito che però stenta a fare del confronto con l'arte reale nutrimento di vita, stimolo a una riflessione più profonda, intuizione che possa provocare una direzione costruttiva più funzionale al sistema e alla nostra elevazione mentale, emotiva e spirituale. Intanto quando si parla di arte, bisogna comprendere che si parla sempre di un dualismo tra un insieme e un particolare. La prima forma di questo dualismo ha a che fare con la natura stessa del processo creativo che è alla base di ogni forma di vita conosciuta, l'insieme, appunto. É il particolare rappresentato dall'arte Occidentale che è il canone vigente di regole e convenzioni più diffuso, per definire l'arte. Ma non l'unico. Infatti esistono culture dove l'arte è realmente condivisa al punto da fondersi con delle forme antropologiche di ritualità (come la santeria cubana), in cui la produzione dell'oggetto artistico si emancipa dall'autorialità, cioè da quel necessario ingrediente su cui regge tutta l'arte occidentale. Infatti il vissuto rituale veste i panni dell'opera d'arte in modo più incisivo rispetto all'oggetto che comunque diviene esperienza e traccia restante. Prima di affrontare il rapporto tra processo creativo della vita e l'arte occidentale, ci tengo a ricordare un'altra forma di corrente artistica che si diffuse alla fine del


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1957 e che prende il nome di situazionismo. Nonostante il Situazionismo abbia avuto autori di rilievo che ne hanno carburato lo spirito, come Guy Debord e Pinot Gallizio, esso guardava all'autorialità come qualcosa da cui emanciparsi. L'opera d'arte nel situazionismo corrispondeva alla vita stessa e si perdeva tra le trame del reale. Vi faccio un esempio: alcune opere di Debord erano delle vere e proprie passeggiate lungo strade di Parigi che presentavano tra loro atmosfere contrastanti: si passava da un quartiere povero, architettonicamente decadente ad uno ricco con una maggiore seduzione estetica. L'opera consisteva nell'elaborazione emotiva di quell'esperienza, fino a una maggiore consapevolezza di come tutto ci restituisce informazione causando emozione. Questa apparente banalità di fine in realtà, per l'epoca, era fortemente radicale, perché poneva una critica sia al nostro sistema percettivo ma specialmente a un potere mediatico che, come ci conferma la società odierna, ometteva alcune informazioni per avere maggiore controllo di massa. E divenire fonte di pensiero collettivo. Non è un caso che il situazionismo termina in uno stato che i critici definiscono 'Setta-

rismo', cioè la volontà di essere coerenti e non fondersi con meccanismi di massa come la moda e i mezzi di comunicazione che tendevano ad affermare solo i loro interessi di mercato. Ed è a causa di questo che si autoelimina in modo naturale. Oggi, se esiste una realtà artistica di tipo situazionista è da ricercare in tutti quei progetti che partono dalla terra per poi sperimentare nuove tecnologie adatte alla geografia del territorio, nuovi modelli di società all'altezza della coscienza e del potenziale umano di oggi. Ma torniamo al dualismo tra arte occidentale come particolare e mistero del processo creativo come insieme … Molti studiosi dell'arte sanno che la differenza che esiste tra un’opera e un’opera d'arte é che da quest'ultima si possono comprendere gli aspetti sociali, politici e culturali del periodo storico in cui l'artista ha vissuto e in cui l'opera è stata prodotta, Ovviamente, oltre al fatto che tutto avviene attraverso l'unicità di un linguaggio personale che è quello dell'artista. E' chiaro quindi che è proprio nel dialogo tra queste due entità che l'arte si svela. Pensiamo per esempio all'opera di Seraut, pittore di fine Ottocento, che viene ricordato per il puntinismo ( piccoli puntini di

colore che affiancati davano il reale ma anche la transitorietà dalla luce, NdA). Nell' opera “Une dimanche à la grande jatte” il concetto di insieme coincide con l'insieme sociale che si legge dai vestiti, dagli atteggiamenti con cui la classe più agiata si gode il contatto col fiume e con la natura. L'elemento particolare è dato invece dal fatto che Seraut, a partire da questo quadro, non dipingerà più solo en plein air, cioè dal vivo, all'aperto, ma posizionerà i vari personaggi dopo una strutturazione matematica dello spazio, Questo, rese Seraut uno dei precursori dell'arte concettuale del Novecento, cioè di quell'arte in cui la cosa importante è il procedimento mentale che c’è alla base, più dalla realtà che viene mostrata. Un altro esempio più contemporaneo è l'opera di Maurizio Cattelan, padovano che per un decennio ha diviso i critici: c’era chi gli dava del finto artista e chi lo considerava un vero genio. In un’opera realizzata qualche anno fa, Cattelan appende letteralmente il suo gallerista al muro con il nastro industriale. L'opera riuscirà ad uscire anche dalla sua dimensione oggettiva trasformandosi in una performance, quando il gallerista venne accompagnato continua Æ

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in ospedale perché avvertiva un malore. Appendere un gallerista al muro come se fosse un quadro era un modo di sottolineare come il vero artista non era Cattelan ma il suo gallerista. Era stato il suo gallerista a decidere e investire su di lui rendendolo poi tale. Quanti bravissimi artisti in tutto il mondo e anche qui in Puglia, non saranno mai mostrati perché nessuno decide di vederli e investire su di loro, ma non per reale mancanza di fondi, ma perché non si riesce più ad andare oltre il proprio sé di mercato. E' chiaro che la provocazione e la banalità di base diventano riflesso dell'insieme contemporaneo che viviamo. Dove le capacità artigianali scompaiono a favore di una riflessione concettuale che cambia il concetto stesso di estetica. Cattelan affitta uno stand alla Biennale di Venezia e realizza l'opera dello stand vicino. Invita tutti ad una sua mostra ma di lui nessuna traccia, tranne che per la corda fatta con lenzuola tesa alla finestra, da cui era scappato. Tutto questo rientra nella poetica di Cattelan che per molti è solo provocazione. In realtà è lo specchio di un sistema che deve evolversi per riuscire a dare nuovo senso evolutivo a se stesso e di conseguenza anche all'arte del futuro. Il concetto di caos, la perdita di uno scopo sensato nelle dinamiche sociali, la banalità di alcuni ideali che regolano le nostre vite, sono tematiche comuni all'arte degli ultimi 150 anni. Ma oggi un artista per essere veramente contemporaneo e orientarsi a produrre un 'opera d'arte, verso quale riflessione dovrebbe orientare il suo lavoro? Una performance recente di Marina Abramovic, una degli artisti viventi che hanno cambiato la storia dell'arte, pone nella sua meravigliosa sintesi, molti punti in merito. Marina Abramovic parte dalla sperimentazione dei suoi limiti fisici, nelle opere performative degli anni 60, svenendo per le prove a cui sottopone il suo corpo, traversando deserti, baciandosi per 48 ore con il suo compagno. Compie negli anni molti lavori fino all'ultimo di qualche mese fa, in cui realizza una performance stando completamente immobile su una sedia a guardare negli occhi tutti coloro che per circa 15 minuti sedevano di fronte. Per tutto il giorno. A moltissime persone può sembrare che una performance simile possa essere quasi scontata, dove l'estro artistico dell'artista e dell'opera non ci sia. In realtà io trovo, come sempre nel caso 12

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dell'Abramovic, che sia un lavoro in cui non si evidenzia ma si afferma una realtà oggi riconosciuta anche dalla scienza. Come per esempio la natura energetica della sostanza di cui siamo fatti, l'interconnessione di informazioni ed energia, di cui Internet ne rappresenta la nostra proiezione interiore, così come è sempre avvenuto per ogni mezzo che l'uomo ha inventato. Ogni mezzo è un antidoto al problema della società e che produrrà a sua volta altri problemi a cui serviranno nuovi antidoti. Se l'invenzione della stampa di Gutenberg, nel 500, risolve la necessità di catalogare tutti i dati precisi, facendo di ogni uomo un lettore, la riprografia (macchina fotocopiatrice) fa di ogni uomo un autore dando vita tra l'altro

al fenomeno dello spionaggio (affinché si potessero proteggere informazioni cartacee ormai facilmente riproducibili). Internet rende oggettiva la possibilità di essere interconnessi come realizzazione di una percezione che è dentro di noi come memoria quantica: la tecnologia dopo internet siamo noi e la nostra interconnessione energetica naturale. E' l'utilizzo della mente e delle emozioni affinché attraverso il cuore divengano desiderio di attuare un cambiamento. E' questo che il lavoro dell'Abramovic evidenzia. L'arte educa all'arte. Una società che non promuove l'arte non ha futuro di evolversi dentro e poter vedere molto di più in un atto apparentemente banale, come quello di stare seduti e guardarsi negli occhi. A presto.




REPORTAGE

CONTRATTI A PRO-GHETTO Rignano Garganico Storia di caporalato africano nella prima città in Puglia dei braccianti neri

di Federico Micelli

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qualche chilometro da Rignano Garganico, Foggia, in aperta campagna, esiste una piccola comunità: un ghetto, col tempo trasformatosi in un villaggio di circa 800 persone. É una baraccopoli di extracomunitari dediti al lavoro nei campi. Gente che dopo un turno di 10 ore, per 35 euro al giorno, si ritrova in questa realtà fatta di lamiere, pezzi di legno, cartone e materassi di fortuna. Si conoscono, si aiutano e si incoraggiano a vicenda. Raccontano le loro storie in una piccola radio, costruita con materiali riciclati e un vecchio amplificatore. È questo per loro l'unico modo di denunciare i problemi che colpiscono certe realtà dimenticate, spesso sconosciute. La maggior parte di loro, dopo lo sbarco clandestino nel “Bel Paese”, è corsa a cercare fortuna nelle industrie del nord. Ma con la palpabile crisi economica

attuale le fabbriche chiudono, e questa gente si riversa nei campi del Meridione, dove la richiesta di mano d'opera è sempre alta (soprattutto se low cost). Altri invece vivono in Puglia ormai da anni, e le nostre terre le conoscono a memoria. Appare come una cartolina in stile Korogocho, baraccopoli kenyota; qui però siamo a pochi chilometri dal comune di San Severo (FG), dove le istituzioni locali, in concomitanza con l'Asl ed Emergency, si preoccupano di fornire a questa gente servizi e beni come acqua potabile, un ambulatorio mobile e lo smaltimento rifiuti. Arroccati su quel che resta di antiche masserie, i braccianti d'oltremare hanno ormai posto le fondamenta di una piccola comunità agricola. I rischi non sono pochi, e oltre al discorso sanitario si pone anche la questione dello sfruttamento. Per questa ragione, nel corso degli anni, si è sempre più consolidata, in certi contesti, la figura del “caponero”. Egli rappresenta lo straniero che da ormai un decennio si è ambientato qui in

Italia. Ha i documenti in regola, un'auto e con la sua esperienza gestisce il trasporto dei lavoratori clandestini in dei terreni la cui retribuzione è garantita. Si occupa di coordinare i rapporti fra la manovalanza e il latifondista. Ma quel che più interessa è che il caponero è colluso col sistema mafioso della zona o ne è uno degli esponenti. Un parallelo con le campagne calabresi di Rosarno, dove la 'ndrangheta letteralmente piega questi lavoratori ai suoi turni asfissianti fino a farli sfociare in una protesta. La differenza nel territorio garganico, però, sta proprio nella ghettizzazione di questa realtà: immersa nei terreni agricoli, lontana almeno sette chilometri dal primo centro urbano. Nessuno, lì in mezzo, ha mai firmato un vero contratto o ricevuto soccorso se infortunato. È una storia vecchia una vita: lì dove lo stato non arriva, presto si insedia una forma di controllo alternativa, spesso subdola, che in questo caso garantisce ai braccianti quel servizio di cui hanno bisogno per riuscire a portare a casa la giornata.

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FOCUS ON

ERGASTOLO A VANTAGGIATO Mamma Rita: “GIUSTIZIA è stata fatta, ma NESSUNO mi ridarà MELISSA” di Agnese Poci

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rgastolo. La parola risuona nell’aula “Metrangolo” del Tribunale di Brindisi. Per Giovanni Vantaggiato, reo confesso dell’attentato all’istituto “Morvillo – Falcone” di Brindisi, la sentenza è chiara. Ergastolo. Nessuno applaude, nessuno gioisce alla lettura del lungo documento che la Corte d’Assise rende pubblico dopo oltre cinque ore di Camera di Consiglio. L’uomo che per la Corte ha lucidamente piazzato un ordigno esplosivo dinanzi al muretto dell’Istituto professionale brindisino, sapendo di provocare danni e vittime, è stato condannato all’ergastolo per strage, con l’aggravante della finalità terroristica, con isolamento diurno per 18 mesi. Si chiude così il primo atto della vicenda giudiziaria scaturita da un atto ignobile e premeditato, come sancito dalla sentenza emessa. Durante la lettura delle tre pagine scritte dalla Corte d'Assise brindisina, ogni pensiero è rivolto a Melissa, la ragazzina entrata nel cuore di un popolo intero, vittima innocente della rabbia e del risentimento di un uomo che si è sentito tradito dalla giustizia, e che la giustizia ha punito con il carcere a vita. A lei pensano mamma Rita e papà Massimo, che si stringono dolcemente la mano, mentre il Presidente della Corte d’Assise legge la sentenza. A lei pensano Selena, Azzurra, Sabrina e tutti i feriti dell'attentato, che sul corpo e nell’animo portano i segni di quella giornata nefasta. A lei pensa l’Italia intera, raccolta dinanzi ai televisori per ascoltare il verdetto, arrivato dopo cinque mesi di udienze e au-

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dizioni. Unita dinanzi ai media come il 19 maggio del 2012, quando quell’ordigno scosse la sicurezza che ogni genitore ha nel vedere nella scuola un luogo protetto, dal quale non ci si può aspettare una tragedia del genere. “Giustizia è stata fatta, anche se per noi più niente tornerà come prima. Nessuna sentenza ci restituirà Melissa, è solo un granello di sabbia.”Queste sono state le prime parole della famiglia Bassi. Massimo e Rita non potranno abbracciare mai più la loro unica figlia e dimostrano la loro superiorità decidendo di devolvere totalmente in beneficenza gli ottocentomila euro che Vantaggiato dovrà versare loro come risarcimento per un danno dall’inestimabile valore. Il gesto deprecabile di Vantaggiato, dipinto dal suo difensore, l’Avv. Orlando, come un uomo reso irriconoscibile dalle ingiustizie e inasprito dalle truffe subite, ha reciso i fili di un rapporto tra una cop-

pia di genitori schivi e sensibili e la loro figlia, brillante studentessa e giovane donna. Quella bomba ha distrutto la vita di Rita e Massimo, persone che nella vita si sono sacrificate per donare, a Melissa, un futuro più roseo. Sacrifici ripagati dalla dolcezza di una bimba che cresceva, che aveva una voglia matta di realizzare i propri sogni. Ma non solo. Con quell’ordigno sono saltati in aria anche i meccanismi, delicati come un ingranaggio, interni alla famiglia dell’imprenditore di Copertino e con essi la sicurezza che può derivare dall’appoggio, incondizionato, che solo i propri cari possono dare. Perché un gesto del genere ferisce anche chi non viene colpito dalle schegge impazzite di una bomba, innescando un infinito numero di domande ad effetto domino in chi accanto a quell’uomo ha vissuto per anni, sperando che quella sete di giustizia avesse presto fine.





INSIDE

brindisi Finalmente una città da Amare di Agnese Poci

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icordo con dolcezza le domeniche della mia infanzia. Con la mia famiglia, capitava di andare a Brindisi per una breve passeggiata. Un modo come un altro per i miei genitori di accontentare tre discoli. Di quelle serate, ho ancora nel cuore l'immagine della luce dei lampioni che si riflette sul pelo dell'acqua, tenebrosa e insieme romantica. Perché Brindisi e il mare, soprattutto con il suo luccichio alla luce del tramonto, hanno una forza straordinaria: con il loro naturale fascino, sono in grado di far innamorare chiunque. Persino il popolo brindisino, che non sembrava più sentirsi legato alla cultura marinara, come in passato. A far scoccare nuovamente la scintilla tra Brindisi e il mare, ci ha pensato il lungomare della città capoluogo, quel viale Regina Margherita tanto bistrattato negli ultimi anni. Un lungo restyling ha trasformato il lungomare da zona ad alto transito veicolare in un vero e proprio salotto, in cui i cittadini della Provincia intera scelgono di trascorrere piacevoli momenti

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INSIDE

di relax, osservando il Monumento al Marinaio e, in lontananza, il Castello Alfonsino. Per il momento, è fruibile solo il tratto stradale tra la piazzetta della Dogana e Palazzo Montenegro. Gran parte del lungomare è stato rimesso a nuovo, anzi. A rendere ancor più accattivante Viale Regina Margherita agli occhi dei brindisini e dei turisti è il suo look, fresco, che ricorda i porticcioli da favola della Sardegna. Il Comune sta ponendo rimedio, d'accordo con la Soprintendenza per Beni e Attività Culturali, all'unica pecca del lungomare: l'area degli scavi archeologici dinanzi la Capitaneria di Porto. Presto saranno fruibili anche le tracce dell'antica Brundisium, con l'area archeologica a vista. Per chi ha potuto apprezzare la Città durante le calde giornate di inizio estate o in occasione delle diverse manifestazioni avvenute sulla banchina ( vedi pag. 19, NdR), quest'area era transennata da una alta recinzione, dalla quale era facile però notare lo stato dei lavori. Il progetto, ideato dalla giunta Mennitti e inaugurato dall'Amministrazione Consales, deve ancora svilupparsi, prima di potersi dire concluso. Eppure i primi risultati positivi si sono registrati. Innanzitutto, evidente è lo scatto d'orgoglio dell'intera città, che si è sentita improvvisamente capace di catturare l'attenzione dei turisti e di far breccia nei cuori di chi la visita. In secondo luogo, l'azione di marketing territoriale ideata dall'amministrazione in carica è stata azzeccata: Snim e Negroamaro Wine Festival hanno avuto un appeal differente rispetto al passato proprio perché dislocati lungo viale Regina Margherita. Solo un inizio, questo, perché le potenzialità di Brindisi e della sua gente sono molteplici. Una città di mare...tutta da amare.

Foto Damiano Tasco

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FOCUS INSIDE ON

brindisi

NEGROAMARO NNE EEG EGRO EGR GGR GRO RROO WINE IINNNEE FESTIVAL l'opportunità per sviluppare il turismo enogastronomico

di Agnese Poci

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ibiamo, libiamo ne' lieti calici, che la bellezza infiora”, si canta nel primo atto de La Traviata. Giuseppe Verdi c'aveva preso giusto: in alto i calici, lorsignori, perché il tempo vola. E cosa c'è di più bello che vivere momenti di relax, in compagnia dei propri amici, sorseggiando un buon vino, magari prodotto tra i filari nostrani? A questo devono aver pensato gli organizzatori del Negroamaro Wine Festival, che quest'anno, per la terza edizione della kermesse enogastronomica hanno deciso di fare le cose in grande. Da venerdì 7 a martedì 11 giugno erano oltre 100 gli stands dislocati in ben 10 diversi scenari in cui ambientare le cinque serate di degustazioni: Piazza Vittoria, Piazza Mercato, via Cesare Battisti, piazzetta Teatro Verdi, piazza Sottile-De falco,via Duomo, via Santi, via Casimiro, per concludere con via Colonne e il lungomare Regina Margherita. Niente è stato lasciato al caso: i ticket degustazioni in tre fasce di costo

ed offerta, l'area bimbi in cui i più piccoli hanno potuto divertirsi, regalando ai loro genitori qualche momento in compagnia del nettare di Bacco. E poi, a scorrere a fiumi, oltre ai vini rossi, rosati, bianchi e alle birre artigianali, tanta musica: nei sei spazi maggiori, ecco che si sono alternati generi musicali diversi e ugualmente travolgenti. Dal soul al blues, passando per il jazz, senza tralasciare le tribute bands e la musica popolare. La macchina di gestione del traffico, infine, ha saputo funzionare alla perfezione, con le arre parcheggio di viale Arno con servizio navetta, oltre a quelle previste in via Dalmazia, via Torpisana e via Spalato. La città di Brindisi, organizzando una manifestazione lunga un weekend, si è saputa inserire nelle offerte turistiche dei tour operators che trattano le classiche mete da “gita fuori porta”, un settore che vede la città capoluogo molto attiva nell'attirare visitatori che occupino le stanze d'albergo non solo in settimana, ma anche nei fine settimana. Perché a Brindisi si è notato con forza questo trend: molte sono le stanze degli hotels che vengono prenotate durante i giorni feriali, grazie agli insediamenti industria-

li presenti e all'aeroporto, ma il numero cala drasticamente con l'avvicinarsi del weekend. Brindisi, poi, soffre della vicinanza di Lecce e delle marine salentine, prese d'assalto dal turismo dei nuovi ricchi provenienti dalla Russia che preferiscono il barocco leccese alla scalinata virgiliana. Per cui, ritagliarsi uno spazio nell'offerta turistica nel periodo di inizio estate e garantire al turista più manifestazioni in rapida successione permette alla Città di creare le basi per una più solida struttura per il turismo.

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INSIDE

di Agnese Poci

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brindisi il rilancio parte dal Mare Nostrum

er realizzare qualcosa di buono, nel lavoro come in tutti i settori della vita, è necessario impegnarsi al massimo, partendo da un progetto ben chiaro. Questa è stata l'idea di base del Comune d Brindisi, che ha improntato una decisa politica di marketing territoriale che punta tutto sullo sfruttamento delle migliori risorse a disposizione. Da qui, è nata l'esigenza di creare una serie di happenings che destino curiosità e interesse in chi si trovi a visitare la Città. Protagonista, ovviamente, deve restare la più importante delle risorse naturali a disposizione, il mare. E così, Brindisi ha incentrato sul riqualificato lungomare alcuni degli appuntamenti più attesi: oltre al Negroamaro Wine Festival, ecco prender vita su viale Regina Margherita il Salone Nautico della Puglia (Snim) e la 28esima edizione della Regata Internazionale Brindisi-Corfù. Grandi avvenimenti, che hanno catalizzato l'attenzione dei più e degli addetti ai lavori sulla città capoluogo. Solo per il Salone Nautico, boom di presenze, sebbene i 180 stands presenti- il 50% in più rispetto all'ultima edizione – fossero prevalentemente dedicati ad articoli nautici, e in tempi di magra come questi, sembra difficile pensare che tutti i visitatori si fossero recati in città per acquistare motoscafi. Piuttosto, ad essersi realizzato, più delle vendite, è il desiderio dei brindisini di vivere un'atmosfera da sogno, cercando di immaginarsi su un 10 metri, capelli al vento e tanta voglia di solcare i mari, magari sfuggendo alle difficoltà della vita quotidiana. Non tutti i visitatori, infatti, che hanno solcato il neorestaurato lungomare sono dei lupi di mare provetti, bensì hanno potuto ammirare le enormi imbarcazioni a vela che, ormeggiate dinanzi alla scalinata virgiliana, attendevano di salpare per la Regata di respiro internazionale che ogni anno parte da Brindisi e diretta verso l'isola di Corfù. A trionfare in acqua, è stata l'imbarcazione Florenxia, della Lega Navale Italiana di Campomarino (Ta) di Michele Semeraro, ma a gongolare per il successo ottenuto dall'affluenza di un elevato numero di presenze per gli eventi è stata la Città intera, che è tornata a respirare quella brezza, sferzante, che spirava durante le serate di inizio giugno, grazie alla quale è tornata a vedere Brindisi e le sue potenzialità con occhi nuovi. DEMO MAGAZINE

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FOCUS ON

“La solitudine è per lo spirito, ciò che il cibo è per il corpo” Seneca Sono i DAP: Disturbi Alimentari Psicogeni, i più importanti disturbi alimentari presenti nella popolazione. In italia circa 3 milioni di persone, pari al 5% della popolazione, soffre di questi disturbi. Anoressia e bulimia (senza dimenticare l’obesità) sono gravi patologie che minano il fisico e rappresentano modi differenti di esprimere un profondo disagio personale. Perdite affettive, abbandoni, eventi traumatici sono quasi sempre cause scatenanti o micce che innescano questa catena contornata da sofferenze sia per l’individuo colpito che per i suoi familiari. Per diverso tempo la letteratura scientifica ha definito queste patologie come “femminili”, ma ad oggi dati allarmanti segnalano una problematica presente anche nel sesso maschile. Le donne, in ogni caso, detengono il triste primato, la ragione probabilmente va ricercata nell’eterno e conflittuale rapporto che hanno col proprio corpo, con la propria identità ed autostima, con il voler emulare il mito della “donna perfetta”.

a i s s e r o an A I M I L U B come

come

di Valeria Morleo

I

l problema dell’anoressia appare sempre più drammatico in una società che propone modelli e immagini pubblicitarie che inneggiano ad un concetto di forma fisica troppo spesso distorto, che induce milioni di ragazzi e ragazze a dichiarare guerra al cibo. L’anoressia si manifesta con un drastico abbassamento del peso corporeo e degli apporti alimentari giornalieri. Il soggetto anoressico nega ad oltranza e con convinzione la fame. Una “fame” alimentare ed affettiva che tende a sopprimere totalmente. E’ a questo punto che subentra il rifiuto di tutto, un rifiuto che cerca un’illusoria autonomia da ogni bisogno e desiderio. Questo disturbo inizia con una dieta per migliorare la propria immagine. La persona anoressica persegue un ideale di magrezza irraggiungibile, rispetto al quale si sentirà sempre inadeguata. Il corpo viene percepito come grasso, pur essendo in evidente sottopeso. L’anoressico vive nell’illusione che, cambiando il corpo, possa cambiar la vita.

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FOCUS ON

Il corpo diventa una sorta di palcoscenico sul quale viene inscenato un dolore che le parole non riescono a spiegare. Una convinzione, quella della magrezza ad ogni costo, che una “ragazza fuscello” riesca ad incarnare il prototipo della donna perfetta. Quel che ci si chiede è: come fa ad essere considerata dalla società una “immagine perfetta” una donna semplicemente ossuta? Questi cattivi esempi che ci vengono giornalmente proposti non considerano minimamente le conseguenze negative che provocano negli spettatori e le manie di emulazione che ne conseguono.

La bulimia ha tutte le caratteristiche delle patologie da dipendenza, in questo caso l’oggetto da cui si dipende è il cibo. La persona bulimica ingerisce quantità smisurate di cibo, anche crudo o avariato per poi fare in modo di non metabolizzarlo. Gli episodi bulimici possono essere scatenati da alterazioni dell'umore, stati d'ansia o stress. Il soggetto bulimico avverte una preoccupazione smisurata per il peso e la propria forma corporea. Si sente l'esigenza di seguire sempre una dieta ma si ha, nonostante ciò, il terrore costante di ingrassare e se questo accade si fa di tutto per dimagrire: in genere è proprio questo che spinge le persone che ne soffrono a cercare una cura. Il rifiuto spasmodico verso tutto e tutti è vano ad ogni tentativo e può continuare per anni senza dare sintomi apparenti, causando però una drastica caduta dell’autostima ed innescando un senso di colpa costante. Il disturbo anoressico-bulimico si manifestano in adolescenza, ma le loro radici generalmente trovano origine nell’infanzia. I genitori sono il fulcro del benessere e del malessere dei propri figli. Spesso la famiglia non è consapevole dei disagi psicologici non risolti, troppo spesso taciuti e nascosti, che possono essere causa scatenante del disturbo. Anoressia e bulimia creano disorientamento all’interno del soggetto e delle persone che lo circondano. I genitori, in particolar modo, si ritrovano impotenti ad assistere ad uno “spettacolo” che vede il proprio figli protagonista della rovina della sua stessa vita. Sono innumerevoli le storie che hanno per oggetto l’animo turbolento e scosso degli adolescenti, personalità non ancora definite che si lasciano influenzare negativamente dalle pubblicità, dalle foto, dall’apparenza. Ma purtroppo non si limitano ad osservare coetanei dal fisico esile e longilineo, tendono a idolatrare un prototipo di bellezza falsato e sbagliato, lasciandosi pervadere da una smania incontrollabile di emulazione. DEMO MAGAZINE

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CINE SCRIPT

Raccontare con discrezione l'intimità di una perdita e la paralisi emotiva di chi rimane è ciò che ha permesso alla ventottenne di Francavilla Fontana (Br), di conquistare ex aequo il 3° posto nella prima edizione "Borsa di studio in scrittura narrativa Melissa Bassi", istituita e finanziata dall'Associazione Cabiria nell'ambito del progetto Cine Script. Seguiteci tutti i mesi su Demo e sulla pagina Cine Script di Facebook. Buona lettura. Anna Rita Pinto

Il viaggio di tutte le notti di Maristella Tamborrino

Solito bar. Come tutte le sere Alberto Morelli saluta distrat-

fia. Lì, di fronte a lui, che sorride. Come sorrideva allora.

tamente i camerieri, dà un'occhiata al locale e si dirige con

Ci sono ancora le impronte delle tue mani, questa piccola

passi lenti al solito tavolo, quello in fondo, accanto alla fine-

incisione mi parla ancora di te. L'avevi fatta con le chiavi

stra, quello che si affaccia sulla strada principale. Siede con

della tua auto. Sapevo che era il tuo modo per riconoscere il

aria stanca e molto seria, poi prende dalla tasca sigarette

nostro tavolo. Non sapevi che da allora avresti inciso anche

e accendino e li posa sul tavolo con la ritualità di sempre.

il mio cuore. Il tuo profumo. Lo sento ovunque, se chiudo

Ordina il solito cognac, ringraziando in anticipo con il so-

gli occhi. Apri i tuoi, Sofia. Perché non hai voluto che ti ac-

lito impercettibile movimento delle palpebre. Si passa una

compagnassi quella sera? Alberto china la testa, perdendosi

mano tra i capelli scomposti e prematuramente grigi. Atten-

nello specchio di cognac nel bicchiere. Un magone gli strin-

de. Solita amarezza. Quella che gli ha eroso ogni energia,

ge la gola, una voragine si apre all'altezza dello stomaco, gli

che gli ha sepolto ogni ambizione. Da sette anni quel tavoli-

risucchia ogni organo vitale. Guarda l'orologio. Pochi minuti

no è diventato l'estensione della sua persona, il custode dei

a mezzanotte. Dalla finestra aperta giungono scoppi di ri-

suoi pensieri, il magazzino della sua tristezza. Quel tavolino,

sate, echi di voci, musica dei locali vicini, canti di venditori

anonimo e ammaccato, è diventato l'immagine ferma di So-

ambulanti. La vita pulsa, lì fuori, ma non dentro lui.

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CINE FOCUS SCRIPT ON

L'uomo che siede al tavolo di fronte lo guarda. Forse si chie-

Della tua ultima corsa in auto. L'ultimo abbraccio è stato

de cosa stia attendendo. Nulla, non attende nulla Alberto:

quello del vento caldo di scirocco. Dopo quella notte nes-

davanti a sé solo una distesa infinita di giorni sempre uguali.

sun cataclisma ha scosso il mondo, il sole non ha smesso di

Alberto ha rinunciato a vivere la sua vita, così è diventato

sorgere e di tramontare, le stagioni si sono susseguite con il

un attento osservatore della vita altrui. Dai lineamenti di

loro inarrestabile ciclo, il tempo ha proseguito la sua corsa.

un volto sconosciuto intuisce i moti che si agitano dentro,

Ma per lei il tempo è cessato. Per lui si è fermato. Inchiodato

da uno sguardo fugace l'esatta vibrazione di un sentimento.

lì, a quel tavolo. Da allora tutte le notti sono state uguali per

Anni di solitudine lo hanno dotato di un privilegio speciale.

lui. Notti senza sonno e senza riposo. Notti affogate in un

Ma non ha più gli occhi di Sofia in cui riconoscersi. Senza

cognac e in una manciata di sigarette. Vorrebbe piangere

quegli occhi è diventato estraneo anche a sé stesso. Dalla

Alberto, ma il suo dolore si è condensato nell'aria. Accorda

penombra del suo tavolino osserva delle ragazze che si ac-

la sua tristezza a qualche malinconica nota di musica jazz

calcano eccitate al bancone del bar, riempiono il locale con

di un locale vicino. È notte fonda ormai. È ora di lasciare

un vociferare confuso e chiassoso.Ridono come aveva riso

quel tavolo, di salutare Sofia. Si alza lentamente, con quel

lei l'ultima sera trascorsa insieme. In quello stesso locale.

poco di energie sufficienti a sollevare il peso del corpo, e si

In quello stesso, frenetico, incalzare della vita. Sono passati

dirige verso le strade deserte del centro. I suoi passi crepita-

troppi anni da allora. A stento Alberto riesce a ricordare il

no sull'asfalto impregnato di umidità, emettendo un suono

suo volto, i suoi gesti, le sue parole, la sua voce. Tutto sbia-

cupo. Il suo corpo è un fardello che trascina con sforzo. La

dito in un disegno incerto, sfumato in un alone indefinito.

luce dei lampioni distingue appena i bordi del vialetto, illu-

Solo lo scoppio del suo sorriso si è scolpito nella memoria.

mina a stento i suoi passi incerti e malfermi. Apre la porta

L'ultimo residuo ricordo di lei. Accende una sigaretta, quel

del suo appartamento e si accascia pesantemente sul diva-

pensiero comincia a sbranarlo pezzo a pezzo. Lancia un'oc-

no. Chiude gli occhi nell'oscurità della stanza. La stanchez-

chiata al locale attraverso il fumo, sorseggia il cognac e poi

za e la confusione gli hanno appesantito la testa, tutto ruota

guarda di nuovo attraverso la finestra, lo ti aspetto Sofia. 77

intorno a una velocità vorticosa. Lo sfinimento gli consuma

aspetto da sette anni. Sei andata via così, senza una parola di

le membra. La notte comincia a farsi più sfumata, mentre

saluto perché sapevamo che ci saremmo visti il giorno dopo

dalle persiane semichiuse filtrano i primi bagliori dell'alba.

e poi quello dopo ancora. Solo un abbraccio affrettato, come

Il solito giorno che avanza. Non oppone più resistenza Al-

al solito quando facevamo tardi, prima della corsa in auto.

berto. Finalmente si addormenta.

I racconti di Piccole Storie di Cine Script sono protetti e di proprietà degli Autori. Ne è vietata la riproduzione totale o parziale per mezzo stampa o in altre forme, anche di rappresentazione teatrale o filmica, se non previo consenso dell'Autore stesso. Per informazioni: annaritapinto@cinescript.it

Cine Script Via Eugenio Santacesarea, 14 • Mesagne (BR) 0831.1792991 • 328.2069017 www.cinescript.it • infocorsi@cinescript.it • facebook: cinescript DEMO MAGAZINE

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SALUTE

Cuore di Bimbo Intervista al dott. Teodoro Pirolo, da ventitré anni dirigente medico del Reparto di Cardiologia Pediatrica presso l’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari

di Agnese Poci

Dottore, c’è differenza tra il cuore di un bimbo ed il cuore di un adulto? Nel bambino prevale la cardiopatia congenita, dovuta ad un'anomala anatomia del cuore, determinandone un funzionamento imperfetto. Nell’adulto prevale la patologia da occlusione dei vasi arteriosi che irrorano il cuore. Un caso eclatante è stato quello del calciatore Cassano, che soffriva di una cardiopatia congenita che si rivela nell’adulto. Nel suo caso, non si era chiuso un forellino, il forame ovale, presente nei bambini che solitamente si chiude nel giro di giorni, mesi o pochi anni. Quanti sono i bambini affetti da cardiopatia congenita? 7-8 bambini su mille nascono con una cardiopatia congenita, anche se la maggior parte di esse sono lievi e non hanno rilievi sulla loro crescita. In altri casi si interviene alcuni giorni dopo la nascita del bambino. Solo per 3-4 bambini su 10 è necessario intervenite chirurgicamente, altrimenti basta il trattamento emodinamico. Quali sono i vantaggi delle procedure emodinamiche? Oltre a non dovere aprire il torace, non è necessario fermare il cuore e si appronta una circolazione extracorporea: durante l'intervento si appronta una circolazione che non passa dal cuore. Quali sono i segnali di una cardiopatia congenita? Quali sono i mezzi diagnostici per individuarla?

Si sospetta quando un neonato ha un colorito bluastro, respira male e spesso affrettatamente. Oppure, quando si nota che il bimbo non cresce. Ad aiutarci c'è l'ecocardiografia, che attraverso gli ultrasuoni visualizza il funzionamento del cuore. Innocua, dà un 90% di attendibilità diagnostica se effettuata da operatori esperti e qualificati in campo pediatrico. Che deve fare un genitore al cui figlio è stata diagnosticata una cardiopatia congenita? In Puglia, è necessario rivolgersi al Centro di eccellenza “Giovanni XXIII” di Bari. E’ accaduto a me con le mie figlie: le ho affidate ai miei colleghi, riscontrando quella stessa qualità delle cure che vivo ogni giorno.

Si praticano procedure emodinamiche nel Vostro Centro? Con quali risultati e tempi di attesa? Sì, almeno 6-7 a settimana. E con buoni risultati. Nell’urgenza e nell'emergenza non esistono liste di attesa. E l’attesa non è lunga nel caso di bambini che possono aspettare qualche settimana o giorno senza rischio per la loro salute. Cosa pensa dell’invio dei bambini in Centri di Eccellenza fuori dai confini regionali? Per me così si determina sofferenza nel bambino e nei familiari. Inoltre i conti economici della regione Puglia ne risentono con denaro che esce dalla tasca dei contribuenti pugliesi. Noi facciamo ciò che fanno tutti gli altri Centri di eccellenza del mondo! Per migliorare ancora le prestazioni, dovremmo investire nelle tecniche di neuroimmaging, basata sulla visualizzazione non invasiva del cuore con Tac e Risonanza Magnetica. Invitiamo i lettori a esprimere contributi da inviare via email a: straccione57@gmail.com

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NEW ECONOMY

FRANCESCO DE GREGORI E LA RICETTA DELLA NONNA PER CAPIRE IL CAPITALISMO DEGLI ANNI 2000 "Discutevano in quattro in un tramonto italiano / di politica, estetica e matematica / le loro sigarette tiravano il fumo al mulino / e all'improvviso un'esplosione da lontano / erano l'ultima guerra e il primo amore / miti tranquillizzanti / forse droghe pesanti / o mani pietose che chiudono gli occhi.� "E sotto un fondale di stelle / gli impiegati della compagnia rubarono / tutta la frutta dagli alberi e la portarono via"

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NEW ECONOMY

di Maurizio Micelli

Q

uesti versi di De Gregori possono aiutarci a comprendere come, negli ultimi anni, mentre molti sono stati impegnati a trovare un senso alle cose, pochi hanno lavorato per accaparrarsi ricchezze a discapito dei più. Ecco i movimenti compiuti da alcune banche americane.

FASE 1 I banchieri americani, con la complicità di agenti immobiliari, offrono a minoranze economico-culturali la possibilità di contrarre un mutuo per acquistare una bella casa. Firmando una ricca autocertificazione, in cui si attesta che una coppia gode di un lavoro stabile e ben retribuito, il mutuo viene concesso con rate mensili alla portata delle tasche di portoricani, neri, messicani ed emarginati che realizzano così il loro sogno americano: una bella villetta a schiera, con tanto di giardino. Questi Mutui sono i noti "Sub Prime" , nome che indica appunto che la loro affidabilità è al di sotto della soglia degli standard normalmente richiesti.

FASE 2 Dopo qualche anno, però, le rate dei mutui non sono più alla portata e diventano pesanti. L'inglese tecnico con cui erano redatti i contratti di mutuo prevedevano che le rate da 200 dollari mensili sarebbero diventate col tempo di 2.000. E ben presto, il sogno si trasforma in incubo. Semplifichiamo: io sono una banca. Giorgio mi deve del denaro, che gli ho prestato per comprasi la casa, e me lo ridarà a poco a poco. Giorgio ha firmato con me un contratto, pensando che pagherà per un certo numero di anni rate basse e costanti, ma ha dichiarato il falso, affermando di avere un lavoro stabile e ben remunerato. Giorgio, però, non ha letto il contratto per bene, perché si è fidato della mia parola. Io, Banca, non voglio aspettare tutti questi anni per incassare tutte le somme prestate. Allora chiedo ad un esperto, come una società di rating, di esprimersi su quanto siano affidabili i miei creditori. L’esperto in questione dichiara che l’affidabilità è massima, da tripla A. Poi chiedo alla più grande compagnia di assicurazione di garantire i prestiti: dinanzi alla tripla A scatta la copertura assicurativa. Peccato che banca e società di rating facciano capo alla stessa proprietà. A quel punto io, Banca, vendo tutti i crediti ad altre banche, che mi anticipano i soldi che avrei dovuto incassare nel tempo. Saranno loro a sostituirsi a me nell'incassare le rate dei mutui sub prime da Giorgio & co. Ovviamente, i dirigenti delle banche che vendono e comprano i crediti intascheranno bonus personali per centinaia di milioni di dollari, il premio per un lavoro ben svolto. É ovvio che nessuno sarà più in grado di pagare le rate del

mutuo, e chi si è sostituito alla banca, avrà anticipato milioni di dollari: aspettandosi d’ incassare le rate dei mutui, si ritroverà con buchi enormi nei bilanci, col concreto rischio di fallire. Di conseguenza, tutto il mercato immobiliare crollerà per effetto della solita bolla speculativa che si sgonfia. Questo rischio ha riguardato le più grandi Banche d’affari e la più grossa compagnia di assicurazione americane. Queste istituzioni finanziarie sono talmente grandi che, se fallissero, rischierebbero di travolgere tutto il sistema economico americano, e per una sorta di effetto domino, tutto il sistema economico mondiale. In un sistema capitalistico, il rischio d 'impresa è un fattore naturale: chi sbaglia fallisce e avanti un altro. Ma queste sono istituzioni talmente grandi che non si può lasciarle crollare: così s’impone il principio detto "Too big to fail", troppo grandi per fallire. Alla fine gli Stati Uniti hanno deciso di stanziare circa mille miliardi di dollari di soldi pubblici per salvare banche e banchieri, per salvare anche quegli stessi managers che si sono arricchiti personalmente e messo in crisi le banche che dirigevano. La ricetta della nonna, basata su avidità dei banchieri ed ingenuità dei contraenti, aveva funzionato. Il tema è più complesso di quanto qui modestamente rappresentato. Ciò che ci interessa è che questo gioco fu praticato anche dalle banche europee, che hanno comprato anch'esse abbondanza carta straccia americana ed ora si ritrovano con enormi buchi nei bilanci, senza avere le risorse necessarie per finanziarie le attività produttive: non c'è denaro da prestare alle aziende (in Italia il fenomeno è macroscopico) e l’economia di un intero continente, basata sul credito bancario, è in profonda crisi. Il risultato? Aziende che chiudono, gente che perde il lavoro, gente che perde la vita.

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LIBERE RIFLESSIONI

Testi

le mille forme della poesia

di Ferdinando Sallustio

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inque giovanissimi poeti del liceo "Pepe-Calamo" di Ostuni sono stati premiati il 29 maggio scorso nella quarta edizione del premio "Antonio Sallustio", istituito per ricordare la figura dell'edicolante e libraio "storico" della città, scomparso nel 2009, che in gioventù, dalla sua Calabria, aveva pubblicato decine di poesie ed articoli su riviste ed antologie nazionali, tanto da essere inserito nel prestigioso "Panorama biografico degli italiani d'oggi" edito dalla Curcio nel 1956. La premiazione è avvenuta nella "Casa della musica" di Ostuni: per il biennio del Classico è stata premiata Valeria Russo (IV A) con "Le parole del mare"; per il triennio il premio è andato a Roberta Pignatelli (II C) per la poesia "Respiro"; per lo Scientifico il premio del biennio è stato attributo a "L'amore perduto" di Maria Chiara Gianfreda (II C), quello del triennio ad Angelo Santoro (III A) con la poesia "L'attimo prima". Una menzione speciale è andata a Elena D'Alessandro (IV A dello Scientifico) che ha scritto "Il regno della felicità".

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Pretesti


LIBERE RIFLESSIONI

La commissione giudicatrice comprendeva la dirigente del Liceo Annunziata Ferrara, i professori Maria Menna Colacicco, Elena Narracci e Matteo Laterza e, in rappresentanza della famiglia, Ferdinando Sallustio. La studentessa Donatella Urgesi, anche lei partecipante al premio, ha realizzato con grande cura un video sulla poesia nel cinema e nella televisione; applauditissimi la giovane cantante e poetessa Fabiana Suma, e il pianista ed arrangiatore Giuseppe Anglani, entrambi studenti dello Scientifico, ed entrambi di grandissimo talento, che hanno interpretetato alcuni grandi classici della musica italiana da De Andrè a Battisti, da De Gregori a Venditti. Sabato 25 maggio un'analoga premiazione per i giovani poeti si era svolta a Cariati (Cosenza), città di origine della famiglia Sallustio: nel 1957 Antonio Sallustio scrisse i versi dell'inno per il Vescovo di Cariati mons. Orazio Semeraro, che proveniva proprio dal clero di Ostuni, dove era stato vicario generale. Le iniziative sul tema della poesia sostenute dalla "Casa della musica" e dal Liceo "Pepe-Calamo" di Ostuni, proseguiranno a partire dal prossimo settembre.

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MEMORIES

Ciao Roberto Sono trascorsi 10 anni e il vuoto incolmabile nella tua famiglia e in me è rimasto immutato. Sono passati molti anni ma sembrano giorni perché per me è come se fosse stato ieri. Come iniziare una lettera come questa? Semplicemente Ti voglio dire: Roberto, mi manchi. Sì, lo so. Non vado in chiesa a pregarti, non vengo al cimitero a portarti un fiore da tempo. Lo sai benissimo, che la mia non è dimenticanza o menefreghismo. E' solo che a vederti dietro una lapide di marmo non ce la faccio. Questa lettera Te la spedirò ovunque tu sia. Ti assicuro, non ti scrivo per riempire questa pagina di lacrime e pensieri tristi. Per me non sei mai andato via. Forse per il divertimento che la vita nei nostri vent'anni di amicizia ci ha regalato. Sarà stato che sei andato via così in fretta che ci ho messo anni ad abituarmi; sarà che mi sarebbe tanto piaciuto avere una mail a cui scriverti ogni tanto, per raccontarti come me la passo senza di Te; sarà che basta nulla perché tu mi venga in mente. Non dimentico niente. E allora sappilo, sei ancora dentro di me. In un modo diverso, certo, ma ci sei. Il bello è che adesso, quando ti penso, e mi capita spesso senza un reale motivo, mi viene da sorridere. Penso agli scherzi impietosi, ai segreti inconfessabili che ci raccontavamo ascoltando “Ridere di te” di Vasco Rossi. In silenzio osservavo la tua stravagante somiglianza a quel testo. “Tu si che sei speciale ti invidio sempre un po’ sai sempre cosa fare e che cosa è giusto o no”. E poi le feste con un quintale di cibo a disposizione, le birre e le angurie che alla fine, svuotate, finivano immancabilmente in testa a qualcuno. E la rabbia per i tanti stronzi che incontravamo sulla nostra strada quando da ragazzini abbiamo cominciato a crescere, scoprendo il sesso e l'amore. Ti ricordi, vero? O gli scherzi in pizzeria. Ridi, ancora? Mannaggia. E poi i viaggi in macchina nel disperato tentativo di azzeccare per tutta una sera canzone l'accordo giusto. Impossibile, lo sai. La Tua intelligenza, il Tuo umorismo, la Tua fantasia, la Tua capacità di unire personalità diverse. La Tua capacità di consolarmi. Queste armi sono sempre con me e le uso per affrontare “questo giochino senza regole” chiamato vita. Il tempo ha messo a posto le cose. La rabbia per la tua partenza ha finito con il lasciare il posto alla pace, al sorriso. Se te ne sei andato non è colpa né tua, né mia o di altri. Ogni volta che si guardano le stelle si dice che una di esse, la più luminosa, sia quella che ti sta osservando maggiormente. In tanti momenti della mia vita molto difficili ho sempre sperato di vederla ma non ci sono mai riuscito o più semplicemente non l’ho mai voluto forse perché non ho mai comparato la luminosità del mio ricordo a quello al di fuori di esso. Sei morto solo se nessuno si ricorda più di te. E soprattutto andarsene non significa morire. Mi vien da pensare che qualche volta, sulle nostre spiagge caraibiche dei nostri sogni giovanili, mentre ti fai massaggiar la schiena e commenti, sardonico, la bellezza di un bicipite, forse avrai pensato di esser stato dimenticato. Non preoccuparti, continua a divertirti ed organizzare feste grandiose. Qui, a noi, a me, basta un tuo acuto e le mille altre piccole cose per tener vivo in me il piacere del tuo sorriso. Poi un giorno, te ne sei andato. Era il 27 luglio del 2003. Un bacio. Ti voglio bene amico mio. A nome di tutte le persone che ti hanno stimato ed apprezzato e che ti vogliono sempre molto bene, ovunque tu sia Ti raggiunga questo mio piccolo pensiero. Sono certo che ci guardi e ci sorridi. Alessandro

In ricordo di Roberto Agostinelli, scomparso il 27 luglio di 10 anni fa a seguito di un incidente stradale

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OUTSIDE

salento Terra da scoprire

di Antonio Scoditti

I

nsenature rocciose e distese di sabbia bianchissima. Antiche torri d'avvistamento e boschi di pini d'Aleppo. Un viaggio tra Mar Ionio e Adriatico, alla scoperta delle coste salentine. Tra luoghi selvaggi e beach club di tendenza Angoli segreti, calette poco affollate, sentieri silenziosi nella macchia mediterranea: esistono ancora posti così, anche se sempre più rari nascosti nei trecento chilometri di costa del Salento. Un viaggio virtuale che parte delle coste dello Ionio per finire su quelle dell’Adriatico. Partiamo dalle Dune di Campomarino: cinque chilometri di straordinaria bellezza. Qui non ci sono stabilimenti, ombrelloni attrezzati o balli di gruppo. Qui si scende inoltrandosi fino alla sabbia dorata e all'acqua cristallina. Proseguendo per San Pietro in Bevagna, lungo la litoranea ionica tarantina, si scoprono invece importanti riserve naturali,

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come il fiume Chidro, che nasce da un profondo cratere subacqueo, e la vecchia Salina del Monaci: 25 ettari sulla riva ovest di Torre Colimena, regno dei fenicotteri rosa. Dopo una manciata di chilometri, eccoci arrivati nella zona di Porto Cesareo, un'area marina protetta dove, seguendo percorsi guidati, si può andare alla scoperta delle formazioni di coralligeno, di praterie di poseidonia e di tante grotte che rendono lo scenario sommerso davvero sorprendente. Sui fondali non è difficile imbattersi in reperti archeologici, come le colonne romane a pochi metri dalla costa, ma sono soprattutto i molluschi, i crostacei e le testuggini ad attirare la curiosità dei subacquei. Dirigendosi a sud, s'incontrano Torre Squillace e la magnifica baia di Sant'Isidoro. La Palude del Capitano affascina con le sue “spundurate”, le depressioni nel terreno inondate di acque salmastre, e con gli spettacolari affacci sul mare del Parco Regionale Naturale di Porto Selvaggio. Attraversato il grande bosco di pini d'Aleppo, si raggiunge la piccola spiaggia di ciottoli per tuffarsi nella baia


OUTSIDE

il sole

il mare

il vento verde-blu e, attraverso un sentiero, ci si ritrova in piccole insenature ricche di anfratti ed ex cave messapiche, dove fare un bagno nelle numerose sorgenti di acqua dolce. Poco più in là c'è la Cala di Uluzzo, con l'omonima torre e Gallipoli con la sua lunga baia che arriva fino al Parco Regionale Isola di Sant'Andrea - Punta Pizzo. Per chi ama le immersioni, da non perdere il Ciolo, un'insenatura spettacolare a quattro chilometri da Leuca. I più coraggiosi si tuffano dal ponte che sovrasta la caletta, altrimenti si scende al mare attraverso una scalinata. Da qui fino a Otranto la costa è infatti alta e disegnata da baie, grotte, fiordi con accessi via terra rari e difficili. Si attraversano marine come Castro e Porto Badisco, un'insenatura naturale scavata da grotte abitate dai primitivi, in primis la Grotta dei Cervi nominata la “Cappella Sistina del Neolitico”. Ed ecco, alla fine di una strada litoranea a dir poco panoramica, la città di Otranto e il litorale degli Alimini apprezzato dai surfisti. Da visitare , una porzione di terra del Salento davvero importante visto che si trova su

uno dei principali percorsi di migrazione dell’avifauna. Percorrendo rigorosamente in bici o a piedi, il sentiero più selvaggio ci conduce alle alte torri di avvistamento per l'osservazione degli uccelli nella palude Pantano Grande. Per respirare ancora natura e silenzio, si deve arrivare in terra di Brindisi, nella zona di Torre Guaceto. Qui gli ulivi secolari, scendendo verso il mare, lasciano il posto alla macchia mediterranea, alle zone umide, alle alte dune di sabbia. Anche il territorio di Ostuni è ancora capace di sorprenderci. 8 km di costa, tra Torre Canne e Torre San Leonardo, che costituiscono il Parco Regionale delle Dune Costiere: una bellissima spiaggia protetta da dune con esemplari di ginepro di 600 anni, il fiume Morelli che si divide tra stagni collegati da passerelle sospese di un antico impianto di acquacoltura dell'800. Abbiamo citato solo alcune delle numerose perle del Salento. Iniziamo a pensare che non ci servono a nulla viaggi lunghissimi e dispendiosi per vedere posti che forse alla nostra insaputa abbiamo proprio a portata di mano.

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TRAVEL

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Mesagne Via Federico II Svevo, 62 • Tel 0831.777751 Francavilla Fontana Via Immacolata, 15 • Tel 0831.841684 info@iltuoviaggio.eu

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TANZANIA di Marco De Vincenti

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akuna Matata” ripetono con un sorriso in lingua swahili gli abitanti di Zanzibar in aeroporto al vostro arrivo, Hakuna Matata! (Senza Problemi!). Una volta fuori dall’aeroporto una natura forte, avvolgente e speziata, con palme che sfiorano il cielo ci proietta all’istante in un angolo di mondo ospitale, lontano dalla frenesia, lambito da spiagge di sabbia bianca “effetto borotalco”. Zanzibar è situata a 40 km dalla Tanzania, assume sfumature imprevedibili con un inconsueto cocktail dell’influenza congiunta delle culture arabe, persiane e africane. L’arcipelago è uno dei luoghi più rappresentativi della cultura swahili e si vive di turismo e di pescato. Fosse solo per le splendide spiagge sarebbe una destinazione meravigliosa ma simile ad altre, quindi descriviamo qualcosa che in nessun altro luogo si potrà ammirare. Nel nord della Tanzania si erge maestoso il Ngorongoro, (terra dei guerrieri Masai) un cratere che si trova a circa 2.200 metri sul livello del mare, la più grande caldera intatta del mondo. Appartiene alla “riserva naturale di Ngorongoro” ed arrivarci è una sensazione indimenticabile. Nell Tanzania nord-orientale poi, con i suoi 5890 metri d’altezza si erge il Kilimangiaro, la più elevata vetta d’Africa. Osservare la sua vetta innevata trovandosi nel Parco Nazionale del Kilimangiaro tra elefanti, Bufali neri e Leopardi è un’esperienza straordinaria. Qual è il periodo ideale per scoprire questo piccolo pezzetto d’Africa? Da luglio a ottobre è un buon periodo per andarci, le piogge sono scarse, la temperatura media è di 25 º C con un basso tasso di umidità. Le brezze che spirano con l’avvicinarsi della notte forniscono un sollievo al caldo del giorno, ma il periodo perfetto è sicuramente da novembre a febbraio, sono i mesi migliori, dato che è piena estate, le piogge sono brevi ed è molto caldo. Da dicembre a tutto febbraio l’affluenza di turisti è molto alta. Preparate il passaporto, sistemate abiti leggeri in lino o cotone, un paio di costumi da mare, ed organizzate la vostra “rilassante avventura” nella splendida terra dei Masai. Hakuna Matata. DEMO MAGAZINE

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di Antonio Scoditti

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hi ama il basket, quello vero che va al di là di bilanci, ingaggi, accordi e contratti, prima o poi su un campetto di strada ci deve giocare. E' un po' il sogno di tutti i cestisti, giovani e (soprattutto) meno giovani, il sogno di chi è cresciuto negli anni in cui i campioni del basket Americano muovevano i primi passi proprio nei playground. Idoli locali e mostri sacri del canestro. Abbiamo citato la patria mondiale del basket, gli USA, dove il playground è il pane quotidiano, con marciapiedi affollati di giorno e di notte. Molto spesso si gioca in campetti di fortuna nei quartieri malfamati, dove spesso i ragazzi del ghetto trascorrono la giornata per racimolando qualche dollaro sporco con cui portare avanti la famiglia. Per molti di loro, l’unica speranza è di uscire da questi quartieri, per non finire in carcere o con qualche pallottola in corpo. L’unica via per “evadere” è quella dello sport, non ci sono altre alternative. Capita così che giovani il cui unico svago si chiami fare una partitella di basket si ritrovano a diventare delle vere stelle. Stephon Marbury, Allen Iverson, Rafer Alston, Jamaal Tinsley e Kareem Abdul-Jabbar

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sono solo degli esempi per chi ha iniziato dalla strada, diventando una stella del basket mondiale. Questi nomi per gli amanti del basket sono come delle “hot work”, dei link che ci riconducono a chi ce l’ha fatta. Ma sono molti gli atleti con potenzialità ben superiori ai loro colleghi NBA che non arrivano al traguardo, perché uscire da un contesto difficile è tutto tranne che facile: la maggior parte di loro non ce la fa e dopo qualche anno di gloria nei campetti, viene risucchiata in un mondo duro, sporco, crudele e povero. Ma entrambe le situazioni, le storie e le vite di questi giocatori di strada hanno una cosa in comune: l’amore per questo splendido sport, il basket. Chi non ama i palazzi dello sport stracolmi di gente che incita il proprio idolo partito dalla strada che segna il canestro della vittoria? Oppure quarantenni, leggende del basket delle galere che, prima camminavano sulla sottile linea tra bene e male, ma che oggi hanno imparato la lezione e sognano ancora di giocare qualche minuto in NBA? Nessuna partita è semplice. Perché il gioco è sempre un rischio. Al di là delle stelle avvantaggiate dal calore della gente, a volte sarebbe più bello schierare delle storie in campo.


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l Beach Volley è uno sport duro, più vicino a un gioco individuale piuttosto che di squadra. È uno sport di coppia, dove il tuo più grande alleato è il tuo compagno, ma è anche l’unico! Se vai in crisi, se non si va a punto, non esiste uno spogliatoio a farti da alleato. Nella pallavolo di squadra, il campo è piccolo e diviso in sei parti: se sbagli, ci sono altre cinque atlete che si prendono la tua fetta, ti salvano la palla e ti fanno respirare almeno un giro. Nel Beach Volley no. Sei tu e il tuo compagno di squadra in un campo di 8 metri mangiato dal sole e dal caldo, dove in un attimo puoi diventare il solo responsabile della sconfitta. E per quello ci vogliono spalle larghe. Però allo stesso tempo quel senso di solitudine in campo rappresenta la vera forza di questo sport da spiaggia. Quando pronunciamo la parola Beach Volley non dobbiamo pensare solo alle spiagge della California o del Brasile. Le spiagge italiane stanno diventando sempre più meta di appassionati di questo sport davvero adatto a tutti, anche ai “meno pronti”: se svolto ai ritmi dovuti, vi assicuro che è massacrante. E’ vero, quasi tutti sanno mettere la palla dall’altra parte della rete, ma il problema è fare in modo che questa non cada mai a terra, e di sicuro la sabbia vi rallenterà le operazioni. Facciamola facile: basta avere la forza di ricominciare ogni volta che il pallone batte sulla sabbia ma ad ogni punto e dopo pochi minuti dobbiamo fare i conti con l’acido lattico, che inconsciamente è il vostro vero avversario, chiedendogli se sia davvero il caso di continuare a giocare.

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HANNO COLLABORATO: Marco De Vincenti Antonio Scoditti Valeria Morleo DEMO MAGAZINE • anno VIII • N. 21 LUGLIO 2013 Periodico in distribuzione gratuita • Reg. Trib. di Brindisi n° 14/2005 Edito da: BEST IN PUGLIA SRL, via Roma, 93 Mesagne (Br) Direttore Responsabile: AGNESE POCI Impaginazione: LUCA CRESCENZO Grafica pubblicitaria: DANIELA DIPRESA Stampa: Mesagne Per la pubblicità su Demo Magazine Telefono 320.02.07.108 amministrazione@bestinpuglia.it Per informazioni, segnalazioni e suggerimenti direttoredemo@gmail.com

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