LUGLIO / AGOSTO 2015
SALUTE
INFORMAZIONE SINERGIE DONNE IN CAMPO / SPECIALE EXPO L’AGRICOLTURA DEL FUTURO LA SFIDA ETICA I GIOVANI, LE DONNE E L’INNOVAZIONE IMPRENDITRICI IN CRESCITA VANDANA SHIVA E LA CERIMONIA DEI SEMI LA SOVRANITÀ ALIMENTARE GLI AGRINIDI prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 70 - n.07–08 ISSN 0029-0920
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BIOETICA
LA LEGGE SUI REATI AMBIENTALI
26/06/15 07.42
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DELFINA
di Cristina Gentile
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SOMMARIO
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01 / DELFINA di Cristina Gentile
13 FORUM DEI CUG E LA P.A. di Marta Mariani
03 / EDITORIALE di Tiziana Bartolini
14 ACCADEMIA D’ARTE DRAMMATICA SILVIO D’AMICO Intervista a Daniela Bortignoni di Alma Daddario
4/7 ATTUALITà 04 IL FUTURO E LA BUONA SCUOLA di Giancarla Codrignani 06 EUTANASIA, TESTAMENTO BIOLOGICO. OBBLIGATI A VIVERE di Stefania Friggeri
LUGLIO / AGOSTO 2015 RUBRICHE
16 DonnaeSalute. Un ponte tra buone pratiche Iniziato il cammino del nostro progetto
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24 BIODIVERSITY PARK, CERIMONIA DEI SEMI Vandana Shiva con le Donne in Campo 25 La presidente Laura Boldrini al parco della biodiversità 26 LA FAME NEL MONDO E I DIRITTI DELLE AGRICOLTRICI
30 AGRICOLTURA SOCIALE Gli agrinido di Barbara Coli e di Larisa Lupini
8/9 BIOETICA ISTITUTO ITALIANO DI BIOETICA LA LEGGE SUI REATI AMBIENTALI di Alberto Virgilio
18 CIA E IL FUTURO CHE VOGLIAMO Dino Scanavino, presidente CIA
32 AGRICATERING
10/16 JOB&JOB
20 IMPRENDITRICI AGRICOLE IN CRESCITA Cinzia Pagni, vicepresidente CIA
33 /35 MONDI
12 FRANCA CIPRIANI, LA NUOVA CONSIGLIERA NAZIONALE DI PARITà di Tiziana Bartolini
21 GIOVANI E DONNE GARANZIA DI INNOVAZIONE Rossana Zambelli, direttora CIA 22 LA SFIDA ETICA, TRA REDDITO E RISPETTO Mara Longhin, presidente Donne in Campo
Mensile di politica, cultura e attualità fondato nel 1944
Direttora Tiziana Bartolini
Anno 70 - numero 07 / 08 Luglio - Agosto 2015
Editore Cooperativa Libera Stampa a.r.l. Via della Lungara, 19 - 00165 Roma
Autorizzazione Tribunale di Roma n°360 del Registro della Stampa 18/03/1949 Poste Italiane S.p.A. Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 DCB Roma prezzo sostenitore €3.00 euro Filiale di Roma
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PROGETTO GRAFICO Elisa Serra - terragaia.elisa@gmail.com Abbonamenti Rinaldo - mob. 338 9452935 redazione@noidonne.org
amiche e amici del progetto noidonne
Clara Sereni Michele Serra Nicola Tranfaglia
Laura Balbo Luisella Battaglia Francesca Brezzi Rita Capponi Giancarla Codrignani Maria Rosa Cutrufelli Anna Finocchiaro Carlo Flamigni Umberto Galimberti Lilli Gruber Ela Mascia Elena Marinucci Luisa Morgantini Elena Paciotti Marina Piazza Marisa Rodano Gianna Schelotto
Ringraziamo chi ha già aderito al nuovo progetto, continuiamo ad accogliere adesioni e lavoriamo per delineare una sua più formale definizione L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o cancellazione contattando la redazione di noidonne (redazione@noidonne.org). Le informazioni custodite nell’archivio non saranno né comunicate né diffuse e verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati il giornale ed eventuali vantaggiose proposte commerciali correlate. (L.196/03)
36 Murmur, fiaba per bambini pelosi/ Leonor Fini di Flavia Matitti Io e lei. Manuale olistico/ Alida Mazzaro di Alida Castelli
05 Versione Santippe di Camilla Ghedini 07 Salute BeneComune di Michele Grandolfo 09 Il filo verde di Barbara Bruni 46 Leggere l’albero di Bruna Baldassarre 46 Donne&Consumi di Viola Conti 47 L’oroscopo di Zoe 48 Poesia Maria Zimotti Paradiso perduto di Luca Benassi
37 Le scuole estive: AGAPE / Befree 38 Marilù Oliva, Dalla parte delle ‘battagliere’ di Camilla Ghedini
33 EGITTO/Chi sono loro per dire che… Campagna web contro gli stereotipi di Zenab Ataalla 34 POLONIA/ Un passo avanti e due indietro di Cristina Carpinelli
36/43 APPRODI
37 Vorrei un tempo lento lento / Luigina Del Gobbo La grammatica la fa la … differenza/Mammeonline Corse di tram / Eleonora Laffranchini
28 SOVRANITà ALIMENTARE E DIFESA DEL TERRITORIO
17/32 DONNE IN CAMPO / SPECIALE EXPO
10 UDI / LASCIATECI LAVORARE CONVEGNO A ROMA di Silvia Vaccaro
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39 Monica Priore / Nuoto e diabete 40 Rebibbia / Speciale cibo Mangiare dentro e fuori le mura di Paola Ortensi 44 Cannes al femminile La squola di Babele di Julie Bertuccelli di Elisabetta Colla
ringraziamo le amiche e gli amici che generosamente questo mese hanno collaborato
Daniela Angelucci Zenab Ataalla Bruna Baldassarre Tiziana Bartolini Luca Benassi Barbara Bruni Cristina Carpinelli Alida Castelli Giancarla Codrignani Elisabetta Colla Viola Conti
Alma Daddario Stefania Friggeri Cristina Gentile Camilla Ghedini Michele Grandolfo Marta Mariani Flavia Matitti Paola Ortensi Silvia Vaccaro Alberto Virgilio
‘noidonne’ è disponibile nelle librerie Feltrinelli ANCONA - Corso Garibaldi, 35 • BARI - Via Melo da Bari 117-119 • BOLOGNA - Piazza Galvani, 1/h • BOLOGNA - Piazza Porta Ravegnana, 1• FIRENZE - Via dei Cerretani, 30-32/r MILANO - Via Manzoni, 12 • MILANO - Corso Buenos Aires, 33 • MILANO - Via Ugo Foscolo, 1-3 • NAPOLI - Via Santa Caterina a Chiaia, 23 • PARMA - Via della Repubblica, 2 PERUGIA - Corso Vannucci, 78 - 82 • ROMA - Centro Com.le - Galleria Colonna 31-35 • ROMA - Via Vittorio E. Orlando, 78-81 • TORINO - Piazza Castello, 19
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SALUTE INFORMAZIONe SINERGIE
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a salute delle donne richiede tante, costanti e particolari attenzioni che non possono esaurirsi nel semplice trattamento della patologia, quando insorge. Anche la parola prevenzione non sembra corrispondere pienamente all’idea di salute che va costruendosi. Il concetto è ampio e comprende o lambisce ambiti spesso distanti tra loro: alimentazione, stile di vita, ambiente, attività fisica. È un intreccio di azioni e informazioni da miscelare per mantenere nel lungo periodo un costante equilibrio, anche considerando il prolungarsi della vecchiaia. E occuparsi del corpo non basta, perché i fattori che contribuiscono alla salute sono anche altri, come la vivacità della mente o il voler sentire la vita. E ancora, e per le donne soprattutto, bisogna chiedersi quanto influiscono fattori riconducibili alla vita di relazione e familiare, come impatta l’organizzazione dei servizi sociali o della mobilità. Insomma la salute psicofisica, in particolare della donna, è affare complesso anche perché il corpo delle donne attraversa tante fasi che rendono difficile racchiudere tutto in poche mosse standard. E va benissimo che l’attenzione per la medicina di genere stia crescendo, ma è un pezzo del mosaico. Le tracce da seguire sono molte e orientarsi nella selva di offerte e proposte non è facile. Molto dipende poi dal contesto, dagli strumenti culturali, dalle strutture territoriali, dall’organizzazione dei servizi. Una multiformità che può confondere, che certamente crea disparità da regione a regione, da città a città. In Italia vantiamo tante eccellenze nella sanità e buoni esempi nell’organizzazione di servizi e strutture. Eppure non riusciamo ad apprezzarle perchè non le percepiamo come tali e raramente contaminano il sistema in modo spontaneo. Abbiamo osservato tutto questo - NOIDONNE e tre associazioni: Noidonne TrePuntoZero, Salute&Genere, Woman to be - e abbiamo ideato il progetto DonnaeSalute
che ha come sottotitolo un ponte tra buone pratiche. L’obiettivo è dare un contributo nel fare il punto sull’idea di salute della donna, di agire sul versante della divulgazione, sensibilizzazione e riflessione. Occorre anche stimolare il dialogo tra gli addetti ai lavori e con l’associazionismo, la politica, il mondo della ricerca e accademico. Accrescere consapevolezza e condivisione può aiutare, pensiamo, a risparmiare e a migliorare quel che c’è.
Lo schema è quello di una costellazione di incontri organizzati in varie città durante l’anno, continuando il cammino avviato con la presentazione del progetto in Senato (10 giugno). Dopo i primi due appuntamenti a Roma (12 giugno) e a San Giuliano Terme (19 e 20 giugno) a ottobre il ciclo continua. A dicembre si traccerà il primo bilancio di un’avventura iniziata con slancio generoso e confidando in tante competenze e professionalità che si sono messe a disposizione. È presto parlare di rete. Per ora guardiamo alle sinergie possibili come ad un primo obiettivo concreto. Gli aggiornamenti di questo cammino sono annotati nel sito www.donnaesalute.org, oltre che in www.noidonne.org, naturalmente. Tiziana Bartolini
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IL FUTURO E LA A L O U C S A N BUO
Riforma sì, riforma no. Ma non possiamo riportare indietro l’orologio e gli insegnanti dovranno studiare, anche se precari, perché è il loro mestiere di Giancarla Codrignani
L’
anno scolastico è finito e le polemiche rinviate senza che nessuno ci abbia detto che d’estate solo gli sfigati parlano di scuola. Quindi, a meno che non siano già considerate brutte parole, in primo piano vengano educazione e conoscenza, fondamento di quella vita, individuale e collettiva, che tutti a parole vogliamo civile. Che incomincia a scuola, dove la nuova generazione, formata in scuole innovative solo perché (e non tutte) fornite di computer, risulta fonte di grosse preoccupazioni. I ragazzi infatti stanno già dentro un altro mondo, costruito da noi, vecchia generazione - ormai anche i ventenni già mentalmente condizionati ne fanno parte - che resta sgomenta davanti alle trasformazioni in atto e alle mutazioni già antropologiche che definiscono “intelligenti” le macchine. Qualche responsabilità del nostro disagio deve assumersela la (non così buona) educazione dei vecchi (non così buoni) tempi andati, se nemmeno le donne, educatrici anche quando non lo fanno per mestiere, sanno più come ragionare con i figli e se pensare serenamente al loro destino. Impossibili, d’altra parte, l’equilibrio sociale e la politica non corrotta se i bambini crescono senza conoscere regole di convivenza sociale e rispetto di maestri, anziani, “diversi”: la natura, di per sé, non è buona e solo l’educazione evita che ci costruiamo dei nemici e replichiamo le violenze. Comunque, preso atto delle di-
namiche in atto, dobbiamo prevenire possibili guai: la storia è irreversibile ed esige cambiamenti senza, possibilmente, prendere cantonate. Ma partendo dalla scuola come prima struttura da riformare (almeno tanto quanto la famiglia). La Finlandia, che passa, nelle statistiche, per avere il sistema scolastico migliore in Europa, sta riformando l’ordine delle discipline e propone di partire solo dalle ricerche sugli argomenti, mentre addirittura per le primarie intende dare a bambine e bambini la possibilità di scegliere se imparare a scrivere con la matita o il computer, con la mano che predispone alla grafia personale o a stampatello. Da noi, figurarsi, è ancora sospetta l’educazione di genere, anche se il referendum irlandese - impensabile solo cinque anni fa - dovrà velocizzare l’aggiornamento dei perbenisti e dell’ideologia cattolica. Eppure, qualco-
sa non è mai funzionato nel ceto docente (come nelle famiglie) se gli insegnanti temono sempre le circolari dei presidi e aspettano gli interventi di legge, senza il coraggio (?) di usare quella libertà didattica che non tolse, almeno formalmente, nemmeno Mussolini. Ma perché questi cambiamenti nel sistema giudicato il migliore in Europa non sono all’attenzione dei nostri sindacati-scuola (nati, come confederali solo nel 1968, quando cessarono quelli corporativi)? Se oggi tutte le strutture si muovono dentro quantità di informazioni sterminate, dovremo per forza educare individui capaci di discernere per operare scelte motivate e prendere decisioni in pochi secondi, come fanno i chirurghi. Potremo mai continuare a restare al di sotto delle umane possibilità, anche quando i bambini ci mostrano che le tecnologie sono facili da usare anche per chi ha quattro anni, ma non possono diventare gabbie? Come insegneremo le lingue straniere, se gli scolari potranno ricorrere ad app in grado di tradurre simultaneamente? Come insegnare la storia e l’arte di conservare la memoria se la tecnologia contiene tutti i dati del passato? Come insegnare i poeti se il virtuale attenua le emozioni e il
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twittare immiserisce linguaggio e comunicazione? Come non perdere i principi della democrazia, anzi della convivenza sociale, se non inventeremo nuove regole smart, “intelligenti”, per affrontare il disordine prodotto dalla resistenza alle nuove (e non necessariamente peggiori) declinazioni del sistema? Se non riusciamo a governarne le sfide del futuro, i rischi saranno grandi. Quindi, agitare le acque fa solo bene. Perfino all’autonomia scolastica. Se non ci sono pedagogisti a cui chiedere lumi, perché anche loro sono fermi alle domande, non importa: pensare non è vietato e dire sempre di no a proposte scomode di solito non significa averci pensato. La solitudine morale in cui viviamo tutti giovani, genitori e insegnanti - non è una ragione per non cercare di capire come venir fuori dai garbugli che ci avviluppano. Possibile chiudere tutti i giornali, ormai letti solo sugli ipad? Possibile, certo, se non ci accorgiamo che da sempre il diritto (costituzionale) all’informazione pretendeva di più da noi; ma in futuro la libertà di stampa si salverà se fornirà cultura informata perché la voglia reale non è quella di sapere se qualcuno ha ucciso qualcun altro ma quella di “capire”, che esige conoscenza e bellezza. Insomma è possibile prevedere livelli più alti di educazione anche quando cose necessariamente invecchiate decadono. Se il lavoro si sta trasformando (in Cina è stata inaugurata la prima fabbrica senza operai) e i sindacati non se ne sono accorti, non possiamo riportare indietro l’orologio del sistema. Gli insegnanti ci sono proprio per portarlo avanti. Dovranno studiare; ma, anche se precari, è il loro mestiere; e, d’altra parte, i ragazzi sono già lì per seguirli se programmeranno ricerche, non se ripeteranno nozioni. E i genitori, che - speriamo - lotteranno contro l’evasione usando il bancomat anche per il caffè o contro la concorrenza al sistema pubblico evitando i taxi uber, e che vedranno girare per la loro casa un assistente-robot, non potranno limitarsi al buonismo per educare figli più irresponsabili dell’umanoide che bada al nonno. b
di Camilla Ghedini
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hissà perché se sei addolorata per fatti tuoi ma non hai voglia di parlare, di alzare il telefono, la gente pensa che sei in crisi, ti immagina disperata, bisognosa di un aiuto che non manifesti. E allora si prodiga coi ‘parlami’, ‘non chiuderti in te stessa’ e via discorrendo, che hanno come unico effetto quello di infastidire e allontanare. Chissà perché certe persone si aspettano che vomiti i tuoi sentimenti, ‘così finalmente ti liberi’. Proprio con loro poi. Mica con chi scegli tu. Ci ho pensato e ho trovato la risposta. La non condivisione della nostra sofferenza spesso nuoce all’idea che gli altri hanno di sé stessi. Perché? Perché se li escludiamo, non li rendiamo partecipi, anzi.... protagonisti. Se li escludiamo, non li rendiamo depositari della nostra intimità e ‘beneficiari’ dell’esclusività. Il punto, quindi, non è quanto patiamo noi,
hanno dato il voto ai tuoi dispiaceri, spesso sminuendoli. I passaggi sono tre. In adolescenza ogni dramma è vissuto come partecipazione e amicizia, e quindi va benissimo, perché è propedeutico al senso di reciprocità. Da ‘grande’ ci si accorge che è più facile condividere il negativo, perché sostenere chi è in difficoltà fa sentire migliori. Partecipare di gioie e soddisfazioni, al contrario, fa spesso emergere invidie...se si resiste però il legame è solido ed eterno. Poi c’è la maturità, dove ormai quel che è fatto è fatto, quel che si è costruito si è costruito, si gestisce la propria emotività in autonomia, eppure spunta chi ha bisogno delle tue sfighe per misurare se stesso. Perché vuole essere l’amica o amico delle tre B: buono/a, bravo/a, bello/a. E così, mentre tu lecchi le tue ferite, vivi la tua quotidianità con persone che ti sanno aiutare senza
IL NARCISO DELLA PORTA ACCANTO a modo nostro, per le nostre vicissitudini. Ma quanto patiscono gli altri, per il modo nostro di affrontare le nostre stesse vicissitudini. Se in un momento difficile della nostra esistenza ce ne stiamo tranquilli, senza esasperazioni, senza mostrarci con le vesciche sotto agli occhi, senza imprecare contro la malasorte, senza ammorbare il prossimo, facciamo un danno all’altrui narcisismo. Perché? Perché togliamo agli altri la possibilità di salvarci! Di salvarci rivelandoci cosa è giusto per noi, perché loro ci sono sicuramente passati per un’esperienza simile, perché loro al nostro posto farebbero..., perché tu sei fragile.. povera... Questa è l’acquisizione vera della maturità. Che la ricerca della solitudine indispettisce gli altri, gli stessi che in svariate occasioni
esplicita richiesta, addirittura ridi - perché ridere nulla toglie al dolore - , quindi vai avanti aspettando nuovi equilibri, cercando il tuo nuovo contesto nel mondo, offendi chi da sempre sa cosa è giusto per te! Bella roba! Io penso che l’amicizia vera sia quella capace di stare fuori dalla porta. Di stare sospesa. Penso che gli amici veri siano quelli che mentre soffri come un cane e non vuoi parlare, si limitano a invitarti a mangiare un gelato e ti chiedono se hai dormito. Ci sono con discorsi ordinari, sapendo che arriverà il giorno in cui quelli difficili e speciali li farai, ma coi tuoi tempi, magari un po’ alla volta. Perché se non hai la voglia o la forza di piangere, non offendi nessuno. Al massimo pecchi di ‘lesa maestà’. Per chi maestà si sente.
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OBBLIGATI A VIVERE di Stefania Friggeri
Eutanasia, testamento biologico, accanimento terapeutico. Le ingerenze della Chiesa e i calcoli delle forze politiche impediscono in Italia di scegliere con dignità il fine vita
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ggi anche in Italia, paese a maggioranza cattolico, si levano voci che chiedono il riconoscimento dell’eutanasia. Dall’antichità fino al diciannovesimo secolo su questo tema si sono contrapposte due linee diverse: l’una, da Platone fino a Kant, negava la legittimità del suicidio; l’altra, da Seneca a Hume, lo vedeva come una soluzione razionale estrema. Ma oggi il quadro è cambiato, si è dissolta l’idea della morte “naturale”. Per la prima volta nella storia l’uomo può ritardare la morte e prolungare la vita: una nuova forma di vita artificiale dove la morte non è più un aldilà oltre la vita, dove la morte si lega alla vita. Molti infelici, intrappolati in una macchina che li riduce a puri pazienti, provano una realtà alienante: continuano a vivere, ma sono costretti a guardare la morte in faccia, ora dopo ora, minuto dopo minuto. Diverso, ma non meno drammatico, il caso di chi chiede una “buona morte” per sfuggire ad una condizione esistenziale che vive come intollerabile perché dietro la domanda di eutanasia c’è un tratto qualificante la nostra cultura: la centralità del soggetto, la libertà, il rispetto della dignità della persona, dunque il diritto di morire con dignità. E infatti collegare il termine “eutanasia” all’espressione “malato terminale” non corrisponde sempre al vero, come nel caso di Michele Troilo. Dal fratello Carlo, autore di “Liberi di morire. Una fine dignitosa nel paese dei diritti negati”, apprendiamo che “Michele ormai era rassegnato … Una sera però … ebbe un primo episodio di incontinenza. La sua badante dovette spogliarlo, lavarlo e metterlo a letto con un pannolone. Michele
era un anziano scapolo, un uomo elegante, riservato, pudico. Non fu la malattia ma l’idea di dover ancora subire quell’umiliazione a spingerlo ad uscire sul terrazzo e a gettarsi nel vuoto. Perché per molti non ci può essere una vita senza dignità. Lo dice anche la nostra Costituzione, a proposito dell’accanimento terapeutico all’art. 32: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Secondo l’ISTAT in Italia si verificano 1.000 suicidi all’anno ed oltre 1.000 tentati suicidi di malati. Nel 2007 una ricerca condotta dall’Istituto Mario Negri di Milano su 84 centri di terapia intensiva rivelava che ogni anno su 30mila decessi il 62% era dovuto a desistenza terapeutica, cioè alla decisione dei rianimatori di ridurre, interrompere o non iniziare le terapie che sostengono le funzioni vitali. Sono decisioni assunte sulla base del quadro clinico, quando il malato non risponde più ai trattamenti ed ogni tentativo ulteriore sfocerebbe nell’accanimento terapeutico. Accade che il medico a volte decida in totale solitudine, a volte insieme ai parenti, “un’operazione complessa e delicata, anche perché i familiari … non hanno sempre posizioni univoche e concordanti tra loro. Molto volte tendono ad anteporre le loro convinzioni personali, invece di sforzarsi a ricostruire la presunta volontà del loro congiunto” (Mario Riccio). Anche se il codice deontologico vieta l’accanimento terapeutico ci sono casi di “medicina difensiva” quando il medico ricorre a tutto l’armamentario terapeutico offerto dalle nuove e più sofisticate tecnologie per non essere accusato da un parente incapace di
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elaborare il lutto di non aver fatto tutto il possibile. Se dunque l’eutanasia non rimane clandestina (come ieri l’aborto: si fa ma non si dice), il medico rischia dai 7 ai 15 anni di galera per “omicidio del consenziente” (art. 579 del Codice penale), come è accaduto al dott. Riccio, accusato di aver assecondato la volontà di Piergiorgio Welby, colpevole insieme a lui di aver rifiutato la clandestinità, di aver posto all’attenzione del paese la mancanza di una regolamentazione su di una tematica ormai urgente. Se in Europa l’Olanda è stato il primo paese a depenalizzare chi ha procurato la morte del consenziente, in Italia il dibattito è fermo sostanzialmente al testamento biologico, anzi il governo ha emanato una circolare con cui definisce nulli i registri comunali dove i cittadini depositano il testamento biologico; e i media generalmente si adeguano lasciando credere che ci sia in ballo l’eutanasia, quando invece il testamento biologico è altra cosa, ovvero un documento con cui il cittadino intende comunicare al medico il suo volere, qualora gli accada di perdere la capacità di esprimersi. Ma, come nel caso della legge 194, il principio di autodeterminazione è inaccettabile per gli integralisti cattolici che ci vogliono tutti sottomessi alla volontà di Dio, volontà che loro hanno il privilegio di conoscere. Eppure l’aristocratico papa Pacelli nel lontano 1957, parlando agli anestesisti cattolici, aveva detto che, se la loro intenzione era puramente compassionevole, la somministrazione di farmaci antidolorifici che avrebbero potuto portare alla morte, era incolpevole; e papa Wojtyla, quando ha chiesto di lasciarlo “tornare al Padre”, è stato lasciato in pace. Con papa Francesco tutti si aspettano grandi novità nella Chiesa ma in verità l’arretratezza sul tema dei diritti civili nel nostro paese dipende non solo dall’influenza delle gerarchie vaticane ma anche dai calcoli interessati delle forze politiche che, per opportunismo più che per convinzione, ne seguono le direttive. Vedi il caso dell’eutanasia, dove il 64% dei cittadini, inascoltati in Parlamento, si è dichiarata favorevole all’eutanasia del consenziente, e non solo per il rifiuto di convivere col dolore, ma anche perché ormai il tema non interessa più solo gli intellettuali e i radicali: un numero sempre crescente di cittadini si ammala di Alzheimer, o di altre malattie comparabili, che li riducono ad una vita puramente biologica, non sempre cosciente, priva di relazioni interpersonali e di specificità umana. Una forma di vita alienata che non tutti accettano di sopportare e di infliggere ai propri cari.
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CARTA DI OTTAWA, SANITÀ PUBBLICA E CONTROLLO DELLA PROPRIA SALUTE
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na Sanità Pubblica sostenibile nel 21esimo secolo deve necessariamente fare i conti con la deriva divenuta sempre più drammatica dell’eccesso di trattamenti diagnostico-terapeutici. È sempre più pesante la pressione dell’industria del farmaco e dei presidi sanitari per espandere il mercato molto al di là di quanto sarebbe necessario per soddisfare i bisogni di salute. I mediatori di tale pressione sono i professionisti sanitari anche se tra loro si va diffondendo una consapevolezza nuova di resistenza a tale pressione, a livello internazionale e anche in Italia. Il caso emblematico è rappresentato dall’uso sconsiderato degli antibiotici, che ha prodotto una diffusione planetaria dell’antibiotico-resistenza. Sono evidenti gli enormi interessi in gioco. Ma la prescrizione di trattamenti diagnostico terapeutici non appropriati o inutili e sempre dannosi richiede due condizioni. In primo luogo non deve essere permessa una seria valutazione degli esiti di salute in ogni comunità, anche se in assenza di valutazione si favorisce lo sviluppo della corruzione in tutte le sue articolate forme che sempre più frequentemente assurgono agli “onori” della cronaca. Se gli sprechi si mangiano un terzo del bilancio dedicato alla sanità la corruzione ne assorbe un altro 5%. In secondo luogo è necessario che le persone siano sospinte in una condizione di dipendenza, di senso di incompetenza, di assenza di capacità autonoma di controllo del proprio stato, con il paradosso di vedersi colpevolizzate nel meccanismo perverso del biasimo delle vittime. L’inaccettabilità di tutto ciò appare evidente appena si riflette che le risorse pubbliche derivano dalle tasse e il corrispettivo delle tasse non sono semplicemente servizi, che comunque si vanno riducendo, ma qualità misurabile con opportuni indicatori. Strategie operative di promozione della salute, nel senso della Carta di Ottawa, finalizzate all’aumento della capacità di controllo autonomo della propria salute da parte delle persone e delle comunità sono la chiave di volta per porre un freno alla deriva attuale verso il sostanziale smantellamento della Sanità Pubblica. Le sezioni di popolazione più disponibili a rimettere in discussione i meccanismi di controllo e a rivendicare l’autonomia nel controllo di sé sono le donne e l’età evolutiva perché sperimentano cambiamenti di cui si ha contezza ed è proprio nei cambiamenti che è più facile rimettere in discussione gli stereotipi eacquisire nuove competenze e consapevolezza. In particolare il percorso nascita è certamente la circostanza più favorevole per la promozione della salute. La medicalizzazione della nascita si può considerare il tentativo di recupero del controllo sul corpo delle donne (e da qui che bisogna partire per avere il controllo sui corpi di tutte e tutti) dopo la sovversione del movimento delle donne degli anni settanta del secolo scorso (il corpo è mio e lo gestisco io). L’inappropriatezza è particolarmente odiosa visto che si ha a che fare prevalentemente con la fisiologia e le ostetriche dovrebbero avere un ruolo dominante nell’assistenza (intesa come empowerment) . Ecco a cosa servono i consultori familiari visti alla luce del Progetto Obiettivo Materno Infantile. Ecco perché i consultori familiari sono i pilastri di una sanità pubblica sostenibile nel 21esimo secolo.
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Alberto Virgilio* Istituto Italiano di Bioetica www.istitutobioetica.org
LA LEGGE SUI REATI AMBIENTALI DIVENTA FINALMENTE REALTÀ luce due aspetti, il diritto e l’interesrisposta nell’obiettivo di tutelare se - distinti ma coordinati tra loro - da l’ambiente con strumenti opportucui discende il corollario che individua ni. In questi termini, è basilare far nella salute un valore suriferimento ad un reticopremo e che riconosce, lato normativo che parte consequenzialmente, dalla Costituzione e, in all’individuo il diritto a ottemperanza dei vaL’AMBIENTE È UN vivere in un ambiente lori in essa espressi, BENE CULTURALE DA per quanto possibile giunge alle norme PROTEGGERE AL PARI DELLE OPERE ARTISTICHE E DEI salubre. L’ambienordinarie. In sostanMONUMENTI STORICI te, dunque, è un bene za, individuata l’acceculturale da proteggere zione tecnico-giuridica al pari delle opere artistidel bene ambiente, è che e dei monumenti stonecessario predisporre gli rici. Tale concetto si evince strumenti che garantiscano inconfutabilmente dall’art. 18 d.lgs. 22 la protezione di tale valore. he una specie ne distruggennaio 2004 n. 42. Il tema diventa scottante in quanto ga un’altra si può forse Tuttavia, per ottenere una risposta il concetto di “ambiente” non può ritenere parte dell’ordo concreta alla progressiva distruzione essere scisso da quello di “salute”: rerum, ma che una specie distrugga e del bene ambiente, occorre prediquest’ultimo, infatti, rappresenta l’econsumi regolarmente se stessa è prisporre sanzioni più drastiche e strulemento chiave che, giuridicamente, vilegio dell’uomo”. Nelle parole signifimenti adeguati che garantiscano una può motivare ancor più l’esigenza di cative e forti di Giacomo Leopardi si migliore difesa nei riguardi di quelle una tutela sul piano sostanziale. Sul legge il destino dell’uomo, poco lunattività criminali che, mediante un bupunto ci viene in aiuto il combinato digimirante, che sacrifica all’altare del siness costruito sull’illegalità e l’incivilsposto degli artt. 9 e 32 della Costitucontingente la sua dignità e, soprattà, danneggiano irrimediabilmente la zione, in cui la prima norma richiamata tutto, il futuro dell’umanità. Proprio natura - facendo scempio del territocostituisce la premessa che troverà per questa ragione, in particolare, rio nazionale - e calpestano la salute e conferma e sviluppo nella seconda. diventa di stretta attualità il rapporto la dignità dell’individuo. Per raggiungeIn particolare, nell’art. 9, il riferimento uomo-ambiente, non solo come lore tali obiettivi è necessario non solo alla tutela del paesaggio deve intengos per gli ecologisti, ma come punto prevedere nuove ed efficaci figure di dersi non solo nell’accezione di partenza per recuperare reato che contrastino l’inquinamento più ampia di beni ambienprecipitosamente il giusto LA LEGGE e il disastro ambientale, ma occorre tali, ma anche come conequilibrio e la qualità delAPPROVATA soprattutto che tali fattispecie vencetto in cui rientrano la vita come diritto di PRESENTA LUCI E gano consequenzialmente inserite nel tutti gli aspetti relativi ogni essere vivente. OMBRE CHE, PERÒ, NON OSCURANO L’INDUBBIO codice penale. al rapporto uomoLa soluzione del PASSO IN AVANTI A FAVORE Lo scenario dianzi descritto, particonatura. Nell’art. 32, problema trova, DELLA LOTTA CONTRO larmente auspicato non solo dagli aminvece, vengono alla in linea di principio, CHI PONE IN SERIO
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PERICOLO LA SALUTE PUBBLICA
TRA LE NUOVE FATTISPECIE DI REATI VI SONO: L’INQUINAMENTO AMBIENTALE; IL DISASTRO AMBIENTALE; TRAFFICO E ABBANDONO DI MATERIALE danna, delle cose bientalisti, ma anche AD ALTA RADIOATTIVITÀ; IMPEDIMENTO DEL che costituiscono il da tutti coloro che CONTROLLO; OMESSA prodotto o il profitto confidano in una rispoBONIFICA; LA del reato o che servirosta concreta nei confronCONFISCA
ti dei crimini ambientali a danno della salute, ha trovato cittadinanza nel d.d.l. Ecoreati. Un disegno di legge contraddistinto da un lungo e travagliato iter approvativo, nonostante l’insolita convergenza di intenti tra le distinte fazioni politiche: un aspetto raro che, però, rafforza l’idea di quanto la questione “ambiente” sia stata avvertita a livello nazionale. Il buon senso ha prevalso e il d.d.l. da crisalide ha completato (finalmente!) la metamorfosi, trasformandosi in legge (170 voti favorevoli; 20 contrari e 21 astenuti). Sotto il profilo tecnico, la legge presenta, prevedibilmente, luci e ombre che, però, non oscurano l’indubbio passo in avanti a favore della lotta contro coloro - in primis, la criminalità organizzata, c.d. ecomafia - che, mediante condotte illecite, pongono in serio pericolo la salute pubblica. Attraverso la nuova normativa, inserita nel libro II del codice penale dopo il titolo VI (VI-bis “Dei delitti contro l’ambiente”), i crimini contro l’ambiente non sono più oggetto di tutela per via riflessa e cioè in riferimento ad una conseguenza dannosa nei riguardi di un soggetto, ma rappresentano, in virtù della loro natura antigiuridica, un’attività illecita da contrastare direttamente, prescindendo dagli effetti, senza dubbio nocivi, sull’ecosistema e sugli esseri umani. Si tratta, in sostanza, più che di una sorta di ecogiustizia, di un atto dovuto di civiltà prima ancora che giuridico. Per quanto concerne le nuove fattispecie introdotte con gli artt. 452 bisc.p.e seguenti, segnaliamo in particolare l’inquinamento ambientale; il disastro ambientale; traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività; impedimento del controllo; omessa bonifica; la confisca, in ipotesi di con-
no a commettere il reato; il ravvedimento operoso (pensato soprattutto in considerazione delle prevalenti attività illecite svolte dalla criminalità organizzata), che comporta come “premio” la diminuzione della pena dalla metà a due terzi nei riguardi di coloro che si adoperano per scongiurare conseguenze più gravi. Quest’ultimo aspetto sollecita una riflessione. Premesso che l’istituto in esame risulta perfettamente in linea con l’idea di un diritto penale di natura premiale, cioè volto a bilanciare il contributo alla causa (giudiziaria) mediante un notevole alleggerimento della propria posizione sul piano processuale, tuttavia, non posso esimermi dal ritenere comunque eccessiva l’entità del beneficio e dal nutrire, in particolare, seri dubbi sull’ampia discrezionalità nell’applicazione definitiva della pena lasciata all’autorità competente. Forse sarebbe stato più opportuno prevedere una riduzione della pena già determinata e, dunque, nota in origine. Inoltre, l’istituto, in punto di metodo, riporta, purtroppo, la mente al fenomeno del “pentitismo”, fortemente ispirato al cinico assunto che “il fine giustifica i mezzi”. Una sorta di purificazione giuridica, un salvacondotto per chi inquina, che contrasta, in linea di principio, con il monito che si legge (o dovrebbe leggersi) nelle aule dei Tribunali e che recita “la legge è uguale per tutti”. * Seconda Università di Napoli
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Il filo verde di Barbara Bruni
PULIZIA DELLE ACQUE
Secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente, l’83% di spiagge, laghi e fiumi italiani risultano di qualità eccellente mentre il 95% sono in regola. Il nostro Paese è oggi al settimo posto nella classifica dopo Cipro, Lussemburgo, Malta, Grecia, Croazia e Germania. E se Spagna e Portogallo figurano rispettivamente al decimo e undicesimo posto, ancora più in basso si trovano Francia (18/ma), Slovenia (21/ ma), Svizzera (24/ma) e Albania, ultima in classifica insieme alla Romania.
PNEUMATICI USATI
Nel 2014 sono state raccolte oltre 45mila tonnellate di pneumatici fuori uso (Pfu), con un incremento del 6% rispetto all’anno passato. Secondo EcoTyre, il Consorzio che si occupa del corretto recupero delle vecchie gomme e che gestisce la nuova immissione sul mercato dei pneumatici recuperati, solo nell’ultimo anno sono state raccolte oltre 600mila gomme abbandonate illegalmente.
FRAGOLE GIGANTI
Entra nel Guinness dei primati, con un peso record di 250 grammi, la fragola gigante cresciuta nei pressi della città di Fukuoka in Giappone. È alta circa 8 centimetri e lunga 12, e presenta una circonferenza tra i 25 e i 30 cm. Malformazioni e mutazioni della frutta in natura possono avvenire per vari motivi, per esempio quando i danni da gelo e freddo colpiscono i fiori delle piantine di fragole. In questo caso specifico più bacche sono cresciute e poi fuse insieme per formare un unico grande frutto. Il record precedente era stato detenuto per 32 anni da una fragola di 231 grammi cresciuta nel Regno Unito.
ANIMALI BIZZARRI 2015
Tra le specie di animali più bizzarre del 2015 pubblicate dall’ESF ci sono: un ragno che fa capriole nel deserto del Marocco, un dinosauro che assomiglia a un pollo gigante, e un pesce che “disegna” nidi circolari sui fondali marini. Ma non solo, nella top ten 2015 troviamo anche il Phryganistriatamdaoensis - un insetto vietnamita che può superare i 20 centimetri di lunghezza e vive mimetizzandosi tra rami e vegetazione – e la Balanophora Coralli Formis, una specie di tubero che assomiglia a un corallo e che vive tra i 1.400 e 1.800 metri d’altezza in una piccola area delle Filippine. La lista viene stilata da una giuria internazionale, e comprende sia piante che animali scoperti ogni anno in tutto il mondo.
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LAVORO, CORPI, DIRITTI. LA CONTRATTAZIONE POSSIBILE L’iniziativa dell’UDI per riflettere sui cambiamenti avvenuti nel lavoro, sulla precarietà e sulle possibili vie d’uscita da una crisi economica e di sistema
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arlare di donne e lavoro equivale, certamente più che nel caso degli uomini, a parlare di corpi. Perché i corpi femminili, in potenza, ne racchiudono altri. I corpi da generare, ma anche quelli degli anziani, dei disabili, e dei malati di cui da sempre le donne si fanno carico e si prendono cura. Il seminario nazionale, organizzato dal gruppo dell’UDI ‘Corpolavoro’ che si è tenuto lo scorso 8 maggio a Roma (Palazzo Valentini, ‘Lasciateci lavorare. Per una contrattazione di genere’), ha rappresentato un intenso momento di riflessione e di confronto tra esperienze di donne provenienti da diversi percorsi, ma tutte accomunate dall’idea che ci sia un gran bisogno di ripensare non solo il ruolo delle donne nelle case, nelle aziende, nella società, ma la società tutta dalle sue fondamenta. (…) Laura Piretti, coordinatrice del gruppo ‘Corpolavoro’ ha così commentato la giornata: “Mi viene da dire che il passo avanti di oggi è di consegnare, se occorre in certo senso anche imporre, questa misura ‘Corpolavoro’ fuori di noi, ad una contrattazione, che non a caso definiamo ‘di genere’, pubblica, con referenti istituzionali, contrattazione di cui, tuttavia, se volessimo definire i confini dovremmo indicare ‘il mondo intero’”. Un nodo cruciale, dunque, è quello di mettere insieme ambiti che normalmente vengono trattati come materie separate, quando invece - tutta la storia del-
le battaglie femministe insegna - è necessario connettere e intrecciare bisogni e risorse, ovvero i corpi e il lavoro, i servizi, il welfare, la responsabilità sociale della maternità e la genitorialità, lo smantellamento di una cultura sessista e patriarcale. (…) Ed è dal “corpo fertile” che è partita la riflessione di Pina Nuzzo, femminista e artista, già responsabile dell’UDI. (…) “Non possiamo più accettare che il corpo fertile di una donna venga sottoposto alla coercizione di un tempo lineare, progressivo, perché mentre si domanda cosa sia meglio fare prima, perde di vista il suo corpo, non riesce più ad ascoltarlo, a decidere cosa è meglio per lei”. (…) L’idea di fondo è la necessità di tessere alleanze non andando oltre il “corpo fertile”, ma prendendolo, questo corpo, come terreno su cui fondare un patto sociale tra donne e tra donne e uomini. (…) Per Rosangela Pesenti, del coordinamento UDI nazionale, (…) “Il lavoro della riproduzione biologica e sociale non è stato messo a tema. Le donne sono un pezzo della natura di cui l’uomo si riappropria. (…) “Il modello capitalista ha investito la scuola e i servizi e ha trasformato in senso aziendale scuola, sanità, pubblica amministrazione. Questo significa per le donne un’accelerazione dei tempi di vita, del lavoro proprio e di quello di altre donne, creando una struttura di sfruttamento tra donne, che passa anche dalle relazioni positive. Il lavoro delle
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nonne che sostituisce il sistema sociale carente è di fatto uno sfruttamento. È una cosa bellissima fare le nonne, ma dovrebbe essere un sentimento libero, mentre adesso le relazioni tra le persone vengono assoggettate e le persone non sono più soggetti di diritto”. (…) Linda Laura Sabbadini, direttora nazionale Istat, ha offerto il suo prezioso contributo presentando e commentando una serie di dati che fotografano la situazione attuale (…). “La crisi ha colpito maggiormente gli uomini (900mila posti di lavoro in meno), mentre per le donne la situazione è rimasta stabile. La tenuta dell’occupazione femminile è dovuta alla tenuta del lavoro delle ultracinquantenni per due ragioni: per la riforma del sistema pensionistico e per un effetto di struttura generazionale. Ha contribuito anche l’occupazione delle donne straniere, impiegate in gran numero nell’unico settore che ha retto, quello dei servizi alle famiglie. Infine, il terzo elemento è che si sono attivate donne di stato sociale basso soprattutto al sud che, con la perdita del lavoro del marito o compagno, sono diventare breadwinner. In generale, la qualità del lavoro però è peggiorata, il part-time non volontario (cioè scelto dall’impresa e non dalla lavoratrice) è in percentuale doppia rispetto al resto d’Europa. Sono cresciute le professioni meno qualificate, ed è aumentato il gap di sovra-istruzione, ovvero donne con lavori non adeguati ai loro titoli”. (…) Cosa fanno le istituzioni a fronte di questa situazione tutt’altro che rosea e ampiamente migliorabile? Il Governo non perde occasione per applaudire il suo operato in materia di lavoro, ma c’è chi prova a dare una lettura di genere del Job Acts. Lo ha fatto Marcella Corsi, economista tra le fondatrici di Ingenere, il web-magazine che si occupa di donne ed economia, illustrando i passi avanti e le criticità che presenta la nuova legislazione in materia di lavoro (…) Di casi concreti si è occupata Donatella Orioli, Consigliera provinciale di Parità di Ferrara. “Il problema nuovo riguarda le persone che hanno dai quaranta anni in su. Lavoratrici impeccabili che si trovano improvvisamente affiancate da donne più giovani e a cui viene chiesto di delegare parte del proprio lavoro, e che nel giro di alcune settimane si ritrovano alla porta. Prima i problemi che ci trovavamo a risolvere erano, spesso, legati alla maternità, ai congedi, alle disparità, ma invece adesso c’è un crescendo di queste problematiche che diventa preoccupante”. (…) Le organizzatrici del seminario hanno voluto dare anche spazio al tema dell’imprenditoria femminile. (…) Importante la testimonianza di Elena Salda, vicepresidente Gruppo C.S.M. SPA (…) e quella di Simona Lanzoni , vicepresidente di Pangea
Onlus, che ha dedicato il suo intervento a uno strumento come il micro-credito, utile a sostenere le piccole imprese, (…) opportunità per dimostrare che le donne ce la possono fare e riavviare i loro sogni ripartendo da se stesse”. (…) Pilar Saravia, della rete donne immigrate No.Di, ha raccontato come sia cambiato negli ultimi quindici anni l’orizzonte professionale per le donne migranti, che rappresentano attualmente oltre il 53% degli stranieri che vivono nel nostro paese. Se nel passato l’unica prospettiva era quella di impiegarsi come colf o assistente per gli anziani, adesso le donne credono di più nelle possibilità di sviluppare un’impresa dove mettere il loro talento e lo dimostrano le 17mila imprese sul territorio italiano che hanno come titolare una donna di origine straniera. Non sono mancati gli interventi di riflessione sulle possibilità e le grandi difficoltà che vivono le donne più giovani il cui ingresso nel mondo del lavoro è stato contrassegnato dalla crisi. Una libertà e un diritto all’autodeterminazione da ribadire anche oltre il lavoro, non escludendo dal proprio orizzonte una possibilità di realizzazione professionale, ma facendosi sì che la libertà prevalga sulla precarietà violenta e sul ricatto continuo che moltissime giovani donne subiscono. Va in questa direzione l’intervento di Teresa Di Martino filosofa e attivista del collettivo Femministe Nove, che ha ripreso alcune parti del Manifesto del collettivo pubblicato nel numero 98 di DWF, 2013. (…) Le ha fatto eco Valentina Sonzini dell’UDI di Genova (…), che ha posto l’accento sulla dicotomia tra il suo salario, sempre lo stesso da quindici anni, e “il tempo vorticoso” della sua vita, nella quale ha cercato di trovare spazio per il femminismo, la politica, i luoghi di costruzione di mondi alternativi. (…) La conclusione dei lavori, affidata alla responsabile nazionale UDI Vittoria Tola, ha messo insieme i fili di una giornata ricca di tanti spunti. È evidente che la questione dirimente per le donne e la società tutta sia proprio in quella necessaria contrattazione di genere, invocata nel sottotitolo del Convegno e che tenga conto dei tanti spunti teorici che il femminismo ha prodotto negli anni e delle buonissime pratiche che si sono prodotte in alcune piccole e grandi aziende, nei sindacati, ovunque le donne abbiano avuto la possibilità di prendere la parola a partire da sé e dai propri bisogni concreti. (…). Testo tratto dall’articolo di Silvia Vaccaro pubblicato in www.noidonne.org. La versione integrale su: http://www.noidonne.org/blog. php?ID=06386 con link a materiali collegati, testi, interventi e videointerviste
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IL JOB ACT E IL LAVORO POSSIBILE di Tiziana Bartolini
Franca Cipriani è la nuova Consigliera Nazionale di Parità
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a una lunga esperienza accanto alle donne e ai loro bisogni concreti e arriva alla nomina di Consigliera nazionale di parità dopo un decennio da Consigliera di parità a livello provinciale in un territorio, quello romano, vasto e composito anche per il mondo del lavoro femminile. Il contributo che Franca Bagni Cipriani si appresta a portare da via Fornovo - la sua sede è ubicata accanto a quella del Ministero del Lavoro, che ha competenza per questa nomina - sarà importante in una fase particolarmente delicata per il mondo del lavoro anche con i provvedimenti governativi di applicazione del Job Act che entrano in vigore producendo effetti su cui l’attenzione è massima. Abbiamo raccolto le riflessioni di Cipriani a poche ore dal ricevimento ufficiale della nomina e lei va diretta al cuore del problema. “L’approvazione dei decreti legislativi per l’applicazione del Jobs Act è molto recente. Le proposte che sono state portate in sede di Consiglio dei ministri sono tante e abbracciano molti settori del complesso delle regole del mondo del lavoro. Non è semplice quindi avere una visione d’insieme e soprattutto una previsione degli effetti che produrranno nella vita lavorativa di tante donne e di tanti uomini. È sicuramente vero che da tempo si sentiva la necessità di un intervento per il cambiamento dei questi meccanismi. Andiamo verso un miglioramento? Questa è la domanda. Leggo con attenzione i testi che via via sono stati elaborati e cerco di interpretarli con gli occhi di chi in questi anni ha raccolto pensieri, problemi richieste, denunce da parte delle lavoratrici. Quello che posso dire è che alcune risposte ci sono,
nel senso che qualcuno si è posto il problema e ha cercato di coniugare l’emergenza con la richiesta di cambiamento. Penso naturalmente al provvedimento sui temi della conciliazione, che rimane il fulcro delle difficoltà che incontrano le donne che lavorano. La mia esperienza comunque mi dice che anche in questo caso, come in genere succede su tutto, sarà la corretta applicazione delle norme, quindi la loro conoscenza e diffusione fra tutti i fruitori sia attivi che passivi”.
La riforma del lavoro che il governo ha messo a punto e che ha voluto fortemente è secondo lei destinata, anche nel medio periodo, a cambiare profondamente il mercato del lavoro? Oppure, in qualche modo, è stata una presa d’atto di una situazione ormai conclamata di ‘diritti modificati’ nella pratica quotidiana e che lei incontra? Naturalmente se si riuscisse veramente a applicare alcuni provvedimenti decisi il cambiamento potrebbe essere interessante. Il pericolo è, come dicevo, che l’uso sia distorto , in qualche modo occhiuto, soprattutto naturalmente quando si tratta di occupazione femminile.
Sappiamo che le norme a tutela dei diritti delle donne nel lavoro - a partire dalla parità salariale - ci sono, ma sappiamo anche che non sono bastate a garantirli. Ancora c’è molto da fare, si dice sempre. Ma cosa c’è da fare, secondo il suo punto di vista anche nel ruolo che oggi ricopre? Il gap salariale è un problema europeo e l’Europa ha promosso molto per la sua soluzione che come sappiamo procura dei danni spaventosi negli equilibri del mondo del lavoro. Naturalmente l’Italia è uno dei paesi con i valori più alti di questo ‘cancro’ e qui io credo ci sia il grande problema dello stereotipo di genere che mette le donne, in ragione della loro funzione produttiva, nella categoria di soggetti che “in ragione del genere” sono destinate a produrre meno e quindi perché pagarle come gli uomini?... e chiedo scusa per lo sfogo… Credo insomma che oltre ai controlli e alle azioni positive, peraltro presenti in tanti luoghi di lavoro, prima di tutto sia un problema culturale.
Sta avviando in questi giorni il suo lavoro: quali priorità si è data e quali strategie pensa possano essere messe in campo per dare alla Consigliera di parità e alla rete territoriale la possibilità di incidere? Ho tante idee, che però voglio condivider col resto della rete delle Consigliere, che fino a ieri era la mia casa e continuerà ad esserlo. Sarà mia cura condividere, quindi, le prossime iniziative con NOIDONNE.
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FORUM DEI CUG IL FUTURO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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innovare la Pubblica Amministrazione, renderla efficiente e trasparente. È il desiderio di chi ha bisogno di un documento o di chi deve sbrigare una pratica, ma è anche il bisogno profondo di chi lavora nei pubblici uffici. Essere ‘dall’altra parte della barricata’ non sempre è facile, soprattutto per chi cerca di fare il proprio dovere sentendosi al servizio della comunità. I CUG, Comitati Unici di Garanzia per le Pari Opportunità, intendono contribuire al perseguimento di questo obiettivo e vogliono farlo passando anche per la valorizzazione delle differenze e attraverso il contrasto alle discriminazioni di genere, ma anche pensando al ruolo possibile nel contrasto alla corruzione . Di tutto questo si è parlato il 16 giugno 2015 presso la Sala della Regina di Montecitorio nel corso del convegno “I Comitati Unici di Garanzia: un valore aggiunto per la PA”, che ha dato l’avvio al neo-costituito Forum dei Comitati Unici di Garanzia. Il focus di tutti gli interventi ha puntato l’attenzione sul ruolo etico, innovativo e di agente del cambiamento che i CUG potranno svolgere nella Pubblica Amministrazione alla vigilia della Riforma. I CUG sono organismi paritetici con funzioni propositive, consultive e di verifica su benessere organizzativo, conciliazione dei tempi, contrasto alle discriminazioni di genere e non solo, valorizzazione dell’etica e della trasparenza e il Forum dei CUG, è nato nell’intento di rafforzare le possibilità di incidere di questi organismi che, è bene sottolinearlo, rappresentano oltre 300mila lavoratori e lavoratrici
Carta del Forum dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni La Carta del Forum rappresenta l’insieme degli obiettivi che tutti i Comitati aderenti ritengono prioritari: Assicurare alle persone pari dignità sul lavoro e realizzare azioni positive di sostegno Promuovere e/o potenziare le iniziative attuative delle politiche di conciliazione
pubblici. “Vogliamo contribuire alla quadratura del cerchio nella dialettica vitale tra il ‘dentro’ dell’amministrazione, ossia tutte le persone che ci lavorano, e il ‘fuori’ che è dato dalle esigenze variegate delle componenti di una società oggettivamente complessa. E intendiamo farlo con tre parole d’ordine: collaborazione, spirito di squadra, condivisione”. Antonella Ninci, presidente del CUG Inail, è tra le ispiratrici dell’istituzione del Forum avendo, insieme a Oriana Calabresi - presidente del CUG della Corte dei Conti, scritto la norma. “Siamo convinte che i CUG possono essere d’aiuto alla PA, perché se il dipendente è adeguatamente motivato e incentivato può rispondere adeguatamente alle richieste dei cittadini”. Lo chiamano ‘benessere organizzativo’ ed è la chiave di volta per rendere efficiente la PA. “Mettere insieme 35 amministrazioni centrali e nazionali, alcuni grossi comuni e grandi enti nazionali cercando un dialogo e un filo conduttore comune è una sfida. Finora è stato facile ma il lavoro è all’inizio e si intravedono grosse potenzialità”. La Carta è il primo passo, “è un documento aperto e si spera in nuove adesioni”. Un nuovo cammino è iniziato, poggiando su basi solide fatte di competenze e di sensibilità. Sono tutte femminili, quindi ci contiamo! Marta Mariani
Innovare, razionalizzare e rendere efficiente ed efficace l’organizzazione, anche in materia di pari opportunità, ottimizzando la produttività del lavoro pubblico con relativo riconoscimento del merito Eliminare ogni forma di violenza morale e psicologica tramite azioni di contrasto alle violenze nei luoghi di lavoro (mobbing) Tutelare l’etica della pubblica amministrazione in relazione all’utenza e alla sfera personale con azioni di promozione del benessere organizzativo e prevenzione del disagio lavorativo Prevenire e combattere le
discriminazioni dirette e indirette riferite al genere e non solo Analizzare e programmare le politiche del personale in ottica di genere attraverso la considerazione delle esigenze di donne e di uomini, anche promuovendo il concetto di parità nel contesto esterno Favorire concretamente un equo e sostenibile benessere organizzativo per i lavoratori e per le lavoratrici, in relazione agli utenti della pubblica amministrazione Roma, 16 giugno 2015
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IL LAVORO (IM)POSSIBILE NEL TEATRO di Alma Daddario
Recitazione e regia tra aspirazioni e opportunità per i giovani. Ma per le donne la strada è tutta in salita. Ne parliamo con Daniela Bortignoni, dell’Accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico
Cosa cercano i giovani nel teatro, in questo periodo storico particolarmente critico per il settore cultura? Bisognerebbe chiederlo ai nostri allievi. Alcuni forse non ne sono del tutto consapevoli, ma direi un impegno di vita e una possibilità di comunicazione meno scontata e falsata da condizionamenti omologanti.
Oltre al lavoro sui grandi classici, che rilievo dà l’Accademia alla drammaturgia contemporanea? L’Accademia è “accademica” solo di nome. Nasce per volontà di Silvio d’Amico come una scuola sperimentale: un luogo dove creare, come in laboratorio, una nuova figura, quella del regista, che in Italia ancora non esisteva, e dove mettere al centro la testualità. È stata una scuola d’avanguardia sin dalla fondazione, in continua trasformazione, aperta e pronta ad accogliere le esperienze e le ricerche espressive più diverse. Oggi, per proseguire su questa strada, l’Accademia - da cui sono usciti autori contemporanei di rilievo, primo tra tutti Andrea Camilleri - ha aperto un Master in drammaturgia e sceneggiatura, per sperimentare non solo una riflessione sulla scrittura teatrale, ma stimolarne l’innovazione e la pratica.
Cosa si aspetta chi si iscrive, in termini di possibilità e sbocchi professionali?
Oltre a essere autrice di numerose sceneggiature per il cinema e la televisione,
Daniela Bortignoni è vicedirettrice dell’Accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico, coordinatrice del Master in drammaturgia e sceneggiatura, responsabile del Corso di regia, docente di drammaturgia e analisi testuale.
Si aspetta di riuscire ad andare su un palcoscenico o su un set. Si aspetta quello che è successo ad altri allievi: da Vittorio Gassman a Massimo Popolizio, da Bice Valori a Maria Paiato, da Tino Buazzelli a Carmelo Bene, da Rossella Falk a Margherita Buy, da Carlo Cecchi a Pierfrancesco Favino, Alessio Boni, Fabrizio Gifuni e Luigi Lo Cascio, che sono stati compagni di classe, solo per citarne alcuni tra i più noti. I giovani si aspettano di lavorare, e - se oltre ad essere bravi hanno anche un po’ di fortuna - ambiscono a fare la storia del teatro e del cinema italiano. Per i registi hanno modelli che vanno da Luca Ronconi a Emma Dante e Arturo Cirillo. Negli ultimi anni il numero di allievi diplomati che trovano uno sbocco professionale è esponenzialmente aumentato, grazie ad una direzione, quella di Lorenzo Salveti, regista e pedagogo, che è stata attentissima alla formazione, ma anche alla creazione di una rete di rapporti con Enti produttivi tea-
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trali nazionali e internazionali, bacino di possibilità concrete. Inoltre il cinema e la televisione, per la prima volta nella storia dell’Accademia, sono diventati parte del nostro percorso formativo.
Calabri, Cinzia Th Torrini - alcune di loro hanno insegnato in Accademia - per il cinema, il documentario e la televisione, Andrè Ruth Shammah, Emma Dante per il teatro, e quante altre?
Il corso di regia di cui è responsabile, è frequentato, in percentuale, più da ragazzi o da ragazze?
Quali sono le differenze, con il panorama europeo, e quello USA?
Da quando mi occupo del corso di regia, dal 2006, vedo una lieve percentuale in aumento di ragazzi rispetto alle ragazze. Sempre meno giovani donne si iscrivono per chiedere l’ammissione. È un segno della crisi, e della crisi che riguarda soprattutto il lavoro femminile, ma va anche tenuto conto che il corso di regia ogni anno ammette pochissimi allievi, al massimo cinque. Ci sono stati anni anche con un solo allievo, o allieva, come Rita de Donato, diplomata nel 2011. Il numero ridotto è dovuto al fatto che il percorso didattico di un allievo regista costa, e costa molto, alla pubblica istruzione. Rispetto al passato, infatti, gli allievi registi lavorano nel triennio a numerose messe in scena, gradualmente più complesse, e via via sempre più indipendenti dalla supervisione dei docenti. Gli allievi registi hanno per lo meno due debutti all’anno, spesso tre. Una bella differenza rispetto al passato in cui era previsto solo il saggio di diploma finale. L’esperienza di Pasolini poeta delle ceneri andato in scena alla Pelanda di Roma, è una di queste “esercitazioni guidate”. Credo che la regia si possa insegnare solo introducendo il giovane regista in un apprendistato, culturale e teorico, ma soprattutto pratico. Un’esperienza di crescita artistica i cui presupposti sono impostati dai docenti, ma la cui prassi è gradualmente sempre più autonoma dai maestri. È così che i nostri allievi crescono.
Trova che in Italia ci sia un atteggiamento di diffidenza, nei confronti delle registe? Forse c’entra il fatto che si tratta di un ruolo più decisionale, rispetto a quello dell’attore? Indubbiamente c’entra il ruolo decisionale. Il regista è un ruolo fatto non solo di doti artistiche, ma anche di carisma, capacità gestionale e organizzativa. È, sia in teatro che in cinema, il centro che controlla e determina ogni scelta. Quante donne vediamo in Italia in ruoli di potere assimilabili? Abbiamo poche figure di rilievo tra le registe di successo e mi sembra di notare, con un certo scoramento, che non ci sia un’inversione di tendenza. Le registe le possiamo contare sulle dita: Liliana Cavani, Lina Wertmuller, Francesca Archibugi, Cristina Comencini, Antonietta De Lillo, Alina Marazzi, Esmeralda
La sensazione a pelle, basata su esperienze personali e non professionali, è che la cultura anglosassone sia molto più attenta e aperta alla creatività femminile. Conosco un poco la Francia, per esserci stata due anni, giovane normalista italiana ospite della più titolata scuola transalpina. Nel 1982 le registe in Italia erano strane eccezioni, in Francia una signora come Ariane Mnouchkine aveva fondato e dirigeva un teatro che univa esperienze, attori e collaboratori provenienti da tutta Europa: il “Thèatre du Soleil”. Parigi sembrava, ai miei occhi di ventenne, un altro mondo. Specie per una donna.
È giusto parlare di “regia di genere”, come per la scrittura? Non amo questa distinzione nemmeno in letteratura. Jane Austin, Charlotte Brontë, Virginia Woolf, Marguerite Yourcenar, Elsa Morante, Alice Munro sono letteratura di genere? Secondo me si può parlare solo di letteratura di livello, più che di genere, e questo per tutte le arti.
Quali sbocchi professionali possibili, per le giovani che vogliano scegliere questa professione? Su questo in Accademia lavoriamo molto. È un impegno quotidiano quello di tessere relazioni con le realtà produttive. Molti dei nostri ragazzi trovano un impiego in queste realtà, e lavorano facendo quello per cui hanno studiato. Oggi è un grande successo.
Un commento a una frase provocatoria di Fausto Paravidino: “Conosco diverse registe donne in teatro, e sono i registi più virili che conosca”. La solita storia: una donna in gamba è una donna con le palle o con gli attributi, se ha una bella testa e ragiona come un uomo: per comandare devi indossare i pantaloni. È un’ossessione per il sesso maschile, portare le donne che possono eccellere a non essere donne, a essere come loro, come fossero un errore di natura, con un gene anomalo, una X al posto di una Y. Ma non è divertente che sia uno dei giovani autori più intelligenti e affermati del nostro panorama teatrale a perpetrare questa storia. b Info: http://www.accademiasilviodamico.it/
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UN PROGETTO DI
PRESENTATO IL 10 GIUGNO A ROMA AL SENATO DELLA REPUBBLICA (SALA CADUTI DI NASSIRYA) CON IL PATROCINIO DI
commissione delle elette
P RO GR AMMA 2015
12.06.2015
18/19.06.2015
Roma
San Giuliano Terme (PI)
Regione Lazio
Bagni di Pisa
LA SALUTE NELLE DIFFERENZE Medicina di genere - Vulvodinia
SALUTE E MEDICINA DI GENERE DISTURBI TIROIDEI E GENERE SAPERI SCIENTIFICI E SAPERI UMANISTICI SPORT, GENERE E DIABETE GENTORIALITÀ RESPONSABILE E CONSAPEVOLE Screening gratuiti: osteoporosi, tiroide, prevenzione melanoma, ipertensione, diabete, esame computerizzato della vista, udito, postura
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DONNE IN CAMPO/SPECIALE EXPO
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Il futuro e la Cia La parola al presidente DINO SCANAVINO
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Imprenditrici crescono CINZIA PAGNI vicepresidente
Sovranità alimentare e difesa del territorio
Donne e giovani per l’innovazione ROSSANA ZAMBELLI direttice
La sfida etica MARA LONGHIN presidente Donne in Campo
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AGRICOLTURA SOCIALE Agrinidi
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Biodiversità VANDANA SHIVA e la cerimonia dei semi
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La fame nel mondo e i diritti delle agricoltrici
AGRICATERING
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CIA
E IL FUTURO CHE VOGLIAMO
Multifunzionalità, innovazione, ricerca, territorio e ambiente: i segreti dell’agricoltura sostenibile con le parole del presidente Cia Dino Scanavino
REDAZIONALE
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iminuire l’uso di risorse naturali e aumentare le produzioni. È la sfida che il futuro pone all’agricoltura. Ed è la sfida che Cia, Confederazione italiana agricoltori, intende vincere. “La nostra bussola è il valore multifunzionale del settore, che innesca processi sempre più integrati con l’ambiente, il turismo, la cultura, il welfare” Il presidente Dino Scanavino, non tergiversa e punta dritto al cuore delle questioni aperte. “Per produrre di più occorre il supporto di ricerca e innovazione, occorre accostare alle filiere dei grandi numeri reti a maglie strette adattate ai territori, occorre rovesciare il rapporto città-campagna assumendo una dimensione multideale”. A sorreggere una visione così innovativa c’è il conforto dei numeri: previsioni solide dicono che solo in Italia nei prossimi 10/15 anni le attività connesse all’agricoltura sposteranno oltre 40 miliardi con la prospettiva di garantire entro il 2020 più di 200mila nuovi posti di lavoro. Lo spazio economico c’è, quindi, e per arrivare a “nutrire il pianeta” di fronte alla competizione globale, agli scenari del cambiamento e alle sfide del futuro, la soluzione “non è un mondo senza agricoltori, un’agricoltura consegnata alle multinazionali alimentari, alle società finanziarie e ai fondi di investimento, ma un mondo con agricolture plurali e con agricoltori più protagonisti, in grado di innescare processi integrati tra città e campagna, tra produttori e consumatori”. Cia ha portato il contributo degli agricoltori italiani alla “Carta di Milano”, il manifesto programmatico che rappresenta l’eredità morale di Expo 2015. Il territorio come destino è il titolo del documento, sintesi di un ciclo di incontri che la Confederazione ha realizzato nell’ultimo anno,
già presentato a Roma presso la Sala degli Atti parlamentari alla Biblioteca del Senato. Da Mantova a Bologna, da Napoli a Firenze, passando per Campobasso, Urbino, Fontanafredda, Gallipoli e Orvieto, nei vari appuntamenti si sono messi a fuoco i punti di forza e le criticità del settore primario, si sono analizzati i dati con rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo accademico e imprenditoriale nell’intento di “identificare i caratteri di un modello economico, sociale e produttivo a cui auspicabilmente riferirsi nel futuro, un modello valido non soltanto a livello italiano ed europeo, ma per altre aree del Pianeta”. L’agricoltura è in grado di confrontarsi con i grandi cambiamenti in atto anche grazie ad un’alleanza strategica. “Usare meno risorse e produrre di più, garantendo la sicurezza alimentare mondiale è l’obiettivo per il cui conseguimento sarà imprescindibile il ruolo dell’innovazione e della ricerca per contrastare e gestire i cambiamenti climatici, per utilizzare tecniche produttive più sostenibili, diminuendo l’impatto delle attività, preservando la qualità e la fertilità del suolo per le future generazioni e utilizzando al meglio le acque”. L’agricoltura, quindi, è destinata ad avere sempre più un ruolo determinante perché “oltre ad assicurare la produzione di alimenti, svolge un ruolo cruciale nella produzione di beni di pubblica utilità come l’affermazione e la salvaguardia della qualità dei paesaggi, il mantenimento della biodiversità, la stabilità del clima e la capacità di mitigare disastri naturali quali inondazioni, siccità e incendi”. La sfida è anche etica, perché pensa al domani “preservando la qualità e la fertilità del suolo per le future generazioni e utilizzando al meglio le
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L’AGRICOLTURA CHE HA I …NUMERI! Solo in Italia l’agricoltura e l’agroalimentare producono un fatturato vicino ai 300 miliardi l’anno. Sono oltre 20mila gli agriturismi disseminati sul territorio e oltre 80mila le aziende che sviluppano molteplici attività, dalla produzione di energie agli agrinidi, dalle fattorie sociali e didattiche alla manutenzione delle aree verdi anche urbane. È un “movimento” multifunzionale che già produce molto, ma ci sono ampi margini di crescita economica ed è ragionevole stimare che nei prossimi 10/15 anni le attività connesse all’agricoltura sposteranno più di 40 miliardi di euro l’anno con la prospettiva di garantire entro il 2020 tra i 200mila e i 300mila nuovi posti di lavoro. CIA Via Mariano Fortuny, 20 - 00196 Roma Tel 06 32687480 ww.cia.it
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I NUMERI DELLE DONNE IN AGRICOLTURA Qual è il contributo delle donne al comparto? Ecco qualche numero: il 9% delle imprenditrici opera nel settore primario, a fronte di una quota che tra gli uomini si ferma 6,6%. Anche negli anni della crisi il trend di nuove imprese agricole avviate da donne è crescente: sono aumentata in cinque anni di quasi il 13% compensando gli abbandoni. E vi è una particolarità: le imprese condotte da donne sono le più creative, quelle dove i criteri gestionali sono più manageriali. Il tratto di marcata modernità delle imprese agricole femminili è dato dalla spiccata multifunzionalità. In particolare, la multifunzionalità si concretizza nelle aziende gestite dalle donne in alcuni ben precisi ambiti, specialmente quelli più innovativi per il settore, come ad esempio le fattorie didattiche (fatte 100 le imprese agricole con fattorie didattiche annesse, 33,6 hanno un capo azienda donna), gli agriturismi (32,3), le attività ricreative e sociali (31,1) e la prima trasformazione dei prodotti vegetali (29,2), mentre non è affatto radicata la tendenza a svolgere lavoro per conto terzi (7,8), sistemazione di parchi e giardini (11,1) o produzione di energie rinnovabili (16,3). La produzione media dell’impresa agricola condotta da una donna risulta superiore a quella facente capo ad un uomo (28mila e 500 euro nel 2011 contro circa 24mila e 800 euro); ma lo scarto aumenta vertiginosamente se si considerano le aziende multifunzionali. In conclusione l’agricoltura al femminile produce più valore, è multifunzionale, è innovativa, è orientata al bio e a tutto tondo esprime il valore dell’agricoltura custode.
cibo ridandogli valore e affermandolo come diritto, contribuendo attivamente all’educazione alimentare quale presupposto per contrastare le diverse forme di spreco alimentare, di gestire capillarmente le risorse naturali, di impostare un nuovo welfare. Quindi “alimentazione, salute, occupazione, sostenibilità, diritti universali, equità e coesione sociale - sottolinea Scanavino - è il contributo dell’agricoltura al futuro che vogliamo”.
REDAZIONALE
acque”. Ma l’agricoltura va oltre i suoi ambiti stretti. “L’Italia, con il suo diversificato territorio, le sue mille storie e culture, sfata sul piano produttivo l’idea che l’agricoltura legata alle filiere dei grandi numeri sia più produttiva di quella delle maglie strette. Infatti essa o è estensiva (modelli nord americani) con basse rese e grandi superfici o intensiva, con forti input chimico ed energetici (modelli europei sempre più insostenibili). Ma soprattutto le filiere dei grandi numeri, basati su modelli standardizzati che non sanno adattarsi ai territori - si legge nel documento della Cia - spesso creano marginalità e abbandono”. È chiaro, quindi, che “sempre di più, tutte le comunità dovranno presidiare con grande attenzione i propri equilibri attraverso filiere e reti locali in cui l’afflusso delle grandi derrate alimentari e la presenza dei grandi mercati sia integrato con produzioni (alimentari e non) coerenti con la vocazione, l’identità e la gestione organizzata del territorio, la possibilità di usufruire dei suoi paesaggi, della sua storia, delle sue strade, delle sue attrazioni, delle sue energie. Questo è vero nelle regioni dell’Africa centrale, come in quelle delle grandi aree metropolitane orientali e statunitensi, come nelle nostre regioni europee, così cariche di culture”. L’agricoltura si fa carico delle più ampie problematiche della contemporaneità, riorganizzando la capacità di produrre in modo sostenibile, di assicurare equamente il
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IMPRENDITRICI AGRICOLE
IN CRESCITA
Aprono le loro aziende ai turisti, alle scolaresche, ai disabili, agli anziani con gli agriturismi e con l’agricoltura sociale. La forza delle donne non è ancora valorizzata come meriterebbe
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CINZIA PAGNI, come vicepresidente di Cia e sulla base della profonda conoscenza che ha delle tante realtà aziendali, quali sono le maggiori difficoltà che incontrano? I problemi con i quali le aziende agricole sono costrette a confrontarsi quotidianamente sono molteplici e non tutti derivano dalla profonda crisi economica di questi anni, che ha comunque messo in ginocchio migliaia di imprenditori. Penso ad esempio al maltempo che investe sempre con maggior forza il territorio e devasta intere aree rurali in Piemonte, Liguria e Toscana oppure alla Xylella fastidiosa che distrugge centinaia di ettari di uliveti in Puglia. Fare agricoltura è un mestiere al tempo stesso affascinante, complesso e con un elevato tasso di rischio ma rappresenta uno dei più importanti volani per il rilancio economico del Paese nonché uno strumento eccezionale di gestione e tutela del territorio. Per questo riteniamo che le istituzioni dovrebbero dimostrare maggior attenzione ai problemi e alle esigenze delle aziende agricole che, invece, vengono piuttosto viste come soggetti validi per reperire nuove risorse, come dimostra la paradossale vicenda dell’Imu. Insomma, è necessario un quadro affidabile che consideri l’agricoltura un’attività economica con un sistema fiscale che non può essere rimesso in discussione ogni volta che se ne sente il bisogno. Come se non bastasse, scontiamo ritardi nell’attuazione della riforma della Pac, nella definizione dei Piani di Sviluppo Rurale, nella definizione del riconoscimento delle Organizzazioni di produttori e degli Organismi interprofessionali e, infine, non si è ancora intervenuto per sanare i gap strutturali che minano la redditività agricola, oggi inferiore al 2005. Purtroppo il cahier de doleance è piuttosto ampio. Come è cambiato il ruolo delle donne nelle aziende agricole nel corso degli anni? Quale valore hanno, oggi, e non solo economico?
Le donne sono sempre più protagoniste del mondo rurale e costituiscono un anello particolarmente resistente del tessuto economico del Paese. Non a caso quasi un’impresa agricola su tre è “rosa” (31,2%) e, a dispetto delle tante crisi aziendali registrate, il numero di imprenditrici cresce - e di molto - proprio in agricoltura (+12,9%). Oltre ad essere creative, flessibili ed efficienti, le donne sviluppano naturalmente i settori che sono più innovativi: il biologico, le produzioni di nicchia Dop e Igp, la vitivinicoltura. E poi aprono le porte delle loro aziende non soltanto ai turisti, ma alle scolaresche, ai disabili, agli anziani: lo fanno creando agriturismi, fattorie didattiche e fattorie sociali, agri-asili e agri-nidi. Si tratta di servizi all’avanguardia che contribuiscono a portare al 35 per cento il contributo delle donne al valore aggiunto complessivo dell’agricoltura, che si aggira intorno ai 26 miliardi di euro. Di questi, quindi, ben 9,1 miliardi sono “rosa”: una cifra importante, che rivela il coraggio e la tenuta delle imprese femminili, capaci di percorrere strade e mercati nuovi pur di non soccombere alla crisi. Per dare un metro di paragone, solo negli agriturismi metà del giro d’affari “dipende” dalle donne: su circa 20mila strutture in tutt’Italia, quasi il 40 per cento è gestito da imprenditrici, che muovono ogni anno un fatturato di circa 500 milioni di euro su un totale di 1,1 miliardi dell’intero settore. Anche nel comparto vinicolo ben il 35 per cento della forza lavoro è femminile. Come dicevo, oggi un imprenditore agricolo su tre è donna. Con un profilo ben preciso: fa innovazione di processo e di prodotto e ha forti aspettative professionali, ha un tasso di scolarizzazione alto e si mette in gioco più per scelta che per necessità, predilige la dimensione aziendale “micro” e resiste meglio dei “colleghi” uomini alle fluttuazioni del mercato. Ci sono specifici problemi che le donne in particolare lamentano nell’avvio di imprese o nella gestione quotidiana? Nonostante i numeri positivi dal punto di vista occupazionale, le donne in agricoltura hanno ancora pochi spazi rispetto agli uomini e solo il 10% di queste riveste un ruolo dirigenziale. Inoltre le donne subiscono forti discriminazioni nell’accesso al credito agricolo, mentre andrebbe studiato un fondo ad hoc 4continua
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GIOVANI E DONNE GARANZIA DI INNOVAZIONE Il segreto del successo delle donne? Reagiscono meglio alla crisi e non si deprimono
direttrice di Cia, quali sono le caratteristiche femminili in agricoltura che apprezza maggiormente? Nel nostro Paese un’azienda agricola su tre è condotta da una donna. Questo dato è in constante crescita da circa 20 anni e non mi sorprende, perché si sviluppa in un contesto sociale che sta mutando. Tanto in Italia quanto in Europa. In agricoltura il pragmatismo femminile rappresenta una caratteristica decisiva che apprezzo molto. Del resto, la velocità di pensiero e decisionale sono doti innate che la donna ha costruito portando avanti, quotidianamente e nei secoli, molteplici attività. Mi riferisco non solo alla gestione e la crescita della famiglia, ma anche agli aspetti legati alla produttività. Come è cambiato il ruolo delle donne in Cia e nell’agricoltura negli ultimi decenni? Molto. Questo è oggettivo, è scritto nella storia. Il cambiamento in Cia è coerente con quanto sta avvenendo a livello di rappresentanza politica, oltre che nei gruppi dirigenti più in generale. Fino agli anni ’80 l’attività politica e sindacale esprimeva sostanzialmente leader di sesso maschile, oggi non è così. In Cia la presenza di dirigenti donne è ampia. In agricoltura il discorso è diverso, all’interno dell’azienda agricola, in particolare quella “familiare” la donna è sempre stata leader “ombra” dell’attività, ma da 20/30 anni a que-
sta parte si è affermata alla luce del sole, mostrando una grande capacità nella gestione commerciale e di fidelizzazione presso i consumatori-clienti. Qual è il valore aggiunto che le donne portano, come agricoltrici e come dirigenti, nel mondo dell’agricoltura? Un recente studio del Censis, realizzato con la nostra collaborazione, ha evidenziato che due aziende di identiche caratteristiche realizzano fatturati diversi in base al sesso e l’età del titolare che la conduce: giovani e donne garantiscono performance di fatturato più elevate. Il valore aggiunto sta lì. La donna è tendenzialmente innovatrice, riesce a mettere a frutto la sua particolare sensibilità sulle questioni che si trova ad affrontare. Fondamentalmente reagisce in modo più costruttivo e veemente alle crisi e alle difficoltà, insomma si deprime difficilmente. Ritiene che la presenza delle donne negli organismi dirigenti sia numericamente adeguata? Le dirigenti della Cia hanno meritato il ruolo sul campo, nessuno ha regalato loro posizioni di vertice. Al contrario, in un contesto “dominato” da uomini per decenni, le donne hanno sempre dovuto dimostrare quel qualcosa in più. Ad onore del vero, mi piace sottolineare anche come la nostra associazione “Donne in Campo” da sempre, abbia riscosso il sostegno e l’apprezzamento di tutti i dirigenti uomini della nostra organizzazione, anzi gli stessi si sono sempre adoperati perché quella realtà associativa crescesse, in uno spirito di totale collaborazione. In fondo, come è giusto che sia.
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o piuttosto un progetto sul microcredito specifico per la categoria, senza dimenticare l’importanza degli incentivi all’imprenditoria “rosa”. Insomma, le donne rappresentano una risorsa essenziale e possono rivelarsi un driver vincente per lo
sviluppo e la crescita economica del Paese perché dimostrano quotidianamente di saper fare impresa e di farla anche molto bene: peccato che siano una risorsa ancora non adeguatamente valorizzata.
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ROSSANA ZAMBELLI,
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LA SFIDA
ETICA
La compatibilità tra reddito e rispetto per l’ambiente e le persone. La testimonianza di Mara Longhin, presidente di Donne in Campo le sue culture antiche e profonde e il reddito senza contrapporre mai questi due elementi.
A cosa si riferisce Donne in Campo quando parla di etica?
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“C
i misuriamo costantemente sul filo del binomio etica e business. L’ambizione è dimostrare non solo che le due categorie non sono incompatibili fra di loro ma che, tenendole insieme, si può contemporaneamente produrre reddito e incentivare il territorio avendo cura della salute, dell’ambiente, della biodiversità, della cultura rurale”. Mara Longhin è Presidente nazionale di Donne in Campo della CIA dal 2007 e lavora da sempre in agricoltura. Con determinazione e chiarezza di intenti affronta giorno per giorno le complessità di gestione di un’impresa familiare fondata ex novo nel 1997 a Campagna Lupia (Ve) e che oggi conta circa 150 capi di bestiame, un caseificio aziendale gestito insieme alla sorella con annesso spaccio di vendita diretta, un’attività consolidata di scuola in fattoria.
Come riesce un’azienda di medie dimensioni a coniugare etica e reddito? Ci vuole impegno e convinzione, ma si può se ci si basa sul rispetto di alcuni valori fondanti. Che sono poi i valori del mondo contadino che è sempre riuscito a tenere insieme
L’etica può divenire un punto di forza, può fare la differenza ed essere innovazione autentica. Una definizione, tra le tante possibili, è questa: “la ricerca di uno o più criteri che consentano all’individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri”. Il nostro non é un mondo facile perché siamo pienamente imprenditrici, ma è possibile puntare ad un giusto reddito difendendo i valori del mondo contadino. Crediamo fermamente in alcuni valori come la salvaguardia e il rispetto del territorio e del paesaggio, la valorizzazione delle tradizioni. Come Donne in Campo siamo anche riuscite ad affermarenel nostro Sistema Confederale alcuni principi a noi cari: penso alla difesa della biodiversità o all’importanza della vendita diretta, alla diffusione della multifunzionalità o dell’agricoltura sociale. Sono valori che ormai sono parte integrante di una visione comune e sono diventati strategici perché rappresentano reddito per le nostre aziende e restituiscono un ruolo centrale all’agricoltura. In questi anni abbiamo fatto un lavoro importante e nel sostenere il protagonismo delle donne agricoltrici.
Le donne, quindi, sono protagoniste… Certo! Rappresentano un capitale umano da incrementare e apprezare. L’imprenditrice agricola in particolare giocherà un ruolo decisivo per opportunità di sviluppo e modernizzazione nel territorio agricolo e rurale.
Con quali obiettivi? Le performances delle nostre aziende le misuriamo in prosperità economica, qualità ambientale ed equità sociale, conseguenze e motori di un circolo virtuoso di cui, alla lunga, tutta la società trae benefici. Sappiamo bene, quindi, cosa vogliamo e cosa intendiamo quando proponiamo que-
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ALLA VACCHERIA
Come donne non deve essere facile far passare una vostra visione, le vostre idee. Come riuscite? Come agricoltrici abbiamo maturato una grande professionalità che punta alla necessità di un impatto economico, ambientale e sociale positivo. Di strada ne abbiamo fatta e possiamo dire di essere riuscite a far pesare la visione di genere, che oggi è diventata irrinunciabile, proprio perché è portatrice di diversità. È l’affermazione che la diversità è un valore non solo nel mondo biologico ma anche in quello economico e sociale. Noi lo abbiamo fatto cercando di essere ai tavoli dove si discute e si decide. La base di partenza, però, è stata la nostra consapevolezza delle difficoltà. Questo ci ha rese più forti.
DONNE IN CAMPO: CHI, COSA, PERCHÉ Donne in Campo-Cia:
• è la principale associazione italiana di imprenditrici e donne dell’agricoltura che crea ‘reti’ di donne sul territorio rurale, tesse relazioni tra le aziende e costruisce comunità e gruppi locali; • vuole ripristinare un sano ed equilibrato rapporto con l’ambiente e una piena e libera espressione delle capacità imprenditoriali delle agricoltrici e degli agricoltori italiani/e; • è impegnata nella valorizzazione di tutti i metodi di produzione agricola ecocompatibili con particolare
Foto di Aldo Pavan
attenzione alla salvaguardia della stabilità e alla fertilità dei suoli; • vuole introdurre con la ricerca innovazioni culturali, di processo, di prodotto e di diversificazione delle attività aziendali a integrazione del reddito; • intende trasmettere alle nuove generazioni i valori dell’agricoltura con le fattorie didattiche; • tramanda le culture locali e le tradizioni alle nuove generazioni, perché non muoiano le mille culture che hanno animato il nostro paese; • amano la terra e amano l’Italia in quanto luogo che ha generato
un’agricoltura -la nostra - che è visione del mondo, paesaggi inimitabili, bellezza, salute ed etica dei processi; • vogliono un’agricoltura perno principale di un modo d’essere e di una sapienza individuale e collettiva apprezzato nel mondo e che mette insieme una straordinaria biodiversità, un forte senso del bello e una cultura alimentare incomparabile e diversificata in modo sorprendente. Testo tratto dal sito www.donneincampo.it
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sto come modello. Lo abbiamo sperimentato e ne abbiamo testato i vantaggi. Pensiamo che proporre valori sia, oggi, la risposta ad un enorme bisogno della società, soprattutto delle giovani generazioni. E riteniamo importante proporre questi valori prima di tutto con l’esempio dei comportamenti quotidiani. Vogliamo insegnare ciò che siamo e ciò che facciamo, ancor prima di ciò che sappiamo!
È il nome dell’azienda agricola che produce latte alimentare alta qualità. La produzione per l’80% é conferito alla cooperativa e il restante diventa prelibato formaggio fresco a latte crudo: stracchino, caciottine varie e mozzarelle filate a mano. La ‘casara’ é Sonia, la sorella di Mara, che condivide la conduzione dell’azienda e che “ha imparato a fare formaggi da un casaro che in due anni le ha trasferito la sua arte, perché di arte si tratta e non solo di mestiere”. Il formaggio é interamente destinato alla vendita diretta e lo si può trovare o in azienda o nei mercati contadini della Riviera del Brenta. Il chilometro zero è più che garantito, come la qualità e la prelibatezza. “Siamo autorizzati a lavorare latte crudo, cioè senza pastorizzazione, una lavorazione che l’industria non può fare. Per questo tipo di prodotto occorre avere una sanità di stalla impeccabile”. L’azienda é di 40 ettari e della produzione del foraggio, che diventa l’alimento per le vacche, si occupano i mariti di Mara e Sonia.
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CERIMONIA DEI SEMI
SIMBOLICA E COLLETTIVA L’inaugurazione del Biodiversity Park alla presenza di Vandana Shiva
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imbolica e rituale, la cerimonia di inaugurazione del Biodiversity Park all’Expo non poteva che affidare a Vandana Shiva il compito di aprire la pubblico un’area che intende narrare al mondo l’immenso patrimonio naturale dell’Italia. Un patrimonio che consente oggi alla nostra agricoltura e alle imprese aderenti alla Cia di detenere il primato europeo delle coltivazioni biologiche. Le Donne in Campo della Cia hanno accompagnato Vandana Shiva nella scoperta del microcosmo realizzato da Bolognafiere e di cui la Cia è main partner. Il Biodiversity Park è un percorso sensoriale didattico in cui è rappresentata tutta la ricchezza della flora italiana. Il nostro paese, infatti, con un trentesimo della superficie europea detiene il 50% della biodiversità vegetale e il 30% di quella animale. Il Biodiversity Park è una sorta di museo della biodiversità dove i visitatori dell’Expo possono anche degustare e acquistare i prodotti biologici. Dopo l’inaugurazione alla presenza di Cinzia Pagni, vi-
cepresidente di Cia insieme -tra gli altri - ad Andrea Olivero, viceministro alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali con delega all’Agricoltura Biologica, si è svolta la “Cerimonia dei semi”, occasione per ripercorrere un rito antico e riaffermare l’origine della sacralità dell’agricoltura. Si ripete quattromila anni dopo la celebrazione della Grande Madre in un contesto di assoluta contemporaneità qual è l’Expo a significare che l’agricoltura è il filo di continuità dell’esistenza e dell’evoluzione dell’uomo in rapporto con la natura. Vandana Shiva, Presidente Navdanya International “Il Manifesto Terra Viva e l’Agricoltura Biologica”, dopo la sua prolusione incentrata sul tema “La biodiversità nelle mani delle donne”, ha messo a dimora nella terra del Biodiversity Park alcuni semi rari. Con lei c’erano le Donne in Campo: Mara Longhin (Presidente Nazionale dell’associazione femminile della Cia), Serena Giudici (Coordinatrice Nazionale), Barbara Fidanza (Presidente Donne in Campo Liguria), Renata Lovati
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LA PRESIDENTE DELLA CAMERA LAURA BOLDRINI AL PARCO DELLA BIODIVERSITÀ La delegazione di Donne in Campo le regala un bonsai di ulivo
(Presidente Donne in Campo Lombardia), Chiara Nicolosi (Coordinatrice della Lombardia), Daniela Vannelli (Vice Presidente Donne in Campo Toscana), Anna Maria Dini (Coordinatrice Toscana), Pina Terenzi (Presidente Donne in Campo Lazio), Gea Turco (Presidente Donne in Campo Sicilia) e Mara Baldo (Presidente Donne in Campo Trentino). Tutte insieme per piantare semi da ogni regione. È stata una cerimonia collettiva che ha inteso mettere in luce come alle donne sia affidato il futuro dell’agricoltura sostenibile in un segno di continuità con il passato. Se “Nutrire il pianeta energia per la vita” è la parola d’ordine di Expo, nell’area del Biodiversity Park si è compiuto il più autentico degli atti che servono proprio a questo: il mettere a dimora da parte delle donne nuova vita che è la perpetuazione della vita stessa.
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iù donne significa più cibo, più salute, più ricchezza, più futuro”. Questo è il messaggio che la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha lasciato il 19 giugno nella sua prima visita istituzionale a Expo Milano. Al Biodiversity Park, Laura Boldrini è stata accolta anche dalla presidente di Donne in Campo Mara Longhin, che l’ha accompagnata illustrando le oltre 300 varietà di piante che rappresentano la ricchezza del patrimonio della biodiversità italiana. Longhin ha evidenziato l’importanza del ruolo delle donne nelle zone rurali e l’impegno femminile alla guida delle aziende agricole, che apportano all’intero settore elementi di creatività e la visione di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente che parte da saperi e sapori antichi per portare innovazione, multifunzionalità, salubrità e benessere per i cittadini. “A Expo - ha commentato Boldrini - c’è l’opportunità di vedere il mondo. Mi fa piacere che si sia scelto questo tema perché alimentare il pianeta e farlo in modo sostenibile è la sfida del futuro”. La delegazione di Donne in Campo, composta anche dalla presidente e dalla coordinatrice della Lombardia, Renata Lovati e Chiara Nicolosi, ha donato alla presidente della Camera un bonsai di ulivo e semi di fiordaliso selvatico, grano saraceno, frumento e miglio.
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LA FAME NEL MONDO
E I DIRITTI DELLE AGRICOLTRICI Il ruolo decisivo delle donne e le discriminazioni che le condizionano
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e donne costituiscono la maggioranza dei piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo e giocano tuttora un ruolo importante nell’allevamento, in agricoltura, nell’uso e mantenimento delle risorse naturali. Le donne sono in prima fila nella raccolta dell’acqua e della legna, ma anche nei programmi di conservazione del suolo e nel tramandare le conoscenze tradizionali sull’uso medico delle piante e sulla conservazione dei semi. Un patrimonio di sapere e competenze che le donne portano con sé anche quando migrano verso le città, contribuendo allo sviluppo dell’agricoltura urbana e suburbana, sempre più riconosciuta come vitale per la sicurezza alimentare delle città. Nonostante il ruolo cruciale che ricoprono all’interno dei rispettivi nuclei famigliari rurali, le donne contadine spesso non ricevono adeguato sostegno da parte delle istituzioni locali e nazionali, né sono sempre riconosciute come soggetti economici da coinvolgere nei programmi di sviluppo rurale, oltre a dover spesso affrontare discriminazioni nella proprietà ed eredità della terra. ActionAid ha rilevato che in Uganda le donne ottengono il 9% del credito agricolo e in Malawi solo il 7% delle donne capofamiglia riceve sostegno alle attività agricole
(contro il 13% degli uomini capofamiglia). Pur nelle differenze di contesto, le condizioni di vita delle donne agricoltrici, presentano degli aspetti simili sotto ogni latitudine. Ad esempio, anche in Italia è necessario abbattere le discriminazioni nell’accesso al credito agricolo e dare visibilità alla presenza delle donne nel settore; è inoltre comune la volontà di esprimere con il lavoro quotidiano uno sviluppo rurale rispettoso della biodiversità, coerente con le caratteristiche del proprio territorio e che vada a beneficio di tutta la società. Si potrebbe dire che non è un caso, dunque, se la femminilizzazione dell’agricoltura è andata di pari passo con la femminilizzazione della povertà e con una decrescita degli investimenti pubblici nel settore agricolo. Alla retorica che ribadisce l’importanza delle donne in agricoltura spesso non corrispondono politiche, misure legislative, ricerche e analisi che possano andare a beneficio delle contadine e delle imprenditrici agricole. D’altronde, l’obiettivo di “sviluppare il potenziale delle donne in agricoltura” che compare in molti programmi di sviluppo rurale può comportare un aumento delle aspettative e dei compiti attribuiti alle donne, senza necessariamente promuovere i loro diritti umani fondamentali. Raramente, infatti, gli interventi di miglioramento della sicurezza alimentare includono azioni strategiche che sostengano le donne nel poter avere controllo autonomo sui loro corpi e sul prodotto del loro lavoro.
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LA SOPRAVVIVENZA
DI CHI LAVORA LA TERRA
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LE ISTITUZIONI IGNORANO LE DONNE L’agricoltura rappresenta ancora oggi una fonte di sopravvivenza per la maggior parte delle persone in molti Paesi in via di sviluppo. Le donne costituiscono la maggioranza dei piccoli agricoltori negli stessi Paesi e giocano un ruolo importante, in agricoltura, nell’uso e mantenimento delle risorse naturali e nella difesa del territorio. Nonostante il ruolo cruciale che ricoprono all’interno dei nuclei familiari rurali, le donne contadine spesso non ricevono adeguato sostegno da parte delle Istituzioni locali e nazionali, né sono sempre riconosciute come soggetti economici da coinvolgere nei programmi di sviluppo rurale e spesso affrontano discriminazioni nella proprietà ed eredità della terra. Pur nelle differenze di contesto, le condizioni di vita delle donne agricoltrici presentano degli aspetti simili in ogni Paese del mondo. Anche in Italia è necessario abbattere le discriminazioni nell’accesso al credito agricolo e dare visibilità alla presenza delle donne nel settore. È inoltre comune la volontà di esprimere con il lavoro quotidiano uno sviluppo rurale rispettoso della biodiversità, coerente con le caratteristiche del territorio e che vada a beneficio di tutta la società.
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roprio in quegli Stati dove il numero degli affamati resta elevato e dove si susseguono crisi politico-sociali o catastrofi naturali, l’agricoltura garantisce la sopravvivenza al 62% della popolazione. In particolare, in Africa e Asia, 500 milioni di piccoli produttori agricoli coltivano l’80% della terra arabile disponibile, sfamando così un terzo dell’umanità. Eppure, tre quarti delle persone affamate del pianeta sono proprio piccoli agricoltori, gran parte dei quali è costituita da donne. In tutte le “regioni in via di sviluppo” le donne hanno un ruolo cruciale in agricoltura e nella produzione di cibo. Il lavoro femminile rurale tuttavia resta largamente sottovalutato e non retribuito e spesso le donne subiscono discriminazioni che limitano il loro accesso alle risorse naturali (come terra, acqua, foreste), agli input agricoli, al credito e agli strumenti finanziari utili a sviluppare imprenditoria rurale. La fame è dunque un problema complesso, che richiede analisi dettagliate e proposte concrete, soprattutto in seguito a recenti sfide globali, quali: il cambiamento climatico e i suoi effetti sulla produzione agricola, l’espansione dell’agricoltura industriale a scapito dell’agricoltura di piccola scala, l’accaparramento di terre da parte di governi e multinazionali per uso diverso dall’agricoltura (ad esempio per la coltivazione di biocarburanti), la speculazione finanziaria che ha investito anche i prodotti agricoli portando il prezzo del cibo ad un drammatico aumento. Fra gli aumenti più rilevanti quelli di grano, mais, zucchero e oli alimentari, con gravi ripercussioni soprattutto nei Paesi poveri.
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Testi tratti dal Rapporto di Donne in Campo e Action Aid (Il pane e le rose, Roma, 2011)
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SOVRANITà ALIMENTARE
E DIFESA DEL TERRITORIO Per ripristinare un sano ed equilibrato rapporto con l’ambiente, tutelando le produzioni di nicchia, la biodiversità e le tecniche tradizionali. Le donne sono custodi del connubio tra cultura e natura
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e parole chiave che valorizzano il mondo agricolo sono quattro: identità, territorio, coltura e cultura. Quattro parole che sono anche quattro concetti fondamentali che tendono verso un obiettivo concreto: far riscoprire il territorio e l’agricoltura attraverso la bellezza del paesaggio che fonde natura e cultura e descrive con le sue forme il rapporto inimitabile che ogni comunità ha saputo stabilire con il proprio ambiente naturale. Tutto questo è alla base dell’idea di sovranità alimentare, che ha trovato sintesi nella Dichiarazione di Nyéléni, nel 2007 in Mali, sottoscritta da 500 rappresentanti di oltre 80 Paesi. Donne in Campo ha fatto propria quella dichiarazione e ne mette in pratica i principi con il lavoro quotidiano delle aziende aderenti, nella consapevolezza che i prodotti agricoli sono creazioni ‘culturali’ e che l’Italia ha una delle più progredite conoscenze agroalimentari del mondo. L’Italia, oltre a produrre alimenti di eccellenza, ha saputo costruire nel tempo bellissimi e inimitabili paesaggi rurali contribuendo al progresso delle identità locali. Il modello di sviluppo territoriale integrato tende a valorizzare, insieme alle produzioni tipiche di qualità, anche l’originalità dei paesaggi rurali che le caratterizzano. Questo ha fatto sì che la più recente ‘rivoluzione agricola’ abbia contribuito a modellare ogni spazio coltivato mante-
nendo o ripristinando un sano equilibrio con l’ambiente, avendo cura di tutelare la ricca biodiversità del nostro paese, riscoprendo tecniche colturali tradizionali, valorizzando i suoi paesaggi rurali storici. Al centro di tutto questo vi è una costante attenzione al rapporto tra etica ed estetica, tra qualità e multifunzionalità. Il riferimento è il ripensamento a livello globale della pratica e del ruolo dell’attività agricola e dei modelli alimentari, teso ad armonizzare la produzione alla riproduzione delle risorse, a riequilibrare il sistema produttivo con quello commerciale salvaguardando i sistemi e le culture locali, la tutela della salute e la bellezza dei paesaggi rurali. Le donne sono le custodi di questa concezione. In quanto portatrici dei valori della diversità sono convinte del valore e della ricchezza della pluralità e sono protagoniste di questo cammino che porta a una nuova valorizzazione del sistema agricolo-alimentare italiano. In occasione del convegno organizzato a Teramo (settembre 2013) sul tema ‘Sovranità alimentare e difesa del territorio’ Donne in Campo ha concentrato la sua attenzione sulla completezza che l’attività agricola ha in un’ottica di sovranità alimentare rispetto alla creazione di paesaggi, alla salute e al sapere collettivo delle comunità umane. In particolare è stata fatta una riflessione sull’agricoltura italiana che è visione del mondo, che è paesaggi inimitabili, che è bellezza, che è salute, che è etica dei processi. Un’agricoltura che è perno principale di un modo d’essere e di una sapienza individuale e collettiva apprezzate nel mondo al punto da farne un marchio, il made in Italy, ma che in verità è oltre, molto di più. ‘Nutrire’ è un atto femminile. Non a caso sono le donne le custodi delle tradizioni contadine e le migliori garanti di un’agricoltura sostenibile
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IL FORUM DI NYÉLÉNI (2007) La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto a definire i propri sistemi agricoli e alimentari. Pone le aspirazioni e i bisogni di coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti al cuore dei sistemi e delle politiche alimentari. Difende gli interessi e contempla le future generazioni.
Le esPeRienze cHe Fanno ViVeRe queste idee sono MoLte: dal ripopolamento di contrade disabitate alla rete degli agriturismi, dalle aziende biologiche all’agricoltura sociale, le imprese - soprattutto quelle a guida femminile - assumono la multifunzionalità come visione strategica che riesce a tenere insieme i conti e il rispetto per l’ambiente e le tradizioni, l’amore per il paesaggio e la valorizzazione di antiche tradizioni e saperi. Senza contare, poi, l’importanza di particolari colture o allevamenti in alcune specifiche realtà come quelle montane, dove è fondamentale il lavoro di presidio e manutenzione che gli agricoltori svolgono a tutela del territorio. Mentre le donne per secoli hanno tramandato le culture popolari, narrando la sera davanti al camino le storie antiche e mantenendo viva la montagna. iL PaesaGGio aGRicoLo itaLiano È un inVidiaBiLe PatRiMonio di RiccHezza, VaRietà, stoRia e tRadizioni. È una risorsa economica trascurata e sotto il costante attacco di cementificazione selvaggia e dissesto idrogeologico, nonostante il turismo rurale e l’indotto legato all’enogastronomia tipica valgano miliardi. La difesa del territorio è dunque un imperativo che va assunto come obiettivo strategico in una condivisione e consapevolezza sempre più vasta.
La sovranità alimentare riconosce priorità a economie e mercati locali e nazionali; promuove un commercio trasparente che garantisca redditi equi a tutte le persone così come il diritto dei consumatori al controllo sulla propria nutrizione. Assicura che i diritto d’uso e gestione di terre, territori, acque, semi, mandrie e biodiversità siano nelle mani di coloro che producono cibo. La sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali libere da oppressione e ineguaglianze fra uomini e donne, popoli, gruppi etnici, classi economiche e generazioni. Definizione di Sovranità Alimentare tratta dalla Dichiarazione di Nyéléni, Mali 2007
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che coniuga il diritto dell’alimentazione con il dovere di salvaguardare le risorse naturali e la libertà di produrre.
Offre una strategia di resistenza e smantellamento rispetto all’attuale sistema commerciale alimentare sostenuto dalle corporation e un orientamento per i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca definiti dai produttori e utilizzatori locali.
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L’AGRICOLTU
LE AZIENDE IMPEGNATE NELL’AGRICOLTURA SOCIALE SONO IMPRESE CHE INTEGRANO LE LO FORMATIVI E OCCUPAZIONALI A VANTAGGIO DI SOGGETTI DEBOLI QUALI LE DONNE IN DIFFIC GLI ANZIANI, I BAMBINI; OPPURE CHE OPERANO IN AREE PARTICOLARI COME LA MONTAGNA IL VASTO MONDO DEL TERZO SETTORE
MONTESSORI IN CAMPAGNA L’orto dei pulcini è uno dei primi agrinido della regione Marche
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L’
azienda agricola Lupini di Ostra (Ancona) a conduzione familiare è quella impiantata dai nonni negli anni Cinquanta. Oltre alle produzioni di Verdicchio, Montepulciano e Sangiovese dei vigneti riconvertiti al biologico nel 2005, l’azienda che da qualche anno Larisa Lupini gestisce da titolare ha sempre provveduto anche ai consumi familiari. Nel 2012, grazie ad un bando della Regione Marche, inizia un nuovo cammino nell’agricoltura sociale. Nasce così L’orto dei pulcini, uno dei primi agrinido della regione. “Il bando era riservato ad aziende agricole di tipo tradizionale, con attività diversificate proprio come la nostra, che produce ortaggi e ha piccoli allevamenti animali per le necessità della famiglia. Con il contributo regionale abbiamo ristrutturato un rudere, adeguandolo alle normative”. Una laurea in economia e un passato da ricercatrice nell’ambito dello sviluppo rurale, a 40 anni Larisa Lupini è soddisfatta della scelta di cambiare vita e dedicarsi completamente all’azienda agricola della famiglia. “Ho sempre avuto la passione per la cura e la conservazione dell’ambiente e con la nascita dei miei figli ho pensato che la campagna mi potesse permettere di conciliare il lavoro e la famiglia. Di tempo non ne ho mai, ma faccio una vita sana”. Di ripensamenti neanche l’ombra, dunque, per una giovane donna che ha le idee chiare su come tenere insieme passione e impresa, passando per l’innovazione. “La regione ha inserito gli agrinido nel Piano di Sviluppo Rurale in una visione che guarda strategicamente all’agricoltura sociale come possibile sviluppo economico del settore. Un altro progetto è quello della ‘Longevità attiva’, riservato agli anziani autosufficienti che possono collaborare nelle aziende. Poi, ancora, c’è l’attenzione alla vasta area del disagio delle persone con disabilità o che hanno bisogno di percorsi di reinserimento sociale. C’è molto da fare e con l’agricoltura si possono sviluppare alleanze positive”. Le due sezioni dell’agrinido L’orto dei pulcini sono ospitate in una struttura in legno realizzata seguendo le tecniche della bioedilizia. I piccoli, da 10 mesi a 3 anni, sono mediamente 14 e le attività “si svol-
gono prevalentemente all’esterno, a contatto con la natura e raccogliendo gli spunti che l’azienda agricola offre ogni giorni per le attività educative”. I genitori che scelgono l’agrinido condividono il progetto che lo ispira: vita all’aria aperta e impatto nella crescita psicofisica dei loro piccoli. “Noi di giocattoli ne abbiamo pochi, inoltre seguiamo il metodo Montessori e le attività ordinarie sono il frutto delle osservazioni dell’ambiente, che offre infiniti spunti creativi”. Il nodo centrale di un’esperienza così ricca di contenuti e attenzioni è la sostenibilità economica che è in pareggio, ma senza “poter pagare il lavoro della titolare”, anche grazie ai contributi regionali nei primi due anni. “La spesa più grande è il personale - spiega Lupini - e per raggiungere autonomia economica stiamo progettando attività parallele con corsi e laboratori”. L’agricoltura sociale, dunque, è un’idea importante e utilissima tanto alle fasce deboli della popolazione cui è diretta - siano minori, anziani o persone con varie fragilità - quanto al mondo agricolo che può trovare nuove strade per una sostenibilità delle aziende e la possibilità di tutelare valori, ambienti e competenze. A patto, però, che non manchi il sostegno pubblico sia di tipo economico sia a garanzia di una condivisione che deve essere prima di tutto culturale.
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URA SOCIALE
ORO ATTIVITÀ PRODUTTIVE ORGANIZZANDO SERVIZI CULTURALI, EDUCATIVI, ASSISTENZIALI, COLTÀ O VITTIME DI ABUSI,LE PERSONE CON HANDICAP, I TOSSICODIPENDENTI, I DETENUTI, A O I CENTRI ISOLATI E LO FANNO IN COLLABORAZIONE CON ISTITUZIONI PUBBLICHE E CON
GIOCO E IMPARO ALL’APERTO
“V
edere la loro gioia quando scopriamo una tana durante la passeggiata nel bosco è proprio una bella soddisfazione”. Barbara Coli è titolare dell’agrinido Lo spaventapasseri, che ha avviato all’interno della sua azienda agricola Le lame a Castelnuovo di Garfagnana, in provincia di Lucca. “Sono dieci i bambini e le bambine che ogni giorno vengono da noi e la struttura è completamente dedicata a loro, con all’interno uno spazio giochi e una mensa, dove cuciniamo i prodotti nostri o che al massimo arrivano da aziende vicine. I bambini fanno l’orto, curano la serra e governano gli animali, vivono le stagioni all’aperto, i cambiamenti della natura li vedono dal vivo e non sui tabelloni. Queste sono le differenze che i genitori apprezzano e per le quali ci scelgono”. La storia di questa realtà toscana è una progressione lungo il filone della multifunzionalità, tipica delle aziende italiane e a conduzione femminile. “Nel 2006 abbiamo creato l’azienda sulla proprietà dei suoceri: circa 6 ettari di terreno dislocato su vari piani collinari. Poiché è difficile rendere produttiva l’azienda, abbia-
mo guardato all’agricoltura sociale iniziando nel 2010 con la fattoria didattica e aprendo l’agrinido nel 2012, appena una normativa regionale l’ha reso possibile. Questa attività rappresenta per noi una risorsa economica aggiuntiva, un’integrazione al reddito”. Contributi pubblici a questo tipo di attività in Toscana non ce ne sono, ma sono attesi per la fine dell’anno dei voucher alle famiglie. “L’agricoltura sociale nei suoi vari ambiti, dalle fattorie didattiche ai centri estivi in fattoria fino alla fattoria sociale per persone svantaggiate, è importante per far avvicinare le persone al mondo dell’agricoltura che si sta perdendo. Da noi è importante contrastare l’abbandono della terra e l’agricoltura sociale permette di valorizzare il nostro territorio facendo conoscere il mondo rurale a chi ha particolari bisogni e che qui può trovare serenità, un contatto più vero con la natura che stiamo perdendo. Penso che l’agricoltura sociale potrebbe rappresentare una nuova vita delle aziende agricole. Nei piccoli centri che si spopolano potrebbe essere il fulcro della società e il centro di incontro. Insomma potrebbe essere una risorsa anche per il territorio”. Come tutte le colleghe di Donne in Campo, Barbara è serena e determinata, conosce le difficoltà del suo lavoro e le affronta giorno per giorno. “Avevo un negozio ma ho preferito la terra. La vita in campagna è difficile e faticosa ma non mi pento della scelta che ho fatto. E i bambini, poi, sono una ricompensa ulteriore”.
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Nella lucchesia l’agrinido di Barbara Coli è la nuova linfa per l’azienda
Scoprire e rilanciare le antiche ricette dei territori rurali italiani con prodotti di stagione appena raccolti, valorizzare il protagonismo delle donne dell’agricoltura depositarie di tali saperi, creare un rapporto diretto fra produttore e consumatore, offrire nuove opportunità di reddito alle aziende agricole, contribuire alla difesa dell’ambiente accorciando la filiera. Sono molti i territori dove da anni e spontaneamente vari gruppi di donne si sono autorganizzate per offrire i prodotti agricoli delle loro aziende cucinati secondo le antiche ricette contadine di cui sono depositarie. Per questo l’Associazione Donne in Campo, il cui gruppo ToscanaNord ha vinto il concorso “Progetti per le Donne” di Expo 2015, ha deciso di lanciare l’AgriCatering, un’operazione culturale di vasta portata per “ricordare” le nostre origini e difendere dall’oblio lo straordinario patrimonio agroalimentare rurale italiano.
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RICONOSCERE
GLI STEREOTIPI DI GENERE di Zenab Ataalla
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tazione sociale e la diversità. Il rispetto dei diritti umani e re gli stereotipi, soprattutto quelli che riguardano l’universo soprattutto il rispetto delle donne e dei loro diritti”. La campagna rientra nell’ambito di altre inifemminile nella società egiziana? ziative che cercano di far emergere l’imporGhada Wali, una giovane artista diplomatanza del ruolo della donna all’interno della ta all’Università tedesca del Cairo e con un società egiziana anche in previsione delle master in Design presso l’Università ameriNon è possibile pensare che prossime elezioni parlamentari dopo la cacana, ha affrontato il problema con il lancio una donna duta dell’ex presidente Morsi avvenuta nel della campagna di sensibilizzazione dal tiche non sia giugno del 2014. tolo “Chi sono loro per dire che…?” ancora sposata a In un periodo delicato per le sorti politiche “Come artista sono costantemente in contat30 anni del Paese, una sensibilizzazione del genere to con la gente e mi capita molto spesso che sia una zitella può avere l’importanza di risvegliare le cosiano proprio le persone a chiedermi di metscienze purtroppo assopite nel corso degli tere in discussione alcune convinzioni che si anni, invitando gli stessi uomini a riflettere hanno sulle donne e che con il tempo si sono prima di parlare o agire. radicalizzate. La società egiziana - dice Ghada - ha creato degli stereotipi sulle donne senza nemmeno La campagna, lanciata anche sul web a maggio, dopo l’erendersene conto. Abbiamo deciso di seguire delle regole sibizione avvenuta a Londra nel 2013, ha un ruolo strateimposte da altri. Così facendo abbiamo preso per dato quello gico per invitare ancora una volta le donne a decidere per che gli altri possono pensare di noi. Non è possibile credere loro stesse e combattere in prima linea i problemi che le ancora oggi che una ballerina della danza del ventre sia per riguardano, primo fra tutti quello delle molestie sessuali. b forza una prostituta. Come non è possibile pensare che una donna che non sia ancora sposata a 30 anni sia una zitella”. Una presa di coscienza che sta riguardando molte donne in Egitto, soprattutto le attiviste che stanno combattendo insieme dopo la Rivoluzione del 2011 per vedere riconosciuti quei diritti tanto auspicati in campo sociale e politico; diritti molte volte promessi, ma quasi mai di fatto riconosciuti. “Il corpo delle donne in Egitto, come i diritti femminili, sembrano essere considerati una merce di scambio. Ed alcuni uomini pensano di essere gli unici e i soli a dovere decidere di quello che una donna deve fare o dire” afferma Ghada. Per questa ragione con lo slogan pensa, accetta e cambia la campagna mira a “modificare alcune delle credenze tradizionali che sono i principali motivi di rallentamento dello sviluppo della società egiziana. Voglio promuovere l’accet-
Disegni di Ghada Wali e Nourhan Moaz, tratti dal sito Scoopempire FOTO 1. Chi dice che una ballerina di danza del ventre è una prostituta? FOTO 2. Chi dice che se non si è sposate a 30 anni si è zitelle?
EGITTO
“Chi sono loro per dire che…?”. È la campagna lanciata sul web per combattere i luoghi comuni e attirare l’attenzione sulla figura femminile
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UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO
Con le elezioni presidenziali si è affermata la destra ultranazionalista e antieuropeista
POLONIA
di Cristina Carpinelli
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Foundation for Human Rights avesse predisposto un l 13 aprile di quest’anno, il presidente polacco parere, in cui si sosteneva che “La Convenzione di IstanBronisław Komorowski, esponente della destra mobul era conforme alla Costituzione polacca e che la sua derata e liberale di “Piattaforma civica”, ha ratificato la ratifica era ragionevole ai fini della prevenzione efficace e Convenzione europea contro la violenza nei confrondella lotta alla violenza domestica contro le donne”. ti delle donne, nonostante l’opposizione della Chiesa Il 25 maggio 2015 Andrzej Duda ha vinto le cattolica e del suo rivale di destra che ha elezioni presidenziali in Polonia, affermanvinto le elezioni presidenziali di maggio. Kodosi nel ballottaggio sul presidente uscente morowski ha dichiarato: “Si devono rispetKomorowski. Duda è un 42enne, leader del tare i principi e sostenere le vittime, le donA maggio Andrzej partito della destra populista euroscettica ne che subiscono abusi, la parte debole”. Duda leader del “Diritto e Giustizia”. Nel quartier generale E ha aggiunto: “Non dobbiamo fare calcoli partito della di questa formazione politica, fondata dai politici su queste questioni”. Già a febbraio destra populista gemelli Kaczyński, c’è stata grande festa, il parlamento polacco aveva votato la Coneuroscettica poiché da dieci anni questo partito non asvenzione del 2011 di Istanbul, approvata in “Diritto e saporava una vittoria così significativa. Ma seno al Consiglio d’Europa. Si trattava del Giustizia”, è stato per i polacchi liberali e democratici c’è ben primo strumento vincolante al mondo per eletto presidente poco da festeggiare: la Polonia sembra, prevenire e combattere la violenza contro le infatti, intenzionata a tornare agli anni bui donne - dagli stupri in famiglia alla mutiladell’amministrazione Kaczyński. Il partito zione genitale. La votazione della Convendi Duda, “Diritto e Giustizia”, gode tradiziozione non è stata semplice: nel corso del nalmente del sostegno di molti membri del clero polacco, dibattito parlamentare erano stati sollevati argomenti dai a cui il neo-presidente eletto ha strizzato più volte l’occhio partiti di destra (sostenuti dalla Chiesa cattolica), seconin campagna elettorale, mostrandosi assai sensibile ai do cui la Convenzione di Istanbul era incostituzionale e “temi etici”, quali la contrarietà alla fecondazione in vitro. costituiva una minaccia alle tradizioni polacche e al conDa candidato presidente ha dichiarato di voler punire con cetto di famiglia, nonostante nel dicembre 2014 l’Helsinki la reclusione le donne che si sottoporranno alla fecondazione in vitro. I due candidati, che erano in corsa per le presidenziali, rappresentano due visioni della Polonia molto distanti. Si può dire che Komorowski rappresenti la “società civile”, mentre Duda - la “comunità nazionale”. Per il liberale moderato Komorowski, gli ultimi 25 anni sono stati il momento migliore di due secoli di storia polacca, perciò “bisogna difendere la libertà e continuare le riforme iniziate con l’integrazione europea e atlantica del paese”. Per l’ultranazionalista Duda, invece, “il Paese è in rovina”, perciò è auspicabile una svolta radicale per ricostruirlo. Tra i vari
impegni, annunciati dal neoeletto presidente, nel corso delOggi in Polonia la campagna elettorale, vi sono non c’è spazio per la fecondazione il sostegno con incentivi alle in vitro e sono famiglie con figli. Un impegno tabù temi come quest’ultimo che rientra nella sua l’aborto e il visione politica di stampo patriotriconoscimento tico, nazionalista e familistico, e di diritti civili a nel suo essere un devoto cattolipersone dello co (tra l’altro, per la sua elezione, stesso sesso ha raccolto in una preghiera comune diecimila fedeli a Swidnick - città polacca nel Voivodato di Lublino). Duda guarda con simpatia all’Ungheria di Orban e, come il presidente ungherese, vuole rivedere tutte quelle norme europee che minacciano “l’integrità morale” della nazione e propagano “l’ideologia gender”: vero fumo negli occhi per la Polonia ancora prevalentemente cattolica che si riconosce nella triade “Dio, Patria e Famiglia”. Nell’agenda presidenziale di Duda non hanno trovato posto temi che restano veri tabù come l’aborto e il riconoscimento di maggiori diritti civili a persone dello stesso sesso. Argomenti su cui una vasta parte dell’opinione pubblica
polacca si rifiuta persino di discutere. Impensabile oggi ipotizzare in Polonia, non solo l’esito positivo, ma anche la stessa istituzione di un referendum sulle nozze fra persone dello stesso sesso come è appena accaduto in Irlanda. La sfida tra “le due Polonie”, icasticamente rappresentate dai risultati elettorali completamente a favore di Komorowski nella parte ovest e di Duda nella parte est (e sud) del Paese, è stata vinta dalla Polonia retrograda e conservatrice, quella delle regioni orientali e meridionali più arretrate e rurali, prive di infrastrutture adeguate e caratterizzate da una disoccupazione elevata. Nella Polonia meridionale e in gran parte delle attuali terre orientali, la destra nazionale ha sempre goduto di ot-
tima salute. Qui i valori tradizionali vengono trasmessi di generazione in generazione. Ed è proprio in queste aree, tradizionalmente roccaforti del partito “Diritto e Giustizia”, che gli elettori hanno votato in stragrande maggioranza per Duda. Un ristretto numero di grandi centri urbani concentrati a Ovest della Vistola ha, al contrario, votato per Komorowski. Con la vittoria del conservatore Duda termina l’approccio filo-Ue di un paese basilare nello scacchiere europeo orientale. Il mite europeismo polacco animato dall’enfasi dello sviluppo e della crescita economica non è più l’ordinarietà nell’ex cortina di ferro, ma l’eccezione. Tra la Polonia della stabilità, dei lemming, dell’europeità, dell’acqua calda nel rubinetto, insomma, della modernizzazione, e una Polonia diffidente, xenofoba, dei cosiddetti “berretti di lana mohair” (il copricapo delle anziane signore che pregano per Radio Maryja di padre Rydzyk, o che si radunano sotto alle croci innalzate in memoria della buonanima di Lech Kaczyński), i polacchi hanno scelto Duda guarda quest’ultima, aprendo a una con simpatia potenziale “orbanizzazione” all’Ungheria di del Paese. Le ragioni di queOrban e, come lui, sta scelta sono diverse….è vuole rivedere emerso sicuramente un certutte quelle to malcontento verso i partiti norme europee tradizionali ma anche verso che minacciano un benessere conseguito sì “l’integrità in questi anni dalla Polonia morale” della (soprattutto da quella più ricnazione e ca e urbanizzata) ma di cui propagano “l’ideologia hanno goduto in pochi e a gender” svantaggio dei più. b
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LIBRI a cura di Tiziana Bartolini
UN POSTO NEL MONDO “Perché hai le orecchie così piccole e lunghe? Perché hai gli occhi così grandi e assottigliati? Perché verso mezzogiorno le pupille ti si trasformano in due fessure minuscole?”. Inizia così Murmur, fiaba per bambini pelosi un racconto incantevole, fantasmagorico e visionario, intessuto di ironia, erotismo e gusto del fantastico. Murmur è un bambino nato da un padre umano ignoto e dalla gatta Belinda, perciò fatica a trovare il proprio posto nel mondo e la fiaba è anche un racconto di formazione. Il libro, pubblicato in Francia nel 1976, è il primo testo narrativo scritto dalla pittrice, scenografa, costumista e illustratrice Leonor Fini (1907-1996) e contiene diversi spunti autobiografici. Artista di fama internazionale, Leonor nasce a Buenos Aires, cresce a Trieste in un ambiente intellettuale e cosmopolita, diviene celebre a Parigi, dove negli anni trenta si accosta ai surrealisti, in particolare Max Ernst. Sarà legata anche a Roma, città in cui frequenta, tra gli altri, Fabrizio Clerici, Carlo Levi, Anna Magnani, Luchino Visconti, Mario Praz, Alberto Moravia e Elsa Morante. Grazie allo scrittore triestino Corrado Premuda, che ne ha curato con particolare finezza la traduzione, il racconto appare ora per la prima volta in italiano, pubblicato dalle Edizioni Arcoiris in un’elegante veste grafica che reca in copertina il ritratto di Murmur realizzato dall’artista. Il libro contiene anche un bel saggio di Premuda su Leonor Fini scrittrice (Salerno 2014, pp. 116, € 10). Studioso dell’artista da anni, Premuda ha inoltre appena dato alle stampe una biografia per ragazzi di Leonor Fini, illustrata da Andrea Guerzoni, dal titolo Un pittore di nome Leonor (Editoriale Scienza Giunti, 2015, pp. 96, € 12,90). Flavia Matitti
LENTO? MA CHE TEMPO È? Lungo, allegro, zitto, mio, utile, vuoto, antico… tutte le sfumature del tempo le racconta Luigina Del Gobbo in un bel libro per bambini/e illustrato da Sophie Fatus. Uscito per le edizioni Lapis (settembre 2014) Vorrei un tempo lento lento è uno strumento efficace per chiamare il sonno
della sera, ma le cui filastrocche possono condurre i genitori in un tempo smarrito. Quello dei ricordi e della loro infanzia.
LINGUA ITALIANA. È L’ORA DEI FEMMINILI La sindaca e l’assessora inaugurano il monumento all’Aurora è il richiamo in copertina, appena sotto il titolo: La grammatica la fa… la differenza, che spiega subito il perché di un bel libro destinato ai/alle bambini/e ma che parla agli adulti. Con le simpatiche illustrazioni di Gabriella Carofiglio, le autrici - è un libro scritto a più mani: Anna Baccelliere, Annamaria Piccione, Flavia Rampichini, Chiara Valentina Segrè, Luisa Staffieri, Giamila Yehya - ricorrono a vari stratagemmi per spiegare l’importanza della declinazione al femminile delle parole per non cadere nella trappola degli stereotipi di genere. Storielle e filastrocche, fiabe e rime per affermare una semplice ovvietà: che si può e si deve scrivere medico o medica, ingegnere o ingegnera. Un allegato completa il libro unendo esercitazioni proposte in forma di gioco ad informazioni pratiche e teoriche sull’uso sessista della lingua scritte da Lina Appiano, Daniela Finocchi, Graziella Priulla, Debora Ricci, Maria Teresa Santelli per la collana Le pizzicallanti di cui Angela Articoli, esperta di letteratura per l’infanzia, è curatrice. Alla Casa editrice Mammeonline si deve questo libro agile e utilissimo a spiegare con efficacia ed immediatezza perché si deve scrivere che … La sindaca e l’assessora inaugurano il monumento all’Aurora!
UNA BISNONNA TRAMVIERA E UN PAPà CASALINGO Cosa succede se un papà perde il lavoro? Oggi può anche accadere che il nostro uomo decida di diventare casalingo sfidando il brusio, la diffidenza e persino la derisione. Ma la crisi economica incombe e c’è chi accoglie la sfida dei tempi, scegliendo - di comune accordo con la famiglia - di dare un senso allo spazio che si è aperto con la condizione di disoccupato. Eleonora Laffranchini, insegnante che ha pubblicato altri libri, affida alla giovane Lara il compito di spiegare come e perché una scelta ‘insolita’ abbia bisogno di essere compresa. Corse di tram è il titolo del racconto pubblicato da Mammeonline (pagg 111, euro 8,00, la bella illustrazione di copertina
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è firmata da Antonio Boffa) che conduce piacevolmente attraverso un percorso di consapevolezza. È un ‘viaggio di maturità per comprendere che nessun ruolo è predefinito: importante è portarlo a compimento con coraggio e mantenendo la propria dignità’. La bisnonna è una figura importante che interviene nel racconto attraverso le pagine ingiallite di un diario in cui racconta la sua esperienza, durante la guerra, di un lavoro da uomini: la tamviera. Un piccolo libro delle vacanze (e non solo) da far leggere alle e agli adolescenti, crisalidi e farfalle non ancora giovani adulti che si affacciano al mondo. Crisalidi e farfalle come il nome della collana, che intende accompagnarli nelle complessità (violenza, intercultura, guerra, identità di genere ecc) con leggerezza e anche divertendoli.
LEI CHI? LA VA GINA! L’educazione sessuale, pur evocata fin dagli anni settanta, è rimasta lettera morta e chi si azzarda a parlarne troppo corre seri rischi. A quel poco che si fa ci pensano i consultori, con tutta la fatica che ne deriva. Insomma, siamo in piena libertà sessuale, ma guai parlare di informazione e meno ancora di educazione. Così ognuna si arrangia come può, giovane o adulta che sia. Io e lei. Manuale di manutenzione olistica per una Va.Gina consapevole (Edizioni Mediterranee, illustrazioni di Massimo Raineri) di Alida Mazzaro è un titolo, per esplicita ammissione dell’autrice che fa riferimento al libro di Moravia “Io e Lui”, ma qui si cerca per strade diverse di rappresentare, con ironia e leggerezza, tre diversi approcci alla “questione”. Dopo una carrellata di richiami storici, artistici e geografici, si entra nel vivo della vera e propria “manutenzione” in cui la salute ed i rimedi sono al centro dell’attenzione (e per esplicita dichiarazione si tratta di consigli non tecnici che possono sostituire uno specialista). Spesso si descrivono tecniche antiche, ma non sono quelle delle nostre nonne, lasciate di solito nella peggiore ignoranza, ma soprattutto di donne, di altre culture. Il terzo capitolo è fonte di informazioni pratiche, per molte donne sicuramente inedite, penso alla ginnastica pelvica, (insegnata e utilizzata fin da giovanissime in altri paesi europei) che avrebbe il merito di mettere fuori commercio certi assorbenti igienici da “ascensore” come ci fanno vedere troppe pubblicità. Insomma, un libro che è un’occasione per conoscere meglio la parte più amata e “temuta” del corpo delle donne. Alida Castelli
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AGAPE: Campo Politico Donne 2015 25 luglio - 1 agosto
GenderArt: oltre l’immagine Percorsi femministi attraverso l’arte Si può parlare di un unico soggetto “donna”? La riflessione femminista è passata e passa attraverso l'immagine e le immagini che hanno come centro la categoria “donna” e la relativa molteplicità di figure che ne scaturisce. Possiamo parlare di un passaggio da un’identità unica legata all'appartenenza biologica all'identità multipla legata a scelte esistenziali? Interrogandoci su come le varie identità di genere si costruiscono oggi e di come il simbolico e l'immaginario vengono veicolati anche attraverso le autorappresentazioni abbiamo scelto come osservatorio iniziale lo sguardo di artiste che hanno esplorato i differenti campi della trasformazione e le diverse forme che può assumere l’identità femminile attraverso l'uso della performance che sia essa gesto, creazione o forma espressiva di qualsiasi natura. Attraverso l’arte e lo sguardo di alcune artiste femministe, indagheremo insieme questi interrogativi e cercheremo nuovi strumenti per resistere, lottare e trasformare noi stesse ed il mondo. Al Campo Politico Donne di Agape sei giorni di workshop, laboratori, dibattiti, per un viaggio nell'immaginario e nell'immaginazione artistica delle donne tra autorappresentazione e azione creativa. E poi passeggiate, musica, dj set, spettacolo teatrale con i Goghi&Goghi e tanta festa! Info: http://agapecentroecumenico.org/2015/politico-donne-2015/
Be Free / Memorie di futuro 28 agosto - 1 settembre 2015 Roma - Casa Internazionale delle Donne "Perché una scuola estiva sulla Memoria? Abbiamo chiamato Memorie di futuro la quinta scuola estiva perché sentivamo il bisogno di radicarci e di declinare le nostre origini nel femminismo plurale a cui sentiamo di appartenere, ma anche perché vogliamo darci la possibilità di usare la memoria come un elastico, come un movimento che ci spinga in avanti e ci consenta di avanzare nel futuro, insieme a tutte le persone che vorranno farlo insieme a noi. Per questo parleremo di memoria come scrittura e storia, come memoria dei corpi e finiremo parlando di eredità. Come sempre ci saranno delle rappresentazioni teatrali e delle proiezioni, dense e significative ad accompagnarci in questo viaggio. Info: http://www.befreecooperativa.org/wordpress/scuola-estiva-be-free/
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DALLA PARTE DELLE BATTAGLIERE di Camilla Ghedini
Marlù Oliva, la scrittura deve sfatare miti
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er Marilù Oliva la scrittura è uno sguardo sul mondo a cui lei non vuole, non può, non riesce a sottrarsi. Alle parole lei vuole affidare la realtà, nelle sue angolazioni e degenerazioni, sfatando il mito - in primis - della bellezza. Lei sta dalla parte delle battagliere, “che vivono, cadono, si rialzano, ridono”. E alle donne, che oggi vede spesso “smarrite, affaticate” e forse addirittura sul punto di perdere “parte dei diritti faticosamente conquistati”, ha dedicato tanta della sua produzione, aggiudicandosi benemerenze importanti e squarciando il velo su temi prima inesplorati. Tra questi la vecchiaia, trattata ne Le Sultane (Elliot, 2014), di cui sono protagoniste tre arzille signore residenti a Bologna in un condominio di via Damasco. Mamme, mogli e nonne che ancora desiderano, sperano, ne combinano di grosse facendo un cosiddetto ‘baffo’ agli inquilini giovani. E questo quando l’anzianità è nella percezione comune “declassata” o nel migliore dei casi “ritenuta inopportuna”, quasi non ci toccasse, quasi potessimo evitarla, quasi fosse un’opzione. È questa la cifra di Oliva, ricordarci chi siamo, da dove veniamo, che moriremo. Un’operazione ‘verità’ già attuata con la trilogia dedicata alla Guerrera, donna forte e determinata ma non per questo invincibile e desiderabile, tant’è che l’autrice le ha assegnato un viso butterato, un aspetto tutt’altro che filiforme e un modo di vestire piuttosto trash. Tutto ciò che è ‘ideale’ Oliva lo dissacra. “A parlare solo di bellezza si gioca facile, o comunque più facile, perché il lettore non si sente aggredito, ma rassicurato. Io credo si debba rischiare. Poi so bene che ogni volta che ci si esprime appieno ci si espone, si offre il fianco”. Ma va bene così. E a lei è sempre andata bene così. Tant’è che persevera spingendosi oltre l’interpretazione, oltre l’alterazione, oltre la provocazione. Col suo nuovo romanzo, Lo Zoo (Elliot) - seconda tappa di una quadrilogia sul tempo cominciata con Le Sultane -, sfida se stessa. Imprigiona i personaggi, li rinchiude in gabbie, li esaspera nelle deformazioni fisiche e nelle frustrazioni esistenziali. Ci sono l’Uomo Scimmia, la Donna Anfora, l’Angelo ermafrodito - attorno alla cui sparizione tutto ruota -, El Pequeno, la Sirena, il Ciclope, la Strega. Poi c’è la Contessa, ‘padrona’ dello zoo che ha fatto al-
Contro il femminicidio Marilù Oliva ha curato nel 2013 l’antologia Nessuna più – 40 autori contro il femminicidio (Elliot) patrocinata da Telefono Rosa. Un’esperienza che l’ha profondamente colpita “perché - conferma ho potuto verificare il sommerso, ossia donne che hanno subito violenza ma sfuggono ai numeri e alle statistiche perché non denunciano”. La strada ancora da compiere secondo lei è tanta, anche se va detto che “già parlare di femminicidio è un traguardo che consegna consapevolezza alle nuove generazioni. Un tempo si taceva e basta”. La parola chiave, per lei, è “educazione” a un rispetto che non tocca solo le donne, che devono pretenderlo, ma anche gli uomini, che devono manifestarlo. E questa educazione va impartita fin da bambini. “I femminicidi non riguardano solo le vittime, ma i mariti, i figli, che ad un tempo perdono la madre e il padre”. Lei, che insegna lettere alle superiori, sostiene che “andrebbe inserita un’ora di educazione al corpo”. Marilù Oliva vive a Bologna. Ha scritto cinque romanzi, di cui tre dedicati al personaggio della Guerrera: ¡Tú la pagarás! (Elliot, 2011), finalista al Premio Scerbanenco, Fuego (Elliot, 2011) e Mala Suerte (Elliot, 2012), gli ultimi due vincitori del Premio Karibe Urbano per la diffusione della cultura latino-americana in Italia. Sempre per i tipi Elliot, nel 2014 è uscito Le Sultane (Elliot, 2014), che ha riscosso unanime successo di critica. Ha pubblicato racconti per il web e testi di saggistica, ha collaborato alla stesura dei manuali scolastici di storia per le Edizioni Cappelli. Ha scritto un saggio su Gabriel García Márquez: Cent’anni di Márquez. Cent’anni di mondo (CLUEB, 2010). Collabora con diverse riviste letterarie online, tra cui Carmilla, Thriller Magazine, Marie Claire. È caporedattrice di Libroguerriero.
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Volando sulle onde della Vita Il progetto di Monica Priore per dare fiducia a chi soffre di diabete
lestire nella sua tenuta ma ‘schiava’ della chirurgia estetica e della falsa promessa dell’eternità. E attorno, una serie di personaggi ‘maschere’, mossi da istinti e interessi, contemporaneamente potenti e schiavi, obbliganti e obbligati, abusanti e abusati. Esattamente come le vittime in ‘cella’, lì racchiuse per quel loro ‘difetto’ che per i carnefici è ‘vanto’. Con un’ambientazione sul mare, più precisamente nel salento, in Puglia, a Pescoluse, Oliva ha costruito una grande allegoria della vita, della società e dell’uomo. Ha descritto la bruttezza esteriore e la brutalità interiore, portando tutto agli estremi. Ci sono i sentimenti negativi, come la frustrazione, la sopraffazione, il senso di inadeguatezza, il desiderio di prevaricazione. E ci sono quelli positivi, come l’anelito al riscatto, il rispetto, l’amicizia, la voglia di ribellarsi. “La tensione verso la libertà”, che appartiene a tutti, seppure il concetto di libertà, al secolo, andrebbe rivisto. Poco meno di 200 pagine con prestiti tanto da Omero quanto dallo Show dei Record. Oliva è consapevole di avere osato. Perché il filo rosso della narrazione, di ogni sua narrazione, è il concetto di ‘normalità’, strettamente connesso a quello di ‘diversità’, su cui l’autrice stessa ha riflettuto scrivendo, “perché le risposte da sempre me le danno i protagonisti. Io prima avevo una mia idea, forse riduttiva”. Certo è che Lo Zoo è un testo corale e di rottura frutto di una stanchezza già manifestata verso l›omologazione che imperversa. Tutti abbigliati uguale, a parlare uguale, a sognare uguale. Anche per questo lei distrugge per induzione consolidati luoghi comuni, come che le persone più vulnerabili sono più buone, per il sol fatto che pensarlo fa stare meglio noi. In un›epoca di individualismo ed egocentrismo i suoi libri non permettono nessuna forma di auto assoluzione e redenzione, perché Oliva ci butta davanti allo specchio, rivelandoci quello che siamo ma anche quello che potremmo diventare senza gli argini dell›educazione e della protezione che un corpo normale e una vita normale ci garantiscono. Con Lo Zoo, Oliva, ancora una volta, non ci suggerisce emozioni da provare, siano esse di empatia o ribrezzo, vicinanza o allontanamento, richiesta di perdono o auto flagellazione. Semplicemente e drammaticamente svela un’altra umanità, che potrebbe essere a un passo da noi o dentro di noi. Perché nello Zoo ci siamo tutti, talvolta animali in gabbia, talvolta spettatori. C’est la vie. b
“Io non intendo farmi piegare dalla malattia, voglio semmai piegarla. Io non so che Monica sarei senza il diabete, ma so che ‘grazie’ al diabete so combattere con tenacia e determinazione”. Con questo spirito Monica Priore, 39 anni, di Mesagne (Brindisi), nuotatrice affetta da Diabete Mellito di tipo 1, cosiddetto ‘infantile’, insulino dipendente e nota alla cronaca nazionale per avere compiuto la traversata dello Stretto di Messina (2007) e di parte del Golfo di Napoli (2010), già autrice del libro autobiografico Il mio mare ha l’acqua dolce (Mondadori) e vincitrice di oltre 40 medaglie nei circuiti Master - Olimpiadi 2012 comprese - , ha dato il via lo scorso 28 giugno, a Gallipoli, a Volando sulle onde della vita. La sua prima impresa su scala nazionale, concepita come un tour in 20 tappe attraverso tutte le regioni d’Italia, in camper e sempre con una traversata in mare o in lago, con chiusura a Sorrento il 21 agosto. Un format impegnativo, che Priore - che ha presentato il progetto anche a San Giuliano Terme, nell’ambito di DonnaeSalute - , vive come un dovere. “Il riscontro di entusiasmo avuto in passato da altri ragazzi che convivono con la mia stessa patologia e dai loro famigliari, mi ha fatto comprendere che io non avevo riscattato solo me stessa, ma anche loro. Avevo dato coraggio a tanti. Quando un bimbo oggi mi chiede con stupore ‘anche tu ha il diabete?’ io ho raggiunto il mio traguardo, perché gli ho trasmesso fiducia nel futuro”. Obiettivo di Volando sulle onde della vita “è divulgare i benefici che una regolare pratica dell’attività fisica arreca al nostro corpo e contrastare l’ignoranza che ruota attorno a una patologia importante come il Diabete Mellito di tipo I. In Italia ci sono 3.800.000 diabetici; di questi, il 5% è affetto dal tipo I ed è pertanto insulino dipendente”.
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SPIGOLANDO tra terra, tavola e tradizioni di Paola Ortensi
REBIBBIA
NUTRIRSI e MANGIARE DEN T RO e F U ORI LE MUR A
Continua il nostro “viaggio” intorno al cibo e al mangiare, un atto quotidiano e un appuntamento obbligato ma vissuto in molteplici e diverse modalità, a seconda del luogo, del momento, della compagnia, delle scelte alimentari, dello stato d’animo ed altro ancora. Ne parliamo una volta in più con le detenute che seguono il nostro laboratorio e che incontriamo tutti i lunedì nella biblioteca di Rebibbia. Come sempre, nelle nostre conversazioni settimanali lo scambio non è né banale né scontato, ma reciprocamente stimolante. Ecco come abbiamo registrato le loro riflessioni sul valore del cibo, fotografando la differenza tra il dentro e il fuori.
P
er Sylvie fuori il cibo era “godimento assoluto” a differenza di quello che prova in carcere, dove il mangiare le dà nessun piacere. Ancora una volta sottolinea la nostalgia “per un buon bicchiere di vino”, forse simbolo proprio di quel godimento di cui parla.
F
ederica con poche parole definisce uno stato d’animo non difficile da comprendere: fuori era importante essere a dieta e quindi scegliere il cibo giusto, la quantità giusta per potersi sentire fisicamente ed esteticamente al meglio. In cella domina la noia, che porta a mangiare senza riflettere.
E
proprio la noia si impone come motivo di comportamenti non virtuali anche per Alessia, la quale aggiunge altri elementi che rivelano come, chiamate a riflettere, le “ospiti” di Rebibbia sottopongano considerazioni che si rincorrono, si contraddicono cercano di mettere ordine i loro pensieri o forse emozioni. “Fuori o dentro per me è uguale” afferma la giovane Alessia, poi però sottolinea che fuori le piaceva scegliere il cibo, essendo lei vegetariana, e che dentro mangia più volentieri quello che le porta sua zia quando viene a trovarla e poi aggiunge,
come aveva già fatto Sylvie, che alimentarsi con piacere sviluppa le endorfine “che sono anche legate al benessere”, quasi a firmare la nostalgia di emozioni gioiose e complesse.
E
mozioni di certo diverse per Laura, che ribadisce come lei col cibo abbia sempre avuto un pessimo rapporto, tanto che quando è entrata a Rebibbia pesava 48 kg (davvero poco, considerata la sua notevole statura, ndr) e ora la sua dieta preferita è fatta di caffè e un po’ di frutta. Ci risulta però che le
rimanga un desiderio di cioccolata fondente che forse, viene da pensare, possa essere simbolo del bisogno d’affetto secondo la più accreditata delle leggende. E l’affetto è certamente una componente che anche Laura riconosce nel cibo se fra le cose che racconta c’è anche la riconferma di un concetto che già aveva sottolineato, ovvero che per suo figlio si sforzava di cucinare per farlo contento; ed anche per il suo compagno per il quale a ogni ora preparava volentieri spaghetti conditi con aglio e olio.
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differenza di Sylvie, per Sonia il cibo fuori non era tanto importante, mentre dentro sente il desiderio di ritrovare proprio nel cibo i sapori, gli odori, i profumi e forse i colori di casa e, come spiega con una frase che parla da sola “trovare mamma negli alimenti”. E questo desiderio e sentimento si presenta soprattutto la sera, quando il blindo della cella si chiude e la famiglia torna viva nella memoria con la sua carica di vissuto e di affetti.
TORTA DI CARCIOFI di Sonia
Pasta frolla: 500gr farina, 5 cucchiai zucchero, sale qb, 100gr margarina, 3 uova: 2 tuorli e 3 albumi, latte qb. Ripieno: carciofi bolliti e successivamente ripassati in padella con olio e aglio tritato finemente, 100gr parmigiano, 2 uova, mozzarella.
SARDE A BECCAFICO di Cinzia
Sarde, pangrattato, uvetta, foglie d’alloro, olio extra vergine, cipolla. Pulire le sarde e impanarle, soffriggere la cipolla nell’olio cuocervi le sarde aggiungendo l’uvetta e l’alloro.
È
bello sottolineare che quei profumi e colori Sonia li ritrova spesso nelle pietanze che prepara Loredana, la quale trae da queste considerazioni una carica e motivazione di cui c’è sempre bisogno nel fare non solo per sé. Loredana, con un passato da ristoratrice, spiega che “fuori mangiava per vivere, mentre dentro vive per mangiare”, pur non gustando il cibo ma, come anche noi sappiamo, cucinando non solo per sé manicaretti tradizionali e inventati, ricchi di gusto e fantasia. Piatti che Sonia, appunto, gusta come fossero di casa e che, precisa, li apprezza più che come nutrimento come strumento per vivere emozioni profonde che hanno il sapore di casa. Ed è in questo incrocio e intreccio di contraddizioni che un fatto, comunque, si impone: le ricette che girano dentro e che, nei limiti del possibile concesso da strumenti e spazi della prigione, riescono ad essere preparate quotidianamente o per eventi speciali, come i giorni di festa e le visite dei parenti nelle aree verdi. A proposito di feste, più di una volta abbiamo raccolto i racconti e la “gratitudine“ quando, ad esempio in occasione del passato Natale, il famoso cuoco Filippo La Mantia ha cucinato un grande pranzo per tutta la popolazione femminile di Rebibbia, firmando festosamente un giorno importante con menù speciale. Riprendendo il nostro resoconto proponiamo alcune ricette. In prosa, in poesia, coi soli ingredienti o con la procedura da fuori e dentro, sono tutte raccolte fra le detenute e qualcuna è stata loro suggerita da chi, frequentandole, ha imparato a conoscerle.
INSALATA DI GRANCHIO
RISOTTO ALLO ZAFFERANO SECONDO LA ZIA RENATA di René
di Ala
Quattro uova sode, barattolo mais, bastoncini granchio, maionese in tubo, sale e pepe qb, uova e bastoncini tagliati a quadratini, chicchi di mais. Mescolare il tutto e per antipasto mettere su foglia di lattuga.
POLPETTE DI NONNA MARIA di Franca
Carne del brodo, macinare, parmigiano, uovo, besciamella. Fare le polpette, passare in pangrattato e friggere.
Si taglia fine fine una cipolla bianca medio piccola col trita cipolla (altrimenti lacrimano gli occhi), poi si mette a rosolare in un filo d’olio col riso. Quando i due hanno fatto amicizia (e lo si capisce perché hanno perso il pallore iniziale dovuto alla timidezza) si comincia ad aggiungere il brodo di dado che sta a fuoco basso sul fornello del caffè e si gira con calma, con pazienza (come una preghiera che si snocciola sui grani del rosario). A cottura ultimata si spegne la fiamma, si aggiungono zafferano, parmigiano e burro e si da un ultima mescolata prima di coprirlo col coperchio e lasciarlo riposare un attimo. Si serve nei piatti di ceramica coi fiori blu dipinti sui bordi, i piatti spessi e pesanti perché sono quelli da tutti i giorni. Quello venato al centro è il mio.
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SARMALA (INVOLTINI DI VERZA)
SUGO E RIPIENO PER PENNE o RIGATONI AL FORNO
CIAMBELLONE ALLA RICOTTA
Un kg di cipolla, un bicchiere di riso, 3 cubetti di dadi, pepe, 1/2 bottiglia pomodoro, peperoncino, un bicchiere olio d’oliva, sale, verza, alloro per 2kg di carne macinata. Si mescola il tutto, meno pomodoro e alloro, dopo avere tritata finemente la cipolla e si fanno tanti involtini usando le foglie della verza. Gli involtini si mettono a strati nella pentola, coprendo tutto con acqua a livello degli stessi; in ultimo il pomodoro e le foglie di alloro come copertura. Cuocere per circa 2 ore a fuoco basso.
Salcicce disfatte, macinato di manzo, piselli, carota, sedano, cipolla, pomodoro, poco olio e peperoncino. Cuocere il sugo per un’ora a fuoco lento. Poi: uova sode, prosciutto cotto, sottilette, mozzarella, il tutto da fare a cubetti e poi parmigiano. Preparazione: imburrare la teglia mettere la pasta ben condita, dividendo gli strati con gli ingredienti a cubetti. Coprire con sugo residuo e parmigiano, cuocere 30 / 40 minuti al forno.
Ingredienti: 250gr ricotta, 250gr farina, 250gr zucchero, 3 uova, 20gr burro, un bicchiere latte, bustina lievito, buccia limone grattata, vanillina. Preparazione: lavorare uova con zucchero, aggiungere ricotta, il burro, la vanillina, buccia grattata sale e latte. Amalgamare il tutto e aggiungere farina e lievito setacciati; poi in forno a 170°/ 180° per un’ora.
ricetta rumena di Curt Ioana
di Elena
di anomina
DELIZIA POVERA DI CIOCCOLATA POLPETTONCINO DI TONNO
PANZEROTTI DI PATATE di Isabella (universitaria, amica)
di Franca
Tonno, uova, pangrattato, parmigiano, prezzemolo a occhio garantendo un buon amalgama. Incartare in carta d’argento e bollire in acque e aceto.
Ingredienti: 600gr di patate, 100gr pecorino grattugiato, 50gr farina, 2 uova, un mazzetto di prezzemolo, sale e pepe, olio d’oliva, pane grattugiato. Lessare e schiacciare le patate, amalgamare con uova, farina, formaggio, prezzemolo tritato, sale e pepe. Si lavora la pasta con mani inumidite, dando forma di bastoncini, poi passarli nel pangrattato e friggerli in abbondante olio bollente.
Con ciò che c’è, e con quello che non c’è, arrangiarsi va da se! Cerca, fruga, pensa come è vuota la dispensa, ma del dolce non possiamo stare senza Prendi tutti i biscottini, gli avanzi ed i frollini, magari se ci sono, anche i pavesini Nel frattempo migliora il latte del carrello, aggiungi cioccolato e poco zuccherello, prepara un budino sul fornello Se ce l’hai un contenitore, alterna a strati, ogni semplice attore, e fa in modo che sia l’orario del congelatore! Al momento di mangiare spolvera nocciole da granulare poi gusta senza esitare Loredana Ferraro NB: il latte del carrello è quello della colazione; il congelatore va usato a orario
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ALIMENTAZIONE E SALUTE viste da dentro
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pprofondendo il tema dell’alimentazione ci siamo interrogate se sia prevista una collaborazione con i responsabili della sanità e come avvenga. Ne abbiamo parlato con Sandro Libianchi, Responsabile medico Unità Operativa Dipendenze Istituti penitenziari di Rebibbia ed ecco cosa ci ha spiegato. “L’alimentazione nelle carceri italiane è una competenza esclusiva dell’Amministrazione Penitenziaria e per essa, delle Direzioni degli istituti. Il Ministero utilizza le c.d. ‘Tabelle vittuarie’: un elenco di alimenti da fornire durante la giornata, ripartiti in due versioni, una estiva ed una invernale. L’approvvigionamento degli alimenti viene fatto attraverso gare di appalto che forniscono il cibo durante tutto l’anno. La consegna è quotidiana a causa della deperibilità di molti dei prodotti forniti. Nelle tabelle è indicata anche la varianza settimanale dei cibi ed il numero dei pasti che si devono fornire alle persone detenute. Una cura particolare viene applicata nelle strutture penitenziarie che ospitano madri con bimbi di età inferiore ai tre anni nei cosiddetti ‘nidi penitenziari’, quello di Rebibbia è il più grande. I prodotti sono lavorati nelle cucine del penitenziario e consegnati all’interno delle sezioni (non esiste una mensa, se non in rarissimi casi) attraverso carrelli refrigerati o riscaldati. Alcune strutture penitenziarie hanno reso obsolete le cucine (perdendo posti di lavoro retribuiti a detenuti), per avvalersi di catering esterni e realizzando una spesa complessiva minore. Sia che la lavorazione degli alimenti sia esterna che interna in ogni penitenziario viene costituita una ‘commissione vitto’, costituita da un
gruppo di persone (2-4) che ‘testa’ i cibi con cadenze varie e teoricamente casuali, al fine di verificare la bontà del cibo che viene distribuito. In genere questa commissione è costituita da un rappresentante della direzione, da uno o più detenuti e non obbligatoriamente da un sanitario. Le ASL hanno obblighi di vigilanza solo sulle cucine attraverso i servizi di igiene pubblica e laddove identifichino problemi (pavimenti o strutture non a norma, conservazione degli alimenti, rispetto della ‹catena del freddo›, protezione anti insetti e ratti, ecc.) redigono appositi verbali e danno delle prescrizioni alla direzione. Anche i servizi veterinari delle ASL contribuiscono alle verifiche dei prodotti alimentari e, laddove ci siano delle produzioni locali, al loro controllo”.
Abbiamo ancora chiesto come si affrontano i problemi alimentari in caso di malattie come il diabete, le allergie o davanti a particolari scelte culturali, religiose o altro. “Una corretta alimentazione che risponda ad esigenze cliniche di numerose patologie che possono affliggere le persone detenute (uomini
o donne) è una questione che si ripropone spesso, ma non sempre riesce ad avere una risposta adeguata. In particolare, quando il medico ha di fronte uno stato patologico che richiede una gestione del cibo particolare, questi segue alcune direttive che dovrebbero essere il più possibile personalizzate. Nella maggior parte dei casi, il medico redige uno schema dietetico che può essere o di semplici limitazioni in alcuni cibi con indicazioni di sostituzioni o preferenze (ad es. non carni rosse, ma solo quelle bianche e pesce, ecc.) oppure di proibizione assolute o relative (caramelle o dolciumi di fronte ad una patologia diabetica mal controllata). La restrizione più frequente è quella che riguarda il sale nelle persone ipertese o cardiopatiche. Per ciò che attiene a scelte razziali o religiose il problema è forse più semplice perche non passa attraverso una prescrizione medica, ma attraverso eventi organizzativi tra la direzione e la cucina. Esiste il ‘vitto per musulmani’ ecc. In situazione di prescrizioni dietetiche vere e proprie, dopo aver compilato lo schema alimentare, il medico lo fa consegnare in Direzione che o provvede all’acquisto di generi alimentari prescritti oppure da istruzioni alla cucina di ottemperare alla prescrizione per quanto possibile e nei tempi previsti. La verifica si basa quasi esclusivamente su quanto è riportato dalla paziente che ha una scarsa possibilità di verifica sul preparato. La scarsità di personale addetto alla sanità, il basso grado di professionalità specifiche che spesso si riscontra nelle cucine penitenziarie, rende il tema della dietetica in carcere un vulnus della permanenza delle persone detenute nelle carceri”.
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A tutto schermo Cineaste, attrici e condizione femminile alla 68esima edizione del Festival più noto del mondo
CANNES AL FEMMINILE di Elisabetta Colla iraniana Ida Panahandeh, ed Alias María del colombiano José Luis Rugeles Gracia. Di molte altre opere si potrebbe parlare, sulle inquietudini e difficoltà delle donne in India, Corea, Cina e molti altri Paesi.
CAROL
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a 68esima edizione del Festival di Cannes ha tracciato, ancor più che negli ultimi anni, un importante percorso, a tutto tondo, di tematiche al femminile, trattate spesso da cineaste donne o interpretate da attrici di grande spessore, professioniste e non. Fra le pellicole che saranno distribuite in Italia o che saranno visibili in altri Festivala partire dal prossimo autunno, appare importante segnalare quelle da non perdere, data la fuggevolezza con cui spesso opere bellissime passano nelle nostre sale. Sia per quanto concerne i film della Selezione Ufficiale, sia quelli della sezione Un certain renard (che ha vantato Isabella Rossellini come presidente della giuria) e sia, infine, nelle sezioni parallele (Quinzaine des realizateurs e Semaine de la critique), sono state presenti a Cannes, al di là degli eventi modaioli e dei tappeti rossi, questioni di grande rilievo sociale, culturale ed umano sulla condizione delle donne oggi nel mondo. NOIDONNE ha selezionato e recensito brevemente alcune di queste opere, di ambito più ‘occidentale’ quelle tratte dalla Selezione Ufficiale - Carol, di Todd Haynes, tratto da un romanzo di Patricia Highsmith; Mon Roi, firmato dalla regista francese Maïwenn e Marguerite et Julien, diretto da Valérie Donzelli - e con uno sguardo più internazionale quelle scelte da Un certain régard, come Las elegidas, di David Pablos; Nahid, della regista
Nella New York degli anni ’50, Therese (Rooney Mara ha vinto, per questa interpretazione, la Palma d’Oro, in ex-aequo, come miglior attrice), una giovane impiegata ai grandi magazzini di Manhattan, conosce Carol, donna seducente prigioniera di un matrimonio infelice (la sempre grande Cate Blanchett): a poco a poco le due donne, la cui amicizia si trasforma in un sentimento profondo, si troveranno schiacciate fra le condizioni sociali e la loro attrazione fatale. Elegante storia lesbo nella perbenista America degli anni ’50.
MON ROI Già vincitrice a Cannes 2011 del Gran Prix della Giuria con il film Polisse, la poliedrica autrice e regista Maïwenn torna con una storia d’amore e di crisi, raccontata dal punto di vista della donna. Tony (Emmanuelle Bercotè vincitrice del Premio come miglior attrice, assegnato ex-aequo), nel corso di una lunga degenza in ospedale, ripensa a come abbia potuto accettare lo spaventoso egoismo del marito George (nel ruolo Vincent Cassel) ed a come le cose possano cambiare in modo rovinoso. Dettagli psicologici e descrizioni accurate in cui molte donne si riconosceranno e che a molti uomini non piaceranno affatto.
Marguerite et Julien Liberamente ispirato alla vera storia di Marguerite e Julien de Ravalet - fratello e sorella legatissimi e poi innamorati, figli di Jean
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La Squola di Babele La regista Julie Bertuccelli firma il suo nuovo documentario sull’integrazione scolastica in Francia
III de Ravalet, signore di Tourlaville, il film della regista francese Valérie Donzelli, incentrato di fatto sullo scabroso argomento dell’incesto, tocca in realtà molti altri temi a lei cari: l’amore impossibile, la fusione, l’idea dell’amore come malattia o come destino, la libertà di scelta e le sue conseguenze, le convenzioni sociali. Trattato con la sua consueta libertà, fantasia e stile personalissimo, il film (già scritto negli anni Settanta per Truffaut), mescola epoche e luoghi, per rendere il dramma universale.
Nahid
U
n gruppo di vitalissimi adolescenti appena giunti in Francia da ogni parte del mondo (Senegal, Tunisia, Brasile, Cina, Irlanda, Costa d’Avorio) e le loro difficoltà, sogni e contraddizioni, spesso non ben supportati da un mondo di adulti poco assennati, sono al centro del docu-film intitolato La Squola di Babele, di Julie Bertuccelli, cineasta francese di evidenti origini italiche come ha ricordato lei stessa nel corso della presentazione del film al Festival Rendez-Vous 2015, dedicato al cinema contemporaneo francese. La Bertuccelli, con un passato da aiuto regista di nomi quali Iosseliani, Kieslowski, Taverniere Rithy Panh, muove con discrezione la macchina da presa in classe, dove una bravissima insegnante, Brigitte Cervoni (ce ne fossero!..), si adopera, con una didattica intelligente e finalizzata, per promuovere l’integrazione fra un caleidoscopio di lingue, etnie e culture. La cour de Babel (questo il titolo originale del documentario) è il cortile di una scuola parigina, dove 24 studenti di nazionalità diverse e di età compresa tra gli undici e i quindici anni passeranno insieme il loro primo anno in Francia in una delle cosiddette “classi d’accoglienza”, istituite per far fronte alle complesse sfide educative poste dal fenomeno epocale dell’immigrazione, presente qui storicamente ben prima che in Italia. Una visione “entre les murs” senza pregiudizi, che ci lascia con un forte messaggio di speranza e fiducia. E. C.
La giovane e penetrante regista iraniana Ida Panahandeh (36 anni) presenta a Cannes il suo primo, promettente lungometraggio: nell’Iran moderno, in una piccola città vicina al Mar Caspio, Nahid vive la lacerazione di una donna divorziata cui eccezionalmente - poiché la legge in caso di divorzio prevede l’affido dei figli al padre - è stato concesso l’affidamento del figlio di 10 anni, Amir Reza, a condizione di non risposarsi mai. Ma quando l’amore arriva nei panni del ricco vedovo Massoud, la violenza dell’ex-marito si scatena. La lotta emotiva fra amore materno e passione amorosa, la sofferenza personale e le difficoltà sociali, legali e familiari non sono dissimili da quelle evidenziate nel film iraniano ‘Una separazione’di Asghar Farhadi, Orso d’Oro a Berlino e premio Oscar per il miglior film straniero 2012.
Alias MarÍa L’orrore e la disumanità del conflitto armato che da oltre 40 anni affliggono la Colombia vengono raccontati, nel film ‘Alias Maria’, di José Luis Rugeles, attraverso gli occhi e la storia di una ragazzina-soldato - nome di combattimento Maria - la cui esistenza è stata rubata all’infanzia e sfruttata come forza lavoro, così come quella di tanti bambini e ragazzi soldato reclutati nella guerra civile, a servizio di adulti senza scrupoli. Il film si concentra sul dramma personale delle donne e ragazze di un campo base fra i tanti disseminati nella foresta: chi rimane incinta, infatti, è costretta ad abortire ma Maria nasconde la sua gravidanza e cerca con tutte le forze una via d’uscita al claustrofobico mondo militare, di ogni fazione, che non risparmia nessuno.
Las elegidas Dramma senza appello, firmato da David Pablos, nel Messico della tristemente nota Tijuana, luogo di confine ed aberrazioni indicibili, il film racconta le nuove modalità, utilizzate da bande di criminali locali, usate per adescare ragazze ‘normali’ed avviarle verso un incubo senza fine, forzate alla prostituzione: nelle prime scene due adolescenti, Ulises e Sofia, sembrano innamorati e consapevoli del loro primo rapporto sessuale, ma presto lui fa conoscere la ragazza alla sua ‘famiglia’, che le tende una trappola segregandola ed avviandola ‘alla vita’ tra botte e stupri. La tragedia delle due vittime - lo è anche il giovane carnefice, ricattato dal padre/patriarca - nutre il lusso e la tranquillità quotidiana di chi rappresenta il male assoluto. b
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LEGGERE L’ALBERO DI BRUNA BALDASSARRE
VIVERE LA SEPARAZIONE
DONNE
E CONSUMI di Viola Conti
OMBRELLONI ‘CALDI’ AUMENTI E OFFERTE SPECIALI
Cara Bruna, sono uno studente universitario di Scienze e Tecniche Psicologiche. Ho vent’anni e mi sento perso. Sto vivendo una separazione non voluta dal mio primo amore. So ciò che è giusto fare ma non ci riesco perché vivo un grande conflitto. Vorrei essere diverso e non sentire tanta rabbia. Che ne pensi? Andrea Carissimo Andrea, nella fase del primo amore ‘L’anima sboccia nel Tu’ e si vive così dall’interno verso l’esterno. Come si vive la vita, in questa fase, non dipende dal significato obiettivo della realtà ma dall’esperienza soggettiva di essa. La separazione, non soltanto blocca momentaneamente un flusso vitale, ma agisce da freno nella delicatissima ricerca del Sé e del valore di se stessi. La cessazione del rapporto significa anche la perdita di un’idealizzazione della compagna, con tutte le qualità che si potevano vedere soltanto in lei. La parte più difficile è riprendersi quelle qualità che molto spesso non appartengono obiettivamente all’altro ma a se stessi come risultato di semplici meccanismi proiettivi. Questo spiega il motivo della difficoltà di uscirne bene e presto. Per aiutarsi occorre l’immagine goethiana del viaggio, nel senso che non si dovrebbe viaggiare solo per arrivare ma per vivere nel viaggio A vent’anni le aspirazioni non sono solo la sublimazione di impulsi biologici, ma forze incentrate su se stesse, che portano già al bisogno di vedere se stessi in uno sviluppo che abbracci l’intero arco della vita. In questo periodo nasce un mondo interiore dove certi impulsi del corpo sono soltanto un fatto tra tanti. Iniziano a manifestarsi gli obiettivi verso il sociale, verso il mondo esterno attraverso un’autentica realizzazione di sé, e quando l’Io si rivolge verso l’esterno in modo attivo, esso si esprime con la creatività. Ti aspetta un cammino colmo di sorprese, di emozioni e soprattutto di pazienza! Il tuo albero ci dice che sei un giovane equilibrato, che sta attraversando un momento regressivo. Nel tronco sono scritti i tuoi momenti difficili della vita: a tre anni e mezzo, 8 e 18, ma soprattutto c’è come l’immagine ‘protetta’ del tuo bambino interiore, un alberello essenziale, ricco di contenuti ma solo, che aspetta la linfa vitale per uscire dal suo guscio Nella parte sociale dell’albero, quella della chioma, ci sono dei rami a forma di monconi, che rappresentano sempre un trauma, una sofferenza. Si tratta di traumi ricollegabili al passato, al vissuto di perdite subite da un punto di vista psichico. Caro Andrea, le prove della vita, come una separazione, ci fanno soffrire anche e soprattutto per la valenza che assumono rispetto a vissuti simili ricollegabili al passato, come ad esempio la separazione dei genitori, o il vissuto di assenza di uno dei due. La non pacificazione con la realtà dipende spesso da ferite del passato, che chiedono inconsciamente una soluzione possibilmente rapida per agire armonicamente nella realizzazione di sé e nella vita sociale.
C
on l’arrivo del bel tempo iniziano a popolarsi spiagge e lidi. Come ogni anno, in questa occasione, l’Onf - Osservatorio Nazionale Federconsumatori - aggiorna il monitoraggio sui costi dei servizi balneari. Dai primi dati si conferma che la crisi e il forte calo delle presenze nel settore turistico hanno determinato un aumento estremamente contenuto dei costi relativi agli stabilimenti balneari. Si registra, nel 2015, un aumento del +1,2%. A crescere maggiormente sono i costi dell’abbonamento giornaliero, perché decisamente più gettonato rispetto a quello mensile e stagionale.Non mancano le idee e le offerte per incentivare le presenze. Sconti famiglie, lettino a tempo, ombrellone condiviso tra più famiglie (in genere si concorda una turnazione oraria), cabina “in condominio” (divisa tra più famiglie), happy hour (per chi si reca in spiaggia nelle ore “meno battute”, in genere dopo le 14:00-15:00), promozioni all’insegna dell’ambiente con sconti per chi raggiunge la spiaggia in treno o in pullman o, ancora, tariffe scontate (- 15%) per chi prenota l’ombrellone su internet. Novità che ha preso piede già dallo scorso anno è “il sole a ore”: un pacchetto a ore con lettino. All’ingresso viene registrato l’orario di entrata e l’orario di uscita, fino a esaurimento del proprio montante orario a disposizione. Non mancano poi i servizi innovativi, lettini superaccessoriati, tende e gazebo, lettoni da 2 posti. Per chi, invece, preferisce la spiaggia libera, si ricorda che chi è di passaggio non è in alcun modo tenuto a pagare l’ingresso agli stabilimenti. Anzi, gli utenti ai quali venga richiesto, sono invitati ad opporsi al pagamento e a segnalarlo.
Luglio-Agosto 2015
L’OROSCOPO DI
PREDIZIONI SEMI-SERIE E PRONOSTICI POSSIBILI
Luglio-Agosto CARA ARIETE, con Venere così splendente nel tuo segno, potresti avere un’estate molto intensa dal punto di vista amicale e sentimentale. Un po’ sfacciatamente, ti consiglio di non arrovellarti troppo sulla profondità e sulla durata degli incontri che farai. Ti dedico piuttosto queste parole del grande poeta Umberto Saba: “Durano sì certe amorose intese quanto una vita e più; io so un amore che ha durato un mese, e vero amore fu”. CARA TORO, a Venezia lo scorso maggio è stata inaugurata una mostra di fotografie sulle tavolozze dei pittori. Ebbene sì: non sui quadri, ma sulle tavolozze, che riflettono in modo sorprendente il modo di dipingere dei loro proprietari. Conoscendo il tuo segno, questo “doppio” concreto e materiale del quadro ti dovrebbe piacere. Il mio consiglio: prova a dare spazio nella tua vita a una dimensione che possa essere concreta e insieme fantasiosa e originale. CARA GEMELLI, ha scritto Roland Barthes che “la letteratura non permette di camminare, ma permette di respirare”. La penso come lui: c’è proprio bisogno di un po’ di invenzione, di creatività, insomma di respiro, nelle nostre vite e, se sei una tipica rappresentante del segno, specialmente nella tua... Approfitta di questi mesi estivi, con un fantastico Mercurio a vegliare su di te, per introdurre nella tua routine qualche nuovo elemento, il più arioso e immaginativo possibile... CARA CANCRO, nel libro Il paese dei coppoloni Vinicio Capossela definisce l’orologio rotto di un paese di cui si racconta nel romanzo un “riparo dalla dittatura dell’attualità”. L’attualità, dandoci l’illusione di essere nella storia, in realtà può a volte precludercela, argomenta l’autore, poiché non ci permette di pensare al passato. So che ti spingo sempre ad abbandonare il tuo atteggiamento nostalgico per guardare avanti, ma per una volta ti do ragione: basta con questa dittatura del presente!
CARA LEONE, l’antropologo Franco La Cecla ha scritto un libro dal titolo Contro l’urbanistica, in cui auspica una scienza urbana più democratica, che risponda alla domanda di spazio pubblico anche da parte degli ultimi movimenti di protesta. E tu? Come sono in questo momento i luoghi in cui si svolge la tua esistenza? Li senti sufficientemente tuoi? Approfitta dell’estate per ripensare i tuoi spazi e la tua libertà! Non c’è bisogno che io citi Una stanza tutta per sé della grande Virginia, giusto? Oppure sì? CARA VERGINE, secondo alcuni studi la famiglia degli ominidi, di cui fa parte anche il genere Homo (cioè noi!) ha imparato a costruire piattaforme sugli alberi dai 18 ai 14 milioni di anni fa. Da questo cambiamento, che gli ha permesso di dormire meglio, deriverebbe un grande miglioramento nelle sue capacità cognitive. Questo sarebbe il motivo della differenza tra la memoria negli oranghi, che dormono comodi, e i babbuini, che dormono seduti sui rami. Cosa ti voglio comunicare? Che hai bisogno di riposo! CARA BILANCIA, nel 1999 la critica d’arte Rosalind Krauss ha avuto un aneurisma con conseguenze gravi, per fortuna solo temporanee. Dopo la malattia, ha scritto un libro in cui si indaga il tema della memoria, dal titolo Sotto la tazza blu, una delle frasi che ha dovuto reimparare a pronunciare durante la sua riabilitazione. Potresti ritrovare qualcosa che avevi perso, nel corso di questa estate, e ti sembrerà molto più importante e più dolce di prima. CARA SCORPIONE, nel corso di questa primavera potresti aver avuto momenti un po’ difficili, già superati, probabilmente, a partire dal mese di maggio. Per il periodo di luglio e di agosto, sostenuto dalla buona influenza di Marte e di Mercurio, ti propongo allora di riflettere su quanto di bello e significativo le difficoltà attraversate ti hanno lasciato. E lo faccio con queste parole del grande poeta William Blake: “Sotto ogni dolore e pena/scorre una gioia con setoso nodo”. Buona estate!
CARA SAGITTARIO, nel suo libro Tu che mi guardi, tu che mi racconti, la filosofia Adriana Cavarero propone l’idea della narrazione come ricerca della propria identità da parte del soggetto. L’autrice si riferisce soprattutto a tre tipi di racconto: i rapporti d’amore, l’amicizia tra donne e la pratica dell’autocoscienza. Che tu senta di aver trovato la tua identità o meno, ti propongo di sviluppare le tue capacità narrative, nel corso di questa bella estate, nelle forme che più preferisci... CARA CAPRICORNO, nel romanzo Senza pietà la grande scrittrice di gialli (anzi, la grande scrittrice e basta) Patricia Highsmith racconta di un uomo che immagina – immagina soltanto – di uccidere la moglie, in realtà partita per un viaggio. La forza delle sue fantasie attirerà gli sguardi di amici e vicini, che si convinceranno della sua colpevolezza. Cara amica dal segno terrestre, avrai una piacevole estate, ed io ti invito a riflettere sul potere dell’immaginazione... CARA ACQUARIO, durante il film del 1928 La passione di Giovanna d’Arco, capolavoro del regista danese Dreyer, in alcuni fotogrammi compare una mosca, che si posa sul viso della protagonista. Dreyer, anni dopo, ha raccontato di avere lasciato volontariamente quelle inquadrature nel montaggio, come emblema di ciò che, imprevedibile e contingente, non possiamo eliminare né dal cinema né dalla nostra esistenza. Soprattutto agosto potrebbe essere un mese importante, utile per fare spazio a qualcosa di inaspettato... CARA PESCI, “l’identità in sé è uno strano affare!”, ha esclamato una volta il regista americano David Lynch, autore di film affascinanti e dalle trame paradossali come Mulholland drive o Inland empire. La tua emotività lunare e piuttosto tenera può nascondere ai più il fatto che anche tu sei un segno doppio, capace di trasformazioni e di stati d’animo molteplici. Sperimenta pure le tue diverse identità nel corso dell’estate, che inizia senza nemmeno una stella che non ti sia favorevole...
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MARIA ZIMOTTI
PARADISO PERDUTO Versi che hanno la forza di uno schiaffo e la leggerezza di una carezza di Luca Benassi
“I
l paradiso perduto” è l’ultima opera di Maria Zimotti, di prossima pubblicazione per Il papavero edizioni di Avellino, che della stessa autrice aveva già pubblicato nella collana Quaderni d’Autore “La ragazza facile”, nel 2012. “Il paradiso perduto” è un libro compatto, che in una cinquantina di testi racconta una dimensione postuma dell’esistenza nella quale, tuttavia, è possibile trovare il senso del futuro e della crescita. Il nocciolo di questi versi, infatti, è da trovarsi proprio nel titolo, suggestivo nei suoi echi romantici: Zimotti narra di un paradiso irrimediabilmente perduto, quello della terra di origine (la poetessa, che vive in provincia di Milano, è nata nel Gargano) e di una realtà domestica, ormai finita. Vita coniugale e viaggio verso Sud si specchiano l’una nell’altro, sono metafora di una tensione che non prevede soluzione né quiete, ma onde di un
ritorno che, sulla spiaggia della vita, spezzano e frantumano l’esistere. In particolare, il Sud di Zimotti è un luogo edenico, primordiale, nel quale trovare l’origine di ogni cosa, della natura, della bellezza, dell’amore come della storia. Allo stesso tempo è un luogo dell’abbandono, al quale si ritorna per le feste, ma che presto si deve abbandonare per tornare alle fatiche del quotidiano. Anche la vicenda amorosa ha un suo arco, un suo inizio e un’inevitabile fine, un percorso da affrontare con la stessa forza e la stessa caparbietà che è necessario avere sui viadotti autostradali che portano al Sud. In questa dimensione invano si cercheranno i sentimenti della rabbia e del rancore; vi è invece una tragica ma profonda consapevolezza dell’inevitabilità dei casi della vita, dove all’amore succede l’abbandono, per poi poter ricominciare nuovamente. Se indubitabilmente questo è un libro della perdita, non c’è dubbio che in ogni fine è da trovare la possibilità di un nuovo inizio e, come al Sud sempre si ritorna a ogni nuova estate, allo stesso modo la vita si rinnova, offrendo nuove possibilità. Allora questi diventano i versi della voglia di ricominciare, della consapevolezza che nei figli - che acquistano un ruolo sempre crescente nello sviluppo della raccolta - è da trovare il seme del futuro e della vita. Non è un caso che questo sia un libro aperto, senza una conclusione lapidaria e definitiva, come è testimoniato dalla poesia di chiusura che reca il titolo “to be continued” (“continua” in italiano). Questa forza di vivere, che gemma e cresce nella raccolta, è sorretta da una versificazione matura e controllata negli esiti stilistici, a tratti dura e affilata, ma sempre dotata di una sua peculiare dolcezza. Zimotti sa affascinare e colpire, e i suoi versi si imprimono nella memoria con la forza di uno schiaffo e la leggerezza di una carezza.
Quattro Nel cuore dell’Appennino e della memoria lo sguardo della donna insegue il paradiso perduto Erano in quattro In un pomeriggio di festa lucido di sole l’ auto serena scivolava Quattro, inscindibili, uniti dal momento perfetto presagio preludio della famiglia prima della fine Il viaggio Guido io e mi sembra di poterlo fare per sempre nel solito viaggio verso sud Del tuo viso al mio fianco ho visto i mutamenti le rughe infittirsi nel corso degli anni come i raccordi autostradali Non mi stanco mai di guidare e mi illudo di aver vinto il tuo cuore come ho vinto la vertigine dei viadotti Rifarsi una vita Sto ancora cercando la chiave che dia il senso a questa frase che senso non ha Chi vuole rifarsi una vita gesticola molto ostenta una luce spavalda e disperata negli occhi Le ali che mi trascino sono pesanti memorie che non fanno più male ed io la mia vita la voglio rifare dal minuto prima in cui ti ho detto di andare
COOPERATIVA LIBERA STAMPA
Sede in Via della Lungara, 19 - 00165 Roma (RM) Bilancio al 31/12/2014 (forma abbreviata) STATO PATRIMONIALE ATTIVO 31/12/2014 31/12/2013 A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (di cui già richiamati) B) Immobilizzazioni I. Immateriali - (Materiali) II. Valore lordo 11.562 10.308 - (Ammortamenti) (9.989) (9.736) - (Svalutazioni) Totale immobilizzazioni materiali 1.573 572 III. Finanziarie - (Svalutazioni) Totale immobilizzazioni (B) C) Attivo circolante I. Totale II. Crediti - esigibili entro 12 mesi - esigibili oltre 12 mesi
187.514
187.493
189.087
188.065
3.520
3.600
57.330
87.574
Totale Crediti con separata indicazione per ciascuna voce… IV. Disponibilità liquide Totale attivo circolante (C)
57.330 72.958 133.808
87.574 127.907 219.081
D) Ratei e risconti (D)
6.544
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TOTALE ATTIVO
329.439
407.662
STATO PATRIMONIALE PASSIVO 31/12/2014 A) Patrimonio netto I. Capitale 2.500 IV. Riserva legale 8.931 VII. Altre riserve -- Riserva straordinaria o facoltativa -- Differenza da arrotondamento all’unità di Euro Totale riserve VIII. Utili (perdite) portati a nuovo -- IX. utile d’esercizio IX. Perdita d’esercizio 7.007 Acconti su dividenti ( ) Totale patrimonio netto 18.438
31/12/2013 2.500 9.699 -9.749 26.249
(27.018) ( ) 11.430
B. Fondi per rischi e oneri C. Trattamento fine rapporto di lavoro subordinato
31.163
26.919
D. debiti - entro l’esercizio 245.208 - oltre l’esercizio 34.630 Totale Debiti con separata indicazione per ciascuna voce… 279.838
337.183 32.130 369.313
TOTALE PASSIVO
407.662
329.439
CONTO ECONOMICO 31/12/2014 31/12/2013 A) Valore della produzione 1) Ricavi delle vendite delle prestazioni 94.209 64.782 2) Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione: 5) Altri ricavi e provenienti 30.241 50.446 Totale valore della produzione B) Costi della produzione 6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 7) Per servizi 8) Per godimento di beni terzi 9) Per il personale a) Salari e stipendi b) Oneri sociali c) Trattamento di fine rapporto Totale per il personale
124.450
115.228
24.899 84.896 8.838
18.549 60.545 4.000
44.173 12.779 4.289 61.241
39.056 9.337 3.033 51.426
10) Ammortamenti e svalutazioni 252 b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali Totale ammortamento e svalutazioni 11) Variazioni delle rimanenze di materie prime,sussidiarie, di consumo e merci 80 14) Oneri diversi di gestione 3.997 Totale costi della produzione 184.203
64
Differenza tra valore e costi di produzione (A-B)
(59.753)
(25.053)
C) Proventi e oneri finanziari 15) Proventi da partecipazioni: -altri
216
339
16) Altri proventi finanziari: -altri Totale altri proventi finanziari 216
(840) 6.537 140.281
339
17) Interessi e altri oneri finanziari: -altri
156
180
Totale proventi e oneri finanziari
60
159
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie 18) Partecipazioni
3
Totale rettifiche di valore di attività finanziarie
3
E) Proventi e oneri straordinari 20) Altri 21) Minusvalenze 22) Altri Totale Totale delle partite straordinarie Risultato prima delle imposte 22) Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate
90.861 1.034 20.503 21.537 69.324 9.634 2.627
2.277 4.401
7.007
(27.018)
23) Utile (Perdita) dell’esercizio Il presente bilancio corrisponde alle risultanze contabili. Da pubblicare ai sensi dell’art.1, comma 23, del decreto legge 23 ottobre 1996, n.545, convertito con legge 23 dicembre 1996, n.650. RICAVI DELLE VENDITE E DELLE PRESTAZIONI Ricavi delle vendite di copie di cui per abbonamenti Ricavi delle vendite per spazi pubblicitari e redazionali di cui per la vendita tramite concessione di pubblicità
39.375 39.375 19.279 ------------
COSTI PER SERVIZI Lavorazioni presso terzi Agenzie di informazione
18.155 ------------
Presidente del Consiglio di Amministrazione MARIA COSTANZA FANELLI
(2.124) (27.018)
LUGLIO / AGOSTO 2015
SALUTE
INFORMAZIONE SINERGIE DONNE IN CAMPO / SPECIALE EXPO L’AGRICOLTURA DEL FUTURO LA SFIDA ETICA I GIOVANI, LE DONNE E L’INNOVAZIONE IMPRENDITRICI IN CRESCITA VANDANA SHIVA E LA CERIMONIA DEI SEMI LA SOVRANITÀ ALIMENTARE GLI AGRINIDI prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 70 - n.07–08 ISSN 0029-0920
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BIOETICA
LA LEGGE SUI REATI AMBIENTALI
26/06/15 07.42