Aristide Bruant Dans la rue/Sulla strada

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Dans la rue Sulla strada

Curato e tradotto da Nino Muzzi 1


Presentazione Chi c'è dietro quel mantello scuro e quella sciarpa rossa, chi c'è sotto quel cappello nero da brigante con il bastone in mano? Un bandito galante, un ciarlatano, un travestito? È Aristide Bruant, nato in provincia nel 1851 e trasferito verso i quindici anni a Parigi, città che lui amò a prima vista e da cui poi nel tempo tese sempre di più ad allontanarsi, riaccostandosi ai luoghi natali. Lui è il capostipite dei cantanti da cabaret: iniziò allo Chat Noir e poi nel 1885 ne fondò uno tutto suo che chiamò Le Mirliton (lo zufolo). Le sue poesie cantate hanno ispirato generazioni di cantanti che si sono susseguite dopo la sua morte avvenuta nel 1925. Però, malgrado affondi per ben 25 anni nel “secolo breve”, Aristide Bruant resta un uomo dell'Ottocento e in particolare del periodo, ampiamente dilatato nell'immaginazione collettiva, che va sotto il nome di Belle Époque. In verità quell'epoca felice durò dal 1898 al 1912, quando colò a picco col Titanic, che ne era anche stato in qualche modo un simbolo. Quell'epoca, dominata dal famoso motto: “arricchitevi!”, in effetti anticipava il Novecento, sia per la mobilità sociale, sia per la spregiudicatezza nell'impresa economica, sia per la fede nello sviluppo tecnologico. Ma Aristide Bruant non cantava niente di tutto ciò. Lui cantava una Parigi di prima della Comune, una Parigi di Zola e di Verlaine, dove le figure sociali si erano ormai incrisalidite in stereotipi da vaudeville, di cui forse il maggiore, più appassionato e patetico interprete sarà Charles Louis Philippe con il suo Bubu de Montparnasse. Si tratta appunto ormai di stereotipi: figurine di bassifondi, circondate da una “mauvaise réputation”, e quartieri che prestano i loro nomi evocativi a far da quinte, spesso insanguinate, agli atroci fatti e misfatti della “strada”.

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Nostalgie agrodolci In effetti si tratta di un accumulo culturale che raccoglie e codifica una lunga tradizione iniziata addirittura nel Medioevo e tramandata nei secoli successivi sotto il nome di truandaille. I truands erano stati fin da allora i miserevoli, mendicanti e malfattori insieme: la nostra canaglia. E questo termine fu talmente presente nella cultura francese che venne usato anche in epoche successive, fino all'Ottocento. Lungi dall'identificarsi col popolo lavoratore, il truand prende vie di fuga individuali, alzando ogni tanto la bandiera anarchica, ma sostanzialmente usando stratagemmi personali per sottrarsi alla propria miseria. Questa lunga tradizione di truandaille non aveva lasciato indifferenti i poeti e gli scrittori francesi che nel corso dei secoli vi videro fugaci approdi, via da una società civile e religiosa eccessivamente normativa. L'artista ne indossava la maschera e parlava e cantava in nome dei derelitti, in rivolta contro un mondo dalla morale piatta. E così quello di “épater le bourgeois” diventò un gesto retorico, una divisa da indossare nelle più svariate occasioni. Ma tutto questo all'epoca di Aristide Bruant ormai non faceva più paura ai borghesi. Era diventato la nostalgia di un passato vagheggiato perché non più temuto. In Bruant una vena patetica percorre tutto il repertorio. La via del crimine è lastricata di buoni propositi e una diffusa ingenuità -non solo femminile- conduce i suoi personaggi alla perdizione: tutto inizia bene e tutto finisce male nelle sue storie. Fratelli e sorelle che diventano protettori e prostitute, papponi innamorati dell'amante-prostituta, papponi in rivolta contro il buon borghese, prostitute molto religiose che rimpiangono un'infanzia, innocente e felice, e così via.

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Questa pateticità raggiunge punte di autentica poesia in À SaintLazare, quando la piccola prostituta dall’ospedale-prigione dove si cura si preoccupa del proprio mantenuto con affetto materno: Certo, a saperti così in bolletta mi vien la bile!... Saresti cane di fare un colpaccio, mi fai star male.

Sei troppo fiero per raccattare cicche di sigaro per tutto il tempo che passerò qui a Saint-Lazare. La Belle Époque dei derelitti Nel 1870 la Francia, nella persona di Napoleone III, era stata messa in ginocchio dai tedeschi nella sala degli specchi di Versailles, la classe operaia francese era stata sconfitta dopo l'esperienza della Comune di Parigi. Cosa restava? La rassegnazione o la fuga. La fuga è tipica dell'intellettuale, la rassegnazione del popolo. Ma si può fuggire e rifugiarsi cambiando Paese oppure cambiando casacca, cioè stato sociale, e fu questo il caso di Aristide Bruant che, da benestante qual era, indossò la blusa del popolo, cioè il suo caratteristico argot, di cui all’inizio del 1900 compose anche un dizionario. Questo travestimento socio -linguistico ebbe luogo nell’atmosfera asfittica del cabaret. Il cabaret partì dalla Francia e si diffuse nel resto dell’Europa occidentale avendo come modello proprio Le Chat Noir: un locale, dove si mangiava e soprattutto si beveva, un pianoforte generalmente scordato in mezzo alla sala e una clientela di pittori e di poeti e poetastri che si alzavano, si appoggiavano al piano e recitavano le proprie poesie o cantavano come Aristide Bruant con una voce stentorea e sgraziata che

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già per questo conteneva una forte vena di auto-irrisione. Fu questo il battesimo del cabaret. Vi si cantavano in dialetto i fatti diversi della cronaca cittadina, sempre con uno sguardo critico rivolto al potere economico e politico. Vi si cantavano i fatti di strada i cui protagonisti erano ladri, papponi, mendicanti e prostitute, sempre perseguitati dal potere statale nella figura del sergente di polizia della buoncostume che tutelava la morale corrente. La prospettiva era sempre dal basso, la logica argomentativa e la reazione sentimentale della massima semplicità e ingenuità, come quando al funerale di un amico l’accompagnatore pensa:

E mi dicevo io, pensando a lui, che avevo visto ridere a settembre, oddio stanotte farà freddo qui, è ben triste morire a dicembre. oppure quando il mendicante si lamenta delle persecuzioni della polizia: Non ho più denti, più capelli, più occhi.

Non so più camminar... poveri vecchi! E strascico i piedi nelle mie ciabatte, e non mi reggo più sulle zampette, e non mi posso nascondere al sergente

che dà la caccia a ogni mendicante... Eppure non fo torto neanche a un’anima: chiedo semplicemente l’elemosina.

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La lingua del cabaret e l’esperienza poetica di Bruant Nel cabaret delle origini, dove gli elementi scenici sono pressoché inesistenti, la lingua è il protagonista principale. La scelta linguistica diventa l’elemento maggiormente caratterizzante dello stile di un cabaret, che può essere letterario, politico, artistico o semplicemente popolare.

Il cabaret di Aristide Bruant scelse l’argot come linguaggio identitario, ma non come linguaggio criptico. Chiunque avesse avuto un dizionario di argot parigino avrebbe potuto capire le canzoni da lui composte e cantate. Non c’erano messaggi da decriptare che la polizia non potesse capire. Nella scelta formale della composizione poetica Bruant si avvalse delle forme tradizionali: sonetto o ballata o altro, ma sempre un po’ semplificate. La rima invece è precisa, talvolta assonantica, sostanzialmente rispettosa delle regole accademiche.

La rima e la lunghezza del verso sono essenziali per due ragioni. La prima ragione si deve alla musica e quindi alla cantabilità del componimento poetico che esige una quantità sillabica corrispondente alla quantità delle note musicali, la seconda ragione è più profonda e si può chiamare proprio “la ragione specifica della rima”. La rima, ben lungi dall’essere un orpello esornativo o uno strumento mnemotecnico, si presenta all’orecchio popolare come una conferma della giustezza di quanto viene affermato. L’espressione francese corrente “cela ne rime à rien” (questo non fa rima con niente, cioè non è giusto) rivela molto bene l’essenza della rima. La rima conferisce giustezza e verità ad un’affermazione, e quando il popolo cerca un soprannome per qualcuno, che ne riveli il vero carattere, inizia a pescare parole che facciano rima col suo nome. E di rime se ne trovano anche in Bruant:

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Il suo guadagno era poco o niente, ma io non ero poi tanto esigente!... Si vende l'amore per poco a chi vuole, a Batignolles. Lei non aveva più i suoi diciott'anni, non era più giovane da tanti anni, ma batteva ancora come niente fosse, a Montpernasse. La Nera è la ragazza del Cantone che se ne frega dell'altrui opinione. Noi ci freghiamo delle sue virtù, perché lei ha i capezzoli all'in su. E via dicendo di questo passo. All’interno di questo canone poetico Bruant attiva l’argot dei sentimenti quotidiani, non un registro di epica sociale, ma una sorta di linguaggio ferrigno unito ad un lirismo patetico che lo conduce lontano, oltre le intenzioni iniziali. E così l’uomo che si presenta quasi come un fanciullo innocente e galante, alla Villette, poi finisce alla ghigliottina. E così la fanciullina che va a scuola, a Batignolles, finisce per morire di sifilide. E così il canto da soldatacci, ne La Nera, si trasforma in un lirismo toccante, dove i soldati, offrendo ai prussiani il loro petto, lo fanno in nome della Nera e non della bandiera. Ma l’antieroismo non si ferma qui, abbraccia anche il mondo del lavoro, dove Lo scioperante di Bruant ci si presenta del tutto fuori dai canoni dell’etica operaia di allora quando si scioperava solo per l’aumento salariale e non per il rispetto del proprio corpo.

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Ma la poesia, quella con la P maiuscola, dove si nasconde fra tutte queste rime sparse? La domanda in stile crociano è ovviamente ironica. In realtà qui la poesia (con la p minuscola) è diffusa nell’atmosfera di queste scenette, orride e idilliache insieme. La si sente nell’aria dei quartieri, che si aprono come teatrini di cartapesta, ma spesso con le quinte insanguinate. Al di sopra di quei tetti, dietro l’angolo dei vicoli, occhieggia un Grand Guignol in poesia, ma si tratta di un Guignol che ha perso i denti e celebra la propria sconfitta sociale in un ripiegamento lirico e intimista che impietosisce il lettore. Bruant si piega su questo mondo ancora da borghese, lo celebra, lo ama, lo deride, ma sempre, alla fine, con animo pietoso. Il resto lo fa l’argot… L’argot parigino Il gergo in cui Bruant si è tuffato con tanta convinzione da fargli comporre un dizionario dell’argot parigino del suo tempo, non è semplicemente una raccolta di vocaboli, quanto una più complessa costruzione metaforica, un ipertesto simile ad un’enciclopedia popolare. In effetti alla base dei singoli termini si trova sempre una sorta di trama o di messa in scena o di storia segreta che ne accompagna l’esistenza. Prendiamo i versi: C’est qu’il a du mal, el’trottoir, Pour caler les jou’ à son monde dove l’espressione caler les joues alla lettera significa “far abbassare le guance” nel gesto di masticare e viene qui tradotta con: Il marciapiede non è più in grado ora di far batter la ganascia alla sua gente ricordando quei versi di saggezza popolare italiana che fanno così: e quando la ganascia batte a vuoto è peggio la miseria del tremoto 8


Ecco che qui assistiamo ad una messa in scena: un volto da Grand Guignol in primo piano mentre muove le mascelle e mangia a quattro palmenti. Ma questa scena è contenuta nell’espressione argotique: “caler les joues” e Bruant la trova già pronta nel suo dizionario prediletto. Lo stesso si può dire del verso:

pierr' qui roule amass' pas mousse (pietra che ruzzola non raccatta fango) dove l’immagine s’impone sulla morale che contiene, e tu vedi questa pietra che ruzzolando non s’infanga, come l’uomo che si muove spesso non mette radici e non si sporca in nessun ambiente malfamato. Ma quello che ti resta è proprio l’immagine evocata, più che la morale che intende veicolare. Quindi forza espressiva del linguaggio popolare, immagini evocate dalle singole metafore, violenza del parlato immaginifico.

Lui parlava anche di un intruso... una notte che gli aveva rotto il muso da fargli rovesciar la caffettiera, alla Glacière. Qui si parte dal termine “caffettiera”, che in argot significa testa, e con un pugno si rovescia, come uno rovescia appunto una caffettiera piena di caffè. Quindi la scena del caffè versato è stata evocata dal termine “caffettiera”: la metafora si è messa in azione.

Se in argot le mani diventano “les prenantes”, se dare la mano diventa “va-s-y de cinq” (vacci di cinque, dammi il cinquale), se “le trou du cul” diventa “l’entrée des artistes” è chiaro che l’argot contiene già in sé immagini che ti danno uno spunto poetico da sviluppare. E quindi il sole, nella grigia e nebbiosa Parigi, si chiama “le luisard” proprio

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Quanto poi alla descrizione dell’azione movimentata l’argot spinge al registro eccessivo tutti i verbi che descrivono il movimento. Quindi bere un bicchier d’acqua diventa “s’envoyer un coup de flotte” (inviarsi, gettarsi un colpo di acqua). Lo stesso uso dilagante del termine “coup” che significa, colpo, lazzo, marachella, birbonata, tresca, ma anche piccola quantità, e altro ancora, contiene una sfumatura teatrale che ne dinamizza l’azione descritta. A leggere il dizionario di Bruant poi ci si trova immersi in una foresta di citazioni del 19esimo e 20esimo secolo tutte pescate in autori da lui stimati, che testimoniano di un lavoro di ricerca sia sui libri che sulla strada. Tradurre Bruant Per tradurre bisogna credere nella traduzione e per tradurre Bruant bisogna crederci fortemente. Bisogna credere negli strumenti della traduzione che più si adattino al testo di partenza. Nel nostro caso il traduttore non potrà mai imitare Bruant e diventarne un suo alter ego italiano. Gli si presenterebbero delle difficoltà insormontabili, la prima e la più ovvia delle quali sarebbe rappresentata dalla scelta regionale: in quale dialetto tradurlo? In milanese, in fiorentino, in romanesco, in napoletano? E via dicendo. Ma questa non sarebbe neppure la difficoltà maggiore, perché ben altre se ne presentano alla ribalta. Infatti qui abbiamo l’obbligo di rispettare il cantabile, cioè l’estensione sillabica del verso, abbiamo altresì l’obbligo di rispettare la rima, in quanto il popolo non ne fa volentieri a meno. Così l’unica traduzione che ci è sembrata plausibile è quella che rispetta più da vicino il testo originale, concedendosi il minimo di svolazzi e di ri-creazione poetica personale. Alla fine però nella resa filologica si perde la freschezza del verso. Ma la resa filologica è l’operazione culturale più seria che si possa fare in questi casi difficili. Nino Muzzi

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DANS LA RUE

SULLA STRADA 11


Philosophe

Filosofo

Va, mon vieux, va comme j'te pousse, A gauche, à doit', va, ça fait rien, | Va, pierr' qui roule amass' pas mousse. J'm'appell' pas Pierre et je l'sais bien.

Va’, vecchio mio, va’ che ti sospingo, a sinistr’a destra, va’, che te ne viene, pietra che ruzzola non raccatta fango. Io non so’ Pietr’e questo lo so bene.

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Quand j'étais p'tit j'm'app'lais Émile, A présent on m'appelle Éloi Va, mon vieux, va, n'te fais pas d'bile, T'es dans la ru', va, t'es chez toi.

Da piccolo mi chiamavo Émile, e ora qui mi chiamano Éluà va’ vecchio mio n’ ti piglià ‘na bile, sei sulla strada, va’, se’ a casa tua.

Va’, vecchio mio, vien a fa’ n giretto, s’aspetta l’alba di domani, stanotte, va’ dunque, è solo quando sei malato che hai bisogno di dormire la notte;

Va, mon vieux, pouss'-toi d'la ballade En attendant l'jour d'aujord'hui, Va donc, ya qu'quand on est malade Qu'on a besoin d'pioncer la nuit;

Ti porti bene, e quest’è un bell’affare, al caldo e al freddo poi ma chi ci bada, va’, vecchio mio, e non ti lamentare, se’ a casa tua, va’, se’ sulla strada.

Tu t'portes ben, toi, t'as d'la chance, Tu t'fous d'la chaud, tu t'fous d'la foid, Va, mon vieux, fais pas d'rouspétance, T'es dans la ru', va, t'es chez toi. De quoi donc?. on dirait d'un merle, Ej' viens d'entende un coup d'sifflet! Mais non, c'est moi que j'lâche eun' perle, Sortez donc, Monsieur, s'i' vous plaît. Ah! mince, on prend des airs de flûte, On s'régal' d'un p'tit quant-à-soi. Va, mon vieux, pèt' dans ta culbute, T'es dans la ru', va, t'es chez toi.

Ma di che poi? …si direbbe una merla, eh, ho sentito un colpo di fischietto! Ma no, son io che ho sganciato una perla, fuori dunque, Signore, con rispetto. Ah! porca vacca, quanta presunzione, e concediamoci 'sta piccola cosa, va’, vecchio mio, sgancia nel calzone, sei sulla strada, va’, se’ dentro casa. Eppoi n’capisco, io non mi vergogno, e son amico del gesto emancipato, non fo la mi’ Sofia, il mi’ Ugenio, se scorreggio, lo dico che ho sganciato. E poi ora qui noi siamo in Repubblica, non si è più in terreno di Monarchia; va’, vecchio mio, va’, sputa la cicca, se’ sulla strada, va’, se’ a casa tua.

D'abord ej'comprends pas qu'on s'gêne, Ej'suis ami d'la liberté, J'fais pas ma Sophi', mon Ugène, Quand ej'pète, ej'dis j'ai pété. Et pis nous somm' en République, On n'est pus su' l'pavé du roi; Va, va, mon vieux, va, pouss'ta chique, T'es dans la ru', va, t'es chez toi.

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Sa maman s'appelait Flora, A connaissait pas son papa, Tout' jeune on la mit à l'école, A Batignolles.

La mamma si chiamava Flora, ma lei non conosceva il papà, da piccola fu mandata a scuola, a Batignolles.

A poussa comme un champignon, Ma'gré qu'aile ait r'çu pus d'un gnon, L'soir, en faisant la cabriole, A Batinolles.

Lei crebbe come un funghetto, anche se prese più di un rimbrotto la sera, a far le capriole, a Batignolles.

Aile avait des magnièr's très bien, Aile était coiffée à la chien, A chantait comme eun' petit' folle, A Batignolles.

Aveva modi molto per bene, con una pettinatura alla cane, cantava come una piccola folle, a Batigmnolles.

Quand a s'balladait, sous l'ciel bleu, Avec ses ch'veux couleur de feu, On croyait voir eune auréole, A Batignolles.

A passeggio sotto il cielo glauco, con i capelli color del fuoco, credevi di vederci delle aureole, a Batignolles.

Alle avait encor' toues ses dents, Son p'tit nez, oùsqu'i' pleuvait d'dans, Etait rond comme eun' croquignolle, A Batignolles.

Ancora tutti i denti lei ci aveva, il suo nasetto, che dentro ci pioveva, era tondo come le castagnole, a Batignolles.

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A buvait pas trop, mais assez, Et quand a vous soufflait dans l'nez On croyait renifler du pétrole, A Batignolles.

Non beveva troppo, però abbastanza, e se ti soffiava la sua flatulenza ti pareva di annusare del petrolio, a Batignolles.

Ses appas étaient pas ben gros, Mais je m'disais : Quand on est dos, On peut nager avec eun' sole, A Batignolles.

Il suo aspetto non era fascinoso, ma mi dicevo: quando si è dorso si può nuotare con una sogliola, a Batignolles.

A gagnait pas beaucoup d'argent, Mais j'étais pas ben exigeant!... On vend d'l'amour pour eune obole, A Batignolles.

Il suo guadagno era poco o niente, ma io non ero poi tanto esigente!... Si vende l'amore per poco a chi vuole, a Batignolles.

Je l’ai aimée autant que j’ai pu, Mais j’ai pus pu lorsque j’ai su Qu’a m’trompait avec Anatole, A Batignolles.

L’ho amata tanto quant’ho potuto, ma non ho più potuto quando ho saputo che mi tradiva con Anatole, a Batignolles.

Ça d'vait arriver, tôt ou tard, Car Anatol' c'est un mouchard... La marmite aim' ben la cass'role, A Batignolles.

Doveva venire prima o poi l'occasione, in quanto Anatole è uno spione... La marmitta ama ben la casseruola, a Batignolles. 16


Alors a m'a donné congé, Mais le Bon Dieu m'a ben vengé: A vient d'mourir de la variole, A Batignolles.

E allora lei mi ha dato il benservito, ma il buon Dio mi ha ben vendicato: è appena morta di variola, a Batignolles.

La moral' de c'tte oraison-là, C'est qu'les p'tit's fill's qu'a pas d'papa, Doiv'nt jamais aller à l'école, A Batignolles.

La morale di questa storia qua, è che le bimbe senza un papà, non devono mai andare alla scuola, a Batignolles.

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Alla Villette Vent'anni ancora non li aveva, di chi era figlio non lo sapeva, lo chiamavano Totò Laripette, alla Villette. Lui era un tipo un po' alla buona, però aveva una faccia carina. Era il più bello, il più attraente, alla Villette. Non era certo quel che c'è di meglio e neanche aveva un abito bello, si rifaceva un po' con le berrette, alla Villette.

Il était pas c'qu'y a d'mieux mis, II avait pas des beaux habits, l' s'rattrapait su' sa casquette, A la Villette.

Aveva occhi di topo piccolini, aveva due sottili baffettini sormontati da fini basette, alla Villette.

Il avait deux p'tits yeux d'souris, Il avait deux p'tits favoris Surmontés d'eun' fin' rouflaquette, A la Villette.

Uno uguale non lo puoi trovare per parlar di sentimenti, di amore; solo lui sapeva fare le smorfiette alla Villette.

Yen avait pas deux comm' lui pour Vous parler d'sentiment, d'amour; Yavait qu'lui pour vous fair' risett A la Villette.

Aveva un grosso cane pastore con grandi fauci da box terrier, mica si può tener delle cagnette alla Villette.

Il avait un gros chien d'bouvier Qu'avait eun' gross' gueul' de terrier, On peut pas avoir eun' levrette, A la Villette.

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Quand i'm'avait foutu des coups, l' m'demandait pardon, Ă g'noux, P m'app'lait sa p'tit' gigolette, A la Villette.

Quando dopo avermi bastonato, mi chiedeva perdono inginocchiato, mi chiamava piccola gigolette, alla Villette.

De son mÊtier i' faisait rien. Dans l'jour i' balladait son chien, La nuit i' rinçait la cuvette, A la Villette.

Non faceva nulla di mestiere. Il giorno portava il cane a passeggiare e risciacquava la bacinella di notte, alla Villette.

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Faceva il letto, che lui non disfaceva, ma quando mi sfilavo le calze veniva la sera a far dei soldi le collette, alla Villette.

V f'sait l'lit qu' i' défaisait pas, Mais l'soir, quand je r'tirais mon bas, C'est lui qui comptait la galette, A la Villette.

Quéqu'fois, quand j'faisais les boul'vards, l' dégringolait les pochards, Avec le p'tit homme à Toinette, A la Villette.

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A volte quand' ero sui viali a passeggiare, gli sbronzi li mandava per terra a rotolare, assieme all'amichetto di Toinette, alla Villette.


I' m'aimait autant que j'l'aimais, Nous nous aurions quittés jamais Si la police était pas faite, A la Villette.

Mi amava tanto quanto io l'amai, non ci saremmo separati mai se la polizia non fosse di vedetta alla Villetta.

Ya des nuits oùsque les sergots Les ramass'nt, comm' des escargots, D'la ru' d'Flande à la Chopinette, A la Villette.

Ci sono notti dove i poliziotti li raccattano come broccoletti da rue de Flande alla Chopinette, alla Villette.

Qu'on l'prenn' grand ou p'tit, rouge ou brun, On peut pas en conserver un I's s'en vont tous à la Roquette, A la Villette.

Sia grande o piccolo, rosso o bruno, non se ne salva neppure uno, se ne vanno tutti alla Roquette, alla Villette.

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Bonne année

Buon anno

Moi, ça m’emmerde l’jour de l’an: C’est des giri’s, c’est des magnières, On dirait qu’on est des rosières Qui va embrasser sa maman.

Mi dà fastidio il capodanno: coi suoi modini, le sue maniere, sembrano delle fioriste che vanno ad abbracciare e baciare la madre.

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C'en est des fricassé's d'museau Du p'tit môme à la trisaïeule, Les gén'rations s'lich'nt la gueule. En d'dans ça s'dit Crèv' donc, chameau

Ce ne son di musini spiaccicati: dal piccoletto fino alla bisnonna, le generazioni si leccan la faccia... e dentro di loro: Crepa, befana!

Su' l'boul'vard on n'est pus chez soi Ya 'cor'pus d'rnond' que les dimanches, Autour d'un tas d'baraqu' en planches, Des rnagnièr's de nich' oùsqu'on voit

Non si è più a casa nostra sui viali: c'è ancor più gente delle domeniche, tutt'intorno a un mucchio di baracche, a perdita d'occhio oggetti speciali:

Des poupé's, des sing's, des marrons Glacés, des questions nouvelles, Des dragé's, des porichinelles, J'te vas en fout', moi, des bonbons!

bambole, scimmiette, marrons glacés, dei nuovi ritrovati, dei confetti, delle acqueviti, e che me ne fotte, a me, dei bonbons! Mucchio di buonannulla, di bastardi, coi vostri mocciosi, le vostre trecche, mi sbarrate le strade e i marciapiedi, non posso più raccattare le mie cicche!

Tas d'prop' à rien, tas d'saligauds, Avec vos môm', avec vos grues, Vous m'barrez l'trottoir et les rues, J'peux pus ramasser mes mégots!

Il marciapiede non è più in grado ora di far batter la ganascia alla sua gente: non posso più contar sulla mia amante, me l'hanno presa in retata l'altra sera.

C'est qu'il a du mal, el'trottoir, Pour caler les jou' à son monde J'peux pus compter su' ma gironde, On me l'a ramassé' l'aut' soir

E dovrei pure avere il cuor contento? Ah! Perdio! A dirlo sembra niente; sotto l'impero era più divertente... Il capodanno non mi seccava affatto!

Et faudrait qu' j'ay' el'cœur content? Ah! nom de Dieu! c'est rien de l'dire J'étais ben pus chouett' sous l'empire. Ça m'emmerdait pas l'jour de l'an!

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A Montpernasse

Lei non aveva più i suoi diciott'anni, non era più giovane da tanti anni, ma batteva ancora come niente fosse, a Montpernasse. A vederla non potevi sapere se era carne o grasso a ballottare sulla sua superficie per le scosse, a Montpernasse.

En la voyant on savait pas Si c'était d'la viande ou du gras Qui ballottait su' sa surface, A Montpernasse. Aile avait quéqu's cheveux graisseux, Perdus dan' un filet crasseux Qu'avait vieilli su' sa tignasse, A Montpernasse.

Aveva una rada chioma untuosa, persa in una reticella schifosa, tutta logora su capelli a matasse, a Montpernasse.

Aile avait eun' robe d'reps noir, L'matin ça y servait d'peignoir, La nuit ça y servait d'limace, A Montpernasse.

Aveva un vestito di nera ciniglia, la mattina lo portava da vestaglia e da camicione la notte addosso, a Montpernasse.

A travaillait sans aucun goût; Des fois a faisait rien du tout, Pendant qu' j'étais dans la mélasse, A Montpernasse.

Lei lavorava senz'alcun piacere; non lavorava affatto certe sere, e io lì, senza un soldo che mi pesasse, a Montpernasse. 24


In vecchiaia le piaceva il vino a bere e mentre io la credevo a lavorare, non c'era sera che non sbevazzasse, a Montpernasse.

En vieillissant a gobait l'vin, Et quand j'la croyais au turbin, L'soir, a s'enfilait d'la vinasse, A Montpernasse.

Lei m'imbrogliava sui conti per bere, per questo l'ho strigliata a dovere e le ho aperto la pancia, a che crepasse, a Montpernasse.

Pour boire ai m'trichait su' rgâteau, C'est pour ça qu' j'y cardais la peau Et que j'yai crevÊ la paillasse, A Montpernasse.

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Da quando non c'è più e sto invecchiando e mentre in cielo lei mi sta aspettando, rendo qualche servizio a Camescasse, a Montpernasse.

Depuis que j'l'ai pus j'mefais vieux, Et pendant qu'a m'attend aux cieux, J'rends quéqu's servic' à Camescasse, A Montpernasse.

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Marche des dos

Marcia dei papponi

À bas la romance et l’idylle, Les oiseaux, la forêt, le buisson, Des marlous, de la grande ville, Nous allons chanter la chanson !

Abbasso le storie d'amore e d'idillio, di uccelli, foresta e cespuglio. Nella grande città c'è il pappone, e di lui canterem la canzone!

V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmites ! Grandes ou petites; V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmit’ et vivent les dos ! 27

Ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone! Grandi o piccine; ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone e viva il pappone!


Marlous, nos marmites sont belles, Le bourgeois les adore, à genoux, Et Paris, qui compte avec elles, Est forcé d’compter avec nous.

Macrò, le nostre battone son belle, il borghese le adora, prostrato, e Parigi che conta su quelle, a contar su di noi si è piegato.

V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmites ! Grandes ou petites; V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmit’ et vivent les dos !

Ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone! Grandi o piccine; ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone e viva il pappone!

Le riche a ses titres en caisse, Nous avons nos valeurs en jupon, Et malgré la hausse ou la baisse, Chaque soir, on touche un coupon.

Il ricco ha i suoi titoli in cassa, e noi il valor della gonna, e se anche rialza o ribassa, ogni sera un coupon si guadagna.

V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmites ! Grandes ou petites; V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmit’ et vivent les dos !

Ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone! Grandi o piccine; ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone e viva il pappone!

Le pante a beau fair’ des largesses, Il ne peut être aimé comme nous. Il a beau fader nos gonzesses, Il n’sait pas leur foutre des coups.

Benché faccia regali il cliente, come noi non può essere amato. Condivide la nostra amante, ma a picchiarla non ha imparato.

V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmites ! Grandes ou petites; V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmit’ et vivent les dos !

Ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone! Grandi o piccine; ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone e viva il pappone!

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La rousse a beau serrer les mailles Du filet qu’elle tend aux déchus, Nous savons, grâce à nos écailles, Glisser entre ses doigts crochus.

La rossa può serrar le maglie della rete che tende ai derelitti. Noi sappiamo, con le nostre scaglie, scivolar fra i suoi diti stretti.

V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmites ! Grandes ou petites; V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmit’ et vivent les dos !

Ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone! Grandi o piccine; ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone e viva il pappone! Comunque il giorno di ghigliottina, quando la legge accorcia il pappone, noi gli cantiamo buona mattina, mentre gli tagliano il cannarone.

Pourtant, les jours de guillotine, Quand la loi raccourcit un marlou, Nous allons lui chanter matine, Pendant qu’on lui coupe le cou. V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmites ! Grandes ou petites; V’là les dos, viv’nt les dos ! C’est les dos les gros, Les beaux, À nous les marmit’ et vivent les dos !

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Ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone! Grandi o piccine; ecco il pappone, viva il pappone! È lui il più grande, è lui il bellone. A noi le battone e viva il pappone!


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La ronde des marmittes

La ronda delle marmitte

La nuit tous les chats sont gris, Dansons la ronde ! La nuit tous les chats sont gris, Dansons la ronde ! Faisons le tour de Paris, De Montmartre à Mont-Souris.

Di notte tutti i gatti son bigi, balliam la ronda! Di notte tutti i gatti son bigi, balliam la ronda! Facciamo il giro di Parigi, da Montmartre a Mont-Souris.

Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi!

Nous consolons les cocus, Dansons la ronde ! Nous consolons les cocus, Dansons la ronde ! En tout temps on les a vus Nous apporter leurs écus.

Noi consoliamo i cornuti, balliam la ronda! Noi consoliamo i cornuti, balliam la ronda! Si son visti oggi e ieri che ci portano i denari.

Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi!

À l’heure des assassins, Dansons la ronde ! À l’heure des assassins, Dansons la ronde ! Nous endormons, sur nos seins, Les sergents et les roussins.

All'ora degli assassini, balliam la ronda! All'ora degli assassini, balliam la ronda! Assopiamo sui nostri seni, i sergenti coi loro ruffiani.

Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi! 31


Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi!

Nous nous foutons bien des lois, Dansons la ronde ! Nous nous foutons bien des lois, Dansons la ronde ! Les ducs, les princes, les rois Se réchauffent sous nos toits !

Ce ne freghiamo ben ben delle leggi balliam la ronda! Ce ne freghiamo ben ben delle leggi balliam la ronda! Duchi, principi e regnanti tutti si riscaldano sotto i nostri tetti! Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi!

Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

Pesce piccolo crescerà, balliam la ronda! Pesce piccolo crescerà, balliam la ronda! Finché Parigi esisterà la marmitta bollirà!

Petit poisson grandira, Dansons la ronde ! Petit poisson grandira, Dansons la ronde ! Et tant que Paris sera La marmite bouillira !

Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi!

Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

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La nuit tous les chats sont gris, Dansons la ronde ! La nuit tous les chats sont gris, Dansons la ronde ! Faisons le tour de Paris, De Montmartre à Mont-Souris.

Di notte tutti i gatti son bigi, balliam la ronda! Di notte tutti i gatti son bigi, balliam la ronda! Facciamo il giro di Parigi, da Montmartre a Mont-Souris.

Dansons la ronde Des marmites de Paris, Ohé ! les souris ! Les rongeuses de monde ! Faisons sauter avec nous Nos michets et nos marlous. Dansons la ronde ! Paris est à nous !

Balliam la ronda marmitte di Parigi, Ohè! Topi grigi! Roditrici di gente! Che ballino con noi pappone e cliente, balliam la ronda! Parigi è a noi!

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À Saint-Lazare

A Saint-Lazare

C'est de d'la prison que j't'écris, Mon pauv' Polyte, Hier j e n'sais pas c'qui m'a pris, A la visite; C'est des maladi's qui s'voient pas Quand ça s'déclare, N'empèch' qu'aujourd'hui j'suis dans l'tas, A Saint-Lazare!

È dalla prigione che ti scrivo, pover' Ippolito, Ieri non so cosa mi è preso, in parlatorio; son malattie che non si vedono quando dichiari, comunque oggi mi trovo qui a Saint-Lazare!

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Mais pendant c'temps-là, toi, vieux chien, Quéqu'tu vas faire? Je n'peux t'envoyer rien de rien, C'est la misère. Ici, tout l'monde est décavé, La braise est rare; Faut trois mois pour faire un linvé, A Saint-Lazare.

Ma in questo tempo, vecchio cane, tu che farai? Non posso mandar niente di niente, qui sono guai. Qui sono tutti degli spiantati, la grana è rara; ci vuol tre mesi a fare un soldo a Saint-Lazare.

Vrai, d'te savoir comm'ça, sans l'sou, Je m'fais eun'bile!... T'es capab' de faire un sal'coup, J'suis pas tranquille. T'as trop d'fierté pour ramasser Des bouts d'cigare, Pendant tout Ftemps que j'vas passer, A Saint-Lazare.

Certo, a saperti così in bolletta mi vien la bile!... Saresti cane di fare un colpaccio, mi fa star male. Sei troppo fiero per raccattare cicche di sigaro per tutto il tempo che passerò qui a Saint-Lazare.

Va-t'en trouver la grand' Nana, Dis que jla prie D'casquer pour moi, j'y rendrai ça A ma sortie. Surtout fais pas d'boniments, Pendant qu'je m'marre Et que j'bois des médicaments, A Saint-Lazare.

Vai a trovare la gran Nanà, dì che la imploro di soldi in prestito che al mio rilascio le renderò. Ma niente chiacchiere mentre io sto qui a godere e bere questi medicamenti a Saint-Lazare.

Et pis, mon p'tit loup, bois pas trop, Tu sais qu't'es teigne, Et qu'quand t'as un p'tit coup d'sirop Tu fous la beigne; Si tu t'faisais coffrer, un soir, Dan' eun'bagarre, Ya pus personn' qui viendrait m'voir, A Saint-Lazare.

E poi, lupetto, non bere troppo, sai, ti fa danno, e quando bevi un po' di sciroppo ti parte il pugno; se, una sera, in una baruffa ti fai ingabbiare, non c'è più chi viene a trovarmi a Saint-Lazare. Chiudo la lettera e t'abbraccio. Addio, mio uomo, seppur non fai tante carezze ti adoro come amavo il buon Dio come un papà, da piccoletta, e andavo a prender la comunione, a Saint'-Marguerite.

J'finis ma lette en t'embrassant; Adieu, mon homme, Malgré qu'tu soy' pas caressant, Ah ! j't'ador'comme J'adorais l'bon Dieu comm'papa, Quand j'étais p'tite, Et qu'j'allais communier, à Saint'-Marguerite.

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À la Roquette

Alla Roquette

En t'écrivant ces mots j'frémis Par tout mon être, Quand tu les liras j'aurai mis L'nez à la f'nêtre J'suis réveillé, depuis minuit, Ma pauv' Toinette, J'entends comme eune espèc' de bruit, A la Roquette.

Ti scrivo queste parole fremendo in tutto l’essere, avrò già il naso alla finestra quando tu le potrai leggere. È da mezzanotte che sto sveglio povera Toinette, sento come una specie di bisbiglio, alla Roquette. 36


L'Président n'aura pas voulu Signer ma grâce, Sans dout' que ça yaura déplu Que j'me la casse Si l'on graciait à chaqu' coup Ça s'rait trop chouette, D'temps en temps faut qu'on coupe un cou, A la Roquette.

Il Presidente non avrà voluto firmare la grazia, gli è senza dubbio dispiaciuto che sgombri la piazza, sarebbe bello, se si graziasse tutte le volte, ma c'è da tagliare ogni tanto un collo, alla Roquette.

Là-haut, l'soleil blanchit les cieux, La nuit s'achève, I's vont arriver, ces messieurs, Vlà l'jour qui s'lève. Maint'nant j'entends, distinctement, L'peupe, en goguette, Qui chant' su' l'air de L’Enterrement A la Roquette.

Lassù, c'è il sole che imbianca i cieli la notte smuore, stanno per giungere, quei signori, il giorno appare. Sento la plebe chiara e distinta che ora si mette a cantar Miserere, contenta, alla Roquette.

Tout ça, vois-tu, ça n'me fait rien, C'qui m'paralyse C'est qu'i' faut qu'on coupe, avant l'mien, L'col de ma ch'mise; En pensant au froid des ciseaux, A la toilette, J'ai peur d'avoir froid dans les os, A la Roquette.

Ma tutto ciò mi lascia tranquillo, quel che mi brucia: dover tagliare, prima del mio collo, quello alla camicia; se penso al gelo della forbicina, alla toilette, temo di sentire freddo alla schiena, alla Roquette.

Aussi j'vas m'raidir pour marcher, Sans qu'ça m'émeuve, C'est pas moi que j'voudrais flancher Devant la veuve; J'veux pas qu'on dis'que j'ai eu l'trac De la lunette, Avant d'éternuer dans l'sac, A la Roquette.

Così son rigido nel camminare, senza emozione, non sono io che in faccia alla Comare tremo di apprensione; non voglio che dicano che ho timore della lunetta, prima di starnutire dentro il paniere, alla Rocchetta. 37


V’là l’choléra qui arrive

Ecco il colera che arriva

Paraît qu’on attend l’choléra, La chose est positive. On n’sait pas quand il arriv’ra, Mais on sait qu’il arrive.

Sembra si aspetti il colera, la cosa è positiva. Non si sa quando arriva però si sa che arriva.

V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra

Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà! Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà!

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Les pharmaciens vont, répétant: Il vient !… la chose est sûre; Ach’tez-nous du désinfectant… Du sulfat’, du chlorure.

I farmacisti con voce allarmante: arriva! ...è un fatto sicuro; venite a comprare il disinfettante... del solfato, del cloruro.

V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra !

Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà! Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà!

Les sacristains et les abbés Répètent des cantiques Pour attirer les machabé’s Dans leurs sacré’s boutiques.

I sagrestani e i sacerdoti ripetono canti e orazioni per attirare i trapassati alle loro ben note funzioni.

V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra !

Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà! Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà!

On rassemble des capitaux Pour fabriquer des bières. On vendra des cercueils, en gros, À la port’ des cim’tières.

Si raccolgono i contanti per la produzione di bare. Alla porta dei camposanti si vende ogni tipo di bare. 39


V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra !

Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà! Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà!

Tous les matins, avant midi, Dans une immense fosse, On apport’ra les refroidis Qu’on empil’ra par grosse.

Ogni dì, prima di mezzogiorno, in una fossa di grand'estensione, i morti stecchiti si trasporteranno da impilare per dimensione.

V’là l’choléra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra qu’arrive ! De l’une à l’autre rive Tout le monde en crèv’ra ! V’là l’choléra ! V’là l’choléra !

Ecco il colera! Ecco il colera! Ecco il colera che arriva! Dall'una all'altra riva tutta la gente ne morirà! Ecco il colera! Ecco il colera!

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Fantaisie triste

Fantasia triste

l' bruinait. L'temps était gris, On n'voyait pus l'ciel. L'atmosphère, Semblant suer au-d'ssus d'Paris, Tombait en bué' su' la terre.

Piovigginava. Un tempo di quei bigi, non vedevi più il cielo. L'atmosfera, pareva sudare al di sopra di Parigi, e cadeva addensata sulla terra.

P soufflait quéqu'chose. on n'sait d'où, C'était ni du vent, ni d'la bise, Ça glissait entre l'col et l'cou Et ça glaçait sous not' chemise.

Qualcosa, non so da dove, soffiava, non era vento né brezza ghiacciata, e fra collo e colletto s'infilava sotto la nostra camicia, raggelata.

Nous marchions d'vant nous, dans l'brouillard, On distinguait des gens maussades. Nous, nous suivions un corbillard Emportant l'un d'nos camarades.

Marciando avanti, in mezzo alle brume, s'intravvedeva gente col grugno. Noi seguivamo un corteo funebre, il trasporto di un nostro compagno.

Bon Dieu qu'ça faisait froid dans l'dos Et pis c'est qu'on n'allait pas vite; La moell' se figeait dans les os, Ça puait l'rhume et la bronchite.

Mio Dio, che freddo ci entrava addosso e il peggio era la lenta andatura; il midollo s'induriva dentro l'osso, c’era aria di bronchite e infreddatura.

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Dans l'air yavait pas un moineau, Pas un pinson, pas un' colombe, Le long des pierr' i' coulait d'l'eau, Et ces pierr's-là. c'était sa tombe.

Non c'era nell'aria neanche un uccello, non un piccione, non una colomba, lungo le pietre scorreva un ruscello, e quelle pietre là eran la tomba.

Et j e m'disais, pensant à lui Qu' j'avais vu rire au mois d'septembre Bon Dieu qu'il aura froid c'tte nuit C'est triste d'mourir en décembre.

E mi dicevo io, pensando a lui, che avevo visto ridere a settembre, oddio stanotte farà freddo qui, è ben triste morire a dicembre.

J'ai toujours aimé l'bourguignon, l' m'sourit chaqu'fois qu'i' s'allume; J'voudrais pas avoir le guignon D'm'en aller par un jour de brume.

Io ho sempre amato il borgognone, mi sorride ogni volta che si alluma; non vorrei avere la dannazione di andarmene in un giorno di bruma.

Quand on s'est connu l'teint vermeil, Riant, chantant, vidant son verre, On aim' ben un rayon d'soleil. Le jour oùsqu'on vous porte en terre.

Quando ci si è visti color vermiglio, ridendo, cantando e vuotando il bicchiere, ci piacerebbe avere un suo barbaglio il giorno che ci andranno a sotterrare.

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Belleville-Ménilmontant

Belleville-Ménilmontant

Papa c’était un lapin Qui s’app’lait J.-B. Chopin Et qu’avait son domicile, À Bell’ville; L’soir, avec sa p’tit’ famille, I s’balladait, en chantant, Des hauteurs de la Courtille, À Ménilmontant.

Papà era un compagnone e si chiamava Chopin e aveva il domicilio a Belleville; di sera con la piccola famiglia passeggiava cantando dalle alture della Courtille, a Ménilmontant.

I’ buvait si peu qu’un soir On l’a r’trouvé su’ l’trottoir, Il’tait crevé ben tranquille, À Bell’ville, On l’a mis dans d’la terr’ glaise, Pour un prix exorbitant, Tout en haut du Pèr’-Lachaise, À Ménilmontant.

Beveva così poco che una sera l'hanno trovato disteso per terra, era crepato tranquillo tranquillo, a Belleville, l'hanno messo nella terra argillosa per un prezzo esorbitante, tutt'in cima al Père-Lachaise, a Ménilmontant. 43


Depis, c’est moi qu’est l’sout’neur Naturel à ma p’tit’ sœur, Qu’est l’ami’ d’la p’tit’ Cécile, À Bell’ville, Qu’est sout’nu’ par son grand frère, Qui s’appelle Éloi Constant, Qu’a jamais connu son père, À Ménilmontant.

Da allora sono io il protettore naturale di mia sorella minore, che è l'amica della piccola Cécile, a Belleville, che vien protetta dal fratello maggiore che si chiama Éloi Constant, che non conobbe mai genitore, a Ménilmontant.

Ma sœur est avec Éloi, Dont la sœur est avec moi, L’soir, su’ l’boul’vard, ej’la r’file, À Bell’ville; Comm’ ça j’gagn’ pas mal de braise, Mon beau-frère en gagne autant, Pisqu’i’ r’fil’ ma sœur Thérèse, À Ménilmontant.

Mia sorella è con Éloi la cui sorella eccola qua, la sera la rifilo sul viale, a Belleville; così guadagno un bel po' di granella, mio cognato guadagna altrettanto, perché ci manda Thérèse, la sorella, a Ménilmontant.

L’Dimanche, au lieu d’travailler, J’mont’ les môm’au poulailler, Voir jouer l’drame ou l’vaud’ville, À Bellville; Le soir, on fait ses épates. On étal’ son culbutant Minc’ des g’noux et larg’ des pattes, À Ménilmontant.

La domenica non ci si strapazza, porto su in piccionaia la ragazza a vedere drammi o vaudeville, a Belleville; la sera un po' di sfoggio ti concedi si mette in mostra il proprio pantalon stretto ai ginocchi e largo ai piedi a Ménilmontant.

C’est comm’ ça qu’c’est l’vrai moyen D’dev’nir un bon citoyen: On grandit, sans s’fair’ de bile, À Bell’ville, On cri’: Viv’ l’Indépendance ! On a l’cœur bath et content, Et l’on nag’, dans l’abondance, À Ménilmontant.

Ed è questo il vero cammino per diventare un buon cittadino: si cresce senza attacchi di bile, a Belleville, si grida: Viva l'Indipendenza! Con il cuore allegro e contento e si nuota nell'abbondanza, a Ménilmontant.

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C’est comm’ ça qu’c’est l’vrai moyen D’dev’nir un bon citoyen: On grandit, sans s’fair’ de bile, À Bell’ville, On cri’: Viv’ l’Indépendance ! On a l’cœur bath et content, Et l’on nag’, dans l’abondance, À Ménilmontant.

Ed è questo il vero cammino per diventare un buon cittadino: si cresce senza attacchi di bile, a Belleville, si grida: Viva l'Indipendenza! Con il cuore allegro e contento e si nuota nell'abbondanza, a Ménilmontant.

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Strimpellatore Ce ne son mille che son dei bastardi: grossi, piccoli, medi e grandi, hanno un mestiere...me ne frego di loro, io non fo niente di niente, e sono ladro.

Sonneur

Yen a des tas qui sont des sa auds: Grands, moyens, p’tits, gros, gras, maigre’; Ladro...ma non ladro di poco o nulla: ladro di nascita, di forza e di diritto, I’s font des métiers… j’fous pas d’ça, ladro di alto bordo e sferro un diretto Moi, j’fous nib ed’ nib, ej’ suis pègre. al derubato quando si ribella. Pègr’… mais pas pègre à la mi’ d’pain: E quando vuol rifarsi del cazzotto Pègre d’naissanc’, d’autor et d’riffe, o quando vuol gridare, io l'accoltello... Pègre d’la haute et j’colle un paing gli apro la pancia, lo metto sotto; Au pantrio, quand i’se r’biffe. a volte, mi diverto, lo strimpello... Et quand i’ veut r’piquer au tas Sì, lo strimpello! Cioè che succede? Ou quand i’ veut gueuler je l’scionne… Afferro le orecchie del malcapitato J’y crèv’ la peau, je l’ fous en bas; e gli sbatto la testa sul selciato, Des fois, pour m’amuser, je l’ sonne… non sul pavé di legno... che cede. Ben oui, je l’ sonne ! Et pis après ? Mentre il selciato di porfido è duro... J’attrap’ les deux oreill’s du gonce anche se uno ha le mani fiacche, Et pis j’y cogn’ la têt’ su’ l’ grès, dopo cinque o sei colpi, è sicuro, Pas su’ l’ pavé d’ bois… ça s’enfonce.

Tandis que l’ pavé d’grès, c’est dur… Mêm’ quand on n’a pas les mains lourdes, Après quat’ cinq coups on est sûr Que l’ sang y sort par les esgourdes.

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A Montrouge Mio padre vedeva tutto in nero, faceva il becchino nell' “Assommoir” per questo lo chiamavano Bazouge, a Montrouge. Ne conosco che vedon tutto in bianco, e se ne nutrono, non hanno sangue! Io ne ho, ma vedo tutto in rosso, a Monterosso.

E mi si addice, a me, e mi ci appiglio: sgozzo un borghese come un coniglio... non c'è trippa se Bibi muove il passo, a Monterosso. Ho il fegato caldo, il sangue si ribella, guai se uno vuol seguire la mia bella! Spacco tutto se nel buio vedo rosso, a Monterosso.

A Montrouge Mon daron voyait tout en noir, I’ f’sait l’croq’mort dans « L’Assommoir » C’est pour ça qu’on l’app’lait Bazouge, À Montrouge.

J’en connais qui voient tout en blanc, I’s en boulott’nt, i’s ont pas d’sang ! Moi j’en ai, mais j’vois tout en rouge, À Montrouge. C’est mon blot, moi, v’là mon pépin: J’saigne un goncier comme un lapin… Ya pas gras les nuits qu’Bibi bouge, À Montrouge. J’ai l’foi’ chaud, dans ma peau l’sang bout, Quand j’vois roug’ dans l’noir ej’ crèv’ tout ! Gare au pant’ qui veut suiv’ ma gouge, À Montrouge.

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C’est Rosa… j’sais pas d’où qu’a vient, Alle a l’poil roux, eun’ têt’ de chien… Quand a passe on dit: v’là la Rouge, À Montrouge.

Si chiama Rosa … non so da dove viene, rossa di pelo, ha una testa di cane... Quando passa si dice: ecco la Rossa, a Monterosso.

Quando lei tiene in un angolo il cliente, io sto vicino... non troppo distante... e il sergente all'alba trova del rosso, a Monterosso.

Quand a tient l’michet dan’ un coin, Moi j’suis à côté… pas ben loin…… Et l’lend’main l’sergot trouv’ du rouge À Montrouge.

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Récidiviste

Recidivo

Comment, v’là d’jà ménuit qui sonne ! Ej’ croyais pas qu’il’ tait si tard, C’est vrai qu’on rencont’ pus personne Et qu’on n’entend pus grand pétard. Vrai, si j’étais propriétaire, J’irais ben m’ coucher un moment… Mais je n’suis mêm’ pas locataire… V’là porquoi que j’ cherche un log’ment:

Come, già mezzanotte che suona! Non credevo fosse così tardi, non si vede neanche una persona e non si sentono più i gran petardi. Certo, se ora fossi proprietario andrei un momento a coricarmi a mio agio... ma non sono neppure un locatario... ecco perché vo cercando un alloggio:

Un coin d’ chambe, eun’ soupente, eun’ niche, Eun’ machine oùsqu’on est chez soi, Oùsque quand i’ pleut on s’en fiche, Oùsqu’on a chaud quand i’ fait foid; Quand j’étais p’tit ej’ me rappelle Que c’était comm’ ça chez moman… Aujord’hui, forcé d’fair’ flanelle… V’là porquoi que j’cherche un log’ment.

un angolo di camera, un sottoscala, una nicchia, un affare dove, come a casa, ti ristori, dove se piove chi se ne infischia, dove c'è caldo quando è freddo fuori: quand'ero piccolo, mi ricordo, oggi che son costretto al passeggio... che dalla mamma c'era quel caldo... ecco perché vo cercando un alloggio.

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Les jours ed’ beau j’ai ben la r’ssource Ed’ me faire un lit su’ un banc, C’est d’la choquotte, après eun’ course, Ed’ s’étend’ su’l’ dos ou su’l’ flanc, Mais pas moyen d’ dormir tranquille, Oh ! là là ! qué chambardement !… C’est des poivrots, des sergents d’ville.. V’là porquoi que j’ cherche un log’ment.

Nei giorni belli ho qualche risorsa, mi faccio un letto sulla panchina, è grasso che cola, dopo una corsa, che ci si stenda di fianco o di schiena, ma non si dorme mai in tranquillità, Oh! ehi là! Cos'è 'sto sballottaggio!... Sono i briachi, i sergenti di città... ecco perché vo cercando un alloggio.

Coucher sous les ponts, ça m’dégoûte, On y trouve eun’ merde à chaqu’ pas, Et moi qu’j’ador’ casser eun’ croûte Avant d’m’endormir, ej’ peux pas: Pour un rien mon cœur es’ dérange, On se r’fait pas l’tempérament… J’aim’ pas c’tte odeur-là quand ej’ mange, V’là porquoi que j’ cherche un log’ment.

Dormire sotto i ponti mi ripugna, ci si trovano merde a ogni passo, e io che adoro prima della nanna prepararmi uno spuntino, non posso: per un niente lo stomaco si guasta, non mi va quell'odore quando mangio e non ritrovo l'atmosfera giusta... ecco perché vo cercando un alloggio.

Mais j’ai mon plan, ej’ suis mariolle: Quand les jug’ auront assez d’moi Et qu’i’s auront soupé d’ ma fiole, Faura ben qu’i’s m’appliqu’nt la loi; Vous savez ben, la loi nouvelle Qui condamne l’ gouvernement À m’envoyer à la Nouvelle… V’là porquoi que j’ cherche un log’ment.

Ma ho il mio piano, sono un furbetto: quando i giudici ne avranno abbastanza e si renderanno conto del soggetto, saranno obbligati a eseguir la sentenza: sapete bene, quella legge nuova che costringe il governo senza indugio a spedirmi laggiù alla Nuova... ecco perché vo cercando un alloggio.

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A la Glacière C’était l’pus beau, c’était l’pus gros, Comm’ qui dirait l’Emp’reur des dos, I’ gouvernait à la barrière, À la Glacière. Son pér’, qu’est mort à soixante ans, L’avait r’levée aussi dans le temps; Sa mère avait été daufière, À la Glacière.

Lui, quand il était tout petit, I’ f’sait des galipet’s dans l’lit D’la Bièv’, qu’est eun’ joli’ rivière, À la Glacière. Plus tard i’conduisit les veaux, Après i’fit trotter les ch’vaux, En s’agrippant à leur crinière, À la Glacière.

Alla Glacière Era il più bello, era un omone, come dire l'Imperator pappone, in banlieue era lui il faccendiere, alla Glacière. Suo padre era morto a sessant'anni, l'aveva cresciuto così negli anni; sua madre era stata un po’ leggera, alla Glacière. Quando lui era ancora piccoletto, faceva le capriole nel letto della Biève, che è una bella riviera, alla Glacière. In seguito pascolava i vitelli, poi faceva trottare i cavalli, aggrappandosi alla criniera, alla Glacière.

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Quand i’fallait r’cevoir un gnon. Ou bouffer l’nez d’un maquignon Il était jamais en arrière, À la Glacière.

Quando c'era un pugno da parare o da spaccare il naso a un protettore, lui non si faceva mai pregare, alla Glacière.

I’ racontait, avec orgueil, Qu’i’ s’avait fait crever un œil, Un soir, au coin d’eun’ pissotière, À la Glacière.

Lui raccontava con orgoglio sincero che si era fatto fare un occhio nero, accanto a un pisciatoio, una sera, alla Glacière.

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I’ parlait aussi d’un marron… D’eun’ nuit qu’on yavait sonné l’front Ça yavait r’tourné la caf’tière, À la Glacière.

Lui parlava anche di un intruso... una notte che gli aveva rotto il muso da fargli rovesciar la caffettiera alla Glacière.

I’ vient d’tomber comme un César, Comme un princ’ du sang, comme un czar On l’a crevé la s’main’ dernière, À la Glacière.

È caduto come un Cesare, poco fa, come un principe del sangue, uno Zar, l'altro giorno l'hanno fatto morire, alla Glacière.

C’est pas un gros, c’est un p’tit mac Qui ya mis d’ l’air dans l’estomac. En y faisant eun’ boutonnière, À la Glacière.

Non uno grosso, è stato un piccoletto, a fargli entrare l'aria dentro al petto, aprendoglici una bottoniera, alla Glacière.

C’était l’pus beau, c’était l’pus gros, Comm’ qui dirait l’Emp’reur des dos, I’ gouvernait à la barrière, À la Glacière.

Era il più bello, era un omone, come dire l'Imperator pappone, in banlieue era lui il faccendiere, alla Glacière.

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Les vrais dos

I veri papponi

Ça s’appell’ des genss’ à son aise, Mais c’est pas eux qu’est les malins; Si c’est toujour’ eux qu’a la braise, C’est toujour’ eux qui s’ra les daims.

Li chiamano gente in agiatezza, ma non sono loro i veri astuti; è vero hanno sempre la ricchezza, ma è vero anche che son cornuti.

I’s sont frusqués avec des p’lures Qu’on leur-z-y fait esprès pour eux, L’hiver i’s s’coll’nt dans des fourrures… Dame ! ya pas qu’ nous qu’est des frileux !

Sono vestiti con delle bucce che su misura vengon messe a punto e d'inverno s'infilano pellicce... Il freddo mica punge noi soltanto!

Quand ça jou’, qu’ça gagne ou qu’ça perde, Ça s’en fout… et ça fait un foin !… Leux gonzess’s aussi fait sa merde, Ah ! si j’en t’nais eun’ dan’ un coin !…

Quando giocano, che vincano o perdano, se ne fregano...e ne fanno sfoggio!.. Anche le loro amanti merda fanno, Ah! ne tenessi una in un cantuccio!...

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Ma gosse, à moi, c’est eun’ gironde, Mais a crân’ pas comm’ ces femm’s-là, D’ailleurs faut qu’a parle à tout l’ monde Pisque c’est l’ métier qui veut ça.

La mia ragazza vera è una bellezza, ma non si vanta come quelle lì, d'altronde ha da parlare a chi passa perché è il mestiere che vuole così.

Quand on n’est pas braiseux d’ naissance, Pour viv’ faut ben truquer un peu… Ces gonc’s-là, c’en a t’i’ d’ la chance, Ça mange et ça boit quand ça veut.

Se non siamo dei ricconi nati per viver ci si deve un po' arrangiare … Quei tipi là sono ben fortunati, mangiano e bevono quando gli pare.

Et pis ça nous appell’ les dos… Ah ! nom de Dieu ! j’ suis pas bégueule ! Mais si ’yavait pas tant d’ sergots Minc’ ! que j’ leur-z-y cass’rais la gueule !

E poi ci chiamano dei papponi ... Ah! per Dio! non son presuntuoso! Ma se non ci fossero tanti sergenti Capperi! Se non gli romperei il muso!

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A la Bastille

Alla Bastiglia

Son papa s’appelle Abraham, Il est l’enfant du macadam, Tout comm’ sa môme en est la fille, À la Bastille.

Il papà si chiama Abraham, ed è figlio del macadam, come la bimba ne è la figlia, alla Bastiglia.

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A quindici anni si chiamava Nini, era grande e grossa come un'I, e con l’aghetto lavorava a maglia, alla Bastiglia. Quando finì sedici anni, di nome si chiamava... non ricordo più come, passeggiava intorno alla griglia, alla Bastiglia. La s'incontrava tutte le sere, il lampo delle sue pupille nere rendeva pallida la luna che brilla, alla Bastiglia. Adesso lei serve in un locale dove si beve la birra a boccale e lo champagne che scintilla, alla Bastiglia.

À quinze ans a s’app’lait Nini, All’ ’tait grosse et grass’ comme un I, A f’sait des travaux à l’aiguille, À la Bastille.

Quand alle eût seize ans révolus, A s’app’lait… je n’me l’rappell’ pus, A s’prom’nait autour de la grille, À la Bastille. On la rencontrait tous les soirs, Parfois l’éclat d’ses grands yeux noirs Faisaient pâlir la lun’ qui brille, À la Bastille. Maint’nant a sert dan’ eun’ maison Où qu’on boit d’la bière à foison, Et du champagne qui pétille, À la Bastille.

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I suoi tavoli sono appuntamenti: giovani, vecchi ci van tutti quanti; dovresti vedere come se li striglia, alla Bastiglia. Ma anche se i clienti sono tanti, sembrano tutti felici e contenti: tanto lei è gentile e tranquilla, alla Bastiglia. Ses tables sont un rendez-vous: Les jeunes, les vieux y vont tous; I’ faut voir comme a les étrille, À la Bastille.

Per cinque franchi si toglie il cappello per dieci poi si sfila il suo mantello per venti franchi uno se la spoglia, alla Bastiglia.

Mais si ses clients sont nombreux, I’ paraît qu’i’s sont tous heureux: Alle est si bonne et si gentille, À la Bastille.

Non ha avuto ancora degli amori, lei non ha che i propri genitori, ed è lei che sostiene la famiglia, alla Bastiglia.

Pour eun’ thune a r’tir’ son chapeau Pour deux thun’ a r’tir’ son manteau. Pour un sigue on la déshabille, À la Bastille.

Il papà si chiama Abraham, ed è figlio del macadam, come la sua bimba ne è la figlia, alla Bastiglia.

Alle a pas encore eu d’amant, Alle a qu’ son père et sa maman, C’est ell’ qui soutient sa famille, À la Bastille. Son papa s’appelle Abraham, Il est l’enfant du macadam, Tout comm’ sa môme en est la fille, À la Bastille.

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Amoureux

Innamorato

H’u !… nom de Dieu ! me v’là cinglé. Depis tantôt que j’me trimballe C’est toujours moi qu’ j’ai régalé, Et j’suis rond… mais rond comme eun’ balle. Quand j’vas rentrer, Cécil’ gueul’ra, A tap’ra su’son p’tit Francisque, Mais pisque c’est ell’ qui trinq’ra, J’suis pas pressé, moi, qu’est-c’ que j’ risque ?

Uffa! ...per Dio! Eccomi sbronzo. È sempre a me che offro da bere, da quando me ne sto andando a zonzo. E sono sbronzo... sbronzo da non dire. Appena rientro, Cécile mi urlerà, batterà il suo piccolo Francisque, ma poiché è lei che ne buscherà, non ho fretta, io, tanto che rischio?

H’u ! nom de Dieu !… v’là qu’ j’ai l’hoquet ! Ça s’rait du prop’ que j’dégobille; Si j’ trouve encore un mastroquet D’ouvert, je m’ paye eun’ petit’ fille. Ça m’ débarbouill’ra l’cœur et pis D’abord, ej’ suis rond comme un disque, J’ m’arrondirai pas pus que j’suis. H’u! pis j’m’en fous, moi, qu’est-c’que j’ risque ?

Uffa! ...per Dio!... ecco anche il singhiozzo! Sarebbe bene se vomitassi; se ancora una bettola trovassi che è aperta, mi offrirei un bicchierozzo. Questo mi ripulirà il cuore e intanto per cominciare son tondo come un disco, e non mi arrotonderò più di quel tanto. Uffa! me ne frego, io, tanto che rischio?

H’u !… nom de Dieu !… ça va pas mieux: C’est c’bon Dieu d’hoquet qui m’tracasse; Ej’ vas m’ payer eun’ demi’ d’vieux. Ça me r’mettra l’ cœur à sa place. Eun’ demi’ d’vieux… c’est pas de r’fus, Dame, ej’ suis raid’ comm’l’obélisque, Sûr, ej’ me raidirai pas pus. H’u !… pis j’m’en fous, moi, qu’est-c’ que j’ risque?

Uffa!...per Dio! … non è mica sparito: è questo singhiozzo che mi fa dannare, e allora mi offro mezzo vino invecchiato che mi rimetterà a posto il cuore. Un mezzo invecchiato... non dico di no, capperi, son rigido come un obelisco, sicuro, e di più non m'irrigidirò. Uffa! me ne frego, io, tanto che rischio?

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H’u !… nom de Dieu !… j’ suis amoureux ! Mais ce soir, Cécil’ f’ra la rosse: Madam’ ne veut pas m’ rende heureux Quand j’suis plein… alle a peur d’un gosse J’en ai soupé du boniment Ej’ vas m’ payer eune odalisque, Après, si a devient maman, Cell’-là, j’ m’en fous, h’u !… qu’est-c’ que j’ risque ?

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Uffa! ...per Dio!... sono innamorato! Ma stasera, Cécile farà un macello: la signora non vuol farmi beato da sbronzo... ha paura di un figlio e ne ho sorbiti io di avvertimenti, così voglio pagarmi un'odalisca, che poi, se lei rimanesse incinta, chi se ne frega...io, tanto, che rischio?


La Noire

La Nera

La Noire est fille du canton Qui se fout du qu’en dira-t-on. Nous nous foutons de ses vertus, Puisqu’elle a les tétons pointus.

La Nera è la ragazza del Cantone che se ne frega dell'altrui opinione. Noi ci freghiamo delle sue virtù, perché lei ha i capezzoli all'in su.

Voilà pourquoi nous la chantons: Vive la Noire et ses tétons !

Ecco perché cantiamo alla fine: viva la Nera e le sue tettine!

Elle a deux sourcils et deux yeux Qui sont plus noirs que ses cheveux, Dans les yeux brille un éclair blanc Qui vous fait pétiller le sang !

Lei ha due occhi e due sopraccigli che son più neri dei suoi capelli, negli occhi brilla un lampo d'argento che vi mette nel sangue un fermento!

Voilà pourquoi nous la chantons: Vive la Noire et ses tétons !

Ecco perché cantiamo alla fine: viva la Nera e le sue tettine! 61


Son haleine, comme sa peau, A des senteurs de fruit nouveau. Quand on aspire, entre ses dents, On croit respirer du printemps.

Il suo fiato come la sua pelle ha dei sentori di mele novelle. Fra i suoi denti, quando si aspira, par di sentire la primavera.

Voilà pourquoi nous la chantons: Vive la Noire et ses tétons !

Ecco perché cantiamo alla fine: viva la Nera e le sue tettine!

La Noire n’a qu’un seul amant Qui s’appelle le Régiment. Et le Régiment le sait bien, La Noire a remplacé le chien…

La Nera ha un amante soltanto e che si chiama il Reggimento. E il Reggimento lo sa bene, la Nera ha rimpiazzato il cane...

Voilà pourquoi nous la chantons Vive la Noire et ses tétons !

Ecco perché cantiamo alla fine: viva la Nera e le sue tettine!

Frères, jurons, sur ses appas, Que Bismarck n’y touchera pas. Pour elle, à l’ombre du Drapeau, Nous nous ferons crever la peau.

Giuriamo, fratelli, su queste attrazioni, che Bismarck non ci metterà le mani. Sotto il Vessillo, in nome di quelle, noi ci faremo crepare la pelle.

Voilà pourquoi nous la chantons Vive la Noire et ses tétons !

Ecco perché cantiamo alla fine: viva la Nera e le sue tettine!

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A Grenelle

Quand j’vois des fill’s de dix-sept ans, Ça m’fait penser qu’ya ben longtemps, Moi aussi j’ l’ai été pucelle, À Grenelle. Mais c’est un quartier plein d’soldats On en renconte à tous les pas, Jour et nuit i’s font sentinelle, À Grenelle.

A Grenelle Quando vedo delle diciassettenni, mi fan pensare che sono tanti anni che anch'io ero fra le verginelle, a Grenelle. Ma è un quartiere pieno di soldati ad ogni passo io ne ho incontrati, di giorno e di notte a far le sentinelle, a Grenelle.

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J’en ai t’i’connu des lanciers, Des dragons et des cuirassiers, I’s m’ montraient à m’ tenir en selle À Grenelle.

E ne ho conosciuti di lancieri, di dragoni e di corazzieri, a farmi stare sulle loro selle, a Grenelle.

Fantassins, officiers, colons Montaient à l’assaut d’ mes mam’lons, I’s m’ prenaient pour eun’ citadelle, À Grenelle.

Fantaccini, ufficiali, colonnelli all'assalto delle mie mammelle, mi prendevano per una cittadella, a Grenelle.

Moi j’ les prenais tous pour amants, J’commandais tous les régiments, On m’app’lait mam’ la colonelle, À Grenelle.

Io li prendevo tutti per amanti, e comandavo tutti i reggimenti, mi chiamavano la mamma colonnella, a Grenelle.

Mais ça m’rapportait que d’ l’honneur, Car si l’amour ça fait l’bonheur, On fait pas fortune avec elle, À Grenelle.

Ma questo mi apportava solo onore, ché se a rendere felici è l'amore, la fortuna non si fa con quello, a Grenelle.

Bientôt j’ m’aperçus qu’mes beaux yeux Sonnaient l’extinction des feux, On s’mirait pus dans ma prunelle, À Grenelle.

Ben presto ho visto che i begli occhi stessi suonavano a morto per i loro riflessi, né rispecchiavan più le mie pupille, a Grenelle.

Mes bras, mes jambes, mes appas, Tout ça foutait l’camp, à grands pas, J’osais pus fair’ la p’tit’ chapelle, À Grenelle.

Le braccia, le gambe, ogni attrattiva, tutto quanto a gran passi svaniva, non osavo più far la sfrontatella, a Grenelle.

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Aujord’hui qu’ j’ai pus d’ position, Les régiments m’ font eun’ pension: On m’ laiss’ manger à la gamelle, À Grenelle.

Oggi non ho più una posizione, i reggimenti mi danno una pensione: mi lasciano mangiare alla gamella, a Grenelle.

Ça prouv’ que quand on est putain, Faut s’établir Chaussé’-d’Antin, Au lieu d’ se faire eun’ clientèle, À Grenelle.

Tutto ciò prova che quando si è puttane, giova alloggiare a Chaussé-d'Antin, e non crearsi delle clientele, a Grenelle.

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Côtier

Bilancino

Psit !… viens ici, viens que j’t’accroche, V’là l’omnibus, faut démarrer ! Ruhau !… r’cul’ donc, hé ! têt’ de boche ! Tu vas p’t’êt’ pas t’ foute à tirer Au cul ? T’en as assez d’la côte ? T’as déjà soupé du métier ? Mais tu peux pus en faire un aute, Te v’là comm’ moi; te v’là côtier.

Pss!... vien qua, vieni, ti attacco, ecco l'omnibus, ti devi sbrigare! Poggia!..indietro, ehi! Testa di crucco! Non ti metterai mica a trainare dal culo? Ti stanchi a star di lato? Ti è già venuto a noia il mestiere? Ma non ne puoi più fare un altro, eccoti come me: sei un costiere.

Dia ! quéqu’ tu f’sais dans ta jeunesse ? T’as p’t’êt’ ben couru à Longchamp T’as p’t’êt’ été l’cheval d’Ernesse Quand i’ la donnait dans les camps; Hein, mon colon, ta f’sais ta gueule, Tu marquais l’pas aux porte-sac, Aujord’hui, c’est moi que j’t’engueule; Psit ! viens ici, hé ! Cavaignac.

Diavolo! Che facevi in giovinezza? Magari hai già corso a Longchamp Forse sei stato il cavallo di Ernesse quando te la spassavi nei campi; eh, colonnello, ti mettevi in posa, segnavi l'andatura al portasacchi, oggi son io che ti urlo ogni cosa; Pss! Vieni qui, accosto! Cavaignac.

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Quéqu’ tu r’gard’ ? eun’ jument qui pisse Ça t’fait donc encor’ de l’effet ? Vrai, j’t’aurais pas cru si novice, Les femm’s! tiens v’là l’effet qu’ça m’fait. 1) Viens, mon salaud, viens, guide à gauche, T’es trop vieux, va, pour dérailler, D’ailleurs, c’est pour ça qu’on t’embauche Tu n’es pus bon qu’à travailler.

Cos'è che guardi? La giumenta che orina, ti nasce ancora un certo sentimento? Non ti avrei fatto una mente ingenua, le femmine! toh quel che sento. 1) Vieni, stallone, vieni, va' di lato, sei troppo vecchio, va', per deviare, d'altronde è per ciò che vieni usato, tu sei buono soltanto a lavorare.

Ça t’étonn’ ?… ben vrai, tu m’épates: C’est la vi’… faut porter l’licou Tant qu’on tient un peu su’ ses pattes Et tant qu’on peut en foute un coup. Et pis après, c’est la grand’ sorgue, Toi, tu t’en iras chez Maquart, Moi, j’irai p’t’êt’ ben à la morgue, Ou ben ailleurs… ou ben aut’ part.

E ti stupisci?... davvero, mi sorprendi: c'è da portar le redini, è la vita... fintanto ci si regge ancora in piedi e si può dare ancora una zampata. E poi, dopo, ci sarà la grande notte, tu te ne andrai al macello di Maquart, io forse me ne andrò alla morgue, o forse altrove... o da qualche altra parte.

1) il crache

1) sputa

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Alla Madeleine

A la Madeleine

Non mi suona bene il tocco di campane della chiesa del Maine preferisco di tanto il gioioso canto alla Madeleine.

Moi, je n’ gob’ pas El’ son du glas D’ l’églis’ du Maine, J’aim’ cent fois mieux Les chants joyeux Ed’ la Mad’leine.

Ci son tipi carini con di bei soldini e le pancettine; niente amiconi, solo elegantoni, alla Madeleine.

Ya des chouett’s gens Qu’a des argents Et d’ la bedaine; Ya pas d’ lapins, Ya qu’ des rupins, À la Mad’leine.

Poi ci sono i pappa con più forte groppa dei pappa del Maine; e che oltretutto portano il cappotto, alla Madeleine.

Pis ya des dos Qu’a l’ dos pus gros Qu’ les dos du Maine; Et par dessus Des pardessus, À la Mad’leine. 68


I’s ont des Louis Qu’a beaucoup d’ louis, Sans beaucoup d’ peine, Car, à l’écart, A font leur quart, À la Mad’leine.

Ci son dei Luigi con tanti luigi, senza troppe pene, perché, poi da parte, fan la loro parte, alla Madeleine.

Quand i’s crèv’ront, I’s s’en iront L’ cul dans la laine, Comm’ tous les macchabé’s qu’a l’ sac, À la Mad’leine.

Quando creperanno, loro se n'andranno, il culo nella lana, come tutti i maccabei con la lor sacca, alla Madeleine.

Quando me la filo, me ne vo via solo, me non mi si mena col corpo e la bara in casa di cura, alla Madeleine.

Moi, quand j’ crèv’rai, Ej’ m’en irai Sans qu’on amène L’ corps et l’ corbi-llard à bibi, À la Mad’leine.

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Soulaud

Brillo

Ah ça, pleut-i’ pas ou c’ qu’i’ pleut ? Sûr i’ pleut !… j’parie eun’ chopine. I’ fait si tell’ment noir qu’on peut Pas seul’ment voir si i’ lansquine.

Ma questa poi, piove o non piove? Certo che piove!...scommetto un quartino. È tanto scuro vedrai che non si deve vedere neanche se piove pianino.

Cré nom de Dieu ! c’est épatant ! Pleut-i’ ? Pleut-i’ pas ? c’est un combe ! Je n’sens rien de rien et pourtant Nom de Dieu ! j’entends ben qu’ça tombe.

Perdinci Bacco! È stupefacente! Piove! Non piove! Ma cosa succede! Non sento proprio niente di niente eppure, per Dio! sento ben che cade. Sicuro piove! Scende a spron battuto: scorre a rovesci giù per la canna. Io fino ad oggi ho sempre creduto che, quando cade, l'acqua ti bagna.

Sûr i’ pleut ! Mêm’ que ça coul’ dru: Ça dégringol’ par la gargouille. Jusqu’à présent j’ai toujours cru Qu’quand i’ tombe d’ l’eau ça vous mouille. 70


Et j’suis pas mouillé… j’suis soulaud. Tiens ! Qu’est-c’ que j’sens là l’long d’ma cuisse ? Ah ben ! c’est moi qui lâche d’ l’eau… Alors i’ pleut pas !… c’est que j’ pisse !

E io non son bagnato...sono brillo. Toh! Ma che sento giù lungo la coscia? Ah ecco! Allora sono io che zampillo... Quindi non piove!...questa è la mia piscia!

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A Montmerte

A Montmerte

Malgré que j’soye un roturier, Le dernier des fils d’un Poirier D’la ru’ Berthe, Depuis les temps les plus anciens, Nous habitons, moi-z-et les miens, À Montmerte.

Benché io sia un tipo popolare, l'ultimo figlio di un Poirier della rue Berthe, nel bel tempo andato coi miei ho traslocato, a Montmerte.

L’an mil-huit-cent-soixante et dix, Mon papa qu’adorait l’trois-six Et la verte, Est mort à quarante et sept ans, C’qui fait qu’i’ r’pose d’puis longtemps, À Montmerte.

Nell'anno settanta del milleottocento, mio padre che la grappa amava tanto, oltre alla strega verde, a quarantasett'anni se ne dipartì, il che vuol dir che riposa da quel dì, a Montmerte. 72


Deux ou trois ans après je fis C’qui peut s’app’ler, pour un bon fils, Eun’ rud’ perte: Un soir, su’ l’ boul’vard Rochechouart, Ma pauv’ maman se laissait choir, À Montmerte.

Due o tre anni dopo dovevo subire quel che per un buon figlio si suol dire una dura sorte: sul boulevard Rochechouart una sera la povera mamma stramazzò per terra, a Montmerte.

Je n’fus pas très heureux depuis, J’ai ben souvent passé mes nuits Sans couverte, Et ben souvent, quand j’avais faim, J’ai pas toujours mangé du pain, À Montmerte.

La mia vita non fu tanto fortunata, molto spesso ho passato la nottata senza coperte, e molto spesso, quando avevo fame, non mi è toccato da mangiare il pane, a Montmerte.

Mais on était chouette, en c’temps-là, On n’sacrécœurait pas sur la Butt’ déserte, Ej’ faisais la cour à Nini, Nini qui voulait fair’ son nid, À Montmerte.

Ma in quel tempo la vita era carina, non c'era il Sacre Coeur sulla collina deserta, e poi io facevo la corte a Nini, Nini che voleva fare il suo nido a Montmerte.

Un soir d’automne, à c’qu’i’ paraît Pendant qu’la vieill’ butte r’tirait Sa rob’ verte, Nous nous épousions, dans les foins, Sans mair’, sans noce et sans témoins, À Montmerte.

Una sera, d'autunno mi sembrava, mentre la vecchia Butte si spogliava del suo abito verde, noi ci sposavamo, là, sopra il fieno, senza sindaco, nozze e testimonio, a Montmerte. 73


In seguito nacquero dei monelli: piccole gemelle, piccoli gemelli che certamente faranno altri Poirier che cresceranno, che produrranno e che moriranno, a Montmerte.

Depuis nous avons des marmots: Des p’tit’s jumell’s, des p’tits jumeaux Qui f’ront, certe, Des p’tits Poirier qui grandiront, Qui produiront et qui mourront, À Montmerte.

Benché io sia un tipo popolare, l'ultimo figlio di un Poirier della rue Berthe, nel bel tempo andato coi miei ho traslocato, a Montmerte.

Malgré que j’soye un roturier, Le dernier des fils d’un Poirier D’la ru’ Berthe, Depuis les temps les plus anciens, Nous habitons, moi-z-et les miens, À Montmerte.

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Jaloux

Geloso

Polyt’ c’est un copain à moi: Un chouette, un zigard, un vieux frère, Mais i’ chahut’ ma ménagère, Et par moment, ça m’ fout un froid.

Polyte è un mio amico del cuore: un vecchio fratello, carino, gentile, però molesta il mio fedele amore, e, a momenti, mi monta la bile.

C’est pas qu’j’ay’ l’cœur à la tendresse. Mais j’suis jaloux. Vous comprenez: Ej’ veux pas qu’on r’trouss’ ma gonzesse, V’là porquoi qu’j’ai Polyt’ dans l’nez.

Non è che io abbia il cuore tenero, ma son geloso. Voi mi capite: e non voglio che maneggi il mio tesoro, ecco perché ho sul naso Polyte.

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A la Chapelle Quand les heur’ a tomb’nt comm’ des glas, La nuit quand i’ fait du verglas Ou quand la neige a s’amoncelle, À la Chapelle, On a frio, du haut en bas, Car on n’a ni chaussett’s, ni bas; On transpir’pas dans d’la flanelle, À la Chapelle. On a beau s’payer des souliers. On a tout d’mêm’ frisquet aux pieds, Car les souliers n’ont pas d’semelle, À la Chapelle.

Alla Chapelle Quando le ore cadono a rintocchi o quando la neve si posa a mucchi, la notte si copre di brina che gela alla Chapelle, si sente freddo, dall'alto in basso, senza né calze né calzini addosso, e non si suda quando si girella, alla Chapelle. Regalati pure le scarpe che credi, continui ad avere freddo ai piedi, perché le scarpe non hanno le suole, alla Chapelle.

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Dans l’temps, sous l’abri, tous les soirs, On allumait trois grands chauffoirs, Pour empêcher que l’peupe i’ gèle, À la Chapelle.

Alors on s’en foutait du froid ! Là-d’ssous on était comm’ chez soi, El’ gaz i’ nous servait d’ chandelle. À la Chapelle. Mais l’ quartier d’venait trop rupin Tous les sans-sou, tous les sans-pain Radinaient tous, mêm’ ceux d’ Grenelle, À la Chapelle. Et v’là porquoi qu’ l’hiver suivant On n’ nous a pus foutu qu’ du vent, Et l’ vent n’est pas chaud, quand i’ gèle, À la Chapelle.

In passato, ogni sera, nei ripari, si accendevano tre grandi bracieri, per aiutare la gente che gela, alla Chapelle. Così il freddo non si curava affatto! Si stava come in casa là sotto e il gas ci serviva da fiammella, alla Chapelle.

Ma il quartiere diventava troppo ricco tutti gli spiantati e affamati in blocco tornavano qui, anche da Grenelle, alla Chapelle. Ed ecco perché l'inverno seguente non ci hanno rifilato altro che vento, e il vento non è caldo quando gela, alla Chapelle.

Aussi, maint’nant qu’on n’a pus d’ feu, On n’se chauff’ pus, on grinche un peu… I’ fait moins froid à la Nouvelle À la Chapelle.

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Così, adesso che non c’è più fuoco, non si scalda più, si ruba un poco…. Fa meno freddo alla Nouvelle, alla Chapelle


Gréviste

Scioperante

Parigo, quoi !… des Batigneule’, Toujours prêt à coller un paing, Mais j’comprends pas qu’on s’cass’ la gueule Pour gagner d’ quoi s’y fout’ du pain. El’ travail… c’est ça qui nous crève, Mêm’ les ceux qu’est les mieux bâtis, V’là porquoi que j’m’ai mis en grève… Respec’ aux abattis.

Parigino, che! … son Batignollo, sempre pronto a dar lo sganassone, ma non capisco perché spaccarsi il collo per guadagnare un tozzo di pane. È il lavoro … che fa crepare, anche quelli di robusta tempra, e per questo mi son messo a scioperare... Rispetto per le membra.

J’tiens à ma peau, moi, mes brave homme, Tous les matins j’en jette un coup Dans les journal et j’y vois comme Les turbineurs i’s s’cass’ el’ cou… Moi !… j’m’en irais grossir la liste Ed’ ceux qu’on rapporte aplatis ?.. Pus souvent… ej’ suis fataliste… Respec’ aux abattis.

Io ci tengo alla pelle, brava gente, ogni mattino do un'occhiatina ai giornali e ci leggo che sovente chi lavora duro si rompe la schiena... Io! … io andrei a ingrossar la lista di chi si porta via in barella? ...sembra piuttosto spesso...e poi son fatalista... Rispetto per le membra.

Tenez, ya quéqu’ chos’ qui m’dépasse: C’est les travail à la vapeur, Tôt ou tard i’ faut qu’on y passe, Là, c’est réglé, gnya pas d’erreur: Des gens qui n’est mêm’ pas malade ! L’matin i’s s’lèv’nt, les v’là partis… El’ soir i’s sont en marmelade… Respec’ aux abattis.

Vedi, c'è qualcosa che mi sorpassa ed è il lavoro con il vapore, prima o poi va a finir che ci si passa, e lì, è la regola, non c'è l'errore: gente che poi neppure è malata! Si alza al mattino, parte in tromba... e ritorna, la sera, marmellata... Rispetto per le membra. 78


Ben ! et ceux qu’on voit su’ la Seine Enfoncer des pieux… qué métier !… En v’là des gonciers qu’ont d’ la peine: I’s tir’ à six su’ un bélier ! Moi, ces travails-là, ça m’épate, J’touchr’ai jamais un pilotis. J’aurais peur de m’casser eun’ patte. Respec’ aux abattis.

E quelli che uno vede sulla Senna a piantare i piloni … che mestiere!... quelli son lì a scontare una pena: si tirano su in sei sopra un ariete! Da quei lavori il terrore mi scampa, non metterei mano, io, neanche all'ombra di un pilone, e poi per rompermi una zampa. Rispetto per le membra.

Au lieu d’ gueuler après les mines D’fair’ des discours et d’ discuter Su’ les fabriqu’ et les usines, Moi j’dis qu’on f’rait mieux d’inventer Des travails dont qu’ personne n’crève… Jusque-là, vous êt’ avertis, J’marche pas… J’continu’ ma grève… Respec’ aux abattis.

Invece di urlare contro le miniere, evitando comizio e discussione sulle fabbriche e sulle ferriere, dico, sarebbe meglio l'invenzione di lavori in cui nessuno schiatta... Fino a quel punto, vi avverto, mi sembra giusto lo sciopero... e continuo la lotta... Rispetto per le membra.

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Casseur de gueules

Spaccamusi

I’s ont la gueule et la vi’ dures Ceux qu’on appell’ les princ’s du sang, Pourtant, paraît qu’on prend des m’sures Pour les expulser. Bon Dieu ! d’sangDieu !… Des m’sur’s… j’en connais qu’eun’ seule: Pour nous débarrasser d’ tout ça: I’ faut leur-z-y casser la gueule… Ya qu’un vrai moyen… c’est çui-la.

Hanno la faccia e la vita dure i cosiddetti principi del sangue, però, pare si prendano misure per espellerli. Buon Dio! Sangue di Dio!... di misure una sola ne so per sbarazzarci di tutto il contesto: bisognerebbe spaccargli il muso... non c'è che un vero mezzo...è questo.

C’est comm’ les curés: Des Jean-fesse, Un tas d’clients qui foutent rien Que d’ licher du pive à la messe; Ça vaut pas les quat’ fers d’un chien, I’s ont beau fair’ les bons apôtres, Faut leur casser la gueule aussi. Pis faut casser la gueule aux autres, Si ’ya besoin d’ quéqu’un… m’voici!

È come con i preti: dei Jean-fesse, un sacco di clienti che non fanno altro che sorbire vino alle messe; tutti questi non valgono un lupino, hanno un bel fare i buoni apostoli, bisogna rompere il muso a quei tomi. Poi c'è da romperlo anche ai lor simili, se c'è bisogno di qualcuno...eccomi.

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J’ tap’rai dans l’ tas d’ ceux qu’a pas d’ blouse, J’ cass’rai la gueule aux proprios, À tous les gens qu’a d’la galtouze Qu’il a gagné’ dans des agios. D’abord, moi, j’ai pas l’rond, j’suis meule, Aussi, rich’s, nobl’ eq cætera, I’ faut leur-z-y casser la gueule… Et pis après… on partag’ra !

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Picchio nel mucchio di chi è senza tuta, ai proprietari gli romperò il muso, a tutti quelli con in tasca la valuta che se la sono guadagnata nel lusso. Intanto io non ho un soldo, sono raso, e poi ai ricchi, ai nobili, et cetera, anche a loro c'è da rompere il muso... e poi, dopo... si dividerà!


Lézard

Lucertola

On prend des manières à quinze ans, Pis on grandit sans Qu'on les perde: Ainsi, moi, j'aime bien roupiller, J'peux pas travailler, Ca m'emmerde.

A quindici anni si prendon certi vizi, e poi si cresce e ci si resta avvezzi senza che uno mai se li perda: così, io, che amo sonnecchiare, come riuscirei a lavorare? il lavoro mi mette in merda. Non mi darei mai una mossa, perfin anco in seno alla rossa né in seno a niente. Mentre la sera fo la mia dormita, la mia sorella fa la sua battuta, ottimamente.

J'en foutrai jamais une secousse, Même pas dans la rousse Ni dans rien. Pendant que l'soir, ej' fais ma frape, Ma soeur fait la r'tape, Et c'est bien.

Lei non ha più né babbo né mamma, lei non ha più neanche un’anima, non ha che me.

Alle a p'us d'daron, p'us d'daronne, Alle a plus personne, Alle a qu'moi. 82


Au lieu de soutenir ses père et mère, A soutient son frère, Et puis, quoi ? Son maquet, c'est mon camarade: I' veut bien que j'fade Avec eux.

A padre e madre non dà più sostegno, per il fratello lei mette il suo impegno, e poi, di che? Il suo pappone è un mio compagno che mi lascia dividere il guadagno con loro due.

Aussi, ej' l'aim', mon beau-frère Ernesse, Il est à la r'dresse, Pour nous deux.

Così io amo Ernesse, mio cognato, lui è un tipo molto smaliziato, fa per noi due.

Ej'm'occupe jamais du ménage, Ej'suis libre, ej' nage Au dehors, Ej'vas sous les sapins, aux Buttes, Là, j'allong' mes flûtes, Et j'm'endors.

Non mi occupo mai delle faccende, sono libero, e mi tengo alla grande fuori da tutto quanto, me ne vado sotto i pini, ai Colli, lassù, e distendendo i trampoli, io m’addormento. A quindici anni si prendon certi vizi, e poi si cresce e ci si resta avvezzi senza che uno mai se li perda: così, io, che amo sonnecchiare, come riuscirei a lavorare? il lavoro mi mette in merda.

On prend des manières à quinze ans, Pis on grandit sans Qu'on les perde: Ainsi, moi, j'aime bien roupiller, J'peux pas travailler, Ca m'emmerde.

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Grelotteux

Tremo di freddo

Vrai… ’ya des mois qu’on n’a pas d’ veine. Quand j’ dis des mois, j’ sais pas c’ que j’ dis: J’ m’ai toujours connu dans la peine, Sans un pélot, sans un radis… Ça s’rait pas trop tôt que j’ boulotte, J’ vas tomber malade, à la fin, I’ fait chaud et pourtant j’ grelotte ! C’est-i’ la fiève ou ben la faim ?

È vero...certi mesi è una disdetta. E quando dico mesi, mesi sono: mi sono sempre trovato in bolletta, senza un soldo, senza un quattrino... sarebbe l'ora di mangiar qualcosa, ché sto per ammalarmi, alla fin fine, fa caldo e io ho l'aria freddolosa! Ma è la febbre questa o è la fame?

Nom de Dieu ! j’ suis pas à mon aise, C’est épatant… j’ sais pas c’ que j’ai, Avec ça j’ai la gueul’ mauvaise… C’est pourtant pas c’ que j’ai mangé. Si j’aurais mangé d’la gib’lotte Ça sentirait meilleur: c’est fin, C’est bon, c’est chaud… ah ! c’ que j’ grelotte! C’est-i’ la fiève ou ben la faim ?

Per Dio! Sento qualcosa che non va, stupisco...non so che mi è capitato e inoltre ho anche la bocca cattiva... e non è per qualcosa che ho mangiato. Se avessi mangiato uno stufato avrei in bocca un sapore sublime, buono, caldo...ah! Son raggelato! Ma è la febbre questa o è la fame?

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Allons bon, v’là mes dents qui claquent !… J’ sais pas c’ que j’ai, c’est épatant: J’entends les os d’ mes jamb’s qui plaquent Cont’ les parois d’ mon culbutant. J’ suis foutu si j’ai la tremblotte, J’ suis pus daufier, j’ suis pas dauphin, J’peux pas m’soigner… ah ! c’ que j’ grelotte! C’est-i’ la fiève ou ben la faim ?

Ecco, vedi i miei denti che battono!... Non so cosa mi prende, che impressione! Sento le ossa delle gambe che toccano le pareti del mio pantalone. Se ho il tremito sono rovinato, non sono più cazzuto, né pappone, non mi posso curare...ah! Son gelato! Ma è la febbre questa o è la fame?

Et pis j’ sens la sueur qui m’ coule, A fait rigol’ dans l’ creux d’ mon dos; J’ vas crever, j’ai la chair de poule, C’est fini… tirez les rideaux. Bonsoir la soc’…, mon vieux Alphonse, I’ vaut p’t’ êt’ mieux qu’ ça soy’ la fin; Ici-bas, quoiqu’ j’étais ? un gonce… Là-haut j’ s’rai p’t’ êt’ un séraphin.

E poi sento il sudore che mi cola che mi fa un rivolo nella schiena; sto per crepare, ho la pelle d'oca, è la fine … tirate la cortina. Buona sera... vecchio pappone, è meglio che sia l’ultimo destino; ma quaggiù che cos'ero? Un coglione... e lassù sarò forse un serafino.

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Note sull’argot parigino Ecco qui di seguito alcune annotazioni utili alla comprensione dei testi. Talvolta il nome di un quartiere viene italianizzato per trovare la rima, per cui per esempio spesso la Villette e altri nomi in -ette diventano la Villetta e cose del genere. Il motivo è dovuto ovviamente all’importanza che in questi componimenti assume la rima. Philosophe J’m’appelle pas Pierre et je l’sais bien (non mi chiamo Pierre e los o bene) Qui l’autore gioca sul doppio significato di pierre (pietra e Pietro). On prend des airs de flute (si attacca un aria di flauto, si prende un’aria flautata) resa con la traduzione esplicativa: quanta presunzione. non fo la mi’ Sofia, il mi’ Ugenio, citazione del dramma Le Jésuite di V. Ducange. Sputa la cicca nel senso di tirar fuori quello che uno ha dentro senza timore perché siamo in libertà.

A Batignolles Ma'gré qu'aile ait r'çu pus d'un gnon (malgrado avesse ricevuto più d’una cipolla) anche se prese più di un rimbrotto. Aile était coiffée à la chien. Si diceva pettinata alla cane di una donna con la frangetta sulla fronte che terminava con dei ricciolini. Mais je m'disais: Quand on est dos. Non chiaro il significato letterale che gioca sulla parola dos che significa dorso, ma anche mantenuto, protettore. Nuotare con una sogliola può accennare al fatto che la donna era magra, ma non è sicuro. La marmitta ama ben la casseruola: marmitta è la prostituta e casseruola la spia della polizia A la Villette Les ramassent, comm’ des escargots (Li raccolgono come chiocciolette) per ragioni di rima diventa: Li raccattano come broccoletti. La Roquette è la prigione dove si trovava la ghigliottina. Buon anno Avec vos grues qui viene tradotto con le vostre trecche, intendendo con questo antico termine una ragazza da mercato. Pour caler les jou’ à son monde significa alla lettera fare abbassare le guance, far mangiare.

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A Montpernasse Pendant qu' j'étais dans la mélasse (mentre io mi trovavo nella melassa, cioè in bolletta) viene tradotto con l’espressione non avere un soldo che mi pesi in tasca.

Camescasse era il nome del prefetto di polizia. A Saint-Lazare La braise (la brace) qui è sinonimo di soldi e viene tradotta con la grana. A la Roquette Il naso alla finestra significa con la testa infilata nella lunetta della ghigliottina. Starnutire dentro il paniere significa lasciar cadere nel corbello la testa mozzata. V’là l’choléra qui arrive De l’une à l’autre rive (dall’una all’altra riva della Senna). Fantaisie triste J'ai toujours aimé l'bourguignon il borgognone è il vino di Borgogna e il sole allo stesso tempo. A Montrouge Alle a l’poil roux, eun’ têt’ de chien… una pettinatura alla cane (vedi sopra). Récidiviste À m’envoyer à la Nouvelle… (a spedirmi laggiù alla Nuova…). Col termine di Nouvelle s’intende in genere la prigione. La Nouvelle sta per la Nuova Caledonia. Amoureux Et j’suis rond… mais rond comme eun’ balle ej’ suis rond comme un disque in entrambe i casi rond significa sbronzo. Côtier Longchamp dove si trova l’ippodromo costruito sotto Napoleone III. Cheval d’Ernesse. Qui si accenna al pittore di cavalli e di battaglie Jean-LouisErnest Meissonier pecialista nel dipingere cavalli. Cavaignac: Louis Eugène Cavaignac, generale e politico ai tempi di Napoleone III.

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A la Madeleine L’corps et l’corbillard à bibi (il corpo e la bara a Bicêtre, l’Ospedale psichiatrico per alienati indigenti che qui viene tradotto liberamente con “casa di cura”). A la Chapelle El’ gaz i’ nous servait d’ chandelle (e il gas ci serviva da fiammella). Per gas si deve intendere l’alcol. I’ fait moins froid à la Nouvelle (e ci fa meno freddo alla Nouvelle). Nouvelle sta per prigione. Casseur de gueules Jean-fesse, tipo avaro e disonesto. Lézard Lézard è chiamato un pigro inaffidabile. La rossa qui significa la polizia.

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INDICE PHILOSOPHE

pag. 12

À BATIGNOLLES

pag. 14

À LA VILLETTE

pag. 18

BONNE ANNÉE

pag. 22

À MONTPERNASSE

pag. 24

MARCHE DES DOS

pag. 27

RONDE DES MARMITTES

pag. 30

À SAINT LAZARE

pag. 34

À LA ROQUETTE

pag. 36

VIV’ L’CHOLÉRA QU’ARRIVE

pag. 38

FANTAISIE TRISTE

pag. 41

BELLEVILLE MÉNILMONTANT

pag. 43

SONNEUR

pag. 46

À MONTROUGE

pag. 47

RÉCIDIVISTE

pag. 49

À LA GLACIÈRE

pag. 51

LES VRAIS DOS

pag. 54

À LA BASTILLE

pag. 56

AMOUREUX

pag. 59

LA NOIRE

pag. 61

À GRENELLE

pag. 63

CÔTIER

pag. 66

À LA MADELEINE

pag. 68

SOULAUD

pag. 70

À MONTMERTE

pag. 72

JALOUX

pag. 75

À LA CHAPELLE

pag. 76

GRÉVISTE

pag. 78

CASSEUR DE GUEULES

pag. 80

LÉZARD

pag. 82

GRELOTTEUX

pag. 84

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Non mi occupo mai delle faccende, sono libero, e mi tengo alla grande fuori da tutto quanto, me ne vado sotto i pini, ai Colli, lassù, e distendendo i trampoli, io m’addormento.

Le sue poesie cantate hanno ispirato generazioni di cantanti che si sono susseguite dopo la sua morte avvenuta nel 1925. Però, malgrado affondi per ben 25 anni nel “secolo breve”, Aristide Bruant resta un uomo dell'Ottocento e in particolare del periodo, ampiamente dilatato nell'immaginazione collettiva, che va sotto il nome di Belle Époque.

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