Marie Luise Kaschnitz
Titolo titolo titolo
A cura di NINO MUZZI
Marie Luise Kaschnitz Marie Luise Kaschnitz è stata definita da un critico “una nostra sensibile contemporanea” e questa definizione, molto pertinente, c’impegna in maniera particolare nella lettura delle sue opere in prosa o in poesia. La nobile d’origine, la modesta libraia, la moglie dell’archeologo che gira il mondo e vede luoghi e persone,1 è una scrittrice senza biografia. È la sua poesia che ci fa entrare nella sua vita, non è la sua vita, in sé piuttosto anonima, che ci può offrire chiavi interpretative della sua opera. La poesia della Kaschnitz è quindi interpretabile solo passando da quella sua “sensibilità”, una virtù che le permette sempre di scegliere nelle varie situazioni la via di salvezza, che si chiami “emigrazione interna” al tempo del nazismo, condanna dell’America che sgancia la morte su Hiroshima nel 1945, adesione alla figura di Willy Brand nei primi anni ’70 del secolo scorso. Tutto passa dalla sua sensibilità, che ha inizio con accento nobiliare quando parla della Natura e della sua infanzia, e via via si articola nello scenario della Storia con maggiore afflato umano che io non disdegnerei di chiamare, finalmente, democratico. Certo il tutto viene spesso interpretato teologicamente per quella sua dichiarazione di “non coraggio” di fronte alla morte e allo scenario ultraterreno: “Die Mutigen wissen Daß sie nicht auferstehen Daß kein Fleisch um sie wächst Am jüngsten Morgen Daß sie nichts mehr erinnern Niemandem wiederbegegnen Daß nichts ihrer wartet Keine Seligkeit Keine Folter Ich Bin nicht mutig”.2
Né sono mancate alcune rappresentanti tedesche della teologia al femminile che hanno individuato nella sua composizione dal titolo “Resurrezione” 3 l’affiorare di un pensiero salvifico per le donne, soprattutto dei
ceti inferiori, incitate a una sorta di resurrezione in vita iniziando da una rinascita fisica, da una fiducia nelle proprie forze e nella propria bellezza. Questa non è forse esattamente la chiave interpretativa della poesia in oggetto, ma serve a capire come la “parola” della Kaschitz “arrivi” e “solleciti” le più varie interpretazioni, sempre comunque positive. Talvolta viene interpretata, più laicamente, come pacifista convinta e riceve dalla Scuola l’omaggio della lettura di “Hiroshima” da parte dell’insegnante: Chi sganciò la morte su Hiroshima Si rifugiò in convento, suona le campane. Chi sganciò la morte su Hiroshima Saltò giù dalla sedia col cappio al collo, si strangolò. Chi sganciò la morte su Hiroshima Cadde in paranoia, lotta contro fantasmi Che a migliaia lo assalgono di notte Risorti dalla polvere per lui. Niente di questo è vero. […]
Ma più spesso viene annoverata tra gli scrittori della Trümmerliteratur, la letteratura delle macerie, una corrente letteraria del dopoguerra che rinasce critica nei confronti di una Germania infangata dal nazismo: Una volta tocca a ciascuno cantare la propria patria, sporcare i proprio nido. Anche a me. La patria, questa piccola parte d’Europa dove le ragazze non aman più i soldati, dove i soldati non aman più se stessi. Com’è scostante. […]
Di fatto è stata solo la sua sensibilità poetica a farle attraversare, trasognata, sia l’universo dell’infanzia: Tre passi dalla mia casa paterna Son saltata al di là della mia ombra. Là i tetti eran sospesi nell’azzurro I tigli affondavano radici nelle nubi I morti salivano volando dal vigneto Volatili strani. […]
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sia l’universo della Storia, dove gli umani le si presentano come tanti enigmi da decifrare: La mia curiosità, che era fuggita, è ritornata. Con puro sguardo passeggia di nuovo a fianco della Vita. Salve, mi dice, viso storto, voce di bambina di due anni, innocente come una violetta, orecchie innocenti, guance pelle di pesce, rosa di mille bellezze tutto lei saluta, ciò che è brutto e ciò che è bello. Proprio come se non mi fossi stufata da tempo, lei mi consegna la mia parte, la mia parte del leone, di tutto quel che succede, dalle case che non mi riguardano. Devo prestare un orecchio ad ogni disfatta e un occhio ad ogni atto di violenza.
Ma da dove nasce e come si sviluppa questa particolare sensibilità? Nasce da un approccio molto individuale alla lingua tedesca, una forma d’indagine coraggiosa, personale e amorevole che si può definire una ricerca di patria: […] Di qua e di là dai confini le parole hanno lo stesso significato quello di patria e i vecchi sensi di colpa hanno esaurito il loro ruolo.
La Kaschnitz ha capito fin dall’inizio della sua attività poetica che il linguaggio della poesia possiede un suo statuto particolare che scardina regole sintattiche e fonda metafore inusitate: Dem Fels im Walde steigt der Nebel zu. Begräbt am Hang die Buchen und den Wein. Wo sonst die rauhen Wurzeln sich verschlingen Hängt graues Tauwerk aus den Eisenringen. Versteinte Muscheln färben sich opal Meerüber kommen die verlornen Segelschiffe Und die Kinder gehen schlafen in der Grotte.4
Marie Luise Kaschnitz Termini come “sich opal färben” o “Meerüber” o “Tauwerk” sono alcune spie del suo personale idioletto, che piega la lingua tedesca a forme espressive individuali. Sotto il profilo stilistico lei parte da una visione ancora espressionista, ma la declina in termini di concretezza quotidiana e di esperienza infantile, che però non perde in afflato di universalità. C’è sempre il recupero di un equilibrio nei suoi slanci iniziali con un’immagine del quotidiano che si offre sempre da contrappunto a una visione più tragica o più titanica: il pilota che sgancia la morte atomica su Hiroshima è ora nel giardino di casa e gioca a quattro zampe col fi glio in groppa. La Kaschnitz indaga le vicende del mondo e della Storia con un occhio alla meschinità del ceto medio che le vorrebbe dominare racchiudendole
nell’angustia degli spazi quotidiani, quegli spazi dell’ideologia corrente che invece la poetessa ama spesso travalicare per poi recuperarli in una visione più ricca di elaborazioni culturali, una saggezza popolare arricchita da un profondo atteggiamento morale: Tre passi dalla mia casa paterna Son saltata al di là della mia ombra. Là i tetti eran sospesi nell’azzurro I tigli affondavano radici nelle nubi I morti salivano volando dal vigneto Volatili strani. Vestito in grigia lana di clematidi Scende dall’alto l’autunno. […]
In questi versi si coglie tutto il processo creativo della Kaschnitz: un’uscita dal quotidiano per rientrarvi dopo un viaggio nell’immaginario; un rientro nel quotidiano per accet-
tarlo, trasformato. Questo è il senso profondo di un apparente atteggiamento di modestia e soprattutto di rassegnazione alla realtà, triste o crudele che sia: il nazismo, la morte prematura del marito, la minaccia della guerra atomica negli anni della sua più matura creazione. Strinse amicizia con Ingeborg Bachmann e Paul Celan, ma non fu mai ossessiva come la prima né rarefatta come il secondo. Si provò in tutti i generi, persino nel thrilling, e in ogni scritto offrì al lettore un linguaggio franco, mai banale. La lingua della Kaschnitz infatti è carica di pensiero, di riflessione, di nostalgia. Una nostalgia di futuro migliore, forse di “resurrezione in vita”, che viene anche presupposta in chi la legge e la vuol capire. Nino Muzzi
Hiroshima
Hiroshima
Der den Tod auf Hiroshima warf Ging ins Kloster, läutet dort die Glocken. Der den Tod auf Hiroshima warf Sprang vom Stuhl in die Schlinge, erwürgte sich. Der den Tod auf Hiroshima warf Fiel in Wahnsinn, wehrt Gespenster ab Hunderttausend, die ihn angehen nächtlich Auferstandene aus Staub fur ihn.
Chi sganciò la morte su Hiroshima Si rifugiò in convento, suona le campane. Chi sganciò la morte su Hiroshima Saltò giù dalla sedia col cappio al collo, si strangolò. Chi sganciò la morte su Hiroshima Cadde in paranoia, lotta contro fantasmi Che a migliaia lo assalgono di notte Risorti dalla polvere per lui.
Nichts von alledem ist wahr. Erst vor kurzem sah ich ihn Im Garten seines Hauses vor der Stadt. Die Hecken waren noch jung und die Rosenbüsche zierlich. Das wächst nicht so schnell, dass sich einer verbergen konnte Im Wald des Vergessens. Gut zu sehen war Das nackte Vorstadthaus, die junge Frau Die neben ihm stand im Blumenkleid Das kleine Madchen an ihrer Hand Der Knabe der auf seinem Rücken sa Und über seinem Kopf die Peitsche schwang. Sehr gut erkennbar war er selbst Vierbeinig auf dem Grasplatz, das Gesicht Verzerrt von Lachen, weil der Photograph Hinter der Hecke stand, das Auge der Welt.
Niente di questo è vero. Solo poco tempo fa lo vidi Nel giardino di casa in periferia. Le siepi erano ancora giovani e i cespi di rose teneri. Non c’è crescita tanto veloce da potersi nascondere Nel bosco dell’oblio. Era ben visibile La nuda casa di periferia, la giovane donna Che gli stava accanto in una veste a fiori La bambina che lei teneva per mano Il bambino che gli stava seduto sulla schiena E gli agitava la frusta sopra la testa. Si riconosceva bene anche lui Carponi sullo spiazzo erboso, la faccia Contratta in una risata, perché dietro la siepe C’era il fotografo, l’occhio del mondo.
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Marie Luise Kaschnitz
A ciascuno
Jeder
per Erich Kaufmann
für Erich Kaufmann
Jeder muss einmal Sein Vaterland besingen, Sein Nest beschmutzen. Auch ich. Die Heimat, dieses kleine Stück Europa, Wo Mädchen Soldaten nicht mehr lieben, Wo Soldaten sich selbst nicht mehr lieben. Wie befremdlich.
Una volta tocca a ciascuno cantare la propria patria, sporcare i proprio nido. Anche a me. La patria, questa piccola parte d’Europa dove le ragazze non aman più i soldati, dove i soldati non aman più se stessi. Com’è scostante.
Was fällt mir ein, wenn ich Deutschland sage? Mein Weg zur Arbeit Durch den Park von Weimar. Das grüne Herz. Flieder im Belvedere. Tiefurt. Stampfender Tanz. Der Bauhausschüler. Triadisches Ballett.
Cosa mi viene in mente quando dico Germania? La strada che mi porta al lavoro attraverso il parco di Weimar. Il cuore verde. I lillà del Belvedere. Il castello di Tiefurt, lo scalpiccio del ballo. Gli allievi della Bahaus. Il balletto triadico.
Was noch fällt mir ein? Die Tiefebene sommerlich. Und hinter den breiten Hügeln Auftauchend Türme. Die Weichsel bei Hochwasser. Rasch hintreibende Dächer. Bäume entwurzelte. Auch der Niederrhein.
Cos’altro mi viene in mente? La pianura d’estate. E dietro le vaste colline le torri affioranti. La Vistola in piena. Tetti che scorrono via rapidi. Alberi sradicati. Anche il Basso Reno.
Xanten, der angetriebene Leichnam. Der große Himmel. Meine Heimat vor allem. Nussbäume, Linden unterm Gewitterhimmel. Weinfässer zum Schwefeln vor die Häuser gestellt. Doppeladler im Wappen Oleander.
Xanten, il cadavere trascinato. Il cielo grande. La mia patria soprattutto. Noci, tigli sotto il cielo in tempesta. Botti da solforare poste davanti alla porta. Aquila bicipite sullo stemma. Oleandri.
Was außerdem? Hakenkreuzfahnen, Dröhnende Stiefelschritte, Geflüstertes Grauen. Züge entlang dem Lahnfluss voll Nicht singender Soldaten. Judenzüge. Detonationen. Christbäume sogenannte. Asche zu Asche.
Cos’altro? Bandiere con la svastica. Passi risonanti di stivali, spavento sussurrato all’orecchio. Treni lungo il fiume Lahn pieni di soldati che non cantano. Treni pieni di ebrei. Detonazioni. I bengala, detti alberi di Natale. Cenere alla cenere.
Dann alles wieder neu Aus dem Boden gezogen. Hochhäuser, Hochöfen, Hochstädte, Autobahnen. Ferien im Ausland. Alte Kameraden. Weihestimmung im Bachverein.
Poi tutto è tornato nuovo tirato su dalla terra. Alti palazzi, altiforni, città alte, autostrade. Vacanze all’estero. Vecchi compagni di scuola. Atmosfera celebrativa al Bachverein.
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Marie Luise Kaschnitz Und doch, mein Jahrhundert vorüber, Wird mit Stacheldrahtzäunen Niemand mehr Geld verdienen. Diesseits und jenseits der Grenzen Bedeuten Worte dasselbe Vaterländer und die alten Schuldgefühle haben ausgespielt.
Eppure, passato il mio secolo, nessuno farà più i soldi con le barriere di filo spinato. Di qua e di là dai confini le parole hanno lo stesso significato quello di patria e i vecchi sensi di colpa hanno esaurito il loro ruolo.
Karte von Sizilien
La carta geografica della Sicilia
Ich zeichne Euch den Umriß. Einen Flügel Wie von der Schulter einer Siegesgöttin. Den Aufriß, eine Scholle Felsgebirge Stehen geblieben unterm Glanz der Sonne Indes mit Tang und Sand und Zug der Fische Das Meer die süßen Ebenen bedeckt. Das dunkle Strichwerk meint den Sturz der Hänge. Flußtäler sieben bleiben ausgespart. Ein Zackenkranz der Berg, wo Eis und Feuer Heilige Hochzeit halten. Jetzt rückt näher Am Abendtisch. Den Ölkrug heb ich auf. Wo ich die Tropfen fallen lasse, wachsen Wälder von schwarz und silbernen Oliven. Wo ich das Brot zerkrümle, weht die Saat Auf roten Hügeln, weiter Weg der Pflugschar. Das weiße Salz im Osten ausgeschüttet Meint Nahrung aus dem Meere, Salz und Fische Aber das gelbe Mondviertel Citrone im Norden Schatten der Laubendächer. Süßen Blühduft. Die roten Pfeile, ausgestreckt im Meer Dieser vom Festland, dieser von Afrika, Dieser von Spanien, der aus der Peloponnes Sind die Schiffswege der fremden Eroberer. Nun hebt vom Gartenpfad die weißen Kiesel Zu zweien, dreien. Glänzen sie Euch nicht Tempeln und Domen gleich im Mondeslicht – Doch stampf ich mit den Füßen, seht Wie sie schüttern und tanzen Wie im Beben der Erde der fällt, der steht. Die Lampe rück ich fort und wieder her Und wieder fort. Nun Licht. Nun Dunkelheit. Glanz und Verderben, ewiger Widerstreit.
Ve ne disegno il profilo: un’ala come dalla spalla di una Nike. La proiezione ortogonale: una zolla di roccia rimasta in piedi sotto il fulgore del sole mentre con alghe e sabbia e corteo di pesci il mare copre le dolci pianure. Le curve scure indicano lo strapiombo delle scarpate. Sette valli di fiume restano a parte, un serto di cuspidi è il monte, dove ghiaccio e fuoco celebrano le sacre nozze. Ora venite più vicini al tavolo della cena. Io alzo l’oliera di terracotta, dove lascio cadere delle gocce nascono orti di olivi neri e argentati. Dove sbriciolo del pane, ondeggia il seminato su rosse colline, un po’ più in là sta il coltro. Il sale bianco sparso ad oriente indica il nutrimento dal mare, il sale e i pesci, ma il giallo spicchio di luna i limoni al nord le ombre dei pergolati. Dolce profumo di fioriture. Le frecce rosse, distese sul mare, quella dalla terraferma, quella dall’Africa, quella dalla Spagna, quella dal Peloponneso, sono i tragitti delle navi dei conquistatori stranieri. Adesso raccattate dal sentiero i ciottoli bianchi a due, a tre. Non vi pare che splendano simili a templi e duomi al lume della luna? Eppure scalpitano i miei piedi, vedete come si agitano e ballano come fossero su una terra che trema, cade, risale. La lampada la rimuovo e la riaccosto e la rimuovo ancora. Ora luce. Ora ombra. Splendore e rovina, eterno conflitto.
Segesta
Segesta
In der Hand das Gefühl von winzigen Schneckenhäusern Zwergpalmenschäften und Dornen der Aloe. Unterm Fuße Geröll und uralten Pflasterstein.
Nella mano la sensazione di minuscoli gusci di lumaca incastri di palme nane e spine dell’aloe. Sotto i piedi ghiaione e antico lastricato.
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Marie Luise Kaschnitz Im Ohr das Angstgeschrei der kleinen Vögel Der Bewohner der Schlucht, der aufgescheuchten Vom Flügelschlag des Räubers.
Nell’orecchio il grido impaurito degli uccellini degli abitanti nel baratro, spaventati dal colpo d’ala dell’uccello di rapina.
Regen, Regen Auf dem Dach der hilflosen Hütte. Gespräch der Eingeschlossenen von alter Sorge Uralter Krankheit Armut.
Pioggia, pioggia sul tetto della indifesa capanna. Fra i rinchiusi un dialogo sulla vecchia paura, quella della secolare malattia, la miseria.
Am Nachmittag der helle Streifen Blau Im Westen. Fortgeschoben Zoll Um Zoll die schwere Decke. Irisfeuer In jedem Tropfen. Macchiagesumm.
Nel pomeriggio la chiara striscia di azzurro ad occidente. Allontanata passo passo la coltre pesante, fuoco d’iride in ogni goccia. Brusio della macchia.
Maultiergespanne wachsen aus dem Acker Pflüge der Vorzeit. Einsame Eselreiter Schwarze, erscheinen wieder am Saume des Himmels.
Tiri di muli crescono su dal campo aratri primitivi. Uomini in groppa ad asini neri, solitari, rispuntano sull’orlo del cielo.
Die Abendsonne saugt ertrunkene Gehöfte aus dem Schlamm und Fensterscheiben Mit kleinem rotem Licht darin zu glühen.
Il sole della sera risucchia annegate fattorie dal fango e vetri di finestre con piccole luci rosse a brillare dentro.
Vögel reißen empor die verkrusteten Wälder. Schmetterlinge rasten auf Kohlgerippen Auf den eisernen Sternen der Artischocke.
Uccelli si strappano via dai boschi striniti, farfalle riposano su stocchi di cavolo sui metallici asterischi dei carciofi.
Tief in die Nacht, die andre Verlassenheit Leuchtet der namenlose Unvergängliche Tempel. Säule und Schwelle Und die erhabene Stirn.
Nella notte profonda, l’altra solitudine, il tempio senza nome rilucente immortale. Colonna e zoccolo e l’eretta fronte.
Hic jacet Pirandello
Hic jacet Pirandello
Ausbedungen hatte sich der Dichter Ein anderes Grab. Ein luftigeres. Leichenbegängnis bei Nacht im Armensarg Gebein im Feuer und die Handvoll Asche Vom Wind ergriffen, dem der gerade weht.
Il Poeta aveva desiderato un’altra sepoltura. Un leggero corteo funebre di notte, una bara povera, ossa nel fuoco e la manciata di cenere lasciata al vento che soffia in quell’attimo.
Heimgeholt wider seinen Willen hat man ihn Urne zu Urne. Tönernes Gefäß Zu tönernem Gefäß. Wo flüchtige Mädchen der Quellgründe tanzen und fette Silene Gefangene hinter dem staubigen Glas.
Urna in urna venne riportato a casa contro la sua volontà. Vaso d’argilla in vaso d’argilla. Dove sfuggenti ninfe delle fonti danzano con grassi Sileni prigionieri dietro un vetro polveroso.
Welch eine Ruhstatt für den Ruhelosen Die suchenden Füße Die Brauen, die zuckten Den Mund, der formte Tag und Nacht Die finstere Sage der Armen.
Quale quieta dimora per l’inquieto i suoi piedi vaganti le sopracciglia che si aggrottavano la bocca che creava notte e giorno la oscura saga dei poveri.
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Marie Luise Kaschnitz Wie kann dem Wandernden behagen, hier Umgang zu halten mit den lüsternen Kustoden und den ausgesetzten Fremden? Kein Schrei, kein Duft Kein Strahl des Mittagslichts –
Come può piacere al girovago, di dialogare qui con gli avidi custodi e gli estranei impostigli? Non c’è grido, né odore né raggio di luce meridiana – Avvicìnati, guarda accanto al libro ormai ingiallito l’anfora panciuta dal fondo così nero come la pietra lavica di Sicilia, rossa brasatura come la terra da frumento di Agrigento. Ed Elena, la più amabile, a custodia del disfatto cuore del Poeta.
Tritt näher, sieh bei schon vergilbtem Buch Die bauchige Amphore. Grund so schwarz Wie Lavastein Siziliens, roter Schmelzfluß Wie Weizenerde Agrigents. Und Helena, die lieblichste, behütend Das zerfallene Herz des Dichters.
Der Eingeweihte
L’iniziato
Aus dem Tambourin hat er gegessen Aus der Zymbel hat er getrunken Ein
Ha mangiato dal tambourin ha bevuto dal cembalo un
Knabe hockend im Reisfeld Furcht mit dem Finger Die schwarze Erde Ein
ragazzo accovacciato nel campo di riso che solca col dito la terra nera un
Knabe springt über Gespiegelte Wolken Hierhin dorthin Unter den Wolken Ein
ragazzo salta sopra nubi rispecchiate in qua in là sotto le nubi un
Knabe hebt seine Stimme und Schwärme Von Worten gehen Wie Vogelzüge Aus seiner Brust.
ragazzo alza la sua voce e sciami di parole escono dal suo petto come stormi di uccelli.
Irgendwo inmitten Der brüllenden Städte Ich Senke das Antlitz Schreibe.
Da qualche parte in mezzo alle urlanti città io abbasso il volto scrivo.
Meine Neugier
La mia curiosità
Meine Neugier, die ausgewanderte, ist zurückgekehrt. Mit blanken Augen spaziert sie wieder Auf der Seite des Lebens. Salve, sagt sie, freundliches Schiefgesicht, Zweijährige Stimme, unschuldig wie ein Veilchen,
La mia curiosità, che era fuggita, è ritornata. Con puro sguardo passeggia di nuovo a fianco della Vita. Salve, mi dice, viso storto, voce di bambina di due anni, innocente come una violetta,
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Marie Luise Kaschnitz orecchie innocenti, guance pelle di pesce, rosa di mille bellezze tutto lei saluta, ciò che è brutto e ciò che è bello.
Grünohren, Wangen wie Fischhaut, Tausendschon Alles begrüßt sie, das Häßliche und das Schöne. Gerade als hätte ich nicht schon längst genug, Holt sie mir meinen Teil, meinen Löwenteil, An dem, was geschieht, aus Häusern, die mich nichts angehen. Ein Ohr soll ich haben fur jeden Untergang Und Augen fur jede Gewalttat.
Proprio come se non mi fossi stufata da tempo, lei mi consegna la mia parte, la mia parte del leone, di tutto quel che succede, dalle case che non mi riguardano. Devo prestare un orecchio ad ogni disfatta e un occhio ad ogni atto di violenza.
Die schonste Abendrote kommt dagegen nicht auf, Die zartesten Graser sind machtlos. Wie sehne ich mich nach der Zeit, als sie nichts zu bestimmen hatte, Als ich hintrieb ruhig im Kielwasser des Todes, In den milchigen Strudeln der Träume.
Il più bel rosso di sera invece non sorge, i più teneri grilli sono privi di forza. Che nostalgia ho dei tempi in cui lei non indagava niente, quando me ne scivolavo tranquilla nella scia della morte, nei lattescenti vortici dei sogni.
Vergeblich jag ich sie fort, meine Peinigerin. Da ist sie wieder, trottet und hüpft, Streift mich mit ihrem heißen Hüundinnenatem.
La scaccio inutilmente questa mia assillatrice. Eccola di nuovo qui, trotterella e saltella, mi sfiora col suo fiato di cagna.
Vergeblich beklage ich mich. Was fur ein schreckliches Lärmen, Was fur ein Gelauf und Geläute, Was fur eine Stimme, die aus mir selber kommt, Spottdrosselstimme, und sagt, Was willst du, du lebst.
Protesto inutilmente, ma che orribile fracasso. Che viavai e scampanio, che voce mi esce fuori, voce di scherno che dice, ma cosa vuoi, tu vivi.
Kein Zauberspruch
Niente formule magiche
Einiges wäre Entgegenzuhalten Der jungen vom Sturm Gekopften Schwarznuss
Qualcosa sarebbe da obiettare al giovane noce nero decapitato dall’uragano
Und allen viel schrecklicheren Gorgonenhäuptern
e a tutte le teste di Gorgone molto più spaventose
Kein Zauberspruch Keine Geste Worte einmal aufgeschrieben Will ich meinem Text einfügen
non una formula magica non un gesto io voglio inserire nel mio testo parole già scritte una volta
Etwa diese Aus Aquino Weil das Bose ist Ist Gott.
più o meno queste tratte da Tommaso d’Aquino siccome il Male esiste è Dio.
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Marie Luise Kaschnitz
Nicht gesagt
Non detto
Was von der Sonne zu sagen gewesen wäre Und vom Blitz nicht das einzige Richtige Geschweige denn von der Liebe. Versuche. Gesuche. Mißlungen Ungenaue Beschreibung
quel che del sole sarebbe stato da dire o del lampo, non una sola cosa giusta, figuriamoci dell’amore. Tentativi. Ricerche. Fallimenti inesatta descrizione
Weggelassen das Morgenrot Nicht gesprochen vom Sämann Und nur am Rande vermerkt Den Hahnenfuß und das Veilchen.
trascurato il rosso dell’alba non parlato del seminatore e solo annotato a margine il ranuncolo e la violetta.
Euch nicht den Rücken gestärkt Mit ewiger Seligkeit Den Verfall nicht geleugnet Und nicht die Verzweiflung
Non vi ho rincuorato con l’eterna beatitudine non rinnegato la decadenza e neppure la disperazione
Den Teufel nicht an die Wand Weil ich nicht an ihn glaube Gott nicht gelobt Aber wer bin ich daß
non dipinto il Diavolo più brutto perché io non ci credo non lodato Dio ma chi sono io per
Herbst im Breisgau
Autunno nel Breisgau
I
I
Drei Schritte von meinem Vaterhaus Bin ich über meinen Schatten gesprungen. Da hingen die Dächer firstab im Blau Die Linden wurzelten im Wolkenbett Die Toten flogen vom Weinberg auf Seltene Vögel. Gekleidet in die graue Wolle der Waldrebe Steigt der Herbst von der Höhe. Sitzt bei den Kindern am Wiesenfeuer. Die braten die Frösche Die knacken die Schenkel Die schlagen wenn der Abend graut Aus dem wilden schwarzen Kartoffelkraut Funken wie Sterne. Der Sog der Schwalben ist stärker als alles andre Er zieht aus der glitzernden Wiese die Zeitlose auf Und die Nebel die kommen und fliehen. Weil die Stare so hoch im Himmel schrieen Verlassen die Bienen den Efeu Und die Nebel die kommen und fliehen. Die Blätter der Linde lassen sich fallen Und die Blätter der Rosen. Ein Zug dorfaus Die riesigen Sonnenblumen voraus Die wilden schwarzen Medusen.
Tre passi dalla mia casa paterna Son saltata al di là della mia ombra. Là i tetti eran sospesi nell’azzurro I tigli affondavano radici nelle nubi I morti salivano volando dal vigneto Volatili strani. Vestito in grigia lana di clematidi Scende dall’alto l’autunno. Si siede al fuoco coi bimbi sul prato. Loro arrostiscono le rane Sgranocchiano le coscette Fanno uscire nel grigio della sera Da nere secche piante di patata Scintille come stelle. Il turbine delle rondini è più forte di ogni cosa Tira su dal prato luccicante la senza-tempo E le nebbie che vengono e vanno. Poiché gli storni gridano alti in cielo Le api abbandonano l’edera E le nebbie che vengono e vanno. Le foglie del tiglio si lasciano cadere E anche i petali delle rose. Un treno esce dal villaggio Dinanzi a lui gli enormi girasoli Le nere selvagge meduse. 10
Marie Luise Kaschnitz Dem Fels im Walde steigt der Nebel zu. Begräbt am Hang die Buchen und den Wein. Wo sonst die rauhen Wurzeln sich verschlingen Hängt graues Tauwerk aus den Eisenringen. Versteinte Muscheln färben sich opal Meerüber kommen die verlornen Segelschiffe Und die Kinder gehen schlafen in der Grotte. Feine Skelette legen sich zur Ruh. Im Hohlweg zieht die kleine Prozession Jesus aus Holz geschnitzt Auf dem Esel aus Holz geschnitzt. Jesus mit rosenroten Wangen Die kleinen Räder knarren und singen Eine Krone für mich eine Krone für Dich Aus der roten Berberitze. In den Springbrunnen fällt die Nacht Wie ein Stein vom Himmel. Schlägt dem Putto ins breite Gesicht, Reißt ihm die Locken herunter. Auf der Rose dem schwankenden Lächeln Treiben die Fische tot. Im grünen Osten steht der Fürst der Welt Die Blüte in der Hand. Im roten Westen steigt mit Lilienhänden Das Fleisch gen Himmel. Mein Bett das leichte Holz Treibt auf dem versandenden Strome. Die Uhren schlagen. Keine Stunde gilt.
Sale la nebbia verso il dirupo nel bosco. Seppellisce faggi e vigne sul pendio. Dove si avvinghiano ruvidi tralci Ora pende grigio cordame da ferrei anelli. Conchiglie fossili si fanno opalescenti D’oltremare giungono spersi velieri E i bimbi vanno a dormire nella grotta. Sottili scheletri si mettono a riposo. Sulla via cava sfila la piccola processione Gesù intagliato nel legno Sull’asina intagliata nel legno. Gesù dalle rosee guance Le piccole ruote stridono e cantano Una corona per me una per te Fatta di rosso crespino. Nella fontana a zampillo cade la notte Come una pietra dal cielo. Colpisce il putto sul largo volto, gli tira giù i suoi riccioli. Sul sorriso oscillante della rosa Galleggiano cadaveri di pesci. Nel verde oriente sta il principe del mondo Col fiore in mano. Nel rosso occidente cresce la carne Con mani di giglio fino al cielo. Il mio letto legno leggero Galleggia sulla corrente sabbiosa. Battono le ore. Non c’è ora che valga.
II
II
Ausgestreckt Das Gesicht in die Mulde gepreßt, Die Hände rechts und links Im Wald verkrallt, Den Mund voll Ackerkrume, Quellwasser im Haar, Den Atem angehalten Nußlaubatem: Alles soll bleiben, Keiner gehe fort. Denn dies ist ein Ort, Wo der Vogel im hohen Tambour, Der wundgeschlagenen, Seinen Ausweg findet. Und dies ist ein Ort, Wo der Hund mit dem goldbraunen Fell, Der im Walde lärmt, Heimkehrt am Abend. Wo die Liebe wandert Auf Schären des Untergangs Im Herzen der roten Sonne. Aber nichts bleibt, Nur die Glieder
Sdraiata bocconi La faccia premuta nell’incavo, Le mani a destra e sinistra Affondate nel bosco come artigli, La bocca piena di terra di campo, Acqua di fonte nei capelli, Il fiato trattenuto Fiato di foglie di noce: Tutto deve restare, Nessuno se ne vada. Ché questo è un luogo, Dove l’uccello nell’alto tamburo, Sbrecciato, Trova la sua via di fuga. E questo è un luogo, Dove il cane col pelo marrone-dorato, Che latra nel bosco, Torna a casa la sera. Dove l’amore vaga Su schiere del tramonto Nel cuore del sole rosso. Ma niente resta, Solo le maglie
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Marie Luise Kaschnitz Der Kette, die glatten, runden Milchweißen, fuchsfellbraunen Spielen mit meinen Fingern. Glühender Kiesel Kühle Kastanie Ein Sommer Ein Winter Ein Sommer. Meine Inseln blühen mir auf Im grauen Verputz der Mauer. Meine Briefe schreibe ich Mit der leichten Forellengräte Über den Hügelkamm. Abends sitz ich am Feuer, Bau in die Flasche Ein Haus, einen Brunnen, acht Linden, Ein Spruchband aus Schilfgras, Kein Wort darauf. Denn die Schrift der Sterne wird klarer, Wenn die Sterne verschwinden, Der Leib, von den Schlangen erstickt, Vergißt die Schlangen, Die den Tod übergangen, Die Knöchlein Im Mörser tanzen und singen.
Della catena, piatte, tonde, Bianche come latte, brune come pelle di volpe Giocano con le mie dita. Ghiaia rovente Castagna fresca Un’estate Un inverno. Un’estate. Le mie isole affiorano Sul grigio intonaco del muro. Le mie lettere le scrivo Con la leggera lisca di trota Sulla cresta delle colline. La sera siedo al focolare, Costruisco dentro la bottiglia Una casa, un pozzo, otto tigli, Un’insegna di falasco, Senza una parola sopra. Ché la scritta delle stelle si fa più chiara, Quando le stelle dileguano, Il corpo soffocato dai serpenti Dimentica i serpenti, Che hanno scavalcato la morte, Gli ossicini Nel pestello danzano e cantano.
Auferstehung
Resurrezione
Manchmal stehen wir auf Stehen wir zur Auferstehung auf Mitten am Tage Mit unserem lebendigen Haar Mit unserer atmenden Haut.
Talvolta ci alziamo ci alziamo per la resurrezione nel bel mezzo del giorno coi nostri capelli vivi con la nostra pelle che respira.
Nur das Gewohnte ist um uns. Keine Fata Morgana von Palmen Mit weidenden Löwen Und sanften Wölfen.
Intorno a noi c’è solo il consueto. Niente miraggi con palme con leoni pascolanti e mansueti lupi.
Die Weckuhren hören nicht auf zu ticken Ihre Leuchtzeiger löschen nicht aus. Und dennoch leicht Und dennoch unverwundbar Geordnet in geheimnisvolle Ordnung Vorweggenommen in ein Haus aus Licht.
Le sveglie non cessano di ticchettare le loro lancette luminose non si spengono. Il consueto però è leggero però è invulnerabile ordinato in un ordine segreto anticipato in una casa di luce. Traduzione di Nino Muzzi
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