MindUp Magazine Nr. 02

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CoverStory

il paradigma industriale della trasformazione digitale

IoT e Edge Computing,

aprile | duemilaventuno

Anno I n. 2 - supplemento a www.newsimpresa.it diffusione gratuita Rivista di Economia, Mercati, Tecnologie, Management e Formazione


Sommario 06

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Edittoriale

Debito buono e pandemia… imparare dagli errori e ripartire

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InnovationLab

06 IoT e Edge Computing, il paradigma industriale della trasformazione digitale 12 Un percorso Industry 4.0 13 IIoT e le tecnologie abilitanti Industria 4.0

La nuova automazione ad alta efficienza industriale

Editore Pentaconsulting Srl Piazza Caiazzo, 2 - 20124 Milano Tel. 02 39523808 pentaconsulting@pentaconsulting.it

Direttore Responsabile

Massimo Fucci massimo.fucci@pentaconsulting.it

Content Manager Piero Macrì

Progetto Grafico

aprile duemilaventuno

mcquadro studio creativo campanagrafica@gmail.com

Mindup magazine

n. 02 aprile 2021 - anno I supplemento a www.newsimpresa.it diffusione gratuita


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Punti di Svista

TechEconomy

TechFocus

Digital twin e modelli analitici per problem solving intelligente

Stampa 3D, dalla prototipazione alla personalizzazione di massa

Mobile robot o service robot. Ecco la movimentazione ad elevata autonomia

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SmartWorking

Le nuove regole per una governance del lavoro liquido

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TechTalks

MindUpFormazione Le Mappe Mentali come strumento a supporto di una efficiente collaboration

Cobot, la robotica che crea nuova occupazione

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Edittoriale Mario Draghi nel discorso programmatico d’insediamento al Parlamento ha indicato gli obiettivi strategici fondamentali da raggiungere nei prossimi anni, soprattutto quelli legati all’attuazione del Recovery fund. In particolare, si è domandato se si sia fatto per i giovani tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura.

Debito buono e pandemia… imparare dagli errori e ripartire Draghi, al Meeting di Rimini, aveva già affermato che sarebbe stato inevitabile aumentare il debito e che questo sarebbe rimasto elevato nel lungo periodo. Un debito sostenibile solo se continuerà a essere sottoscritto in futuro, per cui solo se utilizzato a fini produttivi: investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca, nella cultura d’azienda e nelle modalità operative, etc. Quindi se è “debito buono”.

massimo fucci Direttore Responsabile

Una indicazione che non sembra essere stata bene appresa da tutti. Si continuano a proporre richieste di intervento tipiche di un sistema a capacità infinita in cui i diversi governi hanno via via investito in azioni con più immediato ritorno politico, a discapito di investimenti lungimiranti anche se a basso consenso immediato.

massimo.fucci@pentaconsulting.it

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Di pari passo si è mosso un certo tessuto industriale (non tutte le aziende) che, spesso, ha solo cercato il profitto per il profitto, oltretutto delocalizzando ed impoverendo a dismisura know how e forza lavoro in Italia e incrementando la nostra dipendenza dall’estero. A tal proposito, Suez -Evergreen ci hanno dato un messaggio forte e chiaro e prima ancora mascherine e camici e non ultimo la produzione dei vaccini. Anche l’integrazione pubblico privato nella ricerca e nell’istruzione ha mostrato tutti i suoi limiti non solo per la burocratizzazione ma anche per opposti interessi proprio laddove una convergenza sarebbe stata necessaria. Che dire, la pandemia ha messo a nudo una situazione che comunque non avrebbe retto a lungo.

Ogni problema nasconde un’opportunità Vediamo se i politici, gli imprenditori, noi tutti saremo in grado di: ripartire dai fondamentali, concentrarci su una visione di medio-lungo periodo, pensare ad un’economia che salvi persone e pianeta. Non muoversi in questa direzione è un palese torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione indebita dei loro diritti. Possiamo farcela solo se mettiamo in atto ciò che la pandemia e dintorni ci ha insegnato, andando a testa bassa verso la concretizzazione dei fiumi di parole spese perché il cambiamento diventi strutturale e faccia parte del DNA delle aziende e di noi tutti. Massimo Fucci massimo fucci Direttore Responsabile massimo.fucci@pentaconsulting.it

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IoT e Edge Computing, il paradigma industriale della trasformazione digitale di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 7 min.

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Pensare in digitale vuol dire porsi degli obiettivi che possano assicurare una maggiore resilienza dell’ambiente di produzione.

Avere la capacità di risolvere imprevisti in modo da non compromettere l’operatività di macchine e impianti. In buona sostanza significa mettere in atto tutte quelle misure che servono a raggiungere una disponibilità uptime teoricamente infinita di tutte le risorse coinvolte nel ciclo di produzione.

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L’IoT e l’edge computing, corroborati da algoritmi di intelligenza artificiale e in combinazione con il cloud, entrano di prepotenza nella dimensione di fabbrica, permettendo di definire un ambiente ad alta digitalizzazione in grado di acquisire

progetti Industrial IoT hanno l’obiettivo di migliorare l’OEE (Overall Equipment Effectiveness), assicurando una maggiore disponibilità dell’impianto e della singola macchina.

dati sul campo, processarli a un primo livello, di macchina o di prossimità, e interagire con il cloud per l’elaborazione big data. Gli investimenti che sostengono progetti Industrial IoT dovrebbero mirare a migliorare l’OEE (Overall Equipment Effectiveness), assicurando una maggiore disponibilità dell’impianto, della singola macchina o area di lavoro con una conseguente ottimizzazione dei

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parametri MTBF (Mean Time Between Failures) - che indica l’intervallo di tempo tra una situazione critica (failure) e la successiva - ed MTTR (Mean Time To Repair) vale a dire l’intervallo di tempo necessario per riprendere il normale svolgimento delle operazioni in seguito a un evento critico.

Tecnologie abilitanti L’IIoT è la tecnica a basso costo per rendere disponibili localmente -e in remoto - quantità importanti di dati in tempo reale o quasi. I dati provengono, potenzialmente, da tutti i macchinari, anche non nuovissimi, che in questo modo acquistano intelligenza “potenziale”. Ossia mettendo in relazione questi dati con quelli di altri macchinari e dispositivi che lavorano in serie o a supporto, si possono scoprire cause radice di problemi, si possono prevenire eventi e di conseguenza evitarli o gestirli. Per far questo al meglio, l’IIoT deve potere contare su tecnologie abilitanti a livello di campo ed edge, accompagnate da


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razie all’IIoT è possibile monitorare il funzionamento di qualsiasi tipo di macchinario o dispositivo. Ciò rende possibile comprendere le relazioni causa/effetto e intervenire con le opportune ottimizzazioni.

risorse di Cloud computing e cyber security.

Grazie all’IIoT è possibile monitorare il funzionamento di qualsiasi tipo di macchinario o dispositivo. Ciò rende possibile comprendere relazioni causa/effetto multi variabili che difficilmente senza questo tipo di strumenti si riuscirebbe a comprendere. Quasi tutti gli output

nei processi industriali sono funzione di molti input, dalle decine alle centinaia, a volte migliaia: caratteristiche della materia prima, a volte variabili da fornitore a fornitore, condizioni ambientali, esprimibili secondo molti diversi parametri, esperienza e competenza, o anche livello di stanchezza dell’operatore e gradi di libertà che l’operatore ha per controllare un certo processo.

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Miglioramento continuo

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Per quanto tutti vorrebbero avere chiaro come la variazione di un input ha effetto sull’output, in queste situazioni così complesse questo era spesso un obiettivo impossibile da porsi. E invece con l’IIoT si aprono nuovi scenari e diventa tutto più chiaro. Da qui la grande opportunità di miglioramenti ulteriori di processi che si pensavano già ottimizzati.

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Il primo passo è misurare Con l’IIoT è piuttosto semplice, anche senza un MES, ottenere in tempo reale un report dettagliato dell’OEE, con le cause delle perdite di produttività, e anche le sue variazioni che sono spesso l’informazione più importante. Come? Le tecnologie IIoT prelevano dati con una frequenza anche altissima, ma in ogni caso adeguata al

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processo che si vuole monitorare. I dati prelevati vengono scelti tra quelli disponibili e che, in modo diretto o indiretto, sono in grado di dare informazioni importanti sulla produzione, sulle eventuali perdite di efficienza, rallentamenti, produzione non conforme, tempi di setup e fermi macchina. Nella selezione delle informazioni rilevanti sta il cuore di un’implementazione IIoT: come scegliere i dati rilevanti, la frequenza


I benefici che possono derivare da soluzioni iot Quel che succede, qualche tempo a valle delle prime misurazioni, è che si ha accesso diretto e immediato alle cause radice, mentre senza questa analisi e misura non sarebbero state facilmente disponibili. Formando adeguatamente le persone che leggono questi nuovi dati, saranno proprio queste a portare vari tipi di miglioramento. Eccone alcuni.

del loro campionamento, rispetto al processo e agli obiettivi che ci si prefigge, è frutto della collaborazione tra l’esperto del processo e l’esperto di digitalizzazione. Se ben implementato, il progetto porterà in dote tantissimi spunti di miglioramento: sarà molto chiaro comprendere gli eventi, le loro cause e di conseguenza come rimuoverle o mitigarne gli effetti negativi.

Risoluzione rapida dei problemi Avere tutti i dettagli di una determinata situazione mette in condizione di trovare rapidamente la soluzione a un problema nel momento in cui si presenta. L’aspetto critico è proprio quello di dare il giusto set di dati, tra i tanti disponibili con l’IIoT, a chi è preposto a risolvere il problema.

relativamente a quali sono le situazioni a maggior rischio, le combinazioni di parametri migliori, o quelle da evitare, aiuta a svolgere più rapidamente le operazioni che costringono a tenere ferma la macchina. Dopo un po’ di tempo, se si sviluppano modelli predittivi, si riesce anche a ridurre o pianificare per momenti ideali gli interventi manutentivi. Riduzione costi di manutenzione Il tempo è denaro, quindi minori tempi di manutenzione equivalgono a minori costi. A volte anche perché anticipando il problema, la sua soluzione può essere programmata e non gestita in emergenza, situazione che tipicamente fa aumentare i costi.

Riduzione tempi fermi Che siano per setup, cambio prodotto, o riparazione, avere maggiori informazioni

Grandi risparmi, in generale Digitalizzare un impianto industriale esistente con i bassi costi dell’ IIoT è una soluzione estremamente “cost efficient” rispetto a quella di rinnovare un impianto di produzione.

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CoverStory

Un percorso Industry 4.0 Intraprendere un percorso di successo verso l’Industria 4.0 significa sperimentare l’effetto di nuove metodologie su processi produttivi e transazionali, nei quali le macchine diventano protagoniste: si parte con l’interconnessione e si arriva a qualche forma di intelligenza più o meno avanzata. In questo mondo, abilitato già da tempo da internet e più di recente dal cloud computing, dobbiamo sfruttare tutto il potenziale che connettere sistemi fisici e digitali può abilitare, e nel quale il ruolo chiave è giocato dai dati e dalla loro analisi, in quantitativi enormi, in tempo reale. I dati sono il valore, sono la lingua comune che unisce in un processo di comunicazione continua la fabbrica e le linee di business. E tutti, davvero

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tutti, ne beneficiano: dagli impiegati ai tecnici di linea, dai progettisti ai manager. O almeno tutti quelli che stanno imparando ad usarli in modo arricchito ed “aumentato”, scoprendo che farlo non è poi così difficile, ma è solo un modo nuovo e diverso. Abbracciare un percorso verso l’Industria 4.0 significa aprire nuove strade e opportunità per lo sviluppo di nuovi prodotti e la produzione degli stessi. Tale percorso porterà alla nascita di nuovi servizi, all’introduzione di nuovi livelli di personalizzazione sia per questi ultimi che per i prodotti, e a nuove forme di flessibilità. Significherà, a tendere, avere una visione sempre più integrata della produzione, che includerà l’intera catena del valore, l’intera filiera produttiva e l’intero ciclo di vita di un prodotto.

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IIoT e le tecnologie abilitanti Industria 4.0 Soluzioni per la Manifattura avanzata: si superano i livelli già alti di automazione degli anni 2000, introducendo la robotica collaborativa, interconnessa e dotata di intelligenza. Manifattura additiva: la tecnologia della stampa 3D è nata in questi anni e sta progredendo molto velocemente, offrendo così modi totalmente nuovi di progettare, realizzare prototipi e pre-serie, fino a produrre secondo logiche nuove e molto diverse da quelle della manifattura per asportazione di materiale. Realtà aumentata e virtuale: fornire qualsiasi informazione possa essere utile, migliorare garantire la sicurezza nello svolgere un lavoro è oggi possibile in modo user friendly e in tempi brevi. La realtà virtuale serve invece a ricreare ambienti immersivi utili a un numero sempre maggiore di scopi. Simulazione: utilizzare i dati provenienti dalle macchine

interconnesse per ottimizzare i processi simulando vari scenari e potendone apprezzare e comparare i risultati senza dover alterare i processi reali. Integrazione verticale e orizzontale: integrare tutti i dati disponibili a replicare la catena del valore, uscendo dall’azienda verso i processi di fornitori, Clienti ed altri stakeholders. Internet of Things Industriale (IIoT): fare comunicare “oggetti” tra loro con tecnologie “industrial grade”, ovvero robuste e affidabili come è d’obbligo per un processo produttivo che non può correre rischi di discontinuità. Cloud Computing: gestire quantità molto grandi e altamente variabili di dati e di processi di elaborazione degli stessi su piattaforme a capacità virtualmente infinita, senza barriere di investimenti iniziali, ma pagando solamente per il consumo effettivo.

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Cyber security: proteggere e garantire le operazioni che transitano sulla rete in modo da evitare qualsiasi tipo di intrusione, furto di competenze, e atti criminali di ogni tipo. Big data & Analytics: Analizzare grandi quantitativi di dati anche in tempo reale, per gli scopi più vari e utili al miglioramento dei processi e della qualità dei prodotti e servizi

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PuntidiSvista

Digital twin e modelli analitici per problem solving intelligente di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 3 min.

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Avere a disposizione una quantità illimitata di dati non è di per sé sufficiente. Quanto più affidabili saranno i dati da acquisire tanto più valida, efficace ed efficiente potrà essere la soluzione. Il focus è sui modelli analitici.

La simulazione non è più confinata alla sola progettazione di prodotto ma diventa lo strumento per interpretare il comportamento di un sistema/ prodotto/impianto/macchina in uno spazio fisico reale. Simulazione comportamentale, quindi, che viene abilitata da un modello numerico data driven ovvero il digital twin. L’obiettivo primario di quest’ultimo? La risoluzione di un problema.

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’acquisizione di dati sul campo rappresenta soltanto l’ultimo miglio di un processo molto più ampio e articolato. Per interpretare la fenomenologia di un problema è infatti necessario elaborare modelli numerici e analitici possibilmente coadiuvati da algoritmi di intelligenza artificiale.

Se questa è la nuova frontiera IoT occorre però tenere presente che l’acquisizione di dati sul campo rappresenta soltanto l’ultimo miglio di un processo molto più ampio e articolato. Per interpretare la fenomenologia di un problema, e per fornire una soluzione orientata ad automatizzare o supportare un processo decisionale, è infatti necessario elaborare modelli numerici e analitici possibilmente coadiuvati da algoritmi di intelligenza artificiale. La discussione attuale sul digital twin è spesso è inflazionata e non è focalizzata a sufficienza sullo sviluppo di modelli analitici. Fare simulazione significa infatti partire dai dati per sviluppare logiche predittive funzionali alla soluzione del problema. Senza di queste non esiste nessun digital twin.

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Detto in altre parole, è inutile continuare a estrarre petrolio in un mondo senza raffinerie. Il valore di un digital twin non è infatti espresso dalla quantità di dati ma dalla qualità di un modello interpretativo problem solving. Insomma, il digital twin non è il fine ma il mezzo. I dati abilitanti la formulazione di un modello numerico possono essere endogeni – acquisiti dall’oggetto/sistema - o esogeni, basati su rilevazioni ambientali e di contesto. Nell’uno e nell’altro caso contribuiscono a formulare la base su cui sviluppare la soluzione al problema. Quanto più affidabili saranno i dati acquisiti tanto più valida, efficace ed efficiente potrà essere la soluzione. Abbracciare il digital twin non significa soltanto introdurre

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nuovi software o nuove piattaforme in azienda, ma essere pronti a un cambio di mentalità, adottando una visione olistica alla gestione del dato. Il punto di arrivo non dovrebbe essere l’ottimizzazione di un singolo processo, ma quello di estendere l’approccio all’intera organizzazione. Il consiglio alle aziende utenti del mondo manifatturiero e industriale? Vedere il digital twin in un’ottica più ampia e non confinarlo a singoli macchinari o sistemi. Iniziare questo percorso vuol dire essere consapevoli della debolezza di un’organizzazione a silos, risolvendo quelle incongruenze che limitano il raggiungimento di obiettivi aziendali. Diventa vitale l’adozione di un mindset collaborativo. Il digital twin è infatti un’opportunità per re-interpretare


il valore potenziale dei dati. Sono tre gli elementi chiave abilitanti un digital twin pervasivo: intelligenza all’edge, interoperabilità tra applicazioni enterprise - Mes, Supply Chain, Erp - ma soprattutto la definizione di un modello unificato che possa creare valore esteso e non solo dove il dato viene prodotto. Solo se si riesce a orientarsi sulla qualità del dato e non sulla quantità di possono ottenere risultati premianti.

A questo proposito va ricordato che, a fronte di un aumento dei volumi di dati IoT la densità di informazioni utili generata è oggi ancora bassa. Questo significa che il costo economico dell’acquisizione dei dati, a meno che non vi sia la capacità di sfruttarlo attraverso regole e modelli definiti, tenderà sempre più a crescere senza produrre un adeguato ritorno dell’investimento.

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TechEconomy

Stampa 3D, dalla prototipazione alla personalizzazione di massa di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 9 min.

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Nuovi materiali ed evoluzione tecnologica. La manifattura - sempre più orientata verso una produzione personalizzata e distribuita – trova nella stampa 3D trova un importante alleato per soddisfare nuovi obiettivi di produttività.

Le stampanti 3D possono essere ormai utilizzate sia per la produzione di semilavorati o manufatti intermedi sia per la produzione di prodotti finiti, trovando il massimo beneficio soprattutto in tutte quelle produzioni di pezzi numericamente limitati, per lotti o custom che rendono i processi tradizionali molto costosi. Come dire, dalla produzione di massa la stampa 3D è oggi proiettata verso la personalizzazione di massa. 19

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elocità di produzione sempre più elevata, alta risoluzione e geometrie complesse consentono oggi di costruire parti con livelli altissimi di precisione

Il costo per unità prodotta tende a diminuire e nuovi materiali consentono di progettare componenti e parti del tutto uniche. L’additivo non rimpiazzerà la manifattura tradizionale, ma è una delle tecnologie che sarà presente nella cassetta degli attrezzi della produzione. Permetterà di sostituire alcuni processi e introdurre applicazioni che possono essere realizzate soltanto in modalità additiva. Obiettivi che possono essere centrati dai fornitori di tecnologia soprattutto collaborando a stretto contatto con aziende chimiche poiché è dalla produzione di materiali innovativi che dipende lo sviluppo della stampa 3D. Le stampanti 3D possono contribuire a creare una catena del valore in ambito di manifattura additiva completamente digitale in una logica industria 4.0. La stampa 3D, spesso in¬dicata come la tecnologia fon-damentale per

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accelerare le tempistiche di progettazione, è ora un elemento chiave in produzione. Velocità di produzione sempre più elevata, alta risoluzione e geometrie complesse consentono oggi di costruire parti con livelli altissimi di precisione. I fornitori rendono disponibili soluzioni per un utilizzo industriale su larga scala. Il tutto facendo leva sul valore che la stampa 3D può introdurre: aumento della velocità di sviluppo, time to market e personalizzazione elevata. Tempi e costi di produzione si sono notevolmente ridotti, il che vuol dire che l’acquisto di una stampante può essere ammortizzato in tempi rapidi con un ritorno d’investimento più che interessante. E per micro, piccole e medie imprese che non ritengono ancora vantaggioso dotarsi internamente di una stampa 3D esiste sempre l’alternativa del service.


In alcuni casi, nella produzione di decine di migliaia di pezzi il costo è oggi comparabile con quello di macchine utensili a controllo numerico. La varietà di materiali plastici ad oggi disponibili – polimeri (poliammide, poliuretano e polipropilene) e super polimeri come il Peek, l’antagonista per eccellenza dei materiali di stampa in metallo con caratteristiche meccaniche e fisiche di assoluta resistenza ad agenti chimici e temperature estreme - permettono di realizzare componenti, parti e prodotti con caratteristiche rispondenti ai classici requisiti

della meccanica (di durevolezza, resistenza e duttilità. E’ vero, la stampa 3D non viene utilizzata per la produzione di massa di autoveicoli, ma ha ormai un suo spazio nella produzione di prodotti speciali e in tutti quesi contesti dove si richiede un’estrema personalizzazione. E’ quanto accade nella produzione di prodotti associati a brand di lusso e a segmenti di fascia alta, anche nell’automotive. Nell’ambito delle centinaia di migliaia di pezzi, la stampa 3D, anche la nostra, non è ancora economicamente vantaggiosa. Ma, come già detto, per decine di

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n alcuni casi, nella produzione di decine di migliaia di pezzi il costo della stampa 3D è oggi comparabile con quello di macchine utensili a controllo numerico

migliaia di pezzi il costo è oggi comparabile con il controllo numerico. Valgono poi degli ovvi distinguo: in tutti quei casi in cui la produzione è fortemente diversificata, dove si produce per lotti, e si è obbligati a cambiare frequentemente l’attrezzaggio, la stampa 3D è il candidato ideale. Non ultimo, con queste tecnologie si ha il vantaggio di poter riconvertire rapidamente la produzione. Passare dalla stampa di un componente per l’auto a quella di prodotto del tutto diverso. Stessa macchina, diversa produzione poiché a parità di materiale utilizzato il cambio è istantaneo. Nel caso invece si debbano usare materiali diversi, l’unica cosa da fare è compiere la pulizia della macchina prima di procedere al suo nuovo utilizzo. La disponibilità di materiali coerenti con le esigenze di

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una produzione manifatturiera è quella che abilita l’ingresso in nuovi mercati e che consente di abbattere molte delle barriere che per lungo tempo hanno precluso l’impiego di stampa 3D in settori manifatturieri. Il solo fatto di avere una tecnologia veloce ed economica non garantisce però che vada bene per un determinato settore poiché si devono rispettare precisi requisiti. Ecco, quindi, una gamma completa di materiali termoplastici con proprietà meccaniche – di robustezza, duttilità, resistenza, flessibilità - che soddisfano i criteri di una produzione tipicamente basata su controllo numerico. Molte macchine 3D sono ormai dedicate a una produzione customizzata e permettono alle aziende di produrre in serie migliaia mila pezzi l’anno. L’obiettivo è produrre 100 mila pezzi con un certo ordine di personalizzazione?


Bene, quella quantità potrà essere costituita da diversi lotti di produzione di qualche migliaio di pezzi ovvero una grande produzione scomposta in tante piccole-medie produzioni, tutte diverse le une dalle altre. E’ un qualcosa che si può fare solo con stampa 3D, non sarebbe fattibile con le tecnologie tradizionali poiché queste ultime rispondono primariamente alla legge dei grandi numeri. L’esigenza nuova è la produzione personalizzata. La produzione in serie è destinata a contrarsi. Anche nell’automotive, dov’è nata la produzione di massa, si iniziano a realizzare serie customizzate. E’ il cliente che decide come deve essere configurata la propria macchina. Ecco, quindi, che la stampa 3D si affianca alla produzione a controllo numerico e viene progressivamente integrata nei processi produttivi.

L’additive è una tecnologia che si va ad aggiungere a quelle che sono le tecnologie di produzione convenzionali. E’ democratica, non ha limitazioni, può essere utilizzata in qualsiasi tipo di industria sia essa aerospace, automotive, medicale o manifatturiero in generale. Plastica o metallo? Quello che non riesce a fare l’una lo fa l’altra. E’ una questione di puro pragmatismo. L’additive può essere vista soprattuto come tecnologica complementare alla produzione convenzionale. Ormai sono tanti gli stabilimento dove macchine utensili e macchine 3D coesistono in aree di lavoro ad elevata automazione. Non mutuamente esclusive, collaborative piuttosto, ciascuna esegue ciò che ha più senso venga eseguiti su quella specifica attrezzatura.

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Dalla prototipazione alla produzione

Stampa 3d vuol dire produzione just in time

La manifattura additiva ha rivoluzionato la fase di ricerca e sviluppo dei produttori di veicoli: viene sempre più utilizzata per ridurre i tempi di sviluppo, migliorare i flussi di lavoro della prototipazione e per fornire parti innovative che non sarebbe stato possibile realizzare secondo le tecniche tradizionali. In diverse case automobilistiche degli Stati Uniti, nell’80 o anche 90% di ciascun assemblaggio iniziale del prototipo, è stata utilizzata la stampa 3D. Alcuni dei componenti più comuni sono le prese d’aspirazione, le parti dello scarico e le condutture. Queste parti sono state progettate digitalmente, stampate in 3D e montate rapidamente, quindi testate attraverso più iterazioni.

La maggior parte dei produttori d’auto di volumi elevati utilizza la produzione just-in-time, in cui grandi quantità di parti arrivano presso la linea di produzione appena prima dell’assemblaggio al fine di ridurre la necessità di costosi spazi in magazzino. La produzione additiva facilita il processo di creazione delle parti di produzione sul posto in caso di interruzioni della catena di fornitura del produttore.

La prototipazione rapida consente di attuare una fase di sviluppo più breve e una riduzione del tempo necessario per la creazione della parte finale.

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Personalizzazione di veicoli top di gamma Uno degli esempi più interessanti della produzione di parti reali riguarda i costruttori di auto speciali come auto sportive, auto di lusso e hypercar. Questi produttori realizzano auto di piccolo volume, prestigiose e personalizzate per una clientela selezionata. Data l’unicità dei veicoli realizzati, essi sono sempre alla ricerca di modi esclusivi per creare parti

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fuori dall’ordinario. In questo caso la produzione additiva viene utilizzata per creare staffe, distanziali e anelli di tenuta personalizzati, nonché unità complesse e specialistiche realizzate in base ai requisiti individuali dell’acquirente. Un grande esempio è costituito dalla creazione di iscrizioni ad hoc per i componenti interni come il cruscotto o gli sportelli.

Identikit della stampa 3D La stampa 3D è un metodo di fabbricazione utilizzato per produrre parti con la metodologia additiva. Ormai il termine stampa 3D non rappresenta più una tecnologia specifica, ma piuttosto rappresenta una varietà di processi che condividono un comune attributo: la fabbricazione layer by layer, ossia strato su strato. A differenza dei metodi tradizionali sottrattivi, come fresatura e tornitura, in cui il processo inizia con un blocco di materiale dal quale vengono rimosse strategicamente le parti, la stampa 3D parte da un materiale grezzo non formato e da lì costruisce la


parte sovrapponendo il materiale strato per strato. La stampa 3D parte dal nulla e finisce con la parte finita, con il minimo spreco possibile di materiale nel processo di creazione. Forse alcuni credono che sia una tecnologia emergente, ma in realtà la stampa 3D non è così nuova. Originariamente è stata introdotta nel 1980 come un metodo per produrre rapidamente ed economicamente parti dalla forma netta e prototipi molto semplici. Nell’ultimo decennio queste macchine sono diventate più accessibili dal punto di vista economico, più affidabili e più materiali sono diventati disponibili. Ora la stampa 3D è vista come un game changer dell’industria 4.0 ed è considerata una stella nascente nel mondo del manufacturing.

Tecnologie di Stampa 3D Nel panorama della stampa 3D, le macchine possono essere di forme e dimensioni differenti e usano una grande varietà di processi per fabbricare parti.

»» 1.Per estrusione del materiale (FDM) o detta anche fabbricazione a filamento fuso (FFF). Si tratta della tecnologia più comunemente associata alla stampa 3D e crea parti fondendo ed estrudendo filamenti attraverso un ugello. La stragrande maggioranza delle stampanti vendute oggi sono ancora macchine FFF. »» 2.Le macchine che usano la polimerizzazione o stereolitografia (SLA), invece usano laser o lampade UV per polimerizzare selettivamente la resina, strato per strato, creando così le parti solide. »» 3.Le macchine di sinterizzazione laser di polimeri (SLS O MJF) che usano la tecnologia della polvere. Queste macchine ideali nel settore industriale, usano il laser per fondere insieme la polvere di metallo o di plastica. »» 4.Le macchine che usano la tecnologia del Material e Binder Jetting. Nel processo di stampa impiegano calore o luce UV e per ottenere leganti usano polveri simili con leganti polimerici.

Le tecnologie descritte sono le più comuni nella stampa 3d. Le prime tre possono solo stampare con limitate varietà di plastica, tuttavia ora sono disponibili centinaia di tipologie di plastica, metalli, resina e compositi. Gli ingegneri di oggi hanno una grande varietà di opzioni quando devono scegliere il materiale per stampare la loro parte: possono spaziare dalla plastica di alta qualità, alle resine, al composito continuo come la fibra di carbonio o di metalli, come l’acciaio inossidabile e titanio.

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TechFocus

Mobile robot o service robot. Ecco la movimentazione ad elevata autonomia di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 4 min.

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È la nuova frontiera dei veicoli industriali a guida autonoma che ridefinirà radicalmente tutte le attività di intralogistica e di gestione del magazzino.

All’interno delle linee di produzione la nuova tecnologia permetterà la movimentazione di parti e componenti rendendo più agile e flessibile l’asservimento nelle aree di lavoro. Con l’ingresso sul mercato dei service robot il progetto di fabbrica digitale fa un ulteriore passo avanti, introducendo un nuovo livello di automazione il cui obiettivo è incrementare la produttività, rendendo più efficienti i flussi di lavoro, riducendo i costi di carico e scarico che avvengono quotidianamente in un ambiente di produzione.

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TechFocus Gli AMR (Autonomous Mobile Robot) costituiscono la leva ideale per progettare nuovi magazzini ad alta automazione o per riconvertire quelli esistenti. Un fenomeno quest’ultimo che è stato accelerato, complice il COVID 19, dall’esplosione dell’e-commerce. Tecnologia collaborativa, dunque, che si integra in una dimensione di Industria 4.0, la cui specificità è caratterizzata da un’elevata connettività trasversale a tutte le aree applicative. Se è pur vero che investimenti in Industria 4.0 stanno via via permettendo alle aziende di adattarsi alle richieste di un mercato in rapido cambiamento e di mantenere la loro competitività, è altrettanto vero che consegna puntuale di materiali e l’assemblaggio all’interno di questi impianti continua a rappresentare una sfida. I traguardi raggiunti nel software per la gestione del traffico basata sull’AI rendono oggi possibili flussi di traffico automatizzati grazie all’analisi di dati e algoritmi intelligenti. I robot mobili sono oggi in

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grado di identificare vari tipi di ostacoli e agire in maniera autonoma sulla base di informazioni che vengono acquisite da sofisticati sistemi di visione. Forniscono quella flessibilità richiesta dai moderni processi produttivi che non può essere soddisfatta dai loro precursori AGV (Automated Guided Vehicles). Sensori e software di nuova generazione rendono così i robot mobili autonomi (AMR) ideali per quegli ambienti di lavoro dinamici e in continuo cambiamento. Il tradizionale trasporto manuale produzione/magazzino eseguito con carrelli carichi di materiali può portare ad accu-

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muli nella produzione e lavoratori in attesa delle consegne o che gli assemblaggi vengano ultimati. Automatizzare questi processi non è però semplice, soprattutto perché la movimentazione avviene spesso in luoghi ad alta densità di traffico. Stiamo infatti parlando di linee e processi di produzione dove sono presenti attrezzature, bancali ed altri ostacoli che impediscono di seguire percorsi prestabiliti. Ecco perché il trasporto automatizzato di materiali deve essere flessibile, facile da adattare e non deve presentare nessuna o minaccia o rischio di sicurezza per il personale coinvolto nell’ambiente di produzione.


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nuovi Amr sono progettati offrono flessibilità, sicurezza ed economicità permettendo alle aziende di automatizzare e ottimizzare i processi intralogistici.

Tutto ciò deve implicare la possibilità di gestire in modo dinamico le varie risorse che vengono impiegate a livello intralogistico. Significa che il trasporto automatizzato dei materiali deve essere facile da imparare, programmare, impiegare e riallocare internamente, in modo da assicurarne la massima efficienza. I tradizionali AGV movimentano materiali utilizzando percorsi fissi composti da cavi permanenti, bande magnetiche o sensori integrati nel pavimento. Questi sistemi sono rigidi, costosi scarsamente adatti ad ambienti produttivi dinamici. Non a caso

sono utilizzati primariamente in linee di produzione moto strutturate, come per esempio l’automotive. Se i processi di produzione cambiano, la struttura deve essere aggiornata di nuovo e, se persone o materiali bloccano temporaneamente il percorso dell’AGV questo si ferma finché il passaggio non viene sgombrato. Al contrario, i moderni robot mobili autonomi (AMR) sono progettati per ambienti dinamici ed offrono la flessibilità, sicurezza ed economicità che permettono alle aziende di quasi ogni dimensione di automatizzare e ottimizzare il trasporto di materiali.

Un AMR naviga grazie a sensori, videocamere e sofisticati software che sono integrati nel robot stesso, senza bisogno di sensori esterni o guide. Una volta che il robot ha memorizzato l’ambiente (tramite l’upload della pianta dello stabilimento oppure guidandolo all’interno del complesso, così che possa crearne una da sé), riconosce l’ambiente circostante ed è in grado di selezionare autonomamente il percorso più efficiente, evitando in tutta sicurezza ostacoli e persone. Dal momento che le aziende non devono alterare il proprio stabilimento con cavi o sensori, il robot può essere integrato rapidamente, senza

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TechFocus nessun disagio per la produzione. Grazie al basso costo iniziale e alla veloce ottimizzazione dei processi, il ritorno dell’investimento può anche essere inferiore all’anno. Gli AMR sono collaborativi e progettati per lavorare insieme alle persone. Il fatto di essere assolutamente sicuri è la caratteristica principale per i robot mobili autonomi che operano in ambienti dinamici e lavorano a contatto con esseri umani. Nel caso in cui una persona capiti di fronte ad un Amr, uno scanner laser di sicurezza interpreta l’ostruzione in tempo per modificare il proprio tragitto o per fermarsi completamente, così da prevenire una collisione. Vista la recente domanda per questa tecnologia tra diversi tipi di industrie, è importante garantire un sistema che non comprometta la sicurezza. Con velocità che non superano quelle di una persona che cammina, il personale può sentirsi completamente a proprio agio con questa tecnologia.

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Alternativa AMR La massima resa degli Amr la si può avere in tutti quelli ambienti dove la produzione e le attività si svolgono h24. Il loro impiego si traduce infatti maggiore automazione. Gli ambienti manifatturieri moderni non possono più dipendere da costose e rigide tecnologie tradizionali, né si possono permettere la bassa produttività del trasporto manuale di materiali. Ecco, quindi, che i robot mobili autonomi offrono un’agile alternativa agli Agv o alle consegne manuali, fornendo flessibilità, economicità, ritorno dell’investimento e ottimizzazione della produzione. Semplici, efficienti ed economici Il mercato per i robot mobili autonomi continua a crescere,

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con multinazionali nel settore manifatturiero ad ogni livello della supply chain che integrano questi robot flessibili e collaborativi nelle loro strategie generali di automazione del magazzino. I robot mobili autonomi rappresentano un modo semplice, efficiente ed economico per automatizzare il trasporto interno di materiale in quasi ogni situazione che precedentemente avrebbe richiesto che il personale si occupasse di spingere carrelli attraverso lo stabilimento Automatizzare le attività ripetitive Gli AMR rendono più efficienti svariate operazioni collegate a produzione e spostamento di materiali. La loro introduzione può andare di pari passo con l’espansione del business. Sono inoltre collaborativi e possono essere usati in quasi tutte le situazioni in cui il personale viene impiegato per spingere carrelli o effettuare consegne, permettendo alle aziende di automatizzare questi compiti a basso valore. Insomma, gli Amr possono svolgere compiti monotoni e ripetitivi di trasporto di materiale, evitando interru-

zioni che possono causare un rallentamento del processo di assemblaggio.

Pro e contro AMR »» Navigazione autonoma, priva di guide »» Movimento sicuro tra persone ed ostacoli »» Facilità di cambio area di lavoro »» Navigazione dinamica durante la pianificazione del percorso e della sequenza di attività AGV »» Richiede ”guide” per il movimento »» Si ferma davanti agli ostacoli che incontra senza possibilità di cambio rotta »» Cambio area lavoro costoso in termini di tempo e denaro »» Navigazione ristretta a processi e sequenze di attività prefissateibile.

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li Amr costituiscono la leva ideale per progettare nuovi magazzini ad alta automazione o per riconvertire quelli esistenti.

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InnovationLab

La nuova automazione ad alta efficienza industriale di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 5 min.

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Introdurre innovazione a supporto di nuova produttività ed efficienza per tutte le imprese del settore industriale e manifatturiero.

L’industrial IoT supportato da algoritmi di intelligenza artificiale determina un’opportunità senza precedenti per il monitoraggio di macchine, impianti e linee di produzione consentendo ad operatori macchina, responsabili di produzione e plant manager di ottimizzare ogni singolo asset di fabbrica. Ecco una serie di soluzioni innovative che sono state recentemente sviluppate per la sicurezza sul lavoro, l’automazione del controllo qualità, la manutenzione predittiva e la robotica collaborativa. 33

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InnovationLab

Wearable industriali, smart glasses per la prevenzione di incidenti sui luoghi di lavoro Un dispositivo indossabile per il riconoscimento degli oggetti e degli ambienti in modo da prevedere la prossima interazione di un operatore in un ambiente industriale per prevenire incidenti nei luoghi di lavoro. E’ questo il progetto realizzato in collaborazione da Xenia Progetti con l’Università degli studi di Catania e l’azienda Morpheos, ed è il risultato di un progetto finanziato dal MISE nell’ambito del bando “Fabbrica Intelligente”. Tecnologie abilitanti: Internet of Things, Realtà aumentata e virtuale, Big Data e Analytics

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Problema affrontato: La sicurezza sul posto di lavoro, in ambienti potenzialmente pericolosi, può essere messa a rischio da operazioni non corrette. Soluzione tecnica proposta: La soluzione sviluppata si basa sull’utilizzo di un dispositivo indossabile (smart glasses) che osserva l’ambiente in cui agisce l’operatore dal “suo punto di vista” e lo analizza (Context-Aware Computing). Videocamera e schermo con mixed reality guidano l’operatore sugli oggetti da utilizzare e sulle operazioni da effettuare (Object-Aware Computing). Attraverso algoritmi di Machine Learning che elaborano le interazioni operatore-oggetti e in base alla configurazione

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corrente della scena osservata, il sistema è in grado di inferire, con sufficiente anticipo, quale sarà il prossimo oggetto attivo con il quale l’operatore andrà ad interagire (anticipazione dell’interazione). Questa anticipazione permette di prevenire situazioni di possibile rischio per la sicurezza dell’operatore. Segnalazioni in Realtà Aumentata di alert di pericolo e controllo dell’ambiente mediante dispositivi IoT, permettono di prevenire, in modo proattivo, la messa in opera di azioni che avrebbero potuto arrecare un pericolo per la salute del lavoratore. Risultato: Incremento della sicurezza, riduzione dei costi legati a infortuni sul lavoro


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’industrial IoT supportato da algoritmi di intelligenza artificiale determina un’opportunità senza precedenti per il monitoraggio di macchine, impianti e linee di produzione.

Soluzione universale Zero-coding per progetti IoT Industriali Innovazione abilitata dalla connessione degli impianti e macchinari per ottimizzare il sistema produttivo che si autoregola attraverso le misurazioni delle prestazioni sviluppata da Alleantia. La tecnologia consente di connettere in modo plug&play, senza codifica e in pochi minuti, ogni tipo di dispositivo industriale o linea produttiva con qualsiasi applicazione on-premise o on-cloud. Tecnologia abilitante: Internet Of Things / Protocolli e comunicazione (Software);

Settore industriale: Manifatturiero, Produzione di energia;

in informazioni intelligibili e strategiche.

Cliente target: Ansaldo Energia, società per azioni italiana attiva nel settore energetico e tra i maggiori produttori di centrali elettriche al mondo.

Unicità della soluzione: La soluzione innovativa permette alla stragrande maggioranza delle macchine industriali presenti sul mercato di connettersi attraverso un semplice driver ai gestionali e alle applicazioni aziendali o database. E’ da considerare tra le più performanti soluzioni per IoT Industriale al mondo per scalabilità e potenza.

Problema affrontato: Mantenere standard elevatissimi di produzione, evitare fermi macchina, prevenire derive della qualità dei prodotti. Soluzione tecnica proposta: La tecnologia proposta, grazie ad un software edge, è in grado di connettersi alle macchine più diverse, parlando la loro lingua in modo semplice, grazie ad una libreria di oltre 5000 driver e raccogliere i dati da esse e trasformarli

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Risultati in termini numerici: 50% di riduzione di tempi di programmazione; 40% riduzioni costi fermo macchina, 20% risparmio costi di produzione, 40% mantenimento conformità dei prodotti.

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InnovationLab Automatic defect recognition Il caso d’uso, progettato da AIM è quello di un sistema di ispezione automatico per il riconoscimento dei difetti direttamente sulla linea produttiva. Ciò permette la stabilità, l’efficienza e l’affidabilità del monitoraggio della qualità dei componenti in produzione senza interferire con il ritmo di processo. Tecnologia abilitante: Robotica e Intelligenza artificiale/Nuovi tipi di interazione uomo-macchina; Intelligenza artificiale/Pattern Recognition; Settore industriale: Manifatturiero; Cliente target: Aziende manifatturiere caratterizzata da linea automatiche di produzione con tempo ciclo molto breve (5’’). Problema affrontato: Supportare l’operatore addetto al riconoscimento dei difetti sulla linea produttiva, per ridurre i tempi di rilevamento difetto di prodotto e migliorare la precisione della rilevazione.

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Soluzione tecnica proposta: Cella robotica per l’acquisizione ripetibile di immagini valutate in tempo reali da un sistema esperto. La soluzione prevede la movimentazione del pezzo piuttosto che la movimentazione del corpo ottico. Il progetto si suddivide in due fasi: 1. Creazione di un dataset di immagini e loro classificazione utilizzati per l’addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale. Il dataset è archiviato su storage in cloud con valutazione in tempo reale delle immagini con sistema esperto. Il sistema esperto è utilizzato sia come ausilio, sia come strumento decisionale. Unicità della soluzione: Ausilio/ sostituzione di operatori umani dedicati a tempo pieno al controllo visivo. Risultati in termini numerici: Riduzione dei costi del personale dedicato al controllo visivo; Sui progetti seguiti è stato ottenuto un risparmio medio del 40%.

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Robot serpente per ispezione e service in ambiente ostile L’Istituto italiano di Tecnologia ha realizzato una soluzione robotica specifica per operare in ambienti ostili in modo da ridurre il fermo macchina. Tecnologia abilitante: Robotica e Intelligenza artificiale/Robotizzazione di processo;

Settore industriale: Energia e utilities (produzione); Cliente target: Produttore generatori e turbine per centrali elettriche, progettazione centrali elettriche e service. Problema affrontato: L’ispezione di camere di combustione delle turbine di centrali elettriche presenta difficoltà a causa delle alte temperature e dell’accesso a spazi confinati. Soluzione tecnica proposta: Uno robot-serpente dotato di sensori appositamente sviluppati in grado di entrare in spazi confinati, sfruttando piccole aperture ma al contempo con ampio spazio di lavoro è stato progettato. Il robot è in grado di operare in ambienti pericolosi ad alte temperature. Unicità della soluzione: La soluzione presenta le seguenti novità: 1) robot multisnodato per ambienti ostili;

si d’uomo o varchi anche più piccoli per ispezioni di ambienti complessi. Risultato: Ispezione su camere di combustione prima del loro completo raffreddamento, mettendo in sicurezza gli operatori e riducendo i tempi di fermo macchina. Innovazione e tecnologie abilitanti, ancora una volta, fanno emergere eccellenze che consentono di continuare a competere con successo.

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2) capacità di lavorare ad alte temperature;

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3) teleoperabile;

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4) utilizzabile attraverso pas-

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SmartWorking

Le nuove regole per una governance del lavoro liquido di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 5 min.

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Il digitale diventa il vero contenitore dello Smart Working.

Tuttavia, al di là degli abilitatori tecnologici l’attenzione deve essere posta sul cambiamento della cultura aziendale che presuppone modelli relazionali e di comunicazione fondati sulla collaborazione attiva di management e dipendenti e… sull’adozione di un metodo. In e out, dentro e fuori, in presenza e a distanza. Se avete pensato che lo Smart Working fosse solo una parentesi dettata dall’emergenza vi siete sbagliati.

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SmartWorking

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are Smart Working vuol dire ripensare in un’ottica sempre più “result-based”, cioè basata sui risultati e non sul presenzialismo.

Smart Working è la modalità di lavoro con cui ci confronteremo da qui ai prossimi anni. Il lavoro, per usare la metafora del sociologo Zygmunt Bauman, assume una forma liquida. Una contraddizione in termini? Una sostanza liquida non può avere forma a meno che non abbia un suo contenitore. Una riflessione, quest’ultima, che è corretta solo se ragioniamo in una modalità convenzionale. Ma in questo nuovo scenario esiste ed emerge un contenitore che cambia definitivamente le regole del gioco. Quale? Il digitale, uno spazio fluido che si adatta dinamicamente alle istanze di lavoro liquido - in e out - del nuovo decennio post-covid. Come gestire questo spazio? Eliminando le rigidità che costituivano i principi fondanti del lavoro in presenza. Il che vuol dire che

da una parte servirà agire sul fronte della tutela dei diritti del lavoro, prevedendo una nuova legislazione che superi e migliori la legge sul lavoro agile introdotta nel 2017, e dall’altra mettere in discussione la cultura aziendale legata all’organizzazione del lavoro.

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Occorre però fare dei distinguo in modo che sia chiaro cosa si intende per Smart Working. La prima e più importante considerazione? Capire che Smart Working non è telelavoro. Le due forme si differenziano infatti soprattutto in termini di flessibilità e autonomia. Nello Smart Working, luoghi e orari di lavoro sono scelti liberamente dal lavoratore. Le regole imposte al Telelavoro sono invece abbastanza rigide: orari, luoghi e strumenti tecnologici sono prestabiliti e rispecchiano lo stesso assetto organizzativo

utilizzato nel luogo di lavoro. Nelle grandi imprese, la diffusione dello Smart Working, sta già procedendo a passi spediti, accelerando quello che erano state le prime esperienze in era pre-covid. E un punto fondamentale per incentivare ulteriormente la diffusione è lo sviluppo di un adeguata volontà del vertice: ciò può avvenire se si riesce a legare gli obiettivi del progetto di Smart Working con quelli del business, dando sempre più visibilità ai benefici ottenuti e ottenibili. Per le imprese la sfida dei prossimi anni sarà quella di far superare allo Smart Working lo status di “progetto” o iniziativa specifica, per rendere questo approccio il nuovo modo di lavorare, introducendo nuovi e più profondi sistemi di engagement.


Fare Smart Working vuol dire essenzialmente ripensare l’organizzazione del lavoro in un’ottica sempre più orientata ai risultati cioè basata sui risultati ma non sul presenzialismo. Cambiare assetto e cultura organizzativa non è ovviamente semplice nelle aziende più mature e strutturate, tanto più nelle PMI. Per adottare un progetto di Smart Working propriamente detto è quindi necessario sfruttare alcune specifiche leve:

»» rendere più flessibili gli spazi e gli orari di lavoro; »» sviluppare nuovi strumenti e competenze digitali; »» dotarsi della tecnologia adeguata per lavorare da remoto; »» adottare un metodo a supporto della comunicazione/ pianificazione efficace; »» diffondere modelli operativi basati su autonomia e responsabilità ed orientamento ai risultati.

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Lavorando su queste leve, sarà possibile godere a pieno dei benefici propri dello Smart Working. Vantaggi più che tangibili, misurabili in termini di miglioramento della produttività e riduzione dell’assenteismo, ma anche di benessere del lavoratore. Assieme a tutti questi elementi, è poi fondamentale il monitoraggio del progetto, specie in fase di sperimentazione, così da poter affinare il progetto ed attuare interventi migliorativi.

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SmartWorking Ad oggi – secondo le rilevazioni di Osservatorio.Net, la quasi la totalità delle organizzazioni con un progetto strutturato di Smart Working monitora almeno 5 aspetti: »» il livello di partecipazione all’iniziativa in termini di giornate fruite e di persone coinvolte; »» la soddisfazione delle persone rispetto all’iniziativa; »» gli impatti sul coordinamento con il capo, i colleghi e i clienti interni; »» le criticità collegate all’utilizzo della tecnologia; »» le caratteristiche degli Smart Worker. In un numero crescente di organizzazioni la misurazione di questi aspetti sta diventando sempre più strutturata e quantitativa. Cresce infatti il numero di realtà in cui in alternativa ai momenti di incontri per valutare l’andamento del progetto, vengono effettuati o questionari di gradimento o analisi sui dati della direzione HR per una verifica più puntuale. E nel futuro? Il trend

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vede le grandi aziende italiane valutare l’impatto dello Smart Working basandosi su aspetti sempre più qualitativi: »» KPI riferiti alle persone (tasso di assenteismo, il livello di straordinari, gli infortuni o giorni di malattia); »» business KPI e processi organizzativi; »» indicatori ambientali di interesse per il bilancio di sostenibilità; »» qualità del lavoro svolto. Ancora una volta … nessun risultato senza preparazione, perché questa nuova (imposta ma forse già embedded nell’era digitale) modalità operativa dia buoni risultati in ottica win-win (azienda/lavoratore) è necessario lavorarci, comprendere e migliorare in modalità sistematica e con modelli e metodi di riferimento.

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elle grandi imprese la diffusione dello Smart Working, sta già procedendo a passi spediti, accelerando quello che erano state le prime esperienze in era pre-covid.

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MindUp Formazione

Le Mappe Mentali come strumento a supporto di una efficiente collaboration di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 9 min.

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Siamo diventati tutti più vulnerabili, ma anche più resilienti poiché abbiamo acquisito nuove capacità che ci aiutano a mantenere intatte le nostre potenzialità, nonostante gli imprevisti.

Con le Mappe Mentali si introducono elementi di automazione collaborativa basati su una convergenza di interessi tra funzione di sviluppo e funzione di coordinamento consentendo di pianificare e produrre secondo una logica “industriale” evoluta. L’emergenza sanitaria e il continuo alternarsi di provvedimenti, che limitano la nostra mobilità e il nostro stile di vita, hanno creato dei vincoli all’autonomia di ciascuno.

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MindUpFormazione

I 10 vantaggi dell’utilizzo delle Mappe Mentali in azienda: 1.

Integrazione tra Manager e tra Team

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Permettono una pianificazione SMART;

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Migliorano le capacità di analisi

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Stimolano l’immaginazione, incoraggiando soluzioni creative;

5.

Migliorano le capacità decisionale

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Ottimizzano e rendono più efficace la comunicazione

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Aiutano a negoziare e a esaminare tutte le opzioni possibili

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Facilitano la gestione del cambiamento

9.

Favoriscano il raggiungimento dei risultati

10. Abbassano lo stress da lavoro correlato

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Lo smart working è stato il grande normalizzatore del covid 19, consentendo, tranne eccezioni, di poter continuare a lavorare a distanza. Da alcuni è stata vissuta come una restrizione, da altri come una maggiore indipendenza. Tuttavia, al di là delle esperienze personali, vale una considerazione di fondo: le tecnologie abilitanti il digitale hanno garantito alle aziende di mettere in atto una risposta di contrasto


essere le disfunzioni di cui pochi o molti hanno sofferto, possiamo essere d’accordo su un punto: la possibilità di collegarsi sempre e con tutti non è la panacea.

molto efficace. Chi più chi meno ha superato le difficoltà mantenendo la propria continuità operativa.

taforme di comunicazione, ma sulla partecipazione condivisa che può nascere da una logica strutturata di collaboration.

Eppure, per quanto la tecnologia fornisca l’infrastruttura e gli strumenti per lavorare ovunque, dovunque e da qualsiasi dispositivo – pc, tablet, smartphone o succedanei – a molte aziende, e di riflesso agli stessi dipendenti e collaboratori, è venuto a mancare un metodo collaborativo.

Le criticità che si sono evidenziate sono per lo più dovute a un’estrema frammentazione e dispersione delle informazioni, che si rivelano indispensabili per avere un controllo efficiente dell’operatività. Reazioni insufficienti sono state anche causate da un ritardo con cui le aziende hanno avviato una trasformazione digitale. Quali che possano

Un metodo fondato non tanto sulla logica asettica delle piat-

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In molte aziende, soprattutto nel primo periodo, si è sofferto per bulimia di comunicazione. Quanto successo, per quanto paradossale, ci porta alla seguente affermazione: che l’efficienza di un gruppo è inversamente proporzionale alla frequenza di contatto digitale: più alta è la frequenza meno efficiente è il processo. Va da sé che ci vuole misura. Come dire, nelle aziende in cui gli incontri in rete sono limitati si lavora meglio. Dove esistono regole digitali vale infatti la stessa logica che valeva nella modalità di lavoro tradizionale: poche riunioni, ma fatte bene. Comunicare è bene. Trovarsi di fronte a un tavolo, o virtualmente in rete, serve, purché ci sia davvero un perché, un’agenda e un obiettivo. Quando si lavora a distanza, difficoltà e problemi da risolvere sono all’ordine del giorno. L’agenda

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MindUpFormazione di ciascuno è costantemente soggetta a cambiamenti improvvisi dettati dall’inevitabile insorgenza di eventi, personali e non, che si verificano nel corso della giornata. Il tutto produce un carico di stress che può determinare un degrado delle performance e un impatto negativo a livello personale e a livello di gruppo. Serve una comunicazione non invasiva, una comunicazione smart, che sia sostenuta da momenti di incontro supportati da strumenti che offrano la possibilità di una condivisione delle idee con l’obiettivo di raggiungere risultati utili per tutti. Insomma, se da una parte si diventa sempre più consapevoli che uno scenario di lavoro interconnesso – on e off premise – può generare un miglioramento complessivo delle performance aziendali, dall’altra ci si rende conto che per essere efficienti è necessario comprendere a fondo le dinamiche che si vanno evidenziando. L’introduzione di una modalità di lavoro differente dalle precedenti non può

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infatti ispirarsi alla cultura, alle regole e ai metodi pre-covid. In questo contesto le Mappe Mentali sono una potente leva per rendere operativi e produttivi ambienti di lavoro ibridi – a distanza e in sede – migliorando la capacità di rispondere alle variazioni dell’operatività. Le Mappe Mentali facilitano infatti la condivisione delle informazioni trasformandole in attività e, se usate con intelligenza, possono rappresentare un vero valore competitivo. incentivano la creatività, aiutano a generare e acquisire nuove idee, consentono di valutare più opzioni in modo da poter prendere le decisioni migliori. I benefici e i vantaggi delle Mappe Mentali come strumento a supporto di una efficiente collaboration, sono ampiamente testimoniati dagli innumerevoli corsi e percorsi che Pentaconsulting ha fornito in oltre vent’anni di attività ad aziende dei più diversi settori. I servizi di formazione che oggi propone sono altamente personalizzabili in funzione

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del target di riferimento e consentono di acquisire con immediatezza un miglioramento dell’operatività e risoluzione delle criticità. Per il management, per i responsabili dei team, ma anche per i singoli individui, rappresentano uno strumento potente per creare efficienza e produttività. Con la collaboration basata sulle Mappe Mentali si introducono elementi di automazione basati su una conver-


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’efficienza di un gruppo è inversamente proporzionale alla frequenza di contatto digitale: più alta è la frequenza meno efficiente è il processo.

genza di interessi tra funzione di sviluppo e funzione di coordinamento, consentendo di pianificare e produrre secondo una logica “industriale” evoluta. Un percorso volto a coniugare la produzione con esigenze di business attraverso la creazione di un ambiente integrato che supera il classico modello di sviluppo sequenziale, andando a definire un unico e continuo processo su cui far convergere contributi di tutte le parti coinvolte.

I processi collaborativi hanno iniziato ad essere al centro dell’attenzione delle grandi aziende ma stentano a diventare patrimonio delle Pmi. Un errore, perché si trascurano i benefici reali e potenziali, in primis collaboratori motivati in grado di portare un valore aggiunto in termini di efficienza e, quindi, di competitività. Eppure, questa è la sfida e la strada da percorrere.

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Cobot, la robotica che crea nuova occupazione di Piero Macrì Tempo di lettura previsto: 6 min.

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Se fino ad ora il robot è stato l’elemento caratterizzante la linea di produzione per antonomasia – quella dell’automotive e dei semiconduttori – con il nuovo decennio si assisterà a una diffusione di una nuova generazione di automi trasversale a più settori di industry Con l’avvento della data economy, le discontinuità di mercato tendono ad accentuare la criticità strutturale dei modelli di business tradizionali. Le imprese vincenti sono quelle che sanno pensare e agire velocemente, che ragionano fuori dagli schemi abituali e sono pronte a innovare per trasformarsi continuamente. Lo dimostra quanto avvenuto in questi ultimi anni: le imprese che più hanno innovato, in particolare nel settore manifatturiero, sono riuscite a migliorare le performance di business complessive.

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Ed è ciò che sta accadendo anche adesso, nonostante il covid e tutte le criticità con cui ci si deve confrontare. Come molti analisti tendono a osservare l’attuale fase contribuirà ad accelerare gli investimenti in automazione, poiché è da questa, così come sempre è stato, che sarà possibile ottenere incrementi di produttività. Automazione che sarà sempre più associata a una robotica collaborativa. Ma quanto sono diffusi i robot? Dove trovano la loro collocazione ideale? Quali sono le attuali prospettive?

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l 2021 si è aperto all’insegna di una nuova espansione del mercato, dettata soprattutto dall’utilizzo di cobot, Amr (autonomous mobile robot) e veicoli a guida autonoma (Agv).

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Ecco l’attuale scenario rapportato alla densità robotica nell’industria manifatturiera.

La robotica in Italia e nel mondo Come cambierà il mondo della produzione per effetto dell’automazione robotica? Secondo l’International Federation of Robotics (Ifr) nel mondo manifatturiero/ industriale risultano installati 2,7 milioni di robot. Il 12% in più rispetto al 2018 e il triplo rispetto al censimento del 2009. Più della metà, 1,68 milioni, sono utilizzati dall’industria del sud est asiatico. Ma una bella quota è assoldata dall’industria europea che ne utilizza ben 580mila. Al terzo posto nord e sud America dove ne sono presenti 389mila. I comparti a più alta densità per numero di macchine installate sono l’automotive, con 923mila unità, e l’elettronica, che ne annovera 672mila: insieme rappresentano circa il 60% dell’installato globale. 373mila le nuove unità

installate nell’anno per un valore di 13,8 miliardi dollari (245mila Asia, 72mila in Europa e 48mila in America). Di tutte le macchine entrate in fabbrica nel 2019 solo 18mila, vale a dire il 5%, sono cobot. A trainare le vendite è la Cina, diventato negli anni il paese più affamato di robot: 140 mila le nuove unità installate. A seguire il Giappone e poi gli Stati Uniti, la Corea del Sud, la Germania. L’Italia guadagna la sesta posizione con circa 11mila nuove installazioni e si colloca al decimo posto per indice di densità robotica ( 2,12%), seconda in Europa solo a Germania (3,46%) e Svezia (2,77%).

Robotica, una battuta d’arresto. Ma dal 2021 si attende il grande salto

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Nel 2019 il comparto della robotica mondiale ha registrato una flessione del 12%, interrompendo la crescita costante che si era eviden-

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TechTalks ziata a partire dal 2009. Una dinamica dovuta alla contrazione del commercio globale e innescata del rapporto conflittuale Usa/Cina. Ma è solo una battuta d’arresto: al di là di quelli che saranno i numeri del 2020, inevitabilmente condizionati dalla crisi economica indotta dal COVID 19, il 2021 si apre all’insegna di una nuova espansione del mercato, dettata soprattutto dall’utilizzo di cobot, AMR (Autonomous mobile robot) e veicoli a guida autonoma (Agv). Sono queste le tecnologie che la maggior parte degli osservatori ritiene possano

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cambiare radicalmente lo scenario industriale dell’automazione. Se fino ad ora il robot è stato l’elemento caratterizzante la linea di produzione per antonomasia – quella dell’automotive e dei semiconduttori – con il nuovo decennio si assisterà a una diffusione di una nuova generazione di automi che sarà trasversale a più settori di industry. Un fenomeno che non interesserà sole le grandi aziende ma anche le Pmi , poiché la flessibilità e la capacità delle nuove macchine collaborative potranno portare nuova efficienza e produttività.

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La robotica che crea nuova occupazione Più robot meno posti di lavoro? I dati Ifr smentiscono questa equazione. Secondo gli analisti, la progressiva e maggiore densità di robot non ha dato vita a una contrazione del mercato del lavoro. prendendo come riferimento gli Stati Uniti si afferma infatti che nel quinquennio 2013-2018 l’occupazione nell’automotive è cresciuta del 22% passando da 824 mila a oltre un milione di lavoratori. Altrettanto è avvenuto in Germania: tra il 2010 e il 2019 il numero di persone impiegate nell’industria automobilistica è


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’impatto della robotica segue la stessa dinamica che ha contraddistinto l’evoluzione dell’automazione. Più robotica significa più produttività e nuova occupazione

passato da 720mila a 850mila unità. «L’impatto della robotica segue la stessa dinamica che ha contraddistinto l’evoluzione dell’automazione. Più robotica significa più produttività e nuova occupazione»», dichiara Milton Guerry, presidente di Ifr. Un’affermazione in sintonia con quanto da tempo va dicendo Marco Bentivogli, ex segretario Fim-Cisl e attento osservatore del mondo delle nuove tecnologie: «Dove è più elevata la densità di robot minore è la disoccupazione. Le imprese che investono in queste tecnologie mostrano

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una competitività più elevata e offrono una qualità del lavoro migliore, spesso con salari più alti». Che poi, a ben vedere, non è che di robot ce ne siano davvero tanti in attività in rapporto al numero di lavoratori. In base ai dati Ifr (aggiornati al 2019), nell’industria manifatturiera mondiale la densità media dei robot è di 113 unità ogni 10mila lavoratori (1,13%). Le aree geografiche a più alta concentrazione? L’Europa dell’ovest dove il rapporto robot/operatori è del 2,25% e a seguire i paesi del nord Europa (2.04%) l’America (1,53%) e il Sud Est Asiatico (1,19%).

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TechTalks I paesi più robotizzati sono invece Singapore, Corea del Sud, Giappone, Germania, Svezia, Danimarca, Hong Kong, Taiwan, Usa e Belgio. L’Italia certo non sfigura: nella classifica mondiale è al decimo posto con un indice di densità robotica pari al 2,12%, seconda in Europa solo a Germania (3,46%) e Svezia (2,77%).

La nuova frontiera collaborativa I vecchi robot industriali, quelli tradizionalmente utilizzati nelle grandi linee di produzione di massa, erano molto competenti in precisione e ripetibilità, programmati per un compito specifico. Avevano necessità di componenti e integrazione, erano costosi e richiedevano programmatori esperti. Le ultime generazioni di robot cooperativi invece vedono, percepiscono l’ambiente e le persone, sono sicuri, focalizzati sulla flessibilità e sulla facilità di utilizzo, eseguono i compiti assegnati proprio

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come un operatore umano e si integrano perfettamente con altre macchine e persone. Non solo, possono essere addestrati da qualsiasi operatore e hanno costi molto bassi. l’automazione 4.0 avanzata ha un netto effetto positivo sulla domanda di lavoro. L’automazione riduce infatti i costi di produzione, riduce i costi del prodotto, riduce il prezzo dei prodotti. E la riduzione del prezzo del prodotto aumenta la domanda di prodotti, l’aumento della domanda di prodotti aumenta l’occupazione.

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