CASSAZIONE CIVILE A SEZIONI UNITE N. 11421/2021:
Il vademecum della pianificazione patrimoniale con l’assicurazione vita Era atteso ormai da qualche anno l’intervento dei supremi giudici in sessione plenaria sull’annosa tematica della clausola beneficiaria più inflazionata nell’industria assicurativa: quella di “eredi” come beneficiari di polizza. E di come tale designazione debba essere interpretata in assenza di chiare indicazioni da parte del contraente o di lacune nelle condizioni contrattuali di polizza: si seguono le norme della comunione ereditaria? per eredi si intendono i delati o solamente coloro che hanno accettato l’eredità? cosa succede in caso premorienza del beneficiario erede?
disposto all’art. 1920, comma 3, cod. civ., secondo il quale il beneficiario “acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione” vita sin dal momento della sua designazione. Uno dei “privilegi”, in senso lato, riconosciuto dal nostro ordinamento all’assicurazione vita che sortisce numerosi effetti benefici dal punto di vista della pianificazione patrimoniale: si va dal regime di impignorabilità e insequestrabilità previsto all’art. 1923, cod. civ., sino (e soprattutto) all’esenzione da imposta di successione sui proventi ricevuti dai suoi beneficiari. E che sarebbe potuto essere messo in discussione se le norme successorie avessero fatto ingresso nell’istituto dell’assicurazione sulla vita che si contraddistingue da dettami autonomi e separati quando si fa riferimento all’amministrazione della prestazione assicurativa da corrispondere ai beneficiari di polizza: infatti, l’assicurazione sulla vita non segue le dinamiche del diritto successorio se non in limitate e tassative circostanze quali, a titolo esemplificativo, la collazione, l’imputazione e la riduzione delle donazioni sull’ammontare dei premi pagati ex art. 1923, comma 2, cod.civ., oppure la revoca della designazione nei confronti di un beneficiario “ingrato” o che attenti alla vita dell’assicurato ex art. 1922, cod.civ.
Lo scompiglio ha inizio con la pronuncia della Cass.Civ. n. 19210/2015 la quale, discostandosi dall’orientamento precedente, affermò che il senso letterale dell’espressione «erede» “non può che implicare un riferimento non solo al modo in cui tale qualità è stata acquisita e, quindi, alla fonte della successione, ma anche alla dimensione di tale acquisizione e, dunque, al valore della posizione ereditaria secondo quella fonte”. Detto in altre parole, una interpretazione restrittiva e strettamente letterale che identificherebbe gli eredi in coloro che abbiano accettato l’eredità e i destinatari della prestazione assicurativa individuati sulla base di un criterio di ripartizione che seguirebbe le regole della successione legittima o testamentaria (a seconda dei casi). Un fulmine a ciel sereno, non soltanto per le imprese di assicurazione, timorose delle lungaggini connesse alla corresponsione delle somme assicurate ai beneficiari e per i rischi insiti nel pagamento al creditore apparente, ma soprattutto per le ripercussioni sul principio cardine dell’assicurazione vita: lo iure proprio
Ma per gli ermellini di Piazza Cavour, nella pronuncia del 2015 poc’anzi citata, il termine “erede” doveva “evocare tanto chi lo è quanto anche in che misura lo è”. Un orientamento discostante da quello maggioritario che, fortuna per chi si occupa di pianificazione patrimoniale con lo strumento polizza vita, nei “posteri” ha trovato la sua “ardua sentenza”, ossia l’intervento della Cassazione Civile
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a Sezioni Unite n. 11421/2021 che su impulso della terza sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 33195/2019, è stata finalmente chiamata a porre fine (si spera per sempre) ai dubbi interpretativi relativi alle clausole con beneficiari “eredi” andando pertanto a confermare, come si vedrà nel prosieguo, l’orientamento maggioritario (ex plurimis, Cass.Civ. n. 9388/1994, n. 4484/1996, n. 26606/2016 e n. 25635/2018).
è ritenuto opportuno raccogliere di seguito, e che si spera possano servire da guida a chi si trovi a “maneggiare” lo strumento polizza vita. Ma prima di procedere alla loro analisi, si richiama l’attenzione del lettore su alcuni aspetti: innanzitutto, alcuni di questi dettami sono delle specifiche dei tre principi poc’anzi citati, e in secundis badate alle diverse circostanze in cui si fa riferimento al termine eredi: infatti ci sono eredi ed eredi: abbiamo quelli che sono i veri e propri beneficiari della prestazione assicurativa (o i beneficiari eredi) e quelli che invece vi subentrano in caso di loro premorienza (ossia gli eredi del beneficiario erede). E per ogni categoria gli effetti sono speculari ma diametralmente opposti.
Il punto di partenza dell’esegesi seguita dalle Sezioni Unite, o meglio il caposaldo del loro criterio, costituisce quello che, a parere di chi scrive, deve assurgere al mantra della pianificazione patrimoniale con lo strumento polizza (o Insurance Wealth Planning): l’atto di designazione del beneficiario costituisce un negozio inter vivos con effetti post mortem nel senso che la morte dell’assicurato segna sì l’esigibilità della prestazione assicurativa ma soprattutto il consolidamento del diritto proprio già acquistato dal beneficiario in forza e al momento della stessa designazione. O per volerla dire in altre parole, il decesso del contraente-assicurato serve “unicamente a dare efficacia al diritto [proprio] già acquisito dal beneficiario” al momento della designazione (e non al momento del verificarsi dell’evento assicurato). Ed è da questo corollario che derivano i tre principi statuiti dalla Cass.Civ.SS.UU. n. 11421/2021 in materia di “eredi” quali beneficiari di polizza:
Tanto premesso, passiamoli in rassegna più nel dettaglio: I. la somma assicurata è estranea al patrimonio del de cuius che cade in successione. Una conferma del principio iure proprio e del fatto che la prestazione assicurativa trova la propria fonte nel contratto e non costituisce un trasferimento di patrimonio dal contraente al beneficiario, ma bensì dall’impresa di assicurazione a quest’ultimo. Come confermato anche dalle Sezioni Unite, “nell’assicurazione sulla vita vi è l’inesistenza di un trasferimento immediato dal contraente al beneficiario, in quanto la prestazione promana dal patrimonio dell’assicuratore e non dall’asse ereditario del contraente-assicurato”; II. la mancanza della designazione comporta la restituzione della prestazione assicurativa nella sfera giuridica del contraente-assicurato e la devoluzione, al suo decesso, agli eredi iure successionis. Si tratta di una particolare criticità strutturale che trova analoghe situazioni nel caso di revoca del beneficiario o di rifiuto di quest’ultimo di voler profittare del beneficio derivante dalla prestazione assicurativa. Tutte ipotesi che, salvo che non diversamente stabilito dal contraente (quando in vita), comportano l’applicazione dell’art. 1411, comma 2, cod.civ:, e quindi “la prestazione rimane a beneficio dello stipulante”. Inoltre, possono portare a veri e propri “corti-circuiti” strutturali al verificarsi del decesso del contraente-assicurato, in quanto il patrimonio viene devoluto iure hereditatis (e non iure proprio) ai suoi eredi;
»» 1. la designazione “eredi” comporta l’acquisto iure proprio della prestazione assicurativa da parte dei beneficiari (e non iure heriditatis) e i beneficiari “eredi” vanno individuati alla data del decesso dell’assicurato; »» 2. salvo diversa indicazione del contraente, la suddivisione della prestazione assicurativa tra i beneficiari “eredi” si effettua in quote uguali (e non secondo le norme successorie); »» 3. salvo revoca o diversa indicazione del contraente, la premorienza del beneficiario comporta il trasferimento della prestazione assicurativa ai suoi eredi seguendo le norme del diritto successorio, quindi iure hereditatis e non iure proprio. Ma per giungere a queste conclusioni, le Sezioni Unite fissano, a volte anche obiter dicta, tutta una serie di paradigmi di estrema importanza e rilevanza. Una sorta di vademecum di presidi e accortezze per gli insurance wealth planners che si
III. Sono escluse le regole sulla comunione ereditaria così come anche l’automatica ripartizione dell’indennizzo tra i beneficiari
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coeredi in ragione delle rispettive quote di spettanza dei beni caduti in successione. Si tratta del primo effetto della trasmissione iure proprio della prestazione assicurativa ai beneficiari di polizza; con la diretta conseguenza che
reclamate sarebbero improduttive di interessi? sono ancora da considerarsi come riserve matematiche? oppure laddove impiegate in attività finanziarie, come si concilierebbe questo aspetto con il computo della fiscalità diretta e dell’imposta di bollo? Tutte domande che lascerebbero propendere per una soluzione in cui la totalità dei beneficiari, salvo diverse esigenze di privacy, presentino un’unica richiesta di liquidazione all’impresa di assicurazione;
IV. La suddivisione tra i beneficiari eredi deve aver luogo in parti uguali. Trattandosi di una obbligazione solidale tra i beneficiari creditori (Eadem causa obligandi), la ripartizione della prestazione assicurativa tra i beneficiari eredi deve aver luogo in parti uguali e non secondo i criteri del diritto successorio;
VI. il diritto del contraente di indicare gli eredi in forma nominativa o di stabilire in quali misure o proporzioni debba suddividersi tra loro la prestazione assicurativa. Come si avrà modo di indicare nelle considerazioni finali, il contraente, in quanto titolare del diritto intrasmissibile di designazione, ha la possibilità di individuare in forma nominativa e secondo la ripartizione che preferisce, la prestazione assicurativa e quindi derogare a quella particolare disposizione dell’art. 1920 cod.civ. che prevede l’efficacia della designazione anche quando “il beneficiario è determinato solo genericamente”;
V. Ciascun erede beneficiario può esigere dall’impresa di assicurazione il pagamento della propria quota della prestazione assicurativa. Forse una deviazione dalla natura solidale dal lato attivo dell’obbligazione che invece permetterebbe a ciascun creditore solidale (rectius, erede) di ottenere l’intera prestazione dal debitore (rectius, l’impresa di assicurazione) agevolando, altresì, il debitore che potrebbe liberarsi eseguendo l’intera prestazione ad uno dei creditori. Un’occasione mancata che avrebbe potuto sortire effetti benefici in termini di speditezza nell’evasione della corresponsione della prestazione assicurativa, nonché certezza nella liquidazione del patrimonio detenuto in polizza: infatti, nello scenario delineato dalle Sezioni Unite, l’impresa di assicurazione deve interrogarsi sul quantum del disinvestimento delle attività sottostanti: lo deve fare nella sua totalità, nel momento in cui riceve la prima richiesta di pagamento della prestazione assicurativa da parte di uno dei beneficiari? o soltanto per la quota parte spettante a ciascuno di questi? La differenza non è di poco conto se solo si pensa, in tal ultimo scenario, all’aggravio amministrativo dovuto all’evasione di molteplici richieste, ma anche alle conseguenze in termini di computo dell’imposta sui redditi di capitale (e dell’imposta di bollo/IVAFE) in caso di beneficiari fiscalmente residenti in Italia, che andrebbe effettuata a ciascun disinvestimento con conseguenze nefaste per la stessa impresa di assicurazione. Oppure se si vuole fare riferimento al primo scenario, l’altra criticità si ravviserebbe sulle modalità di utilizzo delle somme disinvestite e ormai liquidate integralmente che sarebbero corrisposte a ciascun beneficiario dietro apposita richiesta: vista la possibilità di liquidazione scaglionata della prestazione assicurativa ai diversi beneficiari, le somme residue e non ancora
VII. Non revocabilità della clausola beneficiaria «eredi [legittimi]» in presenza di eredi istituiti per testamento. Da non confondere con la più ampia clausola “eredi legittimi o testamentari”, che produce, invece, l’effetto contrario, e quindi la sostituzione degli eredi testamentari con quelli legittimi, ovvero quest’ultimi nel caso in cui non ci siano eredi testamentari; VIII. La trasmissibilità della titolarità dei vantaggi dell’assicurazione agli eredi del beneficiario premorto. Ci si trova nell’ipotesi di premorienza di un beneficiario per effetto del quale il patrimonio viene trasmesso agli eredi del beneficiario erede in forza di quanto disposto all’art. 1412, comma 2, cod.civ., (così come anche confermato di recente dalla Cass.Civ. n. 9948/2021). La trasmissione, in questa circostanza, ha luogo iure hereditatis (e non iure proprio) e in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi “di successione nel diritto contrattuale all’indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto”; Ne consegue che: »» A. non si verifica alcun effetto di accrescimento in favore dei restanti eredi beneficiari; nonché »» B. gli eredi del premorto beneficiario erede
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subentrano nella quota della prestazione assicurativa spettante a quest’ultimo ma la suddivisione di tale quota deve aver luogo secondo le quote stabilite dal diritto successorio; nonché »» C. il regime dell’insequestrabilità/impignorabilità potrebbe non essere opponibile dagli eredi del premorto beneficiario.
nell’asse ereditario del beneficiario erede premorto (con conseguente assoggettamento ad imposta di successione). Quindi, particolare attenzione va prestata quando ci si allontana dalle clausole beneficiarie nominative (o statiche) e ci si imbarca in quelle in cui i beneficiari, come quelle di “eredi” oggetto di trattazione da parte delle Sezioni Unite, sono individuabili o determinati genericamente (le designazioni “dinamiche”) in quanto il rischio che si corre sono i “corti-circuiti” strutturali, ossia ipotesi di empasse che portano con sé tutta una serie di effetti indesiderati e collaterali sino a collassare nella nullità della designazione così come disposta all’art. 628 cod.civ. richiamato dall’art. 1920, comma 2, cod.civ. in base al quale “è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata”.
Volendo concludere, la sentenza in disamina ha introdotto molti capisaldi e pietre miliari per chi si occupa di pianificazione patrimonial-assicurativa, andando anche a illustrare quelle diverse ipotesi di distinzione tra le somme ricevute dai beneficiari eredi per diritto proprio, per le quali trova applicazione il c.d. privilegio dell’intangibilità della prestazione assicurativa, da quelle in cui le somme sono sì ricevute dagli eredi ma iure hereditatis, dove tale privilegio non trova invece applicazione. E le conseguenze non sono di poco conto se solo si pensa alla vanificazione di benefici quali la insequestrabilità/impignorabilità e la potenziale introduzione delle somme ricevute dagli eredi
Nicola Alvaro, TEP Chief Legal & Wealth Structuring Officer, Generali Luxembourg S.A.)
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