Anja Kampmann Prove di pietra e di luce

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Anja Kampmann Prove di pietra e di luce A cura di NINO MUZZI © Juliane Henrich

a poesia di Anja Kampmann fa pensare a quei nastri o dischi perforati che, fatti scorrere sopra un sensore, producono una musica. L’unico problema sta nella velocità di scorrimento. Se il nastro di carta o il disco di cartone scorre o gira troppo lento, la musica viene fuori solo in forma di rumore indistinto, se invece troviamo la giusta velocità di scorrimento, allora la musica sgorga da quei nastri bella e comprensibile. La velocità di scorrimento non è altro che la velocità di lettura del testo di ogni sua composizione poetica. Per verificare questo metodo bisogna leggere e rileggere le sue poesie. Una raccomandazione questa che ci viene anche da Celan, ma che in verità è abbastanza scontata, in quanto è proprio questo l’unico modo di leggere la Poesia, e non solo quella contemporanea. La Poesia di Anja Kampmann intanto ci commuove in quanto ci rivela una giovanissima poetessa che ha abbracciato come una missione la visione di un mondo scarno, pietroso, direi quasi scheletrico. La sua missione è quella di trovarne la chiave descrittiva indagandolo con un lessico per certi versi già noto alla Poesia contemporanea, ma che nelle sue mani diventa di nuovo efficace, direi quasi che rifiorisce. Si tratta di un lessico mutuato dalle forme e dai colori del paesaggio nordico, e dalla scabrosità e dalla dolcezza dei suoi contorni, scabrosità e dolcezza che coesistono come ossimori della nostalgia. Ed è nella nostalgia che troviamo molte spiegazioni delle sue scelte, an-

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Anja Kampmann zi è proprio la nostalgia che costituisce il quadro di lettura della sua Poesia. Ogni immagine non è vista, ma ricordata e in qualche modo anelata e rimpianta, perché ormai è trascorsa. Eisenstein in una sua lezione di regia raccomandava di osservare tutti gli oggetti presenti in una stanza e poi filmare quelli che erano rimasti impressi nella memoria. Sembra il modo in cui Anja si approccia alla descrizione, non solo di un paesaggio ma anche di un episodio, di una storia. Le cose vengono evocate e invocate, anelando verso di esse. Non ho mai visto tanta neve né tanti lembi di terra così spessi di ghiaccio freddi e in glaciale silenzio come la terra che ci lascia in un dialogo interno si abbassa la distanza con la distanza (“Minsk”)

Ed è sempre appunto un dialogo interno. Un dialogo tra due anime, di cui l’una dice all’altra: come sarebbe bello riandare a quel momento. E da qui scatta la nostalgia, anche come desiderio di riuscire a compiere un’esperienza rimasta incompiuta. Talvolta si chiede all’istante di fermarsi, alle nubi d’incidere più profonda la loro presenza nel cielo: I campanili come aghi scrivono le memorie le scosse di ogni singolo passo ma chi delle bronzee nubi prende l’impronta la traccia che dura?

In tedesco la traccia che dura è den Sich der hält, e questa traccia in realtà è l’impronta di una punta secca su una lastra di rame. Le parole, dicevamo, sono attinte a un lessico scabro, ma non povero. Sono come piccole sculture in pietra preziosamente levigate. Diremmo quasi salvate da una sorta di diluvio della modernità e ci ricordano alcuni versi dal Cimitero marino di Valéry: Terrestre frammento offerto alla luce,

Mi piace questo luogo, ove la face incombe, Composto d’oro, pietra e oscure fronde, Ove trema tanto marmo su tante ombre

Anche Anja vaga in un paesaggio ossificato che se non è ancora un cimitero, minaccia fortemente di diventarlo! il silenzio sotto l’albero l’accumularsi delle pietre. tutto era presente qualcosa come sabbia si nebulizza all’orizzonte campi di brace ragno crociato sopra la pietra grezza sabbia chiara. (“flusso”)

Non solo vaga solitaria su brulle marine del Nord, ma viene anche trasportata dal treno della Storia: Questo treno non fermerà dove gli sparvieri tracciano le loro linee non là dove la terra finisce per chiamarsi in modo diverso nell’acceso bramito dei campi non nel garbuglio delle ortiche tra cui piangendo un bambino si apre il passaggio

e ci sono le tematiche politiche ed ecologiche. Si sente la presenza del Socialismo reale che è passato su quei territori, si sente il destino di un popolo tra minacce passate e future non ci sono lucertole qui anche i passi sono più pesanti lo stelo è giovane e lento alla terra dice soltanto che deve guarire e dimenticare le rotaie la polvere di carbone truppe dorsi e le spalle con i torracchioni di case in stile socialista (“fiuto”)

e l’incubo di ritrovarsi un giorno a vivere sull’isola dei rifiuti che vaga nel Pacifico: Là vi sono tutte le bottiglie delle quali nessuno scrive e il mare macina finemente le bottiglie e i colori sbiadiscono. (“Isola di plastica”)

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Non possiamo ovviamente limitarci soltanto all’analisi lessicale dimenticando la scelta retorica. A proposito di quest’ultima, notiamo che la figura dell’ossimoro è dominante: basta pensare al titolo della raccolta Prove di pietra e di luce. Questo accostamento tra elementi così contrapposti, come la luce, così leggera, e la pietra, così pesante, conferma la tesi di Greimas per cui la poesia vive di ossimori, e facendo un passo ancora si può concludere che il linguaggio poetico è il più rivoluzionario, perché è quello che osa maggiormente accostare i contrari. Ma in queste poesie c’è un ulteriore passaggio oltre l’ossimoro. Qui la pietra e la luce, ormai sullo stesso piano, trascinano anche la poetessa in una dimensione impalpabile. Nell’ascoltare le sue descrizioni, lei ci appare già come un fantasma narrante, una presenza diafana: I confini quasi muti si leccano le ferite nella sabbia ma nel buio c’è qualcuno e aspetta che tu venga. (“globus”)

Presenze di fantasmi, dicevamo, presenze trasparenti. Ogni oggetto di questo paesaggio diventa un reperto archeologico: tutto è passato, dilavato dalla Storia oppure, semplicemente, dal Tempo. E lei scrive sopra un nastro infinito che taglia in pezzi così, a caso, e poi incolla sulla pagina. Non usa l’enjambement, che è una leziosità accademica, ma ci fa capire che il verso “non finisce”, e va sempre accapo. E anche gli spazi bianchi che dovrebbero “staccare” una poesia dall’altra, sono troppo deboli, e i titoli stessi sono troppo deboli per presentarsi come pietre di confine. Il confine in Anja non esiste e anche i confini dei Paesi sono solo nominali e non fattuali: là dove la terra finisce per chiamarsi in modo diverso

Si potrebbe quindi parlare per Proben più che di una raccolta di com-


Anja Kampmann ponimenti poetici, di un vero e proprio “paesaggio poetico” in cui il lettore entra solo se riesce a percorrerlo alla velocità giusta. Appunto, la velocità giusta. Leggiamo: e nei boschi gli spari ai boschi ai boschi ai colli con morbida luce verdastra e in autunno in estate inverno e l’anno precedente trascorso come seguiva agli altri seguiva si susseguivano l’un l’altro i pescatori i macellai raccogliere le noci le noci

un rintocco da dentro con vuota eco un vuoto nei frutti e chi li raccolse chi ne mangiò

Dove s’inseriscono le pause? Come si divide questo flusso inarrestabile di scrittura? Quei trapassi di stagione, quei trapassi di mestiere, quella raccolta di noci che ridanno un suono vuoto, e quella luce verdastra nell’aria lacerata dagli spari, cosa evocano? Quali paesaggi, quali momenti? Se il lettore fa sosta, come un viandante, a un certo punto del tragitto poetico vede un paesaggio, se si fer-

ma un po’ prima o un po’ dopo non lo vede. Quindi, se la poetessa ha rinunciato alla punteggiatura e ha scelto la scrittura in minuscolo, significa che esige dal lettore un forte atteggiamento ermeneutico. Quel vuoto nei frutti ha un significato storico-politico? Quel raccogliere e mangiare quei frutti significa un fallimento, la vuota conclusione di un’impresa? In ultima istanza deve decidere il lettore. Il paesaggio è creato, ora tocca a lui percorrerlo.

nowa sol

nowa sól

die roten gräser blühen und im glas längst toter laternen fängt sich das letzte licht

fioriscono le rosse graminacee e al vetro di ormai morte lanterne si appiglia l’ultima luce

klatschmohn was an den leinen hängt ist längst getrocknet wälder aus frühem grün umschließen das land

il papavero rosso appeso ai fili è seccato da tempo boschi di fresco verde racchiudono la regione

nur vogelscheuchen geben die richtungen an mit langen armen schwankenden hälsen aus geschnittenem plastik

solo gli spaventapasseri indicano le direzioni con lunghe braccia tubi oscillanti ritagliati nella plastica

wir kamen vorbei im abteil die bremsen gingen schwer

passammo loro accanto nel vagone i freni funzionavano male

es wollte abend werden hinter den laternen das land schlug wellen

voleva scendere la sera di dietro alle lanterne la campagna si alzava in ondate

als würde es noch immer an etwas schlucken mit seinem richtungslosen hals

come ingoiasse ancora qualcosa con la sua gola senza direzione

fast beben unter dem leichten wind.

quasi tremasse sotto il vento leggero.

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Nino Muzzi


Anja Kampmann

maribor

marburgo

eine herzschwäche des lichts ein übergriff ins gestern ein fluss mit pflaumen an den ufern birnen ein markt und als tito kam die dörfer und als tito kam die gesunden männer und die gesunden frauen und die kinder die ihre hunde an stricken mit fortnahmen und danach und in den wäldern die geschosse den wäldern den wäldern den hügeln mit weichem grünlichem licht und im herbst im sommer winter und das frühe verlassene jahr wie es den anderen folgte folgte folgten einander fort die angler die metzger nüsse zu sammeln nüsse von innen pocht es hohl eine leere in den früchten und wer hob sie auf wer aß davon was blieb maribor mit wirbeln aus glas aus glas sind die hunde zurückgekommen zuerst mit ihren losen langen stricken die niemals gelassen wurden nur fester gedrückt und gepresst in den blinden händen den vergessenen händen mit den wimpern zum baden gehen zum tauchen im dorfsee im dorfteich in den vertiefungen der landschaft in den spiegelungen eines neuen tags die wimpern wimpern und der strick des hunds am tag und unter den erinnerungslosen wolken im grünlichen grünlichen wo einer kam wo alles im gehen verblasst.

un attacco di cuore alla luce un salto nel mondo di ieri un fiume con susini sulle rive pere un mercato e quando veniva Tito i villaggi e quando veniva Tito i gagliardi uomini e le gagliarde donne e i bimbi che portavano con sé i cani al guinzaglio e poi e ai boschi gli spari ai boschi ai boschi ai colli con morbida luce verdastra e in autunno in estate inverno e l’anno precedente trascorso come seguiva agli altri seguiva si susseguivano l’un l’altro i pescatori i macellai a raccogliere le noci le noci un rintocco da dentro con vuota eco un vuoto nei frutti e chi li raccolse chi ne mangiò cosa restò a marburgo con turbini di vetro di vetro sono tornati i cani per primi coi loro lunghi guinzagli sciolti che mai vennero allentati solo più forte stretti e serrati nelle mani cieche mani dimenticate ciliate per andare a nuotare per tuffarsi nello stagno del villaggio negli infossamenti del paesaggio nei rispecchiamenti di un nuovo giorno le ciglia ciglia e il guinzaglio del cane di giorno e sotto le nubi senza memoria nel verdastro verdastro dove uno giunse dove tutto andando scolora.

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Anja Kampmann

Versuch über das Meer

Indagine sul mare

Es soll um den Horizont gehen den Farbauftrag der Ferne das helle Knistern der Flächen von Licht und die Verbreitung des Lichts wie es sich aufbäumt das Meer in seiner weiten Brust der Faulschlamm der Fischmehlfabriken das Meer der romantischen Feuer an den Kiesstränden Reisende die sich für immer verlieren in einer Aussicht das Meer in den Häfen, den Docks den Containerarealen das Meer züngelnd unter Kränen die nachtwärts das Heimweh hieven das Meer der Muränen lauernd hinter einem Stein das Meer der Tiefe verborgen ein Suchbild für die Träume vom Meer die im Meer verschwunden sind grundlos die Gräben darüber ein Mosaik aus Flocken strömendes zähes Feld aus Dreck das Meer das so gut verborgen ist japsend nach Luft in seiner weiten Brust nach sich selbst schnappend.

Dev’essere l’orizzonte lo strato di colore della lontananza il chiaro stridore delle superfici di luce e la diffusione della luce come s’inalbera il mare nel suo vasto petto la melma fetida delle fabbriche di farina di pesce il mare dei fuochi romantici sulle rive di ghiaia viaggiatori che si perdono per sempre in un panorama il mare nei porti, sulle banchine negli spiazzi per container il mare guizzante sotto le gru che verso sera issano la nostalgia il mare delle murene in agguato da dietro a uno scoglio il mare celato degli abissi un’immagine-guida per i sogni del mare che in mare spariti son senza fondo le fosse di sopra un mosaico di fiocchi campo di ruvide correnti di rifiuti il mare che resta così ben nascosto anelante all’aria nel suo vasto seno che a se stesso si avventa.

Im Winter unsers Missvergnügens

L’inverno del nostro malcontento

für Franz Fühmann

per Franz Fühmann

Das kleine ferne Haus eingerollte reglose Igel in denen es glüht Er sitzt am Feuer mit seinen empfindlichen Knochen aus Glas die er sich neu formt, neu. Im Winter unsers Missvergnügens Figuren. Die leergeschriebenen Gläser seiner Tinte voller Gesichte Quarzsand und Kalk Du siehst den Hungerstaub der Galaxien sich dehnen vor diesem Ofenlicht bleibst du allein Ein Lichtschein bei fast geschlossenem Auge der von der Abendsonne spricht über Bäumen Tiere, das alte Glas nicht berechenbar was sich zeigt. Dann eine zärtliche Suche nach Kartons und Papieren als wüsste er nicht was es heisst dass diese Hälse brechen ein alter weicher Stoff etwas wie Glauben für den Transport was er meint. Das Glas von all den leergeschriebenen Stunden Abends am Feuer schaffte er das

La piccola casa lontana porcospini immobili arrotolati luminescenti Lui siede al fuoco con le sue ossa sensibili di vetro ch’egli riforma nuove, nuove. Nell’inverno del nostro malcontento Figure. I calamai prosciugati dalla scrittura del suo inchiostro pieno di visioni sabbia e calce tu vedi la polvere famelica delle galassie espandersi di fronte a questa luce del forno resti solo Un barbaglio di luce ad occhio semichiuso che parla del sole al tramonto sopra alberi bestie, il vecchio vetro incalcolabile quello che mostra. Quindi una delicata ricerca di cartoni e carte come se non sapesse che significhi che quei colli si rompono una vecchia stoffa morbida qualcosa come la fede per il trasporto come lo pensa. Il vetro di tutte le ore prosciugate dalla scrittura la sera al fuoco ce la fece

KEHREN DIE STIMMEN zURüK zU IHREM TRäUMER KOMMEN HEIM.

TORNANO INDIETRO LE VOCI VERSO IL LORO SOGNATORE RITORNANO A CASA.

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Anja Kampmann

moorchaussee

massicciata sulla palude

am ende beginnt die marsch das land dehnt sich in flachen carrées um die man hunde führt und müde beine laufen alles ist alltäglich im herbst spurten die rehe schneller als der geist zu den aufleuchtenden lichtern laternenumzüge martinsbrot inzwischen sind feuer verboten aber das rauschen hier ist wie der himmel und zeigt oben weitere straßen ums moor ziehen sie jetzt zäune auf den schildern bleiben die entfernungen stets exakt. und der himmel ist geflutet mit heimwegen die im dunkeln unsicher blinken.

alla fine comincia la torbiera la terra si stende in piatti riquadri intorno si portano i cani e gambe stanche camminano tutto è quotidiano in autunno i cerbiatti scattano più rapidi dello spirito ai falò lampeggianti cortei di lampioni pane di San Martino oggi i fuochi vengono proibiti ma il crepitio qui è come il cielo e mostra in alto strade più ampie intorno alla palude ora si alzano recinti sui cartelli le distanze sono sempre esatte. e il cielo è straripato con vie di ritorno che nel buio brillano incerte.

(für I.

(per I.

Er ist im letzten Jahr gegangen in den Tagen danach sahst du Schatten an den ästen der zweige und das Meer spülte Walfischknochen an, deren geheime Mitte er suchte Ein konstanter Abriss wie das Schwarz als Teil des heller gestrichelten Asphalts oder sagen wir Steine, kleinere Tänzer unentwirrbar das Mosaik der zeit oder sagen wir Muster, die ein Schwarm Saatkrähen an den Himmel wirft sagen wir November und schwächeres Licht oder sagen wir Atemflocken und Erinnern ein ewiges Rückwärtsgehen wie der Chinese im Park von Paris sagen wir an den Häusern der Wein die Spatzen, ihre Schwingen, die Anatomie einer Handschwinge an einem Frühherbsttag die Mitte von jedem Geräusch das durch uns durchgeht.

Lui se n’è andato un anno fa tu nei giorni che seguirono vedevi ombre alle forche dei rami e il mare spingeva alla deriva ossa di balena, di cui egli cercava il centro misterioso. Una costante discrepanza come il nero in un asfalto di grana più chiara oppure diciamo come le pietre, piccoli danzatori aggrovigliati il mosaico del tempo oppure diciamo le trame che uno stormo di cornacchie lancia nel cielo diciamo novembre e la luce più fioca oppure diciamo fiocchi di respiro e memoria di un eterno retrocedere come il cinese nel parco di Parigi diciamo accosto alle case la pergola i passeri le loro evoluzioni, l’anatomia di un’ala in un giorno di primo autunno, il centro di ogni rumore che ci attraversa.

s

l suo volo non dipende dall’anatomia fra le penne e le ossa più leggere indovini un punto in cui il pioppo tocca il cielo che sono le rondini per tutt’un giorno d’estate sulla collina beg tal

i

ein fliegen liegt nicht in der anatomie zwischen federn und leichteren knochen ahnst du einen punkt an dem die pappel den himmel berührt was sind schwalben einen sommertag lang auf dem hügel beg tal 6


Anja Kampmann der unruhige weizen wiesenblühn zwischen den halmen dein sitz aus hörbarem wind es ist tag ich behalte die nacht inne würde nie mehr vergessen als jetzt wird es einen tag geben an dem dieses rauschen der bäume fehlte ach vogel der in seinem rad rätsel geschrieben hat vom land genommen unerkannt liegt es vor dir flächen noch ein paar pflanzen und ich als grenze träume dass ich die wiesen nicht mehr unterscheiden kann.

l’inquieto frumento fiorir di prato fra gli steli la tua sede di udibile vento fa giorno e trattengo la notte in me giammai dimenticherei quando adesso ci sarà un giorno in cui questo frusciare degli alberi mancasse ah l’uccello che nel suo giro ha scritto enigmi presi dalla terra sconosciute ti si stendono dinanzi le pianure ancora qualche pianta e io sogno come limite che non posso più distinguere i prati.

abend vor dem sand

sera dinanzi alla sabbia

ich sah einen kämpfer in der luft der nur die luft bewegte

vidi un combattente nell’aria che smuoveva solo l’aria

ich sah die amsel schreien ohne nest

vidi il merlo gridare senza nido

ich sah laternen vor dem gitterzaun und steine hinter frühen blüten

vidi lampioni dinanzi al reticolato e pietre dietro a fioriture primaticce

ich sah wie alles sich zusammenpresste

vidi come tutto si stringeva

das bild von einem scheitel unterm stilkamm das hängen blieb im alten glas der sterne

l’immagine di una scriminatura sotto un pettine col manico che restò appesa nel vecchio vetro delle stelle

ich sah die zeilen einer blinden mutter die sang und weinte in den weiden

vidi le linee di una madre cieca che cantava e piangeva nei pascoli

ich sah wie mit dem regen die landschaft sich umschrieb vidi come con la pioggia il paesaggio si ridefiniva als wäre etwas von der schwärze ferner jahre zurückgekehrt

quasi qualcosa dal buio degli anni lontani fosse ritornato

um uns zu fragen was das für kämpfe waren

per chiedere a noi che genere di lotte furono

woran du glaubst und was wir wagen

quelle a cui credi e che noi osiamo

ich sah wie still es war

vidi com’era silente

dass nur die vögel sich von diesem morgen nahmen.

sicché solo gli uccelli si sottrassero a quel mattino.

Per gentile concessione di Carl Hanser Verlag Gmbh, München

Traduzione di Nino Muzzi

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