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2 Primo Piano
IL GIORNALE DI VICENZA Venerdì 3 Aprile 2020
IlVenetoelalottaalvirus Icontagicrescono ancora, ierisono salitidel+5,16%
1004
ILNUMERODEI DIMESSIPERLAPRIMA VOLTASUPERA QUOTAMILLE
IPICCHIDIGUARITISONO SOPRATTUTTOAPADOVAEA TREVISO.LAREGIONEDAIERI SEGNALAANCHE83PERSONE INOSPEDALIDICOMUNITÀ
556
ILNUMERO COMPLESSIVO DI DECESSI(CONLE CASEDIRIPOSO)
ILPICCODILUTTIRESTA SEMPRENELVERONESEEDÈ GIUNTOA167,MENTRE TREVISOÈA114,SEGUITODA PADOVA(90)EVENEZIA(83)
I DANNI DEL CORONAVIRUS. Il governatore sul fronte economico si dice «molto preoccupato». La ripartenza? «L’Europa deve sostenere tutti i Paesi, altrimenti è finita»
«IlVenetoperde12-13miliardidiPilalmese» PrimiinItaliaasperimentareiltest Morti:+39 suglianticorpiperdarela“patente” «Manonbasta:allavoromisure Da4giorni didistanziamentoedispositivi» continuailcalo Cristina Giacomuzzo
La guerra al Covid-19 continua su tanti fronti. Il governatore Luca Zaia lo sa bene: «Spero di chiudere velocemente la partita dell’emergenza sanitaria - ha dichiarato durante il quotidiano discorso ai veneti sempre più seguito sui social - per dare risposte al mondo economico perché la preoccupazione sul fronte delle imprese è alta». Sia chiaro: «L’emergenza - dice - resta fino a Pasqua». E anche ieri ha ribadito che la guardia non va abbassata. MILIARDIINFUMOEL’UEDOVE STA?. Solo che più continue-
rà lo stop per motivi sanitari, peggio sarà sul fronte economico. «Il Veneto ha un Pil da 150 miliardi all’anno. In un mese ha perso 12-13 miliardi - stima - Sono preoccupato per la ripartenza perché non vorremmo ritrovarci con le imprese di una super potenza europea, la Germania, belle toniche e le nostre a pezzi. Toniche perché la Germania ha adottato misure straordinarie. Un esempio? Per le aziende con dipendenti da 1 a 5, sono previsti 9 mila euro di contributi a mese e in più gli aiuti dal territorio. Ma se il rinascimento sarà solo per la Germania, l’Europa è finita. Ed è per questo che l’Unione europea deve farsi garante e sostenere la ripresa di tutti». RIAPERTURE E PATENTE DEL GUARITO. E quando arriverà
il momento di riaprire? Zaia da giorni si è posto il problema: «Stiamo pensando di predisporre un piano di riaperture che servirà ad evitare l’effetto Hong Kong. Lì hanno riaperto troppo velocemente e sono tornati i casi in terapia intensiva. Vorrei evitare». Come? Il Veneto, primo in Italia, sperimenterà il test sierologico per ottenere “la patente del guarito”. Vale
a dire l’analisi del sangue per la verifica della presenza di anticorpi che, insieme al tampone negativo, dovrebbero garantire che l’individuo è sano e non trasmette il coronavirus. «Dovrebbero perché alza le mani Zaia - speriamo che sia la direzione giusta e che si riesca a far arrivare il materiale che abbiamo comprato: lo sdoganamento in Cina non è facile». Direzione giusta? «Sì, perché - precisa la politica non può che adottare le soluzioni che arrivano dal mondo scientifico. Nel nostro caso dalle università di Padova e di Verona. Noi crediamo che questa sia la direzione giusta, come lo è stata quella dei tamponi e dell’isolamento. Ma sarà la storia a dirlo. E finché gli scienziati sono divisi, non si può addossare la colpa al politico. Per esempio, all’inizio si diceva che la mascherina andava indossata solo dal positivo. O che il Covid-19 era una normale influenza. Adesso sappiamo che le cose non stavano così». IL PRESIDENTE VESCOVI E NUOVEMISUREDISICUREZZA.
Sulla “patente di guarito”, il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi, chiede alla Regione (vedi a lato) di inserire i lavoratori delle aziende tra i destinatari dello screening sierologico. Zaia ci sta: «Ha ragione. Se la sperimentazione ne dimostrerà la validità, è inevitabile che quel test diventerà un grande strumento per garantire imprenditori e lavoratori. Ma ora la partita è in mano alle università. In ogni caso non basterà. Servirà riaprire con misure di distanziamento per il personale e l’uso massiccio di dispositivi. È impensabile rimettere mille persone a lavorare in un processo produttivo senza. Per questo penso che la mascherina diventerà parte del nostro abbigliamento quotidiano». • © RIPRODUZIONERISERVATA
deiricoverati darianimare
Aumentano i contagi (+5,16% ieri) e purtroppo salgono di molto ancora le vittime: 525 negli ospedali, con una crescita di 36 vittime in un giorno. Il conto sale a +39 con i decessi da virus in case di riposo, di cui ben 15 nel Veronese. Ma diminuiscono di fatto i ricoveri nei reparti ospedalieri e in terapia intensiva, e i “dimessi” hanno superato quota mille. Ci sono indicazioni di speranza, oltre a quelle negative, nel report di ieri sera della Regione. La notizia più buona, rispetto alla paura che c’era domenica quando si era giunti al picco di 360 persone (con molti decessi), è il costante calo da quattro giorni dei ricoverati in terapia intensiva: ieri sera erano scesi a 335. E l’altra buona notizia è il calo anche di ricoveri nei reparti ospedalieri di persone con sintomi pesanti da virus (malattie infettive, terapia semintensiva): c’è stato un calo di una sessantina di persone, solo che adesso il numero registrato dalla Regione risulta salito a 1719 ricoveri (+23) perché vengono conteggiate 83 persone che sono state trasferite in sei ospedali di comunità del Veneto nord-est, vale a dire strutture che fanno da “passaggio” verso quella che si spera sia una dimissione definitiva per il ritorno a casa, oppure in casa di riposo, ma da “guariti”. In isolamento ci sono 20278 persone (705 invece i “negativizzati”), il che fa pensare che il Veneto stia riuscendo nell’obiettivo di scovare i positivi privi di sintomi (di qui l’aumento di contagiati trovati) per evitare che contagino altre persone. • P.E.
Icontrolli anti-spostamentiper ridurrei contagi continuerannofinoadopo Pasqua
NORME.ECaorleinvita sanitari eforze dell’ordine: «Vacanzagratis»
Regoleerestrizioni Oggil’ordinanzabis «Misurepiù duredel Dpcm» Epoi: «Grazie aigiovani stannopagandodi più, masono ipiù rispettosi» È attesa a ore l’ordinanza di Zaia, la nuova. Nel provvedimento numero uno che scade proprio oggi, il presidente del Veneto, Luca Zaia, aveva inserito due novità più restrittive rispetto al decreto ministeriale del premier Conte. La prima. Chiusura dei punti vendita alimentari, dai negozi ai supermercati, alla domenica. La seconda. Passeggiata e corsetta consentita, ma solo entro un raggio di 200 metri da casa. Poi scatta la multa. GIRO DI VITE. E adesso? «Stia-
mo lavorando ad una proroga di queste misure con ulteriori elementi che saranno aggiunti nati dall’esperienza di questi giorni», ha anticipato ieri Zaia. Come mai tanto tempo per emanarla? «Con
LA DENUNCIA INVIATA AL GOVERNO. Discrepanze nei numeri dichiarati
«Quinonsono arrivate tutte leprotezioniinviate daRoma» C’è qualcosa che non quadra nei conteggi delle mascherine e delle altre protezioni che lo Stato dichiara di aver mandato al Veneto. Tanto che la Regione, col direttore “Territorio” Nicola Dell’Acqua, ha deciso di prendere carta e penna e scrivere «nell’ottica della massima collaborazione» al commissario nazionale “forniture per l’emergenza Covid” Domenico Arcuri. Da qualche giorno proprio Arcuri, hanno spiegato ai giornalisti il governatore Zaia e l’assessore alla protezione civile Gianpaolo Bottacin, ha deci-
so di pubblicare con trasparenza sul sito del Ministero della salute tutte le forniture inviate alle Regioni. E le aggiorna di continuo, tanto che ieri sera erano indicate già nuove cifre rispetto alla lettera scritta dalla Regione. Ma qualcosa non va, visto che ieri mattina la Regione Veneto ha fatto i conti raffrontando quella tabella con i materiali sanitari per la gestione dell’emergenza Covid ricevuti dalla Protezione civile («non dubito certo dei conteggi che fanno i nostri alpini e gli altri operatori», rimarca
Protezionecivileal lavoro
VACANZA GRATIS. Intanto, di
certo c’è la generosità dei veneti che è arrivata a sfiorare quota 20 milioni di euro e che servirà per fronteggiare le maxi spese sanitarie sostenute per l’emergenza. Non solo. È stata lanciata la “Vacanza gratuita a Caorle” per due persone e una cena al ristorante riservata agli “angeli dell’emergenza”: medici, sanitari, volontari della protezione civile e forze dell’ordine. L’iniziativa è di Confcommercio Caorle e Federalberghi Caorle, in collaborazione con Caorle.it. MAPASQUETTABLINDATA. In-
Untipodi kitperl’individuazione di chiha avuto ilvirus
gli altri colleghi presidenti di altre Regioni stiamo analizzando il decreto. Abbiamo trovato un “vulnus” perché nell’ultimo provvedimento del premier Conte sono stati abrogati dei passaggi. Per cui serve verificare alcuni aspetti». E in concreto? Sulle novità Zaia sta abbottonatissimo. I temi su cui sta lavorando pe-
rò sono chiari. Stretta sui mercati perché, così come sono oggi, non rispettano le distanze e le norme di sicurezza contro la diffusione del virus. Poi l’uso delle mascherine. A tutti in modo obbligatorio? Magari prima rendendole fruibili anche dove fino ad oggi non si trovavano, come al supermercato? Si vedrà.
tanto, si resta a casa e, in previsione del prossimo fine settimana di Pasqua e Pasquetta con aria di primavera, Zaia è previdente: «Stiamo chiedendo alle forze dell’ordine di far rispettare le regole, ma il vero appello è quello al senso civico dei veneti. Un senso civico che è stato dimostrato in questo periodo. E se in Veneto funzionano le restrizioni un grande merito lo hanno i giovani che stanno pagando di più lo stare a casa, ma sono anche quelli che lo rispettano di più. Per loro è diventata quasi una sfida. E in giro non se ne vedono tanti». • CRI.GIA. © RIPRODUZIONERISERVATA
I SOLDI NON BASTANO. Donazzan bussa a Roma Zaia). Morale, da Roma risultano spediti 4,7 milioni di mascherine tra “chirurgiche” (3,8 milioni) e Ffp2 (860 mila) ma alla Regione ne risultano arrivate solo 2,1 milioni (1,5 chirurgiche, 620 mila Ffp2): ne mancano all’appello quasi 2,6 milioni. Qualcuno ha fatto sparite nel tragitto verso il Veneto oltre la metà dei materiali? L’interrogativo è inquietante: per ora non ha avuto risposta da Roma. Qualche confusione nella stesura dei “resoconti” a Roma l’hanno fatta di sicuro, però, visto che al Veneto risultano arrivate invece 2,5 milioni di mascherine monovelo (non chirurgiche, poco utili) mentre Roma dice che ne ha mandate solo 465 mila. Mancherebbero anche guanti, tubi endotracheali e altro. • P.E.
Ciginderoga,inRegione giuntegià7miladomande Dopo solo 5 giorni sono già 7 mila le domande di accesso alla cassa integrazione in deroga presentate in Veneto passano tutte per il portale ClicLavoro Veneto O-comunicazioni obbligatorie) dalle aziende in difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus, per un totale di 19.500 lavoratori coinvolti. Oltre il 70% delle richieste - fa sapere la Regione - si riferisce ad aziende e lavoratori del settore terziario, il 10% a studi professionali e il restante 20% ad altre tipologie di aziende (industriali, artigiane, agricole, cooperative, di spettacolo, pe-
sca, terzo settore). «In pochi giorni il portale dice l’assessore Elena Donazzan - ha raccolto un numero importante di richieste. Due volte al giorno facciamo il punto con le strutture per analizzare l’andamento delle domande, nell’ottica di prevedere l’arco temporale coperto delle risorse finora assegnate. Ad oggi per il Veneto possiamo contare su una disponibilità finanziaria di circa 180 milioni (gli ultimi 40 dati per le tre regioni da più tempo colpite dal virus)» Alla Cig in deroga possono accedere tutti i datori di lavo-
ro del settore privato (inclusi agricolo, pesca e terzo settore), con sede operativa in Veneto. I presupposti per la richiesta sono la sospensione del lavoro a zero ore o con riduzione di orario, la perdita o decurtazione della retribuzione e la ragionevole previsione di ripresa dell’attività. La durata massima del trattamento è di 13 settimane per sedi di lavoro e lavoratori ubicati in Veneto (per Vo’ Euganeo 22 settimane). Il trattamento di cig in deroga può essere richiesto retroattivamente con decorrenza dal 23 febbraie. «Le risorse finora assegnate al Veneto non sono ancora sufficienti: chiederemo subito si proceda celermente all’ulteriore riparto di 3,3 miliardi previsti in Italia». • © RIPRODUZIONERISERVATA
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VENERDÌ 3 APRILE 2020 IL MATTINO
PRIMO PIANO
L’allarme globale: la sanità Giustina De Silvestro dirige il Centro immunotrasfusionale di Padova capofila del progetto di cura già sperimentato dai medici di Wuhan
«Plasma immunizzato Fra una settimana la prima trasfusione sui nostri pazienti» L’INTERVISTA Elena Livieri
F
ra una settimana nel Centro immunotrasfusionale dell’Azienda ospedale Università di Padova il primo paziente affetto da Covid 19 riceverà una trasfusione di plasma donato da un paziente guarito dal coronavirus. Questo tipo di terapia è stato già utilizzato in Cina ed è stata proprio la delegazione di medici cinesi che ha fatto tappa a Padova nelle scorse settimane a condividere con Giustina De Sil-
I primi a offrirsi come donatori sono stati gli operatori sanitari guariti dal coronavirus vestro, direttrice del Centro immunotrasfusionale di via Giustiniani, il protocollo operativo. L’Azienda padovana, infatti, è stata indicata dalla Regione Veneto come coordinatrice del progetto. Dottoressa De Silvestro in che cosa consiste questa terapia? «Sfrutta un principio noto nell’ambiente: di fatto quando un soggetto affronta una malattia e guarisce produce gli anticorpi. In passato la donazione di plasma di pazienti guariti è sta-
ta già usata contro Sars ed Ebola. Si tratta quindi di arruolare persone che hanno superato la malattia e prodotto gli anticorpi affinché donino il loro plasma, ovvero la componente liquida del sangue dove circolano gli anticorpi, da usare sul malato». La donazione da parte del paziente guarito si differenzia dalla comune donazione di sangue? «Come per ogni trasfusione viene separata la parte cellulare del sangue del donatore, a lui restituiamo le cellule e teniamo la parte liquida. Il plasma viene quindi testato per avere la certezza che sia sano, senza la presenza del virus, con particolari criteri di sicurezza. Oltre a questo viene eseguito un processo di inattivazione di patogeni, nel caso ci fossero virus che non consociamo. A quel punto il plasma è pronto per la trasfusione». Cosa prevede quindi la terapia? «Il protocollo che abbiamo predisposto, sulla scorta dell’esperienza dei colleghi cinesi, prevede tre somministrazioni effettuate in tre giorni consecutivi, al massimo cinque. Eventualmente il ciclo può essere ripetuto». Dopo quanto si può rilevare l’effetto della terapia? «Già dopo la prima trasfusione si possono vedere gli effetti, quindi se il plasma con gli anticorpi ha permesso di sconfiggere il virus nel malato».
Si può usare su tutti i malati di Covid 19? «Questa tecnica è indicata per i casi più impegnativi, ovvero quelli che vanno incontro a grave scompenso respiratorio. Appena si nota il peggioramento in questo senso, la tecnica può essere applicata». In Cina ha dato buoni risultati? «I colleghi cinesi che sono venuti a Padova ci hanno fornito i dati su un piccolo campionamento ed erano incoraggianti. Ora stanno per pubblicare uno studio su una casistica molto più ampia». Quando farete la prima
In Cina questa tecnica ha dato buoni risultati Presto sarà pubblicato un ampio studio trasfusione con plasma immunizzato? «Ritengo plausibile sia necessaria ancora una settimana prima di procedere. In questa fase stiamo facendo “magazzino”, reclutando i donatori e raccogliendo il plasma. Dobbiamo garantirci una certa scorta prima di iniziare in modo che una volta avviate le terapie ci sia plasma a sufficienza». Le donazioni si possono fare solo a Padova? «Alla raccolta del plasma da pazienti guariti concorrono anche i centri periferi-
Giustina De Silvestro, direttrice del Centro immunotrasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova
ci. Poi le provette vengono inviate da noi per le indagini microbiologiche e per l’inattivazione virale. E qui poi i vengono immagazzinate come scorta». Quanti professionisti si dedicano a questo progetto? «Nel Centro immunotrasfusionale siamo due medici e un’équipe infermieristica. Poi ci sono i colleghi della Microbiologia e i reparti di degenza, Malattie infettive e Rianimazione». È difficile trovare donatori? «Questo è un aspetto molto positivo: senza che andassimo a cercarli, sono stati i pazienti guariti a cercare noi per offrirsi come donatori. Soprattutto fra il personale sanitario che ha avuto la sventura di ammalarsi di Covid 19, è forte la volontà di partecipare a questo progetto. Si è creata una vera e propria rete e ci stanno aiutando molto».—
Fra una settimana le prime trasfusioni di plasma immunizzato
il monito del direttore generale dell’usl euganea
Scibetta: «Sanitari eroi oggi e sempre Non ammalatevi di memoria corta» PADOVA
Un appello a fare memoria della storia che questi giorni drammatici stanno scrivendo: è quello che arriva da Domenico Scibetta, direttore generale dell’Usl 6 Euganea. Che mette in guardia: «Non lasciatevi infettare dal morbo della memoria corta» e quindi spiega: «Che la nostra storia quotidiana, così densa di lacrime e sangue, con le mani intrise di su-
dore, i visi segnati dalle mascherine, i turni massacranti, il fruscio dei ventilatori e l’odore dei disinfettanti, le notti insonni, le preghiere laiche e mistiche, sia in grado di fare la Storia. Che l’impegnativissima ricerca della salute perduta, messa in atto da medici, infermieri, operatori sanitari e da tutti coloro che fanno parte di questo grande puzzle che si chiama salute pubblica, insegni a onorare, rispettare, tute-
lare i nostri “soldati al fronte”. Professionisti che danno tutto se stessi, a costo talvolta della vita. E se non riescono a fare il miracolo di strappare alla morte destini segnati? Ecco che, di nuovo, diventano facile capro espiatorio di lutti non accettati». Scibetta vuole scongiurare scene già viste: «Professionisti messi alla gogna, costretti a difendersi da accuse scellerate, inaccettabili, profondamente fuorvianti. Che le traiettorie
imperscrutabili del virus Covid-19 contribuiscano a raddrizzare la percezione pubblica di quella che ciascuno di loro, in questi giorni di battaglia contro un nemico truce e invisibile, ha vissuto come autentica missione. L’emergenza ha costretto allo scoperto le nostre donne e i nostri uomini in camice, ha squarciato il velo della nostra pseudo-indifferenza nei loro confronti, li ha mostrati per come sono. Ma lo-
Domenico Scibetta
ro così lo erano sempre stati. Perché in sanità non ci si improvvisa, non ci si inventa, non si recita a soggetto. Chi combatte al fronte per salvare vite, rimettendoci anche in pri-
ma persona, sa che in guerra l’unico atto punibile dalla Corte marziale è la diserzione. Ma coloro che hanno sempre risposto “presente” imbracciando, in scienza e in coscienza, il fucile contro il coronavirus con competenza, dedizione, attenzione, umanità, non possono essere delegittimati». Quindi l’appello: «Finita la guerra, che prevalga vigoroso e vibrante un profondo rispetto, nutrito da vera riconoscenza per l’intera categoria, per chi ha tentato in tutti i modi di non farvi strappare alla vita. Giustissimo riempirli oggi di elogi, fiori, abbracci, emoticon e canti, una bestemmia scaricarli a mare domani. Non ci si lasci cogliere, vi prego, da quel morbo che è la memoria corta». —
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Primo Piano
Venerdì 3 Aprile 2020 www.gazzettino.it
A TAPPETO Il governatore veneto Luca Zaia (a destra) sta per dare il via agli esami sierologici sui 60mila addetti alla sanità regionale
La sperimentazione
Pronte a partire anche altre regioni C’è chi comincia con le case di riposo Un po’ tutte le regioni stanno valutando la possibilità di prepararsi a test sierologici per verificare l’immunità al Covid-19. In attesa della ‘fase 2’ dell’emergenza, si tenta di scovare chi ha sviluppato anticorpi. Anche la sanità ligure ha iniziato i test sierologici sul personale sanitario e gli ospiti delle Rsa. E nei prossimi giorni saranno coinvolti anche i donatori di sangue. E sempre per gli ospiti delle Rsa il
Piemonte ha iniziato uno screening a tappeto col test sierologico. Una serie di monitoraggi sono in corso anche nelle Marche mentre in Puglia si è partiti dagli ospedali. In generale però la fase della somministrazione alla popolazione al momento sembra ancora lontana, in particolare al Sud, dove il numero di persone entrate in contatto con il virus al momento per fortuna è molto più basso.
L’intervista Il virologo Giorgio Palù
«Sistema poco affidabile? Falso, l’efficacia è del 97%» Il coordinatore del progetto: «Parla gente `«L’esame andrà ripetuto a distanza di 14 che non sa. Costerà meno di 10 euro l’uno» giorni e troveremo i contagiati asintomatici» `
«Questo dibattito sul sierologico mi ricorda quello sui tamponi: poi si è visto che avevamo ragione» «Non mi piace il confronto tra regioni, ognuna ha una storia sanitaria e terrotoriale a sè» in questo campo per individuare se ce ne è uno scientificamente valido. Appena avremo queste risposte le comunicheremo e se dovesse rinvenire un test valido inizieremo ad utilizzarlo, diversamente faremo altro. In questa direzione si è mosso anche Zaia, anche lui si attiene al responso scientifico». Il presidente veneto si è tuttavia ben guardato dal replicare, preferendo rinfocolare lo scontro con la Commissione Europea, dopo la lettera della presidente Ursula von der Leyen: «Non ce ne facciamo niente delle scuse, ci servono schei». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA
Che tempi per il vaccino? «La mia speranza è che arrivi nel primo trimestre dell’anno prossimo. Per darlo a tutti si percorrerà la strada della licenza su brevetto, come avviene per tutti i farmaci risolutivi. È stato così per i farmaci contro l’epatite C. Qui non si tratta di far guarire un gruppo di malati, ma di salvare tutta la popolazione mondiale». Come mai in Italia dopo i primi contagi non si è immediatamente capito il pericolo che si correva? «Innanzitutto è un virus nuovo con uno scenario sconosciuto. È difficile capire in assenza di manifestazioni cliniche, che comunque esiste un rischio di contagio, che va avanti e si manifesta dopo due settimane. Magari si ferma l’epidemia, ma chi lo dice alla popolazione che stai fermando tutto per prevenire i contagi?». Lucilla Vazza © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’imprenditore
Caovilla: «Disponibili a comprare 5.000 esami» L’ANNUNCIO VENEZIA «Un test sierologico costa 10 euro? Pronti qua: in Riviera del Brenta siamo disponibili a comprarne subito 5.000». Con il piglio pragmatico dell’industriale, René Fernando Caovilla ha già fatto i conti, dopo essersi consultato con alcuni colleghi del distretto calzaturiero. «Appena ho letto di questa nuova tecnica che sarà sperimentata dalla Regione – spiega il “re” delle scarpe e dei sandali gioiello – ne ho parlato con altri imprenditori e ci siamo detti tutti d’accordo. Paghiamo noi le analisi per i nostri collaboratori, perché vogliamo utilizzare le altre settimane di chiusura che abbiamo davanti per metterci nelle condizioni di riprendere in sicurezza».
MASCHERINE GRIFFATE Anche il gruppo René Caovilla ha dovuto sospendere la produzione. «Abbiamo solo il permesso – spiega il patron – di andare a controllare gli impianti. Le perdite? Non ancora quantificate, ma saranno guai grossetti. I dipendenti prima in ferie e poi in cassa integrazione, le mancate vendite, i prodotti che andranno fuori data e dovranno essere svenduti... Ma quello che ci interessa adesso è sconfiggere il nemico invisibile». Il piano per la riapertura è già pronto: «Misureremo la temperatura agli operai con lo scanner, li distanzieremo di un metro e mezzo, li riforniremo di guanti e mascherine. Abbiamo già fatto scorta di dispositivi, ma anche recuperato i materiali per produrceli: cuciamo tomaie, cuciremo anche mascherine. Griffate? Diciamo simpatiche». Chissà, magari avranno gli elastici a serpente, come gli iconici cinturini della casa... (a.pe.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
a dieci giorni il professor Giorgio Palù è stato ingaggiato da Azienda Zero, voluto dal governatore Luca Zaia nella squadra anti- Coronavirus della Regione, anche con l‘obiettivo di isolare e sequenziare il patogeno. Emerito di Microbiologia a Padova e associato di Neuroscienze a Philadelphia, il docente universitario è stato presidente delle Società italiana ed europea di Virologia, ma ora è pure il coordinatore del progetto di sierologia che sta prendendo avvio in Veneto, attraverso l’attività dei laboratori diretti da Mario Plebani e Giuseppe Lippi. Gli chiediamo il motivo per cui una parte della comunità scientifica sostenga che tale diagnostica non sarebbe affidabile per il Covid-19. «Perché parla la gente che non sa», ci risponde con la consueta schiettezza il 71enne professore, che da 45 anni studia i virus di ogni tipologia e pericolosità.
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A noi che davvero non sappiamo, può spiegare di che cosa stiamo parlando? «Partiamo dall’inizio. Per essere completa, una diagnosi virologica ha bisogno di due momenti: la diagnosi diretta e la diagnosi indiretta. Fare la diagnosi diretta significa isolare il virus, oppure identificare i suoi componenti nel soggetto sintomatico o nei tessuti in cui alberga la replicazione virale, cioè all’interno delle mucose orofaringee».
ndr.) ed è basata sull’amplificazione di uno più geni del virus, in un determinato distretto e in un determinato momento. Questo vuol dire che un giorno il virus può essere rilevato e un altro giorno magari no: tutto dipende dalla carica virale e dalla sensibilità del metodo usato. E siccome nessun metodo ha il 100% di sensibilità, anche un test diretto non è completamente infallibile. Per questo c’è anche l’approccio indiretto». Eccoci alla sierologia: in che cosa consiste? «Questa diagnosi rivela la presenza del virus mediante la reazione dell’ospite, cioè attraverso la produzione di anticorpi da parte della persona infettata. Nei confronto di un patogeno assolutamente nuovo per noi, qual è questo Coronavirus, il nostro sistema immunitario è vergine: a differenza dei pipistrelli, in pratica non abbiamo protezioni e siamo esposti al pericolo. Per questo reagiamo producendo anticorpi, che a loro
D’accordo, ma questa tecnica è affidabile o no? «Questo metodo ha un’elevatissima specificità e sensibilità, due parametri che, rispettivamente, mettono in evidenza la capacità di verificare che un campione negativo sia veramente negativo e di “pescare” tutti i positivi. Parliamo di valori del 95%-97%, cioè molto vicini al 100%, tenendo peraltro presente che nessun test raggiunge mai il 100%. Non a caso questa tecnologia è venduta da
due aziende biotech cinesi che hanno ottenuto la certificazione di qualità degli enti europei Ce Ivd e l’autorizzazione dalla Fda (Food and drug administration, ndr.) americana. Non è invece così per altri test rapidi con cui ci si punge il dito e si vede gocciolina di sangue». Nel nostro caso, come funzionerà? «Con un vero e proprio prelievo ematico, finalizzato appunto a individuare gli anticorpi. L’esame andrà ripetuto a distanza di 14 giorni, perché misura la risposta precoce chiamata Igm, che si manifesta già al quarto o quinto giorno, e la risposta ritardata denominata Igg, che si verifica intorno al decimo giorno. In sostanza sono due classi di anticorpi, prodotti dal sistema immunitario, che si sviluppano con tempi diversi. Dopo due settimane riusciremo anche a capire quando il soggetto è entrato in contatto con il virus e quanto il virus è diffuso nella popolazione. In questo modo potremo verificare se è corretta l’ipotesi secondo cui l’80% dei contagiati è asintomatico». Per capire questo, non bastava l’indagine di Vo’? «No, perché lì il campione era di 3.000 soggetti, troppo piccolo. E poi perché dobbiamo tornare al punto di partenza: il tampone ci dà l’incidenza, cioè il numero dei positivi, mentre la sierologia ci dà la prevalenza, cioè la diffusione. Ecco perché la Regione potrebbe valutare di estendere la diagnosi indiretta anche ai lavoratori delle aziende. Fra l’altro questo test costa “solo” 10 euro, e acquistando 100.000 reattivi in blocco anche meno, con l’ulteriore vantaggio che impegna meno persone e meno macchine del tampone da 30 euro: ogni giorno si possono processare migliaia di campioni». A.Pe.
Bocca e naso: è il famoso “stecchino” del tampone, giusto? «Sì. Per isolare il virus ci vogliono due o tre giorni, in un laboratorio Bsl3 (il terzo livello di biosicurezza, ndr.), che però in Veneto è solo a Padova. Facendo il tampone, invece, si analizzano più velocemente i prodotti del virus o i suoi costituenti, come l’acido nucleico e alcune proteine, attraverso una tecnica che si chiama Pcr (reazione a catena della polimerasi,
LA REGIONE POTREBBE VALUTARE DI ESTENDERE LA DIAGNOSI INDIRETTA ANCHE AI LAVORATORI DELLE AZIENDE
volta agiscono contro il virus. Durante questa pandemia, è stato fondamentale ricostruire la sequenza genetica del virus, misurare quello che c’era nel siero cinese e appunto studiare la risposta degli anticorpi. Quello che ora faremo prelevando il sangue dei 60.000 dipendenti del sistema sanitario regionale: non solo a Padova e Verona, dove vengono effettuati i primi test, ma pure negli altri ospedali, da Treviso a Belluno, da Mestre a Vicenza».
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VIROLOGO Il professor Giorgio Palù
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RIVELA LA PRESENZA DEL VIRUS MEDIANTE LA REAZIONE DELL’OSPITE, CIOÈ LA PRODUZIONE DI ANTICORPI
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VENERDÌ 3 APRILE 2020 IL MATTINO
CITTADELLA - CAMPOSAMPIERO
vigonza
A sorpresa spunta l’antenna 5G Il quartiere insorge e si appella a Zaia I residenti chiedono al sindaco la revoca dell’autorizzazione e denunciano la violazione delle norme sull’emergenza Giusy Andreoli / VIGONZA
È stata installata nottetempo l’antenna 5G alta 27 metri in via Matteotti. I residenti protestano e parte una lettera inviata al sindaco Innocente Stefano Marangon, al governatore Luca Zaia e ai responsabili comunale e regionale dell’ufficio Ambiente. È firmata dall’avvocato Luigia Passaro in qualità di residente, vi si richiamano i rischi per la salute correlati all’inquinamento elettromagnetico da radiazioni del 5G e si denuncia il mancato rispetto della normativa speciale emanata in materia di prevenzione del rischio epidemiologico di diffusione del vi-
rus Covid 19. Gli installatori avrebbero operato senza le protezioni, tant’è che è stato allertato lo Spisal ma all’arrivo degli ispettori in cantiere non c’era più nessuno. IL COMITATO
«Hanno messo i pali con i ripetitori ma non hanno ancora collegato le antenne» fa sapere Davide Pantano, che abita in via Matteotti ed è componente del gruppo di cittadini che si sono costituiti in Comitato «purtroppo abbiamo dovuto fermarci con la raccolta firme e con il volantinaggio perché siamo tutti chiusi in casa nel rispetto delle norme sulla pandemia. La nostra speranza ora è che, dopo
la lettera della nostra concittadina avvocato che fa parte del gruppo, qualcuno finalmente ci ascolti». LA LETTERA
Grande è la preoccupazione dei residenti di via Matteotti e via Luganega per le ricadute sulla salute che potrebbero causare le due antenne presenti. A 500 metri dalla 5G c’è pure quella della 4G.Cosa chiede l’avvocato Passaro? La revoca dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto, l’accesso agli atti, la sospensione delle lavorazioni in pendenza del rischio che deriva dal Coronavirus. «Preciso che ho agito sia in qualità di singolo citta-
La posa dell’antenna 5G alta27 metri in via Matteotti, qui è scattata la protesta dei residenti
dino residente che nell’interesse generale alla salvaguardia della salute pubblica» dichiara Luigia Passaro, che ha allegato una serie di documenti finalizzata a valutare l’impatto dell’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile. LA PREOCCUPAZIONE
E continua: «Non abito vicinissima all’antenna ma ho molta paura soprattutto per la mia bambina. A casa sono molto accorta e pensare di es-
sere bombardata da questa cosa mi preoccupa. Sono anche irritata per il fatto che gli amministratori sono sordi alle istanze dei cittadini che varie volte hanno manifestato i loro timori e la loro contrarietà a questa antenna. Correttezza vorrebbe che, in pendenza di questa situazione, si sospendano i lavori ma purtroppo siamo in un’epoca in cui la volontà popolare non fa parte più della Costituzione». Tutta la documentazione riguardante l’antenna verà passata al setaccio anche per verificare il non supera-
campodarsego
CAMPODARSEGO
cittadella
La legnaia va in fiamme Salvata l’abitazione
Ricovero attrezzi con legnaia a fuoco in via Pontarola a Reschigliano ieri alle 13.15. Sul posto i vigili del fuoco di Padova e i volontari di Santa Giustina in Colle, questi ultimi tornati operativi dopo 20 giorni di stop. Due autopompe, un’autobotte e 12 operatori hanno spento le fiamme della struttura, lontana alcuni metri dall’abitazione. Nessun ferito ma completamente danneggiata la struttura e numerosi bancali di legna. Salvo un trattore, portato subito fuori, e le balle di fieno. Le operazioni di soccorso sono terminate alle 15.30, le cause sono in corso di accertamento ma sicuramente accidentali. Sul posto anche la Polizia locale federata. —
L’Alta a rischio siccità Agricoltori in allarme
I vigili del fuoco in azione in via Pontarola a Reschigliano
trebaseleghe
Fibra ottica a S. Ambrogio Via ai lavori per la posa TREBASELEGHE
Tutta la frazione di Sant’Ambrogio, entro fine maggio, sarà collegata con la fibra ottica. L’amministrazione ha informato i cittadini che Telecom inizierà a breve i lavori di cablaggio per portare la fibra in tutta la frazione, per una durata di due mesi. L’intervento riguarderà tre “armadi” stradali lungo la via principale della frazione, senza nessuna necessità
di entrare nelle proprietà private. Il segnale ottico che arriva nelle cabine infatti, sarà trasformato in segnale elettrico e verrà portato in ogni casa con le infrastrutture già presenti. L’installazione della fibra garantirà una velocità di 100 megabit al minuto sulla rete internet della frazione. «Dopo numerose lamentele dei residenti che riguardavano la lentezza della connessione, si riuscirà a coprire
G. A.
gran parte delle zone del Comune ancora non raggiunte da questa infrastruttura» spiegano dall’amministrazione. Il sindaco Antonella Zoggia aggiunge soddisfatta: «I lavori non finiranno qui: ci sono ancora altre zone del Comune dove sarà necessario intervenire per aumentare la copertura internet, ma questo è già un ottimo inizio per garantire maggiori servizi alla cittadinanza. Incrementare la velocità di copertura internet ai cittadini, alle imprese e agli studenti, è l’unica via percorribile per rimanere connessi, con le radici ben salde al proprio territorio ma in connessione col mondo». — FRANCESCO ZUANON
CITTADELLA
Presidiare climate change e rischio siccità, il Consorzio di Bonifica Brenta non si ferma e mercoledì – insieme agli altri consorzi veneti – ha fatto il punto in videoconferenza con l’assessore regionale Giuseppe Pan. «Anche in questo momento di grave emergenza sanitaria, i Consorzi sono all’opera in tutto il territorio loro affidato, impegnati a mantenere i servizi essenziali soprattutto a beneficio della filiera agricola, cui fa capo il comparto alimentare», sottolinea
Pan. Il presidente Enzo Sonza descrive il quadro generale: «A fronte delle riserve costituite dalla neve e degli invasi nei bacini montani, i fiumi in pianura, compreso il Brenta, registrano portate al limite del deflusso vitale e le campagne sono in stato siccitoso per la mancanza di piogge. A pochi giorni dall’inizio della stagione irrigua, che si prospetta delicata, il mondo agricolo e quello della bonifica sono quindi già in pre-allarme. Il serbatoio del Corlo è sette metri sotto il livello di massimo riempimento, è abbastanza
mento del limite di induzione magnetica secondo il protocollo dell’Arpav e adottato dalla Regione. IL SINDACO
«Comprendo le preoccupazioni e sto seguendo la questione » replica Innocente Stefano Marangon «l’Arpav ci ha detto che si può andare avanti ma voglio capire fino in fondo se effettivamente ci sono rischi concreti, che devono emergere e devono essere confutati da organi preposti e non pregiudizialmente». — © RIPRODUZIONE RISERVATA
normale», puntualizza Sonza, «di solito si riempie a maggio e giugno con lo scioglimento della neve; tuttavia occorre mantenere alta la guardia». Per alcune colture sono scattati gli impianti pluvirrigui già il mese scorso. Intanto, continua la progettazione delle opere, in particolare è stato finanziato lo scolmatore a Piazzola. Stop invece alle sperimentazioni nel Brenta relative alla problematica del deflusso ecologico. «Ulteriori sperimentazioni», osserva Sonza, «trovavano spazio in un progetto denominato Irrifalda, che prevedeva anche la realizzazione di un moderno impianto pluvirriguo per il risparmio idrico. Durante la videoconferenza abbiamo chiesto alla Regione un aiuto per concludere la decretazione e avviare tale opera». — SILVIA BERGAMIN
IN BREVE Carmignano di Brenta Era falsa l’assicurazione sventolata ai carabinieri
Vigonza Camposampiero Rapinava i market in bici L’opposizione: «Subito Tre anni e 9 mesi in cella gli aiuti alle famiglie»
Se ne andava a spasso con un’assicurazione dell’auto falsa, la vettura gli è stata sequestrata. I carabinieri di Carmignano, coordinati dal luogotentente Angelo Guadagnino, hanno denunciato un trentenne, originario dell’India e residente a Vicenza. Il giovane è stato fermato nel corso di un controllo stradale e ai militari ha fatto vedere un falso certificato dell’assicurazione Rca. Le forze dell’ordine hanno subito proceduto al sequestro amministrativo del mezzo.
È arrivato il momento per Terry Volpato di pagare il conto con la giustizia per le quattro rapine messe a segno tra febbraio e aprile 2019 ai danni di altrettanti supermercati a Villanova di Camposampiero, Campodarsego e Borgoricco. Come disposto dall’autorità giudiziaria il ventottenne è stato rintracciato dai carabinieri di Pionca di Vigonza e portato alla casa circondariale di Padova, dove sconterà tre anni, nove mesi e 22 giorni di reclusione.
I consiglieri di minoranza della civica “Per Camposampiero” sollecitano la giunta affinché «si attivi con urgenza per far arrivare alle famiglie senza reddito le risorse stanziate da governo come primi aiuti alimentari». Chiedono «sia garantita trasparenza sui criteri di assegnazione e la massima informazione sulle modalità di accesso ai fondi e la convocazione in videoconferenza della commissione affari sociali per definire i dettagli dell’assegnazione degli aiuti».
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Primo Piano
Venerdì 3 Aprile 2020 www.gazzettino.it
L’Ego -Hub
L’ANDAMENTO Nella Marca il numero dei contagi è salito a 1.618 mentre sono 114 le persone decedute dall’inizio della pandemia
LA DECISIONE
IL CONSULTO Una televisita organizzata dall’unità di Neurologia
Albergatori pronti ad accogliere i malati: è pioggia di richieste Nella Marca verranno utilizzate almeno tre strutture Caner: «Devono essere di medie dimensioni, no ai B&B» `
I PALETTI
L’iniziativa
Visite telematiche per 50 pazienti neurologici: «Così possiamo seguirli» In un periodo nel quale l’epidemia da coronavirus ha imposto e impone di ridurre il più possibile gli spostamenti l’Unità Operativa Complessa di Neurologia del Ca’ Foncello ha attivato nuove modalità per seguire i propri pazienti. Il reparto diretto dal dottor Bonifati svolge normalmente un’intensa attività ambulatoriale di II livello con presa in carico di molte malattie neurologiche croniche. Sono seguiti regolarmente circa 650 pazienti affetti da sclerosi multipla, 250 pazienti affetti da miastenia e diverse centinaia di pazienti affetti da epilessia, malattia di Parkinson e cefalea. «Per poter continuare a seguire e rimanere vicino ai pazienti in questo difficile momento – spiega il primario - è stato dato
TREVISO Martedì porterà la delibera in giunta regionale, ma il perimetro della nuova strategia e i contenuti principali sono già definiti. Federico Caner, assessore al Turismo e consigliere comunale a Palazzo dei Trecento, ha ormai messo a punto la strada che porta all’utilizzo delle strutture alberghiere per ospitare i malati non gravi di Covid: i positivi asintomatici che hanno bisogno di un periodo di quarantena; quelli appena dimessi dai reparti degli ospedali non così gravi da aver bisogno di ricovero ma nemmeno così in forma da poter tornare a casa. Nella Marca la Federalberghi provinciale ha affermato che almeno tre strutture sono disponibili, ma sono molti di più gli imprenditori che si sono già offerti. Il Fogher di Gianni Garatti è stato il primo a farsi avanti, ma in città anche il “Focolare” ha fatto presente di esserci. E così tanti altri in vari punti della provincia.
importante impulso alla telemedicina. Tutti i pazienti sono stati contattati telefonicamente e se era necessario valutare esami del sangue o radiologici per monitorare terapie sia in termini di efficacia che di effetti collaterali, è stata inviata una mail». Quando invece la visita era necessaria per il percorso diagnostico-terapeutico del paziente questa è stata effettuata, laddove possibile, da remoto come televisita. Sono già oltre 50 le televisite effettuate finora per miastenia, Parkinson e sclerosi multipla. «Questa modalità – aggiunge Bonifati - ha permesso oltre ad un rapporto diretto con i pazienti e i loro familiari anche l’esecuzione di un buon esame neurologico atto a valutare clinicamente il paziente».
«Sarà la Regione a decidere di quali strutture avrà bisogno è di quante - spiega Giovanni Cher, presidente dell’associazione degli albergatori trevigiani - in base alle esigenze. Noi abbiamo detto che già da subito due o tre alberghi sono disponibili, ma poi ci diranno loro. In tanti si sono fatti avanti, poi ognuno farà le proprie valutazioni». Caner ha però indicato come devono essere questi alberghi: «Per prima cosa devono essere nel raggio di 20 chilometri dagli ospedali principali. Decideremo con l’Usl quali - spiega l’assessore ma, per esempio, in un raggio di 20 chilometri dal Ca’ Foncello le strutture adatte non mancano». Poi: le dimensioni. «Dovranno essere alberghi in grado di ospitare un certo numero di persone - continua Caner - penso quindi a strutture di almeno medie dimensioni. Non verranno invece inclusi B&B e agriturismi. Leggo che tanti sindaci li propongono, ma non sono adatti per conformazione. Un B&B ha tre camere, spazi comuni e poi all’interno ci
REGISTA L’assessore regionale al Turismo Federico Caner sta cercando alberghi per ospitare i malati
vive anche la famiglia che lo gestisce. Non può quindi ospitare persone magari positive al Covid o che hanno bisogno ancora di quarantena. E lo stesso discorso vale per gli agriturismi: non posso mandare infermieri e volontari in posti dagli spazi ristretti dove non è possibile isolare nessuno e preservare dai rischi chi invece deve assistere. Noi invece abbiamo bisogno di strutture con camere singole, accoglienti, ognuna dotata di servizi e con spazi adeguati per tutti. Alberghi e hotel, da questo punto di vista, sono l’ideale».
LE CIFRE Regione e Federalberghi hanno concordato una quota di 35 euro al giorno per l’occupazione
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di ogni stanza. E in tempi come questi, per albergatori costretti e restare chiudere disdire prenotazioni su prenotazioni quasi fino alla fine dell’anno, quei 35 euro al giorno per stanza sono una vera e propria manna. Gli albergatori dovranno poi garantire solo il servizio di reception, a cure e assistenza ci penseranno Usl e Protezione Civile: «Quella di uti-
LA REGIONE D’ACCORDO CON LE ASSOCIAZIONI: PAGHERÀ UNA QUOTA DI 35 EURO AL GIORNO PER OGNI STANZA CHE VERRÀ UTILIZZATA
lizzare gli alberghi come strutture di accoglienza per chi è positivo ma non grave o che ha ancora bisogno di cure anche se non più ospedaliere, è un’idea cui stavano pensando da tempo - ricostruisce Caner - Poi si è fatta avanti Federlaberghi stessa con un ragionamento molto onesto e realistico: prima di vedere gli alberghi requisiti dalle prefetture per fare fronte all’emergenza, ha preferito venire a parlare con noi. E un punto d’incontro lo abbiamo trovato. Martedì porterò tutto in giunta regionale per l’approvazione definitiva. Poi, quando l’Usl ci dirà di cosa ha bisogno, inizieremo a individuare i posti necessari». Paolo Calia © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Venerdì 3 Aprile 2020 Corriere del Veneto
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Primo piano L’emergenza sanitaria
IL BILANCIO
Accordo con Federalberghi per riservare quattro hotel a Padova, Treviso, Mestre e Verona ai convalescenti e ai veneti al rientro dall’estero
Calano i ricoveri Ma su mascherine e tamponi scontro tra Roma e Veneto ❞
Gianpaolo Bottacin Sono arrivati 2,2 milioni di mascherine invece dei 4,7 annunciati Mancano pure guanti
Continua il calo di pazienti colpiti da coronavirus Covid-19 nelle Terapie intensive, scese di altri 10, per un totale di 335 letti occupati. Diminuiscono per la prima volta pure i ricoveri nelle Malattie infettive e nelle Pneumologie, ieri mattina ridimensionati di 26 unità, recuperate nel pomeriggio con 49 nuovi ingressi di malati però trasferiti dai Covid Hospital, quindi il totale degenze è di 1719, contro i 1732 di martedì. Insomma, la situazione è in continuo divenire ma sembra migliorare, anche alla luce dei 1004 dimessi dagli ospedali. «Per cominciare a pensare a un’inversione di tendenza dobbiamo però arrivare a 10 giorni di calo dei ricoveri, perché basta un nuovo focolaio in ospedale o in una casa di riposo per farci tornare indietro — avverte il governatore Luca Zaia —. E poi il dato sulla mortalità sta crescendo (36 vittime ieri, che portano il triste bollettino a 525, ndr), per l’effetto dell’ingresso del virus nelle case di riposo. Insomma, non bisogna abbassare la guardia, ci sono ancora 20.278 persone in isolamento domiciliare e 10251 positive al Covid-19 e si tratta solo della punta dell’iceberg, cioé dei cittadini sottoposti a tampone. Finora ne abbiamo fatti 120.320. Non dimentichiamo infine — aggiunge Zaia — che dobbiamo gestire ulteriori 9mila ricoverati no Covid. Abbiamo acquisito un senso di comunità con questa tragedia, scoprendo di
VENEZIA
I NUMERI CHE NON TORNANO Dichiarate Rilvetate Differenza dal Governo dal Veneto Calzari/sovrascarpe 500 399.500 399.000 Camici chirurgici -300 1.200 1.500 Cuffie copricapo 0 131.000 131.000 Dispositivi cpap -200 0 200 Ecotomografi portatili -200 0 200 Guanti in lattice 294.500 -404.500 699.000 Kit di accesso vascolare 676.365 676.700 335 Laringoscopio -347 0 347 Maschere “total face” -5 95 100 Mascherine chirurgiche 3.893.600 1.511.130 2.382.470 Mascherine ffp2 620.140 -246.083 866.223 Mascherine ffp3 29.330 39.610 10.280 Mascherine monovelo 465.000 2.448.000 1.983.000 Monitor multiparametrici -75 237 312 Occhiali protettivi e visiere 333 8.050 7.717 Pompe di infusione 5.734 6.263 529 Sistemi di aspirazione monouso -199 0 199 Tamponi (campioni rinofaringei) -1.300 0 1.300 Termometri -108 192 300 Tubi endotracheali -1.180 0 1.180 Tute di protezione 191 11.871 11.680 Ventilatori polmonari 66 214 148 TOTALE 6.490.150 6.148.702 -341.448
LA MAPPA DEL VIRUS
Tra parentesi i dati registrati mercoledì 1°aprile
Prodotti
essere una squadra». Uno spirito di squadra che sembra però faticare a instaurarsi con il governo, perlomeno sulla distribuzione dei dispositivi di protezione individuale e del materiale sanitario necessari a fronteggiare l’emergenza. C’è una notevole discrepanza tra l’elenco della merce assegnata al Veneto seco n d o i l s i to w w w . s a l u te.gov.it e quella realmente conteggiata nei magazzini della Protezione civile dai volon-
tari del corpo e dai tecnici di Azienda Zero, il cervello della sanità regionale. «Dal sito si evince che dall’inizio dell’emergenza il Veneto avrebbe ricevuto 4.770.103 mascherine, tra chirurgiche, FFP2 e FFP3, cioè i modelli riservati ai sanitari — illustra Gianpaolo Bottacin, assessore alla Protezione Civile — e invece ne abbiamo contate circa 2.170.880, dotazione che basta per otto giorni. Ne mancano circa 2,6 milioni, se non ci fossimo mossi per
335 (335)
in Terapia intensiva
10.251
8.990
Positivi al Covid-19
Attualmente positivi
(9.748)
560
1.004 (961)
525(489)
Guariti
(8.626)
1.719 (1.696) Ricoverati
I FOCOLAI
Belluno
Casi confermati per provincia Deceduti in strutture di ricovero
163
Totale vittime
109
1.486
Verona
Vicenza
86
Comune di V0’ (PD)
Fonte: Regione Veneto. Dati del 02/04 0re 17.00
488
182
23
Treviso
73
2.438
1.618
Ricoverati deceduti
79
74
Fuori regione
65
1.308
Assegnazioni in corso
Venezia
2.416
Padova Rovigo
35
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Decessi extra-ospedalieri L’Ego - Hub
conto nostro, saremmo nei guai. E lo stesso vale per i camici, 300 in meno, per i guanti di lattice, con un ammanco addirittura di 404.500 pezzi rispetto a quanto annunciato. Non tornano nemmeno i numeri dei tamponi, 1300 mai arrivati, e dei tubi endotracheali: non abbiamo ancora visto i 1180 assegnati». Solo calzari, kit di accesso vascolare, occhiali protettivi, visiere, tute di protezione e pompe di infusione sono arrivati in quantità superiori al
previsto. Ma anche i ventilatori polmonari: Roma ne ha mandati 214 invece di 148, serviti per allestire parte delle attuali 829 postazioni di Terapia intensiva. Per rimettere le cose al loro posto, il referente per la Regione, Nicola Dall’Acqua, ha scritto al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri: «Sarebbe opportuno allineare i dati, in modo da garantire la massima efficacia nella risposta all’epidemia coronavirus. A
Parla il professor Plebani
«I test sierologici li stiamo già facendo sui primi guariti» «Dobbiamo capire la durata dell’immunità» PADOVA Tutti parlano dei test sierologici in corso negli ospedali di Padova e Verona per individuare nel sangue del personale sanitario gli anticorpi al coronavirus Covid-19. Una metodologia
messa a punto dal professor Mario Plebani, a capo del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Azienda ospedaliera di Padova, e dal professor Giuseppe Lippi, del Laboratorio analisi
dell’Azienda ospedalierouniversitaria di Verona. Ma parte della comunità scientifica, a partire dall’Associazione microbiologi italiani, è scettica e si chiede: «A quale distanza dalla comparsa dei sintomi è possibile identificare gli anticorpi? Quanto tempo durano? La loro presenza è sinonimo di immunità?». Professor Plebani come risponde? «Rispetto a qualche giorno fa, nuovi lavori di letteratura scientifica ci dicono che questi anticorpi protettivi riscontrati nel sangue dei soggetti guariti dal Covid-19 neutralizzano il virus. Sulla durata come faccio a
rispondere se abbiamo cominciato a seguire i pazienti solo 15 giorni fa?». C’è molta attesa per questi test, che dovrebbero dare la «patente» di immunità. «La sierologia non fa miracoli, come del resto i tamponi non hanno attendibilità al 100%, e infatti nei casi più complessi si procede con un’aspirazione più profonda delle vie respiratorie. Noi ne facciamo 800 al giorno, a supporto dell’équipe del professor Andrea Crisanti. E ora abbiamo iniziato a studiare quando si sviluppano gli anticorpi protettivi, ottenendo una base scientifica che ci indica il momento in cui possiamo fare il prelievo di
sangue per trovare quelli che segnano l’inizio della malattia. E gli altri che invece provano l’avvenuta immunità. Abbiamo individuato il momento giusto in cui i pazienti li sviluppano». E quand’è? «Tra il dodicesimo e il quindicesimo giorno dal contagio. Non sappiamo però quanto a lungo durerà l’immunità, lo stiamo studiando. Del resto la base del vaccino sono proprio gli anticorpi che il malato sviluppa per contrastare il virus e allora perché tutti stanno tentando di formularlo se cercare questi agenti protettivi suscita scetticismo?». Voi come procedete?
Ricercatore Il professor Mario Plebani
PRIMO PIANO
Corriere del Veneto Venerdì 3 Aprile 2020
IPIÙESPOSTI La corsa
Dal 21 febbraio, giorno in cui sono stati individuati i primi due casi di Covid-19 a Vo’ Euganeo, in Veneto è stata un corsa continua ad allestire posti letto, ospedali, macchinari per affrontare un’emergenza prima mai vista Il virus ha contagiato oltre 700 tra medici, infermieri e Oss
titolo di esempio si evidenzia che abbiamo 7 respiratori Aeonmed ma otto carrelli, per cui il carrello in più potrebbe essere redistribuito ad altri. Nella stessa ottica e sulla scorta della nota da lei inviata alla Fnomceo (la Federazione degli Ordini dei Medici, ndr) relativamente alla fornitura di mascherine a tali Ordini tramite la Protezione civile, si chiede una specifica da cui si evinca l’utilizzo a cui il materiale può essere destinato. Tutto ciò con l’obiettivo di una puntuale, coordinata e precisa distribuzione dello stesso». E a proposito di materiale sanitario, hanno avuto qualche problema con la dogana i primi 100mila test per la ricerca degli anticorpi nel sangue comprati dalla Cina, ma ora la situazione sembra essere stata sbloccata dall’ambasciata cinese in Italia. Nei prossimi giorni si attendono gli ulteriori 672mila che la Regione ha annunciato di aver già acquistato. L’altra novità, la rivela ancora Zaia: «Stiamo pensando di rendere obbligatoria la mascherina per i dipendenti di negozi e distributori di benzina. Siamo in guerra, devono essere usati anche i guanti. E questo varrà pure per i lavoratori sui quali le Università di Padova e Verona, una volta validato il metodo sugli operatori sanitari, effettueranno la ricerca degli anticorpi al Covid-19. Benché se immuni e nelle condizioni di tornare al loro mestiere, dovranno comunque
«Non stiamo facendo ricerca pura ma portiamo avanti un metodo, validato su malati guariti, che gli otto laboratori degli ospedali hub più quello di Santorso possano cominciare a vedere se funziona, utilizzando macchinari già in uso per altre analisi. Partiamo dagli operatori sanitari dei Pronto Soccorso, delle Malattie Infettive e delle Terapie intensive, i più esposti, per cercare gli anticorpi nel loro sangue ed eventualmente estendere l’indagine fuori dagli ospedali, ai dipendenti delle case di riposo e ai lavoratori. Ma bisogna essere prudenti». E quindi? «Prima di tutto non è un
continuare a indossare la mascherina». Per restare sul tema del «dopo», la Regione sta predisponendo un piano per la convalescenza protetta di pazienti dimessi ma che accusano i postumi dell’infezione. Si parla di 15 giorni da trascorrere in hotel che accoglieranno solo loro, e non altri clienti, sotto la sorveglianza di personale sanitario e con la presenza di un solo dipendente della struttura, il portiere. «Il protocollo è già pronto — conferma Marco Michielli, presidente di Federalberghi — manca solo il parere del ministero della Salute. Per iniziare, la Regione ci ha chiesto la disponibilità di quattro
Le restrizioni E Zaia pensa a rendere obbligatoria la mascherina per commessi e benzinai hotel a Treviso, Montegrotto Terme, Mestre e Verona, vicini agli ospedali. Pagherà Palazzo Balbi, che si farà carico anche dei pasti. Stiamo valutando l’opportunità di dedicare altri alberghi ai veneti al rientro dall’estero e obbligati alla quarantena di 14 giorni». Intanto ammontano a 19 milioni di euro le 24.677 donazioni alla Regione, che per l’emergenza ha speso 100 milioni. Michela Nicolussi Moro
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VE
Nel Veronese un terzo dei decessi riguarda le strutture di ricovero. Allarme ad Asiago: 46 ospiti positivi su 55 Sindacati contro la Regione: situazione fuori controllo
Laguerranellecasediriposo giàpiùdi70anzianimorti «Rischiamoun’ecatombe» DaMerlaraalVeneziano,centinaiadicontagi.Isindaci:«Servel’Esercito» La vicenda
● Sono oltre trentamila gli anziani ospitati nelle case di riposo sparse per il Veneto. Complessivamente le strutture sono 378: 136 pubbliche e 242 private. L’età media degli ospiti è di 85 anni e buona parte di loro soffre di più patologie ● Stanno aumentando a dismisura i contagi all’interno di molte case di riposo del Veneto. Sono almeno una settantina di decessi: 22 soltanto a Merlara (foto sopra). Decine i contagi anche tra i lavoratori
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test rapido ma un vero esame del sangue, che viene trattato, anche se disponiamo di strumentazione in grado di processare 180 campioni l’ora. E poi l’obiettivo è di fornire ai clinici una risposta veloce per uscire dall’emergenza». Tutto ciò sottolinea l’importanza della diagnostica di laboratorio. «Eh sì, pensi che disponiamo già di altri test, ematologici, biochimici e di coagulazione, in grado di indicare o di pronosticare il livello di gravità della malattia. Inoltre stiamo valutando gli indicatori di risposta dell’organismo ai farmaci sperimentali». M.N.M.
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Mario Plebani Sappiamo già che tra il 12esimo e il 15esimo giorno dal contagio possiamo trovare gli anticorpi nel sangue dei guariti e che neutralizzano il virus
VENEZIA «Il futuro incerto, gli affetti lontani, gli amici che muoiono, la paura... Nella loro mente, gli anziani stanno rivivendo la guerra». Roberta Meneghetti piange al telefono. È la presidente della casa di riposo «Scarmignan» di Merlara, nel Padovano, che nel giro di tre settimane è diventata una trincea dalla quale nessuno può entrare né uscire, ma solo aspettare di sapere chi sarà il prossimo a morire. Dei 73 ospiti presenti l’8 marzo, ventidue sono deceduti, due sono ricoverati in ospedale e 46 sono malati. Solo tre vecchietti sembrano ancora immuni al contagio. Qui, come nelle altre case di riposo del Veneto, «la guerra» è scoppiata per caso. «Il 21 febbraio una nostra ospite è stata dimessa dall’ospedale di Schiavonia, appena un’ora prima che venisse chiuso in seguito al primo decesso per coronavirus», ricorda Meneghetti. «Due settimane dopo, aveva m o s e s s a n t a a n z i a n i e ventiquattro dipendenti positivi al tampone». Lei stessa è tra i contagiati. E pure sindaco e il vicesindaco di Merlara. «Il dato sulla mortalità sta crescendo perché è l’effetto dell’ingresso del virus nelle case di riposo», ha spiegato ieri il governatore Luca Zaia. Insomma, in una società che ormai procede a distanza di sicurezza, è nelle strutture per anziani che il Covid 19 sta trovando l’ambiente ottimale continuare a diffondersi. I numeri fanno impressione. Al Centro Servizi di Monselice i morti sono quattordici. Nella provincia di Verona un terzo delle vittime del coronavirus era ospite di una struttura per anziani. E il bilancio si aggrava di ora in ora: ventisei decessi alla «Gasparini» di Villa Bartolomea, otto a Legnago e cinque al «Campostrini» di Sommacampagna. C’è una struttura per religiose, a Lazise, dove il virus ha già ucciso otto suore. «Una tragedia spiega il primo cittadino di Villa Bartolomea, Andrea Tuzza cerchiamo di arginarla ma ogni giorno scopia una nuova emergenza». Disperati, i sindaci di 98 comuni della provincia hanno scritto al prefetto chiedendogli di inviare personale medico e infermieristico dell’Esercito e della Croce Rossa. La «mattanza» prosegue nel Vicentino: due morti ad Altavilla, tre alla «Madonnina» di Bassano. «Mandateci qualcuno ad aiutarci, qui finora non s’è visto nessuno», implora il sindaco di Pedemonte, Roberto Carotta, dopo che alla «San Giuseppe» già si contano sette morti (l’ultimo ieri mattina). Per avere un’idea della facilità con cui si propaga il Covid 19 in
Personale a rischio Sono decine i medici, infermieri e Oss che lavorano nelle case di riposo e che risultano contagiati dal virus (foto archivio)
strutture come queste, basti pensare che sono arrivati i risultati dei tamponi eseguiti sugli ospiti della casa di riposo di Asiago: 46 positivi su 55 ricoverati. Nel Trevigiano sono stati analizzati i campioni di saliva prelevati agli ospiti di dodici centri per anziani e la positività è stata del 52 per cento. Si rischia l’ennesima bomba a orologeria. E i numeri regionali possono farne intravedere la portata: sono oltre 30 mila i nostri nonni (l’età media è di 85 anni, spesso afflitti da più patologie) ospitati nelle 378 strutture sparse per il Veneto, 136 pubbliche e 242 private.
Alla Sereni Orizzonti
Contagiati in guarigione al posto degli anziani E il personale si licenzia VENEZIA Una lettera al prefetto per verificare
la possibilità di denunciare alcuni dipendenti per interruzione di pubblico servizio. È alta la tensione alla casa di riposo Sereni Orizzonti di Cinto Caomaggiore che, dopo un accordo con l’Usl 4, ha spostato gli ospiti in un’altra struttura per diventare un’area Covid per positivi in via di guarigione. Ma martedì, con l’arrivo del primo paziente, quattro operatori hanno dato le dimissioni e, da due giorni, dieci su dodici si sono messi in malattia. «C’è la disponibilità a garantire il servizio – dice Pietro Polo, Uil – a patto che siano garantite le condizioni di sicurezza dei lavoratori e le retribuzioni promesse dalla società che aveva assicurato un’indennità di rischio di 200 euro». Dura la replica della casa di riposo, che intanto ha assunto 8 operatori per assicurare l’assistenza. «Tre hanno ritirato le dimissioni ma Polo cerca di racimolare una manciata di tessere e discetta sul rancio dei soldati mentre sono impegnati al fronte. La formazione è stata fatta dall’Usl 4 che ha fornito anche i dispositivi di protezione. Non c’era poi alcun accordo scritto su aumenti retributivi». (m. r.)
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«La situazione è fuori controllo e ora, al di là delle promesse, la Regione deve intervenire subito. Altrimenti rischiamo una ecatombe», spiegano i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil. Chiedono di istituire delle task force provinciali coordinate dai prefetti, per mettere in sicurezza le case di riposo. Anche perché, oramai, il problema non risparmia nessuna zona della regione. Alla «Francescon» di Portogruaro due decessi e diciotto positivi alla «Salute» di Fiesso d’Artico. A Belluno tre vittime nella casa per anziani di Puos d’Alpago e un’altra a Santa Croce del Lago. Almeno venti i contagiati (compresi sei lavoratori) alla «Sacra Famiglia» di Fratta Polesine. Si cerca di tamponare la situazione, prima che esploda. «Stiamo valutando la possibilità di creare delle case di riposo destinate ai casi Covid, trasferendo le persone negative in luoghi sicuri», ha spiegato il dg dell’Usl di Treviso, Francesco Benazzi. Più o meno quello che è stato fatto alla «Sereni Orizzonti» di Cinto Caomaggiore, diventata una struttura per contagiati in via di guarigione. Come negli ospedali, anche nelle case di riposo a rischiare la vita ci sono medici, infermieri e operatori. Sono già decine quelli contagiati, con il risultato che il poco personale che non è in quarantena deve affrontare turni massacranti per assistere i ricoverati. Senza contare le tremende ferite psicologiche che l’emergenza sta lasciando sul personale. «Gli ospiti muoiono davanti ai loro occhi, uno dopo l’altro», racconta la presidente della struttura di Merlara. «Con il divieto di accesso ai parenti, sono gli infermieri a tenere loro la mano mentre mettono di respirare. Non erano pronti ad affrontare tutto questo. Nessuno poteva esserlo». Andrea Priante © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Venerdì 3 Aprile 2020 Corriere del Veneto
VE
Primo piano L’emergenza sanitaria
IL LOCKDOWN
Le perdite sul Pil in un mese di blocco. Gli industriali: «Sicurezza, commesse, non si ripartirà con un click». I sindacati: Cig, stipendi dimezzati. Luxottica reintegra
Giàbruciati12miliardi «Eriaprireavràuncosto»
VENEZIA «Per ripartire non basterà un click». È il laconico grido d’allarme del presidente degli industriali vicentini Luciano Vescovi lanciato ieri mattina ancora prima di sapere dal presidente Luca Zaia che il Veneto in un mese di lockdown ha perso tra i 12 e 13 miliardi di euro di Prodotto interno lordo a fronte di una media di 150 l’anno. Ma non sono solo le ingenti perdite a far tremare l’imprenditoria (e i sindacati) della regione. Riavviare le macchine portate oggi al minimo, se non addirittura spente, far ripartire le commesse in Italia e all’estero, dotarsi di materie prime e, soprattutto, far rientrare in azienda i lavoratori nel massimo della sicurezza ha un costo, quale sarà non è ancora stimato - «è impossibile farlo, non è una “normale” crisi, nessuno ha mai affrontato un’emergenza sanitaria di questa portata», dicono tutti, industriali e sindacalisti - ma il prezzo da pagare sarà elevato. Serviranno protocolli e meccanismi di lavoro sicuri, innanzitutto, e già da ora Vescovi incalza il governo perchè si definisca «come gestire il new normal, che sarà diverso dal vecchio mondo che forse è il caso di dimenticarci per un po’». Un punto su cui rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori concordano: «Nulla sarà più come prima», incalza Gianfranco Refosco, segretario veneto di Cisl. Ogni trimestre le associazioni degli industriali monitorano l’andamento degli associati ma quest’anno il questionario che dopo Pasqua sarà inviato non riguarderà solo
fatturato, import, export e occupazione: serve uno screening di cosa sta avvenendo nelle fabbriche. Ed è quello che cercherà di fotografare Confindustria Vicenza, forte di 1.700 aziende, per prepararsi a un futuro prossimo a tinte fosche. «La tesi che qualcuno va predicando per cui, alla ripresa, ci sarà un rimbalzo strepitoso, la cosiddetta curva a V, non troverà riscontro nella realtà - continua Vescovi - La ripartenza sarà difficilissima per chi riuscirà a ripartire perché, siamo seri con
La riconversione di Giulia Busetto
le persone, c’è chi non ripartirà. Si sappia anche che ogni giorno che passa segna la fine di qualche centinaio di aziende che chiuderanno per sempre. Quindi, giusto per smettere di prendere in giro le famiglie, che nessuno perda il
Le richieste Settemila le domande di cassa in deroga per 19.500 lavoratori attivate in Veneto
lavoro è un’utopia». Per quanto, in questo momento sindacalisti e industriali siano spesso ai ferri corti sulla riapertura (e prima sulla chiusura) delle fabbriche, la lettura dello scenario che ci troveremo di fronte non è diversa: «L’impatto dell’emergenza sarà tale che sarà da mettere in campo una ricostruzione post-bellica»,dice Christian Ferrari, segretario veneto di Cgil. Refosco prova a suggerire una metodologia pragmatica di lavoro: «Contrattazione azienda per azien-
da - propone - perchè ci sarà chi avrà lavoro, ad esempio le aziende che hanno dovuto interrompere produzioni avviate, chi proprio non ce la farà, chi avrà bisogno di un forte sostegno e va capito se i consumi ripartiranno». E se Cgil vorrebbe «un forte intervento pubblico, una nuova Iri anche per il Veneto», ammonisce Ferrari, Vescovi si augura che Roma e Bruxelles «non perdano più tempo» e definiscano politiche da mettere in campo «perchè le aziende dispongano di liquidità propria». Sen-
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Nardini, dalla grappa da bere a quella da spalmare per allontanare il virus
La distilleria: «Tremila confezioni gratis agli ospedali» La vicenda
● Nardini è la più antica distilleria d’Italia ● Oltre alle grappe, ora produrrà gratis igienizzanti anti Covid 19
Di nome fa Nardini, profuma di liquore, è prodotto dalla più antica distilleria italiana, ma non si beve. Il superalcolico made in Veneto si è fatto soluzione igienizzante. Con i suoi 79 gradi si è infilato in un nebulizzato tascabile da spruzzare sulle mani e sugli oggetti per tenerli lontani dal Covid 19. I gradi contano l’anno della fondazione dell’azienda, il 1779, che negli ultimi due secoli mai avrebbe immaginato di convertire un’intera linea di produzione della distilleria trevigiana per realizzare un presidio medico chirurgico. Tutto è cominciato un mese fa, quando ospeTREVISO
za cioè quelle sovvenzioni che oggi sono necessarie per gestire la situazione. Che sta mettendo in ginocchio anche l’agricoltura per cui ieri Zaia ha firmato la dichiarazione di stato di crisi. Intanto, si moltiplicano le richieste di cassa integrazione straordinaria e ordinaria in Veneto tanto che si calcola che alla fine circa 900mila persone saranno a stipendio ridotto (i metalmeccanici avranno meno del 50% del salario: «È così per circa 20mila operai del trevigiano», denuncia Fim Cisl). Fa sapere la Regione: «Sono già 7mila le domande di accesso alla cassa integrazione in deroga, per un totale di 19.500 lavoratori coinvolti. Oltre il 70% sono aziende del settore terziario, il 10% studi professionali». Non tutti i lavoratori, in attesa di tempi migliori, dovranno però tirare la cinghia con stipendi che potrebbero non superare i 700 euro netti al mese. Alcune aziende hanno deciso di integrare la Cig con fondi propri riportando lo stipendio al 100%. È il caso di Luxottica che dà anche 500 euro di bonus a chi continua a lavorare, di Retail Italia Network della famiglia Benetton (100% più anticipo quattordicesima), di San Benedetto che oltre ad assicurare i dipendenti anticipa il premio di produzione da luglio ad aprile, della veneziana Vtp (porta buste paga dal 50% all’80%) e della giapponese birra Peroni con uno stabilimento a Padova (100% più 15% di premio per chi lavora). Gloria Bertasi
dali, ospizi, e case di cura del Veneto continuavano a chiamare in azienda per ordinare bottiglie di grappa e liquori da utilizzare come disinfettanti, ormai introvabili. «Ci telefonavano in continuazione - conferma l’ad Michele Viscidi -. Allora ci siamo inventati una soluzione liquida in una confezione mignon, adatta al taschino del camice di medico e infermiere. Potranno usarla sia per le mani che per gli oggetti di lavoro. L’abbiamo dotata anche di spruzzatore». Tremila pezzi prodotti «e siamo già sommersi dalle richieste. Non sappiamo se riusciremo a soddisfarle
tutte in breve tempo». Anche perché le tremila sono già tutte in consegna. La Nardini lesta regalando all’ospedale di San Bassiano di Bassano del Grappa, dove ha sede il quartier generale dell’azienda, e all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, dove si trova la distilleria. «Le chiamate i per il rifornimento di bottiglie dei nostri prodotti, da utilizzare come disinfettanti, erano arrivate anche dagli alpini- ricorda Viscidi -, quindi abbiamo rifornito subito anche la loro associazione nazionale per l’ospedale da campo di Bergamo». La composizione è stata ideata dal mastro di-
stillatore della Nardini. Nel frattempo la linea di produzione veniva riadattata in tempi record: una decina di giorni. «Abbiamo riconvertito un nostro macchinario dedicato all’imbottigliamento. Dal primo all’ultimo di noi, in azienda, abbiamo atteso la nascita dei tremila pezzi con trepidazione». Al svitare il tappo invade una fragranza d liquore Acqua di cedro, arricchita di oli essenziali e aromi naturali. Alcol etilico alla base. Ma al supermercato gli igienizzanti Nardini li vedremo? «Non lo sappiamo e ora nemmeno ci stiamo pensando. Oggi vogliamo essere utili . dice l’ad -.
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Viscidi Ci siamo inventati una soluzione liquida in confezione mignon, da infilare nella tasca del camice
l’aspetto commerciale non è stato toccato». Flaconi da 50 millilitri, ai quali si stanno per aggiungere quelli da 80 e da 300, per l’idea analoga venuta a Labomar, azienda trevigiana che produce integratori alimentari, dispositivi medici e cosmetici. Anche lei riconvertita in fretta e furia nel giro di due settimane. In particolare l’ala dedicata alla cosmesi, che rimarrà così almeno fino alla fine dell’epidemia. 10 mila i pezzi già sfornati. Ma da oggi ne potrà produrre fino a 8 mila a settimana. All’interno, questa volta, un gel, sempre a base alcolica. Finirà a disinfettare gratuitamente mani e oggetti di istituzioni locali. Poi distribuito ai singoli cittadini attraverso la farmacia gestita dall’aziend, a Istrana. «Non era nei nostri piani - confida il fondatore Labomar Walter Bertin -. Ma riteniamo che chiunque debba mettere la propria struttura produttiva a servizio del bene comune». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Venerdì 3 Aprile 2020
La Voce
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IL BOLLETTINO Sono oltre 10mila i veneti contagiati dal Covid-19
Solo ieri 39 decessi e 505 positivi Altri trentanove morti. E’ il tragico bilancio della giornata di ieri, nel Veneto. Il coronavirus, insomma, continua a colpire duro nella nostra regione. Sono oltre cinquecento (503 per la precisione) i nuovi casi positivi verificati dalle diverse Ulss. Numeri che non fanno che aumentare il lungo elenco delle persone che, dall’inizio di questa emergenza, hanno dovuto fare i conti con il virus. Il bollettino regionale rilasciato ieri alle 17 da Azienda Zero, infatti, descrive un contagio ancora in cresci-
ta. Sono ora 10.251 le persone che in Veneto sono state colpite dal virus, di cui 8.990 sono ancora positive. Sono 705, infatti, le persone che vengono definite “negativizzate”, e che dunque non hanno più il virus: sono guariti, insomma. Ben 556, invece, le vittime accertate, di cui - come detto - 39 soltanto nella giornata di ieri. Soltanto tra le 8 di ieri mattina e le 17 sono state 4 le vittime all’ospedale di Villafranca e altrettante in quello di Peschiera del Garda, segno che la provincia di Verona è ancora al centro del conta-
gio. Scendono ancora, come accaduto già nei giorni precedenti, i ricoverati in terapia intensiva: ieri pomeriggio erano 335, 13 in meno rispetto al giorno prima. Il numero maggiore si registra all’ospedale di VeronaBorgo Trento, con 31 ricoveri in terapia intensiva. In tutto il Veneto, sono 1.719 le persone ricoverate in area non critica. 38 in tutto i ricoveri negli ospedali polesani, di cui 9 in terapia intensiva. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Oltre 10mila i veneti contagiati dall’inizio dell’epidemia
POLITICA Con la scusa del virus, Pd e 5 Stelle partono lancia in resta: “Toglieremo la Sanità alle Regioni”
Il grande assalto all’Autonomia Corazzari: “Il Veneto sta dando una prova di efficienza. Immaginate un’emergenza in mano a Crimi...” Un vero e proprio scontro frontale. Vito Crimi, coordinatore dei 5 Stele, e il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, hanno messo nel mirino le Regioni (evidentemente quelle del Nord, visto che si parla di coronavirus) e hanno approfittato della crisi causata dal virus per un affondo in grande stile contro ogni forma di autonomia. Dopo la crisi legata al coronavirus, occorrerà “cominciare a pensare se sia il caso di far tornare in capo allo Stato centrale competenze come la sanità”, ha attaccato Andrea Orlando sulle pagine de La Stampa. E sulla proposta si è creato un patto di ferro con il leader politico del M5s, Vito Crimi che, intervistato ad Agorà, ha auspicato un rapido ritorno alla competenza statale. Il problema, secondo Orlando, è che “a seconda della qualità del sistema regionale che trovi, rischi di avere una speranza di vita differenziata. Con 20 regioni che parlano 20 lingue diverse, credo sia necessario riconsiderare l'ipotesi della clausola di supremazia prevista dalla riforma del 2016, ovvero di un ritorno delle competenze sanitarie allo Stato centrale”. E in appoggio alla proposta di Orlando è arrivato Viti Crimi: “E’ uno dei nostri primi ddl presentato dalla senatrice Taverna, togliere la tutela della salute dall’articolo 117 della Costituzione (come
Scontro su sanità e autonomia ai tempi del virus A sinistra Vito Crimi, coordinatore nazionale del Movimento 5 Stelle. A destra l’assessore regionale Cristiano Corazzari competenza regionale, ndr) e riportarla in capo allo Stato. Le Regioni stanno dimostrando la differenza di trattamento. Alcune Regioni stanno dando risposte ottime, altre no”. Tra le prime Crimi ha indicato Emilia Romagna e Veneto, tra le seconde la Lombardia. E allora... via tutto a tutti. Per riportare le competenze a Roma. In Regione Veneto, in queste settimane, la parola d’ordine
è: limitare polemiche con il governo. L’ha detto chiaramente Luca Zaia che alcuni giorni fa, tirato per il bavero dal ministro Boccia, ha replica: “Boccia non si preoccupi. Se vuole fare polemiche ci risentiamo dopo la fine dell’emergenza. Adesso dobbiamo lavorare”. Ma di fronte alla pesantezza della “minaccia” è difficile fare finta di niente. L’assessore regionale Cristiano Corazzari è lapidario: “Penso
che in questo momento siano dichiarazioni inopportune, tanto più a fronte di una prova che, per quanto riguarda la sanità veneta, è di grande efficienza e responsabilità. Io penso che qualsiasi cittadino veneto, in questo momento di emergenza, sia più contento che la sanità della nostra regione sia gestita da Luca Zaia piuttosto che da Di Maio o Vito Crimi... Se oggi riusciamo a dare una risposta concreta e reale all’emer-
genza è grazie ad un sistema sanitario organizzato ed efficiente. Temo invece che se la sanità fosse stata in mano a qualche ministero romano sarebbe stato un disastro”. E ancora: “Anche solo pensare ad un provvedimento di accentramento è contro ogni logica. Uno Stato concede autonomia laddove ci sono prove di efficienza. E mi sembra che il Veneto, e non solo il Veneto, stia fornendo una prova di organizzazione e di capacità organizzative ad altissimo livello. Tagliare l’autonomia sarebbe come creare le premesse per un disastro”. Poi c’è la replica prettamente politica che arriva dal segretario del Carroccio, Matteo Salvini : “Quando il vicesegretario del Pd, Orlando (ma in realtà anche il coordinatore dei 5 Stelle Vito Crimi dice la stessa cosa Ndr) dice la prima riforma che faremo dopo il virus è ricentralizzare tutta la sanità nelle mani dello Stato, non sa quello che dice. Se gli ospedali di tutta Italia, vale per la Lombardia e vale per la Calabria, vale per il Veneto e per la Campania, avessero dovuto aspettare o dovessero aspettare le forniture, i materiali, il supporto dello Stato, staremmo parlando di qualcosa di molto, molto, molto peggiore. Quindi lasciamo che i sindaci e i governatori facciano il loro lavoro”.
FORNITURE
E i numeri non tornano Una lettera nell’ottica della “massima collaborazione”, inviata dalla Regione al commissario Arcuri, mette i puntini sulle “i” in relazione ai “quantitativi di materiale ricevuti rispetto a quanto riportato nel sito salute.dov.it”. Un esempio? “Abbiamo 7 respiratori Aerinmed, ma 8 carrelli per gli stessi...”. In totale, il governo scrive di avere inviato in Veneto 6 milioni 490mila 150 pezzi, mentre a Venezia ne sono arrivati 6 milioni 148mila 702, vale a dire 341mila 448 in meno. Non sorprenda il numero. La stragrande maggioranza sono mascherine chirurgiche (3 milioni 893mila dice il governo, ma ne sono arrivate 1 milione e 511mila) e le celebri mascherine monovelo (quelle variamente definite dai governatori), che nessuno voleva. Roma dice di averne spedite 465mila 500, la Regine ne ha ricevute 2 milioni 448mila. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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ECONOMIA L’allarme di Zaia. Che poi annuncia la nuova stretta
In fumo 12 miliardi di euro di Pil
Ieri mattina in punto stampa del presidente veneto Luca Zaia
Dodici miliardi di euro di Pil andato in fumo. “Sono preoccupato. Preoccupato del fatto che non vorremmo poi ritrovarci anche a fare i conti con una super potenza europea come la Germania che nel frattempo ha fatto misure straordinarie”. Sono le parole del presidente del Veneto Luca Zaia che ieri, nel consueto punto stampa di metà mattina, ha fatto il punto anche sulle conseguenze economiche dell’emergenza coronavirus. Avvisando: “Abbiamo i primi dati positivi sul fronte dei
ricoveri, anche in terapia intensiva, ma ora dobbiamo evitare assolutamente l’epidemia di ritorno”. “Per questo - ha aggiunto - non possiamo abbassare la guardia e devo chiedere ai veneti ancora un sacrificio. Adesso, con il testo del decreto del presidente del consiglio dei ministri in mano, sto studiando la proroga della mia ordinanza, anche con qualche novità”. L’ordinanza regionale, che a differenza di quella nazionale prevede anche la chiusura dei su-
permercati la domenica, scade infatti oggi e dovrà essere rinnovata, probabilmente in modo ancor più restrittivo. “La scuola non è competenza della Regione, e non so dire quando riaprirà - ha concluso Zaia - ma con questi numeri di positività e di morti e ricoverati pensare di riportare masse di ragazzi in aula che poi tornano a casa portando il contagio in famiglia è ancora rischioso. Intanto fino a Pasqua la partita è chiusa”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Venerdì 3 Aprile 2020 www.gazzettino.it
I giorni del virus
L’effetto del Carnevale sulla prima emergenza dei contagi a Venezia `I primi casi nel corso del fine settimana L’analisi di Massimo Girotto, direttore dell’ospedale Civile, nel corso di un vertice culminato col Volo dell’Aquila del 23 febbraio `
L’EMERGENZA VENEZIA I primi due anziani contagiati, Venezia li ha registrati la mattina di domenica 23 febbraio. Poi ce ne sono stati altri, sempre di persone anziane, che si sono susseguiti nei primissimi giorni di emergenza coronavirus quando il contagio aveva interessato in buona parte la città storica, in quel fine settimana nel bel mezzo del Carnevale poi sospeso (alle 14 dello stesso 23 febbraio) dopo il volo dell’Aquila dal campanile. E il Carnevale, così come la presenza di persone da ogni parte del mondo - caratteristica da sempre nel Dna di una città come Venezia - potrebbero aver agevolato i primi contagi in città, nei giorni in cui Covid-19 si stava espandendo anche fuori dalla Cina. È l’analisi fatta ieri dal dottor Massimo Girotto, direttore dell’ospedale Santi Giovanni e Paolo di Venezia, il Civile, durante il quotidiano incontro con le organizzazioni sindacali facendo una ricognizione sulla curva della malattia. A salvare la città storica ci ha pensato poi il lockdown, quando con la chiusura di uffici e locali decisa dal Governo, Venezia, che è un’isola ed è in questo più facile da difendere, ha avuto un rallentamento della diffusione di Covid-19 e i numeri si sono normalizzati facendo del centro storico non la polveriera che è, ad esempio, Mestre Nord. Nei primi giorni però erano stati anche
ASSEMBRAMENTO Piazza San Marco piena per i festeggiamenti
CONTROLLI Le forze dell’ordine con le mascherine l’ultima domenica di Carnevale
i sanitari del Civile a pagare un prezzo alto, soprattutto i componenti del Suem 118 tra i quali il contagio si stava diffondendo più facilmente. Tanto che le prime assunzioni deliberate dalla Regione Ve-
neto e messe in atto dall’Ulss 3 Serenissima, avevano toccato proprio il Pronto soccorso di Venezia, in crisi soprattutto di personale in grado di guidare le idroambulanze in un servizio unico com’è quello della città
IL “NO” AL MARTEDI GRASSO DECISO SUCCESSIVAMENTE DALLE AUTORITA’ HA EVITATO GUAI PEGGIORI
L’EMERGENZA HA CAUSATO LA RIORGANIZZAZIONE DI SPAZI E SERVIZI AL SANTI GIOVANNI E PAOLO
insulare.
LA RIORGANIZZAZIONE Un’emergenza che ha causato una riorganizzazione interna al Santi Giovanni e Paolo, con il trasferimento anche del Suem. Per affrontare la crisi al Civile è stato rivoluzionato il Pronto Soccorso, negli spazi e nei percorsi. Ora, nell’emergenza ci sono tre diversi percorsi per i pazienti: uno per i pazienti sospetti (con i posti letto di Osservazione breve al quinto piano, se è necessario il ricovero in attesa di referto tampone); uno per i pazienti con patologie routina-
Gli avvocati si organizzano: ecco i corsi di formazione per diventare più smart GIUSTIZIA MESTRE Dalle voci che giravano sul contenuto della prima bozza, in un primo momento molti avvocati dubitavano che la loro fosse stata inclusa nell’elenco delle attività considerate essenziali dal Decreto Conte. Verificato che non è così gli avvocati del Foro di Venezia restano operativi e stanno lavorando con molte cautele ed a scartamento ridotto, evitando il più possibile di ricevere in studio i propri clienti con i quali i rapporti vengono mantenuti attraverso mail, telefono e l’utilizzo di sistemi di videochiamata. Come se fossimo ad agosto, tutte le udienze sono state sospese almeno fino al 15 aprile (ma il termine sarà certamente prorogato) ed ogni ufficio giudiziario è stato lasciato libero di organizzarsi autonomamente ma devono essere garantite le udienze per procedimenti e ricorsi d’urgenza, per le direttissime penali e quelle che coinvolgono sogget-
ti che si trovano in stato di detenzione, mentre nel civile devono essere assicurati senza rinvii alcuni procedimenti in materia di diritto di famiglia e che vedono coinvolti i minori. Date le circostanze eccezionali gli ufficiali giudiziari notificano solo via Pec ed il tribunale di Venezia ha avviato una prima sperimentazione delle videoudienze on line, ma i primi tentativi si sono rivelati tecnicamente più complicati del previsto e ci vorrà del tempo per approntare una modalità che deve necessariamente garantire la presenza in video di tutte le parti processuali, giudici, pub-
PER CONTINUARE A LAVORARE I LEGALI SI ATTREZZANO CON VIDEOCHIAMATE E ALTRI STRUMENTI VIA INTERNET
blici ministeri, cancellieri, avvocati e detenuti. Nel frattempo gli avvocati si stanno organizzando per scongiurare la paralisi della propria attività professionale ed ai propri iscritti l’Ordine di Venezia sta fornendo dei tutorial per facilitare l’uso di programmi di videochiamate. «Tra colleghi in questo momento stiamo comunicando soprattutto attraverso le app ed i programmi di conference call – spiega l’avvocato veneziano Antonella Stefani - mentre gli eventuali collaboratori e dipendenti vengono lasciati a casa. Io mi sono organizzata da casa, mi sono portata dei fascicoli dallo studio dove vado solo un paio di volte alla settimana, ma per evitare contagi la gran parte del lavoro con i clienti la svolgo da remoto. Spero che questa situazione di necessità venga utilizzata per accelerare una vera informatizzazione di tutta la macchina della giustizia che fino ad oggi è stata estremamente lenta. Per parte nostra, insieme con altri colleghi ci stiamo muo-
CITTADELLA DELLA GIUSTIZIA Udienze limitate in tribunale a Venezia e gli avvocati ricorrono ad internet
vendo per organizzare dei corsi di formazione per insegnare a lavorare e consultare il più possibile da remoto». Ma intanto le parcelle non si incassano e per i 2.100 avvocati iscritti all’Ordine di Venezia la durata indefinita dell’emergenza da Coronavirus rischia di avere effetti devastanti. «In quanto partire Iva ed iscritti ad Ordini professionali il decreto Cura Italia non ci ha minimamente presi in considerazione – osserva Antonella Stefani - così come non è prevista alcuna tutela economica da parte della nostra Cassa previdenziale ad eccezione del rinvio al 30 settembre delle scadenze di pagamento e temo che questa situazione porterà alla chiusura di molti studi legali a cominciare da quelli più piccoli». Paolo Guidone
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rie barellati (codici verdi, rossi, gialli); uno per i pazienti codici bianchi e verdi deambulanti. La nuova versione del Civile avrà anche una sua eredità a emergenza finita con il Pronto Soccorso che otterrà spazi quasi raddoppiati rispetto a prima grazie alla razionalizzazione e ottimizzazione degli spazi stessi. Per l’emergenza, poi, si è chiuso completamente il padiglione Jona. È stato usato il week surgery per i ricoveri. Ora lì ci sono i ricoverati di Urologia e l’Ortopedia è tornata al primo piano, sua sede naturale. L’Oncologia è stata spostata al terzo piano e ritornerà al quinto piano con i suoi otto posti letto al termine dell’emergenza. L’area materno infantile, pur nell’emergenza e nelle difficoltà note, ha visto in questo periodo dal primo giorno di emergenza ad oggi, 94 parti. Nicola Munaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
Actv Più corse per il personale dell’ospedale dell’Angelo MESTRE Avm-Actv cambia corse per agevolare il personale ospedaliero. Da inizio servizi di dopodomani, domenica 5, verranno inserite più corse di linea 24H Venezia - Sfmr Ospedale dell’Angelo (via Don Tosatto) ad inizio e fine turno: da Venezia alle 6.15, 6.45, 12.15, 12.45, 20.15 e 20.45 e da via Don Tosatto alle 6.55, 7.25, 12.55, 13.25, 20.55 e 21.25. Le corse di linea 24H inserite vanno a sostituire quelle di linea 24 (circolare Venezia- Venezia in transito per Bissuola) che invece vengono sospese. Sempre per il 24, le corse da Venezia delle 7.15 e 13.15 vengono limitate a via Rielta, con due nuove corse alle 6.33 e 12.33 da via San Donà-Pergola verso Venezia.
PRIMO PIANO
Corriere del Veneto Venerdì 3 Aprile 2020
IPIÙESPOSTI La corsa
Dal 21 febbraio, giorno in cui sono stati individuati i primi due casi di Covid-19 a Vo’ Euganeo, in Veneto è stata un corsa continua ad allestire posti letto, ospedali, macchinari per affrontare un’emergenza prima mai vista Il virus ha contagiato oltre 700 tra medici, infermieri e Oss
titolo di esempio si evidenzia che abbiamo 7 respiratori Aeonmed ma otto carrelli, per cui il carrello in più potrebbe essere redistribuito ad altri. Nella stessa ottica e sulla scorta della nota da lei inviata alla Fnomceo (la Federazione degli Ordini dei Medici, ndr) relativamente alla fornitura di mascherine a tali Ordini tramite la Protezione civile, si chiede una specifica da cui si evinca l’utilizzo a cui il materiale può essere destinato. Tutto ciò con l’obiettivo di una puntuale, coordinata e precisa distribuzione dello stesso». E a proposito di materiale sanitario, hanno avuto qualche problema con la dogana i primi 100mila test per la ricerca degli anticorpi nel sangue comprati dalla Cina, ma ora la situazione sembra essere stata sbloccata dall’ambasciata cinese in Italia. Nei prossimi giorni si attendono gli ulteriori 672mila che la Regione ha annunciato di aver già acquistato. L’altra novità, la rivela ancora Zaia: «Stiamo pensando di rendere obbligatoria la mascherina per i dipendenti di negozi e distributori di benzina. Siamo in guerra, devono essere usati anche i guanti. E questo varrà pure per i lavoratori sui quali le Università di Padova e Verona, una volta validato il metodo sugli operatori sanitari, effettueranno la ricerca degli anticorpi al Covid-19. Benché se immuni e nelle condizioni di tornare al loro mestiere, dovranno comunque
«Non stiamo facendo ricerca pura ma portiamo avanti un metodo, validato su malati guariti, che gli otto laboratori degli ospedali hub più quello di Santorso possano cominciare a vedere se funziona, utilizzando macchinari già in uso per altre analisi. Partiamo dagli operatori sanitari dei Pronto Soccorso, delle Malattie Infettive e delle Terapie intensive, i più esposti, per cercare gli anticorpi nel loro sangue ed eventualmente estendere l’indagine fuori dagli ospedali, ai dipendenti delle case di riposo e ai lavoratori. Ma bisogna essere prudenti». E quindi? «Prima di tutto non è un
continuare a indossare la mascherina». Per restare sul tema del «dopo», la Regione sta predisponendo un piano per la convalescenza protetta di pazienti dimessi ma che accusano i postumi dell’infezione. Si parla di 15 giorni da trascorrere in hotel che accoglieranno solo loro, e non altri clienti, sotto la sorveglianza di personale sanitario e con la presenza di un solo dipendente della struttura, il portiere. «Il protocollo è già pronto — conferma Marco Michielli, presidente di Federalberghi — manca solo il parere del ministero della Salute. Per iniziare, la Regione ci ha chiesto la disponibilità di quattro
Le restrizioni E Zaia pensa a rendere obbligatoria la mascherina per commessi e benzinai hotel a Treviso, Montegrotto Terme, Mestre e Verona, vicini agli ospedali. Pagherà Palazzo Balbi, che si farà carico anche dei pasti. Stiamo valutando l’opportunità di dedicare altri alberghi ai veneti al rientro dall’estero e obbligati alla quarantena di 14 giorni». Intanto ammontano a 19 milioni di euro le 24.677 donazioni alla Regione, che per l’emergenza ha speso 100 milioni. Michela Nicolussi Moro
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Nel Veronese un terzo dei decessi riguarda le strutture di ricovero. Allarme ad Asiago: 46 ospiti positivi su 55 Sindacati contro la Regione: situazione fuori controllo
Laguerranellecasediriposo giàpiùdi70anzianimorti «Rischiamoun’ecatombe» DaMerlaraalVeneziano,centinaiadicontagi.Isindaci:«Servel’Esercito» La vicenda
● Sono oltre trentamila gli anziani ospitati nelle case di riposo sparse per il Veneto. Complessivamente le strutture sono 378: 136 pubbliche e 242 private. L’età media degli ospiti è di 85 anni e buona parte di loro soffre di più patologie ● Stanno aumentando a dismisura i contagi all’interno di molte case di riposo del Veneto. Sono almeno una settantina di decessi: 22 soltanto a Merlara (foto sopra). Decine i contagi anche tra i lavoratori
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test rapido ma un vero esame del sangue, che viene trattato, anche se disponiamo di strumentazione in grado di processare 180 campioni l’ora. E poi l’obiettivo è di fornire ai clinici una risposta veloce per uscire dall’emergenza». Tutto ciò sottolinea l’importanza della diagnostica di laboratorio. «Eh sì, pensi che disponiamo già di altri test, ematologici, biochimici e di coagulazione, in grado di indicare o di pronosticare il livello di gravità della malattia. Inoltre stiamo valutando gli indicatori di risposta dell’organismo ai farmaci sperimentali». M.N.M.
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Mario Plebani Sappiamo già che tra il 12esimo e il 15esimo giorno dal contagio possiamo trovare gli anticorpi nel sangue dei guariti e che neutralizzano il virus
VENEZIA «Il futuro incerto, gli affetti lontani, gli amici che muoiono, la paura... Nella loro mente, gli anziani stanno rivivendo la guerra». Roberta Meneghetti piange al telefono. È la presidente della casa di riposo «Scarmignan» di Merlara, nel Padovano, che nel giro di tre settimane è diventata una trincea dalla quale nessuno può entrare né uscire, ma solo aspettare di sapere chi sarà il prossimo a morire. Dei 73 ospiti presenti l’8 marzo, ventidue sono deceduti, due sono ricoverati in ospedale e 46 sono malati. Solo tre vecchietti sembrano ancora immuni al contagio. Qui, come nelle altre case di riposo del Veneto, «la guerra» è scoppiata per caso. «Il 21 febbraio una nostra ospite è stata dimessa dall’ospedale di Schiavonia, appena un’ora prima che venisse chiuso in seguito al primo decesso per coronavirus», ricorda Meneghetti. «Due settimane dopo, aveva m o s e s s a n t a a n z i a n i e ventiquattro dipendenti positivi al tampone». Lei stessa è tra i contagiati. E pure sindaco e il vicesindaco di Merlara. «Il dato sulla mortalità sta crescendo perché è l’effetto dell’ingresso del virus nelle case di riposo», ha spiegato ieri il governatore Luca Zaia. Insomma, in una società che ormai procede a distanza di sicurezza, è nelle strutture per anziani che il Covid 19 sta trovando l’ambiente ottimale continuare a diffondersi. I numeri fanno impressione. Al Centro Servizi di Monselice i morti sono quattordici. Nella provincia di Verona un terzo delle vittime del coronavirus era ospite di una struttura per anziani. E il bilancio si aggrava di ora in ora: ventisei decessi alla «Gasparini» di Villa Bartolomea, otto a Legnago e cinque al «Campostrini» di Sommacampagna. C’è una struttura per religiose, a Lazise, dove il virus ha già ucciso otto suore. «Una tragedia spiega il primo cittadino di Villa Bartolomea, Andrea Tuzza cerchiamo di arginarla ma ogni giorno scopia una nuova emergenza». Disperati, i sindaci di 98 comuni della provincia hanno scritto al prefetto chiedendogli di inviare personale medico e infermieristico dell’Esercito e della Croce Rossa. La «mattanza» prosegue nel Vicentino: due morti ad Altavilla, tre alla «Madonnina» di Bassano. «Mandateci qualcuno ad aiutarci, qui finora non s’è visto nessuno», implora il sindaco di Pedemonte, Roberto Carotta, dopo che alla «San Giuseppe» già si contano sette morti (l’ultimo ieri mattina). Per avere un’idea della facilità con cui si propaga il Covid 19 in
Personale a rischio Sono decine i medici, infermieri e Oss che lavorano nelle case di riposo e che risultano contagiati dal virus (foto archivio)
strutture come queste, basti pensare che sono arrivati i risultati dei tamponi eseguiti sugli ospiti della casa di riposo di Asiago: 46 positivi su 55 ricoverati. Nel Trevigiano sono stati analizzati i campioni di saliva prelevati agli ospiti di dodici centri per anziani e la positività è stata del 52 per cento. Si rischia l’ennesima bomba a orologeria. E i numeri regionali possono farne intravedere la portata: sono oltre 30 mila i nostri nonni (l’età media è di 85 anni, spesso afflitti da più patologie) ospitati nelle 378 strutture sparse per il Veneto, 136 pubbliche e 242 private.
Alla Sereni Orizzonti
Contagiati in guarigione al posto degli anziani E il personale si licenzia VENEZIA Una lettera al prefetto per verificare
la possibilità di denunciare alcuni dipendenti per interruzione di pubblico servizio. È alta la tensione alla casa di riposo Sereni Orizzonti di Cinto Caomaggiore che, dopo un accordo con l’Usl 4, ha spostato gli ospiti in un’altra struttura per diventare un’area Covid per positivi in via di guarigione. Ma martedì, con l’arrivo del primo paziente, quattro operatori hanno dato le dimissioni e, da due giorni, dieci su dodici si sono messi in malattia. «C’è la disponibilità a garantire il servizio – dice Pietro Polo, Uil – a patto che siano garantite le condizioni di sicurezza dei lavoratori e le retribuzioni promesse dalla società che aveva assicurato un’indennità di rischio di 200 euro». Dura la replica della casa di riposo, che intanto ha assunto 8 operatori per assicurare l’assistenza. «Tre hanno ritirato le dimissioni ma Polo cerca di racimolare una manciata di tessere e discetta sul rancio dei soldati mentre sono impegnati al fronte. La formazione è stata fatta dall’Usl 4 che ha fornito anche i dispositivi di protezione. Non c’era poi alcun accordo scritto su aumenti retributivi». (m. r.)
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«La situazione è fuori controllo e ora, al di là delle promesse, la Regione deve intervenire subito. Altrimenti rischiamo una ecatombe», spiegano i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil. Chiedono di istituire delle task force provinciali coordinate dai prefetti, per mettere in sicurezza le case di riposo. Anche perché, oramai, il problema non risparmia nessuna zona della regione. Alla «Francescon» di Portogruaro due decessi e diciotto positivi alla «Salute» di Fiesso d’Artico. A Belluno tre vittime nella casa per anziani di Puos d’Alpago e un’altra a Santa Croce del Lago. Almeno venti i contagiati (compresi sei lavoratori) alla «Sacra Famiglia» di Fratta Polesine. Si cerca di tamponare la situazione, prima che esploda. «Stiamo valutando la possibilità di creare delle case di riposo destinate ai casi Covid, trasferendo le persone negative in luoghi sicuri», ha spiegato il dg dell’Usl di Treviso, Francesco Benazzi. Più o meno quello che è stato fatto alla «Sereni Orizzonti» di Cinto Caomaggiore, diventata una struttura per contagiati in via di guarigione. Come negli ospedali, anche nelle case di riposo a rischiare la vita ci sono medici, infermieri e operatori. Sono già decine quelli contagiati, con il risultato che il poco personale che non è in quarantena deve affrontare turni massacranti per assistere i ricoverati. Senza contare le tremende ferite psicologiche che l’emergenza sta lasciando sul personale. «Gli ospiti muoiono davanti ai loro occhi, uno dopo l’altro», racconta la presidente della struttura di Merlara. «Con il divieto di accesso ai parenti, sono gli infermieri a tenere loro la mano mentre mettono di respirare. Non erano pronti ad affrontare tutto questo. Nessuno poteva esserlo». Andrea Priante © RIPRODUZIONE RISERVATA
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PRIMO PIANO
VENERDÌ 3 APRILE 2020 CORRIERE DELLE ALPI
L’allarme globale: il fronte sanitario
La lettera al commissario governativo Arcuri: «Discrepanze tra dati ufficiali e realtà, mancano 340 mila articoli sanitari» Filippo Tosatto / VENEZIA
Prima la rivolta dei medici di base, che hanno respinto come «carta straccia» le mascherine ricevute; ora la protesta dei governatori che contestano la discrepanza tra le forniture sanitarie “dichiarate” e quelle effettivamente pervenute. Tempi duri per Domenico Arcuri, il commissario straordinario all’emergenza Covid-19 incaricato dal premier Conte di censire il fabbisogno dei territori, reperire i materiali sul mercato e distribuirli. Da un paio di settimane a questa parte, più voci avevano segnalato un gap tra gli annunci e la realtà. Toni critici da Lombardia, Emilia-Romagna, Umbria, Campania, Puglia. Defilato, fin qui, il Veneto: Luca Zaia aveva preferito sorvolare, esprimendo anzi soddisfazione per i 214 respiratori polmonari pervenuti. Poi Arcuri ha scelto di ufficializzare le cifre sul sito del ministero della salute, inducendo la Regione a rompere il silenzio. BOTTACIN: CHIAREZZA SENZA POLEMICHE
«Non agiamo per spirito polemico, a chi lavora nell’emergenza capita di commettere errori, però i numeri non tornano e un’azione congiunta efficace richiede coerenza», è la premessa dell’assessore alla protezione civile Gianpaolo Bottacin; «Dall’inizio dell’emergenza, nel corso delle videoconferenze quotidiane, segnaliamo anomalie riguardanti varie tipologie di materiali. Una tra tutte, le mascherine chirurgiche: Arcuri dichiara di avercene mandate 3, 9 milioni, qui ne sono arrivate un milione mezzo». La
procedura? Gli stock atterrano nello scalo di Tessera, prelevati dall’Esercito, e sotto scorta dei carabinieri, raggiungono il magazzino padovano della Protezione civile dove si procede al controllo e al censimento della merce. Tant’è. La «discrasia» è stata formalizzata per lettera ad Arcuri dall’omologo veneto Nicola Dell’Acqua (è il referente del Balbi per i fabbisogni Covid) che «nell’ottica di una leale collaborazione istituzionale» riassume le discrepanze in una tabella (la pubblichiamo a fianco) e invita ad «allineare i dati» nonché a specificare l’utilizzo degli articoli nei documenti di consegna, così da favorirne «puntuale e coordinate distribuzione». DIVIETI, ZAIA PREPARA L’ORDINANZA-BIS
In attesa della versione del commissario («Non sono il padrone del commercio mondiale», ha ribattuto giorni fa a quanti lamentavano ritardi e insufficienze negli approvvigionamenti») il governatore del Veneto prepara l’ordinanza bis che prorogherà per due settimane le restrizioni sulle “passeggiate” (consentite nel raggio di 200 metri da casa) e il divieto al commercio festivo con l’eccezione di edicole e farmacie. Probabile stretta sui mercati all’aperto – qua e là si segnalano affollamenti – e si vocifera di norme più stringenti circa l’impiego di guanti e mascherine nei luoghi aperti al pubblico. Eppure il report segnala cali nei ricoveri e aumenti delle guarigioni... «Le misure adottate si stanno rivelando efficaci», replica Zaia «ma la mortalità resta elevata a causa dei focolai
riconversione
Pwc Italia coordina il piano protezioni da 1,2 milioni di pezzi «In Veneto ci sono 52 aziende che hanno risposto alla call to action per la produzione, contiamo di arrivare ad una fornitura di 25 mila camici giornalieri, mentre il dato sulle mascherine chirurgiche triplo strato non abbiamo ancora un dato regionale. Ma nel complesso saranno circa 1,3 milioni di mascherine al giorno». Erika Andreetta partner di Pwc racconta come si agirà nel piano di riconversione industriale coordinato e diretto proprio da PriceWaterhauseCoopers. «Per le mascherine ad alto filtraggio come le ftp2 i numeri sono diversi, ma per noi è importante intanto fornire a tutti le mascherine chirurgiche». La produzione di mascherine “chirurgiche” di cui all’articolo 15 del Decreto Cura Italia, grazie al protocollo di intesa tra Confindustria Moda e CNA Federmoda, redatto dallo Sportello Amianto Nazionale e supportato, sin dalla fase di lancio del progetto, da PwC Italia è partita da alcuni giorni. Entro 3 settimane il dato aggregato vedrà un incremento della produzione già partita, dalle attuali 350.000 mascherine al giorno a 1.450.000 al giorno. Finora circa l 15% delle aziende candidate del circuito moda sono pronte. Le altre sono in attesa di test da Politecnici e/o autorizzazione da Ministero.
il veterano dell’Università di padova
Plebani: «Dal test sierologico ricaveremo certezze cliniche» È autore del progetto scientifico su anticorpi e immunità che il governatore spera di tradurre in una “patente di guarigione” su larga scala VENEZIA
Biochimico e biologo molecolare, già presidente della Scuola di medicina del Bo, Mario Plebani è un veterano del laboratorio clinico: la sfi-
da che lo attende – mettere a punto un test sierologico capace di sancire, o escludere, l’immunizzazione delle persone colpite da Covid-19 – risponde ad un innovativo progetto scientifico condiviso con il collega Giuseppe Lippi, dell’ateneo di Verona, e accolto con fiducia dall’amministrazione regionale. «Stiamo studiando la cinetica delle immunoglobuline per comprendere i movimenti nei quali è
possibile intercettare l’avvenuto contagio e la successiva risposta anticorpale», è la premessa «l’indagine, una volta a regime, consentirà di tracciare un cluster di soggetti contagiosi, identificare la positività al di fuori della fascia temporale del test molecolare, monitorare i pazienti in via di guarigione, accertare le potenziali ricadute della malattia». Dagli studi condotti attra-
Quantità dichiarate sul sito www.salute.gov.it
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Quantità rilevate in ingresso da Regione Veneto Differenza
399.000 1.500 131.000 200 200 699.000 335 347 100 3.893.600 866.223 10.280 465.000 312 7.717 529
399.500 1.200 131.000 0 0 294.500 676.700 0 95 1.511.130 620.140 39.610 2.448.000 237 8.050 6.263
500 -300 0 -200 -200 -404.500 676.365 -347 -5 2.382.470 -246.083 29.330 1.983.000 -75 333 5.734
199 1.300 300 1.180 11.680 148 6.490.150
0 0 192 0 11.871 214 6.148.702
-199 -1.300 -108 -1.180 191 66 -341.448
3.893.600 866.223 10.280 4.770.103
1.511.130 620.140 39.610 2.170.880
-2.599.223 -2.382.470 -246.083 29.330
DETTAGLIO MASCHERINE AD USO SANITARIO MASCHERINE CHIRURGICHE* MASCHERINE FFP2* MASCHERINE FFP3* TOTALE
CROMASIA
Tra Roma e Veneto è guerra delle cifre sulle mascherine
DISCREPANZE NELLE CONSEGNE AL VENETO situazione aggiornata al 1° aprile
*sebbene inserite in queste categorie, non è rilevabile per tutte le mascherine consegnate la normativa di riferimento ** mascherine non classificabili come chirurgiche
nelle case di riposo e i diecimila contagiati attuali sono destinati a crescere perché, nonostante i 120 mila tamponi eseguiti, abbiamo intercettato solo la punta dell’iceberg». Morale della favola? «Fino a Pasqua è impensabile ragionare su allentamenti e deroghe. La riapertura, quando avverrà, sarà parziale e graduale, pena esporci all’effetto-Hong Kong dove la fine anticipata della quarantena ha coinciso con una seconda ondata epidemica. Il ritorno a scuola? Non decido io ma oggi il rischio mi sembra elevato. Confido nel senso civico dei veneti e dico grazie in particolare ai nostri ragazzi: sono meravigliosi». STATO DI CRISI PER L’AGRICOLTURA
Uno sguardo alle donazioni: «Siamo a 19 milioni, quasi 25
verso il prelievo di campioni sangue, previsto in via sperimentale tra il personale sanitario e le case di riposo, il governatore Luca Zaia confida di ricavare una “patente di guarigione” utile a garantire il rientro in sicurezza in famiglia, nella vita civile, nei luoghi del lavoro. E le aspettative del mondo economico, ribadite ieri da Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, sono elevate. A riguardo, però, l’immunologa universitaria Antonella Viola (direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica-Fondazione Città della Speranza) è scettica: «Ottima idea sul piano della ricerca ma il patentino d’immunità mi sembra un azzardo, l’organismo sviluppa gli anticorpi,
mila persone hanno versato sul conto solidale, compresi i bambini che hanno rotto il salvadanaio. Bella l’iniziativa dei titolari di camping che offriranno una settimana di vacanza a mille operatori della sanità. Mi appello alla generosità degli imprenditori: ci avviamo a cento milioni di spesa straordinaria». A proposito di quattrini: il governatore ha firmato la dichiarazione di stato di crisi per l’agricoltura, consentendo così ai coltivatori di accadere al fondo nazionale di solidarietà; «Il nostro Pil ammonta a 150 miliardi l’anno, ogni mese di fermo produttivo equivale a un danno di 12-13 miliardi. Sono preoccupato per l’occupazione e le imprese, se l’Europa continua scandalosamente a latitare, alla ripartenza dovremo fare i conti con una
Il professore Andrea Plebani
«Viola dice che è un azzardo? Spero sbagli altrimenti non avremo mai un vaccino» ma questi, in breve tempo, crollano e la persona non può più considerarsi protetta». «Spero che la professoressa Viola si sbagli, viceversa non
superpotenza come la Germania che nel frattempo ha iniettato risorse straordinarie nella sua economia». BATTIBECCO TRA IL PD E I LEGHISTI
Che altro? Sul versante istituzionale il vicepresidente Gianluca Forcolin ha sottoscritto – insieme ad Anci, Upi e parti sociali – un protocollo di sicurezza per i lavoratori della pubblica amministrazione; sul piano politico, contro a distanza tra il vicesegretario del Pd Andrea Orlando e i leghisti; il dirigente dem aveva suggerito di centralizzare la sanità sottraendola alle regioni: «Follia, noi puntiamo al meglio, non alla mediocrità, per fortuna in tempi d’emergenza siamo in Veneto», è la reazione di Fabrizio Boron e Luciano Sandonà. — © RIPRODUZIONE RISERVATA
avremo mai un vaccino», è la replica pacata di Plebani «come tutti gli scienziati, lei sa bene che per valutare un metodo occorre attenderne l’esito. Alle luce delle ricerche più recenti, noi confidiamo di pervenire ad un risultato. Attenzione: il test sierologico è soltanto una delle tre mosse in atto per domare l’epidemia. Con i tamponi e i test rapidi Andrea Crisanti sta facendo un lavoro encomiabile e così la sanità regionale. Senza isolamenti, chiusure precoci e potenziamento delle rianimazioni, ora il Veneto verserebbe nelle condizioni di Bergamo e Brescia. Stiamo lavorando, alla fine verificheremo i traguardi raggiunti». — FILIPPO TOSATTO © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Venerdì 3 Aprile 2020 www.gazzettino.it
L’emergenza Covid-19 IL PIANO VENEZIA La macchina organizzativa si è messa in moto: da lunedì via alla procedura per la “patente” di guarigione dal Coronavirus per i 60.000 dipendenti del sistema sanitario regionale. La consegna dei 100.000 reattivi ordinati da Azienda Zero è attesa per oggi, quando si terrà anche l’incontro del virologo Giorgio Palù con il comitato etico: alla pari dei primi 300 sanitari coinvolti nel test di lancio, che sarà effettuato nei laboratori diretti dai professori Mario Plebani a Padova e Giuseppe Lippi a Verona, pure il resto dei medici, degli infermieri e degli operatori del Veneto saranno infatti sottoposti a due prelievi di sangue nell’arco di un paio di settimane, come annuncia la lettera inviata dal direttore generale Domenico Mantoan ai dg di tutte le Ulss. «Se questo sistema funzionerà, diventerà un grande strumento anche per gli altri lavoratori», ha detto ieri il governatore Luca Zaia, commentando la richiesta di estendere alle imprese privatela diagnostica sierologica, finalizzata ad accertare lo sviluppo degli anticorpi nelle persone contagiate e ad escludere l’infezione nei soggetti sani.
LE AZIENDE L’appello è stato rivolto in particolare da Luciano Vescovi, numero uno di Confindustria Vicenza: «Alla Regione Veneto e al presidente Zaia chiedo di prendere in considerazione la popolazione lavorativa tra i destinatari della procedura in campo che comprende gli esami di screening anche sierologici». Nel merito il governatore ha aperto subito a questa ipotesi: «Vescovi ha ragione. Le aziende ospedaliere universitarie sono pronte, poi i 100.000 reattivi daranno la stura per partire alla grande con la sierologia. Ce la propone il mondo scientifico e ce la chiedono le imprese, perché gli imprenditori vogliono riaprire le attività, ma senza correre il rischio di trovarsi un mega-contagio e dover quindi ripartire da zero. Detto questo, penso che le aziende verranno riaperte non solo con la “patente”, ma anche con le misure di distanziamento e con i dispositivi di protezione. Anche se ci diranno che tutto va bene, la mascherina diventerà parte del nostro abbigliamento».
ZAIA: «SE LA PROVA AVRÀ SUCCESSO SI POTRÀ ESTENDERE ALLE AZIENDE PRIVATE E IL LAVORO POTREBBE RIPARTIRE»
Veneto, da lunedì via ai test per la “patente” ai guariti In arrivo 100mila reagenti. Attivati i direttori delle `Due settimane per avere i risultati della prova Asl. Si partirà dai 60mila dipendenti della sanità sierologica che servirà a scoprire chi è immune `
BASSO PROFILO Al tempo stesso, però, Zaia è sembrato voler tenere il basso profilo sul metodo con cui il piano verrà attuato. Un po’ perché su questa tecnica la comunità scientifica è divisa («Ma voi giornalisti potreste organizzare un bel forum con tutti gli scienziati, così confrontate chi è favorevole con chi è contrario»). Un altro po’ perché il leghista è già stato accusato di “annuncite”, per cui potrebbe bastare un minimo ritardo nella fornitura dei reattivi per dilatare i tempi e riaccendere le polemiche («Certo che però questo dibattito sul sierologico mi riporta a quello di un mese fa sui tamponi: dice-
vano che non avevamo capito una mazza e poi invece abbiamo avuto ragione noi»). E un ulteriore po’ perché, come nei raffronti fra le curve del contagio, dei ricoveri e della mortalità, anche su questa campagna il presidente del Veneto vuole evitare la competizione con i colleghi Stefano Bonaccini e Attilio Fontana: «Non siamo i primi della classe. Semplicemente ci hanno dato due remi e noi remiamo. Non mi piace il confronto tra le Regioni, ognuna ha una storia sanitaria a sé e un territorio diverso. Noi non andiamo alla ricerca della ribalta, facciamo quello che ci viene proposto dalla comunità scientifica. L’opera-
zione la sta facendo anche l’Emilia Romagna che non è del mio stesso colore politico».
LE ALTRE REGIONI Da ieri, infatti, l’Emilia Romagna a guida Pd è partita con lo screening su tutto il personale della sanità pubblica, privata convenzionata e dei servizi socioassistenziali, da Piacenza a Rimini. La prima batteria conta 50.000 test sierologici, ma ne sono già stati ordinati altri 100.000, con l’obiettivo di arrivare in tutto a 200.000, per includere anche le case protette accreditate, mentre per quelle private saranno necessarie delle convenzioni. Ha chiesto allo-
L’intervista Ranieri Guerra
«Un vaccino possibile già entro la primavera 2021» rofessor Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell’Organizzazione mondiale della Sanità e componente del Comitato tecnico scientifico sull’emergenza coronavirus: a che punto siamo con l’epidemia in Italia? «La situazione è ancora complicata. Il messaggio è sempre lo stesso, tenere duro con le misure di distanziamento sociale finché non c’è un abbassamento ben più significativo della curva dei contagi. Non c’è altro modo. A
P Vendite immobiliari, mobiliari e fallimentari Ancona 071 2149811 Lecce 0832 2781 Mestre 041 5320200 Milano 02 757091 Napoli 081 2473111 Roma 06 377081
nord piano piano i numeri iniziano a calare, ma è troppo presto per dirci fuori dall’emergenza. Anzi sarebbe grave pensarlo». Quando comincerà una nuova fase di convivenza con il virus? «Bisognerà contare quelli che effettivamente hanno avuto contatto col virus e sono in condizione di sieropositività, che in questo caso è una situazione favorevole, perché vuol dire che hanno sviluppato una condizione di immunità. Al momento l’immunità post virus sembra reggere. Chi
ha avuto un contatto, anche se asintomatico, ha sviluppato una risposta degli anticorpi può tranquillamente tornare al lavoro. Ma bisogna fare test e la tecnologia che abbiamo in questo momento non è meravigliosa». Ogni giorno si parla di nuovi test. Quando riusciremo ad avere uno screening efficace per la popolazione? «Ci sono parecchi test in pre-qualifica a Ginevra, non è una cosa semplice, perché a fronte della dichiarazione di sensibilità e di
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Le donazioni
Dai campeggi mille soggiorni per i sanitari `Vacanze gratis sul litorale
veneziano per i sanitari mobilitati nell’emergenza Coronavirus. Certo, non per tutti, ma per un migliaio sì: «I gestori dei campeggi del Cavallino e di altre località hanno donato mille soggiorni di una settimana ciascuno, da trascorrere nel 2020 e nel 2021, ai medici e agli infermieri della Regione», ha annunciato il governatore Luca Zaia. «Si tratta di una bella azione di grande solidarietà – ha aggiunto – da parte di un settore che è in crisi. Ora dovremo capire se tirare a sorte o come altro fare per assegnare i soggiorni...». Il presidente della Regione ha anche aggiunto che le donazioni sul conto attivato per l’emergenza sono arrivate «a quota 19 milioni di euro, da parte di 24.677 benefattori, grandi e piccoli: li ringraziamo uno a uno».
ra Beppe Sala, sindaco di Milano: «Questi test sono oggi già fatti in Veneto e in Emilia Romagna. In Lombardia ancora no. Perché?». A quel punto il governatore leghista Fontana, che ben più del dem Bonaccini patisce il raffronto con Zaia, ha voluto precisare: «La Regione Lombardia si muove nel rispetto della scienza e non fa iniziative avventate. Già alcuni giorni fa abbiamo incaricato l’Università di Pavia perché provveda ad esaminare tutti i test che esistono
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OMS Ranieri Guerra
specificità del produttore, poi bisogna verificarli. E non si fa in un giorno...». Quando usciremo da questa pandemia? «Credo che il lieto fine arriverà quando avremo un vaccino. Ce ne sono parecchi di vaccini can-
didati allo studio, uno in particolare in una fase piuttosto avanzata perché utilizza una piattaforma già utilizzata a suo tempo per la Sars nel 2003, però questo coronavirus non promette nulla di buono e abbiamo ancora conoscenze limitate».
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A TAPPETO Il governatore veneto Luca Zaia (a destra) sta per dare il via agli esami sierologici sui 60mila addetti alla sanità regionale
La sperimentazione
Pronte a partire anche altre regioni C’è chi comincia con le case di riposo Un po’ tutte le regioni stanno valutando la possibilità di prepararsi a test sierologici per verificare l’immunità al Covid-19. In attesa della ‘fase 2’ dell’emergenza, si tenta di scovare chi ha sviluppato anticorpi. Anche la sanità ligure ha iniziato i test sierologici sul personale sanitario e gli ospiti delle Rsa. E nei prossimi giorni saranno coinvolti anche i donatori di sangue. E sempre per gli ospiti delle Rsa il
Piemonte ha iniziato uno screening a tappeto col test sierologico. Una serie di monitoraggi sono in corso anche nelle Marche mentre in Puglia si è partiti dagli ospedali. In generale però la fase della somministrazione alla popolazione al momento sembra ancora lontana, in particolare al Sud, dove il numero di persone entrate in contatto con il virus al momento per fortuna è molto più basso.
L’intervista Il virologo Giorgio Palù
«Sistema poco affidabile? Falso, l’efficacia è del 97%» Il coordinatore del progetto: «Parla gente `«L’esame andrà ripetuto a distanza di 14 che non sa. Costerà meno di 10 euro l’uno» giorni e troveremo i contagiati asintomatici» `
«Questo dibattito sul sierologico mi ricorda quello sui tamponi: poi si è visto che avevamo ragione» «Non mi piace il confronto tra regioni, ognuna ha una storia sanitaria e terrotoriale a sè» in questo campo per individuare se ce ne è uno scientificamente valido. Appena avremo queste risposte le comunicheremo e se dovesse rinvenire un test valido inizieremo ad utilizzarlo, diversamente faremo altro. In questa direzione si è mosso anche Zaia, anche lui si attiene al responso scientifico». Il presidente veneto si è tuttavia ben guardato dal replicare, preferendo rinfocolare lo scontro con la Commissione Europea, dopo la lettera della presidente Ursula von der Leyen: «Non ce ne facciamo niente delle scuse, ci servono schei». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA
Che tempi per il vaccino? «La mia speranza è che arrivi nel primo trimestre dell’anno prossimo. Per darlo a tutti si percorrerà la strada della licenza su brevetto, come avviene per tutti i farmaci risolutivi. È stato così per i farmaci contro l’epatite C. Qui non si tratta di far guarire un gruppo di malati, ma di salvare tutta la popolazione mondiale». Come mai in Italia dopo i primi contagi non si è immediatamente capito il pericolo che si correva? «Innanzitutto è un virus nuovo con uno scenario sconosciuto. È difficile capire in assenza di manifestazioni cliniche, che comunque esiste un rischio di contagio, che va avanti e si manifesta dopo due settimane. Magari si ferma l’epidemia, ma chi lo dice alla popolazione che stai fermando tutto per prevenire i contagi?». Lucilla Vazza © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’imprenditore
Caovilla: «Disponibili a comprare 5.000 esami» L’ANNUNCIO VENEZIA «Un test sierologico costa 10 euro? Pronti qua: in Riviera del Brenta siamo disponibili a comprarne subito 5.000». Con il piglio pragmatico dell’industriale, René Fernando Caovilla ha già fatto i conti, dopo essersi consultato con alcuni colleghi del distretto calzaturiero. «Appena ho letto di questa nuova tecnica che sarà sperimentata dalla Regione – spiega il “re” delle scarpe e dei sandali gioiello – ne ho parlato con altri imprenditori e ci siamo detti tutti d’accordo. Paghiamo noi le analisi per i nostri collaboratori, perché vogliamo utilizzare le altre settimane di chiusura che abbiamo davanti per metterci nelle condizioni di riprendere in sicurezza».
MASCHERINE GRIFFATE Anche il gruppo René Caovilla ha dovuto sospendere la produzione. «Abbiamo solo il permesso – spiega il patron – di andare a controllare gli impianti. Le perdite? Non ancora quantificate, ma saranno guai grossetti. I dipendenti prima in ferie e poi in cassa integrazione, le mancate vendite, i prodotti che andranno fuori data e dovranno essere svenduti... Ma quello che ci interessa adesso è sconfiggere il nemico invisibile». Il piano per la riapertura è già pronto: «Misureremo la temperatura agli operai con lo scanner, li distanzieremo di un metro e mezzo, li riforniremo di guanti e mascherine. Abbiamo già fatto scorta di dispositivi, ma anche recuperato i materiali per produrceli: cuciamo tomaie, cuciremo anche mascherine. Griffate? Diciamo simpatiche». Chissà, magari avranno gli elastici a serpente, come gli iconici cinturini della casa... (a.pe.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
a dieci giorni il professor Giorgio Palù è stato ingaggiato da Azienda Zero, voluto dal governatore Luca Zaia nella squadra anti- Coronavirus della Regione, anche con l‘obiettivo di isolare e sequenziare il patogeno. Emerito di Microbiologia a Padova e associato di Neuroscienze a Philadelphia, il docente universitario è stato presidente delle Società italiana ed europea di Virologia, ma ora è pure il coordinatore del progetto di sierologia che sta prendendo avvio in Veneto, attraverso l’attività dei laboratori diretti da Mario Plebani e Giuseppe Lippi. Gli chiediamo il motivo per cui una parte della comunità scientifica sostenga che tale diagnostica non sarebbe affidabile per il Covid-19. «Perché parla la gente che non sa», ci risponde con la consueta schiettezza il 71enne professore, che da 45 anni studia i virus di ogni tipologia e pericolosità.
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A noi che davvero non sappiamo, può spiegare di che cosa stiamo parlando? «Partiamo dall’inizio. Per essere completa, una diagnosi virologica ha bisogno di due momenti: la diagnosi diretta e la diagnosi indiretta. Fare la diagnosi diretta significa isolare il virus, oppure identificare i suoi componenti nel soggetto sintomatico o nei tessuti in cui alberga la replicazione virale, cioè all’interno delle mucose orofaringee».
ndr.) ed è basata sull’amplificazione di uno più geni del virus, in un determinato distretto e in un determinato momento. Questo vuol dire che un giorno il virus può essere rilevato e un altro giorno magari no: tutto dipende dalla carica virale e dalla sensibilità del metodo usato. E siccome nessun metodo ha il 100% di sensibilità, anche un test diretto non è completamente infallibile. Per questo c’è anche l’approccio indiretto». Eccoci alla sierologia: in che cosa consiste? «Questa diagnosi rivela la presenza del virus mediante la reazione dell’ospite, cioè attraverso la produzione di anticorpi da parte della persona infettata. Nei confronto di un patogeno assolutamente nuovo per noi, qual è questo Coronavirus, il nostro sistema immunitario è vergine: a differenza dei pipistrelli, in pratica non abbiamo protezioni e siamo esposti al pericolo. Per questo reagiamo producendo anticorpi, che a loro
D’accordo, ma questa tecnica è affidabile o no? «Questo metodo ha un’elevatissima specificità e sensibilità, due parametri che, rispettivamente, mettono in evidenza la capacità di verificare che un campione negativo sia veramente negativo e di “pescare” tutti i positivi. Parliamo di valori del 95%-97%, cioè molto vicini al 100%, tenendo peraltro presente che nessun test raggiunge mai il 100%. Non a caso questa tecnologia è venduta da
due aziende biotech cinesi che hanno ottenuto la certificazione di qualità degli enti europei Ce Ivd e l’autorizzazione dalla Fda (Food and drug administration, ndr.) americana. Non è invece così per altri test rapidi con cui ci si punge il dito e si vede gocciolina di sangue». Nel nostro caso, come funzionerà? «Con un vero e proprio prelievo ematico, finalizzato appunto a individuare gli anticorpi. L’esame andrà ripetuto a distanza di 14 giorni, perché misura la risposta precoce chiamata Igm, che si manifesta già al quarto o quinto giorno, e la risposta ritardata denominata Igg, che si verifica intorno al decimo giorno. In sostanza sono due classi di anticorpi, prodotti dal sistema immunitario, che si sviluppano con tempi diversi. Dopo due settimane riusciremo anche a capire quando il soggetto è entrato in contatto con il virus e quanto il virus è diffuso nella popolazione. In questo modo potremo verificare se è corretta l’ipotesi secondo cui l’80% dei contagiati è asintomatico». Per capire questo, non bastava l’indagine di Vo’? «No, perché lì il campione era di 3.000 soggetti, troppo piccolo. E poi perché dobbiamo tornare al punto di partenza: il tampone ci dà l’incidenza, cioè il numero dei positivi, mentre la sierologia ci dà la prevalenza, cioè la diffusione. Ecco perché la Regione potrebbe valutare di estendere la diagnosi indiretta anche ai lavoratori delle aziende. Fra l’altro questo test costa “solo” 10 euro, e acquistando 100.000 reattivi in blocco anche meno, con l’ulteriore vantaggio che impegna meno persone e meno macchine del tampone da 30 euro: ogni giorno si possono processare migliaia di campioni». A.Pe.
Bocca e naso: è il famoso “stecchino” del tampone, giusto? «Sì. Per isolare il virus ci vogliono due o tre giorni, in un laboratorio Bsl3 (il terzo livello di biosicurezza, ndr.), che però in Veneto è solo a Padova. Facendo il tampone, invece, si analizzano più velocemente i prodotti del virus o i suoi costituenti, come l’acido nucleico e alcune proteine, attraverso una tecnica che si chiama Pcr (reazione a catena della polimerasi,
LA REGIONE POTREBBE VALUTARE DI ESTENDERE LA DIAGNOSI INDIRETTA ANCHE AI LAVORATORI DELLE AZIENDE
volta agiscono contro il virus. Durante questa pandemia, è stato fondamentale ricostruire la sequenza genetica del virus, misurare quello che c’era nel siero cinese e appunto studiare la risposta degli anticorpi. Quello che ora faremo prelevando il sangue dei 60.000 dipendenti del sistema sanitario regionale: non solo a Padova e Verona, dove vengono effettuati i primi test, ma pure negli altri ospedali, da Treviso a Belluno, da Mestre a Vicenza».
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VIROLOGO Il professor Giorgio Palù
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RIVELA LA PRESENZA DEL VIRUS MEDIANTE LA REAZIONE DELL’OSPITE, CIOÈ LA PRODUZIONE DI ANTICORPI
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L’emergenza Covid-19 MESTRE Il trend è leggermente positivo. Dopo giorni e settimane di aumenti continui, ora qualcosa sta cambiando. Piano piano ma in modo costante. Salvo imprevisti. Perché se è vero che ieri ci sono stati altri 503 casi positivi nel Veneto, raggiungendo la quota di 10.251 dall’inizio dell’epidemia, è altrettanto vero che diminuiscono i malati in terapia intensiva, consentendo di alleggerire, almeno parzialmente, il clima negli ospedali. I decessi registrati, resi noti alle 17 di ieri, sono stati 14 (22 venivano indicati nel bollettino regionale in mattinata) raggiungendo un totale di 36. I pazienti in terapia intensiva 335 (-13) e quelli in area non critica 1.719 (+23). Quest’ultimo aumento deve però essere letto tenendo conto del fatto che 54 degenti sono stati trasferiti negli ospedali di comunità, cioè in strutture territoriali che li accompagneranno al ritorno a casa, quindi non si tratta di nuovi malati, In Veneto i casi ritenuti positivi registrati a fine giornata sono stati in tutto 8.990; i pazienti negativi si sono stabilizzati in 705 mentre l’ammontare complessivo dei deceduti fino a ieri in tutta la Regione è stato di 556 unità (+36 ieri, negli ospedali). Al momento i soggetti in isolamento sono 20.278, mentre i dimessi 1.004.
IN FRIULI Sono 1.799 i casi accertati positivi al Coronavirus in Friuli Venezia Giulia, con un incremento di 114 unità rispetto a ieri. I guariti in totale sono 162, mentre i guariti clinicamente (senza più sintomi ma non ancora negativi al tampone) sono 214. Sono sette i decessi che portano a 129 il numero complessivo di morti da Covid-19. Il dato più alto di casi positivi è quello registrato nell’area di Udine con 641 persone contagiate; seguono Trieste (598), Pordenone (441) e Gorizia (110). Sono 60 le persone che si trovano in terapia intensiva, mentre i pazienti
ALTRE 14 VITTIME NONOSTANTE I SEGNALI DI UN RALLENTAMENTO DEL CONTAGIO LEGGERO MA COSTANTE
Zaia: «Temo una ricaduta servono ancora sacrifici» I casi positivi sono 10.251 (+503) ma scendono `In Friuli Venezia Giulia registrati 114 in più rispetto sensibilmente i ricoveri nelle terapie intensive a ieri con un bilancio complessivo di 1.799 persone `
ricoverati in altri reparti risultano essere 199. Le persone in isolamento domiciliare sono 1.035.
ILA REGIONE VENETO E anche ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia ha fatto il punto della situazione. Parecchi i temi affrontati nella riunione: dalla nuova ordinanza sul Coronavirus dopo le decisioni del Governo
alla scuola e sull’ipotesi di una riduzione dei sacrifici che stanno accompagnando i cittadini in questi giorni. «Da ieri sera c’è la possibilità di lavorare su un nuovo testo in base al decreto del governo - ha detto il presidente Penso a una proroga, inserendo ulteriori elementi che nascono dall’esperienza di questi giorni. Stiamo ragionando sui mercati. I
Vo’
Vicenza
2438
Gli amministratori di Fdi: «Buoni spesa? I 400 milioni vadano ad affitti e bollette» sostenendo la proposta del sindacato degli inquilini Sunia. Chiedono infatti Piero Ruzzante, Patrizia Bartelle e Cristina Guarda: «La Regione intervenga per tutelare le famiglie difficoltà per il pagamento di affitti e spese condominiali». Intanto proprio con la Regione, e con le parti sociali, ieri Anci Veneto ha firmato un protocollo d’intesa per adeguare le misure dei decreti Covid-19 alla pubblica amministrazione. «Facciamo squadra», ha detto il presidente Mario Conte. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LETTERA AL MINISTRO GUALTIERI. I CONSIGLIERI DI CENTROSINISTRA: «LA REGIONE INTEGRI LE SPESE CONDOMINIALI»
Venezia
164
Rovigo
2416
Padova
20278 positivi + contatti in isolamenti
8990
556
705
Casi attualmente positivi
Deceduti in ospedale e casa di riposo
Negativizzati virologici
525
deceduti in ospedale
1004
dimessi
2044
ricoverati
Pazienti in area non critica
Strutture di ricovero - *Ospedale Covid Azienda Ospedale Università Padova 105 Az. Osp. Univ. Int. Verona - Borgo Roma 78 Az. Osp. Univ. Int. Verona - Borgo Trento 35 ULSS1 - Ospedale Belluno 41 ULSS1 - Ospedale Feltre 8 ULSS2 - Ospedale Treviso 97 ULSS2 - Ospedale Oderzo 14 ULSS2 - Ospedale Conegliano 2 ULSS2 - Ospedale Vittorio Veneto* 139 ULSS2 - Ospedale Castelfranco 30 ULSS2 - Ospedale Montebelluna 28 Ospedale S. Camillo - Treviso* 49 ULSS3 - Ospedale Mestre 41 ULSS3 - Ospedale Venezia 12 ULSS3 - Ospedale Mirano ULSS3 - Ospedale Dolo* 84 Ospedale Villa Salus - Mestre* 35 ULSS4 - Ospedale Jesolo* 50 Casa di Cura Rizzola - San Donà di Piave 9 ULSS5 - Ospedale Rovigo 24 ULSS5 - Ospedale Trecenta* 5 ULSS6 - Ospedale Schiavonia* 115 ULSS6 - Ospedale Cittadella ULSS6 - Ospedale Camposampiero 11 Casa di Cura Villa Maria - Padova 9 ULSS7 - Ospedale Santorso* 95 ULSS7 - Ospedale Bassano 24 ULSS7 - Ospedale Asiago 21 ULSS8 - Ospedale Vicenza 72 ULSS8 - Ospedale Noventa Vicentina 19 ULSS8 - Ospedale Valdagno 13 ULSS9 - Ospedale Legnago 73 ULSS9 - Ospedale San Bonifacio 13 ULSS9 - Ospedale Villafranca* 118 ULSS9 - Ospedale Marzana 42 Ospedale Sacro Cuore Don Calabria - Negrar 78 Ospedale P. Pederzoli - Peschiera 47 Ospedale di Comunità Belluno 14 Ospedale di Comunità Agordo 12 Centro Servizi Civitas Vitae - Valdagno 29 Centro Serv. Casa Luigi e Augusta - Ormelle 20 Ospedale di Com. Casa di Cura Rizzola 7 Ospedale di Com. c/o Ospedale di Adria 1
Pazienti in terapia intensiva
29 24 31 9 23 5 8 7 8
MIGLIORAMENTI Un tampone effettuato a un automobilista
detto «plateau». Diminuiscono anche le chiamate al 118 e, dunque, nel bollettino quotidiano sull’epidemia si comincia a parlare di curva in calo. L’aumento dei malati attuali (ovvero le persone ad oggi positive, 83mila) è pari a 2.477 (l’altro ieri 2.937). Altro dato importante per avere una chia-
ve di lettura: i tamponi eseguiti sono 39.809, circa cinquemila in più di due giorni fa. Quindi il dato è positivo perché pur essendo stati fatti molti più test nelle ultime 24 ore, l’aumento dei malati è risultato più basso: 1 malato ogni 8,5 tamponi, l’11%, ovvero il dato minore da un mese a questa par-
Tot. Regione Veneto
SI CONFERMA LA FLESSIONE DELL’EPIDEMIA, MA I MORTI RESTANO TROPPI: 760 IN UN GIORNO
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cittadini chiedono: la curva sta calando, perché ancora restrizioni? Perché è la settimana cruciale, fondamentale non abbassare la guardia. Non è finita, perché ci sono ancora diecimila contagiati che sono la punta dell’iceberg, che viene fuori solo perché abbiamo fatto tanti tamponi, ad oggi 119.493 di cui 10.000 in attesa di essere processati. Chiederemo sacrifici fino a Pasqua». E anche sulla scuola il presidente si è mantenuto cauto: «Non è nostra competenza - ha avvertito - ma con questi numeri di positività, mortalità e ricoveri, pensare di riportare masse di ragazzi all’interno di edifici che poi tornano a casa con il contagio, lo vedo rischioso». Infine i timori legati al fine epidemia e una ulteriore ondata di contagi: «Bisogna fare ancora un po’ di sacrificio - ha concluso il presidente - dopodiché noi stiamo già pensando a predisporre un piano di riaperture, perché quando si riaprirà bisognerà adottare criteri per evitare un “effetto Hong Kong”, dove hanno riaperto con troppa velocità e leggerezza, al punto da rifare la quarantena. Vorrei fare in modo che i veneti facciano una sola quarantena. Sarebbe drammatico riaprire per poi richiudersi in casa di nuovo». Paolo Navarro Dina © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Strutture Covid
LA GIORNATA
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La proposta
Più test e meno positivi Mai così pochi ricoveri ROMA L’ultimo bollettino della Protezione civile dice che ieri è stato il giorno con meno nuovi ricoveri, in termini percentuali, sia per la terapia intensiva che per gli altri reparti con pazienti Covid. In sintesi: l’aumento dei positivi ricoverati in rianimazione (ora sono 4.053) è stato dello 0,45%. Cinque giorni fa, domenica, l’aumento era dell’1,3%. Il trend si è più che dimezzato. Ancora più significativi i numeri dei ricoverati in reparti extra rianimazione: ora i pazienti sono 28.540 e l’aumento in 24 ore è stato dello 0,48%, mentre domenica il trend di crescita era del 2,6%. Cinque volte tanto. Addirittura in Lombardia i ricoverati non in terapia intensiva sono 165 in meno in un giorno (11.762 contro 11.927). Per quanto riguarda l’aumento dei casi totali (115.242), cinque giorni fa la crescita dei contagiati era del 5,6%, ora siamo al 4,2%. Un trend stabile in questi ultimi giorni, il cosid-
Totale Regione Veneto con tampone positivo 10251(+503) 86 488 1486 1618
182 Domicilio fuori Veneto 65 Assegnazione in corso
VENEZIA Bollette, affitti e strumenti per la didattica a distanza, anziché generi alimentari. Fratelli d’Italia propone di destinare diversamente in Veneto una i fondi stanziati dal Governo a favore dei Comuni. «Qui non ci sono emergenze alimentari che non siano già seguite dai servizi sociali e dalle associazioni di volontariato: i 400 milioni di euro destinati ai buoni spesa devono poter essere utilizzati anche per sostenere commercianti, artigiani e partite Iva», scrivono al ministro Roberto Gualtieri un centinaio di amministratori veneti di Fdi, guidati dal coordinatore regionale (e sindaco di Calalzo di Cadore) Luca De Carlo. Il problema delle locazioni in questo periodo di crisi economica viene sollevato anche da Veneto 2020, coordinamento di opposizione in Consiglio regionale,
FONTE: REGIONE VENETO
Casi confermati (al 2.04 ore 17.00)
Ospedali per acuti
IL PUNTO
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te. Da qualche giorno, ha sottolineato il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, «almeno dal 27 marzo, stiamo assistendo ad una serie di valori che si stanno stabilizzando».
«SINTOMI LIEVI» Altri numeri fanno ben spera-
«DIFFICILE PREVEDERE UNA RIPRESA DELLE SCUOLE. CHIEDEREMO A TUTTI DI STARE A CASA ALMENO FINO A PASQUA»
re, e sono quelli dei guariti, un boom con 1.431 in un solo giorno, mentre sono in calo anche i numeri aggiornati sulle ultime persone in terapia intensiva, 18 in più in tutta Italia. Il 61% dei positivi è in isolamento domiciliare: si tratta quindi di persone senza sintomi o con sintomi lievi. Il trend stabile è un primo passo per l’epidemiologo dell’Università di Pisa Pierluigi Lopalco, ma «per una diminuzione sostanziale dei casi bisognerà aspettare almeno due settimane». Se si esulta per i nuovi guariti, continua ad appesantirsi il bilancio delle vittime, che sfiora i 14mila morti, 760 in più in un giorno. Le restrizioni cominciano a produrre risultati, anche se non ci si può illudere: sarà una Pasqua blindata, perché è evidente che, altrimenti, si rischia di vanificare gli sforzi fatti. Nonostante gli appelli, in migliaia continuano a infrangere le regole. Nelle ultime 24 ore le persone sanzionate per i divieti sugli spostamenti sono state oltre 7mila. Quelle denunciate per false attestazioni nell’autodichiarazione 113 e 19 quelle denunciate per violazione della quarantena. Quindi persone positive o potenzialmente tali. Lorenzo De Cicco Cristiana Mangani