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APRILE 2014

DOPPIO POKER

8 MINISTRE SU 16 MA NON È DEMOCRAZIA PARITARIA BIOETICA LA MEDICINA CHE PREVEDE IL FUTURO SENEGAL DOVE RUBANO LA TERRA

prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 69 - n.4 ISSN 0029-0920

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Le possibilità di abbonamento a NOIDONNE sono le seguenti: ordinario 25 euro straordinario 60 euro (hai diritto a 3 indirizzi o 3 copie) sostenitore 100 euro (hai diritto a 6 indirizzi o 6 copie) 1+1= 40 euro Due abbonamenti - almeno una nuova abbonata con un unico bollettino di soli 40 euro (anzichè 50 euro) Il versamento può essere effettuato con un bollettino di c/c postale sul conto nr. 000060673001 oppure con Bonifico su BancoPosta intestato a: Società Coop. Libera Stampa a rl c/o Studio Berto Fabio IBAN: IT57 D076 0103 2000 0006 0673 001


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DELFINA

di Cristina Gentile

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www.noidonne.org

SOMMARIO

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01 / DELFINA di Cristina Gentile

12/15 FOCUS/ DOPPIO POKER, MA…

03 / EDITORIALE di Tiziana Bartolini

12 IL CAMMINO DIFFICILE MA INEVITABILE VERSO LA DEMOCRAZIA PARITARIA di Daniela Carlà

SPECIALE: 1961/1970 quarto inserto di Silvia Vaccaro

13 GOVERNO: NOVITÀ E CONTRADDIZIONI ‘A SCRUTINIO SEGRETO’ di Marta Mariani

4/7 ATTUALITÀ 04 TROPPO ACERBA LA DEMOCRAZIA PARITARIA di Giancarla Codrignani 05 LA PRESIDENTE FERRAGUTI SI LAUREA

14 IL PRIMO GOVERNO 50E50 E I DUBBI CHE RESTANO. LE OPINIONI DI B. ROMAGNOLI, A. CHIRICOSTA, S. CERVELLI di Silvia Vaccaro

06 EUTANASIA. LA SCELTA TRA VITA E MATERIA di Stefania Friggeri

16/23 JOB&JOB

8/9 BIOETICA

17 DONNE DI FRONTIERA: CINZIA FRANCHINI PRESIDENTE CNA FITA di Laura Caputo

16 LA CASA VERDE CHE NON INQUINA INTERVISTA A DANIELA DUCATO di Alma Daddario

SGUARDI SULLA MEDICINA PREDITTIVA di Monica Toraldo di Francia

11 INTRECCI 11 LA CASA DELLE DONNE DI MILANO di Marina Piazza

18 NOIDONNE COOPERATTIVE LA MOSTRA E IL PROGETTO LEGACOOP di Costanza Fanelli 20 WELL_B_LAB*/OCCORRE UN’AGENDA DIGITALE PER LE DONNE di Giovanna Badalassi

Mensile di politica, cultura e attualità fondato nel 1944

DIRETTORA Tiziana Bartolini

Anno 69 - numero 04 Aprile 2014

EDITORE Cooperativa Libera Stampa a.r.l. Via della Lungara, 19 - 00165 Roma

Autorizzazione Tribunale di Roma n°360 del Registro della Stampa 18/03/1949 Poste Italiane S.p.A. Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 DCB Roma prezzo sostenitore 3.00 euro Filiale di Roma

PRESIDENTE Isa Ferraguti

La testata fruisce dei contributi di cui alla legge n.250 del 7/8/90

APRILE 2014 RUBRICHE

STAMPA ADG PRINT Via Delle Viti, 1 00041 Pavona di Albano Laziale tel. 06 45557641 SUPERVISIONE Elisa Serra - terragaia.elisa@gmail.com ABBONAMENTI Rinaldo - mob. 338 9452935 redazione@noidonne.org

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22 CIA/DONNE IN CAMPO INCONTRO CON MARIA SANTILONI di Maria Giuditta Politi e Donatella Manetti

26/27 EMILIA ROMAGNA 28 /30 MONDI 28 HAITI/L’ISOLA BELLA E SFORTUNATA ILIANA JOSEPH DI HAITITALIA di Nadia Angelucci 30 SENEGAL/LANDGRABBING MADE IN ITALY di Barbara Antonelli

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36 PETILIA POLICASTRO IN MEMORIA DI LEA GAROFALO LA GIORNATA DEL CORAGGIO FEMMINILE di Francesco Rizza 37 REBIBBIA, CARCERE ‘APERTO’ di Maria Fabbricatore 38 L’ALTRA ARTE AL MUSEO D’ARTE IRREGOLARE A SOSPIRO (CR) LA MOSTRA WOMEN di Camilla Ghedini 40 OBBIETTIVO DONNA 2014 LUOGHI E NON LUOGHI 42 ALLACCIATE LE CINTURE/ FERZAN OZPETEK IDA/ PAWEL PAWLIKOWSKI di Elisabetta Colla

LIBRI 32 COME UN PAESAGGIO/ S.BURCHI - T.DI MARTINO di Maria Luisa Venuta 32 TRIESTE/ ESPANSIONI 2014 34 LA PRIMA CAPOREDATTORA RAI IN SICILIA: SILVANA POLIZZI di Mirella Mascellino 35 POZZUOLI (NA)/A CORTO DI DONNE

AMICHE E AMICI DEL PROGETTO NOIDONNE

Clara Sereni Michele Serra Nicola Tranfaglia

Laura Balbo Luisella Battaglia Francesca Brezzi Rita Capponi Giancarla Codrignani Maria Rosa Cutrufelli Anna Finocchiaro Carlo Flamigni Umberto Galimberti Lilli Gruber Ela Mascia Elena Marinucci Luisa Morgantini Elena Paciotti Marina Piazza Marisa Rodano Gianna Schelotto

Ringraziamo chi ha già aderito al nuovo progetto, continuiamo ad accogliere adesioni e lavoriamo per delineare una sua più formale definizione L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o cancellazione contattando la redazione di noidonne (redazione@noidonne.org). Le informazioni custodite nell’archivio non saranno né comunicate né diffuse e verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati il giornale ed eventuali vantaggiose proposte commerciali correlate. (L.196/03)

ERRATA CORRIGE A pag 16 del numero di marzo 2014 nell’articolo dal titolo ‘Il Maghreb tra laicismo e tradizione’ è stato riportato erroneamente il nome Ilaria Pietrantoni invece di Ilaria Guidantoni.

RINGRAZIAMO LE AMICHE E GLI AMICI CHE GENEROSAMENTE QUESTO MESE HANNO COLLABORATO

Daniela Angelucci Nadia Angelucci Barbara Antonelli Giovanna Badalassi Bruna Baldassarre Tiziana Bartolini Luca Benassi Barbara Bruni Laura Caputo Marco Carini

Daniela Carlà Giancarla Codrignani Elisabetta Colla Viola Conti Alma Daddario Maria Fabbricatore Costanza Fanelli Stefania Friggeri Cristina Gentile Camilla Ghedini Michele Grandolfo Catia Iori Donatella Manetti Marta Mariani Mirella Mascellino Cristina Melchiorri

09 Il filo verde di Barbara Bruni 10 Salute BeneComune di Michele Grandolfo 23 Strategie private di Cristina Melchiorri 24 Life coaching di Catia Iori 33 Versione Santippe di Camilla Ghedini 44 Leggere l’albero di Bruna Baldassarre 44 Donne&Consumi di Viola Conti 45 Spigolando di Paola Ortensi 46 Con ago e filo Fondazione Cerratelli 46 FAMIGLIA, SENTIAMO L’AVVOCATA di Simona Napolitani 47 L’OROSCOPO DI ZOE 48 POESIA Fabiana Frascà Dove la verità è nuda di Luca Benassi

Roberta Mori Simona Napolitani Marisa Ombra Paola Ortensi Marina Piazza Maria Giuditta Politi Francesco Rizza Monica Toraldo di Francia Silvia Vaccaro Maria Luisa Venuta

‘noidonne’ è disponibile nelle librerie Feltrinelli ANCONA - Corso Garibaldi, 35 • BARI - Via Melo da Bari 117-119 • BOLOGNA - Piazza Galvani, 1/h • BOLOGNA - Via Dei Mille, 12/a-b-c • BOLOGNA - Piazza Porta Ravegnana, 1 FIRENZE - Via dei Cerretani, 30-32/r • MILANO - Via Manzoni, 12 • MILANO - Corso Buenos Aires, 33 • MILANO - Via Ugo Foscolo, 1-3 • NAPOLI - Via Santa Caterina a Chiaia, 23 PARMA - Via della Repubblica, 2 • PERUGIA - Corso Vannucci, 78 - 82 • ROMA - Centro Com.le - Galleria Colonna 31-35 • ROMA - Via Vittorio E. Orlando, 78-81 • TORINO - Piazza Castello, 19


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NON CHIAMATELE PIÙ

QUOTE ROSA

STIAMO PARLANDO

DI DEMOCRAZIA

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olta acqua è passata sotto i ponti da quando le chiamavamo quote rosa. Pensavamo che fosse necessario - ma anche sufficiente - chiedere un po’ di spazio nelle assemblee elettive. Le chiamavamo quote rosa perché l’idea di maneggiare il potere ci preoccupava e quindi un 20% ci sembrava rassicurante: potevamo esserci, ma senza eccessiva esposizione. Era insomma la richiesta di una partecipazione a responsabilità limitata. Abbiamo poi capito che quella strada non era adeguata rispetto all’ambizione di mettere in gioco, davvero e fino in fondo, saperi e competenze per modificare ordini di priorità o prospettive consolidate e considerate le uniche possibili. Con la scelta del 50e50 - sostenuta dalla lungimirante campagna dell’UDI che nel 2007 ha raccolto 120mila firme per una proposta di legge di iniziativa popolare - si è affrontato un dialogo alla pari con la politica: siamo la metà e così dobbiamo pensare la rappresentanza. L’abbiamo chiamata democrazia paritaria, definizione la cui densità ed enormità di significati ha spazzato via il resto. La condivisione di questa visione non è ancora sufficientemente ampia, neppure tra le donne. Ma la strada è aperta e il tempo ci darà ragione perché, semplicemente, è nel logico fluire delle cose. Intanto la bocciatura alla Camera dei Deputati degli emendamenti sulla rappresentanza di genere al testo della nuova legge elettorale è il simbolo delle resistenze di un sistema paralizzato che non sa dare risposte ad una questione politica che le donne hanno posto alla politica: non è più tollerabile per la metà della popolazione delegare all’altra metà le scelte del presente e del futuro, della qualità della vita

e della salute, degli investimenti e dell’economia. Non è più tollerabile una democrazia incompiuta. Il fatto è che le guardie asserragliate nel ‘Palazzo’ non sono canute e incravattate. Quella che avevamo salutato come una delle novità delle ultime elezioni - un Parlamento rigenerato da un gran numero di giovani e donne - non è riuscita a sintonizzarsi su modulazioni di frequenza diverse dal passato. E hanno avuto la meglio le (solite, vecchie) logiche di cordata o di partito. Certamente non sfugge la peculiarità del contesto con i delicati equilibri e contrapposizioni, dall’accordo Renzi/Berlusconi all’accelerazione del nuovo governo. Ma non era illusorio sperare che la democrazia paritaria fosse esclusa dal gioco dei veti incrociati e di parte. Il capitolo si riapre al Senato e, pare, sarà anche presto chiuso. Ma questa vicenda - al di là dell’esito finale - ha già posto un altro grande tema: quello del ruolo delle elette, del senso del loro stare nelle istituzioni. Combattiamo una battaglia affinché non siano richieste, solo alle donne, speciali competenze e titoli. Solidarizziamo con loro se sono giudicate più per le “forme che per le riforme”. Ma ci aspettiamo un operare ‘come donne’ perché abbiamo investito le nostre energie per aprire la strada a tante e valide competenze femminili. Appunto: femminili, non neutre e non maschie. L’istanza del 50e50 è un atto politico perché è una assunzione di responsabilità reciproca, per chi la chiede e per chi ne fruisce, perché muove dalla necessità di portare nel sistema un cambio di passo. Questo è il contratto non scritto che noi donne, prima o poi, dovremo stipulare. Tiziana Bartolini

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TROPPO ACERBA LA DEMOCRAZIA DI GENERE di Giancarla Codrignani

Manca una teoria dei diritti di genere e una configurazione autonoma dei poteri che rendano possibili strategie condivise sul governo della polis Molti anni fa il femminismo era separatista a oltranza nei confronti delle istituzioni. La preclusione poi cadde, senza discussioni di merito. E questo non fu un bene. Infatti, ancora manchiamo di una teoria dei diritti di genere e di una configurazione autonoma dei poteri che rendano possibili strategie condivise su come giocare gli interessi femminili rispetto al governo della polis. A distanza di decenni dalla contrapposizione tra femminismo di “liberazione” ed emancipazionismo storico, siamo arrivate alla “piena parità” e il governo Renzi è il primo “50 / 50 %”. Una conquista, evidentemente. Oltre alla bella soddisfazione di vedere il pancione della Madia e una Pinotti alla Difesa o la manifestazione di soli-

“maschili”; vero è che Federica Mogherini - come del resto Emma Bonino prima di lei - non poteva far lezione di femminismo alla conferenza dei ministri degli esteri europei.... Comunque per ora non è percepibile “la differenza” di un femminile che rappresenti la cultura delle donne, proprio in tempi di quelle riforme urgenti che sarebbero avvantaggiate dalle innovazioni proposte (e trascurate) delle nostre studiose. Quindi sarà bene ragionare se si apre una fase liberatoria o se si è completata l’emancipazione: anche le donne dopo gli schiavi, i neri, i popoli colonizzati. Di recente i giornali hanno ricordato che, quanto al (chiamiamolo pure) “capitale umano”, una donna “vale la metà di un uomo”. La famiglia è, come “istituto” terremotata da cambiamenti che

darietà di genere di fronte al tentativo sessista di cancellare la parità nella legge elettorale, non è che abbiamo caricato le immagini di eccessivo significato simbolico e l’assenza di un Ministero delle Pari pportunità significa che la presenza politica non fa tutt’uno con l’accoglimento paritario della cultura e dei diritti delle donne? È ancora presto per giudicare; tuttavia le prime dichiarazioni e i primi interventi sono totalmente politici, diciamo

impongono di parlare più di affettività che di interessi. Poi succede che “su internet un anonimo ti chiama puttana” e, almeno in linea di principio non vorremmo leggi di controllo sulla libertà della rete. La legge 40 sulla fecondazione assistita, assolutamente incompresa dieci anni fa dalla sinistra, aspetta solo la sanzione della Consulta, dopo 28 interventi della magistratura e della Corte di Strasburgo. Le donne italiane vorrebbero vedere messi all’ d del Parlamento i


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propri interessi. ltrimenti che cosa facciamo al overno in quanto donne? La questione riguarda la natura della democrazia a partire dal significato dell’uguaglianza, parola che pone sempre la domanda “rispetto a che cosa?”. Siamo uguali per comune umanità e giuridicamente “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”? Ma, se le lingue sono diverse e i ricchi non sono uguali nemmeno davanti alla legge? Il punto dolente è che qualunque legge “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo : anche se per tutte le giurisprudenze del mondo il termine uomo “comprende anche la donna”, di fatto uomo e persona (termine più proprio della cultura cattolica) non comprendono un diritto femminile che, almeno per la maternità, esige l’autonomia. La “democrazia di genere”, dunque, riferita alle istituzioni è ancora acerba se si limita alla parità con l’uomo, che resta l’unico riferimento - apparentemente neutro - del diritto. Secondo questa linea al top della statistica internazionale per la presenza femminile nei Parlamenti si trova il anda, con il della rappresentanza: le donne avrebbero la maggioranza, ma il “genere” - per convenzione universalmente taciuta - è in realtà il solo sesso biologico. ’altra parte, in ermania al vertice sta una “governante” e già la morfologia sotterraneamente nega le scelte politiche generali secondo la cultura femminile. Idem per Dilma Rousseff in Brasile, per la treccia bionda di Julia Timoshenko e per Christine Lagarde, capo del Fondo Monetario o Janet Yellen, signora della Federal Reserve. In Europa su 28 paesi abbiamo oggi 5 ministre della Difesa. Bello se il genere aiuterà a far capire che è meglio una difesa europea unica e non 28 eserciti costosi e poco efficaci, ma è pura razionalizzazione, ci arriverebbe anche un uomo. Per ora il concreto della politica è stato avviato sulla stretta competenza, con la rettora iannini, per esempio, intenzionata a finanziare le scuole private e la Madia in dissenso sull’aborto. Vedremo, al solito, le proposte di legge e le discussioni parlamentari specifiche. ’altra parte, se siamo pi brave, comanderemo sempre di più. Ma senza nuovi apporti di pensiero ci adegueremo, almeno visibilmente, al modello unico, con tutti i limiti che contrappongono lavoro e affettività, gerarchia e democrazia. Rossana Rossanda in un contesto politico che riguardava normali vertenza sociali diceva che “non basta spezzare l’ordine simbolico per spezzare il potere .b

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LA PRESIDENTE SI LAUREA!

Il 10 marzo 2014, presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, la Presidente della Cooperativa Libera Stampa (editrice di NOIDONNE) Isa Ferraguti si è laureata in Scienze Giuridiche dell’Impresa e Pubblica Amministrazione, relatore Prof. Giuseppe Pellacani, con una tesi sulla situazione professionale dei dipendenti del Senato. Una laurea è sempre un bel traguardo, ancora più degno di nota se a raggiungerlo è una signora di settantuno anni, a conferma della sua tempra di combattente. “Ho sempre rimpianto la mancanza di studi e nutrito un sentimento di inferiorità riguardo a chi poteva anteporre al proprio nome un dott. che sanciva le sue conoscenze - dice con orgoglio e con gli occhi che le brillano -. Però il tempo è sempre stato poco e la laurea è sempre rimasta un progetto irrealizzabile. Eppure il mio consorte, defunto ormai da tempo, mi ha sempre spinto a fare di più, a osare qualunque cosa mi permettesse di realizzarmi. Ecco, questa laurea l’ho presa anche grazie a lui”. Tanti auguri, Isa, da tutte noi… donne e dalle amiche di NOIDONNE!


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EUTANASIA

LA SCELTA TRA VITA E MATERIA di Stefania Friggeri

In Belgio l’eutanasia sui minori è prevista per legge. Il dibattito si infuoca tra chi difende la vita e chi si interroga su che cosa è vita Nel romanzo “ Amatissima” della scrittrice afroamericana Toni Morrison una schiava fuggitiva, quando ormai comprende che sta per essere catturata, uccide la figlia che aveva con sé: perché non venga costretta a lavorare oltre le sue forze, perché non subisca violenza (percosse e stupro), perché non sia trattata come una “cosa”, anziché come un essere umano. Un gesto sconvolgente oltre misura perché viene compiuto da una madre, da “sua” madre. E reazioni simili, provocate da un sentimento di raccapriccio ed incredulità, ha suscitato anche la proposta di legge votata in Belgio che estende l’eutanasia ai minori. I quali se tormentati da una sofferenza fisica costante e non sopportabile, che non può essere alleviata e che viene prodotta da una malattia grave e in incurabile” possono chiedere di porre fine alla vita, col consenso dei genitori e di uno psicologo che attesta la loro libertà di decidere. Ma questa proposta di legge, che ha scatenato un accalorato dibattito, viene letta dai suoi detrattori come il tragico esito dell’alleanza storica fra il materialismo socialista e l’individualismo del pensiero liberista : il primo ha ridotto la dimensione umana ad una massa indistinta senza volto, il secondo l’ha semplificata nell’io individuale. amose, fra le numerose e diverse citazioni, quella dell’economista liberale Stuart Mill: “Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente l’individuo è sovrano”, parole che progressivamente e lentamente, ma inesorabilmente, hanno guidato le donne sulla strada della rivendicazione: “l’utero è mio e lo gestisco io”. Ma su quell’utero la Chiesa cattolica ancora oggi afferma la sua sovranità, come è accaduto per secoli quando la fede religiosa, e dunque l’ossequio alla Chiesa, era talmente compenetrato nelle coscienze e pervasivo nella società da condizionare la vita privata e pubblica, il potere politico, le forze economiche e persino le cognizioni scientifiche vedi alileo . ggi nella società secolarizzata le cose sono profondamente cambiate e infatti le argomentazioni dei religiosi contro l’eutanasia prendono spunto e si

fanno forza della cultura del welfare: se il mio corpo è mio, se la mia vita è mia, l’io è ridotto ad una proprietà privata e perde la sua qualità fondamentale di persona, di un io cioè che entra in relazione con gli altri, si “prende cura”, si fa compassionevole, solidale e dunque umano. E allora, se Welby ha chiesto l’eutanasia, è lecito dedurne che Mina, o per egoismo o per ragioni ideologiche, non ha avuto un atteggiamento solidale verso il marito Si chiede alimberti: “Che cos’è la vita? La semplice animazione della materia…o il rispetto dell’individuo, della sua coscienza, della sua deliberazione che proprio il cristianesimo, e non altri, ha eretto a valore indiscusso . Secondo alimberti infatti dobbiamo distinguere fra la “morte umana” e la “morte biologica”, quando la vita è un puro processo organico e il paziente viene espropriato di quello che la vita rappresenta per lui; e conclude: “l’argomento della Chiesa cattolica è troppo generico, quando non addirittura decisamente materialistico, se riduce il concetto di ‘vita’ al semplice prolungamento biologico dell’organismo”. An-


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che il prof. Veronesi si è interrogato sul ruolo del diritto nelle questioni bioetiche, ovvero se sia opportuno fissare dei criteri razionali per affrontare i problemi morali e giuridici generati dal progresso stupefacente delle biotecnologie; pur essendo a favore dell’eutanasia, anche perché in

alcuni casi il ricorso alle cure palliative per alleviare il dolore non funziona, di fronte alla legge sull’eutanasia dei minori proposta in Belgio, il prof. Veronesi pensa che “non ci sarebbe bisogno di una legge. Una decisione così drammatica non può essere presa che volta per volta, a discrezione delle coscienze.” Vale a dire: dal momento che le norme giuridiche sono sempre regole astratte e generiche, lontane dalla realtà e specificità dei casi concreti, il singolo caso, unico ed irripetibile, va lasciato alla decisione dei medici, dei genitori e dello stesso paziente, se già in grado di intendere. Ma qui si entra nel campo minato delle questioni etiche, delle decisioni personali prese nell’intimo della coscienza: dove, come dimostra il caso del’aborto, il diritto, se è rigido e punitivo, finisce per essere ignorato e produce solo clandestinità, laddove un diritto “mite” (come sempre nei casi di coscienza raccomanda Zagrebelsky) permette di affrontare i problemi più drammatici in un clima solidale, anziché in quello penalizzante della solitudine. Ma la posizione della Chiesa, anche all’in-

terno di una legislazione rigida e severa sull’eutanasia, rimane ostile a qualsiasi normativa in cui vede il piano inclinato che porta alla banalizzazione della morte, alla sua burocratizzazione: attraverso la documentazione cartacea e le procedure di rito la morte, come ha denunciato Papa rancesco, diventa simbolo di quella cultura dello scarto che ha infettato e corrotto la società contemporanea, privandola del carattere di comunità solidale. Non solo: nell’eutanasia neonatale c’è anche l’estendersi oltre misura del potere dei medici, divenuti ormai i veri decisori nel campo di una medicina specialistica sempre più progredita, ove le biotecnologie creano dilemmi gravissimi (vedi un caso già discusso in tribunale: se, dopo aver partorito il bambino, la donna che ha messo a disposizione il suo utero rifiuta di consegnarlo alla madre affittuaria , a chi va affidato il neonato . ilemmi gravissimi per anche per i medici, come dimostra il Protocollo di roningen sull’eutanasia neonatale applicato in landa su richiesta dei medici che non tolleravano più la responsabilità di tenere in vita neonati con patologie gravissime, dolorose ed irresolubili; patologie di cui la gente comune non ha la minima idea, come documenta il dottor Verhagen nel numero 9/2013 di Micromega: “L’impulso a redigere il Protocollo ci venne al tempo dall’enorme dilemma in merito al migliore intervento da adottare per una neonata affetta dalla forma più grave di una malattia cutanea letale chiamata Epidermolisi bullosa”, (ogni volta che il bimbo viene toccato, la pelle si stacca provocando ulcere dolorose che, quando vengono curate, procurano altra sofferenza; anche il tessuto che ricopre la bocca e l’esofago viene distrutto mentre si procede, per intubazione, a nutrirlo). “I genitori chiesero l’eutanasia… Il timore di poter essere perseguiti legalmente per omicidio doloso, tuttavia, ci costrinse a rifiutare la richiesta… Quando ci fu riferito come la bambina era morta tre mesi dopo, decidemmo di creare un protocollo che ci aiutasse a stabilire in futuro in quali casi l’eutanasia potesse essere la scelta appropriata. Inoltre volevamo che il protocollo contribuisse a disciplinare la pratica dell’eutanasia neonatale e renderla più trasparente.” Concludendo: se la madre di quella infelice bambina ha chiesto l’eutanasia, lo ha fatto per liberarla da una vita disumana, lo ha fatto perché una donna non è un utero ambulante ma un essere umano e, quando custodisce la vita nel suo ventre, spera una cosa sola: che il figlio nasca sano. on una madre snaturata dunque ma, come il personaggio di “Amatissima”, una madre che vede nel prolungamento della vita biologica del figlio la morte della sua dimensione di essere umano, l’espropriazione di un concetto di vita più alto del puro processo organicistico ispirato ad un grossolano materialismo. b

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Monica Toraldo di Francia* Istituto Italiano di Bioetica www.istitutobioetica.org

SGUARDI SULLA

MEDICINA PREDITTIVA

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l crescente espansionismo sociale della medicina contemporanea può trovare oggi supporto nella trasformazione subita dalla nozione di malattia, la cui applicabilità non riguarda più solo una condizione attuale, ma si proietta nel futuro come predizione, o come previsione di ‘maggior rischio’ di ammalarsi. Questa trasformazione, dalle conseguenze etico-sociali ancora non pienamente valutabili, è il portato dei grandi progressi avvenuti nell’ambito della genetica umana che hanno permesso l’emergere e il consolidarsi di una nuova branca del sapere medico: la `medicina predittiva’ o `prospettica’, capace di “definire la probabilità che un evento patologico si determini in un soggetto che non mostra segni clinici di malattia”.

risolutive, mentre, per quanto riguarda Strumento privilegiato della medicina la maggior ‘suscettibilità’ individuale predittiva sono i test genetici in grado, a contrarre malattie comuni multifatsulla base dell’analisi del DNA di un intoriali, troppo poco ancora si sa sulle dividuo fenotipicamente sano, vuoi di complesse interazioni fra fattori geneeffettuare una vera e propria previsiotici e fattori ambientali (compresi quelli ne dell’insorgenza della malattia, nel concernenti la fisiologia dell’organismo caso sia determinata dalla mutazione nel suo complesso e quelli ambientali di un gene specifico - malattia i cui priesogeni: condizioni di vita e di lavoro, mi sintomi potranno comparire anche alimentazione, particolari suscettibilità molti anni dopo, come accade per le ad agenti nocivi ecc.) perché tali inforcosiddette malattie genetiche ‘ad insormazioni possano rivelarsi realmente utili genza tardiva’ - vuoi di identificare nusotto il profilo preventivo. merose varianti genetiche responsabili Per quanto riguarda l’impiedi un’aumentata suscettibilità go delle nuove conoscendel soggetto a sviluppare OGGI LA NOZIONE ze genetiche nell’ambito nel corso della vita deDI MALATTIA NON delle decisioni procreterminate patologie. In atine, molti sono gli quest’ultimo gruppo RIGUARDA PIÙ SOLO etici rientrano le vulneUNA CONDIZIONE ATTUALE, interrogativi che pone l’increrabilità ereditarie MA SI PROIETTA NEL FUTURO mento della gama evolvere malatCOME PREVISIONE DI ma dei test genetici tie cardiovascolari, prenatali, o effettuabicerte forme di tumore, ‘MAGGIOR RISCHIO’ DI li, grazie alle tecniche di diabete, di malattie AMMALARSI di fertilizzazione in vitro, neurodegenerative, come sugli embrioni prima del ad esempio l’Alzheimer. E trasferimento nell’utero della madre. la lista si allunga ogni giorno. Ad oggi, In quest’ultimo caso, la possibilità tuttavia, solo per poche malattie geesistente per le coppie a rischio di netiche ereditarie la diagnosi precoce trasmissione di malattie genetiche permette l’adozione di misure prevengravi di determinare il sesso dell’ovutive efficaci, o l’applicazione di cure


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Il filo verde lo fecondato - alcuCON LA ne delle più gravi RIDEFINIZIONE malattie ereditaE L’AMPLIAMENTO rie colpiscono DEL CONCETTO DI MALATTIA soprattutto LA MEDICINA PREDITTIVA bambini maHA COSTRUITO LA NUOVA schi, essendo CATEGORIA SOCIALE DEGLI legate al cro‘INALATI VIRTUALI’, mosoma X - o di O `UNPATIENTS’ individuarne eventuali ‘difetti’ genetici di altra natura, rende già praticabile una selezione embrionale che desta preoccupazione perché, si dice, potrebbe aprire la strada a un nuovo ‘eugenismo’ e alla ricerca del ‘bambino perfetto’. Ma anche in questo settore si dovrebbe evitare il ricorso all’argomento retorico del ‘pendio scivoloso’ per legittimare l’adozione di leggi punitive e proibizionistiche, del tipo esemplificato dalla legge italiana in materia di procreazione medicalmente assistita (la legge 40), e la conseguente imposizione di crudeli sofferenze oggi evitabili. Le nuove conoscenze recano con sé, inevitabilmente, nuove responsabilità nei confronti della ‘qualità di vita’ che si prospetta per i nascituri, responsabilità che comportano l’onere di tracciare delle distinzioni - sempre difficili, provvisorie e rivedibili sulla base della specificità di ogni nuovo caso’ - fra scelte che devono rimanere di esclusiva competenza dei soggetti più direttamente coinvolti, in primo luogo della madre che dovrà mettere al mondo il nuovo ‘essere umano’, e scelte che dovremmo invece cercare di contrastare, non necessariamente ricorrendo alla norma giuridica. Ritengo tuttavia che si debba anche stare attenti a che il discorso medico sull’importanza della conoscenza del proprio sé biologico e sulla ‘prevenzione’ non perda di vista la sua finalità, che è quella di migliorare la qualità della vita dei singoli, e si rovesci in un processo di più o meno occulta medicalizzazione dell’intera esistenza, frammentandola in

una serie di età e di situazioni ‘a rischio’, così da rendere ancora più arduo pensare la propria continuità biografica in modo progettuale proprio a partire dall’ accettazione del fatto che ognuno di noi ha un tempo finito da vivere. Se questo discorso a livello generale può apparire astratto e preconcetto, credo che possa acquistare di spessore quando passiamo a considerare più da vicino quelli che, a mio parere, sono i risvolti più problematici della medicina prospettica. on la ridefinizione e l’ampliamento del concetto di malattia, la cui applicabilità viene estesa nel tempo, la medicina predittiva ha costruito una nuova categoria sociale, quella dei ‘inalati virtuali’, o `unpatients’: una categoria, in progressiva crescita, di persone classificabili, sulla base del profilo genetico, come soggette a maggior ‘rischio’ di ammalarsi e, pertanto, più esposte a forme di discriminazione nell’inserimento nel mercato del lavoro, nella vita di relazione, nell’accesso alla fruizione di beni quali l’assicurazione sanitaria e sulla vita. Come si può intuire, gli aspetti critici di questi sviluppi sono molteplici e non affrontabili in queste note; qui mi limito solo ad accennare a una questione che mi sta particolarmente a cuore. Troppo spesso ci si preoccupa solo di come impedire, o regolamentare l’accesso ai dati genetici ‘sensibili’ da parte di terzi, per evitare le peggiori derive discriminatorie nei confronti di questa nuova categoria di cittadini particolarmente

di Barbara Bruni

INDONESIA: MANTE IN SALVO, UN BUSINESS REDDITIZIO Il Governo di Giacarta (Indonesia) ha annunciato che chiuderà alla pesca 5,8 milioni di chilometri quadrati di area marina per realizzare il più grande santuario al mondo per le Mante. La decisione è arrivata non solo per fini ambientali, quanto per gli effetti economici legati al turismo. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Plus One, il valore di un singolo esemplare vivo nel sud del Pacifico - grazie all›affluenza di un turismo specifico! - arriva a circa 2 milioni di dollari nel corso della sua vita, contro i soli 40/200 dollari nei mercati del pesce.

AUMENTA L’IMPORT ITALIANO DI LEGNA DA ARDERE Con tre milioni di tonnellate (+15% nel 2013 rispetto al 2012), l’Italia si conferma il primo importatore mondiale di legna e pellet. L’aumento del costo del riscaldamento tradizionale sembra abbia fatto proliferare nel corso dell’inverno l’uso di stufe e camini (circa 6 milioni). Nonostante un terzo del Paese sia ricoperto di boschi (10 milioni di ettari), il prelievo legnoso nazionale nell’ultimo decennio è stato meno del 25% della superficie boschiva italiana (8 milioni di metri cubi/anno).

L’ABBRACCIO DELL’ELEFANTE Secondo uno studio realizzato dalla Mahidol University in Thailandia, anche gli elefanti si consolano a vicenda quando sono in difficoltà. Dall’osservazione su un campione di 26 elefanti è stata scoperta una gestualità equivalente a quella di un abbraccio o di una stretta di mano negli esseri umani: gli elefanti “toccano” con la proboscide i loro amici per cercare di calmarli. In questi particolari momenti, i grandi animali emettono anche rumori confortanti, paragonabili alle parole e alla tonalità che gli esseri umani usano per calmare un bambino. Sono quindi dotati di empatia. Un “comportamento consolatorio” era stato evidenziato prima solo nelle grandi scimmie, nei cani e in alcune specie di volatili.

DI CAPRIO AMBIENTALISTA Leonardo di Caprio ha donato tre milioni di dollari ad Oceana, un’associazione che in California si occupa di proteggere le specie marine minacciate (tra cui gli squali). Oceana è attualmente impegnata a sostenere l’abolizione di quelle reti lasciate libere di spostarsi nel mare seguendo le correnti. Impedendo questa tecnica di pesca si cerca di proteggere delfini, balene, tartarughe e altri animali marini che vengono catturati e uccisi per le “catture accessorie”.


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vulnerabili. Adoperarsi per garantire la massima riservatezza dell’informazione genetica è certamente necessario, ma non sufficiente. i dovremmo anche chiedere quanto la conoscenza della propria predisposizione o suscettibilità genetica a evolvere determinate malattie ed il percepirsi, ed essere percepiti da chi è più vicino, come soggetti ‘a maggior rischio’ - o predestinati a un destino infausto e a una morte precoce, rispetto alle aspettative di vita media - si rifletta su e condizioni lo sviluppo del proprio senso di sé, della propria autostima e identità; ovvero, quanto l’informazione prospettica possa influire negativamente sulla costruzione del proprio mondo affettivo e relazionale, coartando le scelte di vita ed inibendo il libero sviluppo della personalità, in società quali le OCCORRE nostre. Vorrei dire in un MIGLIORARE LA mondo in cui la fragilità QUALITÀ DELLA VITA psichica e l’insicurezDEI SINGOLI ED EVITARE za ontologica sono CHE SI ATTIVI UN PROCESSO sempre latenti e le certezze di immagine, DI MEDICALIZZAZIONE come di accettabilità DELL’INTERA sociale, vengono in misuESISTENZA ra crescente a dipendere dalla capacità di adeguamento ai modelli dominanti di efficienza corporea, di salute, di normalità’ fisica e psichica. A questo proposito, e a conclusione di queste note, voglio ricordare gli studi della femminista foucaultiana Iris Marion Young (Young 1990) sulle fonti di oppressione sociale che sono il portato di norme, abitudini, stereotipi e rappresentazioni simboliche la cui forza risiede nel non essere mai messe in discussione. Anche nelle odierne società liberal-democratiche ‘ben intenzionate’ è latente lo ‘stigma’, spesso retrocesso dal livello discorsivo e cosciente a quello dei comportamenti pratici e del linguaggio dei corpi: battute, lapsus, gesti, varie reazioni irriflesse che denotano l’istituzione di una tacita gerarchia fra corpi ed un disagio nei confronti di chi, l’ ltro, viene identificato con un ‘corpo’ imperfetto, difettoso o ‘differente’ rispetto a un sottointeso modello di normalità e di accettabilità sociale. * Università di Firenze

FEMMINISMO E MASCHILISMO

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i riflette poco sul valore universale, per tutte e per tutti, dell’istanza dell’autonomia delle donne (in relazione, come dice Caterina Botti) e dell’autodeterminazione e il maschilismo se è in primo luogo forma di oppressione è anche gabbia costrittiva del genere maschile (tanto costrittiva da far accettare la macelleria della guerra). E le litanie continuano con le solite affermazioni sulla fragilità della condizione femminile, della necessità dell’esercizio della tutela e frotte di entrambi i sessi che si offrono come tutori/tutrici. E ripropongono il dominio. La libertà e l’autodeterminazione non possono essere elargite: si conquistano e le persone oppresse nel liberare sé stesse liberano il mondo. Nel secolo dell’industrializzazione di massa per la produzione di quantità la forma più esplicita del dominio si esprimeva nella condizione operaia e la lotta di classe rappresentava la espressione della rivolta. lla fine del secolo scorso e ben avviato in quello attuale si prospetta potente il tentativo di assoggettare la vita alla logica del capitale e per questo il controllo dei corpi diviene decisivo. L’esercizio di mettere sotto tutela le “fragilità” esalta la volontà di dominio, se si tiene conto che le fragilità sono sempre espressione di perdita di autonomia e indicano relazioni di potere e non di cooperazione per la valorizzazione del massimo livello possibile di autodeterminazione, qualunque sia la condizione data. Mettere la vita sotto il controllo del mercato trova passaggi facilitati proprio dalle cosiddette fragilità che si riconoscono nelle persone anziane, nonostante il loro patrimonio di esperienza, nell’età evolutiva (e questo è un insulto all’intelligenza) e, di nuovo, nelle donne, primariamente quando vivono l’esperienza del percorso della nascita, in cui la supposta fragilità è determinata dalla decisione di affrontare un’avventura senza uguali, come dire che Messner è più fragile quando scala l’Everest senza autorespiratore, rispetto a quando passeggia per le strade di Bolzano. Con una contraddizione radicale: da una parte si considerano le donne incompetenti quando invece sarebbe obbligatorio far emergere, valorizzare, promuovere e sostenere le loro competenze. Si opera, piuttosto, sistematicamente per impedire l’espressione di competenza e in tal modo fare mercato con la medicalizzazione della nascita, con sprechi di risorse e danni alla salute, intesa in senso globale e in termini specifici. all’altra si scaricano sulle spalle delle donne responsabilità di cura che sarebbe obbligo dei servizi, finanziati con le tasse, assicurare. Appare a me chiaro che la rivendicazione dell’autonomia ha oggi una caratura ancora più chiara di liberazione universale e sono e saranno le donne alla testa del movimento. Così, la difesa della legge 194/78 non è qualcosa di stantio e già dato, così come non lo è in Spagna la lotta per mantenere il diritto all’aborto sicuro ma, ancora una volta e ancora di più un passaggio decisivo per l’affermazione dell’autodeterminazione contro la mercantilizzazione della vita. E non dimentichiamoci che l’evoluzione del ricorso all’aborto in Italia ha rappresentato la più clamorosa e convincente dimostrazione di quanto sia valido investire sulla promozione delle competenze delle donne.


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A MILANO APRE

LA CASA DELLE DONNE L’inizio di un cammino nuovo

foto di: iliana archiesi

di Marina Piazza

La Casa delle Donne di Milano si è aperta ufficialmente l’ marzo con una grande festa che ha visto partecipare centinaia di donne, sul tema “I talenti delle donne”. Poesia, musica, cinema, benessere, dibattiti, danze: tutto per festeggiare l’inizio di un cammino nuovo per le donne della città. inora le donne a Milano erano senza tetto, oggi hanno una casa: grande, bella - 00 mq nel centro della città - in grado di accoglierle tutte. uelle di culture diverse per una convivenza che accolga e ascolti e impari quelle di ogni età per uno scambio intergenerazionale vero che salvaguardi le differenze ma sappia anche cogliere fili comuni quelle di ogni orientamento sessuale perché possano esprimere liberamente la loro affettività, identità e soggettività. uelle sole e quelle con i figli, le figlie e i mariti, quelle con le vecchie madri da accudire e quelle disposte ad accudire. ’apertura della asa è stato il compimento di un lungo percorso, che a partire dai tavoli di concertazione voluti dalla presidente della ommissione Pari pportunità del omune, ha visto nascere nel settembre 2012 l’Associazione “Casa delle donne di Milano”. a scelta è stata quella di associare singole donne - e non le associazioni o i gruppi di riferimento - per garantire al massimo pluralismo, parità, apertura al mondo delle donne milanesi. el dicembre 201 ha vinto il bando di gara del omune per l’assegnazione dello stabile, e il contratto di comodato d’uso gratuito per lo spazio di ia Marsala con il omune di Milano che è stato firmato ha la durata di tre anni, rinnovabile per altri tre, e prevede

il pagamento delle utenze ad esclusione di acqua e linea telefonica a carico dell’ ssociazione, che ha attualmente circa 00 socie tesserate. uesto è stato il percorso per poter aprire la asa. per poterla aprire davvero in tre mesi hanno lavorato a corpo basso 1 0 volontarie divise in 10 gruppi. ra la asa esiste e ora comincia anche il vero lavoro: come farla vivere, come tenerla aperta, come costituire una bibliomediateca, come organizzare un bar caffetteria, come avere le competenze necessarie per organizzare uno sportello d’ascolto. Ma si farà e la asa delle onne sarà un luogo che si mette a disposizione delle associazioni e gruppi di donne formali e informali presenti nella città, offrendo spazi, ponendosi come snodo e punto di connessione delle reti già esistenti, ma anche riferimento per chi non appartiene a nessuna associazione. i sarà uno sportello che aiuterà a identificare i servizi che rispondono ai bisogni e ai diritti delle donne offerti dal omune, dalle istituzioni e dal privato sociale associazioni, cooperative, servizi alla persona . i sarà una palestra che ospiterà le iniziative pubbliche: assemblee, convegni, concerti, spettacoli. naturalmente anche corsi di movimento danza musica. i saranno spazi per attività motorie e di consapevolezza del corpo oga, tai chi, danza, ginnastica , scuole di cucina con scambio di ricette, orto e corsi di giardinaggio, organizzazione di itinerari in città e di viaggi, laboratori di abilità manuale falegnameria, restauro, composizione floreale . ’incontro tra donne di differenti culture, età, orientamento sessuale produrrà arricchimento e riconoscimento reciproco, scambio di esperienze, valorizzazione delle competenze di ciascuna. Insomma, l’obiettivo è che l’insieme delle attività della asa - quelle di dibattito, ricerca, elaborazione e quelle finalizzate al ben-essere di corpo e mente - producano uno sguardo nuovo sulla realtà e sulla città, uno sguardo che abbracci le relazioni, i progetti di vita, le contraddizioni del mondo in cui ci troviamo, per andare avanti e confrontarci con tutti. b

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IL CAMMINO DIFFICILE MA INEVITABILE VERSO

LA DEMOCRAZIA PARITARIA di Daniela Carlà

IL PROBLEMA DELLA RAPPRESENTANZA DI GENERE NELLA NUOVA LEGGE ELETTORALE NON RIGUARDA LE DONNE, MA UNA MIGLIORE SELEZIONE DI CHI CI RAPPRESENTA, LA VITALITÀ E IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA E DELLE ISTITUZIONI

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a democrazia paritaria realizza la vocazione universalistica della democrazia che, se intrisa delle differenze, rappresenta tutte e tutti ed è a fondamento di una società aperta e plurale. Nulla di più distante, dunque, per le donne delle associazioni e per le parlamentari che hanno sostenuto le proposte per la democrazia paritaria, dalla mera rivendicazione subalterna di spicchi e quote di vecchio potere, di frazioni di assemblee elettive. Nel respingere le proposte per il 50 e 50 con argomenti banali contro le quote rosa, non vi è stata solo incomprensione dell’obiettivo politico alto, unitario e traversale delle donne. i è stata anche una mistificazione consapevole, a difesa estrema di pezzi di potere usurato. È prevalsa la preoccupazione, non tanto rispetto alla competizione con singole donne ma, soprattutto, rispetto alle innovazioni complessive - queste sì meritocratiche! - che la democrazia paritaria reca con sé, costringendo a regole, a trasparenza, a confronti su contenuti non routinari. Dietro ai balbettii contro le cosiddette quote rosa e la loro incostituzionalità si nasconde la paura della competizione con uomini più all›altezza del confronto con l›autonomia e la capacità di innovazione delle donne? Insomma, il timore è fondato: le trasformazioni legate alla democrazia paritaria sono irreversibili e decisive. Meno prevedibile era la faciloneria disinformata di parte della stampa, che qualche problema di merito (vero!) apre anche da quelle parti. Ma è accaduto. Il moto della democrazia paritaria è sicuramente inarrestabile, ma il voto alla Camera sulle

regole elettorali della medesima ha segnato una temporanea sconfitta. Si è votato in prima lettura alla Camera e per la Camera. Occorre ora guardare al Senato, auspicando l’assunzione di responsabilità per rimediare alla viltà del voto segreto e restituire fiducia, trasparenza, confronto sui contenuti nell’iter della riforma elettorale. Stiamo definendo le regole elettorali per il futuro, non per una breve stagione, e nel mezzo di una crisi senza precedenti. Non è risolutivo che qualche Segretario suggerisca di compensare, impegnandosi nel proprio Partito, a garantire nei fatti il 50 e 50, in assenza della piena attuazione dell›art. 49 della Costituzione e dell’obbligo della vita interna democratica dei Partiti. Si tratterebbe di - sia pur meritevoli - scorciatoie contingenti, paternalistiche, che alimentano il conformismo e non incoraggiano l’autonomia, la valorizzazione del merito, la diffusione di pari opportunità. Dalla revisione delle regole elettorali democratiche - per garantire con equilibrio governabilità, stabilità autorevole, rappresentanza effettiva - ci aspettiamo, invece, incentivi alla migliore qualità della politica e degli eletti. E non è utile neppure il ventilato ricorso alle primarie, volontarie o per legge. Personalmente non credo alla funzione salvifica delle competizioni primarie come Gange della politica italiana. Anche per le primarie necessita l’attuazione dell›art. 49 della Costituzione, e servono regole chiare e qualità del confronto. Non mi ha convinta l’esperienza del Partito Democratico, che vi ha fatto ampio ricorso. Stimo molti tra gli


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uomini e tante tra le donne che ne sono usciti vittoriosi, ma il mix tra primarie con preferenze (anche doppie), elezioni senza preferenze e listini, inevitabilmente, rafforza gli iscritti e le cordate di gruppi di potere rispetto alla generalità dell’elettorato. Spero ora che il Senato accolga gli emendamenti per la democrazia paritaria, ma anche che introduca la composizione per genere del voto di preferenza nelle elezioni europee, e che si prevedano chiare garanzie di genere nella composizione non elettiva della nuova Camera che prenderà il posto del Senato. Non è in gioco il destino personale di qualche donna al posto di alcuni uomini, ma la vitalità e il futuro della democrazia e delle istituzioni. NoiReteDonne è nata oramai anni fa proprio con l›obiettivo di affrontare il nodo del rapporto delle donne con il potere. Il primo impegno è stato di diffondere la doppia preferenza, già passata al vaglio della Corte Costituzionale (all’insaputa di molti parlamentari?). NoiReteDonne ha poi promosso l’Accordo Comune per la Democrazia Paritaria, trasversale e unificante per quasi 0 associazioni, che ha operato per precise garanzie di genere, quale che sia il sistema elettorale di riferimento. Non siamo di fronte, dunque, ad una scomposta iniziativa reattiva ma ad un percorso lungo, rigoroso e costruttivo di trasformazione della politica e di qualificazione di patti e leggi. Il voto in prima lettura alla Camera ha offuscato in parte lo straordinario risultato del primo governo 50 e 50, già contraddetto dall’assenza di donne tra iceministri, e dall’insufficiente numero tra i Sottosegretari. Non ci è piaciuto l’esame riservato, anche da parte di alcune donne, alle sole Ministre del governo. Non abbiamo apprezzato le polemiche che ne sono derivate. Per noi, resta il dato positivo nella composizione paritaria del governo. I risultati devono essere sempre apprezzati. Ma resta anche il tema - che ci riporta in parte anche al nodo di una riforma elettorale che contribuisca a valorizzare meriti e a incrementare pari opportunità - della riflessione sulle sedi, sui luoghi e sui modi della politica, per uomini e per donne, che riavvii la migliore selezione di chi ci rappresenta.ä

GOVERNO RENZI: NOVITÀ E CONTRADDIZIONI “A SCRUTINIO SEGRETO” Dei sedici ministri del governo Renzi otto sono donne. Ecco i loro sintetici profili. Al Ministero per le Riforme Costituzionali e per i rapporti con il Parlamento abbiamo Maria Elena Boschi: aretina, avvocata 33enne, eletta alla Camera dei Deputati. Maria Anna Madia, Ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, è romana, classe 80 e dottoressa in Scienze Politiche e ricercatrice nel settore dell’Economia del Lavoro. Carmela Lanzetta, Ministra per gli Affari Regionali, è di Reggio Calabria, laureata a Bologna in Farmacia, eletta Prima Cittadina di Monasterace è stata tra le coraggiose sindache anti ‘ndrangheta. Federica Mogherini, agli Affari Esteri, è laureata in Scienze Politiche, romana e poco più che quarantenne ed è entrata alla Camera dei Deputati nel 2008, curando in particolare campagne nazionali ed europee per la promozione della pace e per la lotta alla xenofobia. Roberta Pinotti, al Ministero della Difesa, nata a enova nel 1, è insegnante negli istituti superiori e senatrice. Nel Partito Democratico è stata la prima Responsabile Nazionale per la Sicurezza, poi Vicepresidente della Commissione Difesa del Senato. La modenese Federica Guidi è Ministra per lo Sviluppo Economico. sperta di analisi finanziaria, è stata Presidente dei iovani Industriali e membro del onsiglio irettivo di onfindustria. Stefania Giannini, lucchese, già Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, è Ordinaria alla cattedra di Glottologia e Linguistica. È membro della Commissione Nazionale per la Promozione della Cultura Italiana all’Estero nonché Presidente della Commissione del CNR per l’Etica della Ricerca e la Bioetica. Senatrice della Repubblica, a lei è andato il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Beatrice Lorenzin, Ministra della Salute già per il governo Letta e confermata da Renzi, è la quinta donna alla guida di questo importante Dicastero dopo Tina Anselmi, Mariapia Garavaglia, Rosy Bindi, Livia Turco. Come si vede l’età media è di circa vent’anni più bassa rispetto ai precedenti governi, ma accanto a questo fattore di intrinseca innovazione rimane l’interrogativo sul fattore “esperienza”. Stando alle dichiarazioni del Presidente Renzi, il governo è equilibrato nei generi e nelle rappresentanze e perlopiù incline allo “snellimento burocratico”. Resta un punto di debolezza, allora, o se si vuole di contraddizione, e che riguarda l’esito del “trittico” di emendamenti che avrebbero dovuto rivoluzionare la presenza femminile nelle liste elettorali. Con 335 voti (contro 227) la Camera ha bocciato la misura legislativa che prevedeva l’alternanza uomo-donna nelle liste (“nella successione interna delle liste non possono esservi due candidati consecutivi del medesimo genere”). Sembra quasi che, a parte una facciata “politicamente corretta”, il governo Renzi non sia così rivoluzionario. Almeno quando lo scrutinio è segreto. Marta Mariani


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IL PRIMO GOVERNO 50e50 E I DUBBI CHE RESTANO di Silvia Vaccaro

TRE OPINIONI SU TRE QUESTIONI POLITICHE CHE INTERESSANO LE DONNE. E NON SOLO LORO

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eloce, rottamatore, uomo del “fare”. Così il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si è presentato agli italiani. Con questo tipo di premesse, ci si aspetterebbe anche una forte presa di distanza da un certo maschilismo italico che anche in politica ha mietuto le sue vittime. All’indomani della nomina del primo Governo 50e50, i dubbi sulla possibilità di un effettivo cambiamento restano però molti, perché la Camera ha bocciato l’introduzione del criterio di alternanza tra generi nelle liste elettorali, sempre bloccate, del nuovo sistema ‘Italicum’. NOIDONNE ha chiesto di commentare questa schizofrenia politica a tre donne diverse e attente, ognuna con il suo vissuto, alle tematiche di genere: Barbara Romagnoli, giornalista freelance, è in uscita il suo libro “Irriverenti e Libere. Femminismi nel nuovo millennio” per Editori Riuniti Internazionali; Alessandra Chiricosta, filosofa interculturalista e attivista nel movimento delle donne (fa parte del collettivo F9) che ha da poco pubblicato “Filosofia Interculturale e Valori Asiatici”, Editore O-barra-O; Simonetta Cervelli titolare di una gelateria a Roma (Colli Albani) che da tre anni ha aperto lo spazio a numerose iniziative culturali e ha prodotto lo spettacolo “Il corpo del sé”, in cui si affronta il tema della violenza contro le donne. Otto Ministre, un fatto. Si tratta di un’operazione di facciata o di una vera svolta? Alessandra: “Penso che sia più importante la qualità e

l’intensità di ciò che viene fatto più che ostentare cifre o, ancora peggio, persone. Ciò che a me personalmente interessa è che la politica delle donne emerga anche in una compagine parlamentare e governativa che è - quasi - sempre stata fatta da uomini e per gli uomini. Non voglio donne di potere, ma donne che distruggano il potere e le sue gerarchie e governino con l’autorità e l’autorevolezza che deriva loro dal buon agire politico, da una migliore gestione della cosa pubblica, spendendosi per rendere veramente questa Italia a misura di donne plurale , modificandola dal profondo. Non credo nella parità. Credo nella forza della differenza e in ‘un altro genere di politica’.” Simonetta: “È un fatto di cui prendere atto, ma prima di emettere giudizi credo che sia giusto che le donne scelte dimostrino con i fatti le loro capacità. Questo cambiamento da solo non può bastare, occorre infatti che seguano azioni concrete da parte delle donne che sono adesso a capo di dicasteri per poter dare forza e rilevanza a questa nuova situazione di parità.” Barbara: “È assolutamente un fatto inedito nella storia repubblicana del nostro Paese, ma la ritengo una operazione di maquillage. A confermarlo, la successiva nomina dei sottosegretari e viceministri: le donne solo un quinto sul totale. Per di più, nessuna delle ministre viene dal movimento delle donne, il che si traduce in una distanza enorme fra quello che la politica autonoma delle donne chiede e quello che loro saranno in grado di fare. In questo momento di gravissimo attacco all’autodeterminazione delle donne, aver fatto ministra Madia, che è incinta ma contraria all’aborto e a favore della famiglia naturale non è una garanzia, tutt’altro. Anche perché se lo dici ti accusano di non essere solidale con le altre donne, ma per me non siamo tutte uguali. Vorrei discutere di contenuti e visioni del mondo.” Il Ministero delle Pari Opportunità è sparito. Che ne pensi? Barbara: “Più che di Pari Opportunità, preferirei parlare di diritti, eguaglianza sostanziale e materiale, e lotta alle discriminazioni non solo alle donne, ma anche a agli alle omosessuali, ai alle trans etc. emo, anche in questo caso, una operazione di facciata, su questo il femminismo “pariopportunista” degli anni Ottanta ha fatto scuola. É indubbio che di certe tematiche finora se n’è occupato quel


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dipartimento spesso senza fondi, ma è difficile capire ora come andranno avanti, penso ad esempio al piano antiviolenza maschile sulle donne. Lo rafforzeranno? Daranno gli strumenti per attuarlo davvero?” Alessandra: “Anche questo mi sembra un segnale ambiguo: da una parte, mi sembra agghiacciante la sparizione del Ministero, dall’altra penso che un Ministero senza reali risorse fosse più un salva-coscienza che altro. Allora meglio non averlo e pretendere di più, non relegando le questioni delle tante differenze - non solo di genere e non solo maschile femminile - in un ghetto’ istituzionale, ma facendole agire a tutti i livelli della politica e in tutti i Ministeri. In realtà, le questioni che oggi riguardano le donne si decidono in altri ambiti: parlo di condizioni materiali di vita, di esistenza precaria, di difficoltà ad adire a servizi sanitari, della condizione della formazione a tutti i livelli. Parlo delle donne migranti, del silenzio che regna sui loro drammi e su

quanto fanno per consentire all’Italia di non naufragare del tutto. È su questo, e su molto altro, che occorre intervenire.” Simonetta: “È sparito il Ministero delle Pari Opportunità e anche quello dell’Immigrazione. Penso al tema dello ius soli. Nei primi giorni del Governo un gran parlare e poi? Adesso tutto tace su questo fronte, per lasciare spazio a quelli che sono i problemi più urgenti, ovvero i conti economici. Eppure parlare e agire sul fronte dei diritti è fondamentale ed è un campo in cui la politica, che è l’arte del compromesso, non dovrebbe farne.” La nuova legge elettorale è approvata alla Camera senza la parità. Tre emendamenti «seccati» da un voto trasversale contrario. Come valuti questo fatto? Sei favorevole o no alle quote? Simonetta: “Da donna credo che introdurre le quote per

l’alternanza dei generi nelle liste sia una cosa abbastanza umiliante. D’altro canto lo ritengo un provvedimento necessario perché in questo paese nessuno cede il potere e la poltrona così facilmente, e il voto alla Camera ha rivelato proprio questo. Per cui ben vengano le quote per poter accelerare un cambiamento che deve essere culturale innanzitutto ma che in questo paese si fa fatica ad accettare in un altro modo che non sia quello imposto.” Barbara: “Il 50&50 è funzionale a cambiare la cultura maschilista del potere ma non basta e parlare di quote significa accontentarsi, perché dovremmo farlo? Certo, vedere le donne di destra più attive delle donne dello schieramento di sinistra in questa battaglia, in maniera direi anche strumentale, mi fa pensare che troppe donne anche a sinistra hanno introiettato il modello maschile e non schiodano dal loro piccolo posto di potere. Cosa perdevano le donne del centro sinistra nel dare avvio ad una protesta senza interruzione, a fermare davvero i lavori dell’Aula? Bloccare del tutto un progetto maschile voluto da un accordo fra uomini, non tutti presentabili, sarebbe stato un gesto forte.” Alessandra: “Non sono una fanatica delle quote o delle misure di parità. Ma, nel contempo, lo studio della ilosofia - che considero tra i pochi strumenti che ancora possano dare coordinate per uscire dall’inferno dell’homo aeconomicus - mi suggerisce di verificare sempre se veramente la scelta sia solo tra due alternative e di osservare l’intera questione da varie prospettive. In questo episodio vedo sia maschi deboli in crisi che si beano di atteggiamenti patriarchisti che offendono le istituzioni e i suoi luoghi, sia femmine patriarchiste, che si riscoprono ‘gruppo’ solo nella difesa dei propri privilegi. Ma già è un miglioramento, rispetto all’oscenità della divisione tra ‘donne per bene’ e ‘donne per male’ a cui ci avevano abituato le scorse legislature. Vedo donne uscire dagli schemi dell’appartenenza, che tentano una trasversalità, che, anche se in un modo che non condivido, propongono di sovvertire le regole del gioco. E non è poco. Questo è solo la punta dell’iceberg di qualcosa di molto più profondo che si muove, non solo in Italia. Spero che la nostra nuova compagine governativa abbia l’intelligenza di prendere coscienza di ciò e agire di conseguenza.”

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LA CASA VERDE CHE NON INQUINA di Alma Daddario

Migliore innovatrice d’Europa e premiata a Stoccolma per l’edilizia verde e ecofriendly. Daniela Ducato, imprenditrice sarda, è impegnata nella salvaguardia dell’ambiente Nel 2011 ha vinto il premio Itwiin per le sue innovazioni nel settore dell’edilizia sostenibile e lo scorso novembre è stata premiata a Stoccolma come migliore innovatrice d’Europa nell’edilizia verde con l’Euwiin International Award. La motivazione del premio recita: “Ha creato i materiali per l’efficienza energetica carbon - free e per l’edilizia verde pi ecofriendly e innovativi d’Europa, mettendo insieme tenacia, rigore scientifico, eccellenza tecnica, economia collaborativa, rispetto e valorizzazione dei paesaggi del mondo”. È Daniela Ducato, imprenditrice e innovatrice sarda, da sempre impegnata nella salvaguardia dell’ambiente in termini di sostenibilità, ma anche di etica e morale. La sostenibilità sociale è un tema che gode di adeguata attenzione ad oggi in Italia e in Europa? La sostenibilità sociale è un tema non nuovo per le governance europee. Riguarda tutta una serie di istanze, progetti e provvedimenti che inevitabilmente coinvolgono i cittadini di quegli stati dove questa appare praticata già da anni. Debbo dire che in questo eccellono i paesi del nord Europa, mentre quelli del centro, del sud e anche dell’est, non hanno ben chiaro neanche come operare nel campo della comunicazione e della formazione, che sono i primi passi da fare perché le istituzioni legiferino in modo da assicurare proprio la sostenibilità sociale. In questo i legislatori europei sono stati supportati dai famosi protocolli di certificazione , di qualità ambientale per esempio, ma anche etica. isulta sempre pi necessario, inoltre, rivalutare il capitale umano in tutti gli ambiti, e questo non può non andare di pari passo con la sostenibilità sociale.

Perché ritiene fondamentale limitare, o addirittura eliminare del tutto, l’utilizzo dei derivati dal petrolio, soprattutto nell’edilizia? Per diverse ragioni: energetiche, sociali, morali, climatiche, ambientali ed economiche. Basti pensare che sono le multinazionali ad avere il maggior guadagno dall’estrazione, spesso a scapito delle popolazioni locali. A questo aggiungo argomenti ormai noti a tutti come l’inquinamento di terreni prima dedicati all’agricoltura, come è accaduto in Nigeria, che non potranno mai pi essere bonificati, i disastri causati dalle trivellazioni marittime, e si potrebbe continuare a lungo. Non ultimo c’è da considerare che il petrolio non è una risorsa infinita. ’architettura rappresenta l’attività umana con il pi alto impatto ambientale del pianeta, il petrolchimico è la risorsa predominante dell’edilizia, e anche la prima causa al mondo di guerre e cambiamenti climatici. Nel settore degli isolanti ad esempio, gran parte di quelli utilizzati sono derivati petrolchimici, come: polistirene, polistirolo, poliuretano, ecc, o fortemente energivori, ne è un esempio la lana di roccia. Fare edilizia senza produrre guerra, quindi senza petrolio, è possibile. i sono ottime aziende e ottimi materiali in commercio e gli oltre 400 prodotti del polo produttivo La Casa Verde CO2.0 ne sono un esempio. Utilizzando le metodologie per la realizzazione di materiali per l’architettura e l’edilizia e l’arredo dal surplus dell’agricoltura e della pastorizia, si potrebbe arrivare anche a un risparmio economico ed energetico? Non si potrebbe: si può! E l’esperienza delle aziende della filiera che fa parte del nostro polo produttivo, lo dimostra nel concreto ogni giorno.b


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DONNE DI FRONTIERA: CINZIA FRANCHINI di Laura Caputo

La Presidente della CNA FITA, uno dei maggiori sindacati del trasporto su gomma, si racconta Chi mi riceve negli uffici della CNA FITA, sindacato che conta trentamila iscritti per circa centomila veicoli su strada, è una giovane donna dallo sguardo acuto e dal piglio sincero: Cinzia Franchini, Presidente dal 2011. “Io sono maestra elementare, ma vent’anni fa facevo l’impiegata qui a Modena. Un lavoro mediocre in un ufficio banale racconta, mentre gli occhi le ridono come se stesse facendomi uno scherzo -. Mi sono scocciata; una piccola ditta di trasporti cercava un autista che potesse anche dare una mano in ufficio. Mi sono presentata, mi hanno assunto. Siamo nel ‘92. Il titolare, qualche anno dopo, è diventato mio marito. Nel frattempo ho studiato, mi sono informata e, ancora pi importante, ho vissuto in prima persona tutti i problemi della professione. Ho sentito il bisogno di essere parte attiva per rappresentarli, mi sono avvicinata dunque al sindacato. Sono entrata nel direttivo a Modena, alcuni mi hanno guardato storto perché il mondo dei trasporti è davvero un mondo di uomini.” Annuisco, perché gli autocarri per il trasporto merci nel nostro paese superano i quattro milioni mentre le donne camionista sono circa 1800. E sbaglio, perché non sono loro, i camionisti, ad averla discriminata. Sono i loro rappresentanti che stanno in ufficio e che raramente hanno tenuto

un volante fra le mani. “Nel 2005 sono entrata nel direttivo continua - e nel 2009 sono diventata Presidente Provinciale. No, non mi è bastato, due anni dopo sono stata eletta Presidente Nazionale. Perché? Semplice. Ho desiderato che il sindacato parlasse un linguaggio diverso, pi sincero e meno inamidato. Ho detto: io non assicuro niente a nessuno, soltanto che farò del mio meglio. Dopo tante promesse, ci hanno creduto: ecco perché sono qua. E ora non posso deluderli, non basta amministrare con saggezza l’acquisito. Il mercato è in continuo mutamento e ogni giorno bisogna trovare nuove soluzioni che soddisfino tutti e non ledano gli interessi di nessuno. L’ingresso di una massa di autisti dell’Est Europeo, non specializzati e sottopagati, ha generato e continua a creare gravi problemi. e infiltrazioni mafiose nel settore sono numerose e spesso quasi impossibili da riconoscere.” Ecco, sapevo che avrebbe toccato questo argomento: per le sue posizioni intransigenti, durante il 201 ha pi volte ricevuto lettere di minaccia e perfino pallottole inesplose, messaggi di chiara matrice mafiosa. Paura erto, solo gli idioti non hanno paura. Ma non mi fermano, ci mancherebbe: questa è proprio la mia prima funzione. a mafia inquina il mercato. i mafiosi non importa se i trasporti sono pagati un po’ meno, tanto il loro primo scopo e quello di riciclare, poi caso mai di guadagnare. Allora, mi do da fare in quel senso, anche se non sono in grado di giurarti che, fra i miei trentamila iscritti, non si nasconde nessun mafioso. ero che ci vuole il certificato antimafia per potersi iscrivere all’ lbo degli utotrasportatori, ma è così facile eludere i controlli. Un titolare ha subito una condanna, lo escludiamo, utilizziamo un prestanome e abbiamo risolto il problema.” Dovrei chiederle se e quando si è sentita davvero discriminata, ma - passando con leggerezza da un argomento all’altro - me lo racconta, ridendone con arguzia: “Quando sono stata nominata, non ho potuto intervenire e mi sono fatta rappresentare dal mio Segretario. Sai che cosa hanno detto he non c’ero perché avevo fatto tardi a lavare i piatti, hai capito! Invece di offendermi, l’ho utilizzata come battuta la prima volta che sono arrivata in ritardo: scusatemi, non avevo finito di lavare i piatti, ho detto. li ho guardati dritti in faccia: sono stati tutti zitti. inzia ranchini, che in poco meno di vent’anni da camionista è diventata Presidente, guarda tutti così: dritto in faccia, senza paura. b

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TEMPI DI VITA E DI LAVORO

UNA QUESTIONE APERTA di Costanza Fanelli

La mostra “NOIDONNE Cooperattive”, e il progetto della Commissione Pari Opportunità Legacoop, ha suscitato dibattito e interesse. È l’avvio di un percorso al femminile a vantaggio di tutti Tantissime le donne che a diverso titolo e ruolo - lavoratrici, socie, utenti, dirigenti - sono nel movimento cooperativo: sono il 52% degli addetti (cioè oltre 600mila) ma sono anche oltre la metà dei 12 milioni di soci e rappresentano una delle componenti più attive rispetto ai vari settori su cui le imprese cooperative si stanno misurando oggi. Pensiamo alla creazione e valorizzazione del lavoro attraverso forme di imprese partecipative, alla capacità di dare risposte valide anche sul piano economico a nuovi bisogni sociali e culturali con un’idea più ampia di welfare, ma anche a percorsi innovativi per affrontare concretamente una delle questioni che più profondamente pesano sul pieno dispiegarsi della presenza delle donne nel mondo del lavoro: la diversa distribuzione dei carichi di cura tra uomini e donne, la cosiddetta conciliazione tra tempo di vita e di lavoro. Ed è intorno soprattutto a questo asse che si è dipanata la Mostra “NOIDONNE Cooperattive” realizzata da NOIDONNE nell’ambito del progetto “Lavoro, donne, cooperazione” promosso dalla Commissione Pari Opportunità Legacoop in collaborazione con il nostro giornale e la Fondazione Nilde Iotti. La Mostra cross-mediale è stata esposta a Roma presso la Casa dell’Architettura (4-12 marzo 2014) e in occasione dell’inaugurazione si è tenuta una Tavola Rotonda su “Tempi di vita e

tempi di lavoro in Italia e in Europa oggi” con i contributi di esperte del tema quali: Laura Linda Sabbadini, Livia Turco, Donata Gottardi, Rita Ghedini, Maria Luisa Mirabile e Dora Iacobelli. L’appuntamento è stato l’occasione per fare il bilancio, in positivo e in negativo, degli esiti delle azioni e delle norme previste sulla conciliazione ma anche di rilanciare l’urgenza di un problema che continua a tenere fuori dal mercato del lavoro tantissime donne. Con il progetto “Lavoro, donne, cooperazione”, che si concretizza appunto in una mostra itinerante e in un percorso di ricerca sulle esperienze a livello nazionale ed europeo e sulle linee di azioni possibili in materia di conciliazione che verrà presen- tata in un Convegno in autunno, le donne e l’insieme del sistema Legacoop hanno voluto dare un segnale importante in questa fase di crisi in cui c’è grande bisogno di idee, proposte e esperienze che siano portatrici di innovazione. Il nostro giornale ha avuto il bellissimo compito - attraverso testi e foto tratti in gran parte dalle collezioni e dal nostro archivio storico e attraverso video con interviste e testimonianze sull’oggi - di dare conto delle tappe salienti del lungo percorso delle donne nella cooperazione nel contesto più generale dei passaggi cruciali della vita e della storia delle donne del nostro paese per conquistare diritti e leggi e per cambiare le condizioni di vita e di


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lavoro. Ne emerge un agile racconto della partecipazione femminile alla ricostruzione economica, civile e materiale del Paese e del suo apporto al mondo lavorativo con particolare attenzione alla dimensione cooperativa. NOIDONNE nel corso dei decenni ha seguito il cammino delle donne nella cooperazione e le loro battaglie per affermare idee innovative e per organizzare diversamente il lavoro di cura usando l’impresa cooperativa come strumento di un agire sociale e professionale, per creare lavoro e insieme costruire un elfare pi flessibile e capace di rispondere alle donne e alle famiglie sul piano della cura, dell’assistenza, dell’inclusione e promozione dei diritti. Un percorso spesso segnato anche da lungimiranti disegni utopici che hanno gettato poi le basi di una presenza imprenditoriale cooperativa nel welfare diffusa in tutto il paese, visto che le cooperative sociali in Italia sono oltre 9000 con una presenza altissima di donne e visto che le persone e famiglie che ne beneficiano sono oltre milioni. un fatto che le cooperative sociali oggi rappresentano un pilastro del sistema di organizzazione dei servizi e delle prestazioni alle persone sul piano sociale e sanitario, nonché di inclusione lavorativa di persone fragili, tra cui tantissime donne. Dalla svolta impressa negli anni ‘70 e ‘80 da giovani e donne al mondo cooperativo, passando attraverso crisi e riprese economiche, la mostra dà conto anche del faticoso e contraddittorio cammino di leggi e interventi che avrebbero dovuto supportare queste nuove realtà economiche. Sono 10mila le imprese cooperative caratterizzate da una prevalente presenza di donne, con una crescita continua: nel solo 201 ne sono nate oltre mille. a mostra illustra anche il lungo impegno delle donne in Legacoop che trova approdo nella Commissione Pari Opportunità, oggi organo statutario Legacoop con maggiore incidenza

sia sulla presenza a diversi livelli delle donne (dai vertici di impresa agli organismi di rappresentanza) sia rispetto alla capacità di portare nella vita delle imprese cooperativa le linee di intervento definite nei ongressi : 1 valorizzazione della risorsa donna; 2)sviluppo di nuove forme di welfare anche sul piano aziendale mirate a dare risposte su diversi piani al problema della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro politiche e interventi di supporto alla crescita e qualificazione delle imprese cooperative a forte presenza di donne. Dora Iacobelli (Presidente Commissione PO e Vicepresidente Legacoop) nel suo intervento alla Tavola Rotonda del 4 marzo ha sintetizzato alcuni dei risultati più importanti ottenuti da questo lavoro: sul piano interno la crescita di esperienze di cooperative che si sono impegnate per favorire con formule diverse la conciliazione e l’accompagnamento ai percorsi delle donne quando essi sono caratterizzati da impegni di cura familiare particolare; sul piano esterno la costituzione di una Sezione speciale per le imprese femminili del Fondo Nazionale di Garanzia per le piccole e medie imprese; la costituzione di un sservatorio specifico presso il Ministero del avoro sulle buone pratiche di conciliazione; un protocollo di intesa dell’Associazione delle Banche Italiane che prevede da parte delle banche associate la previsione di misure agevolative nella restituzione dei finanziamenti nei periodi di maternità o malattie di congiunti alle imprenditrici e socie con incarichi direttivi nelle cooperative. NOIDONNE, il suo sito e la sua webtv continueranno a dare costantemente spazio, con racconti e interviste, alle donne della cooperazione e ai loro progetti e competenze. Mentre si vaglierà un piano per organizzare altre esposizioni in alcune città, la mostra è visitabile in tour virtuale nel sito www.noidonne. org (pagina http://www.noidonne.org/virtual-tour/).b

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OCCORRE UN’AGENDA DIGITALE PER LE DONNE Le donne rappresentano un segmento di mercato emergente per le ICT (Information and Communication Technology). Mentre le multinazionali propongono prodotti e servizi destinati ad un pubblico femminile e cercano di promuovere una maggiore presenza di donne tra le loro forze lavoro, la politica non ‘vede’ questa opportunità e i vantaggi economici e sociali correlati. Occorrono strategie specifiche nella formazione, nel lavoro, nella ricerca e nella conciliazione. Occorre un’Agenda Digitale per le Donne.

Tra i comparti economici strategici per la crescita e lo sviluppo economico un’attenzione particolare va dedicata all’Agenda Digitale e all’ICT (Information and Communication Technology), che rappresenta un importante fattore di innovazione. A livello europeo1 que-

sto comparto valeva infatti 498 miliardi di Euro nel 2010, l’equivalente del 4,1% del PIL dell’Unione Europea (EU27), con importanti prospettive di crescita per i prossimi anni. Anche in questo settore l’Italia deve però recuperare un forte ritardo, partendo in svantaggio dalla 50a posizione tra 144 paesi di tutto il mondo per capacità competitiva nell’ICT (NRI Index 20132). Tra le strategie che devono andare a comporre l’Agenda digitale è indispensabile una particolare attenzione al ruolo delle donne nell’ICT. Le donne, si sa, non hanno storicamente avuto un gran feeling con la tecnologia, anche se è stato ampiamente dimostrato che il gap non è certo dovuto a caratteristiche biologiche, quanto a modelli educativi stereotipati che ne hanno condizionato le scelte formative e professionali. La crescita progressiva di donne tra i consumatori di prodotti legati all’ICT, che si è comunque verificata negli ultimi anni non ha ancora colmato il gap di genere: a livello globale un report dell’ONU3 ha stimato che vi sono al mondo 200 milioni di donne utenti di ICT in meno rispetto agli uomini. Questa differenza viene interpretata nelle strategie di marketing dell’ICT come un potenziale segmento di mercato in crescita, con delle ricadute significative sull’economia complessiva: è stato infatti stimato che ogni 10% di aumento di accessi a internet produce una crescita dell’1,38% del PIL. Questa prospettiva è tanto


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nella formazione, nella ricerca, nella conciliazione familiare e lavorativa. Ancora una volta si dimostra quindi con chiarezza quanto ogni strategia di rilancio della competitività del paese debba necessariamente passare attraverso una chiara visione di genere, che valorizzi i numerosi talenti femminili inespressi e ne sappia cogliere le enormi potenzialità di crescita economica e sociale. d oggi, escludendo i progetti finanziati dall’ uropa, non si rileva a livello di amministrazione pubblica un impegno politico e un investimento specifico per una

più valida per l’Italia, che sconta ancora un numero molto basso di utenti di Internet rispetto alla media europea (siamo i quart’ultimi) con un importante gap di genere4: il 54,1% degli uomini in Italia sono utenti di ITC, contro il 43,6% delle donne (2009)5. Per alimentare un mercato di ICT più femminilizzato bisogna però aumentare la presenza di donne occupate nell’ICT, che siano in grado di offrire un proprio contributo specifico alla creazione di prodotti e progetti ad esse destinate. A livello globale6 la decisione di spesa delle donne arriva quasi all’80% del totale, eppure il mercato del lavoro nell’ICT è ancora fortemente mascolinizzato: il 90% dei prodotti tecnologici sono ideati e progettati da uomini, mentre un’indagine della UE7 ha rilevato che solo il 30% dei circa 7 milioni di occupati nel settore ICT della UE sono donne. Questa situazione fa perdere importanti opportunità: se si raggiungesse la parità di genere tra donne e uomini tra gli occupati dell’ICT si otterrebbe infatti a livello europeo un incremento del PIL di 9 miliardi di uro, con un significativo vantaggio anche per le imprese. È stato infatti stimato che le aziende che hanno più donne nel loro management conseguono un ROE (Return on Equity) più alto del 35%, e un ritorno economico per gli azionisti più alto del 34% rispetto alle aziende non impegnate nel diversity management. C’è però anche un problema di formazione che limita l’inserimento di donne nel mercato del lavoro dell’ICT: nella UE ci sono solo 29 laureate in informatica ogni 1000, (95/1000 sono invece gli uomini , e di queste solo finiscono a lavorare nel settore. Questa situazione vale anche per l’Italia, dove le donne sono particolarmente sottorappresentate: una ricerca8 del 2007 ha rilevato come la percentuale di professioniste in questo ambito sia pari al 14,10% del totale. Considerando la situazione in Italia per colmare il gap di genere nell’ICT occorrono politiche mirate nell’Istruzione e

maggiore presenza di donne nell’ICT, se non in estemporanee progettualità specifiche spesso territoriali, di corto respiro e di breve durata. A quando un’Agenda digitale per le donne? b Giovanna Badalassi, Well_B_Lab* giovanna.badalassi@wellblab.it

(1) Fonte: Net!Works White Paper on”Economic impact of the ICT sector”, Ottobre 2012 http: .net or s-etp.eu fileadmin user upload Publications Position hite Papers et or s hite Paper on economic impact final.pdf (2) Fonte: World Economic Forum “The Global Information Technology Report 2013” ISBN-10: 92-95044-77-0 ISBN-13: 978-92-95044-77-7 . http://www.weforum.org/issues/global-informationtechnology/index.html (3) Fonte: the Broadband Commission Working Group on Broadband and Gender of the United Nations ‘Doubling Digital Opportunities: Enhancing the Inclusion of Women & Girls in the Information Society’,http://www.broadbandcommission.org/documents/ working-groups/bb-doubling-digital-2013.pdf (4) http://www.lastampa.it/Page/Id/1.1.401523709http://www.itu.int/en/ITU-D/Statistics/ ocuments publications mis201 MIS201 ithout nne .pdf (5) Fonte: International Telecommunication Union, ITC Statistics by gender, http://www. itu.int/ITU-D/ict/statistics/Gender/ (6) Fonte: Vice President NeelieKroes, Commissioner of the DigitalAgendahttp://www. womenandtechnology.eu/digitalcity/projects/w4ict/homepage.jsp?dom=BAAFKZBU&prt =BAAFKZBW&men=BAAFLAGW&fmn=BAAFLAGK (7) Fonte: http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/women-ict Women active in the ICT sector - ISBN 978-92-79-32373-7 http:

. est-info.eu files

- ommission- omen-active-in-the-I

-sector-201 1.pdf

(8) Fonte: Bellini, R., Il Sistema delle competenze ICT italiane a confronto con quelle spagnole e francesi, AICA Report, Milano, 2007 - http://www.aicanet.it/soci/i-documentidel-cantiere/sistema-competenze-italiane-spagnole

Fonte Immagine: http://www.itu.int/ITU-D/ict/statistics/Gender/

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QUANDO NEI CAMPI ERAVAMO SFRUTTATE. PIÙ DEGLI UOMINI L’incontro con Maria Santiloni e il ricordo di lotte contadine che donne coraggiose hanno combattuto. E vinto di Maria Giuditta Politi e Donatella Manetti

È un giorno della settimana che sembra uguale agli altri ed invece stiamo, Donatella ed io, per incontrare una persona molto particolare, direi unica: Maria Santiloni. Una donna che durante le lotte mezzadrili è riuscita a convogliare ed a valorizzare le energie dell’universo agricolo femminile, energie sopite sotto una coltre di pregiudizio e maschilismo. Arriva: Maria è minuta, sguardo penetrante ed acuto. Inizia a raccontare e veniamo trasportate negli anni ’50, in un mondo contadino fatto di soprusi, di padroni abituati a vincere e mezzadri abituati ad obbedire. Di donne il cui lavoro non viene considerato, pagato male; di donne che spesso e volentieri non vengono valorizzate neanche dai propri mariti. Figlia di mezzadri marchigiani è cresciuta in una famiglia sui generis. Racconta storie di donne, ad iniziare dalla sua famiglia: la nonna e la mamma, donne di carattere, comuniste ed anticlericali, punti di riferimento non solo per i propri mariti, ma anche per tutti quegli uomini che, eterodossi, portano avanti i propri ideali. Poi la sua vita sindacale: storie di donne calabresi, storie di donne marchigiane. Storie che sembrano diverse ma che hanno un’unica parola chiave: Maria, che con corag-

gio e dedizione riesce a risvegliare la loro coscienza e la loro consapevolezza; le organizza, le conduce alla lotta, le sprona e le valorizza portandole in prima linea. Eccola ad esempio a Senigallia: “i padroni” non vogliono meccanizzare le aziende, o per lo meno lo vorrebbero fare caricando i macchinari sul conto economico dei mezzadri. L’obbiettivo è l’azienda Carbone (il proprietario era l’allora presidente dell’unione agricoltori). “Maria devi andare a sensibilizzare le donne…e sono tante” le dicono. Gli uomini, intestatari dei contratti di mezzadria, non hanno il coraggio. Madre di due figlie, lasciatele a casa in mani sicure, con il marito e la signora tutto fare che l’ha accompagnata dalla Calabria, parte. Dorme nelle case dei mezzadri, parla con le mogli, con le figlie, le coinvolge, le mobilita. Per numerose notti quelle che ora sono diventate delle Erinni, capitanate dalla nostra Maria, si fanno accompagnare “in città” davanti alla casa di Carbone e suonano il campanello, gli rovinano il sonno. Dopo giorni e il tempo è maturo. Si organizza la manifestazione ed il corteo, donne in prima fila, parte dalla casa del padrone fino alla piazza dove è previsto il comizio. l limitare della piazza trovano la polizia che fa cortina: non si passa. Nonostante alcuni poliziotti, sottovoce, dicano loro di andare comunque avanti, di provarci. Prima del ponte dal quale si accede alla piazza trovano il Commissario, “fascista mafioso come ei lo definisce, che suona il fischietto.


STRATEGIE

PRIVATE

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di Cristina Melchiorri

SAPER LITIGARE Sono Angelica, lavoro in un call center e tutti mi dicono, in famiglia e gli stessi colleghi, che non so discutere con gli altri. Questo è un mio problema, personale e di lavoro, perché rispondo alle lamentele dei clienti e spesso non riesco a gestirle bene come vorrei. Nel senso che o litigo o abbandono il campo, cioè passo la palla a qualche collega. Così però non funziona, perché mi provoca tensione e frustrazione, e sono arrivata a odiare anche la sedia e la scrivania…Solo quando cucino mi rilasso e mi sento bene…. Angelica Belvederi (Cuneo)

Cara Angelica, eh sì, saper litigare è un’arte! Parti dal principio che qualunque conflitto va risolto, che si tratti di un amico o di un cliente, altrimenti la brace cova sotto la cenere e produce danni. L’amico si allontana, il cliente, pure…Se fuggi, o declini le responsabilità, scansi la decisione, o la deleghi ad altri, nessuna delle due parti ci guadagna. Se combatti, magari attaccando l’altro, con lo scopo di vincere, probabilmente commetti un errore ancora più grave. Perché se tu vinci significa che l’altro perde e vorrà rivalersi, prima o poi. Volendo fare un passo avanti, cerca di considerare il risultato migliore per entrambi, in base alle circostanze, cioè punta a raggiungere un discreto compromesso. Spesso tuttavia nessuna delle due parti è soddisfatta del compromesso e il conflitto resta latente. E poi c’è la terza via. Cioè cerca di inventare una nuova soluzione, fuori dagli schemi, insieme all’altro, e questa è l’unica strada in grado di placare il conflitto. Ti consiglio di porti anche la domanda: questo è il lavoro che fa per me? Se la frustrazione è frequente e tensione e fatica sono sempre maggiori di soddisfazione e piacevolezza allora cambia prospettiva. Sfoglia qualche annuncio di ricerca di personale di cucina o fai un corso che ti abiliti a fare della tua passione di cuoca il tuo lavoro futuro!

È il segnale per i suoi uomini: ‘attaccate, picchiateli, fateli a pezzi…’ Improvvisamente una donna in prima linea si muove con veemenza: la donna, una rista alta, piantata , prende il commissario mentre fischia e lo colpisce. Il cappello dell’autorità, dell’uomo di potere, vola via, vola lontano, nel fiume .Maria, vicina, con un cartello in mano, colpisce un poliziotto in borghese, la vedono: viene arrestata. Si ritrova sola, in una stanzetta buia per ore. Il suo unico contatto con l’esterno sono due teste che improvvisamente fanno capolino dalla porta in un raggio di luce: “Ma quale è? È quella? Così piccola??!!” Si dicono l’un l’altra. Niente altro. Per ore rimane isolata senza sapere cosa stia succedendo fuori. Ma ecco il passaparola: “Maria è stata arrestata, accorrete!!!” Dalle campagne dei dintorni si raduna una folla enorme. Tutti nella piazza gridano, chiamano Maria. Dopo ore di pressione popolare, le forze dell’ordine sono costrette a capitolare: Maria viene liberata (verrà poi processata per direttissima ed assolta per insufficienza di prove con anni di condizionale . uando torna a rimirar la luce è il tripudio: un bagno di folla che la ringrazia, che la incita, che la acclama!! “Ma Maria, non hai avuto paura quando ti hanno arrestata?” Le chiedo. “No, perché avrei dovuto?....Ero sicura che i miei compagni fuori stavano lavorando per liberarmi!” Che donna, che coraggio che lealtà, qualità che fanno apparire il nostro presente impreparato, inadeguato. a chiacchierata purtroppo, è finita. orniamo in macchina verso casa e ci sentiamo arricchite. Mi ritorna in mente l’immagine del cappello del commissario che vola nel fiume. come se vedessi l’immagine al rallentatore: un simbolo! Il cappello dei rappresentanti dell’Istituzione - che spesso, a quei tempi, spalleggiava con leggi inique “i padroni” a scapito dei mezzadri e del mondo contadino - vola via, spazzato dal gesto di una donna. Mi sento tanto piccola, presa dalla mia futile quotidianità e penso: Maria, una Donna per tutte, una Donna per me.b

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LIFE COACHING [ Terza puntata ]

di Catia Iori

IL GIRO

DI BOA

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arà che in questi mesi molti amici compiono i fatidici cinquanta anni e chissà perché ci si ritrova con piacere in vena di bilanci e di interrogativi su un futuro sempre più precario in generale e per noi appesantito da un giro di boa comunque fatale. Parchè questa atmosfera e questo sentimento collettivo? È come mettersi alla moviola per un momento e cercare di capire da dove nasce il desiderio di reincontrarsi, amici di maturità e magari colleghi universitari, giusto solo per fare il punto o per intravvedere altre possibilità di futuro. Altre nel senso di diverse rispetto al noto. Comunque nuove o insperate. Abbiamo appena fatto in tempo a dare la maturità e a incontrarci durante gli esami universitari e poi ci siamo disperse per un matrimonio che ti ha portato fuori giro, per un lavoro che ti ha costretto a spostarti altrove o per una specializzazione che ti ha rimbalzato continuamente da un luogo all’altro. Il risultato? Anni di totale rarefazione. Non ci si è poi più viste né incontrate. Chi ha fatto figli, chi ha rincorso amori sbagliati, chi ha studiato persino troppo per riuscire e sfondare

nell’ambito scelto. Comunque vada, sono passati trent’anni. Oggi, improvvisamente, ci stiamo ritrovando tutti perché le tappe importanti di carriera sono un po’ come un imbuto che riporta sempre volenti o nolenti con la stessa gente ma anche perché poi per chi ha optato per la famiglia i figli sono ormai cresciuti e ci si deve comunque ripensare alla grande. E quando ci ritroviamo a cena celebriamo le medaglie di obiettivi conseguiti e di sogni realizzati e ahimè dobbiamo svelare anche le ferite. Quelle personali e quelle pubbliche. Eh si i galloni sono tradotti in studi professionali, in case signorili, in percorsi culturali di tutto rispetto o in matrimoni compatti e riusciti. I dolori personali, le ferite, sono invece un po’ più profondi e nascosti e affiorano soltanto al momento del caffè, quasi quando ci si sta per congedare. Ma di che ferite parliamo? Sono di due tipi: quelle tipiche delle neo cinquantenni: alcune rughette o alcuni chili depositati in vita a dire che sì gli anni sono passati e che si è consapevoli di ciò che non c’è più: un padre, una madre o un fratello o un amico o legami sentimentali e affettivi strazianti che ci hanno abbandonato e costrette a reinventarci per intero. E poi ci sono le ferite di lavoro, il prezzo delle scelte, le guerre aziendali, il dover accettare nostro malgrado l’arroganza disonesta e spregiudicata di chi si crede superiore. E il milite ignoto siamo sempre noi, quella parte di noi stesse, della nostra integrità e della nostra serenità interiore che ci hanno costretto a perdere. Il bilancio è positivo tutto sommato ma la battaglia è stata dura e cruenta. E del tutto impari quanto a valori personali e astuzie criminali dell’avversario. Ma ecco che il problema rispunta proprio li sul finire della cena: e ora? quale sarà la prossima tappa? E come ci arriveremo? Sembra difficile procedere con lo stesso entusiasmo che ci ha portato fin qui: ingenuità giovanile e una certa dose di incoscienza rendeva al contempo tutto possibile e magari accessibile. Ora tutto questo tempo per decidere ci scivola via dalle mani e ci sentiamo come avessimo solo un grande futuro davanti a noi. Ma il nodo ora non è più quello di cosa fare ma cosa ci interessi davvero. Per vivere veramente la nostra autenticità umana e non per imitare questo o quello o per sopravvivere all’idea che abbiamo combinato qualcosa di buono. Forse è arrivato il momento di fermarsi un attimo, di tirare il fiato e stare in silenzio coccolandoci con tenerezza: se potessimo essere madri dolcissime e comprensive del nostro cuore, sapremmo già cosa conta per noi e cosa no. E sapremmo allora da dove ripartire. Dall’ essenziale e basti quello. Tutto il resto orami ci annoia e non ci sta più.


1961 1970

IL BOOM ECONOMICO, LA BEAT GENERATION E LE CONTESTAZIONI DEL ’68 IL PRIMO GRUPPO FEMMINISTA A MILANO quarto inserto E LA NOW NEGLI USA NASCE LA COOPERATIVA LIBERA STAMPA Testi e ricerca iconografica a cura di Silvia Vaccaro

I

l 1961 si apre con una grande inchiesta di Milla Pastorino sull’aborto: “Una giovane signora mi ha detto ‘non riuscirete mai a fare un’inchiesta su questo. Nessuno vi dirà mai niente. Io stessa non voglio dire niente’”. Bisogna rompere il silenzio per parlare di questo tema, ma rispetto al decennio precedente la terminologia cambia e la posizione del giornale è netta: occorre mettere fine all’ecatombe di ragazze decedute a seguito delle infezioni provocate dagli aborti clandestini. Il giornale denuncia con dovizia di particolari raccapriccianti le tante storie di giovani costrette a utilizzare inutili e dannosi rimedi casalinghi nella speranza di abortire. Pozioni a base di acqua e sapone, erbe ingerite, o peggio introdotte all’interno del corpo al fine di bloccare la gravidanza. Le donne non lo sanno ma dovranno passare ancora diciassette anni prima di ottenere la preziosa legge 194, che ancora oggi, nel 2014, è resa spesso inapplicabile a causa della vastissima obiezione di coscienza. Il corpo delle donne è sempre al centro di battaglie ideologiche, negli anni ’60 e ancora adesso. Però le cose possono anche cambiare, e nei primi mesi del 1966 Franca Viola, diciassettenne siciliana, rifiuta il matrimonio riparatore con l’uomo che l’ha rapita e violentata. Un atto di ribellione rivoluzionario che ha una eco nazionale e che apre alla riflessione su quella che nel decennio successivo comincerà a chiamarsi autodeterminazione. Questo episodio stride fortemente con il

Manichini vivi Franca Viola, n.51, dicembre 1966 I Falsi pudori, n.11, marzo 1965 Pillola, n.7, febbraio 1966 Fabbrica, n.7, febbraio 1962

continua >

da 70 anni NOIDONNE guarda al futuro


L’EROE DELLE STELLE

Yuri Gagarin, n.17, aprile 1961 Martin Luther King, n.39, ottobre 1963 John Kennedy, n. 48, dicembre 1963 Marilyn Monroe, n.34, agosto 1962 Simone de Beauvoir, n.47, dicembre 1962

“Yuri Gagarin il 12 aprile 1961 vede la terra tra le stelle fuori dai confini umani. È diventato l’eroe del nostro tempo, l’eroe nuovo, l’eroe civile che apre la via degli spazi infiniti all’intelligenza e alla volontà, che impegna tutte le coscienze a una scelta tra passato e futuro e la cosa straordinaria è che Yuri è un uomo come gli altri la stirpe, la razza, la classe cui un uomo appartiene non gli assegnano il posto di dominatore o di sottoposto, ecco la verità: l’uomo si fa avanti soltanto grazie alle sue capacità, alla sua volontà e all’aiuto che gli viene dalla società che lo circonda”.

codice penale arretrato di quegli anni. Ancora vige il delitto d’onore: la legge riconosce all’uomo la possibilità di vendicarsi dell’onore leso. La vita di una donna uccisa per mano del compagno vale solo pochi mesi di carcere e il giornale dedica ampie pagine alla questione. Così come le dedica al tema del divorzio. Scrive Giovanni Cesareo: “Quanti matrimoni durano soltanto a prezzo del totale annullamento di uno dei due coniugi? Quante unioni che dall’esterno, conservano l’apparenza di un legame sono in realtà motivo di divisione profonda tra due persone che si odiano? È questa la realtà che bisogna guardare in faccia quando si parla di legge sul matrimonio, di indissolubilità e di divorzio”. Ci si interroga sempre di più sull’importanza del ruolo dei padri nella vita e nell’educazione dei figli, ma ancora tanti uomini non riescono a cambiare atteggiamento. “Il padre un grande assente?” questo l’interrogativo da cui parte un’inchiesta sulle diverse figure paterne. Ci sono gli indifferenti, quelli troppo occupati nel lavoro, ma anche coloro che intervengono poco e male, i cosiddetti padri dei momenti di crisi: non seguono quotidianamente i figli a scuola e intervengono solo quando c’è qualcosa di grosso in ballo come una bocciatura o un’espulsione. Ruoli ancora ben definitivi tra sfera pubblica e sfera privata e Noi Donne non perde occasione per invitare le donne a non essere sottomesse. “Sì, vogliamo suggerirvi un atto di insubordinazione: siate poco sottomesse. Ma a pensarci bene, le donne che leggono questo giornale già si sono tirate fuori, almeno in parte, dalla cuccia calda della sottomissione! La stessa battaglia per emanciparsi, è stata un’insurrezione femminile per la libertà”. u


IL SECONDO SESSO

Un decennio costellato da fatti memorabili e tragici. L’elezione di John Kennedy a Presidente degli Stati Uniti.

La sua faccia, il suo sorriso e il carisma che emana, raccolgono consensi ovunque nel mondo. Si affaccia la possibilità della risoluzione del conflitto in Vietnam e del riconoscimento della parità tra bianchi e neri. Sono gli anni dei due maggiori leader del movimento afro-americano: Malcom X e Marthin Luther King, assassinati il primo nel 1965 e il secondo nel 1968. Celeberrimo il discorso di King “I have a dream” e la sua linea non violenta. È lui che tenta un dialogo col neo-eletto Presidente Kennedy, chiedendogli di impegnarsi apertamente per la causa del popolo nero. Il fermento di quegli anni investe soprattutto le nuove generazioni in ogni parte del pianeta. Nel 1962 Noidonne ospita nella sua redazione alcuni giovani: un africano, un vietnamita, due brasiliani, una francese, una inglese e quattro italiani. Le giornaliste li invitano a discutere dei fatti avvenuti nell’anno precedente e a ragionare insieme sulle loro speranze per il futuro. Cosa li ha colpiti di più? Il viaggio nello spazio di Gagarin e il progresso tecnologico. Le speranze che coltivano riguardano la pace, la giustizia sociale, il disarmo e la concreta possibilità che scompaia l’analfabetismo. L’anno dopo Noi Donne intervista nuovamente i ragazzi, in questo caso italiani, e scopre cosa li affligge e cosa vorrebbero cambiare nella società. Le risposte sono quanto mai attuali. Si lamentano del “ruba-ruba” dello Stato, della troppa burocrazia, della “corruzione nell’amministrazione statale, della “mancanza di onestà nelle alte sfere”, e del “far dipendere l’interesse della collettività dall’interesse di pochi”. La voglia di rivoluzione sta montando.

La splendida Simone de Beauvoir, il suo viso austero e l’immancabile fascia sui capelli intervistata da Noi Donne nel 1962 poneva le basi per lo sviluppo di un pensiero vivo ancora adesso. “La donna deve avere coscienza del suo posto nel mondo, coscienza delle proprie idee: una linea di vita che poggia su ben altri valori che non la sessualità e l’amore stesso. Si chiamano questi valori coscienza intellettuale, cultura, ambizione”.

Intanto molte ragazze lavorano nelle fabbriche paragonate a fortezze nelle belle inchieste di Giuliana Dal Pozzo di quegli anni. In barba ai contratti collettivi, alle regole e alle leggi, molti imprenditori obbligano le lavoratrici a turni massacranti per stipendi da fame. Ma i ricatti si spingono oltre: battute, allusioni, inviti dopo il lavoro, quelle che oggi chiameremmo molestie.

Aumenta il lavoro e crescono gli impegni. Nel servizio “Ore che uccidono”, si evidenzia come il tempo delle donne sia scandito da continui impegni fuori e dentro casa. Milioni di donne che lavorano, con orari e ritmi infernali, con grande dispendio di energie, più stanchezza, più nervi e più angoscia di non fare in tempo. Tante, soprattutto al sud, sono diventate anche capofamiglia a causa dell’emigrazione e si trovano ad affrontare da sole la vita la vita dura dei campi, ad assumere nuove responsabilità, ad allevare i figli facendo loro da madre e da padre. Dall’altra parte dell’oceano, dove molti italiani sono emigrati, le donne sono più emancipate. Milla Pastorino durante il suo reportage a New York incontra tante ragazze e ci restituisce una traccia delle loro vite. Hanno più elettrodomestici, sono delle career girls, sembrano più emancipate, però? Come se tutto quello che hanno effettivamente non bastasse. “Se sono felice? My godness, che domanda… Davvero, non saprei cosa risponderle, darling. Che cosa intende lei, per “felicità”? Giovinezza? Bellezza? Denaro? Beh, io ho tutto questo. Dunque sono felice”. L’America, continente dorato, patria di quella Norma Jean, alias Marilyn Monroe, il cui suicidio colpisce l’opinione pubblica e rimane un mistero ancora oggi.

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Protagoniste indiscusse in redazione sono la direttora Miriam Mafai

Gli anni ’60 sono indiscutibilmente il decennio dei giovani. Il fenomeno beat, la nascita della musica rock, e la rivoluzione. Il 1968, l’anno cruciale.

Beatles, n.15, aprile 1964 Joan Baez, n.1, gennaio 1968 Ragazza vietcong, n.10, marzo 1968 Volti, n. 16, aprile 1968

Le manifestazioni iniziano ovunque, a partire proprio dalla facoltà di lettere dell’Università La Sapienza. I ragazzi si riuniscono, fanno assemblee, sono forti e consapevoli di poter rivoluzionare l’Università e contaminare la società con la loro voglia di cambiamento. Dalla Spagna al Giappone gli studenti scendono in strada per manifestare contro le basi militari e ovunque avvengono scontri tra manifestanti e polizia. Il maggio francese vede scioperi in tutto il paese e l’occupazione delle fabbriche della Renault. Ovunque c’è fermento e alcuni gruppi di studentesse cominciano a riunirsi in modo separato. Il 1969 è l’anno del primo uomo sulla luna, del concerto di Woodstock, della morte di Pinelli e della strage di Piazza Fontana e Noi Donne, in questo anno così denso di eventi, si trasforma in cooperativa, come racconta nelle prossime pagine Marisa Ombra.

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(dal 1965 al 1970 alla guida del giornale) che della sua esperienza in Noi Donne, alcuni decenni dopo, scrive “Il ricordo migliore è quello della possibilità che il giornale mi ha dato di entrare in contatto col mondo delle donne. Un mondo che ignoravo o sottovalutavo”. E poi ancora la grande Giuliana Dal Pozzo che nel 1969 fa crollare un enorme tabù: criticare gli uomini di sinistra con la sua splendida ironia. “Il marito di sinistra ha una moglie sbagliata. Senza farebbe la vita dei guerriglieri in Bolivia, in Venezuela…dietro le spalle dei fieri sindacalisti emiliani che la domenica mattina parlano alle folle di riscatto degli oppressi, ci sono schiere di madri al lavoro per preparare le tagliatelle fatte in casa”. Il decennio si conclude con la nascita, nel 1970, dei collettivi femministi a Milano, Padova, Roma, Trento e la nascita del Movimento di liberazione della donna affiliato al Partito Radicale. Benvenuto femminismo!


Il giornale che si fece impresa di Marisa Ombra

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on sono sicurissima circa le date, ma le circostanze, le decisioni, i tempi e i fatti, li ricordo benissimo, come fosse ieri. Noi Donne affrontava una crisi gravissima, e non era la prima volta. Fino alla metà degli anni ’50 era stato un ricco settimanale grazie alle molte lettrici e grazie soprattutto a una forma di distribuzione molto speciale, una straordinaria rete di diffonditrici che ritiravano il giornale nelle sedi dell’Udi, lo portavano di casa in casa al proprio gruppo di fedeli lettrici e lo pagavano puntualmente all’amministrazione centrale. Era, come si diceva allora, un giornale militante, che diffondeva idee e perciò cercava le proprie lettrici attraverso il contatto e il ragionamento. Impensabile, in quegli anni, che spontaneamente venisse cercato nelle edicole di un paese ancora troppo arretrato. Gli anni ’60 però cambiarono profondamente la società. Cambiarono le donne e con loro i settimanali “femminili”, che si ammodernarono, pur restando lontani dalle peculiarità di Noi Donne. Le diffonditrici diminuirono, e nonostante la distribuzione fosse sempre gratuita, le spese di carta e stampa pesavano troppo. Gli anni ’60 dunque segnavano una gravissima crisi della stampa e specialmente di quella politica. Nacque, in difesa di questa, un movimento di giornalisti fra il ’69 e il ’70. C’era già stato il movimento studentesco e il movimento operaio stava aprendo vertenze importanti, contagiando di sé molta parte della cultura. Noi donne, questa volta, dovette prendere decisioni drastiche, e quella che prese lo fu davvero, una vera scelta politica. Avvenne infatti che il Pci, che a sua volta si trovava in difficoltà con un suo giornale, Vie Nuove, propose all’Udi di unire le due testate, immaginando che la somma dei due giornali e del loro pubblico, avrebbe potuto risolvere la situazione economica. Il Pci già da anni puntava su Noi Donne come canale attraverso il quale attrarre alla politica le donne. Cinghia di trasmissione, venivano chiamati questi giornali e queste organizzazioni. In realtà però Noi Donne,

pur collocandosi come altre testate e come la stessa Udi, nell’area di sinistra, almeno a partire dai primi anni ’50, forte di una redazione intelligente e curiosa delle idee nuove che cominciavano a circolare nel mondo delle donne, sosteneva una sua linea molto autonoma, molto moderna, anticipava temi e campagne dei quali si sarebbe parlato molti anni dopo. Dunque, l’Udi e la redazione di Noi Donne rifiutarono, rinunciando al modesto contributo che da qualche anno ricevevano dal partito, e decisero di fondare una cooperativa. Un’impresa speciale, non di soli giornalisti, ma “di chi scriveva, chi distribuiva, chi leggeva il giornale”. Una sorta di movimento che si stringeva intorno al “suo” giornale. L’idea funzionò. La Cooperativa si chiamò Libera Stampa e raccolse in pochi mesi oltre ventimila socie e soci. Probabilmente molti considerarono l’iscrizione qualcosa come una sottoscrizione. In realtà l’intenzione era di costruire un’impresa cooperativa vera e propria, con le sue sezioni soci, l’assemblea annuale che discuteva il bilancio e nominava un Consiglio di Amministrazione. Una scelta ambiziosa e lungimirante che ha consentito alla rivista di continuare la sua strada originale, confrontandosi con problemi e opportunità del mercato e con i cambiamenti sociali e culturali dagli anni ’70 ad oggi.

Monica Vitti, copertina, n. 36, settembre 1962 Cooperativa, n.18, maggio 1969

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LE DONNE DEL PSE PER UNA EUROPA GIUSTA!

CRESCITA, EGUAGLIANZA E DIRITTI CIVILI AL CENTRO DEL NOSTRO IMPEGNO di Roberta Mori, consigliera PD, coordinatrice nazionale commissioni parità regionali

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REDAZIONALE

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l PES Women Summit, tenutosi a fine febbraio nella sede nazionale del Partito Democratico, ha segnato simbolicamente l’avvio del congresso del PSE e della campagna elettorale, nello “storico” giorno dell’adesione del PD alla famiglia Socialista&Democratica europea. Oltre a chi scrive hanno partecipato diverse amministratrici o coordinatrici Donne Democratiche dell’Emilia-Romagna che, a dire il vero, nella teoria come nella pratica si sono sempre sentite appartenenti a questa famiglia. Del resto, come ha sottolineato la presidente PES Women Zita Gurmai, “noi siamo il partito che ha costruito un manifesto reale per le donne”. Lo stesso slogan scelto per l’incontro, Potere alle donne, è molto concreto, così come la volontà di dedicarlo al tema del divario retributivo, alle politiche per superarlo e per un’occupazione femminile di qualità. Sono in pochi a sapere che il 28 febbraio è la Giornata europea per la parità retributiva, nata quattro anni fa per sensibilizzare e ottenere politiche di riequilibrio. La differenza tra il salario orario medio lordo degli uomini e quello delle donne sull’intera economia si attesta al 16,4% nell’Unione. In alcuni paesi, come l’Italia, l’Ungheria, il Portogallo, il divario retributivo tra i sessi è aumentato negli ultimi anni; e se è vero che assistiamo dal 2010 ad un timido livellamento, questo “è

in buona parte attribuibile a una diminuzione delle retribuzioni maschili, come conseguenza della crisi economica, più che a un aumento di quelle femminili”: parola della Vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding. Ostacoli alla parità sono sistemi retributivi poco trasparenti, assenza di chiarezza giuridica nella definizione di “lavoro di pari valore” e la scarsa informazione, ad esempio non sono disponibili dati sui livelli salariali per categoria di dipendenti e le vittime di discriminazioni non sanno come presentare un ricorso efficace. Le donne democratiche e socialiste europee sono impegnate a rimuovere tali ostacoli e su politiche giuste che assicurino l’autonomia femminile e un contributo pieno delle donne allo sviluppo economico.

Crescita e inclusione sono prioritarie, contro le politiche di austerità che ci hanno soffocato. Ciò significa anche condivisione della responsabilità politica e una maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro, delle professioni e ai vertici decisionali. Il rafforzamento economico e sociale delle donne avrà effetti positivi in termini di maggiore eguaglianza dello sviluppo, giustizia sociale e diritti civili. Non da ultimo, vogliamo vivere in una società dove gli stereotipi sessisti non trovino spazio e la violenza di genere sia finalmente sconfitta. Assieme alla presidente Zita Gurmai abbiamo lanciato l’appello per istituire l’Anno europeo contro la violenza alle donne. Ha chiuso i lavori del PES Women Summit il candidato Martin Shulz, il quale ha ribadito con forza che la campagna per i diritti, contro la violenza e contro il gap salariale non è una campagna delle donne, ma di tutto il Partito socialista europeo e soprattutto un impegno che perseguirà con determinazione da Presidente della Commissione Europea. Il nostro contributo si può riassumere così: per il lavoro e i diritti delle donne, cambiamo l’Europa!


COOPERAZIONE SOCIALE, RUOLO E VALORE NEL WELFARE DI COMUNITÀ di Marco Carini consigliere regionale PD

In Emilia-Romagna operano 920 cooperative sociali per un

totale di 37.646 dipendenti, con una crescita del 16,2% nel quinquennio 2007-2012. Più del 77% degli addetti è assunto con contratto a tempo indeterminato e ben il 76% del totale è costituito da donne. L’8% infine appartiene a categorie svantaggiate, ma sottolineo come nelle cooperative cosiddette di tipo B il numero di lavoratori svantaggiati arrivi al 40%, ben al di sopra della soglia del 30% stabilita dalla legge 381. Nel complesso parliamo di aziende che erogano servizi sociali, sociosanitari o educativi essenziali per la vita delle persone e soprattutto per la conciliazione delle attività di cura e di lavoro delle donne, facendo della solidarietà un valore imprenditoriale: forte legame locale, rapporto fiduciario con gli utenti, attenzione alla qualità del servizio ed al benessere del lavoratore/lavoratrice. Dopo vent’anni dalla nostra prima normativa regionale che ha disciplinato le cooperative sociali molte cose sono cambiate, sia nella loro natura che nel sistema di welfare - sempre più “stressato” - in cui si inseriscono. Oggi queste coop sono soggetti imprenditoriali a tutti gli effetti, uguali nei valori fondanti a quelle di un tempo ma profondamente diverse nelle loro relazioni col territorio, nella capacità di fare impresa portando benefici tanto a se stesse quanto alla collettività, nel rapporto con il Pubblico. In particolare, se è vero che la crisi economica ha significato per tutte le amministrazioni pubbliche tagli di bilancio e impoverimento dei servizi ai cittadini, è anche vero che le risposte a questa situazione possono essere diverse e, spesso, antitetiche: esternalizzare i servizi rinunciando di fatto al proprio

ruolo pubblico, ovvero mantenerne in capo la programmazione ed il controllo e riscrivere, attraverso l’accreditamento, le relazioni con gli erogatori finali per renderli parte del sistema stesso. È proprio quest’ultima la strada scelta in Emilia-Romagna, dove le cooperative sociali sono già di fatto un interlocutore indispensabile delle Istituzioni, tanto che il Piano regionale Sociale e Sanitario ha attribuito loro una funzione portante del nuovo welfare di comunità. Una proposta di legge di cui sono primo firmatario e attualmente in discussione, interviene dunque ad aggiornare il sistema apportando alcune innovazioni. Data la rilevanza assunta e la funzione pubblica svolta, riformiamo l’Albo regionale delle cooperative sociali e individuiamo puntualmente i criteri di affidamento e conferimento dei servizi. Al proposito riteniamo giusto distinguere tra l’affidamento diretto alle coop sociali di tipo B per l’inserimento di soggetti svantaggiati “in virtù della riconosciuta capacità di generare inclusione sociale e del forte legame col territorio” e il metodo della gara, caratterizzata dalla presenza di clausole sociali, per le cooperative di tipo A. Inoltre ampliamo la gamma

dei servizi erogabili, comprendendo ad esempio la formazione professionale e permanente. La legge determina poi le forme di partecipazione della cooperazione sociale alla programmazione, gestione, realizzazione e valutazione dei risultati del sistema integrato di interventi e servizi alla persona. Infine, tra le forme di promozione ed incentivazione si prevede un “fondo rischi” consortile per il sostegno al credito, contributi ai datori di lavoro per nuove assunzioni di persone nelle categorie protette (che arriva fino al 70% della retribuzione quando sono ex degenti psichiatrici o disabili con invalidità superiore ai due terzi), la possibilità di fruire dei servizi erogati dalla struttura regionale di acquisto, con un sensibile vantaggio economico per le cooperative. Con questa proposta mettiamo in valore la cooperazione sociale per offrire più opportunità alle persone, nell’ambito di uno stesso sistema di diritti a cui non vogliamo per nessuna ragione rinunciare.

NON SOLO CODICI ROSA. IMPEGNO BIPARTISAN PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA (Bologna, marzo 2014) Voto unanime su una risoluzione bipartisan che impegna la Regione Emilia-Romagna a “favorire, sostenere e sviluppare le esperienze territoriali anche sperimentali di organizzazioni integrate e multidisciplinari dirette a potenziare prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminili e di genere correlate, nonché a portare a completa attuazione gli indirizzi già adottati per l’accoglienza delle vittime di violenza”. Inoltre, sviluppo su tutto il territorio del c.d. ‘Codice Rosa’ per la presa in carico delle donne e dei minori vittime di violenza che si rivolgono ai Pronto soccorso ospedalieri. La presidente dell’Assemblea regionale Palma Costi e la consigliera Roberta Mori hanno espresso una soddisfazione non di rito: «L’aver portato anche le minoranze sulle nostre posizioni si tradurrà in un impegno autentico della Regione ad estendere e rendere interdisciplinari, cioè efficaci, gli interventi per le vittime di violenza di genere». Un tassello importante si è aggiunto al lavoro della Commissione Parità, propedeutico all’approvazione (e attuazione) della legge quadro regionale.

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foto: A.Demarchi, “Iliana Jospeh” / Archivio CISV

L’ISOLA BELLA E SFORTUNATA HAITI

di Nadia Angelucci ILIANA JOSEPH DI HAITITALIA RACCONTA LA ‘SUA’ HAITI, I PROBLEMI E LE POTENZIALITÀ DI UN LUOGO INCANTEVOLE E DIMENTICATO

“Noto che nei miei connazionali cresce

sempre più la consapevolezza di quello che sia giusto o sbagliato per il proprio Paese, e questo è un motivo di speranza”. Termina con queste parole l’intervista che NOIDONNE ha voluto fare a Iliana Joseph, haitiana, che vive nel nostro paese da molti anni. Fondatrice di Haititalia, di cui è presidente dal 2012, ci da l’opportunità di parlare di un’isola incantevole spesso dimenticata e ‘degna’ di comparire sui nostri giornali solo in occasioni di catastrofi e guerre. Haiti cherie non c‘è un paese migliore di te un buon sole, fiumi deliziosi, piacevoli spremute, sotto gli alberi abbiamo un ombra gradevole e un vento leggero ci rin resca” dice una canzone composta nel 1920 da Othello Bayard per incoraggiare l’orgoglio nazionale e la resistenza all’occupazione USA e che racconta la bellezza e l’unicità di questo paese. Iliana Joseph è nata a Port-de-Paix, si è trasferita in Italia dopo il Liceo. Vive e lavora a orino, con il marito italiano e i suoi due figli. el 200 ha creato Haititalia, per mantenere contatti constanti con l’isola e cercare di migliorare il proprio Paese.

L’emergenza del dopo terremoto è stata superata ma i problemi non sono stati risolti A quattro anni dal terremoto come è la situazione ad Haiti? La fase di emergenza è stata superata ma questo non vuol dire che i problemi siano stati risolti. La ricostruzione non è di fatto mai avvenuta, a partire dagli edifici istituzionali, come il palazzo presidenziale, o quelli religiosi, come la cattedrale. La loro rinascita avrebbe avuto se non altro un altissimo valore simbolico. La vera questione è che i problemi che esistevano prima del terremoto, e che determinano lo stato di povertà di Haiti, restano tutti. L’economia è imbrigliata dall’oligarchia, dalla politica e dalla dipendenza dall’estero. I governi non si occupano dei problemi della gente:


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disoccupazione, redditi bassissimi e un carovita spropositato. Il sistema scolastico e sanitario sono precari e insufficienti. a situazione ambientale è disastrosa. La maggior parte della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La ricostruzione dopo il terremoto avrebbe potuto essere un momento zero da cui ripartire per rifare un Paese, non solo in senso fisico. uesto non è successo. Che cosa è Haititalia e come agisce nel paese? È un’associazione nata da alcune famiglie di origine haitiana che intende far conoscere Haiti dal punto di vista del suo popolo, evitando le distorsioni, le interpretazioni e le mediazioni talvolta errate che una visione e una conoscenza non autoctona possono dare e per far conoscere la sua cultura, le sue bellezze, i suoi problemi dal punto di vista di chi ci è nato e vissuto. Non potendo sviluppare autonomamente interventi e progetti, ricerchiamo la collaborazione di altre associazioni, enti e ong haitiane o presenti in Haiti e che condividano l’impegno a combattere il sottosviluppo che condiziona il Paese, a rimuovere le cause delle povertà e delle ingiustizie che lo opprimono attraverso interventi che garantiscano uno sviluppo sostenibile e non dipendente. Quali sono i progetti portati avanti ad Haiti? ualche mese dopo la nostra fondazione, è successa la catastrofe del terremoto, per cui ci siamo subito attivati per favorire la ricerca dei dispersi tra i nostri parenti e conoscenti. Grazie alla solidarietà di molti italiani abbiamo anche ricevuto dei contributi che abbiamo indirizzato all’ospedale dei Camilliani Foyer St. Camille, di Port-au-Prince. Abbiamo contribuito all’acquisto di una clinica mobile, un’ambulanza attrezzata; abbiamo contribuito a fornire l’attrezzatura tecnologica al Groupe Medialternatif, importante agenzia di stampa e centro di formazione informatica per i giovani. In questo periodo stiamo sostenendo l’attività di un centro professionale per ragazze madri, per permettere loro di imparare un lavoro per guadagnarsi da vivere e per mantenere i figli. Infine appoggiamo le attività che l’ong torinese CISV sta svolgendo in Haiti in difesa delle donne vittime di violenza, insieme alla storica associazione haitiana Kay Fanm (Casa della donna). Quale è la situazione delle donne haitiane? a donna haitiana è discriminata fin dall’infanzia. Sono le bambine a svolgere la maggioranza dei lavori domestici, soprattutto in ambiente rurale, che è quello predominante. E non si tratta solo di farsi il letto, mettere a posto la cameretta e apparecchiare la tavola, come accade qui. Ma caricarsi l’acqua e percorrere sva-

foto: Serena Ricci / archivio CISV

nella baia di ha long

riati chilometri, cercare il carbone per la cottura del cibo, andare al mercato, accudire i fratelli pi piccoli. uesto contribuisce all’abbandono scolastico e alle gravidanze precoci. È chiaro che si determina subito uno svantaggio e una differenza di genere che si ripercuote anche a livello culturale, alimentando la mentalità machista e rallentando un processo di emancipazione che pure esiste. a rinuncia allo studio, accudire i figli e sbrigare le faccende domestiche limitano fortemente la libertà e le prospettive di noi donne. La violenza sulle donne è un gravissimo problema, ma se ci pensiamo anche qui in Italia e in quello che viene considerato l’occidente evoluto è un problema attualissimo. Come sono gestiti gli aiuti internazionali? aiti riceve da sempre aiuti internazionali e sono veramente poche le volte in cui si è potuto notare un evidente cambiamento. Il caso del terremoto è emblematico. uale ricostruzione è stata fatta? Sono migliorate alcune strade, qualche ospedale, qualche scuola ma restano le carenze di sempre, soprattutto a livello di infrastrutture. L’unico settore che ha avuto un impulso straordinario è stato quello del turismo. Resort esclusivi sono sorti come funghi, accompagnati da campagne promozionali volte a presentare Haiti come un nuovo paradiso terrestre. E Haiti potrebbe davvero esserlo. Ma questi alberghi chi se li può permettere, al di fuori di qualche ricco statunitense o giapponese? C’è una ripresa o il Paese non riesce a risollevarsi? ualcosa si sta muovendo, ma sarebbe il minimo visto gli aiuti ricevuti. L’attuale governo sta terminando anche vecchi progetti risalenti a prima del terremoto e accresce la sua immagine di qualcuno che finalmente fa qualcosa . estano i dubbi sulla reale volontà di cambiamento da parte dei potenti . enere un paese in emergenza interessa a molti. Il rilancio dell’agricoltura dovrebbe essere ovvio in un Paese all’80% a vocazione agricola, ma non è così. Crescono i parchi industriali, dove è vero che si dà lavoro, ma è lavoro malpagato da multinazionali estere che sfruttano la mano d’opera. E il governo non si preoccupa di risolvere la questione del salario minimo. I pochi cambiamenti che Haiti nel corso della sua storia è riuscita a produrre (ma purtroppo a non mantenere) sono sempre partiti dal popolo. Però noto che nei miei connazionali cresce sempre più la consapevolezza di quello che sia giusto o sbagliato per il proprio Paese, e questo è un motivo di speranza. Foto gentilmente concesse dall’archivio CISV. Info: www.haititalia.altervista.org - www.cisvto.org

HAITI

foto: Alessandro Demarchi / archivio CISV

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LE COMUNITÀ LOCALI NEL NORD DEL PAESE DENUNCIANO UN’AZIENDA ITALIANA CHE HA DATO IL VIA AD UNA NUOVA FORMA DI COLONIALISMO: LA CORSA ALLA TERRA

IL LANDGRABBING MADE IN ITALY di Barbara Antonelli “Una mattina ti svegli e scopri che i terreni sui quali hai da sempre fatto pascolare il tuo bestiame, sono stati dati all’azienda x o all’azienda y”. È così che Elhadji Samba Sow, rappresentante di un collettivo di 37 villaggi senegalesi, racconta alla stampa italiana quello che accade nella riserva dello Ndiael. È a nord del Senegal infatti che si gioca la nuova partita della corsa alla terra, cioè il landgrabbing, una corsa in cui anche le aziende italiane stanno facendo la loro parte. Tra queste, c’è la Tampieri Financial Group, una grande holding familiare con sede a Ravenna che produce olio alimentare ed energia rinnovabile da biomasse. Attraverso la sua controllata, Senhuile SA, a partire dal 2011, sta investendo nel nord del Senegal per realizzare coltivazioni agroalimentari, tra cui semi di girasole. IL PROGETTO. La Senhuile SA, (controllata per il 51 per cento dall’italiana Tampieri Financial Group SpA e al 49 per cento dalla società senegalese a capitale misto Senéthanol ha infatti affittato ben 20mila ettari della riserva di diael: un’area declassificata dall’allora Presidente bdoualaye Wade, che con un decreto ad hoc ha rimosso i vincoli ambientali su 26.550 ettari della riserva, dandone in concessione (con un altro decreto ad hoc) 20mila alla Senhuile-Senéthanol per 50 anni. L’area però è la residenza di oltre 9000 persone appartenenti a 37 villaggi che da

anni avevano diritto d’accesso e uso di quella terra, per il pascolo e per la raccolta di prodotti naturali e spontanei e di legname, importanti fonti di sostentamento per le popolazioni locali. A causa dell’investimento della SenhuileSenéthanol, gli allevatori si trovano privati dell’accesso ai pascoli, e come ha confermato un abitante del villaggio di Ndialanabé, “la conseguenza è che adesso il nostro bestiame lo si vende per pochi soldi a causa della terra occupata da questi uomini potenti con la complicità dello Stato.” LA VOCE DELLE COMUNITÀ LOCALI. Per far pressioni sul gruppo Tampieri, una delegazione senegalese composta da rappresentanti dei villaggi e da Ong ha visitato a inizio marzo diversi paesi europei, chiedendo la cancellazione immediata del progetto. Tra loro Mariam Sow dell’organizzazione -Pronat. on è vero che in Senegal ci sono terreni da distribuire. Il Governo senegalese dovrebbe consultare agricoltori e contadini sulla destinazione dei terreni. L’Africa ha passato periodi bui, dallo schiavismo alla colonizzazione, poi abbiamo avuto l’Indipendenza. Nel 2010 abbiamo fatto un bilancio ed è catastrofico. Invito il mio Presidente ad analizzare attentamente questa situazione. È vero che sta riuscendo a mobilitare risorse ma bisogna scegliere sistemi che mettano in sicurezza il mondo rurale, in particolare le comunità di donne. Il nostro Presi-


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dente ha l’obbligo di fare questo a meno di non subire una nuova colonizzazione”. L’appello coraggioso di Mariam è anche all’azienda Tampieri: “Invito la famiglia Tampieri a pensare che anche le famiglie di Ndiael hanno il diritto di sviluppare le loro piccole attività agricole.” GLI IMPATTI SUI VILLAGGI. I residenti dei 37 villaggi lamentano impatti molto pesanti sul loro stile di vita causati dal progetto, che impedisce l’accesso ai pascoli, alle fonti idriche e alle altre risorse necessarie per la loro sussistenza, di fatto costringendoli ad abbandonare le loro abitazioni. La voce in Italia dei residenti arriva attraverso le parole di Elhadji Samba Sow: “Oltre a privarci della terra, questo progetto ha grandi impatti ambientali, perché vengono tagliati piccoli arbusti e piante. Le comunità di Ndiael, vivono con la paura quotidiana di intimidazioni fisiche e psicologiche da parte di polizia e guardie private messe a controllare i terreni del progetto. Pi lo spazio si riduce e pi gli allevatori lasciano che gli animali invadano i terreni agricoli coltivati, aumentando il rischio di conflitti anche tra comunità degli stessi villaggi, tra agricoltori e allevatori”. Qualche dato di quello che sta avvenendo in Senegal, lo fornisce Fatou Ngom, di ActionAid: “Dal 2000 al 2012, oltre 840mila ettari di terra sono stati tolti alle comunità senegalesi per investimenti da parte di soggetti e aziende private”. Le

imprese italiane stanno facendo la loro parte, e dal 2008 nel paese hanno cercato di investire per ottenere il controllo su una superficie poco pi piccola dell’intera Provincia di Milano (145mila ettari). “Il landgrabbing ha risvolti disastrosi anche sulle donne - spiega Fatou - infatti quando i terreni vengono spianati, è pi difficile trovare legna da ardere, un compito di cui in genere si occupano le donne. Se il bestiame viene allontanato dai luoghi di residenza, gli effetti negativi sono immediati anche sulle donne: sono loro che vendono il latte di mucca e capra sul mercato locale, e meno ne possono vendere, meno guadagnano. Con impatti immediati sulla loro indipendenza economica e sull’accesso ai bisogni primari, per loro e per i figli . Un nuovo rapporto appena pubblicato dallo statunitense Oakland Institute descrive le numerose criticità legate al progetto, a partire dalla mancanza di un vero processo di consultazione e del consenso da parte delle popolazioni del Ndiael e dalla totale opacità delle operazioni Senhuile, la cui scatola societaria è tra l’altro estremamente complessa. È importante che la società civile internazionale faccia sentire la propria voce; per ora la risposta è positiva: in oltre 25mila persone hanno firmato l’appello lanciato dalle diverse organizzazioni , ction id, -Pronat, : ommon, I , Peuple Solidaires e Oakland Institute). b Per firmare: www.actionaid.it/senegal Le foto sono gentilmente concesse da Giada Connestari


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LIBRI a cura di Tiziana Bartolini

IL LAVORO, IL DENARO, LA CONCILIAZIONE. E LA POLITICA In questi primi giorni di primavera il desiderio di incamminarsi per sentieri di montagna e poter vedere, da un punto di osservazione privilegiato, la disposizione degli elementi che compongono il paesaggio è un desiderio naturale. Si prova una sensazione simile nel leggere la raccolta di saggi curata da Sandra Burchi e da Teresa Di Martino. Le teorie, gli interventi, le posizioni delle studiose invitate ad intervenire alla Giornata di studi della redazione Iaph Italia - tenutasi il 21 marzo 2012 nella Sala del Parlamento Europeo a Roma e intitolata “Lavoro o no? Crisi dell’Europa e nuovi paradigmi della cittadinanza” - si ricompongono nella pubblicazione come elementi noti o sconosciuti, vicini a chi legge o lontani per esperienze, storie e linguaggio. Un’opera non scontata perché ordina e pone in relazione elementi che sono all’ordine del giorno nelle agende politiche europee in un periodo in cui la crisi economica riporta a galla gli interrogativi di senso sul lavoro, il denaro, la presenza negli spazi decisionali e la conciliazione dei tempi privati con quelli lavorativi. Sono tutti tasselli di un agire politico femminile che si estende al paesaggio della nostra società, alla creazione di nuove comunità di pratica e di possibili strategie

per governare le trasformazioni in atto portando con sé l’esperienza di rottura dei sistemi di patriarcato. È una storia di azioni, di parole, di consapevolezze che ci permette oggi di affrontare nuovi paesaggi oltre i confini che conosciamo, oltre quanto abbiamo mappato e portiamo con noi come sapere fondante dei passi futuri. Leggendo i singoli saggi, lo sguardo interiore recupera dettagli, particolari della presenza delle donne nel mondo del lavoro, nati in contesti storici definiti, ma che sentiamo attuali per la carica di forza trasformante che avevano e che hanno tuttora. La produzione e la creazione di valore attraverso il lavoro

sono poste al centro degli interventi, cogliendo anche in modo aperto gli interrogativi e le prospettive dell’accesso al reddito di cittadinanza, o, altrimenti detto in alcuni passaggi, garantito. Anzi si va oltre il mero dilemma della definizione concettuale cogliendo l’essenza della questione, come ripreso da più studiose (Pateman, Praetorius, Forenza, Pizzolante) che pongono l’accento sulla necessità che al denaro si sottragga ciò di cui è mezzo per ricollocarlo conflittualmente: l’accesso, l’uso. Maria Luisa Venuta Sandra Burchi e Teresa Di Martino (a cura di) COME UN PAESAGGIO. Pensieri e pratiche tra lavoro e non lavoro Editore Iacobelli, 2013

TRIESTE / ESPANSIONI 2014 PERCORSI-RELAZIONI-CONFRONTI

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l via la terza edizione della Rassegna d’Arte Contemporanea Internazionale e di percorsi di creatività delle donne Espansioni, che ha ottenuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. Motto dell’iniziativa è ‘Insieme per espandere la conoscenza, l’ amicizia, il confronto tra e oltre i confini geografici, storici e politici . Fanno parte della ete spansioni 201 : ircolo otografico riestino, leonora Lopez de Leon, Gente Adriatica, Gruppo78, Intramoenia, Laboratorio donnae, Maremetraggio, Noumeno, Roianopertutti, Stazione Rogers, TriesteFilm Festival, Udi “il caffè delle donne , ene urope, onne d’ uropa, ens e vrope, omen of urope . Media Partner: oi onne. a partecipazione è aperta a opere fotografia, installazione, video, performance, scultura, architettura) che spaziano dall’arte applicata, visiva e sperimentale e che possono essere realizzate singolarmente o in gruppo. L’obiettivo è quello di “trasmetterci la creatività” che ciascuna ha in sé ma che, troppo spesso, non riesce o non vuole esprimere per far diventare l’Arte momento di crescita collettiva. L’esposizione è visitabile fino al 17 aprile presso le Sale della iblioteca Statale Stelio Crise di Trieste.

DELIKATEZZE, Graziella Valeria Rota


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di Camilla Ghedini

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draiata in maniera poco languida sul divano, qualche sera fa, ragionavo sul concetto d’indipendenza femminile. Sarà che è appena trascorso l’8 marzo, con tutta la liturgia di eventi dedicati, sarà che almeno una volta al giorno mi sento dire da amiche e colleghe, tra ammirazione e invidia buona, ‘ma dai, tu almeno sei sola e indipendente’. Fatto sta che abbruttita da una giornata di lavoro, arrabbiata perché in tv non c’era niente, incavolata con me stessa perché per sgonfiarmi avevo preso una tisana drenante che per ovvi motivi consigliano di bere al mattino e non la sera, riflettevo. Guardavo il carrellino della tv, che per andare al bagno devo spostare perché ingombra e mi chiedevo: davvero l’indipendenza è vivere in una casa ad incastro in cui ci si potrebbe muovere camminando sulle mensole affisse ai muri perche lo spazio a ‘terra’ è poco? In cui spendere un botto di affitto per sof-

responsabilità di anni di benessere che ci hanno mostrato soprattutto il bello dell’esistenza - di non conoscere le lotte fatte dalla generazione delle nostre nonne e mamme, la cui vita ‘giusta’ era già stata definita tra assenza di ambizioni professionali e imposizioni di virtù domestiche. Lotte che Noi Donne, nei suoi settant’anni di vita, ha sempre seguito e sostenuto dalle proprie pagine. E se da ragazzina, per me e le mie amiche, l’indipendenza non era alfabetizzarmi ma marinare la scuola per ottenere il consenso dei ‘maschi’ e da semi adulta era ispirarmi a Simone de Beauvoir, che disprezzò la sua provenienza borghese e accettò l’amore libero di Jean Paul Sartre, va detto che ogni epoca, e soprattutto ogni Paese, ha il suo concetto di indipendenza. La mia generazione è cresciuta con quello ingannevole della ‘forza’, intesa come assenza di bisogni, maternità compresa, in una sorta di brutta emulazione del

INDIPENDENTI O AUTONOME? frire di claustrofobia perché il punto non è come ci si vive, ma che si riesce a pagarlo da sole? In cui devi ripeterti che se non c’è il balcone per stendere i panni chi se ne frega, perché una vera donna, indipendente, non lava e non stira, ma va in lavanderia? Che se non c’è lo spazio per tenere un minimo di riserva ‘alimentare’, chi se ne frega, perché una vera donna, indipendente, va a mangiare fuori? Che se non c’è una piastrella libera per ospitare una pianta, e tocca disegnarla sul vetro della finestra, chi se ne frega, perché una vera donna, indipendente, non ama così tanto la natura? Il falso mito dell’indipendenza - cosa ben diversa dall’autonomia - ha accompagnato la crescita della mia generazione, di quarantenni. Una generazione fortunata, perché dotata della possibilità di istruirsi e scegliere cosa fare da ‘grandi’. E che si permette spesso il lusso - non per sua responsabilità, ma per

modello maschile. Intesa come capacità di vivere senza un uomo che ci mantenga, e senza figli che ci limitano la carriera. Quasi che l’amore, nelle sue declinazioni, fosse un orpello. Ma con la crisi, economica e di valori, si rischia di confondere l’indipendenza con una serrata competizione tra donne e donne e donne e uomini, senza più limiti alla libertà, al pudore, all’etica. Con la legittimazione del mors tua vita mea. E d’istinto penso alle ventenni che potrebbero essere mie figlie. E le vedo fragili, perché hanno tutto e niente. E mi chiedo cosa sia per loro l’indipendenza. Io sono certa che a loro Santippe direbbe “ragazze non cercate di essere indipendenti a tutti i costi. Cercate di essere autonome, di farvi rispettare. Ma non vergognatevi dei vostri bisogni perché non esiste nessuno, ma proprio nessuno, che non ne ha. Né uomo né donna”.

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GIORNALISTA DI FRONTIERA NEL SERVIZIO PUBBLICO di Mirella Mascellino

È LA PRIMA CAPOREDATTORA NELLA RAI IN SICILIA. INTERVISTA AD UNA DONNA, SILVANA POLIZZI, CHE HA CREDUTO NELLA PROFESSIONE E NEL MERITO

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ilvana Polizzi è una delle ragazze de L’Ora, il prestigioso quotidiano siciliano fondato nel 1900 e diretto negli anni ‘70 da Vittorio Nisticò, che ospitò gli articoli della pioniera Giuliana Saladino. Polizzi oggi è la prima capo-redattora della Rai Sicilia. A lei abbiamo posto qualche domanda.

Un evento storico, in una terra in cui ancora le donne, se pur brave, in alcune redazioni, per tradizione maschilista, non ottengono promozioni professionali al pari degli uomini. Lo avrebbe mai pensato? Assolutamente no. Il fatto di essere riuscita ad arrivare da una terra di provincia marginale come Messina alla Rai per me è stato un traguardo enorme. Ancora oggi quando ci penso mi sembra incredibile essere riuscita ad approdare alla Rai. È stato un grande mito, un sogno, prima quando ero ragazza e poi anche quest’orgoglio di lavorare nel servizio pubblico con quello che comporta. Essere la prima donna caporedattora, per me che ho cominciato in un momento in cui nei giornali non assumevano donne, è una cosa bella che mi riempie di orgoglio.

Quale è stata la reazione sua, dei colleghi e delle istituzioni locali? La reazione mia è stata di orgoglio, ma anche un po’ di timore per questa grande responsabilità. I colleghi, sono stati tutti molto affettuosi e anche per loro è stato un riconoscimento al lavoro che ho fatto in 26 anni, anche in maniera non molto visibile. Da parte delle istituzioni, di movimenti, associazioni e singole persone ho ricevuto tanti messaggi non formali e pieni di speranza. Questa cosa mi ha emozionata moltissimo e mi ha caricata ulteriormente di responsabilità, come se ci fosse un’attesa particolare per quello che una donna può fare in questo posto. Una caporedattora può orientare in maniera “differente” l’andamento dell’azienda, nella fattispecie della Rai, nel limite del possibile? La notizia è notizia intanto e noi sulla notizia lavoriamo. Però possono esserci sensibilità diverse su alcuni temi. Per esempio la questione dei femminicidi, tanto dibattuta negli ultimi tempi ormai è entrata nella mentalità e nell’impegno sia di uomini che di donne ed è una che porteremo avanti. Porrei una grande attenzione anche sul tema del rispetto delle persone di cui parliamo, in particolare della tutela dei minori. A causa della concorrenza sfrenata spesso si tende a dimenticare un po’ quella che è l’etica nel nostro lavoro. Tempo fa alcune colleghe del coordinamento donne della Rai lanciarono lo slogan: “Ogni tanto bisogna avere il coraggio di bucare la notizia”, il peggio che possa succedere a noi giornalisti. Ma quando la notizia va a contrastare con le tue convinzioni, i tuoi principi devi avere il coraggio di operare scelte diverse. Il mio punto d’impegno è questo. Ha qualche idea o progetto di cui vuole parlare? Vorrei parlare di temi che interessano da vicino la gente, soprattutto in questo momento di crisi profondissima


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pendo che i tempi oggi sono molto pi difficili perché il mondo del giornalismo è in una fase di cambiamento, c’è tutta l’espansione del web. Prima o poi si dovrà mettere ordine in questo mondo. I canali d’informazione non sono più quelli tradizionali di una volta. Se tornasse indietro rifarebbe questo lavoro? Direi di si. Questo lavoro mi ha dato soddisfazioni enormi e ancora mi emoziona e mi stupisce pertanto, rifarei le stesse cose che ho fatto finora e girandomi indietro mi chiedo “oh dio, ma come ho fatto?”, perché pensavo perfino che per fare questo lavoro avrei dovuto rinunciare alla famiglia, alla mia vita personale privata e invece no, ho una famiglia, dei figli e ce l’ho fatta. b e di scoraggiamento generale, in un’isola in cui la disoccupazione giovanile è a livelli record. Ecco, entrare nel cuore dei problemi e non fermarci alla superficie, indicare dei percorsi perché in Sicilia ci sono, nonostante tutto, dei giovani che si rimboccano le maniche e si inventano i lavori. Vorrei riuscire a parlare di questa grande rete di volontari che in certi casi mantengono la struttura e riescono a dare dignità a tanti invisibili. Il mestiere di giornalista oggi vive una crisi profonda, tra sfruttamento professionale e leggi bavaglio. L’Italia non è tra i paesi che valorizza, né tanto meno compensa il lavoro del giornalista e il lavoro dell’intellettuale. Cosa direbbe alle tante giovani e ai tanti giovani che sognano di potere vivere, esercitando questo bellissimo mestiere? Per chi ci crede davvero, dico di andare avanti, bisogna individuare e sfruttare le occasioni di lavoro che, però, non sono più quelle di una volta. Adesso c’è il web, che rappresenta una grande prospettiva. È un lavoro molto selettivo che lascia per strada moltissima gente perché non ce la fa, o non è in grado. Io ho cominciato, quarant’anni fa nella redazione de L’Ora, in tempi che ritenevo meno facile di adesso e per tante ragioni. Perché ero donna e perché provenivo dalla provincia. Anche se c’era meno concorrenza era comunque un percorso difficile e se ci sono riuscita è anche grazie alla mia famiglia, che pur non condividendo la mia scelta mi ha appoggiata, sostenendomi economicamente fino a quando non sono riuscita a camminare da sola. Ho lavorato sempre tantissimo, in alcuni momenti della mia vita in maniera totale e poi ho trovato, sulla mia strada, gente straordinaria che ha creduto in me e mi ha aiutata. Ho avuto una serie di fortune: essere nel posto giusto al momento giusto. Ma indico questa strada a chi ci crede davvero, sa-

A CORTO DI DONNE SETTIMA EDIZIONE Sono 2 i lavori selezionati, tra gli oltre 00 film iscritti da 2 paesi di tutto il mondo, che saranno presentati in concorso nella settima edizione di “A Corto di Donne” - rassegna di cortometraggi al femminile organizzata dal Comune di Pozzuoli e dalle associazioni culturali i logos , uicampiflegrei” e “Coordinamento Donne Area Flegrea - in programma a Pozzuoli (Na) dal 10 al 13 aprile 2014. “A Corto di Donne” offre uno spazio di confronto alle filmma er di tutto il mondo che esprimono, attraverso un linguaggio cinematografico di sperimentazione e innovazione, un punto di vista originale e creativo sulla società e i fenomeni del nostro tempo. Tra gli eventi collaterali della manifestazione è previsto lo svolgimento di un convegno sul rapporto tra le donne e il cinema, a cura dei principali atenei napoletani. L’elenco completo dei cortometraggi finalisti e il programma del festival è disponibile sul sito www.acortodidonne.it. Le giurie tecniche, formate da esponenti del mondo del cinema, della cultura e dello spettacolo, assegneranno il premio al miglior cortometraggio per ciascuna delle quattro categorie in cui è articolato il festival: a) Animazione; b) Documentari; c) Fiction; d) Sperimentale. Sarà inoltre attribuito dalla direzione del festival un premio speciale a un cortometraggio italiano, individuato tra tutti quelli selezionati per la fase finale della rassegna. na rappresentanza di studenti degli istituti superiori flegrei assegnerà, infine, il premio iuria iovani al miglior cortometraggio di ciascuna categoria. La rassegna si avvale della direzione artistica dello storico del cinema Giuseppe Borrone e dell’attrice Adele Pandolfi, e della direzione organizzativa di Rossana Maccario e Aldo Mobilio. Per informazioni: info@acortodidonne.it


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LA GIORNATA DEL CORAGGIO FEMMINILE di Francesco Rizza

A PETILIA POLICASTRO (CITTÀ NATALE DI LEA GAROFALO) LA GIUNTA COMUNALE DEDICA UNA GIORNATA AL CORAGGIO DELLE DONNE. IL PROF. GIOVANNI IERARDI È IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ORGANIZZATRICE

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na manifestazione per ringraziare tutte le donne che, nel corso degli anni ed in contesti socio economici e geografici diversi, hanno fatto storia con il coraggio di grandi azioni ma anche con quel silenzioso lavoro quotidiano cui si dovrebbe guardare con una maggiore attenzione. L’ha indetta l’Amministrazione comunale di Petilia Policastro guidata dal sindaco Amedeo Nicolazzi per il prossimo 3 maggio quando, nella cittadina dell’alto Marchesato Crotonese, avrà luogo La Giornata del Coraggio Femminile”. Si tratta di un appuntamento che come si spiega nella delibera di iunta n 12 dello scorso febbraio, avrà l’obiettivo di realizzare un’occasione in cui ci sia lo scambio di insegnamenti nobili per la crescita e lo sviluppo della sensibilità di tutte le

generazioni presenti sul territorio”. Capita così che guardando al di là delle tante problematiche del territorio comunale, con la stessa iornata del oraggio l’ mministrazione comunale della coalizione uongiorno Petilia offrirà al territorio comprensoriale l’opportunità di volare alto scandagliando le mille positività dell’universo femminile. Per l’organizzazione della stessa manifestazione, l’ mministrazione comunale cittadina ha inteso costituire un’apposita commissione chiamata a collaborare non solo con la stessa Giunta cittadina, ma anche con le altre Istituzioni, in primis, le varie agenzie educative operanti nel territorio comunale. La commissione, su proposta del sindaco medeo icolazzi, sarà presieduta da Giovanni Ierardi già sindaco di Petilia Policastro, docente del iceo scientifico cittadino e presidente della sezione dell’ lto rotonese dell’Istituto di studi antropologici affaele ombardi Satriani . d affiancarlo nella commissione l’assessore alla cultura Francesco Rizza, la funzionaria comunale Maria Nicotera, la pedagogista Silvana Ierardi in rappresentanza dell’Associazione Natess, fra le prime associazioni ad essere stata costituita a Petilia dove opera da circa 20 anni, la psicologa Giusy Schipani, Caterina Villirillo presidente dell’associazione ibere onne . ciascuno dei membri della commissione, il Primo ittadino ha chiesto di portare il proprio contributo di idee e di impegno per realizzare al meglio una giornata che, certamente, entrerà negli annali storici cittadini. Il maggio - ha spiegato il sindaco medeo icolazzi - sarà dedicato alle tante figure femminili positive che con il proprio coraggio hanno difeso i valori della legalità e della convivenza democratica da promuovere nella popolazione cittadina e, particolarmente, nelle giovani generazioni. e scaturirà un positivo ritorno d’immagine per la nostra realtà che ospiterà personaggi di fama nazionale . ovrebbero essere presenti all’iniziativa Giuliano Pisapia sindaco di Milano, l’onorevole Rosanna Scopelliti figlia del magistrato ntonino Scopelliti assassinato dalla ndrangheta nel 1 1 e membro della ommissione parlamentare sul fenomeno delle Mafie, l’onorevole Nando Della Chiesa figlio del generale arlo lberto della hiesa che pag con la vita la propria lotta contro il terrorismo. ltro gradito ospite dell’iniziativa sarà don Luigi Ciotti, presidente dell’ ssociazione ibera . collegato proprio alla presenza a Petilia dello stesso sacerdote l’auspicio della iunta del sindaco Nicolazzi di un impegno della stessa Associazione nella cittadina dell’alto Marchesato Crotonese così come già avviene in varie realtà calabresi. no dei primi orientamenti che la commissione ha voluto darsi quello di aprirsi alla società civile, attraverso un incontro che sarà a breve organizzato con le associazioni presenti nel territorio cittadino; per consentire una collaborazione, la pi ampia possibile, della società civile nella programmazione e realizzazione della stessa giornata.b


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REBIBBIA CARCERE ‘APERTO’ PER CONQUISTARE LA LIBERTÀ di Maria Fabbricatore

BREVE VIAGGIO NELL’ISTITUTO DI PENA PIÙ GRANDE IN ITALIA DEI SEI ESISTENTI CON UN’ORGANIZZAZIONE CHE GESTISCE IN MODO AUTONOMO PROGETTI E RISORSE

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bbiamo visitato il carcere femminile di ebibbia, il pi grande in Italia dei sei esistenti con questo tipo di struttura autonomo. Sono poco pi di 00 le detenute in una struttura che comprende anche una sezione ad alta sicurezza. ’Istituto ha servizi di eccellenza, come il nido per i bambini. a legge prevede che da zero a tre anni i bambini stiano dentro con le madri. Il servizio gestito dai volontari di oma, insieme eda olombini , unico in Italia, porta i bambini dal carcere ai nidi esterni dalle alle 1 . a piccola sezione, la cui capienza è di 1 bambini, ricorda pi un nido vero e proprio che un luogo di detenzione. Si punta molto sulla scolarizzazione e infatti al momento della nostra visita vediamo solo qualche piccolo giocare in braccio alla mamma: la maggior parte è negli asili comunali. La ludoteca è a dimensione di bambino e accogliente per fare in modo che la visita alla mamma in carcere non sia vissuta con senso di vergogna. La gestione del carcere tiene molto al fatto che sia una struttura aperta e da oltre vent’anni dalle otto alle venti alle detenute è permesso girare liberamente all’interno dell’istituto, ovviamente se ci sono dei motivi. isitando il carcere insieme alla vice direttrice Gabriella Pedote, ci è capitato di incontrare le detenute che camminavano tranquillamente nei corridoi e la salutavano, per chi come noi non conosceva, faceva fatica a volte a distinguere il personale dalle detenute. I giardini presenti nella struttura sono tanti, uscendo da un padiglione all’altro ci sono angoli di verde tenuti benissimo. merito delle detenute che si occupano del verde. eniamo molto al fatto che ognuna impegni il tempo in modo costruttivo. Il lavoro è

importante, perché aiuta a ritrovare fiducia in se stessi. Prevediamo molti progetti, anche dall’esterno, attraverso le associazioni di volontariato, che coadiuvano il lavoro che noi facciamo dall’interno”, ci dice Ida Del Grosso, che da un anno è la direttrice, ma che ha lavorato per vent’anni come vice nello stesso Istituto. n giardino - con gazebo, sedie e tavoli - si nota in particolare fuori dalla finestra del suo ufficio dove le detenute, d’estate, incontrano i figli che vengono a far loro visita. e esperienze delle detenute sono tante e qualcuna, particolarmente eclatante, è rimasta nella memoria. Molte si sono salvate da un destino segnato, qui in carcere la vita non è facile, mai. i sono i figli fuori che aspettano che le madri tornino, la lontananza da loro è il dolore pi grande. a biblioteca conserva circa 10.000 volumi, le detenute trascorrono lì molto tempo a leggere e spesso si organizzano incontri con gli autori con i quali si discute del libro appena letto. el teatro sono stati fatti spettacoli anche con le detenute di massima sicurezza. Il loro coinvolgimento emotivo è stato altissimo, soprattutto quando in sala erano presenti i familiari. a funzione della pena è rieducativa - spiega la direttrice - e il carcere deve tendere al recupero del condannato. li strumenti servono perché le detenute possano capire lo sbaglio e migliorarsi . b

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ARTE

IL SUBLIME, IRREGOLARE FASCINO DELL’ALTRA ARTE di Camilla Ghedini

IL FILONE ARTISTICO CONTEMPORANEO LEGATO ALLA PSICHIATRIA E AL DISAGIO MENTALE È IN MOSTRA NEL MUSEO D’ARTE IRREGOLARE A SOSPIRO (CREMONA). TRE DONNE E LA LORO FIDUCIA NELLA FORZA DELLE DIVERSITÀ

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a maestosità dell’edificio suggerisce l’idea dell’ordine e della precisione, che in quanto tale non pu essere arte, o comunque l’arte, che contiene’. he è quella irregolare, quella che ci trasmette immediatezza, spontaneità, solitudine, urgenza creativa, dramma interiore. In una parola, vita. Sospiro, a pochi chilometri da remona, nella splendida illa attaneo, sintesi di architettura neoclassica e decorazione, è stato inaugurato lo scorso dicembre il Museo d’ rte Irregolare, il M I che fa riferimento all’omonima ondazione , il primo in Italia così concepito, seppure d’ispirazione europea. ato dall’impegno di studiosi e professionisti, è diretto da Bianca Tosatti, tra le prime a credere in un filone artistico contemporaneo legato alla psichiatria e al disagio mentale. on mostre temporanee e permanenti e itineranti il M I intende accogliere sia opere di artisti presenti nelle pi importanti collezioni europee e italiane - spiega osatti - che produzioni contempora-

nee di artisti nuovi’, che creano nei luoghi di cura, nei centri di riabilitazione psichiatrica e neurologica, negli atelier protetti’. oi vogliamo valorizzare e conservare opere multiformi e babeliche . on osatti lavora Paola Pontiggia, cui la stessa osatti riconosce il ruolo da noi poco frequentato, almeno linguisticamente, di conduttore d’atelier , figura invece diffusa a livello internazionale. Poi c’è la giovane Valentina Mantovani, che si occupa della comunicazione. uando arriviamo, ci sono tutte e tre. re donne che stanno cercando di muovere una montagna, che hanno accettato una sfida d’altri tempi, che con scarse risorse economiche e con la forza dell’esperienza e delle conoscenze - da intendersi come relazioni umane - stanno realizzando un programma di eventi degno di una Pinacoteca di una capitale. re donne che vogliono valorizzare quanti - si pensi a igabue - si esprimono al di là dei canoni tradizionali, delle regole di mercato, delle convenzioni accademiche, dei condizionamenti sociali, della ragione. Il M I vuole tuttavia superare l’Art Brut o Outsider Art, troppo spesso percepita come di viscere, emotiva, legata all’infanzia . ui troveranno ospitalità artisti che creano opere di altissima qualità non per raggiungere il bello’, che è un incidente’, ma per necessità .


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Individui che diversamente morirebbero, strozzati e soffocati dalla loro stessa energia. ogliamo fare del Mai un luogo in cui la differenza è riconosciuta come valore umano e artistico - sintetizza osatti - , uno spazio di confronto per studiosi, ricercatori, studenti . Il tutto con il coinvolgimento del pubblico straniero, capace di trascinare quello italiano nel superamento dei condizionamenti culturali di impostazione classica. na volta che l’edificio sarà definitivamente ristrutturato, presumibilmente entro l’estate 201 , il M I si presenterà al pubblico con un susseguirsi di sale espositive, officine, piccoli cantieri. ogliamo essere un or in progress’ del sapere e della sperimentazione . In questo senso è centrale la presenza dell’atelier , sottolinea Pontiggia, che funge da cerniera tra il dentro e il fuori, tra genialità e normalità. Per presentarsi in tutta la sua originalità e complessità, il M I ha debuttato lo scorso dicembre con un’esposizione dedicata ad Armand Schulhess 1 01-1 72 , l’artista svizzero noto per la mappatura proteiforme del sapere effettuata nei boschi di sua proprietà nel tentativo di riunire intorno a sé una campionatura del mondo ra scommette sulla forza delle donne, con la mostra Women (13 marzo - 30 maggio 2014), rappresentazione del genere sessuale nelle opere di Lisetta Carmi e Pietro Ghizzardi. Involontario gioco di parole tra il verbo want, volere’ e men, uomo’, la rassegna racconta la femminilità vista dagli uomini e dalle donne, così come la femminilità degli uomini interpretata dalle donne. i sono le fotografie di isetta armi, oggi novantenne, che negli anni ’ 0 fece scandalo con un servizio in cui ritraeva i transessuali del porto di enova nei loro appartamenti in affitto, nella disperata simulazione di una famigliarità che li rendeva grotteschi. e opere bicefale del pittore contadino naif Pietro hizzardi, con donne aggressive, dalla femminilità virile e pericolosa . ccanto, i disegni di iovanni alli, che nell’accostamento di corpi e missili preconizza l’imminente sovversione dell’ordine delle cose , e vecchi numeri Grand Hotel e Bolero. na mostra complessivamente audace , ammette osatti, che esprime l’anima di un Museo che ambisce a

cambiare il concetto stesso di fruizione dell’arte. he punta sul dialogo con l’èlite, con il pubblico colto, informato , in ossequio alla convinzione, che contrariamente agli anni ’70 oggi sia necessario culturizzare la massa e non massificare la cultura . essuno snobismo, spiega osatti, solo la consapevolezza che c’è tanta approssimazione. a fiducia nel M I, osatti, ha fiducia nel potere dell’espressione irregolare. all’arte dei matti si ricava la certezza della diversità, che rende molto sicuro il perbenista, il benpensante, per cui la diversità è la difesa la barriera, il traguardo. questo che attrae. come andare allo zoo e sentirsi sicuri vedendo il leone in gabbia. a verità è che tutti noi siamo leoni castrati, agnelizzati . a chiosa: oi siamo convinti che l’arte, per essere arte, deve sempre tirare in ballo le differenze. illa attaneo vuole comunicare questo, vuole diventare volano di un dinamismo culturale il cui presupposto è la cooperazione umana e la partecipazione comunitaria .b

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LUOGHI E NON LUOGHI

foto di: Lara Ciarabellini

foto di: Sara Munari

ALLA NONA EDIZIONE, OBBIETTIVO DONNA, IDEATA E PRODOTTA DA OFFICINE FOTOGRAFICHE ROMA, CELEBRA LE VISIONI E LA PRODUZIONE FOTOGRAFICA AL FEMMINILE

foto di: Lara Ciarabellini

OBBIETTIVO DONNA 2014

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l centro di questa edizione, che si è conclusa il 2 marzo, gli spazi e le diverse definizioni ed interpretazioni che le tre fotografe, Lara Ciarabellini, Iara Di Stefano e Sara Munari, hanno dato con i rispettivi progetti Sonnambulismo, Madness, e | Place | Planner | Project |. Nel corso della rassegna (Spazi, Multiscritture di immagini di luoghi e non luoghi), oltre alle mostre, anche dibattiti, incontri e momenti di confronto. Protagoniste le donne, i loro pensieri, rappresentazioni e racconti tra immagini e parole. Comune denominatore delle mostre presentate, la forza intrinseca degli spazi, in diverse accezioni. Dalla documentazione degli spazi fisici che prescindono dai confini politici e religiosi passando per il paesaggio naturale che scava gli stati psicologici della collettività sociale fino a luoghi immaginari e surreali. Metafora fotografica di un lungo viaggio nel sonno della osnia rzegovina d’oggi, Sonnambulismo di Lara Ciarabellini è un progetto che documenta gli strati della memoria collettiva negli ultimi tre decenni, dalla morte di ito fino all’attuale dopoguerra. Viaggiando attraverso i differenti pa-

esaggi psicologici, Sonnambulismo esplora le circostanze che hanno dato forma al Paese - la sospensione del tempo durante gli anni ottanta, il trauma e l’amnesia collettiva durante il conflitto negli anni novanta, e i segni del dopoguerra ancora in corso -, scoprendo gli strati di memoria sottostanti l’intricato terreno della Bosnia Erzegovina. Al limite della realtà le visioni di Iara Di Stefano, Madness è un progetto che narra la follia di personaggi immaginari attraverso gli occhi di un pesce rosso. L’idea racconta l’autrice: è nata all’interno del laboratorio virtuale S P, gruppo supporto fotografi pigri, fotografipigri.com, ideato da Sara Lando. Iara afferma: “nel progetto ho creato dei non-luoghi, in fase di scatto, fotografando personaggi veri e finti attraverso materiali trasparenti per regalare al pubblico una visione personale e introspettiva dello spazio . Iara, che si è formata alle fficine otografiche oma, afferma sono orgogliosa di partecipare come autrice alla rassegna, di esporre e confrontarmi con autrici e ospiti del panorama fotografico femminile . Per lei la fotografia è un mondo affascinante, una realtà introspettiva”. Sebbene nella vita, per vivere, si occupi di altro, continua: ringrazio fficine per avermi dato questa opportunità di grande visibilità, visto che essere presi sul serio dagli addetti ai lavori è molto difficile . alla fotografia immaginifica di Madness, passiamo alla fotografia documentaria. Sulla definizione dello spazio vitale, confine da non oltrepassare


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foto di: Iara Di Stefano foto di: Sara Munari

La programmazione si è conclusa con una finestra sulla condizione delle donne in Turchia raccontata attraverso gli occhi della regista turca Aysegül Selenga Taskent e della fotografa Delizia Flaccavento, residente in Turchia da oltre 5 anni. Il documentario Girls of Hope, della regista turca Aysegül Selenga Taskent, con la fotografia di Delizia Flaccavento, è stato girato a Van, nella Turchia orientale, e ritrae un gruppo di ragazze che si battono per andare a scuola e, nonostante le difficoltà, cercano di non perdere la speranza in un futuro migliore. La visione del documentario è stata anticipata da un approfondimento sul problema dell’analfabetismo femminile in Turchia, accompagnato da uno slideshow delle fotografie tratte dal volume Thanks to My Mother di Delizia Flaccavento. www.obbiettivodonna.org

foto di: Iara Di Stefano

DONNE E TURCHIA

per evitare di invadere la libertà altrui, si concentra | Place | Planner | Project |. Sara Munari, che già in passato è stata ospite a bbiettivo onna, ha viaggiato in Israele e Palestina senza entrare nelle questioni politico-religiose, nonostante le linee immaginarie e fisiche che effettivamente dividono la superficie di questo territorio. La sua ricerca è un’analisi sugli spazi di ogni singolo individuo. Nelle fotografie non ci sono volutamente le didascalie, al fine non etichettare gli spazi, ma renderli agli occhi dello spettatore uguali per tutti i territori rappresentati. Con questo progetto, afferma Sara Munari: voglio indagare l’emblematica situazione di questi territori e di chi li abita, una situazione paradossale che costringe tutti gli appartenenti alle diverse etnie, ad adeguarsi al condizionamento dello spazio effettivamente vivibile da ognuno”. b

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A TUTTO SCHERMO

MILLE VOLTI FEMMINILI DI FERZAN OZPETEK di Elisabetta Colla

SI RIDE E SI PIANGE CON ‘ALLACCIATE LE CINTURE’, IL NUOVO FILM DEL BRAVO REGISTA TURCO

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orse non nella sua vena più ispirata ma con molte pennellate dallo stile inconfondibile, torna Ferzan Ozpetek - autore amatissimo dal pubblico italiano per film come Le fate ignoranti, Il bagno turco e Saturno contro, per citare alcuni fra i suoi maggiori successi - con una nuova pellicola dal titolo Allacciate le Cinture, una storia sospesa come di consueto fra commedia e tragedia, che ripropone molti dei temi cari al regista turco: la complessità delle relazioni umane, l’importanza di seguire le proprie passioni, l’inevitabilità dell’amore al di là delle convenzioni sociali e di genere, la centralità delle donne in ogni aspetto della vita e la forza dell’amicizia, tutti elementi essenziali nel grande circo dell’esistenza,

effimero passaggio da godere al meglio finché il destino, la malattia o la morte non ci sorprendano all’improvviso. “Sono sempre stato affascinato dall’elemento temporale - afferma zpete - e nel film si passa da un periodo all’altro della vita dei protagonisti, nell’arco di 13 anni. Abbiamo fermato le riprese per un mese, in modo da permettere agli attori di mutare il loro fisico e dare l’impressione del tempo trascorso”. Iniziata nel 2000, infatti, in una ecce barocca dalla magnifica luce dorata l’ pulia ilm ommission, ha finanziato il film per 0mila euro , la narrazione si svolge dapprima in un clima gioioso di spensieratezza, sentimenti giovanili e progetti per il futuro. La protagonista, Elena, un’intensa asia Smutnia in un ruolo non facile che la consacra alla maturità attoriale, frequenta il facoltoso iorgio rancesco Scianna e lavora in un locale del centro di Lecce insieme a Fabio, il giovane amico e collega gay (si conferma la spontaneità del talento di ilippo Scicchitano , e a Silvia, una disinibita e caotica Carolina Crescentini: i tre sognano di aprire un locale


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LA SCELTA DI IDA PAWEL PAWLIKOWSKI COSTRUISCE DUE MAGNIFICI PERSONAGGI FEMMINILI NEL FILM ‘IDA’

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n bianco e nero plumbeo e rarefatto accompagna la rievocazione storica, le vicende e la psicologia dei protagonisti di Ida, ultima pellicola del regista polacco Pawel Pawlikowski - radicato in Inghilterra - autore attento ed abile come pochi nel descrivere il mondo femminile già nei suoi film precedenti, My summer of love e Last resort e delinearne grazia e contraddizioni. ella Polonia dei primi anni Sessanta, ancora in pieno regime comunista, Anna, una giovane orfana abbandonata in convento alla fine della Seconda uerra mondiale, poco prima di prendere i voti scopre di avere una zia, Wanda, sorella della madre. La necessità, se non il desiderio, di conoscere la sua unica parente, spinge la ragazza nel mondo esterno, a lei del tutto ignoto. La zia, una magistrata autonoma, cinica e semi-alcolizzata, ex-combattente nella esistenza antinazista e militante di Partito, responsabile delle condanne a morte di numerosi prelati e religiosi, che nasconde segreti ed una grande sofferenza, rivela ad Anna le sue origini ebraiche ed il suo vero nome: Ida Lebenstein. Le due diversissime donne intraprendono un viaggio alla ricerca della tomba o delle spoglie dei genitori di Ida, scomparsi in circostanze misteriose alla fine della guerra. Fra emozioni sopite, dure rivelazioni ed incontri conturbanti (come quello col giovane e bel sassofonista azz , nna Ida, che non sembra in apparenza mai davvero toccata da nulla, sperimenterà altri possibili modi di vivere prima di fare la sua scelta definitiva. Identità, colpa, peccato, scelte, dolore, fede, i grandi temi del film, affidato a due interpreti femminili straordinarie, Agata Kulesza, nel ruolo della zia e Agata Trzebuchowska in quello di Ida. E.C.

tutto loro fino all’incontro di lena con l’homme fatal, Antonio, (interpretato da uno statuario ma inespressivo rancesco rca, forse la nota pi dolente del film , meccanico virile e un po’ omofobo, del quale contro ogni logica lena s’innamora fino a sposarlo. ’amore non si cura delle diversità, almeno in una prima fase, sembra dire il regista, ma quando la scena si sposta al 2013 per un nuovo capitolo nella vita dei nostri protagonisti, ritroviamo lena madre di due figli, imprenditrice di una catena di locali, in piena crisi coniugale, che scopre casualmente di avere un cancro al seno ed inizia a combattere la malattia con ciò che ne consegue ospedale, chemioterapia, medici , fino a nuove evoluzioni della trama, in parte prevedibili in parte inattese. Vero cuore del racconto, oltre alla circolarità del tempo il film si chiude con un’altra incursione’ nel 2000 , sono per i personaggi comprimari femminili, che aggiungono sapore e leggerezza alla storia, grazie anche alla bravura e simpatia delle attrici: l’impagabile coppia mamma-zia di Elena, la prima ironica e brillante arla Signoris la seconda imprevedibile eun po’ matta lena Sofia icci , la studentessa di medicina poi dottoressa iulia Michelini , l’enfatica ma verace parrucchiera amante uisa anieri , la vitalissima malata di tumore Paola Minaccioni . ell’arco della vita, arriva sempre un momento in cui è necessario allacciarsi le cinture - conclude il regista -. Ho giocato su tutto quello che può capitare in un’esistenza, concentrandomi sui sentimenti più forti, l’amore e l’amicizia, ai quali, spesso, si aggiunge la solidarietà”. Ozpetek, che torna a realizzare una sceneggiatura a quattro mani con Gianni omoli, si accosta con decisione e sapienza alle atmosfere registiche di Almodovar, come nella prima lunga sequenza della pioggia sul marciapiede o nella scena in cui Elena annuncia alla famiglia riunita la sua malattia. Sui titoli di coda, un vero tocco da maestro: le note della canzone A mano a mano di iccardo occiante, nella rara interpretazione di ino aetano.b

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LEGGERE L’ALBERO DI BRUNA BALDASSARRE

DONNE

E CONSUMI di Viola Conti

CONTRO L’EGOISMO

APRIRE LA VIA ALLA TOLLERANZA

ANTITRUST:

QUESTIONE NOVARTIS - ROCHE Federconsumatori interverrà a sostegno dell’Antitrust ed avvierà azioni risarcitorie per i cittadini

L Cara Bruna, sono sposata e madre di due bimbi. Ho trentotto anni, vorrei sapere dove mi porterà questo carattere così irruento. Nadia Cara Nadia, La forma della chioma disvela subito una persona dalle buone maniere, gentile, ma a volte anche impenetrabile, per la sua tendenza a vivere nella fantasia, e di natura più pratica che teorica. Affascinata dall’idea di cambiamenti, per sperimentare l’ampiezza delle esperienze. Non ama amicizie “appiccicose”, che non pongano eccessive sollecitazioni o problemi, pur avendo realmente bisogno di sostegno e affetto. Di carattere solitamente impaziente, nervoso, ma simpatico, ama essere coccolata. A causa di traumi (che si evidenziano dal tronco) tende facilmente a sentirsi sempre in colpa per tutto. I traumi più incisivi avvengono nei seguenti anni: a circa 25, 29 e 34. Da un punto di vista biografico la fase dei 7 anni è il punto centrale della vita, siamo nel mezzo del cammin di nostra vita Il 7 anno viene definito anche anno zero, nel senso che si tende a proiettare verso il futuro azzerando ci che è passato. ’obiettivo dovrebbe essere quello di comprendere i nuovi compiti che la vita pone di fronte. Si deve lavorare molto contro l’egoismo per sviluppare la tolleranza. Il rischio maggiore è quello di nascondere il senso del vuoto interiore dovuto al cambiamento in corso fuggendo dalla realtà. Il compito pi utile è quello dell’approfondimento in senso qualitativo nei rapporti affettivi.

a Federconsumatori ha deciso di intervenire a tutto campo nello scandalo dei farmaci anticecità della Novartis-Roche, incaricando un pool di avvocati di procedere legalmente. L’esemplare sanzione dell’Antitrust ha messo in luce una clamorosa violazione alla normativa sulla concorrenza, con pesanti ripercussioni sul diritto alla salute di circa un milione di cittadini del nostro Paese che sono stati costretti, per curarsi e scongiurare la cecità, a spendere per un prodotto anche meno efficace, il ucentis, una somma dieci volte maggiore rispetto all’Avastin, con un gravissimo danno non solo per il Servizio Sanitario Nazionale (si stima pari a 45 milioni di Euro solo nel 2012), ma anche per i cittadini stessi. La Federconsumatori, pertanto, sta esaminando la possibilità di avviare un’azione risarcitoria (che potrebbe comprendere anche una grande class action). Per quanto riguarda l’impugnativa avanti al TAR da parte della case farmaceutiche del provvedimento dell’ ntitrust c’è inoltre l’intenzione di intervenire a sostegno della disposizione dell’Autorità. In tale sede, la Federconsumatori chiederà la conferma del provvedimento stesso. Ma non basta. La Federconsumatori - sia in proprio, che per i cittadini danneggiati - intende costituirsi parte civile nell’eventuale processo penale che dovesse scaturire dall’indagine dell’Autorità Giudiziaria in corso sia a Torino che a Roma. La Federconsumatori invita i cittadini che hanno subito un danno per le azioni anti-concorrenziali delle due case farmaceutiche a segnalare per e-mail o a presentarsi presso le nostre sedi per comunicare l’adesione all’iniziativa suddetta con la descrizione delle modalità con le quali sono venuti a contatto dei farmaci interessati dalla procedura Antitrust, conservando la documentazione relativa alle prescrizioni ed all’acquisto dei farmaci.


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SPIGOLANDO tra terra, tavola e tradizioni DI PAOLA ORTENSI

OK, MISTER CARCIOFO! Lo sapevi che per capire se un carciofo è fresco il gambo deve spezzarsi e non piegarsi? Forse è proprio quella postura quasi statuaria del carciofo fresco e ancor più sulla pianta, ad aver dato origine, stravolgendone il senso da positivo a negativo, a quel modo di dire rivolto alle persone poco duttili e di scarsa prontezza: “è proprio un carciofo!”. Tornando ai nostri meravigliosi carciofi , ve ne sono di tante qualità: dal cimarolo romanesco ai violetti di Niscemi, dallo spinoso sardo al precoce di Chioggia fino alle varietà toscane o siciliane, solo per citare qualche componente di una grande famiglia. Tra le altre notizie pare sia proprio dalla Sicilia che molti secoli fa “partì” l’addomesticamento della pianta che oggi ha tanto spazio nella lista degli alimenti, in parecchie parti del mondo. Fermandoci all’Italia i carciofi, data la straordinarietà della collocazione in lunghezza della penisola e quindi delle variazioni del suo clima, si trovano quasi tutto l’anno, anche se in primavera hanno

il loro massimo fiorire. Infatti è proprio in questa stagione che si tengono diverse sagre ed è straordinario ammirare nel Lazio, ad esempio, le belle mostre allestite con mazzi di meravigliose mammole, come si chiamano in gergo i romaneschi, ed assaggiarli ottimamente cucinati. Non a caso i carciofi troneggiano nel menù della

domenica pasquale, sia bassa o alta, Fritti, alla romana, alla giudìa, alla matticella, in pizze rustiche o frittate spaziano fino al lunedì dell’Angelo accompagnando il pranzo al sacco di tanti “pasquettari”. Per la salute le doti del carciofo sono notevoli poiché sono ricchi di ferro e di antiossidanti, capaci di aiutare la digestione anche per

le componenti che determinano quel tipico sapore amarognolo, non a caso componente base dell’amaro (Cynar) che si può preparare con le sue. Ne viene poi suggerito l’uso nelle diete, cercando naturalmente di limitare l’uso dell’olio che con i carciofi ha un ottimo rapporto, come lo hanno l’aglio, la mentuccia romana e il prezzemolo. I carciofi sono piante o forse inflorescenze in continua evoluzione. Se non raccolti e presi al momento giusto mostreranno nel loro cuore, non più utilizzabile per speciali ricette, quel pelo o barba propedeutico ai fiori. Fiori dal colore azzurro violaceo protetti spesso da spine e della consistenza di setole, quasi mini spazzole al vento. Quando li prepariamo - come è noto a chiunque cucini - se non saremo veloci a metterli in acqua dopo averli ben strofinati col limone perderanno il color verde chiaro dalle numerose sfumature per divenire neri e tingere con dispetto le mani dell’operatore. Impossibile ancora non citare i carciofini. Questi che

un po’ come le marmellate o i pomodori in bottiglia vengono preparati in tante famiglie, dopo essere stati ermeticamente chiusi in barattoli sott’olio sono nella dispensa di quasi ogni cucina, pronti ad arricchire antipasti o secondi piatti, per non parlare del protagonismo che i carciofini hanno conquistato nei tramezzini dei bar, in compagnia di tonno, maionese o magari uovo sodo secondo la fantasia del cuoco.

RICETTE TAGLIATELLE AI CARCIOFI Pulire i carciofi, tagliarli molto sottili, cuocerli in abbondante olio e anche un po’ d’acqua e in presenza d’aglio. Condirvi le tagliatelle cotte aggiungendo prezzemolo, mentuccia e magari maggiorana. Non dimenticare un po’ d’olio crudo.

IN INSALATA Molto freschi e teneri tagliati a fettine sottili e conditi con olio, limone e scaglie di parmigiano.


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www.fondazionecerratelli.it diegoarte@libero.it

FAMIGLIA

Sentiamo l’Avvocata SE L’OMISSIONE È VIOLENZA

SOGNATORI, CREATORI, ESECUTORI. LA MAGIA DEL MADE IN ITALY

L’

Italia è un paese di creatori eccezionali. Creare la bellezza è la ricetta per innovare profondamente un sistema, per voltare pagina: un compito non facile, immersi come siamo in una mediocrità desolante e a volte avvilente. Solo gli esempi di un grande passato ci possono mostrare una strada per un futuro creativo che possa garantirci di vivere senza perdere la nostra identità e dignità. La moda è l’esempio più alto della nostra eccellenza creativa tutta italiana e nasce a Firenze e a Roma come frutto di un’altissima professionalità artigianale che dall’Italia parte per influenzare tutto il mondo. La moda come tutte le arti è un progetto aristocratico, ma lo sviluppo dei manufatti, qualsiasi essi siano, diventeranno democratici appena “toccheranno terra” ovvero appena saranno indossati e svolgeranno la loro funzione sociale. Le grandi griffe che si presentano sulle più importanti passerelle del mondo, le pi straordinarie firme della moda, sono un prodotto Made in Italy. I nostri operatori, i nostri artigiani, i nostri artisti sono in assoluto i migliori realizzatori di qualsiasi grande idea; noi della moda e dei “costumi” dopo molto tempo torniamo a credere nelle nostre capacita esecutive dopo un periodo difficile. bbiamo sopportato il buio di questi anni, abbiamo soffocato l’entusiasmo esecutivo delle cose, ci siamo al massimo accontentati del progetto ma non ci siamo preoccupati di chi l’avrebbe eseguito come se la fattura delle cose fosse diventata una mortificazione e questo non è vero, questo è quello che ci hanno fatto credere. Non abbiamo mai creduto a tutto questo e siamo qui pronti, come sempre, integri, non contaminati dalle sole chiacchiere che hanno imperversato da molti, troppi anni. Questo duro periodo che ha generato enormi cambiamenti ci ha fatto riflettere sulle nostre capacita e il risultato è che noi siamo un popolo colto, attraente che per una svista alcuni hanno pensato di mettere da parte ma noi non ci stiamo, abbiamo reagito ed ora con forza, indossando la scintillante corazza del saper fare e i piumaggi variopinti della creatività siamo pronti per affrontare chiunque certi di essere i migliori!

di Simona Napolitani mail: simonanapolitani@libero.it Troppo spesso l’assenza di un genitore non è valutata correttamente nelle aule di giustizia, si sottovaluta il danno che la latitanza del padre (quasi sempre responsabile di tale omissione) provoca ai figli. Costituisce un’inversione di tendenza una bella sentenza del Giudice di Novara, che ha saputo ben regolamentare la grave condotta del genitore. Il Tribunale investito della vicenda ha preso in esame la relazione del Perito d’ fficio e, dopo averla considerata tecnicamente adeguata e logicamente motivata”, ne ha recepito il contenuto. In particolare, tale relazione ha concluso per l’affidamento esclusivo del minore alla madre, sulla riscontrata idoneità genitoriale di quest’ultima, la quale ha intrapreso un percorso psicologico che le ha permesso di comprendere il disagio del figlio e della corrispondente inidoneità genitoriale del padre, che ha assunto un atteggiamento ondivago nei confronti del minore e si è manifestato scarsamente empatico e per niente affettivo. Il ribunale ha pertanto correttamente concluso per l’affidamento esclusivo del figlio alla madre ed ha approfondito le ricadute sul figlio delle gravi condotte paterne. È molto importante che il Tribunale si sia soffermato sul disagio psicologico del figlio, proteggendolo da ulteriori traumi che potrebbero derivare da una frequentazione con una figura genitoriale inadeguata, laddove oggi la tendenza è quella della salvaguardia della bigenitorialità e di un recupero del genitore non idoneo. Recupero troppo spesso programmato a tutela dei minori, i quali vengono però esposti ad un percorso che li espone a situazioni che non sempre, a mio avviso, sono tutelanti e quasi mai, purtroppo, raggiungono i risultati sperati. Si legge ancora nella sentenza in esame che è necessario risparmiare al minore, già molto provato, la delusione e la frustrazione di ulteriori rifiuti da parte del padre, il quale, al di là delle mere affermazioni di principio espresse negli atti difensivi, ha dimostrato con il proprio comportamento di non essere affatto interessato ad una frequentazione affettivamente significativa del minore e di non aver compreso lo stato di prostrazione psicologica ed emotiva che lo affligge. Infine, il ribunale di ovara ha condannato il padre al risarcimento a favore del figlio, e art. 70 ter cpc, dal punto di vista del danno punitivo; anche tale ulteriore scelta è da condividere pienamente, perché irrogare una sanzione pecuniaria aiuta a creare una cultura all’osservanza dei doveri, in special modo di quelli genitoriali; in questo senso parlerei di una funzione pedagogica della legge.


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L’OROSCOPO DI

ZOE Aprile CARA ARIETE, ho letto da qualche parte che, grazie alla facilità con cui su Internet si reperiscono informazioni, le agenzie investigative stanno chiudendo. Al posto del detective privato, però, è nata una nuova figura professionale, quella dello “sparitore”, colui che, se vuoi scomparire, è in grado di cancellare tutte le tue tracce, reali e virtuali. Poiché Urano potrebbe sollecitare il tuo desiderio di un drastico cambiamento, ti consiglio di non cedere alla tentazione di una fuga. Puoi voltare pagina senza eclissarti totalmente, sarà più produttivo. CARA TORO, una volta Johnny Carson, comico e conduttore del Tonight show, ha affermato: “A Hollywood, se non hai uno psichiatra, pensano che sei pazzo!”. Non voglio suggerirti di iniziare una qualche cura psichiatrica, o di altro tipo, cara amica. Solo farti notare che ciò che in un determinato ambiente vuole dire qualcosa, altrove può significare il suo contrario. Ti consiglio allora di porre attenzione alle differenze, non certo per adeguarti, quanto per imparare qualcosa. CARA GEMELLI, nel suo romanzo umoristico La sovrana lettrice Alan Bennett racconta l’insorgere della passione per la lettura niente meno che nella regina di Inghilterra. La scoperta di questa attività, che Sua maestà prenderà in modo molto serio e impegnativo, le cambierà radicalmente la vita. E tu? C’è qualcosa nella tua vita per la quale rinunceresti a tutto il resto, o quasi? O qualcosa che l’ha già cambiata, rispetto a come avrebbe potuto essere? Riflettiamoci su. CARA CANCRO, in uno dei suoi scritti, il critico francese Serge Daney ha affermato che esiste “un sentimento di appartenenza all’umanità, dovuto alla presenza di un paese supplementare, chiamato cinema”. Il cinema, dirà, “mi insegna a toccare instancabilmente con lo sguardo a che distanza da me comincia l’altro”. Una Venere magnifica potrebbe favorire, insieme ai rapporti sentimentali in senso stretto, anche la tua capacità di guardare gli altri “in modo umano”, imparando dal cinema, dall’arte o semplicemente dalla vita.

PREDIZIONI SEMI-SERIE E PRONOSTICI POSSIBILI

CARA LEONE, voglio dedicarti questi versi della grande Emily Dickinson, che, contrariamente a quello che sembra a una prima lettura, esortano alla ricerca e all’affermazione della verità: una verità talmente importante che non si può esprimere direttamente, ma solo accostarsi ad essa con una lenta circumnavigazione: “Dite tutta la verità,/ma ditela insinuandola:/l’importante è girarci attorno”. Insinuate e girate attorno, e avrete un mese decisamente positivo.

CARA SAGITTARIO, se hai letto il romanzo di Vladimir Nabokov Il dono ricorderai certamente il personaggio di Konstantin, padre del protagonista. Konstantin è l’uomo che sa “due o tre cose” che nessun altro sa, che volge il suo sguardo verso “azzurri paesi”. Anche tu, nel corso del prossimo periodo, potresti avere voglia di esplorare e di tentare nuove avventure, sollecitata dal Sole, e con l’aiuto di Marte e Venere.

CARA VERGINE, il regista iraniano Abbas Kiarostami ha dichiarato in un’intervista che la cosa che più gli interessa del cinema è il fatto che “la libertà non [può] essere totale. [...] Tutto è sotto controllo... e in totale libertà”. Penso che tu possa capire cosa vuole dire Kiarostami, poiché, anche se il tuo segno viene descritto come rigido e meticoloso, sei capace invece di grandissime aperture, e di un’autentica libertà intellettuale. Che potrai esercitare sotto le buone stelle di questo Aprile.

CARA CAPRICORNO, nel corso di un mese un po’ faticoso potrai sfruttare l’aiuto di Venere, che ti protegge nel campo dei sentimenti e delle amicizie. Sarai capace, insomma, di uno sguardo ampio e generoso, senza restrizioni convenzionali, sui tuoi affetti passati e presenti. Ti dedico allora questi versi scritti dal poeta inglese Alfred Tennyson, tratti dal poema Maud: “Ah Cristo, se fosse possibile/vedere per una breve ora,/le anime che abbiamo amato, e se potessero dirci/che cosa e dove sono.”

CARA BILANCIA, scriveva il teorico russo Michail M. Bachtin: “Unilateralmente serie sono soltanto le culture dogmatiche e autoritarie. La violenza non conosce il riso. [...] Tutto ciò che è autenticamente grande deve comprendere in sé un elemento di riso”. Accogli con il sorriso sul volto, anzi ridendo!, le nuove sfide portate da questa primavera, servirà a contrastare l’influsso di Marte, che ti rende un po’ litigiosa.

CARA ACQUARIO, disse una volta il pittore Salvador Dalì: “Ciò che importa è moltiplicare la confusione, non eliminarla”. Poiché questa primavera si preannuncia molto animata, con questa frase di Dalì voglio invitarti ad affrontare con calma e a considerare con positività un’atmosfera un po’ agitata, che potrebbe farti l’effetto di una grande confusione. Dal caos potrebbero emergere importanti amicizie o nuove, interessanti opportunità per la tua vita.

CARA SCORPIONE, diceva – più o meno – il filosofo francese Nicolas Malebranche, nel 17° secolo: “L’attenzione è una preghiera spontanea dell’animo”. O qualcosa di simile. Ora, lasciamo stare la preghiera, e magari anche l’animo, e focalizziamoci sull’attenzione! Scusa se ti sembro troppo diretta, ma nel corso di questo mese avrai molte occasioni davvero produttive, che rischi però di lasciarti scappare se ti farai trasportare da un cielo un po’ instabile. È il momento di unire la tua accesa creatività a una profonda concentrazione.

CARA PESCI, il ragno Habronattus, per conquistare una compagna, danza unendo ai movimenti alcuni suoni prodotti sfregando parti del corpo tra loro, o tamburellando con le zampe sul terreno. Sembra che ogni maschio proponga una versione diversa della stessa canzone, come in un’improvvisazione jazz. Ebbene, la notizia – non particolarmente sorprendente per nessuna femmina di nessuna specie, secondo me – è che è stato recentemente scoperto che più il suono risulta nuovo, più viene apprezzato dalla femmina. Non so perché, ma ho la sensazione che anche a te questa notizia non giunga inaspettata, vero?

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FABIANA FRASCÀ

DOVE LA VERITÀ È NUDA Una poesia del disincanto e di ricerca, non esente dall’esperienza del dolore di Luca Benassi

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i Fabiana Frascà avevamo già avuto occasione di occuparci su queste pagine nel numero di luglio-agosto 2010, presentando “L’Oscuro centro”, opera di esordio della poetessa napoletana. Si trattava di una poesia dai tratti spiccatamente erotici, fatta di anima e corpo, spirito e materia della carne viva e palpitante, capace di cogliere il lettore nell’incandescenza della lingua dell’eros, nell’azione e nella materialità di una fisicità naturale, esposta con un certo grado di libertà e ironia. Il nuovo lavoro, “Aporia delle scorie”, pubblicato da Giulio Perrone editore con la prefazione

di Antonio Spagnuolo e una nota di Letizia Leone, marca un radicale cambio di segno in questa scrittura, la quale si volge alla riflessione e al disincanto. Letizia Leone chiama in causa la waste land di Thomas Eliot, il cui paesaggio desolato e frammentario era espressione della rovina e della resa di un secolo che bruciava nell’incendio dei suoi fasti e dei suoi orrori. Lo stesso tessuto è rinvenibile nei versi di Frascà, dove alla dimensione epigrafica e catastrofica si sostituisce una quotidianità domestica e disadorna, devastata negli affetti, tradita nei sentimenti. Se rimane la fisicità esuberante degli esordi come strumento di conoscenza, questa è oggi rivolta alla dimensione del dolore, al cibarsi di scorie per cercare in queste il nutrimento di una possibile normalità. Vi è nella scrittura di Frascà una tensione etica capace di trascendere il personale per rappresentare un’epoca, una crisi (economica, politica, dei valori), senza necessariamente prendervi una posizione, senza reclamare un ruolo di giustizia, ma ponendosi solamente alla ricerca di una verità nuda, finalmente senza menzogna. Si veda l’ultimo testo nel quale la resa è quella «di discorsi lasciati inerti al sole/ ad asciugare, naufraghe, le guerre»: una poesia del disincanto, verrebbe da dire, ma soprattutto una poesia di ricerca, di riflessione profonda, espressione di una maturità umana e letteraria non esente dall’esperienza del dolore. Rimane della scrittura degli esordi quella naturalità della forma chiusa, spesso declinata nel sonetto, che si abbevera di endecasillabi e settenari cristallini, immediati, segno di una metrica affatto studiata, ma che è il modo di respirare e muoversi di questa autrice. Ne emerge una lingua snella, duttile, in grado di farsi affilata quando deve incidere nella metafora atroce di una quotidianità devastata. Il risultato è una poesia necessaria, generosa, che si fa ricordare.

Granuli Che bello sentire la colpa granello sottile, minuto, racchiuso baccello che gravida nuove parvenze più losche più cupe di pesti, che prive d’onore, poi seguono il flusso ad imbuto del senso fottuto che impolpa ogni brodo di mondo e gira sull’asse di scorno, velluto che scorre nel sangue per burla o per gioco sul filo di scolo che vomita ancora certezze in un bolo. ~ Statua Se non fossi che pietra, un granito stabile e fisso io saprei quelle braccia. Ma non ha carne la pietra, né fiori. Non conosce la terra, gli odori. Sa imitare soltanto nel tatto, simulare in quel freddo contatto parvenze di mani di bocche di denti. Inventarsi in un simulacro un’anima dura. Necrotica e pura. ~ Graffiti Tutto trattenuto senza alcuna pena nel sangue. I dolori cutanei, i fori degli aghi, i tagli di lame. Tenerli nel sangue o in quel poco che n’esce è come averli nel cavo delle mani, riceverli, amarli, per quanto strazio dica quel rosso aggrumarsi. Un solco di parole in una fossa. Un graffito. Ami, sorridi da morto, e la tua misera sindone è il murales di quel tratto extraurbano della metropolitana.


Le possibilità di abbonamento a NOIDONNE sono le seguenti: ordinario 25 euro straordinario 60 euro (hai diritto a 3 indirizzi o 3 copie) sostenitore 100 euro (hai diritto a 6 indirizzi o 6 copie) 1+1= 40 euro Due abbonamenti - almeno una nuova abbonata con un unico bollettino di soli 40 euro (anzichè 50 euro) Il versamento può essere effettuato con un bollettino di c/c postale sul conto nr. 000060673001 oppure con Bonifico su BancoPosta intestato a: Società Coop. Libera Stampa a rl c/o Studio Berto Fabio IBAN: IT57 D076 0103 2000 0006 0673 001


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8 MINISTRE SU 16 MA NON È DEMOCRAZIA PARITARIA BIOETICA LA MEDICINA CHE PREVEDE IL FUTURO SENEGAL DOVE RUBANO LA TERRA

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