Nd lug agos 2013

Page 1

LUGLIO AGOSTO | 2013 ANGELINA JOLIE LA SCELTA ESTREMA MINISTRA CÉCILE KYENGE ‘INDIETRO NON SI TORNA’ SNOQ SARÀ NUOVA VITA?

ULTRACORPI prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 68 - n.07-08 Contiene supplemento ISSN 0029-0920

C M Y K

Cover Noi Donne DIGIT.job_1_A_Process Black Cyan Magenta Yellow


Il volume racchiude diversi contributi tesi a individuare nuovi strumenti di analisi e di contrasto di un fenomeno cosĂŹ drammaticamente complesso

Cover Noi Donne DIGIT.job_1_B_Process Black Cyan Magenta Yellow

C M Y K


Luglio - Agosto 2013

DELFINA

di Cristina Gentile

1


www.noidonne.org

SOMMARIO

10

01 / DELFINA di Cristina Gentile 03 / EDITORIALE di Tiziana Bartolini

4/7 ATTUALITÀ 04 I GELSOMINI NON PROFUMANO PIÙ, LE SCONFITTE DEI DEMOCRATICI NEL MONDO ARABO di Giancarla Codrignani 06 TORNA L’ABORTO CLANDESTINO GLI OBIETTORI E LA LEGGE 194 di Stefania Friggeri

8/10 BIOETICA

15

24 CIA / DONNE IN CAMPO GIOVANI AGRICOLTRICI: LA FAMIGLIA FA DA BANCA

15 PALPABILI MITOLOGIE CONVERSAZIONE CON ROBERTO MUSSAPI di Marina Caleffi

25 DALL’UFFICIO ALLA TERRA: LA STORIA DI CHIARA INNOCENTI

26/27 EMILIA ROMAGNA

16/21 INTRECCI 16 PAUSE DI STUDIO LE SCUOLE ESTIVE DELLE DONNE: LECCE, VITERBO, FIRENZE di Maria Fabbricatore 18 SNOQ, SARÀ NUOVA VITA? di Vanna Palumbo

I SENI DI ANGELINA E L’INCERTEZZA DELLA VITA di Giorgio Macellari

10/15 FOCUS/ ULTRACORPI

20 STRANIERI D’ITALIA: NON SI TORNA INDIETRO INTERVISTA ALLA MINISTRA CÉCILE KYENGE di Gianguido PAGI Palumbo

22/25 JOB&JOB

12 IDENTITÀ E TRASFORMAZIONI INTERVISTA A MICHELA MARZANO di Silvia Vaccaro

22 LEGACOOP: DONNE E SUD INTERVISTA A DORA IACOBELLI di Tiziana Bartolini

Mensile di politica, cultura e attualità fondato nel 1944

DIRETTORA Tiziana Bartolini

Anno 68 - numero 07/08 Luglio/Agosto 2013

EDITORE Cooperativa Libera Stampa a.r.l. Via della Lungara, 19 - 00165 Roma

Autorizzazione Tribunale di Roma n°360 del Registro della Stampa 18/03/1949 Poste Italiane S.p.A. Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 DCB Roma prezzo sostenitore 3.00 euro Filiale di Roma

PRESIDENTE Isa Ferraguti

La testata fruisce dei contributi di cui alla legge n.250 del 7/8/90

30

14 LA BALLATA DELLE ONCORESISTENTI RACCONTO TRAGICO, CON IRONIA Maria Grazia Poluzzi

19 SNOQ SANITÀ di Tiziana Bartolini

10 PSICOTERAPIA PER DARE UN TAGLIO AL CANCRO ? di Fabiola Fortuna

LUGLIO / AGOSTO 2013 RUBRICHE

STAMPA S.UP.E.MA. srl Via Trapani, 2 - 00041 Pavona (Roma) tel. 06.9314578 fax 06.9315044 SUPERVISIONE Elisa Serra - terragaia.elisa@gmail.com ABBONAMENTI Rinaldo - mob. 338 9452935 redazione@noidonne.org

28 /35 MONDI 28 ROMANIA /NARRATIVA CONTEMPORANEA ROMENA di Cristina Carpinelli

38

36 I LABIRINTI DEL MALE/ R. DIAZ E L.GAROFALO 36 CASTEL VOLTURNO / LOTTA ALLA CAMORRA di Isa Ferraguti 37 LA DANZA DEL SÉ / LUCIANA VASILE di Catia Iori

30 ECUADOR. LE DONNE COFÀN ECOTURIMO E TUTELA AMBIENTALE di Maria Elisa Di Pietro

38 FONDAZIONE CERRATELLI LA MERAVIGLIA È UN’ARTE. INEFFABILE. di Marina Caleffi

32 TUNISIA. LA RIVOLUZIONE CONFISCATA di Marcella Rodino

41 FRAMMENTI DI STORIE DA SAN VITTORE di Paola Bentivegna di Antonella Prota Giurleo

35 CUBA. IRRESISTIBILE ASCESA INTERVISTA A IVIS FERNÁNDEZ PEÑA di Elisabetta Colla

36/47 APPRODI

42 LA VIE D’ADÈLE - CHAPITRE 1 & 2 / ABDELLATIF KECHICHE UN CHÂTEAU EN ITALIE / VALERIA BRUNI TEDESCHI di Elisabetta Colla

36 LIBRI FRATENITÀ / MARIA ROSARIA MANIERI di Marina Caleffi

44 GINO DONÉ: L’ITALIANO DEL GRAMMA / KATIA SASSONI di Elisabetta Colla

AMICHE E AMICI DEL PROGETTO NOIDONNE Laura Balbo Luisella Battaglia Francesca Brezzi Rita Capponi Giancarla Codrignani Maria Rosa Cutrufelli Giuliana Dal Pozzo Anna Finocchiaro Carlo Flamigni Umberto Galimberti Lilli Gruber Ela Mascia Elena Marinucci Luisa Morgantini Elena Paciotti Marina Piazza Margherita Hack

Marisa Rodano Gianna Schelotto Clara Sereni Michele Serra Nicola Tranfaglia Ringraziamo chi ha già aderito al nuovo progetto, continuiamo ad accogliere adesioni e lavoriamo per delineare una sua più formale definizione L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o cancellazione contattando la redazione di noidonne (redazione@noidonne.org). Le informazioni custodite nell’archivio non saranno né comunicate né diffuse e verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati il giornale ed eventuali vantaggiose proposte commerciali correlate. (L.196/03)

RINGRAZIAMO LE AMICHE E GLI AMICI CHE GENEROSAMENTE QUESTO MESE HANNO COLLABORATO

Daniela Angelucci Bruna Baldassarre Tiziana Bartolini Luca Benassi Paola Bentivegna Barbara Bruni Marina Caleffi Cristina Carpinelli Alida Castelli Giancarla Codrignani Elisabetta Colla

05 le idee di Catia Iori 07 Salute BeneComune di Michele Grandolfo 09 il filo verde di Barbara Bruni 23 note ai margini di Alida Castelli 25 strategie private di Cristina Melchiorri 44 leggere l’albero di Bruna Baldassarre 45 spigolando di Paola Ortensi 46 donne e consumi di Viola Conti 46 famiglia, sentiamo l’avvocata di Simona Napolitani 47 L’OROSCOPO DI ZOE 48 POESIA Laura Corraducci La frontiera della parola di Luca Benassi

Viola Conti Palma Costi Maria Elisa Di Pietro Maria Fabbricatore Isa Ferraguti Stefania Friggeri Fabiola Fortuna Cristina Gentile Michele Grandolfo Catia Iori Giorgio Macellari Cristina Melchiorri Roberta Mori Simona Napolitani Paola Ortensi Gianguido PAGI Palumbo

Vanna Palumbo Antonella Prota Giurleo Marcella Rodino Silvia Vaccaro

‘noidonne’ è disponibile nelle librerie Feltrinelli ANCONA - Corso Garibaldi, 35 • BARI - Via Melo da Bari 117-119 • BOLOGNA - Piazza Galvani, 1/h • BOLOGNA - Via Dei Mille, 12/a-b-c • BOLOGNA - Piazza Porta Ravegnana, 1 FIRENZE - Via dei Cerretani, 30-32/r • MILANO - Via Manzoni, 12 • MILANO - Corso Buenos Aires, 33 • MILANO - Via Ugo Foscolo, 1-3 • NAPOLI - Via Santa Caterina a Chiaia, 23 PARMA - Via della Repubblica, 2 • PERUGIA - Corso Vannucci, 78 - 82 • ROMA - Centro Com.le - Galleria Colonna 31-35 • ROMA - Via Vittorio E. Orlando, 78-81 • TORINO - Piazza Castello, 19


Luglio-Agosto 2013

TuTTi i limiTi della prevenzione

P

revenire è meglio che combattere. Come non essere d’accordo? Anni di campagne informative hanno puntato ad un’educazione di ampio respiro affinché i soggetti a rischio imparassero a riconoscersi come tali, sviluppando capacità di autoosservazione. Messi al bando, dunque, l’obesità, il fumo o la cattiva alimentazione, l’obiettivo condiviso è stato quello di indirizzarsi verso stili di vita all’insegna delle buone abitudini. L’idea di prevenzione si è inscritta in un ambito di ragionevolezza che non escludeva l’eventualità di potersi, comunque, ammalare. Oggi il tema è la declinazione di quel pre-venire, l’interpretazione che si da all’inter-venire prima della malattia, tempi e strumenti compresi. La scelta della star internazionale Angelina Jolie di sottoporsi ad una doppia mastectomia per diminuire - ma non azzerare - le possibilità di avere il cancro ha ottenuto l’effetto voluto: far esplodere il dibattito sulla validità e opportunità della chirurgia preventiva. Cure sicure per il cancro non ce ne sono e quindi si amputa, quando ancora si è in salute, l’organo o la parte del corpo statisticamente a rischio. Si tratta di una scelta enorme, senza possibilità di ritorno e potenzialmente devastante, ma che si pone nel ventaglio delle possibilità a disposizione e con la quale dobbiamo fare i conti. La partita è aperta e le reazioni sono le più disparate: da chi condivide la scelta della Jolie a chi non la farebbe mai a chi addirittura la vieterebbe (vedi sul tema il sondaggio nel sito di NOIDONNE a pag: http:// www.noidonne.org/sondaggio.php?ID=00096). Il punto è che oggi approfondite conoscenze mediche e della genetica riescono a nominare nuove patologie e ad individuare processi e meccanismi in dimensioni sempre più infinitesimali del nostro organismo. Ma questi livelli scientifici non corrispondono - non ancora e non necessariamente - alla possibilità di trovare cure o rimedi atti a sconfiggere le malattie. Siamo, sembra, in una terra di mezzo in cui le potenzialità tecnico-scientifiche sono molte e ci mettono nella condizione di sapere dettagli destabilizzanti, come quello di avere scritto un tumore nel patrimonio genetico. Questo

livello di conoscenza non riesce ad offrire prospettive di cura ma in compenso genera aspettative che sono destinate a rimanere deluse per un tempo non definito o definibile. Sembriamo quindi condannati a gestire la patologia quando è diagnosticata, ma - paradossalmente - a vivere con analoga preoccupazione anche la sua potenziale insorgenza. Siamo solo apparentemente senza vie d’uscita. Nel confine che intercorre tra la possibilità di ammalarsi e la fiducia nella scienza si apre lo spazio della coscienza individuale e delle scelte personali dove hanno un ruolo decisivo il singolo patrimonio culturale e il senso della vita per ciascuno. È lo spazio dell’autodeterminazione, un luogo precluso allo Stato, alla scienza, alla morale e ad ogni altra possibile ingerenza che non sia ammessa dalla persona interessata. Vi è, invece, una sfera di intervento sociale su cui dobbiamo mantenere vivissima l’attenzione: la posizione del servizio pubblico rispetto a questi nuovi scenari e le possibilità che esso può offrire a ciascuno con pari opportunità e dignità. La questione si inserisce in una fase delicata sia per gli irrisolti problemi economici del Servizio sanitario nazionale sia per la tendenza alla crescita della medicina difensiva. D’altro canto non possono essere sottovalutati gli enormi interessi in campo da parte di soggetti privati sempre agguerriti, spesso rapaci, talvolta senza scrupoli. È indispensabile aprire un dibattito rigoroso sul senso della parola cura, e studiare i confini che delimitano un approccio equilibrato alla prevenzione e l’ossessione insita nel delirio di onnipotenza o nella vana ricerca della vita eterna. La medicina non ha rimedi per le insicurezze profonde che sono spesso alla radice di tante sofferenze anche del corpo: altri territori devono essere arati e altre competenze devono essere interpellate. Sarebbe il tempo della filosofia e dell’analisi, ma se continueremo ad abbarbicarci alle mutazioni genetiche e al BRCA (BReast CAncer) rimarremo su un sentiero a senso unico e che racconta una verità parziale. Tiziana Bartolini

3


4

Luglio-Agosto 2013

i gelsomini non profumano più di Giancarla Codrignani

Spero che arrivino anche da noi le magliette subito stampate in Turchia non appena è esplosa la resistenza a norme illiberali emanate dal governo Erdogan: l’immagine della “ragazza con la giacca rossa” che resiste imperterrita ai getti degli idranti della polizia che la investono è un segnale grande di nonviolenza. Tutti, non solo noi donne, vorremmo che la vita servisse a migliorare il mondo. Non si capisce perché i poteri costituiti - quel neutro artificialmente colorato di rosa che non riesce a rinunciare al controllo autoritario - non si accorgano che per qualunque trasformazione avrebbero trovato nelle donne un alleato “potente”, aggettivo che all’uomo piace, in relazione al quale ci hanno definite “deboli”. Insegniamo perfino come si fanno le dimostrazioni in tempi in cui droni della polizia senza piloti possono intervenire dall’alto a “reprimere”. Eppure ci sono, da tempo, segnali sempre più evidenti che anche nel mondo arabo e in quello islamico la sconfitta dei movimenti democratici è stata causata in primo luogo dalla mancata attenzione agli interessi della popolazione femminile, che pure in tutte le piazze delle cosiddette “primavere arabe” era stata ben presente. La sconfitta delle “rivoluzioni dei gelsomini” si è verificata per due vizi tradizionali dei progressiti, la frammentazione in liste identitarie e il rifiuto di accordi elettorali unitari. Più o meno duemilacinquecento anni fa un uomo di teatro metteva in scena la nonviolenza delle donne che avvertivano i maschi che i conflitti si risolvono con il negoziato e non con la divisione e la guerra. Loro non capiva-

La sconfitta dei movimenti democratici e delle speranze delle donne nel mondo arabo

no. Non capiscono nemmeno ora: evidentemente la guerra è un retaggio storico che piace. Probabilmente anche a molte donne. In Turchia si rifanno vive vecchie storie: l’impero ottomano, che era multinazionale e multilingue, si estendeva dai confini europei di Austria e Polonia allo Yemen, all’Algeria: l’ultimo sultano cadde nel 1923. La storia tuttavia non cambia le pagine a piacere e i costumi non sono comandabili a bacchetta. La politica di Erdogan sta evocando gli spiriti del passato e, insieme, l’impossibilità di conciliare il ritorno a una leadership turca del mondo musulmano con la necessità di essere occidentali ed europei. Come sempre i paesi grandi comprendono aree molto diversificate: le campagne e le province sono povere e arretrate, mentre le città hanno la stessa vita delle nostre. Già a fine Ottocento il movimento dei “giovani turchi” aveva messo in crisi le antiche tradizioni e gli storici evidenziano come non sia stata la prima guerra mondiale, ma la decadenza cultu-


Luglio-Agosto 2013

rale implicita nel vecchio mondo a causarne la fine. Il presidente intende mantenere le tradizioni ad uso politico, con conseguenze non neutre: si può controllare meglio il paese attraverso la morale islamica non solo della moderazione alcolica, ma della sottomissione femminile, gradita a tutti i maschi. La ragazza dalla giacca rossa è apparsa come simbolo di innovazione. Chi l’ha fotografata dice che aveva già provato (e aspettava a piè fermo di ricominciare) a ragionare con la polizia, per sollecitarla a solidarizzare contro l’uso del velo, le leggi che impediscono ai giovani di baciarsi in pubblico, il proibizionismo. Questa ragazza ha rifiutato la logica che vuole “a prescindere” il poliziotto nemico del cittadino. Amina Tyler è stata assolutamente diversa: è finita in carcere e processata per aver opposto il seno nudo alle intimidazioni dei salafiti tunisini. Il gesto può sconcertare persone inconsapevoli dell’ipocrisia perbenista che consente il topless, ma sente peccaminosa la corporeità. Il corpo è di per sé inoffensivo, pur essendo sede delle pulsioni: Freud riconosce che il pene può essere un’arma - e i femmicidi gli danno ragione - ma nessuna scuola psicanalitica proporrebbe la stessa analogia per la vagina. In un paese vissuto dal 1957 secondo costumi non molto diversi dalla vicina Sicilia, Una ragazza avrebbe dovuto accettare che le donne non vadano più a scuola, non lavorino, vivano in casa disponibili solo al proprio marito? Un’universitaria che si sa intelligente, ha aspirazioni di carriera, fuma nei caffè dove va da sola? Avrebbe potuto reagire aiutando le lotte di amici e colleghi che già prima non avevano lottato per lei. Invece ha accettato la sfida opponendo quel corpo vulnerabile che va coperto perché “offende”, anche se rappresenta la sopravvivenza del neonato ed è simbolo di nonviolenza. Un proverbio dell’Arabia Saudita dice che “alle ragazze toccano in sorte il velo e la tomba”. Il paese è il più sessista dell’Oriente e i veli sono integrali: eppure il re ha istituito il primo centro sportivo femminile. Ma è anche partita per la prima volta una campagna sulla violenza domestica contro le donne che hanno denunciato che almeno una donna su sei subisce violenze fisiche, verbali o psicologiche ogni giorno e ne sono responsabili mariti, padri e fratelli. La globalizzazione culturale delle donne apre porte di speranza.... Perché non cogliere l’opportunità di approfittare delle regole suggerite dalle donne non ancora omologate in tutti i paesi del mondo?❂

5

IDEE di Catia Iori

sToRie Di sFRegio

P

oche donne, se sono sincere, possono ragionevolmente escludere dai loro giorni un accenno di violenza subita. Si tratti di un corteggiamento serrato, di un abbocco impetuoso che impedisce loro di rimanere in se stesse fino ad arrivare a un vero e proprio stupro. Non necessariamente figlio di violenza conclamata ma di una lunga e serrata serie di avvicinamenti che la inducono a “cedere” per cosi dire. Per sfinimento o anche solo per paura. È difficile scriverne cosi freddamente perché poi col passare del tempo si tende a rimuovere, razionalizzando il fatto e risistemandolo per qualcosa di voluto sotto sotto, mascherato a se stesse come qualcosa addirittura di inevitabile. Donne che addirittura si innamorano dell’arrogante “presa” maschile, o che semplicemente se poi non si ritrovano con quella scelta, si incolpano di non essere state abbastanza risolute o forti. La sensibilità femminile raramente se non malata “gode” dell’”assalto alla carrozza” da parte maschile. La delicatezza, il rispetto dell’altrui alterità e una qual sorta di gentilezza sono gli ingredienti di base per accostarsi a un’altra “libertà”. Non occorre aver fatto studi di educazione per riconoscerlo a se stesse e agli altri. E nel corso di una vita quanto materiale rimosso si ritrova poi nella psicologia di quelle stesse donne che vivranno lo sgarbo, la prevaricazione o anche solo l’imposizione come qualcosa di accettabile per compromesso “perché cosi fan tutte” o per il quieto vivere. Nulla tuttavia rimane insoluto dentro di noi; quando si subisce, la nostra anima urla vendetta e lo può fare in mille modi sotterranei: rifiutando l’intimità vera, allontanando la propria attenzione dal compagno di vita o distraendosi tra mille altra alternative di vita. Le nostre nonne lavoravano tantissimo spezzandosi la schiena, quelle più privilegiate si davano alle letture, alle frequentazioni multiple pur di non sentire quel dolore primigenio che fa capolino quando rimani sola con te stessa. Quando a pulsare è la tua stessa memoria e l’inconscio bambina recupera se stessa nella sua interezza. La vergogna di raccontare, il senso di colpa (ma sarò stata io a non reagire in maniera corretta?) chiudono quel cerchio che confina la mente di una donna a un continuo ruminio mentale e che spesso si sposta su altri ambiti ma che prende le sue mosse da quel primo mai sopito senso di disgusto di doversi sottomettere a qualcuno che ti fruga… Essere fedeli a se stesse significa allora recuperare quella memoria antica e assecondare i propri umori, ascoltarli e cominciare a elaborare, recuperando la purezza primigenia , quella con la quale guardavi il mondo senza quella pesante invasione che ha poi segnato tutto il resto. Una sensibilità femminile sa senza esprimere, capisce senza parlare, conosce senza dichiarare. Facciamo in modo allora che ogni piccola donna che viene al mondo abbia tutti i mezzi per svolgere completamente la sua individualità: che pensi a sé come a una persona tendente a quel meraviglioso compito di cercare l’infinito partendo da se stessa. Con l’educazione, la cultura, la libertà di scegliere ciò che più da vicino somiglia a un progetto di vita ispiratole da un amore più alto e avvolgente, assolutamente tenero e disinteressato che spesso nulla ha che fare con mariti e compagni di strada ma con la puntuale ricerca della propri voce interiore che può avvalersi, questo sì, delle conferme e dell’accompagnamento “amico” di qualche persona che vuole fortemente che l’unicità di quella donna sbocci e fiorisca. Non dimenticatevi mai di Voi stesse, della bambina che ancora palpita dentro di Voi e sarete integre, complete e soprattutto in pace con Voi stesse. Non è questa forse la felicità d una vita compiuta? Quando si è ricche e consapevoli di se stesse, ci si spende poi per chi desideriamo e per chi scegliamo essere degni del nostro stesso amore.


6

Luglio-Agosto 2013

tornA l’aborto clAndestino di Stefania Friggeri

L’alto numero di obiettori di coscienza negli ospedali limita o impedisce l’applicazione della legge 194 “I roghi delle streghe si sono spenti ma non si è spento il progetto politico che c’era dietro: l’annullamento della soggettività femminile…la donna che ha potere sulla vita è una concorrente pericolosa di ogni sistema di dominio, non soltanto di quello religioso”(don E.Mazzi). Se nel 1978 la legge 194 ha riconosciuto alla donna, pur con le necessarie limitazioni, la sovranità sul suo corpo, oggi il dilagare dell’obiezione di coscienza la cancella come soggetto capace di diritti, la riduce ad un utero contenitore, sottoposto alla crudezza della legge e al prestigio della scienza (medici e psicologi). E così accade che sui media, normalmente distratti, leggiamo quello che i collettivi femminili denunciano da anni, organizzando convegni e manifestazioni di protesta: in Italia siamo retrocessi all’aborto clandestino. E poiché in ospedale resiste qualche non obiettore, c’è chi minimizza, ma il ginecologo Carlo Flamigni avverte: “Quando il personale medico e paramedico non obiettore scende al di sotto di certi livelli, si creano inevitabilmente condizioni che mettono a rischio la salute…Il primo evento sfavorevole che si verifica è l’allungamento dei tempi di attesa che…sposta avanti il momento” dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), così che “alcune donne scelgono la via dell’aborto clandestino o assumono prostaglandine.… (con) un notevole aumento dei rischi per la salute; per tutte le altre aumenta…la probabilità che l’intervento si complichi e abbia effetti collaterali, immediati o a distanza…quanto più è avanzata la gravidanza”. Ma ovvia-

mente le difficoltà sono superabili per le donne abbienti: o l’IVG intramoenia a pagamento, o il “turismo abortivo”, o la clinica privata. Che viene preferita da coloro che desiderano la riservatezza, per motivi familiari o di immagine pubblica, in conformità col costume italico del “si fa ma non si dice”. Ricordo il caso del medico genovese, obiettore, che praticava gli aborti a donne danarose in una clinica gestita da suore: denunciato, si suicidò. Quel tragico caso rivela quanto ipocrita ed opportunista sia spesso la persona che ricorre all’obiezione di coscienza, quando invece l’art. 32 della Costituzione pone al legislatore un limite invalicabile: “nessuna volontà esterna, fosse pure espressa da tutti i cittadini o da un Parlamento unanime può prendere il posto di quella dell’interessato… è un vero trasferimento di potere, anzi di sovranità. (La donna diviene) sovrana nel decidere della propria salute, e dunque della propria vita…. proprio per evitare che la vita divenga un campo di battaglia, vengono definiti confini che il potere politico e medico non possono varcare, escludendo che lo Stato abbia giurisdizione sulla vita, possa considerare il corpo come un luogo pubblico” (Stefano Rodotà). E invece l’Italia, Stato laico a parole, corre il rischio di essere trasformata in uno Stato etico, uno Stato cioè che impone una sola morale e punisce i comportamenti ispirati a convinzioni morali diverse. Infatti il numero straripante di obiettori e la mobilitazione di forze cattoliche ligie al magistero stanno riconsegnando il corpo delle donne al controllo familiare e penale,


Luglio-Agosto 2013

I corsI dI accompagnamento alla nascIta

I

corsi di accompagnamento alla nascita rappresentano lo strumento privilegiato per la promozione della salute, in una fase della vita delle donne, il percorso nascita, in cui si manifesta la potenza ineguagliabile di mettere al mondo una nuova vita: si nasce perché donna lo vuole. La comprensibile aspettativa del miglior esito, predispone al ripensamento sui vissuti, sulle competenze e sulle conoscenze. Le indagini dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) testimoniano in previsione e all’inizio della gravidanza l’aumentata assunzione di acido folico in periodo periconcezionale (dal 4% del 2006 al 25% del 2010) dopo la diffusione generalizzata dell’informazione sulle raccomandazioni, a partire dal 2006, l’interruzione dell’abitudine al fumo (il 70% di chi fumava prima della gravidanza smette di fumare e chi seguita a farlo riduce del 70% il numero di sigarette fumate) e delle bevande alcoliche, l’aumento di consumo di frutta e vegetali. Tuttavia, le informazioni disponibili fornite dagli esperti o dai mass media non sempre sono basate sulle più aggiornate conoscenze scientifiche e sulle conseguenti raccomandazioni riportate nelle linee guida nazionali. Piuttosto non è infrequente la strumentalizzazione del desiderio di sicurezza con offerte diagnostico terapeutiche inefficaci o inappropriate nella generalità dei casi, prospettando una inaccettabile medicalizzazione della nascita che genera senso di incompetenza quando invece è la competenza e la consapevolezza che devono essere fatte emergere, promosse e valorizzate, sostenute e protette. Per questo scopo sono fondamentali i corsi di accompagnamento alla nascita organizzati dai consultori familiari pubblici, con il ruolo primario delle ostetriche, per permettere alle donne di sentirsi protagoniste principali del percorso nascita. I corsi dovrebbero iniziare dal quarto mese e prevedere almeno un incontro dopo il parto. Le modalità di svolgimento devono prevedere la partecipazione attiva delle donne, anche con i loro partner, valorizzando l’importante potenziale educativo dello scambio di esperienze. Vanno banditi modelli direttivi di conduzione. È da sottolineare che la promozione delle competenze riguardo gli stili di vita (alimentazione, attività fisica, astensione dal fumo, ecc) non solo migliora gli esiti di salute nel percorso nascita ma si irradia a tutti i componenti della famiglia, visto la funzione di pilastro delle donne, e quindi producono un effetto anche a media e lunga distanza. In particolare, l’allattamento al seno prolungato è fattore protettivo dalla ripresa del fumo di sigaretta tra le donne che fumavano prima della gravidanza, maggiormente tra le donne che avevano smesso in gravidanza. In generale le indagini dell’ISS mostrano che la partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita (che oltre il 95% delle donne frequentanti raccomanderebbero alle amiche) sono associati a migliori esiti di salute e a minor esposizione alle pratiche non raccomandate. (Rapporti ISTISAN 12/39 del 2012 e 11/12 del 2011, in linea su www.iss.it)

nell’eclisse della sovranità femminile. Ferrajoli, anche lui giurista, in “La questione dell’embrione” così scrive: “c’è una sola convinzione che rende compatibile la tutela….dell’embrione, in quanto potenziale persona, con la tutela della donna, che proprio perché persona non può essere trattata come un mezzo per fini non suoi: quella secondo cui l’embrione è meritevole di tutela SE e SOLO SE è pensato e voluto dalla madre come persona….Chiunque abbia parlato con una gestante sa che essa sente in sé non una semplice vita ma un figlio….(perché) la procreazione non è solo un fatto biologico ma è anche un atto morale di volontà…La decisione della maternità riflette un diritto fondamentale esclusivamente proprio delle donne: almeno sotto questo aspetto la differenza sessuale giustifica un diritto diseguale”. Infatti: se la Vita di cui parlano i “movimenti per” e la gerarchia cattolica rappresenta un’astrazione mentale, se il corpo femminile è un mondo sconosciuto che genera sgomento e timore, se la gravidanza e il parto sono “natura” (tutto semplice, facile, senza traumi fisici né dilemmi psicologici), la donna finisce per perdere il diritto di dire la “sua” parola; non più “soggetto” ma “oggetto” subordinato agli eredi di una cultura incapace di comprendere la problematica e contraddittoria relazione madre-figlio, di “sentire” cioè che il nuovo essere bisognoso di costante attenzione e di amore, che modifica e deforma il corpo della donna, rende complessa l’accoglienza della maternità. Su cui sempre intervengono le diverse culture, al cui interno la sfera sessuale e riproduttiva è un punto centrale: la comunità, tribale o statuale, in sintonia con le idee religiose fissa le norme che regolano il matrimonio, la custodia dei figli le pratiche sessuali proibite (ad esempio l’omosessualità) eccetera. E la casa è il luogo ove gran parte della cultura è praticata, conservata e trasmessa. Scrive Chiara Saraceno: “Il diritto di famiglia, e il posto assegnato alle donne nella famiglia, a lungo non solo vincola, ma legittima, l’esclusione delle donne dalla piena cittadinanza… Addette ai bisogni particolaristici dei loro famigliari, subordinate ai mariti, esse vengono considerate per ciò stesso incapaci di universalismo e di interesse per il bene comune. Il loro stesso corpo sessuato e riproduttivo diviene una risorsa insieme privata (degli uomini loro familiari) e pubblica (della società e dello Stato che tramite esse si riproduce). Perciò non può essere lasciato totalmente a loro disposizione”. b

7


8

Luglio-Agosto 2013

Giorgio Macellari* Istituto Italiano di Bioetica www.istitutobioetica.org

I SENI DI ANGELINA E L’INCERTEZZA DELLA VITA

S

e Angelina Jolie riceve l’Oscar la notizia allieta tutti. Ma se si fa togliere le mammelle per timore di un cancro, allora è un pugno allo stomaco. Eppure è successo. È stata proprio la splendida attrice a rivelarlo, con un coraggio pari alla sua bellezza, in un articolo apparso sul New York Times nel quale ha spiegato di essere portatrice di una variante mutata del gene BRCA-1. Da un lato la notizia è un bene, perché attira l’attenzione delle donne su un problema poco conosciuto, quasi negato: la possibilità che un tumore al seno colpisca in età giovanile, fra i 30 e i 40 anni, talvolta anche prima. Da un altro lato è un male, perché rischia di seminare il panico e avviare a decisioni sbagliate. Fare chiarezza non è facile, in questo campo, perché ci sono di mezzo

concetti difficili, come la genetica, gli alberi genealogici e i guasti del DNA. Ma alcune cose semplici le si possono capire. Cominciamo allora a dire che la maggior parte dei tumori al seno - quelli cosiddetti “sporadici” - non dipende dalla familiarità. Quelli francamente ereditari, per fortuna, sono solo una piccola porzione, più o meno il 5-7%. Purtroppo, però, sono anche fra i più aggressivi e tendono a colpire, appunto, le donne giovani. Ereditario significa che nel patrimonio genetico di una donna - in qualcuno dei suoi cromosomi, in altre parole - si annida una mutazione ricevuta da uno dei genitori. Nel caso dei tumori mammari sono implicati almeno due grossi gruppi di geni, chiamati BRCA-1 e BRCA-2 (l’acronimo BRCA sta per le iniziali delle parole inglesi BReast CAncer, che significano cancro del seno; i numeri 1 e 2 indicano invece che quei geni si trovano in due cromosomi diversi). BRCA-1-2 sono preziosi: si tratta infatti di geni onco-soppressori: il loro straordinario lavoro consiste nel sorvegliare la doppia elica di DNA contenuta nei cromosomi e nel riparare i danni che di tanto in tanto vi si producono. Si capisce dunque quanto possa essere

deleteria la mutazione a carico di quei geni protettori che, quando si guastano, consentono al DNA di cambiare faccia: da amico che regola la buona vita cellulare, quel DNA assumerà le sembianze di uno spregiudicato killer, insensibile agli inutili richiami delle cellule sane. E una volta che il guasto si è instaurato, il rischio che ha una donna di contrarre un cancro al seno può balzare dal 10% della popolazione media fino all’80%. Questa prima serie di informazioni fa da piedistallo al compito della comunità scientifica. Se infatti ci sono in giro donne con una mutazione così crudele, la prima cosa da fare è individuarle. Come? Invitando la popolazione femminile - con particolare riguardo a quella più giovane - a fare una semplice analisi della propria storia familiare. In questo modo ogni donna potrà verificare - ad esempio - una di queste eventualità: tre casi di tumore mammario comparsi prima dei 50 anni; due casi di tumore mammario e un caso di tumore ovarico a qualsiasi età; un caso di tumore mammario a carico del padre o di un fratello. Di fronte a simili circostanze una donna può chiedere la consulenza di un genetista medico e valutare l’opportunità di sottoporsi a

I TUMORI AL SENO EREDITARI SONO SOLO IL 5-7%, MA SONO I PIÙ AGGRESSIVI E TENDONO A COLPIRE LE GIOVANI


Luglio-Agosto 2013

9

Il filo verde more quando è ancora piccolo, perché un test genetico, per verificare se in un in queste condizioni la sua curabilità riproprio cromosoma si trovano geni del mane altissima. Certo, questa soluzione gruppo BRCA mutati. non è priva di inconvenienti: sottoporsi Se la donna si sottopone al test e se ogni sei mesi a esami - e per buona parquesto risulta positivo bisogna decidete della vita - è sicuramente ansiogeno, re come comportarsi. Ma qui viene la perché ad ogni appuntamento la paura parte più difficile, perché oggi la medisale; ma è anche un percorso impegnacina non offre soluzioni attraenti. tivo, perché richiede pianificazione, temUna strada, ad esempio, è quella scelpo e costanza: e abbandonare è una ta da Jolie: una strada tutta in salita. tentazione facile. Non tutte le donne con BRCA mutato, Un’alternativa intelligente sta nella preperò, possono avere la stessa forza venzione con farmaci capaci di control- o la stessa paura - dell’attrice. Per lare la proliferazione tumorale, come il frugare nell’albero familiare e dentro Tamoxifene a basse dosi (un farmaco ai propri cromosomi ci vuole infatti il di impiego comune nelle donne che coraggio di poter affrontare una verità hanno già avuto un tumore al seno) e la sconvolgente. E per farsi togliere enFenretinide (un derivato della vitamina trambe le mammelle bisogna essere A). Anche per questa soluzione, tuttamolto coraggiose, ma anche parecchio via, ci sono alcuni svantaggi: la sua efspaventate. Tuttavia la donna deve esficacia protettiva non è affatto garantita; sere consapevole di alcuni “dettagli”: inoltre esistono effetti collaterali, come primo, la chirurgia non riduce compleper tutti i farmaci. tamente il rischio di cancro, perché è Per tutte le donne portatrici del danno tecnicamente impossibile rimuovere genetico, infine, è suggerito uno stile di integralmente tutta la ghiandola mamvita salutistico (dieta mediterranea con maria (il rischio può essere ridotto fino alto consumo di frutta, verdura, fibre, al 90-95%); secondo, i programmi di olio di oliva extravergine, pesce azzurricostruzione sono lunghi e impegnativi ro, attività fisica moderata e costante, (difficilmente basta un solo intervento); no al fumo e agli alcolici) abbinato alla terzo, il risultato estetico non sempre raccomandazione di non usare consoddisfa in pieno le aspettative deltraccettivi orali (nocivi, al contrario di la donna; quarto, la sensibilità erotica quanto accade nella donna senza mudell’areola e del capezzolo - quando tazioni genetiche). Ma anche queste strutture sono risparquesta proposta ha il suo miate - può essere ridotta o perduta per sempre; quinLA MUTAZIONE lato debole: per quanto possa contribuire a rito, la presenza di protesi GENETICA durre il rischio, tuttavia può comportare alcune complicanze e, NON È UN DESTINO talora, la necessità ASSICURATO NÉ LA di una loro sostituCHIRURGIA ESTREMA zione o rimozione definitiva. PUÒ ELIMINARE La scelta chirurgica, COMPLETAMENTE estrema e irreversibile, IL RISCHIO trova maggior sostegno negli Stati Uniti. Ma la mentalità dei senologi europei è diversa: qui prevalgono altre soluzioni. La più raccomandata è la sorveglianza dello stato di salute del seno con visite, ecografie, mammografie e risonanze magnetiche periodiche e ravvicinate (da sei mesi a un anno, non oltre): l’obiettivo è sorprendere la crescita del tu-

di Barbara Bruni

UNA SARDEGNA TUTTA DA SCOPRIRE

Soggiornare nei fari, scoprire il fascino di stazioni semaforiche e torri costiere, sorseggiare un caffé guardando in lontananza la Corsica e l’arcipelago di La Maddalena, ora è possibile. Grazie al progetto per il recupero del patrimonio marittimo della Sardegna - che vede insieme Regione e Agenzia della Conservatoria delle coste, con l’obbiettivo di rendere le coste sarde più fruibili - sono stati individuati 15 siti da lungo sottratti all’uso pubblico, che saranno meta di turismo e cultura:i fari di Razzoli e Punta Filetto a La Maddalena e Capo d’Orso, Capo Mannu e le stazioni semaforiche di Capo Figari a Golfo Aranci, Capo Ferro (Arzachena), Punta Falcone (Santa Teresa Gallura), Punta Scorno (Asinara, Porto Torres) e Capo Sperone (Sant’Antioco). Inoltre le stazioni di vedetta di Puntiglione, Testiccioli e Marginetto a La Maddalena e Capo Ceraso (Olbia), nonché la Gran Torre di Torregrande (Oristano) in cui la Conservatoria realizzerà il museo regionale delle torri costiere della Sardegna. Per finire, la stazione dei segnali di Capo Sant’Elia (Cagliari).

IL CARPACCIO DI MEDUSA

Grazie all’iniziativa “La Tavola blu” - un progetto dell’Associazione Marevivo, realizzato con il contributo del ministero dell’Ambiente e indirizzata agli istituti alberghieri d’Italia - ora sappiamo che se la medusa finisce nel piatto, questo invertebrato marino diventa una gustosa portata per la tavola. Lo chef stellato Gennaro Esposito ha creato un piatto “mediterraneo”, una sorta di carpaccio di meduse marinate, utilizzando la “nocticula” - ovviamente privata dei tentacoli urticanti - con pesto, zucchine e mozzarella di bufala. Per un anno, da Genova a Palermo, mille futuri chef e 13 scuole alberghiere sono stati coinvolti nel progetto sull’uso sostenibile delle risorse ittiche. Obiettivo dell’iniziativa era diffondere un’efficace informazione sul mare, ricordando che le specie commestibili sono 719 - anche se ne consumiamo solo il 10% -, e che sarebbe opportuno ed intelligente comprare il pesce di stagione: sgombro in primavera, orata o sogliola durante l’estate, rombo in autunno, e in inverno alici e polpo.

DISSEPOLTE DAI GHIACCIAI PIANTE DI 400 ANNI FA

Sono state riportate in vita sette specie di piante - dai muschi alla grande famiglia delle epatiche - sepolte per 400 anni sotto un ghiacciaio artico canadese, sull’isola di Ellesmere. Le minuscole piantine, alte pochi millimetri, sono state scoperte da gruppo di ricerca dell’università canadese di Alberta. Gli scienziati le hanno fatte ricrescere in laboratorio, e le conservano oggi in un “Jurassic Park vegetale”. Dagli esami al radiocarbonio è emerso che le piante furono sepolte dai ghiacci durante la Piccola Era Glaciale, nel periodo compreso fra il 1550 e il 1850.


10

Luglio-Agosto 2013

ULTRACORPI | 1 non lo annulla; per di più è efficace solo in una parte delle donne mutate; infine è complicato adottarla per tutta la vita. Come si può ben vedere, le soluzioni non sono affatto semplici; nemmeno scontate. Per di più nessuna garantisce un’efficacia assoluta per impedire il cancro. Anche il test genetico mostra limiti e suscita perplessità: perché non tutti i laboratori offrono i requisiti di qualità per eseguirlo; perché la sua positività non è una condanna certa, così come la sua negatività non è garanzia di immunità (ci sono sempre i tumori sporadici, ai quali la donna è esposta con un rischio pari a quello della popolazione femminile media); perché solleva domande e preoccupazioni e fornisce poche risposte rassicuranti; e per il rischio di abusi da parte di approfittatori che sfruttano la paura e l’ignoranza della donna, offrendo il test a pagamento anche a chi non ha i requisiti per sottoporvisi. E quest’ultimo argomento apre la strada ai numerosi risvolti etici del problema: fino a che punto la positività del test riesce a mantenersi notizia riservata? Compagnie assicuratrici, datori di lavoro e partner - ad esempio - potrebbero essere interessati a conoscerne lo stato. E chi si assume la responsabilità di fornire consigli alle donne positive? Dopotutto le loro reazioni - dalla depressione alla negazione, dall’angoscia all’iperattività - non sono sempre prevedibili E queste donne, poi, come si dovrebbero comportare nei confronti dei fidanzati, o dei figli? Dire? Non dire? Ecco, il problema del BRCA è tutto questo. La raccomandazione forte che si può dare alle donne resta comunque una, fondamentale: trattandosi di scelte capaci di modificare profondamente la vita, per le procedure di analisi, sorveglianza, prevenzione e terapia si affidino solo ai centri abilitati a farlo. In Italia ce ne sono diversi, lì possono trovare i professionisti più competenti per aiutarla. Alla donna che già vive con le sue paure, non se ne possono davvero aggiungere altre. L’esternazione di Jolie è stata potente. Ma può avere un valore di utilità solo se interpretata con molto buon senso. I centralini di molti istituti di genetica sono stati letteralmente bersagliati da donne terrorizzate, la maggior parte delle quali prive dei criteri di familiarità necessari per una consulenza. E la risaputa emotività della popolazione italiana non aiuta a riflettere. Ci vuole un po’ più di razionalità. La mutazione genetica non è un destino assicurato. Né la chirurgia estrema può eliminare completamente il rischio. Una rigorosa sorveglianza periodica sembrerebbe davvero la soluzione più appropriata. E, infine, un pizzico di filosofia: il cancro fa parte dell’esistenza, ma non la rende più incerta, semplicemente fa riflettere sull’incertezza stessa della vita. Temere la propria morte è morire prima del tempo. Nessuno è immortale, ogni giorno è un dono. ❁ *Direttore UO Chirurgia Senologica, AUSL di Piacenza

PSICOTERAPIA PER DARE UN TAGLIO AL CANCRO? COMBATTERE IL CANCRO ANCHE AVENDO CURA DEGLI ASPETTI PSICHICI PONENDOSI IN ATTENTO ASCOLTO ANALITICO di Fabiola Fortuna*

P

oche settimane fa l’attrice Angiolina Jolie ha annunciato di essersi sottoposta a una mastectomia totale, dopo aver scoperto di avere molte probabilità di ammalarsi. Qualche giorno dopo, alquanto inosservata, è passata la notizia della morte di una zia dell’attrice proprio per un cancro al seno. Viene spontaneo correlare i due fatti: a buona ragione si può immaginare che la bella e famosa Angiolina, impaurita da quanto accaduto alla zia, abbia in qualche modo voluto “dare un taglio” alla paura per provare a sconfiggere la morte. Ma la morte, ahimè, non si può sconfiggere. La medicina ci insegna, certo, a limitare i rischi di ammalarsi con una attenta e sistematica prevenzione. Io ritengo però che, oltre ovviamente ad utilizzare tutto quello che la dimensione medica mette a disposizione per combattere efficacemente il cancro l’arma vincente sia data dall› utilizzazione e dalla integrazione con altri importanti strumenti derivanti dal prendersi cura degli aspetti psichici legati alla soggettività degli individui. Questa convinzione é frutto della mia lunga e intensa attività clinica e di ricerca come psicoterapeuta, psicoanalista e psicodrammatista che ha avuto anche


Luglio-Agosto 2013

l›incredibile opportunità di occuparsi di pazienti affetti da gravi patologie organiche e in particolar modo oncologici. Nel corso della mia attività professionale ho avuto anche la fortuna di lavorare a fianco del prof. Claudio Modigliani, eminente studioso anche direttore dell’Istituto di Psicosomatica Analitica e pioniere in questo complesso campo, che ha dedicato gran parte della sua attività ad approfondire il ruolo svolto dalla componente psichica nell’insorgenza e nel decorso delle patologie organiche, proponendo un approccio alla malattia inedito: affiancare le cure mediche tradizionali ad un attento ascolto analitico che si é tradotto poi nella messa in atto di specifici tipi di psicoterapia comprendenti anche l›utilizzo di apposite metodiche di meditazione e di rilassamento psicofisiche. L’osservazione clinica di tanti pazienti oncologici mi ha fornito e mi fornisce continue conferme ed esistono ormai degli studi che dimostrano come specifiche psicoterapie permettano di aumentare anche sostanzialmente i tempi di vita delle persone però, ci tengo a ripetere, sempre nel rispetto di tutte le indicazioni mediche, non al posto di queste. Credo che ormai la teoria più consolidata circa l›origine delle malattie oncologiche sia quella trifattoriale che vede quindi in gioco tre fattori: la componente genetica, quella ambientale e quella psichica. Riguardo alle prime due, assistiamo a sempre nuove e sorprendenti scoperte ma anche ai limiti dati dalla realtà, per cui forse sarebbe utile cominciare a cercare di dare una maggior attenzione ai fattori psicologici. I motivi sono vari. Indubbiamente vi sono difficoltà pratiche a rendere più coerenti i protocolli scientifici con pratiche che a volte sono difficilmente “misurabili” e “sperimentabili” come le psicoterapie o, comunque, come gli interventi che vanno ad agire su elementi apparentemente più evanescenti quali le pratiche suggestive, di rilassamento o di meditazione. Si è ingenerata a volte forse una diffidenza della medicina verso tali pratiche con un conseguente scarso investimento su studi più sistematici. Anche se nei rari casi in cui questi studi sono stati fatti, i risultati ci sono stati, e come!... ci sono poi altri motivi, di natura economica, ma il cui approfondimento ci porterebbe troppo lontano…Tornando ai fattori psichici implicati nel cancro, ho potuto verificare come i pazienti ammalati presentino spesso un atteggiamento verso le vicende della vita, caratterizzato da una particolare difficoltà a tollerare le sofferenze psichiche che il vivere stesso, ma non solo, inevitabilmente comporta: appaiono come persone apparentemente equilibrate, ben adattate al proprio ambiente, con una vita personale che sembra serena. Se però si comincia ad “ascoltarli” veramente e sistematicamente dietro questa armonia si colgono incrinature, sottili dissonanze che portano a svelare la realtà di vite caratterizzate da un continuum di rinunce, da una sorta di “paralisi esistenziale”, sembrano persone che vivono, di fatto, una vita “saturata”, si potrebbe dire, dalle richieste dell’al-

tro. Un altro che può essere un genitore, un coniuge, un figlio, ma anche una figura idealizzata di sé consolidatasi nel tempo. In questi pazienti sembra essere appunto dominante una parte potremmo dire masochista che impedisce, di fatto, di vivere pienamente la propria vita. Per alcune persone affrontare conflitti, a volte inevitabili per affermare la propria soggettività, sembra intollerabile. Va ricordato che in fondo la salute psichica dipende in gran parte anche dalla capacità di ognuno di noi di tollerare la sofferenza psichica e le inevitabili frustrazioni che la vita a volte pone; queste possibilità però nei pazienti oncologici sembrano spesso compromesse. Si scopre infatti che le persone portatrici di un cancro hanno dentro di loro una sofferenza enorme della quale però sono prevalentemente inconsapevoli: potrei dire sono portatrici di una depressione prevalentemente inconscia. La psicoterapia penso offra alle persone quello spazio di ascolto che di fatto spesso si nega anche inconsapevolmente a se stessi, dare voce anche a propri pezzi soggettivi mortificati troppo a lungo è invece un percorso vivifico. Sensibilizzare all’ascolto del proprio sé più autentico può favorire altresì un processo di riscoperta della propria soggettività attraverso l›emersione proprio degli aspetti di sé più autentici e troppo spesso sopiti. Certo, non sono percorsi facili dato che il lavoro con i pazienti oncologici richiede una formazione lunga e specifica che richiede particolare attenzione e sensibilità. Comunque l’esperienza mi ha insegnato che, una volta che si riesce ad iniziare un attento e specifico lavoro psicoterapico si trovano insieme al paziente le vie per uscire dalla «impasse» in cui i soggetti si sono trovati incastrati, permettendo loro il recupero di risorse incredibili che diventano davvero « l›arma in più” per il recupero della salute fisica. L›obbiettivo diventa trasformare una malattia, anche grave, nell›occasione di una rinascita. Non è certo mia intenzione offrire false speranze, ma i risultati ottenuti in trent›anni di lavoro sono assolutamente confortanti e in più ora tutto questo verrebbe confermato anche dagli studi nel campo della epigenetica, che studia i cambiamenti ereditabili nella espressione genica non causati da cambiamenti nella sequenza del DNA. Penso di poter dire che le cure mediche e la prevenzione saranno assolutamente più efficaci se si dedicherà maggiore attenzione ad una seria e specifica cura degli aspetti psichici e la buona notizia è ....... che questo è sempre possibile se lo si desidera veramente! v *Direttore Centro Didattico di Psicoanalisi e Psicodramma Analitico S.I.Ps.A. fabiolafortuna@tiscali.it

11


12

Luglio-Agosto 2013

ULtraCorPI | 2

IdentItà e trasformazIonI Tra auTonomia e consapevolezza profonda, le manipolazioni possibili al corpo. riflessioni di Michela Marzano a parTire dal caso Jolie di Silvia Vaccaro

O

ggi milioni di donne e uomini in tutto il corpo decidono di manipolare il proprio corpo in maniera volontaria. Dai tatuaggi ai piercing, passando alle molteplici possibilità offerte dalla chirurgia plastica per migliorare esteticamente le proporzioni naturali del corpo, per cancellare i segni del tempo ed eliminare gli inestetismi che rendono diversi e lontani dal canone, unico e dominante, di bellezza patinata. Gli ultimi dati relativi al 2012, presentati lo scorso marzo dall’Aicpe (Associazione italiana di chirurgia plastica ed estetica), rilevano una flessione degli interventi in Italia rispetto all’anno precedente, ma registrano al contempo un aumento del 10-12% della medicina estetica, confermando l’Italia nella top five dei paesi per numero di operazioni effettuate. E se tra gli uomini solo da alcuni anni è di moda sottoporsi ad iniezioni di collagene e ad interventi di blefaroplastica e addominoplastica, le donne sono quelle che maggiormente si sottopongono a sedute ed interventi per piacersi e per somigliare più possibile a quel canone di cui sopra. A questa realtà se ne sovrappone un’altra: la possibilità di intervenire in maniera preventiva, utilizzando la chirurgia al fine di evitare malattie e sofferenze scritte nel DNA, cercando di posticipare così l’inevitabile trapasso ad un domani sempre più lontano e, in qualche misura, persino autodeterminato. Queste scelte, come quella di Angelina Jolie che si è sottoposta ad una mastectomia preventiva di entrambi i seni per ridurre al minimo le possibilità di contrarre un tumore al seno, per lei geneticamente molto alta, colpiscono l’immaginario e sopratutto aprono il dibattito circa l’opportunità di operare in questo modo su di sé. Proprio prendendo spunto dal caso Jolie e affrontando in maniera più ampia il tema della caducità del corpo e delle possibilità di intervento e le successive conseguenze, NOIDONNE ha interpellato Michela Marzano, Deputata del PD, nonché eminente “filosofa del cor-

po”. Professoressa ordinaria dell’Università di Parigi V René Descartes, Marzano si occupa di Filosofia morale e politica e, in particolar modo, del posto che occupa al giorno d’oggi l’essere umano, in quanto essere carnale. Molti i volumi da lei pubblicati che affrontano, da varie angolazioni e in un caso anche attraverso un racconto autobiografico, il tema del corpo. Tra gli altri si ricordano “La filosofia del corpo” e “Volevo essere una farfalla”. Che messaggio manda una scelta così forte come quella della Jolie? Dobbiamo pensare davvero, da adesso in poi, di poter operare sul nostro corpo in maniera indiscriminata? Secondo me questo gesto ha dato un doppio messaggio. Da un lato un messaggio di autonomia femminile: ha scelto di agire, mossa da una vera preoccupazione, per la sua salute con grande determinazione, una scelta peraltro mol-


Luglio-Agosto 2013

13

SoNDaggio Di GIUGNO to in linea con il personaggio che lei si è costruito in questi anni. D’altro canto, trattandosi di un gesto drastico, compiuto da un personaggio ascoltato e seguito, il rischio è quello che questa scelta possa essere considerata come ottimale, in maniera del tutto acritica, da molte persone che sono incerte sul da farsi in una condizione analoga. In una situazione analoga, potrebbe essere una buona scelta anche per altre donne? Non si può generalizzare, è una scelta importante e delicata. Il rischio che va scongiurato è di presentare quella della Jolie come una soluzione da proporre a tutte. Al contrario, ogni donna ha una situazione socio-economica diversa, un contesto familiare peculiare e fa i conti a modo suo con le proprie fragilità. Trattandosi di una scelta particolare, ognuna deve essere libera di decidere autonomamente del proprio corpo, ma sempre a partire dal proprio vissuto, dalla storia personale e dal rapporto che ha col proprio corpo, che per ogni donna è diverso. Ognuna di noi si rapporta in maniera diversa alla propria immagine, alla malattia, ai rischi, e questa dimensione di soggettività non va perduta. Inoltre proprio perché si tratta di una scelta che cambia radicalmente l’aspetto del corpo, ha a che fare con l’identità, che è quanto di più soggettivo abbiamo. Quali sono i rischi e le opportunità di un gesto così radicale? L’opportunità di una scelta così forte è quella di renderci conto della nostra possibilità di cambiare e trasformare la nostra identità: sia il corpo che il carattere non sono elementi fissi e determinati una volta per tutte. L’identità può evolvere. Il rischio è quello di pensare di poter determinare in maniera precisa la nostra identità, c’è sempre qualcosa che sfugge, che scappa al controllo. Anche per il corpo vale questa cosa, ma siamo in un’epoca in cui ci si illude di poter controllare al cento per cento il corpo e la sua immagine. Il rischio dunque è quello di credere di avere un controllo che nella realtà non si avrà mai e quello di credere che quando si modifica il corpo non cambi nulla a livello di identità personale. Il corpo è quello che abbiamo e che siamo, e ogni modifica che si opera su di esso ha un impatto sulla propria vita. La libertà di scelta e la consapevolezza sono fondamentali ma bisogna tener conto delle conseguenze che ogni intervento genera dentro di noi. Infine, secondo lei, cosa succede se, dopo aver operato una scelta che dovrebbe ridurre al minimo il rischio di ammalarsi, la vita presenta comunque un conto salato? Bisogna mettere in conto che questo possa accadere. Il rischio fa parte della vita, e va sempre contemplato, perché a volte le cose accadono indipendentemente dalla nostra volontà e dai nostri interventi. ❖

maSteCtomia PReVeNtiVa,

meGLIo CHe rIsCHIare IL tUmore. condividi la scelTa di anGelina Jolie? SÌ, LA CONDIVIDO. MA IO NON L’AVREI FATTO

11%

SÌ, LA CONDIVIDO. LO FAREI ANCHE IO SE AVESSI ANALOGHE POSSIBILITÀ DI EREDITERIETÀ

34%

NON LA CONDIVIDO, MA NON LA CONDANNO. OGNUNO È LIBERO DI SCEGLIERE

42%

NON LA CONDIVIDO E PENSO CHE DOVREBBE ESSERE PROIBITO

13%

Le Vostre rIsPoste La sCeLta dI QUesta nota e BeLLa attrICe dI sottoPorsI aLLa CHIrUrGIa PreVentIVa aPre nUoVe QUestIonI. ad esemPIo.... Credo nella prevenzione, ma arrivare a tanto sembra anche innaturale. Capisco che tutti i controlli non ti danno la certezza matematica e allora il problema diventa psicologico, in quanto convivi con un tarlo che ti logora dentro… (Graziella Poluzzi) Apre nuovi scenari sulle possibilità di cura e sull’idea stessa di cura

(Tiziana)

La questione di fondo credo sia quella dell’ottica positivista statunitense, che non considera l’essere umano una totalità. La probabilità di sviluppare il cancro in altre parti del corpo è ugualmente presente, anche dopo la mastectomia (Bruna Baldassarre) Terrificante pensare che potrebbe diventare “una moda”

(Carla)

Rispondo da medico quale sono: il rischio di sviluppare il tumore era per l’attrice molto alta. Qualche giorno fa è deceduta anche una sua sorella. Si parla tanto di medicina preventiva, bene questa è una occasione di prevenire un tumore ….. (Gabriella) Una scelta drastica e spietata! Scaturisce dalla violenta medicina patriarcale che sta massicciamente mutilando le donne. Bisogna tornare alla medicina delle nostre “streghe” che sono morte per noi. Contro il cancro basta il limone. Provare per credere (Raffaella Mauceri) Essere in potere della paura e di ciò che tanti medici maschi dicono mi spaventa, vorrei il ritorno delle sciamane che ci aiutino a capire di più il nostro modo di stare al mondo (Carmen Seia) Toglie completamente la speranza in un futuro possibile senza cadere preda del male. E poi è un evento praticabile da donne senza problemi economici (Franca) Forse c’è un malato accanimento, da parte di medici e case farmaceutiche, nei confronti dell’individuo il quale non viene informato a 360° sulle possibilità di ridurre i rischi di morte del 95%. Ben venga qualsiasi tipo di prevenzione Se avessi la quasi sicurezza di avere prima o poi un tumore al seno o peggio e dover essere sempre all’erta credo che preferirei farmi operare e vivere più tranquilla


14

Luglio-Agosto 2013

LA BALLATA DELLE ONCORESISTENTI Donne colpite al seno da un destino crudele, sono

divenute Amazzoni. Dall’avversità traggono la forza e il coraggio di combattere una lotta lunga e difficile, sono tante e agguerrite: un esercito. Donne di tutte le età, spesso troppo giovani. Un elmo sulla testa rasata, persi i capelli...Iniziano a cadere alla chetichella, un po’ alla volta, poi a orde, platealmente, ti abbandonano a ciocche, ma ricresceranno piano piano a incorniciare il volto come un tempo, risorgeranno. Pensa positivo: sei mesi di risparmio di tempo e di danaro sulla spesa della parrucchiera! Una corazza da indossare per chi è costretto ad una guerra di sola difesa di fronte agli attacchi del nemico, alle paure cupe, che s’infiltrano ed accerchiano la mente, le scacci con fermezza, ma tornano nelle ore notturne come aggressivi uccelli rapaci. Il tuo corpo ti ha tradito, è passato al nemico, s’è spezzata l’armonia, non ti fidi più. Un corpo da monitorare costantemente. La pallina nel seno, la mano la sente, la palpi, laceranti brividi di paura, non è un giorno come un altro, non saprai con certezza fino all’ecografia, che ti darà il responso, ma a quel punto inizi a correre tra prenotazioni, visite, ricerche d’informazioni, non hai tempo per piangerci sopra o imprecare alle Parche, sei già lanciata nella mischia. È nella notte, nel sonno inquieto, che arrivano i sogni dalle tinte fosche, angoscianti, le cadute nei pozzi, volti deturpati, mostri con zampe, artigli, zanne, draghi giganti dagli occhi di brace. Un vento forte, la bora, cadono le foglie dagli alberi del parco, ti cadono i capelli, volano lontano e resti calva in un freddo e spoglio boschetto invernale. Fuggi dal bosco, vuoi tornare in città, prendi un autobus pieno di specchi che ti guardano, di pendole che oscillano, affollato di gente compressa e comprimente, arrivata al capolinea davanti a te c’è la brughiera di Cime Tempestose con la grandine e i tuoni. Poi guardi in alto e d’improvviso tutto si placa, da un laghetto nel cielo grigioazzurro, scende una sirena, ti sorride e canta per te la ballata delle oncoresistenti: ‘Resistere, combattere, armarsi, lottare con le unghie e con i denti.’ La luce del giorno rassicura, una passeggiata è sem-

pre corroborante, ma se incontri un conoscente e ti chiede: ‘Cosa fai di bello?’...La domanda ti coglie impreparata, incerta tra il dire e il non dire. Sorridi: ‘Bene, grazie e tu?’ Puoi dire ‘Sto bene’ giustamente, dentro a te ringrazi, non hai dolori fisici, salvo i fastidi delle cure. ‘Come va? Tutto okay, a parte il cancro.’ ‘Un tumore? Quale? Quello di mamma o della nonna? Quello della zia Tina? Dello zio Mario? Del nonno?’ ‘Dove vai per la cura?’ Per fortuna è un ospedale accogliente, pulito, spazioso, bello nella sua ampia e originale architettura a due piani di corridoi esterni con colonne sovrapposte, aperti sull’esteso parco ai piedi di una zona collinare, nei dintorni di Bologna. L’ospedale è il punto di ritrovo, le ascolti nelle stanze della chemio raccontarsi, parlare, vogliono informarsi, sapere di più per reagire, decise a rintuzzare i colpi bassi della malasorte. ‘Non so cosa preparare questa sera a cena. Un brodino?’ ‘Qualcosa che almeno sia facile da vomitare.’ ‘Come te ne sei accorta?’ ‘Era un giorno di festa. Nel vestirmi ho scoperto la pallina al seno. È stato un trauma, che mi ha attraversata come un fulmine. Ho sempre avuto il timore del tumore.’ Vanno agli incontri con la dietologa, la ginecologa, l’oncologo, l’omeopata, al corso dello psicologo sulle tecniche del rilassamento. Al seno è il più diffuso, mal comune, ma non è mezzo gaudio. E ti chiedi le cause, che nessuno sa, ti trasformi in un detective che indaga: il cibo, i latticini, l’aria inquinata, la vita sedentaria? Stai bene, c’è ancora speranza di guarire, di vivere, di avere la forza di combattere. Tante donne marciano in rosa sorridenti insieme sulle strade per dire ‘noi ci siamo’. Sono forti e determinate, le Amazzoni di oggi. Graziella Poluzzi (www.women.it/umorismo/) Un racconto tragico, ma non mancano tracce d’ironia


Luglio-Agosto 2013

ULtraCorPI | 3

PalPabili mitologie di Marina Caleffi

Conversazione con Roberto Mussapi, autore de “Le Metamorfosi”

I

n qualunque parte del mondo, dalla Nuova Guinea alla Mesopotamia all›Africa, il corpo dell›uomo e della donna è stato oggetto di concentrazione mitica. Ovunque il corpo femminile è associato alla terra, alla luna, alla vegetazione, mentre quello maschile alle energie solari, ai metalli in genere. Tutto muta, secondo Ovidio: il cosmo, gli dei, i corpi degli uomini e quelli delle donne. Questi ultimi diventano quasi «ultracorpi». Ne parliamo con Roberto Mussapi, poeta e drammaturgo, che ha riscritto, come già hanno fatto Dante e Shakespeare, il grande capolavoro di Ovidio, Le Metamorfosi, editato con Salani, e illustrato da Mimmo Paladino, dando all’opera una voce nuova, moderna. Ci limitiamo naturalmente ad una breve incursione nella Mitologia in Occidente, quella che diventa classica e poi occidentale cristiana. Nel mondo occidentale il corpo dell›uomo vede la più grande rappresentazione ne Le Metamorfosi di Ovidio, che fa nascere la razza umana da pietre rotolanti. Forse non è un caso che sia stato scelto questo nome dai fabolous Rolling Stones (ndr). E più in generale il corpo umano è prodotto e causa di tutto l’esperibile: “Questo fiore che tu vedi si chiama Narciso, che era un ragazzo. Questa voce che tu sentì rimbombare si chiama Echo ed era una bellissima ragazza. Punita per avere una voce troppo eloquente.” Il corpo è dunque centrale nel libro ed è luogo di interrogazione sul mito. Trionfa, come da premesse, nel mondo greco la trasformazione del corpo femminile: “E Alcyone, la regina innamorata del marito naufragato, che si trasforma in uccello marino, trasmetterà la trasformazione al marito e dunque al mondo. Ma la prima a viverla è Lei. Si avvicinò a Lui ancora lontano nella corrente, e si avvicinò perché stava volando e planò lenta sul suo petto, lo baciò e lui si

scosse. E il volto livido, mosso da un improvviso, lento respiro, riacquistò d’incanto l’antica bellezza, mentre a poco a poco tutto il suo essere si mutava in uccello, e le sue ali neonate sfiorando quelle della compagna si librarono in cielo. Modificati nella forma, ma non nella sostanza.” Corpi che anche trasformati danno vita e si prendono cura. “Il corpo femminile è sempre un primum movens di qualcosa, nella guerra di Troia, per esempio. morranno tutti o quasi, financo il semidio Achille. Ma Elena è indistruttibile…” Anche nel mondo omerico la donna è indistruttibile. È ultracorpo: “Il simbolo più potente di trasformazione ingannevole del corpo resta quello del mito delle Sirene. Appaiono in un isolotto sul mare in forma di voce femminile, incantevole. Ma, non appena le ascolta, il navigatore è trascinato nell’abisso. Sono uccelli marini, che si trasformano in donne seducenti. L’incantesimo femminile dell’ignoto... Del resto in epoca omerica non era affatto necessario che la seduzione passasse dalla figura femminile, non era obbligatorio, dal momento che l’omosessualità era pratica invalsa”. ä

15


16

Luglio-Agosto 2013

Pause di studio di Maria Fabbricatore

Le scuole estive delle donne, momenti di dialogo e confronto: una varietà di interessi dalla politica, all’educazione sentimentale ai linguaggi sociali. Tutto al femminile Ritrovarsi insieme ad altre donne a studiare, dialogare, confrontarsi in luoghi lontani dalla routine quotidiana magari immersi nel verde dove, oltre a fare cultura, ci si può rigenerare prima del rientro nel caos cittadino. Si può fare nelle Scuole estive o di fine estate. Sono le scuole di genere che anche quest’anno offrono una varietà di interessi e di approfondimenti che vanno dalla politica all’educazione sentimentale, ai linguaggi sociali e all’approccio alla maternità declinata secondo vari aspetti. Sono importanti esperienze di scambio culturale, di sapere politico e di democrazia partecipata che si svolgono attraverso corsi e scuole coordinate e promosse in genere da Università, Associazioni, Istituti di Pari Opportunità. L’esperienza delle scuole estive nacque con l’esigenza di evidenziare quel valore che le donne davano e mettevano in pratica nella società e permetteva di capire l’impatto di quel contributo. “Il valore delle donne” è il titolo della prima esperienza di Scuola estiva di storia e cultura delle donne organizzata da Annarita Buttafuoco, in Puglia, più di venti anni fa. Oggi quell’esperienza, maturata in scuole altamente specializzate, continua con altrettanta forza attraverso diverse iniziative. BeeFree - cooperativa sociale contro la tratta, violenze e discriminazioni - per il terzo anno consecutivo organizza la Scuola Residenziale Estiva di Politiche di Genere che si tiene al centro “La Casa di Martino” a San Martino al Cimino (VT) dal 30 agosto al 4 settembre con il patrocinio dell’Università Roma Tre e di GIO (Gender Interuniversity Observatory) e prevedendo crediti formativi. Il titolo suggestivo, a compendio di un anno che ha visto molte iniziative sul territorio nazionale sulla violenza di genere, è “Seduzioni d’amore. Per una narrazione non convenzionale della violenza contro le donne”. L’esigenza di approfondire questo tema deriva dalla quotidiana attività di sostegno a donne vittime di violenza nei servizi pubblici


Luglio-Agosto 2013

che BeFree gestisce e l’intento è di approfondire il concetto d’amore, considerandolo un concetto che attrae, attualizza e perpetua contenuti arcaici riducendone il significato ad una serie di cause ed effetti tra i quali i comportamenti di sopraffazione maschili e l’attitudine femminile a subirli ed a soffrirne (www. befreecooperativa.org). La Scuola estiva della Differenza di Lecce - realizzata in collaborazione tra Università del Salento, Università di Roma Tre e il Monastero delle Benedettine - arriva alla undicesima edizione con un costante impegno di studio e

Le (tante) narrazioni dall’amore

Altradimora

approfondimento filosofico che permette l’esperienza di “trasformare” se stesse e il mondo che circonda le donne in continua evoluzione, esperienza che consente di acquisire consapevolezza, fiducia e responsabilità politica. Quest’anno dal 9 al 12 settembre il tema è “Quando la differenza fa la politica” (iscrizioni entro il 15 luglio) e tocca le numerose novità degli ultimi tempi: un nuovo Papa, le tante donne e giovani in Parlamento, la terza donna presidente della Camera. Ad Altradimora (Acqui Terme) dal 6 all’8 settembre si organizza un seminario legato alle donne e alla politica, organizzato dalla Rivista Marea a cura di Monica Lanfranco. Altradimora (www.altradimora.it) è un luogo dove si rimane per uno o tanti giorni, dove si fanno incontri, seminari, riunioni, eventi e dove si crea con spirito di condivisione e autogestione e in cui si propongono approfondimenti di studio e argomenti legati all’ottica di genere. “Politica, sostantivo femminile. Appunti in preparazione del seminario di officine del pensiero femminista ad Altradimora” è il titolo dell’edizione 2013 e l’intento è quello di riportare al centro dell’attenzione strumenti e progetti politici con ottica di genere e di rafforzare l’azione comune valorizzando la ricchezza prodotta da quattro generazioni di donne. Alla Scuola estiva delle Società Italiane delle Storiche (Firenze, 28 agosto - 1° settembre) possono accedere studenti universitari, dottorandi, persone impegnate nelle istituzioni, nelle associazioni e nei sindacati. Il titolo delle giornate di studio è “La costruzione della maternità. Storia, scienza, riflessione femminista”, dunque la maternità al centro dell’attenzione: dall’aspetto sociale al linguaggio, dai comportamenti individuali e familiari ai ruoli e identità di genere sia come immaginario simbolico che come esperienza soggettiva vissuta dalla donna nelle sue varie forme. b

17

“…Ci siamo rese conto di quanto l’amore pervada a più livelli, la narrazione di moltissime donne incontrate all’interno dei nostri spazi d’ascolto e di come sia, pertanto, necessario, partire dalla sua definizione, dal sistema che lo sottintende, dalle forme che lo descrivono per poter comprendere appieno la storia personale, soggettiva, emotiva di una donna che coraggiosamente decide di elaborare la sua storia di violenza. Le donne si raccontano ponendo l’amore al centro della loro esistenza, al centro di una progettualità relazionale con il partner violento dal quale è impensabile separare ciò che hanno provato, in termini di affezione da ciò che hanno poi vissuto in termini di violazione. È un incastro imprescindibile con cui bisogna fare i conti, altrimenti si rischia di vedere solo una parte del vischioso fenomeno della violenza senza mettere al centro la donna e la sua infinita complessità, di stati d’animo, di sentimenti, di ambivalenze, di resistenze, di fantasie, di cui l’amore rappresenta appunto un motore importantissimo”. Antonella Petricone, vice presidente di BeFree

Oltre il pensiero unico “Quando la differenza fa la politica” non è la politica fatta dalle “donne in quanto donne”, ma la testimonianza che è sempre possibile sottrarsi al pensiero unico e all’agire conformistico per guardare il mondo da una prospettiva inedita. È la possibilità di situarci in un orizzonte che apre e si allunga in un ordine più grande.… La posta in gioco non è soltanto la nostra vita ma la restituzione del futuro. Un futuro che possa ricominciare dal presente e non risultare astratto, strappato alle nostre esistenze e ai nostri corpi. Sappiamo che quando la differenza fa la politica le relazioni riscoprono i beni comuni e soprattutto il bene comune. Che è diverso dalla somma dell’utile e del profitto dei singoli. Ma quali sono i gesti e le parole della differenza? Ne scopriremo la traccia nelle giornate della Scuola Estiva leccese, e anche se non provocheremo cambiamenti epocali il desiderio di politica che ci nutre ci aiuterà certamente nell’attraversare il nostro tempo lasciando il nostro segno.


18

Luglio-Agosto 2013

SNOQ

SARà NUOVA VITA? di Vanna Palumbo

A due anni dalla storica manifestazione del 13 febbraio 2011 Se non ora, quando? si interroga e organizza il suo futuro

“Gli ideali politici dei popoli oppressi possono essere soltanto la libertà e la giustizia; la loro forma organizzativa può essere soltanto democratica”. Leggere queste righe di Hannah Arendt, scritte durante l’esilio parigino, prima del suo soggiorno in America, parole che rimandano alla genesi del pensiero politico della scrittrice ebraica, suggerisce una chiave interpretativa valida per la lettura dei fatti, anche quelli dell’oggi. Dunque, ad esempio, del grande tema della condizione della donna in Italia e nel mondo, orizzonte, quest’ultimo, cui fare riferimento per una migliore comprensione di quel processo di ‘ripresa di protagonismo del movimento delle donne’. Processo che, qui da noi, ha visto un’insperata quanto necessaria rivitalizzazione con la corale reazione salita dal Paese alla definitiva presa d’atto della mortificazione della persona-donna dilagata in misura via via crescente, oltre ogni sopportabile limite, negli ultimi 20 anni, sotto l’egemonia ‘culturale’ del centrodestra italiano e del suo capopopolo Berlusconi. Parliamo di quella fiammata di indignazione che va sotto il nome di Se non ora, quando? Era il 13 febbraio del 2011 quando ad un appello di mobilitazione lanciato da un nutrito gruppo di donne impegnate nella cultura, nel sindacato, nell’associazionismo di genere e nella politica giunse una risposta tanto grande, forte, diffusa, da appuntare quella data come l’inizio di un nuovo cammino delle donne italiane. Una avvertita sensibilità ha da allora pervaso i luoghi della politica, delle decisioni, delle scelte. Con pochi risultati ascrivibili ad una nuova agenda women oriented e, ancor più, ad un assetto più democratico della nostra ‘cosa pubblica’. Ma con l’innegabile merito, anche grazie al cambio di governo, di aver quantomeno rimesso in asse quel piano inclinato lungo cui continuavano a scivolare il ruolo e l’immagine femminile in un inarrestabile declino della dignità pubblica e privata delle donne. Un degrado percepito e risultato indigeribile anche a molte delle sostenitrici ed elettrici del tycoon e, nondimeno, a molte delle stesse esponenti del suo partito. Non ha mai avuto vita facile Snoq con il suo Comitato promotore, lievitato via via - mediante cooptazione - fino al pletorico numero di

40 ed oltre. All’entusiasmo incontenibile della prima e della seconda ora, dal lancio dell’appello alla fase euforica del post manifestazione di piazza del Popolo a Roma, alla conseguente proliferazione di bandierine di Snoq disseminate sull’intero stivale con la nascita di Comitati territoriali, era seguita, nel breve giro di mesi, una insistente domanda di una più netta definizione identitaria e, accanto ad essa, la richiesta di una continuità d’azione politica cui l’embrionale movimento nel suo complesso e, nello specifico, il suo ‘vertice’ - raccolto per lo più intorno a poche singole personalità del mondo culturale - non erano pronti a fornire. Ma il treno del nuovo femminismo era oramai lanciato sul binario ad alta velocità e, sospinto da una corrente divenuta impetuosa, prometteva di non arrestarsi se non dinanzi ad una apprezzabile inversione di quella tendenza alla marginalità, all’irrilevanza, quando non alla mercificazione del corpo delle donne e delle donne stesse, troppo spesso salite all’onore della cronaca come moneta di ‘scambio’ e di ‘premiazione’ della fedeltà politica, al pari delle tangenti o dei benefits aziendali. Il bilancio dei due anni del movimento, o rete di Snoq, mostra luci ed ombre. Un faro si è acceso soprattutto sull’aspetto eminentemente culturale e di mentalità delle donne stesse che, seppur non ancora di massa, ha toccato molti degli ambiti dell’attività delle donne. Con un primo dato assolutamente positivo e per niente disprezzabile sul piano della rappresentanza politica - affermatosi su un terreno già dissodato da anni di impegno di altre


Luglio-Agosto 2013

associazioni - dell’irruzione della doppia preferenza di genere per le elezioni amministrative che, sebbene al di sotto delle aspettative, ha comunque registrato molte più donne che in passato nei Consigli regionali, comunali e circoscrizionali. Ma è sul piano dell’accresciuta consapevolezza di quella che si configura come una ‘segregazione’ nella vita sociale e lavorativa, o nell’esclusione dalla effettiva rappresentanza politica, istituzionale e dei corpi sociali intermedi che il nuovo corso italiano ha fatto centro. Indagini specifiche, ricerche, studi e comparazioni con altri paesi sono entrati, anche grazie ad una informazione più attenta (la femminilizzazione del lavoro nelle redazioni e nel sistema dei media e della comunicazione è dato acquisito da tempo) si sono affiancate alle normali rilevazioni statistiche evidenziando ad una platea sempre più ampia di donne e di uomini quel ritardo storico e quel gender gap la cui gravità ed anomalia erano rimaste fin lì relegate ad organizzazioni, associazioni o gruppi che di questa stortura del sistema democratico e della sua denuncia avevano fatto la loro ragion d’essere. Ecco, Snoq ha come sdoganato un dibattito rimasto suo malgrado asfittico e fatto affiorare quella coscienza rimasta fin lì silente in tante donne estranee ai movimenti esistenti. Tutto merito di Snoq? No di certo! Le donne, giovani e meno giovani, mobilitatesi il 13 febbraio nelle città come nella provincia italiane erano pronte, e in buona misura già presenti in un movimento diffuso, come in attesa di un segnale! E da allora hanno proseguito a gremire, con una propria caratterizzazione, le piazze, i palazzetti dello sport, i convegni, le assemblee rivendicando i loro diritti e indicendo proprie iniziative pubbliche, costruendo loro ‘piattaforme’ e, in definitiva, imponendo una nuova, diversa, lettura dei fatti del Paese. È stata conseguenza non eludibile, perciò, che all’Assemblea nazionale del 1° e 2 giugno scorso i Comitati territoriali di Snoq ascendessero al governo del movimento. Favoriti, in ciò, dal saggio sostegno di una parte consistente del Comitato promotore, nel frattempo logoratosi in diatribe interne definite, da entrambe le parti in conflitto, “non più sanabili”. E tornano le parole della Arendt: la forma organizzativa - insistentemente al centro della vivida discussione dei primi di giugno - di un popolo ‘oppresso’ qual è quello delle donne non può che essere democratica. Faticosamente ed inesorabilmente democratica. Quanto agli ideali di libertà e giustizia, il confronto rimane aperto. E sarà tema appassionante, c’è da crederci, dell’Assemblea generale di fine settembre e del Coordinamento dei Comitati territoriali o tematici - fra i quali ricomprendere i due tronconi nei quali il Comitato promotore oggi si riconosce, quello di Snoq Libere e il neonato Snoq Factory - convocato per metà luglio. Dopo gli stop and go della fase ‘adolescenziale’ e il bagno democratico che ha generato la pur perfettibile forma organizzativa, Snoq non ha alternative: deve imboccare la strada di una nuova cultura politica, deve costruire una visione ed una credibilità nuove, generare alleanze, definire nuovi percorsi di azione ed iniziativa pubblica. Lo deve alle donne. A tutte le donne. b

SNOQ Sanità:

833 UN NUMERO PER I DIRITTI E LE LIBERTà

A

bbiamo incontrato Maura Cossutta a Roma, lo scorso 11 giugno, in occasione del primo incontro promosso da SNOQ Sanità. “La Sanità pubblica è una conquista di civiltà che ha cambiato la vita delle persone, una conquista irrinunciabile per tutti ma soprattutto per le donne. Irrinunciabile ma anche sostenibile perché oggi l’attacco è più profondo e anche più insidioso. C’è bisogno di una grande operazione di verità per contrastare una cultura tecnica solo apparentemente neutra: dietro ai tagli e all’austerità c’è una vera ideologia che non razionalizza la spesa ma punta allo smantellamento del welfare pubblico. È un attacco a tutto campo che ha bisogno di una reazione. Da tempo è difficile dire che la Sanità è pubblica e che c’è l’universalismo perché aumentano le disuguaglianze: milioni di persone rinunciano a curarsi e solo in otto regioni ci sono i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza”. Cossutta non elude il tema, centrale, della sostenibilità economica del nostro SSN. “Crediamo anche che per difendere la Sanità pubblica occorre cambiarla, che cambiare non vuol dire tagliare e crediamo anche che difendere la sanità non vuol dire difendere l’indifendibile. Sul fronte economico occorre un’operazione verità perché non è vero che noi spendiamo di più - siamo al di sotto della media europea - ed è vero che da un decennio, di anno in anno, la Sanità pubblica è sotto finanziata. Non è vero, quindi, che c’è un problema di sostenibilità ed è vero che ci sono sacche di sprechi ed inefficienze, di illegalità e corruzione. Occorre intervenire su questo e non sul modello pubblico.” E, avverte Cossutta: “se vanno avanti i fondi assicurativi è chiaro che si esce dal sistema di solidarietà con la conseguenza che la Sanità pubblica sarà sempre meno finanziata e sempre più dequalificata. Sarà la sanità dei poveri. Non dimentichiamo che il sistema del welfare pubblico ha liberato la donna e che oggi lo smantellamento di questo sistema si scarica sulla loro pelle.” Lo slogan lanciato da Roma punta al cuore del problema e alla difesa della legge istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale del 1978 che compie 35 anni: 833 un numero per i diritti e le libertà! Tiziana Bartolini Video intervista: http://www.streamago.tv/general/24619/maura-cossutta-snoqsanita.html

19


20

Luglio-Agosto 2013

STRANIERI D’ITALIA: “Non si torna indietro” di Gianguido PAGI Palumbo*

Intervista alla Ministra per l’Integrazione On. Cecile Kashetu Kyenge. La sua “forza tranquilla” e gli stereotipi che con lei, africana, sono saltati

La multi etnicità, l’inter etnicità, il meticciato, sono fra le sfide più importanti e difficili del mondo contemporaneo e non certo solo in Italia. La crisi dei “modelli” ormai tradizionali di inter-azione fra popoli ed etnie in un solo Paese indicano la necessità di nuove frontiere della vita in comune e delle mescolanze inevitabili. L’Italia sta sperimentando, quasi senza accorgersene, un nuovo modello ibrido, ancora incerto e indefinito, di convivenza ancora “anarchica” che include uno strano mix di rigore giuridico e sua inapplicazione, di solidarietà e xenofobia, di coinvolgimento economico strutturale e sfruttamento, di accoglienza e rifiuto, di mescolanze e ghettizzazioni, il tutto sparso in aree diverse del Paese con politiche locali e comportamenti sociali molto differenziati. Il nostro paradosso comporta che effettivamente siamo molto “indietro” per l’impianto legislativo e siamo molto “avanti” per una diffusa capacità di adattamento sociale. E in Italia che succede, fra cori negli stadi di calcio, omicidi folli e matrimoni misti? Che vuol dire oggi “essere italiani”? Esiste una relazione fra “sentirsi” italiani, “essere” italiani ed essere riconosciuti giuridicamente come “italiani-e”? Il dibattito pubblico che si è scatenato nell’ul-

timo periodo in Italia sul Diritto di Cittadinanza italiana per i figli di genitori “stranieri”, anche grazie alla Ministra Kyenge, è molto importante. Non si tratta solamente di votare una nuova legge sulla Cittadinanza, si tratta anche di verificare a che punto sia nel nostro Paese la coscienza, la cultura dell’identità di Popolo a 152 anni dalla nascita dell’Italia come Stato unico. Il problema dell’Identità collettiva di un Popolo e di una Nazione è davvero complesso e difficile da affrontare in un mondo sempre più intrecciato anche negli affetti, negli amori, nelle amicizie e in molte famiglie miste. In Italia dovremmo riuscire contemporaneamente a trovare presto soluzioni giuridiche più moderne e rispondenti ad una realtà oggettiva e influente ed al contempo però dovremmo promuovere un grande e lungo impegno educativo e socioculturale formativo (scuole e media) che ci aiuti a riscoprire le nostre antichissime radici meticcie per capire finalmente che siamo stati grandi e importanti per il mondo intero proprio perché gli esseri viventi meticci e ibridi sono molto più ricchi di energie e di risorse fisiche e mentali. Non si tratta quindi solo di accettare l’Altro che arriva sforzandosi di “integrarlo”, ma dobbiamo accettare prima NOI Stessi assieme ai così detti AL-


Luglio-Agosto 2013

TRI. Con queste convinzioni e stato d’animo ho chiesto all’ On. Cecile Kashetu Kyenge, Ministra del’Integrazione (o dell’Inter-Azione come lei stessa vorrebbe definirsi), di rispondere a quattro domande per provare a conoscere un po’ meglio le sue idee e le sue intenzioni. In Italia da quando è stata nominata Ministra per l’Integrazione è già stata intervistata molte volte e si sono scatenate polemiche di diverso tipo. Le sue tre priorità dichiarate sono: la abolizione del reato di Clandestinità, la Cittadinanza Italiana ai bambini nati in Italia, la modifica di ruolo dei Cie. Secondo lei in Italia i cittadini di origine straniera, gli-le Immigrati-e stanno peggio che in altri Paesi Europei (Francia, in Germania, in Spagna o in Inghilterra )? È utile iniziare da una premessa fondamentale: il Ministero per l’Integrazione dovrebbe lavorare in maniera trasversale e collaborativa con altri ministeri di competenza su tematiche specifiche. Rispetto ai temi posti in essere, ad esempio, molti riguardano gli Interni. Il mio ruolo è quello di lavorare su punti precisi mediando ed aprendo al dialogo con tutte le parti politiche. Ogni paese, poi, ha un percorso storico migratorio specifico e a sé, quindi, le interazioni sociali e politiche riguardano la storia interna sia del paese stesso, sia delle ondate migratorie che hanno determinato in quel contesto l’applicazione di peculiari modelli e politiche d’integrazione: per questo motivo non si possono usare categorie qualitative come peggio o meglio nel confronto con l’Italia. La sua nomina da una parte è una oggettiva novità storica per l’Italia (una Ministra di origini africane) che dovrebbe essere considerata un segnale di modernità assieme all’altra Ministra straniera alle Pari Opportunità-Sport e Giovani (Josefa Idem di origini tedesche), dall’altra c’è il rischio o la sensazione che il tutto diventi una “foglia di fico”. Cosa ne pensa? Questo è certamente un momento storico e culturale importante per il Paese. Il cambiamento storico è già presente in Italia: la mia nomina, con quella della Idem, sono la conferma di un percorso di partecipazione politica all’interno delle istituzioni che è stato largamente condiviso e sostenuto: da qui non credo che si possa tornare indietro. Siete state nominate Ministre per un Governo di coalizione di Destra, Centro e Sinistra. Due donne di origini straniere: ma una viene dalla Germania e non sta provocando reazioni negative e lei viene dal Congo e

sta provocando grandi impressioni. Questo razzismo oggettivo in Italia che origini ha? L’origine è probabilmente dettata dalla poca conoscenza delle altre culture in generale e in particolare, per ciò che mi riguarda, dal fatto che raccolgo in me simbolicamente una serie di stereotipi, che, ovviamente, per il ruolo istituzionale che rivesto stanno saltando: ritengo che questo sia un bene per la cultura del paese. Da medico specialista, come vede il Servizio Sanitario in relazione ai 5 milioni di cittadini di origine straniera? Esistono dei problemi specifici di attenzione, di assistenza oppure i cittadini sono e dovrebbero essere considerati tutti uguali dalla Sanità italiana e dalle Asl regionali? Per poter essere considerati in modo paritario non bisogna confondere uguaglianza con equità. Ogni cittadino necessita di attenzione: per essere “considerato uguale all’altro” si deve garantire parità di diritti e doveri per ciascuno. Nello specifico per i migranti bisognerebbe attivare un percorso di sensibilizzazione e corretta informazione sui servizi tenendo conto, inoltre, delle peculiarità dei bisogni degli anziani e di chi viene escluso dal sistema. Credo che la forza, e spero anche l’efficacia, della Ministra Kyenge stia nel particolare abbinamento fra una forte determinazione e un approccio quasi chirurgico, scientifico, razionale ai problemi che si trova ad affrontare in un Governo oggettivamente anomalo ed in continuo equilibrio instabile. Lei sa che non può spingere troppo in alcune direzioni, sa che non può deludere, sa che vi sono spazi di mediazione e di cambiamento reale anche in ambiti giuridici. La sua calma (apparente?) e la sua fermezza stanno di fatto stupendo molti che non si aspettavano al Ministero dell’Integrazione di questo Governo, una donna, una donna di origine africana, una donna di origine africana dalla “forza tranquilla” (come il Presidente francese Mitterand fece battezzare la campagna elettorale del Partito Socialista nel 1981). La formazione, la storia di molteplici impegni sociali, politici e istituzionali, il suo carattere potrebbero e dovrebbero permetterle di ottenere comunque dei risultati e come lei stessa dice in una delle risposte “da qui non si potrà tornare indietro”. Anche se proprio la nostra storia antica, il nostro passato ci fa capire la nostra forza originaria meticcia.b *Operatore Sociale, scrittore, Presidente dell’ associazione MONDITA (gianguidopagi@gmail.com - www.mondita.it) La versione integrale dell’articolo è alla pagina: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=04459

21


22

Luglio-Agosto 2013

Donne e SuD, Scelte Strategiche di Tiziana Bartolini

Presidente della Commissione Pari Opportunità, nominata Vicepresidente Legacoop: intervista a Dora Iacobelli Doppia laurea (Filosofia ed Economia) e corsi di perfezionamento, un lungo percorso che si snoda nel mondo della cooperazione: Dora Iacobelli arriva alla vicepresidenza di Legacoop - una delle tre maggiori organizzazioni cooperative italiane - forte di un cospicuo curriculum e di solide competenze avendo ricoperto diversi incarichi nell’area economico-finanziaria, di promozione e sviluppo di impresa cooperativa, oltre che docente e componente di Comitati scientifici di corsi sull’impresa cooperativa a livello universitario. È stata eletta nel 2008 Presidente della Commissione Pari Opportunità Legacoop. “Vivo questo momento come un importante punto di arrivo di quella che per me è stata sempre una scelta di campo: contribuire allo sviluppo del sistema cooperativo” dice Iacobelli commentando la sua recente nomina avvenuta il 6 giugno, ma quello che le interessa maggiormente, in considerazione del particolare momento che viviamo, è valorizzare l’importanza strategica di questo passaggio dell’organizzazione, che punta sulle donne e sul Mezzogiorno. L’altro Vicepresidente, infatti, è il siciliano Elio Sanfilippo. “Credo che vada riconosciuta a Legacoop la lungimiranza della scelta di attribuire grande rilievo al tema del riequilibrio di genere, dello sviluppo e valorizzazione del lavoro femminile anche in termini di rappresentanza - continua la Vicepresidente -. Del resto è evidente per tutti, e ripetutamente sottolineato, che l’occupazione femminile e giovanile sono due tra le sfide più importanti sulle quali si gioca il destino del nostro paese”. È proprio nella indifferibile necessità di immaginare nuovi modelli di sviluppo economici, odierno nodo cruciale, che la tradizione del movimento cooperativo può trovare nuove sintonie. “Oggi il modello cooperativo ha grandi opportunità di sviluppo e l’impresa cooperativa può contaminare l’intero sistema pro-

duttivo, a partire dai suoi valori: l’attenzione alla persona, la sostenibilità ambientale, la relazione con il territorio, la valorizzazione e il soddisfacimento dei bisogni delle comunità. Il nostro è un modello d›impresa fortemente dialogante con la società e volto a costruire un modello di società in cui siano apprezzati i valori dell’imprenditorialità e della socialità come due aspetti di una stessa medaglia”. La Commissione Pari Opportunità che presiedi è stata istituita nel 2008. Quali i risultati più significativi? Intanto direi lo sviluppo di una sensibilità sul tema delle PO in tutta l’organizzazione, ottenuta anche attraverso lo strumento - amato e odiato nello stesso tempo - delle quote, che ha incrementato la presenza femminile nelle strutture di rappresentanza, ai vertici delle imprese e degli strumenti di sistema. Sono tanti i casi che hanno visto coniugare un maggiore ruolo femminile con la valorizzazione di importanti competenze. Poi sono state messe a sistema parec-

legacooP, in particolare… Sono 13.500 le cooperative associate, circa 68 miliardi di fatturato, oltre 8,9 milioni di soci e 473.000 occupati. Nelle cooperative sociali aderenti a Legacoop, e con più di 10 milioni di fatturato, l’incidenza delle donne nelle posizioni apicali è del 50,7%, quella dei consiglieri di amministrazione donna è del 55,6% e quella dei Presidenti donna è del 38,5%. La buona performance in termini di genere delle cooperative sociali Legacoop è confermata dal confronto con un pari numero di imprese non cooperative omogenee per dimensione ed attività, in cui l’incidenza nelle posizioni apicali scende al 30,6% e quella nei CdA al 27,3%.Nelle imprese cooperative Legacoop prese nel loro insieme, invece, le donne risultano più presenti degli uomini nei ruoli impiegatizi (37,4% contro 15,9%), ma molto meno presenti nella fascia dei quadri (1,2% contro 2,3%) e dei dirigenti (0,2% contro1%).Rispetto al ruolo rilevante delle donne sul totale dell’occupazione, è donna solo il 23,9% dei componenti i Consigli di Amministrazione. Per fronteggiare questa situazione Legacoop ha introdotto quote minime di rappresentanza di genere (30%) negli organismi di direzione delle organizzazioni di rappresentanza ai diversi livelli settoriali e territoriali ed ha approvato linee guida per la governance delle cooperative associate che prevedono un progressivo riequilibrio di genere nei Cda con l’obiettivo di arrivare al 30% di rappresentanza femminile.


Luglio-Agosto 2013

cooPeraZione e Donne: nUMeri e Valori AGCI, Confcooperative e Legacoop (insieme hanno recentemente costituito il coordinamento Alleanza Cooperative Italiane) rappresentano un universo di oltre 41.363 imprese centrate sulle persone e integrate nel territorio, con circa 1 milione e centomila occupati circa 12,5 milioni di soci, un fatturato complessivo di 131,5 miliardi. L’occupazione femminile nelle imprese cooperative è mediamente del 52% e in alcuni settori - sociale, servizi grande distribuzione - raggiunge il 60%. Diverse indagini realizzate su campioni di imprese cooperative dimostrano che le cooperative: • • •

Offrono lavoro stabile alle donne (contratti a tempo indeterminato) Garantiscono continuità occupazionale Consentono alle donne di entrare nelle imprese durante tutto l’arco della loro vita attiva

Inoltre, in molte cooperative sono presenti esperienze di eccellenza in tema di conciliazione, in particolare per quanto riguarda la tutela della maternità, la flessibilità negli orari di lavoro e nelle modalità di lavoro, la messa a disposizione di servizi di assistenza all’infanzia, agli anziani, ai disabili, ambiti di cura che vengono classicamente coperti dalle donne, spesso rappresentando un ostacolo alla conciliazione vita-lavoro. Nel settore dei servizi sociali, dove è più alta la presenza femminile, è buona anche la presenza delle donne nei ruoli apicali e la loro partecipazione nella gestione delle imprese (CdA).

chie buone pratiche sul tema della conciliazione vita-lavoro attraverso il confronto tra imprese e l’utilizzo di alcune leggi agevolative, quali la 53 e la 125. Risultati sono stati raggiunti anche all’interno del Coordinamento Donne d’Impresa sui temi dell’impresa femminile, di cui come ACI abbiamo la responsabilità di portavoce, in particolare con la costituzione del Tavolo sull’Imprenditoria Femminile presso il MISE e con alcune misure che agevolano l’accesso al credito. Le carriere al femminile anche nelle organizzazioni imprenditoriali sono in salita… Cosa pensi o speri di poter fare in questo ambito e con il tuo nuovo ruolo? Penso che la valorizzazione delle donne non possa non tener conto delle competenze, che non si inventano e che richiedono impegno e lavoro. Per questo non credo nelle scorciatoie, per nessuno. Detto questo sottolineo che spero di contribuire ad essere un’apripista, una facilitatrice delle opportunità lavorative e di carriera di altre donne e spero di vedere presto più donne - e donne più giovani - arrivare ai vertici dell’organizzazione grazie al cambiamento culturale per il quale è ancora necessario lavorare, anche se riconosco e apprezzo lo spazio e il valore che Legacoop ha dato alle Pari Opportunità. ❂ Intervista in video: http://www.streamago.tv/general/24619/dora-iac-014.html

23

NOTE AI MARGINI di Alida Castelli

FonDi euroPei: FacciaMoci Sentire

T

ra i tanti appuntamenti politico di questo periodo non dovrebbero sfuggire occasioni importanti che condizioneranno il futuro: più precisamente i prossimi sette anni. Sto parlando della programmazione in corso per i Fondi Strutturali Europei 2014-2020. Sono risorse ingenti in grado di fare la differenza rispetto allo sviluppo ed ai livelli di occupazione. La discussione è incentrata a livello europeo con la presenza di tutti i Paesi e a livello italiano con i rappresentanti dei diversi ministeri interessati nonché delle Regioni. Forse è questo il livello che, più vicino ai cittadini, potrebbe sentire la nostra voce. A livello regionale è opportuno sapere che le Consigliere di Parità hanno un ruolo di componenti effettive degli organismi di sorveglianza dei Fondi, come tra gli altri i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro. Cosa fare allora per dire la nostra? Sicuramente l’incontro con le figure su indicate può offrire spunti, idee e favorire la costruzione di proposte. Punto di vista per le nostre proposte è, a mio parere, la “lista” delle nostre elaborazioni di questi anni, senza dimenticare che ogni occasione di crisi è anche l’occasione per dimenticare che nella crisi continua ad esistere una “questione femminile” mai risolta. Anzi peggiorata. E quindi, se è vero, che provenienti dall’ Europa non ci sono quasi più fondi specifici per azioni positive per le donne (indirizzo in qualche modo giustificato dal diverso livello di pari opportunità tra donne e uomini negli altri Paesi) è anche vero che tali azioni non sono assolutamente vietate, ma anzi apprezzate e condivisibili per il nostro Paese. Allora la prima proposta è quella per il (FSE) Fondo Sociale Europeo che possa prevedere azioni specifiche coniugate al femminile. Ma anche negli altri fondi quali il (FESR) Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, l’azione di mainstreaming deve essere forte e stringente nell’utilizzo dei Fondi. La nostra capacità di valutazione in ottica di genere deve quindi esercitarsi, offrire strumenti e idee, ma anche operare un vero controllo non solo ex-ante ma durante tutto il processo. Facciamo sentire la nostra voce: è importante. Per il Lazio l’incontro dell’assessorato lavoro e formazione con operatori, addetti, organizzazioni dello scorso 25 giugno all’Auditorium della Musica di ROma mi sembra una buona pratica di ascolto ed un inizio.


24

Luglio-Agosto 2013

Giovani aGricoltrici, la famiGlia fa da banca Donne in Campo denuncia la forte stretta creditizia per le imprese femminili e delle giovani. Indispensabile il sostegno economico della famiglia soprattutto nella fase di start-up

Chiara e Francesca

Se nel primo trimestre dell’anno le donne imprenditrici subiscono l’ennesima stretta creditizia, con un calo sia del numero dei prestiti che delle condizioni di finanziamento, la situazione è addirittura peggiore per le giovani agricoltrici. Che scontano ostacoli ancora più grandi, con il 68 per cento che non ottiene il credito richiesto. Per non parlare delle domande di finanziamento pubblico: per averlo, infatti, passano in media quasi due anni, mentre soltanto i costi burocratici legati all’avviamento aziendale ammontano a circa 7 mila euro l’anno. Lo afferma Donne in Campo, l’associazione femminile della Cia-Confederazione italiana agricoltori. Nonostante la spinta innovativa delle giovani aziende “rosa”, che in un caso su due praticano agricoltura multifunzionale con una produzione diversificata e sostenibile e tanta attenzione al sociale tra fattorie didattiche e agri-asili, ci sono tuttora forti discriminazioni nell’accesso al credito mentre servirebbero garanzie precise da parte di banche e istituzioni, per esempio studiando un progetto sul microcredito specifico per la categoria o un fondo “ad hoc”. Oggi invece, soprattutto per gli investimenti iniziali, resta indispensabile il sostegno della rete familiare, che finisce per sostituire la banca o l’istituto di credito. Al

“Le nuove leve dell’agricoltura in otto casi su dieci vengono aiutate dalla famiglia nella fase di start-up aziendale, per l’acquisto della terra (65%), per i macchinari (45%) e per la burocrazia di partenza (56%)”


STRATEGIE

Luglio-Agosto 2013

PRIVATE

di Cristina Melchiorri

lE rEGolE

dEl tElElavoro Sono Sandra e lavoro da cinque anni in un ufficio tecnico del Comune di Milano. Ho letto che il Comune di Torino ha iniziato un progetto sperimentale di telelavoro, emanando un bando che favorisce i dipendenti con disabilità, con carichi famigliari di assistenza, o che abitano lontano. Le 20 persone che saranno scelte lavoreranno da casa 4 giorni su 5 e solo 1 giorno la settimana sarà richiesta la loro presenza fisica in ufficio. Questa opportunità mi risolverebbe un sacco di problemi, perché ho una figlia piccola e nonni non sempre disponibili a fare i baby sitter. Sandra Migliorini, Magenta (Milano) Cara Sandra, il telelavoro in Italia è poco diffuso, solo il 5%, rispetto al 18% di media europea, e prevalentemente nelle aziende multinazionali. Nella Pubblica Amministrazione è praticamente assente, e in generale nel settore privato, dove la presenza fisica delle persone è considerata un indicatore di affezione al lavoro e all’azienda. Ci sono certamente attività che si possono svolgere anche da casa, come inserimento di dati o rielaborazione di documenti o sviluppo di progetti. D’altra parte chi si occupa di vendita è sul territorio a caccia o a presidio dei clienti, e imprenditori o imprenditrici e manager lo stesso. Quindi si può fare. Eppure anche il telelavoro ha delle regole: se vuoi lavorare da casa devi predisporre uno spazio ad hoc, con computer e collegamenti operativi, rispettando la fascia oraria di inizio e fine lavoro, garantendoti anche la tranquillità e la concentrazione necessaria. Nei giorni in cui lavori da casa, 1 o 2 la settimana, devi poter comunicare ed essere rintracciabile da chi è in azienda via Skype, , e per questo non puoi restare in camicia da notte. Devi poi partecipare alle riunioni aziendali ed essere fisicamente presente quando la tua relazione con gli altri fa la differenza. Vedo il rischio che questa scelta, se non è temporanea e fortemente sostenuta dal top management, diventi penalizzante per la tua carriera e i tuoi rapporti con i colleghi. Magari il Comune di Milano seguirà presto l’esempio virtuoso di Torino. Ce lo auguriamo. Ma nel frattempo, cerca di organizzarti con asilo, papà di tua figlia e baby sitter. I nonni non sono sempre disponibili? E perché dovrebbero esserlo?

momento, infatti, le nuove leve dell’agricoltura in otto casi su dieci vengono aiutate dalla famiglia nella fase di start-up aziendale, per l’acquisto della terra (65 per cento), per i macchinari (45 per cento) e per la burocrazia di partenza (56 per cento). Ma bisognerebbe dare maggiore fiducia, visibilità e soprattutto aiuto alle giovani agricoltrici, tanto più che in una fase di disoccupazione femminile così elevata il settore primario diventa un’opportunità, in particolare al Sud - osserva l’associazione femminile della Cia -. Oggi sono già 44.128 le aziende agricole con a capo una donna di età compresa tra i 18 e i 40 anni, pari al 15,4 per cento. Percentuali più alte della media si riscontrano sia nel Nord-Ovest (22 per cento) che nel Mezzogiorno (17 per cento), dove si trova quasi la metà delle imprese rosa (20.369) condotte da “under 40”. ❂

25

“Oggi sono 44.128 le aziende agricole con a capo una donna di età compresa tra i 18 e i 40 anni (15,4%). Percentuali più alte della media si riscontrano sia nel Nord-Ovest (22%) che nel Mezzogiorno (17%), dove si trova quasi la metà delle imprese rosa (20.369) condotte da under 40”

dall’Ufficio alla tErra: LA STORIA DI CHIARA INNOCENTI

T

rentasei anni, una laurea in economia e un futuro da imprenditrice agricola. Quella di Chiara Innocenti è una delle tante storie di giovani donne che passano con disinvoltura dalla scrivania alla campagna. Dopo l’università a Pisa, Chiara ha lavorato in banca a Milano per sette anni, ma poi l’aria di crisi che si cominciava a respirare nell’Istituto di credito l’ha spinta a lasciare la capitale dell’economia per le colline aretine. È qui, infatti, che l’attuale presidente dei giovani imprenditori della Cia Toscana ha deciso di vivere, lasciando calcolatrici, assegni e bonifici per i vigneti della Val di Chiana. Con Francesca e Andrea, una biologa e un ingegnere conosciuti ai tempi dell’università, ha deciso aprire un’azienda vitivinicola in chiave “bio”, Tunia, dove producono vino con tecniche innovative ed eco-sostenibili. All’inizio è stata difficile però. “Nessuno di noi era ‘figlio d’arte’, quindi abbiamo dovuto cominciare da zero, acquistando un podere di 25 ettari con fabbricati inclusi. Ma non ce l’avremmo mai fatta senza il sostegno delle nostre famiglie che hanno contribuito all’investimento iniziale. E senza questo capitale alle spalle non saremmo mai riusciti a ottenere un prestito bancario, peraltro a tassi molto elevati”.


Per TiTTi e le alTre

Come restituire fiduCia in un Paese Che non tutela le donne di Roberta Mori, Presidente Commissione regionale per la Parità

P

REDAZIONALE

26

ochi mesi fa a Rubiera, provincia di Reggio Emilia, è nato un Comitato di amici e parenti di una giovane donna che non c’è più. Tiziana “Titti” è stata uccisa in casa dal compagno nella notte del 20 aprile 2012 e lascia un figlio piccolo che non conoscerà mai la mamma. Hanno detto i suoi cari che il fatto è arrivato a sconvolgere le loro vite in modo inaspettato, il classico fulmine a ciel sereno che provoca prima dolore e poi rassegnazione di fronte alla confessione del reo e ad una perdita comunque incolmabile. Poi è successo qualcosa che, ancora una volta, non doveva accadere: l’uomo è stato scarcerato per un errore formale che ha scambiato la richiesta di giudizio in “decorrenza dei termini di custodia cautelare”. Ed è subentrata la rabbia, l’indignazione e nuovo dolore, perché “Tiziana è stata uccisa per la seconda volta”. Il comitato Uniti per Titti è nato così, per chiedere che la Giustizia funzioni e sia tale. Certezza della pena innanzitutto e la richiesta che una normativa nazionale introduca il reato di femminicidio, oltre a rendere realmente applicabile l’attuale legge sullo stalking per una prevenzione più efficace. La fiaccolata organizzata a Rubiera lo scorso giugno, con le istituzioni locali coinvolte e presenti, non ha inscenato una retorica delle emozioni ma ha costituito un momento di testimonianza collettiva su punti cruciali della convivenza civile. Un momento di denuncia nei con-

fronti di un sistema inadeguato nel suo complesso, socialmente ancora impreparato a riconoscere l’altro per ciò che è, culturalmente arretrato nel rispettare la donna per la propria soggettività ed il proprio essenziale protagonismo nel reggere - superandolo - il peso di secoli di discriminazioni. Nel momento in cui scrivo sono 67 i femminicidi in Italia dall’inizio dell’anno, tra questi 5 in EmiliaRomagna; inoltre sono almeno 50 i casi di tentati femminicidi, tra cui 6 in regione. Un tale bollettino non basta ancora, perché ci sono tante altre forme persistenti e terribili di violenza contro le donne, non solo fisica ma psicologica o economica, una violenza molto subita e troppo poco denunciata. Tutto lascia pensare che una legge contro la violenza si farà presto: la Convenzione di Istanbul finalmente ratificata dal Parlamento e l’approvazione di una mozione bipartisan sono passi pesanti verso questo

risultato. La violenza maschile sulle donne riconosciuta dal nostro ordinamento quale violazione dei diritti umani avrà effetti immediati in termini di difesa delle vittime e certezza delle pene. Senza questa cornice di regole la Giustizia non avrà mai gli strumenti adeguati e le cittadine e cittadini di questo Paese non crederanno più nella legalità. Il Parlamento vada dunque fino in fondo con una legge il più possibile organica, e tutte le Istituzioni dimostrino finalmente di essere dalla parte giusta nel contrastare uno dei fenomeni più cruenti e incivili che ci affliggono. Ad esempio Comuni e Regioni si costituiscano parte civile nei casi di violenza più grave e femminicidio, lo possono e lo devono fare per l’indubbia rilevanza sociale di crimini che incrinano le basi della nostra convivenza in uno stato di diritto. La barbarie dei femminicidi non si riduce come ovvio ad una questione


giuridica e va dunque affrontata nella sua reale complessità. Per questo nella nostra legge regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere inseriremo vari interventi, che consideriamo necessari e da porre al centro di una iniziativa di livello davvero nazionale. Ciò vale per i Centri antiviolenza, che in Emilia-Romagna scontano l’insufficienza dei fondi pubblici sul welfare ma sono comunque riconosciuti come servizi garantiti e universali per le donne, mentre in tanta parte d’Italia la loro esistenza dipende solo dalla volontà degli enti locali o delle associazioni presenti sul territorio. Occorre poi un Osservatorio sulla e contro la violenza, che noi concepiamo come organo capace di coinvolgere e responsabilizzare istituzioni, forze dell’ordine, mezzi di comunicazione, associazioni, per una realistica lettura del fenomeno in tutti i suoi aspetti e un contrasto a 360°. Altrettanto importante è un serio investimento nelle politiche culturali e in quelle educative nelle scuole, finalizzato a sconfiggere gli stereotipi e i modelli che imprigionano la donna in ruoli sociali non scelti, non attuali, inaccettabili. Niente di ciò che faremo restituirà Titti e nessun’altra donna ai suoi affetti. Lo sanno bene a Rubiera, dove hanno deciso di dare un senso alla rabbia e una speranza al cambiamento, chiedendo alle istituzioni di essere al loro fianco.

ad un anno dal TerremoTo: DALLA resILIenzA ALLA rInAsCITA

Palma Costi, Presidente Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna

Dal terrore all’incredulità, dal pianto alla reazione, dalla ricaduta alla consapevolezza che il terremoto del maggio del 2012 avrebbe cambiato per sempre la nostra vita e richiesto a tutte le istituzioni, a partire da quelle locali e regionali, una presenza ed una

capacità di reazione inedite nella loro storia. Un dramma che, prima di tutto, ha provocato la perdita di vite umane e feriti: 27 morti che per i media sono le vittime mentre per noi erano amici e conoscenti. Quei colpi terribili, che hanno cambiato anche fisicamente il nostro territorio, potevano segnare un punto di non ritorno per un sistema sociale ed economico provato dalla crisi e dalla difficoltà di generare coesione sociale e speranza per il futuro. Da quei colpi di maglio della natura abbiamo ritrovato il senso di un’appartenenza che forse credevamo smarrita, una forza interiore che ci ha resi in grado di rigenerare, condividendoli, rapporti e relazioni nelle nostre comunità forse sopite dalle certezze di un tempo. Questa terribile esperienza ci ha cambiato anche dentro; ci ha fatto riscoprire valori e legami sociali forse sopiti dalle certezze di un benessere e di una sicurezza che pensavamo eterne. Tutta la nostra gente ha reagito con grande forza: i cittadini, le famiglie, le imprese, i sindaci, la struttura amministrativa. Hanno reagito la protezione civile, il sistema dei volontari, i singoli cittadini e intere comunità, anche molto distanti geograficamente. Un eroismo del quotidiano sul quale, come al solito, non si sono risparmiate le donne. Potrei soffermarmi a raccontare centinaia di storie al femminile che hanno dato prova di resilienza riorganizzandosi nel lavoro, in famiglia, con i più piccoli, con gli

anziani, nei rapporti di vicinato. Mettendo al centro di ogni storia, incrociata tra le macerie, l’urgenza delle relazioni, della prossimità. Le istituzioni, cui mi onoro di appartenere, hanno saputo trarre da questa tragedia insegnamenti preziosi, che inevitabilmente dovranno ripercuotersi in ogni ambito di intervento della loro attività politica ed amministrativa. Anche in ambito pubblico, si è lavorato con lo stesso impegno e con la volontà di dare le migliori risposte possibili ai cittadini e alle imprese. Il terremoto ci ha insegnato quanto si possa fare insieme. Credo che la cosa più importante sia aver dimostrato, con i fatti, che questo nostro paese ha risorse umane straordinarie che possono dare moltissimo alla collettività. Questa comunità che riconosce se stessa e i propri luoghi, questa identità in movimento deve essere il motore per uscire dalla tragedia. Vogliamo farcela e dare un esempio positivo e di fiducia a tutto il paese. Declinato in un binomio femminile: rinascita e ricostruzione!

27


28

Luglio-Agosto 2013

Narrativa coNtemporaNea

romeNa di Cristina Carpinelli

ROMANIA

La parte del leone spetta alle giovani scrittrici Gabriela Adamesteanu

Molti sono i libri di scrittrici romene già tradotti e pubblicati anche in Italia. Da diversi anni questi sono, ad esempio, presentati al Salone del libro di Torino. Anche quest’anno, dunque, non potevano mancare all’appuntamento narratrici già note al pubblico italiano e altre esordienti che hanno presentato i loro ultimi libri. Di Doina Rusti (1958), membro dell’Unione degli Scrittori di Romania, è stato pubblicato proprio nel 2013 dalla casa editrice Rediviva il libro Lisoanca. La casa editrice Hacca ha, invece, pubblicato sempre quest’anno il libro Confessioni a Tanacu di Tatiana Niculescu Bran. Basato su un fatto realmente accaduto, il libro racconta di una giovane monaca che non sopravvive alle pratiche agghiaccianti di esorcismo praticate nel monastero ortodosso di Tanacu. Il film drammatico Oltre le colline del giovane regista Cristian Mungiu s’ispira proprio a questo romanzo. Dell’autrice sono anche i romanzi (non ancora tradotti in italiano) Le notti del patriarca (2011) e Nella terra di Dio (Polirom Publishing House, 2012). Quest’ultimo è una storia africana sulla mutilazione genitale femminile. Nel panorama narrativo romeno incontriamo an-

che Gabriela Adamesteanu (1942), la meno giovane tra le scrittrici emergenti, ma considerata uno dei più grandi narratori romeni contemporanei. Oltre ad essere autrice di diversi romanzi è un’esponente di spicco dell’intellighenzia post-decembrista. Attivista della società civile, è membro del Gruppo per il Dialogo Sociale (GDS). Fino al 2005 è stata caporedattrice di “Revista 22”, l’unico periodico indipendente della Romania postdecembrista. Nel 2012 sono comparsi in Italia due suoi romanzi: Una mattinata persa (Atmosphere Libri) e Verrà il giorno (Cavallo di Ferro Editore). Il primo romanzo è incentrato su una conversazione tra due donne. Attraverso i loro racconti, i traumi e le rotture del destino viene ricostruita superbamente la tragica fine di una generazione, quella interbellica. Il secondo è, invece, la storia di Letitia Branea, nel suo passaggio dall’età dell’adolescenza a quella della maturità, in una Romania degli anni Cinquanta, in pieno comunismo stalinista. Infine, nel 2010 è uscito il suo romanzo L’incontro (Ed. Nottetempo), che racconta del senso di sradicamento di un esule rumeno di ritorno in patria. Altra scrittrice rumena, nota per la sua scrittura fluida e cristallina, è Flori-


na Ilis (1968). Nel 2012 è uscito in Italia il suo romanzo Cinque nuvole colorate nel cielo d’Oriente (Atmosphere Libri) ambientato a Tokyo, con cinque protagonisti, quattro in carne e ossa più un piccolo robot, Qrin. In Cinque nuvole sono dispiegate alcune tematiche care all’autrice e ricorrenti nei suoi romanzi, come quelle del rapporto uomo-donna o adulto-bambino, del mondo dell’informatica, della cibernetica, del virtuale. Di Liliana Lazar (1972), che vive in Francia, è stato pubblicato Terra di uomini liberi (Marco Tropea Editore, 2011), avvincente romanzo a sfondo sociale e politico, con venature di thriller d’autore, su un tema antico come la lotta tra il Bene e il Male. Nel 2012 Nikita Editore, ha pubblicato, invece, L’omino rosso di Doina Rusti. È un romanzo che racconta una storia coinvolgente, parlando dell’amore e della sofferenza con ironia e leggerezza, al cui centro vi è una grande città come Bucarest, con scorie del passato regime ancora ben riconoscibili; una Bucarest teatro di miseria e contraddizioni, una città amara, ma anche magica, capace di offrire una possibilità di speranza e di cambiamento. Doina Rusti è la terza autrice rumena, dopo Nora Iuga (1931) e Cecilia Stefanescu, a essere tradotta da Nikita Editore. Di Cecilia Stefanescu (1975) Nikita ha pubblicato nel 2011 il libro Relazioni morbose. Ambientato nella Bucarest degli anni Novanta, città polverosa dove ogni angolo rivela la povertà del passato e il fermento della Romania del dopo Ceausescu, il romanzo narra la storia radicale e ossessiva tra due giovani donne, mostrando una parte nascosta della Romania di oggi. Una grande rivelazione si è dimostrata la scrittrice Adina Rosetti (1979), che nel 2011 ha presentato al Salone del libro di Torino il suo primo romanzo Deadline (Bucarest, Curtea Veche, 2011). Un libro, purtroppo non ancora tradotto in italiano, che rivela un’autrice pienamente formata, e che preannuncia una nuova voce di spicco nella letteratura rumena al femminile. Nel suo romanzo, Adina Rosetti contrappone mondi paralleli e spesso in opposizione, come quello della Bucarest capitalista, cosmopolita, ma anche finta, superficiale, complice della subdola disumanizzazione dei suoi cittadini, e la provincia romena, immutata nella sua mentalità retrograda. Allo stesso modo, l’autrice sottolinea il divario sempre più profon-

do tra i ricchi di Bucarest e i poveri delle periferie. Con questo romanzo, la Rosetti scende nelle viscere della realtà per capire e captare impietosamente i meccanismi mal funzionanti di una società con tare passate e presenti, rientrando pienamente nella tendenza neorealista che domina la letteratura rumena attuale. Per conto di Rediviva Edizioni è uscito nel 2012 il volume di racconti Il villaggio senza madri di Ingrid Beatrice Coman (1971), un libro dedicato agli orfani “bianchi” (costretti a crescere senza i genitori emigrati all’estero) della Romania. Sempre della stessa autrice, le Edizioni Uroboros hanno pubblicato nel 2010 Per chi crescono le rose. Una storia d’amore tra un professore, Catalin, e la sua allieva, Magda, ambientata nella Romania di Ceausescu poco prima della rivoluzione del 1989. Per completare il panorama dell’attuale narrativa rumena al femminile, va senz’altro citato il libro Compagne di viaggio (Racconti di donne ai tempi del comunismo), a cura di Radu Pavel Gheo e Dan Lungu, pubblicato da Sandro Teti Editore (2011). Come sostiene Monica Joita, che ha introdotto il libro, “Compagne di viaggio si presenta sotto forma di antologia di testi letterari rivestendo, inoltre, il ruolo di ‘documento sociologico’, poiché le 17 scrittrici sono state invitate (…) a raccontare la loro esperienza sotto il regime comunista. Le autrici hanno età biologiche ed esperienze di vita diverse. Sono vissute per molto (o meno) tempo nella Romania prima del dicembre 1989…”. Attraverso le loro confessioni, le 17 scrittrici rumene (Adriana Babeti, Anamaria Beligan, Carmen Bendovski, Rodica Binder, Adriana Bittel, Mariana Codrut, Sanda Cordos, Nora Iuga, Cerasela Nistor, Ioana Ocneanu-Thierry, Simona Popescu, Iulia Popovici, Alina Radu, Doina Rusti, Simona Sora, Mihaela Ursa, Otilia Vieru-Baraboi) raccontano delle preoccupazioni da sempre appartenenti alla sensibilità femminile: la relazione tra vita pubblica e vita privata, il rapporto tra i due sessi, la solitudine, l’amore, l’alienazione, la vecchiaia, ecc. Le loro narrazioni non sono “manifesti ideologici” contro il regime di Ceausescu. A loro interessa esclusivamente raccontare. E nel loro frugare nell’inferno della vita quotidiana sotto il comunismo, si avverte persino - come sostiene Monica Joita - un senso di umorismo nei confronti dei tormenti subiti sotto la dittatura. Esempio di letteratura impegnata dal forte impatto civile, l’antologia affronta temi di scottante attualità, come quello, ad esempio, dell’interruzione clandestina di gravidanza che ha reso celebre il film del regista rumeno Cristian Mungiu 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni. b

29

ROMANIA

Luglio-Agosto 2013


30

Luglio-Agosto 2013

Le donne Cofán:

ecoturismo e tutela ambientale

ECUADOR

Amazzonia Ecuadoriana, dalla maledizione dell’abbondanza a una nuova era ecologica?

Testo e Foto di Maria Elisa Di Pietro

Il modello più riuscito di ecoturismo e tutela ambientale A pomeriggio inoltrato sbarchiamo nel piazzale deserto. è il villaggio di Zabalo, nella Riserva Naturale Cuyabeno, Ecco una bambina! Al mio “¿Cómo te llamas?” risponde gestito ufficialmente dal 2004 dai Cofán, uno dei gruppi “Michelle”. Attacco con la melodia: “Michelle, ma belle. indigeni sopravvissuti nella selva amazzonica dell’EThese are words that go together well”. Azzardo la traducuador nordorientale, dove ne restano meno di zione spagnola e proseguo: “I will say the only 2.000 in 10 comunità, più o meno trecento a words I know that you’ll understand”. Il ghiaccio Zabalo e pochi altri in Colombia. NE REstANO è rotto, l’intesa miracolosa! È un motivo adatmENO Di 2.000 to: canta un amore non ostacolato da barrieUn’estinzione impressionante: l’invasione iN 10 COmUNità: re linguistiche, quasi insuperabili se si tratspagnola ne aveva risparmiati almeno sONO i COfáN NEllA ta di un idioma indigeno arcaico, farcito di 150mila. Sono tra i nativi più colpiti delle RisERvA NAtURAlE spagnolo. La chiquita mi conduce per attività petrolifere, ma come gli altri si CUyAbENO mano verso due piscine artificiali e grida considerano una nazionalità organizzata DEll’ECUADOR “Charapa!”. Coglie un fiore. Mi porge il bocin federazione, che dagli anni Settanta ha NORDORiENtAlE reagito, rivendicato diritti alla terra e nel 1993 ha accusato la Chevron-Texaco di aver dolosamente danneggiato per un trentennio (1964-1992) oltre 2,5 milioni di ettari di foresta e fonti d’acqua, animali e persone per risparmiare sui costi. Gli attivisti Cofán vantano riconoscimenti internazionali e sono in prima linea tra le 30mila vittime rappresentate dal Fronte della Difesa dell’Amazzonia, promotore del giudizio. Nel 2002 hanno siglato un accordo col Ministero dell’Ambiente per cooperare nella tutela del patrimonio naturalistico più ricco di biodiversità al mondo, applicando conoscenze tramandate da migliaia di anni.

ciolo e con lo stelo indica le tartarughe che fanno capolino dall’acqua. Un cartello illustra il progetto di avviato nel 1989, con contestuale divieto di prelievo, per la ripopolazione di due specie autoctone allo scopo di studiare e recuperare questa risorsa alimentare e turistica. Bimbi e donne raccolgono le uova e curano le testuggini per rilasciarle nel fiume dopo il superamento del primo critico anno di vita. L’idea, ormai estesa a tutte le comunità Cofán, ha reinserito uova e carne nella dieta locale, nella produzione di cosmetici, sapone e creme per la pelle e nel biocommercio controllato. Le attività ecologiche ed economiche dei Cofán comprendono coltiva-


Luglio-Agosto 2013

denza triplicato. È tuttora emergenza lE Attività sanitaria: servizi scarsi e discontinui, COmpRENDONO negati a chi non può permetterseli, COltivAziONE E impiEgO improvvisati da missionari e volontaDi piANtE mEDiCiNAli, CACCiA, pEsCA E AgRiCOltURA ri con mezzi di fortuna, come abbiaDi sUssistENzA, COstRUziONE mo verificato in un mese di permaDi CANOE ecofriendly, nenza in comunità e stazioni ecologiARtigiANAtO che come Nuevo Rocafuerte. ECOlOgiCO Il progresso è lento. Dopo innumerevoli rinvii negli USA, nel 2009 la causa si è riaperta in Ecuador. Intanto la mortalità materna resta alta e far figli per gli indigeni non è una decisione difficile, accade appena la natura lo consenta. Michelle mi tira per il braccio per farmi conoscere un’amica orfana che consola il fratellino. Sullo sfondo casse, tubi, disordine e fango, qualche gallina e un recinto di pecari, allevati dall’unico uomo presente al momento nel villaggio con la tunica tradizionale e la corona di piume. Gli altri sono in città, reclutati come operai nelle aziende petrolifere, oppure impegnati come ranger in stazioni ecologiche e lungo il confine. Curano oltre 1 milione di ettari di foresta pluviale (5.060 kmq), un’area 60 volte più piccola dell’Italia, contro i 30mila kmq abitati in origine. Anche alle donne è riconosciuta la formazione professionale a questo ruolo, con compiti e autorità pari ai guardaparco statali. Inoltre svolgono collaborazioni con team scientifici, musei e santuari di piante medicinali, valorizzando conoscenze ecologiche che si vorrebbe dichiarare patrimonio dell’umanità. Il tramonto tinge d’oro il Rio Aguarico. Le bambine ci seguono in canoa per i saluti e ne approfittano per l’ultimo tuffo. L’indomani a Lago Agrio sarà tutto diverso. Il quartier generale dei petroleros è invaso da coloni, commercianti di legname, trafficanti e migranti clandestini, abitato da nativi sfollati dalle loro terre: anonime costruzioni di legno e cemento con tetti in lamiera sostituiscono le maloca; l’alcol è preferito alla chicha; campi sportivi, asfalto, monocolture e motori rubano spazio a giardini botanici e agli orti abbandonati dagli ultimi sciamani. Il 3 gennaio 2012 una svolta: la condanna della Chevron-Texaco al risarcimento per danno ambientale più alto della storia è stata confermata, anzi raddoppiata a 19 miliardi di dollari, perché i responsabili non hanno presentato le pubbliche scuse richieste dalla sentenza. Sarà davvero

ECUADOR

zione e impiego di piante medicinali, caccia, pesca e agricoltura di sussistenza per soddisfare le necessità quotidiane, costruzione di canoe ecofriendly, artigianato ecologico. Un’anziana si avvicina. L’abito, stoffe diverse a tinte sgargianti, è la divisa imposta dai missionari in sostituzione del tradizionale costume adamitico guarnito di piume. Un cenno e il piazzale si riempie di ragazzine e donne che, in ordine rapido e perfetto, allestiscono una mostra su rudimentali stenditoi: monili confezionati con semi, gusci, piume, denti di animali e ali di farfalla. Ciascuno riporta un cartellino col nome di chi l’ha realizzato e prezzo in dollari americani, che dal 2000 hanno corso legale in Ecuador per contrastare la crisi economica. Per mia madre scelgo con decisione un bracciale confezionato da Carmela, si chiama come lei! Ne aggiungo altri firmati Luzmilla, Amelia e Anita. Le ringrazio una ad una, un delicato pretesto per saperne di più della loro condizione. Una giovane sbircia alla finestra, ha un’eruzione cutanea sulla fronte. Il petrolio pareva una promessa di sviluppo, invece oggi lo chiamano “maledizione dell’abbondanza”. Infanzia e genere femminile sono più esposti e vulnerabili per ragioni fisiologiche, condizioni di vita e ruoli. Le donne, isolate in zone poco accessibili, disinformate e discriminate più dei maschi nei diritti alla salute, hanno notato per prime le conseguenze della contaminazione di acqua, aria e catena alimentare: aumento della mortalità infantile, malnutrizione, malformazioni, infezioni intestinali e urinarie, malattie cutanee, respiratorie, tubercolosi, epatite e cancro, con rischio di inci-

31


ECUADOR

32

Luglio-Agosto 2013

tutta un’altra storia? La Chevron segue la strategia negazionista: rifiuta di riconoscere l’autorità della decisione, esecutiva in tutti i paesi del mondo, e cerca di bloccarne gli effetti: invoca arbitrati, lancia accuse e ricorsi pretestuosi, campagne mediatiche infamanti, ma non è abbastanza tempestiva: in Argentina sono già stati confiscati beni di proprietà della compagnia. Per evitare l’estrazione del greggio rimasto e salvaguardare gli indigeni residenti, nel 2010 è stato istituito un fondo cogestito da Ecuador e Nazioni Unite: 3 miliardi e 600 milioni di dollari, metà del valore del petrolio stimato nel sottosuolo; persone fisiche, aziende e governi potranno acquistarne quote da riscuotere immediatamente qualora le attività estrattive riprendessero. A marzo 2013 la Fondazione per la Sopravvivenza dei Cofán ha vinto un premio internazionale di 500mila dollari, da destinare soprattutto a dialogo interculturale, l’istruzione dei giovani, insegnamento di inglese e spagnolo, empowerment e partecipazione femminile ai processi decisionali. Domani sarà un altro giorno? Michelle ci crede. b

La rivoluzione ‘confiscata’ di Marcella Rodino

Le tunisine lottano, oggi, per preservare diritti già conquistati

“Oggi le associazioni femministe e la società civile in Tunisia non lottano più per ottenere l’uguaglianza effettiva e totale, ma lottano per preservare i diritti che avevano già acquisito”. Sono le parole della giornalista e blogger tunisina Leena Ben Mhenni, ospite in Italia in un incontro tutto al femminile sulle Primavere arabe promosso dalla Leena Ben Mhenni Fondazione Carical. Al suo fianco Joumana Haddad, giornalista e scrittrice libanese, e Jamila Hassoune, “libraia itinerante” di Marrakech. “Il risveglio delle coscienze è ormai in atto - spiega Mario Bozzo, Presidente della Fondazione Carical, che da sette anni sostiene il Premio per la Cultura Joumana Haddad Mediterranea – e, se attraverso il dialogo interculturale, si riuscirà a riscoprire e a rilanciare punti di contatto e convergenze su ideali comuni, le sponde del Mediterraneo potranno tornare a essere una sorgente di civiltà e di progresso”. Realiste, pragmatiche, lucide e combattive. Donne in priJamila Hassoune ma linea, pronte a continuare a lottare per ottenere quelli che definiscono “diritti di tutti”. Il riconoscimento della parità di genere non è per loro un lusso. Uno stato civile e democratico deve fondarsi sull’uguaglianza, dicono, sul riconoscimento dei diritti di tutto il popolo.


Negli occhi di Leena Ben Mhenni non si vedono gelsomini. È una donna minuta, di 29 anni, con l’espressione di chi non ha vinto nessuna battaglia e che si vede ancora in prima linea. Con lo sguardo fisso davanti a sé, pronuncia parole dure, di chi sulla sua pelle vive quella che noi amiamo chiamare “transizione democratica”. “Dopo due anni dalla rivoluzione la situazione in Tunisia non è buona - afferma Leena -. Si è registrata una regressione da più punti di vista: economico, politico, sociale e dei diritti, in particolare quelli delle donne”. La Tunisia, rispetto al resto del mondo arabo, era un paese all’avanguardia per i diritti riconosciuti alle donne, dentro e fuori la famiglia. Risale al 1955 il Codice dello statuto personale, motivo di orgoglio di fronte al mondo occidentale. Il contesto della Tunisia è veramente differente da quello di altri paesi della regione araba, ci spiega Leena, come l’Egitto, il Libano, i Paesi del Golfo, dove per esempio la poligamia è una pratica riconosciuta. “In Tunisia la poligamia non esiste dal 1955 e anche prima non faceva parte della nostra tradizione – racconta Leena -. Ma oggi stiamo assistendo a una regressione oscurantista che parla di poligamia, di introduzione della Sharjah nella Costituzione e nella società”. Altra situazione quella raccontata da Jamila Hassoune: “In Marocco – spiega -, ci sono state nel 2011 manifestazioni, sollevamenti popolari, ma il paese aveva già vissuto periodi di forti cambiamenti 10-15 anni prima. Con l’arrivo del nuovo Re, infatti, è stato per esempio redatto il nuovo Codice di Famiglia”. Nel 2011, comunque, il “Movimento 20 febbraio” scendendo in piazza ha portato in pochi mesi alla modifica della Costituzione, passo importante nel processo di democratizzazione del Marocco”. L’intellettuale libanese Joumana Haddad chiarisce lo stato d’animo di chi ha creduto nella rivoluzione. Parla di popolazioni che vivono l’incubo dei due mostri, quello della dittatura appena scacciato e quello islamista, attualmente al potere. “Purtroppo quello che sta succedendo da due anni nel mondo arabo non si può considerare una primavera - afferma -, anche se le dittature dovevano cadere e hanno anche tardato a farlo. C’è un nuovo mostro, islamista, che ha in qualche modo preso in ostaggio quelle rivoluzioni”. Il mostro islamista di cui parla Joumana è però stato eletto a maggioranza dai cittadini, con regolari elezioni democratiche. “Sono convinta – continua Joumana - che non ci possa essere un cambiamento positivo per i popoli del mondo arabo se non si conquista la laicità dello Stato”, portando ad esempio il

A due anni dalla rivoluzione si registra una regressione

caso della Turchia e il partito al potere AKP, che ha saputo conciliare l’ispirazione religiosa con la laicità dello Stato. “Purtroppo nel mondo arabo siamo ancora lontanissimi da questo ideale. Persino in Libano i leader religiosi hanno il permesso di interferire di continuo nella vita politica, sociale, privata dei cittadini”. Altrettanto dura sui partiti islamisti al potere è Leena Ben Mhenni: “Ho l’impressione che la rivoluzione tunisina sia stata confiscata, che sia necessario continuare a lottare per rimetterla sui binari e per creare veramente uno stato democratico”. Leena racconta che in molti dei paesi occidentali in cui è stata dalla caduta di Ben Ali l’informazione circolante parla di una rivoluzione compiuta, del successo della Primavera araba. “Se Ben Ali faceva propaganda giocando sul tema dei diritti riconosciuti dallo stato tunisino - spiega Leena - ora chi è al potere gioca sulla propaganda della moderazione”. Una moderazione che secondo Leena e Joumana non risponde alla realtà. “Forse dovremo ancora aspettare 10-15 anni - afferma la scrittrice libanese - per poter finalmente arrivare a una primavera, di cui abbiamo bisogno non solo come donne, ma anche come uomini”. E aggiunge, non solo nel mondo arabo. “Ogni volta che vengo in Italia, leggo storie orrende di violenza a cui sono sot-

toposte le donne. Mi fa male al cuore che questo Paese, dove è stata fatta una lotta importantissima negli anni ‘60 e ‘70, stia adesso affrontando questi problemi. Credo che sia necessario continuare a lottare, svegliarsi ogni giorno e andare a fare la guerra. Non possiamo considerare i nostri diritti come assicurati. Li dobbiamo difendere ogni giorno”. A Jamila chiediamo quale potrebbe essere il ruolo dell’Occidente nel sostenere la nascita di nuove democrazie. “Non so dire se l’Occidente ha o avrà un ruolo nei processi democratici, perché ognuno di noi deve essere e rimanere indipendente. Bisogna però che l’Occidente cambi i suoi stereotipi e che ci sia comprensione, dialogo egualitario a partire dalle stesse basi”. La battaglia quotidiana di Jamila è quella di elevare i giovani, di renderli curiosi e capaci di informarsi. “Ed è in questo modo - conclude - che si diventa un buon cittadino”. b

La Tunisia nel mondo arabo era all’avanguardia per i diritti riconosciuti alle donne

33

TUNISIA

Luglio-Agosto 2013


COOPERATIVA LIBERA STAMPA

Sede in Via della Lungara, 19 - 00165 Roma (RM) Bilancio al 31/12/2012 (forma abbreviata) STATO PATRIMONIALE ATTIVO 31/12/2012 A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (di cui già richiamati) B) Immobilizzazioni I. Immateriali - (Ammortamenti) - (Svalutazioni) II. Materiali - (Ammortamenti) - (Svalutazioni)

III. Finanziarie - (Svalutazioni) Totale immobilizzazioni C) Attivo circolante I. Rimanenze II. Crediti - entro 12 mesi - oltre 12 mesi Totale Crediti con separata indicazione per ciascuna voce… IV. Disponibilità liquide Totale attivo circolante D) Ratei e risconti TOTALE ATTIVO

STATO PATRIMONIALE PASSIVO A) Patrimonio netto I. Capitale IV. Riserva legale VII. Altre riserve Riserva straordinaria o facoltativa Differenza da arrotondamento all’unità di Euro VIII. Utili (perdite) portati a nuovo IX. utile d’esercizio IX. Perdita d’esercizio Acconti su dividenti Totale patrimonio netto

31/12/2011

CONTO ECONOMICO A) Valore della produzione 1) Ricavi delle vendite delle prestazioni 2) Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione: 5) Altri ricavi e proventi

31/12/2012

31/12/2011

95.789

160.258

65.003

76.897

160.792

237.155

16.602 107.350 5.705

22.249 150.743 5.943

36.047 12.215 3.357 51.619

72.741 19.421 5.455 97.617

10) Ammortamenti e svalutazioni b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali Totale ammortamento e svalutazioni 11) Variazioni delle rimanenze di materie prime,sussidiarie, di consumo e merci 14) Oneri diversi di gestione Totale costi della produzione

260 4.759 186.295

(3.020) 7.803 281.335

Differenza tra valore e costi di produzione (A-B)

(25.503)

(44.180)

281 281

300 300

17) Interessi e altri oneri finanziari: -altri

206

270

Totale proventi e oneri finanziari

75

30

Totale valore della produzione 9.673 (9.673)

187.493

9.673 (9.673)

187.493

187.493

187.493

2.760

3.020

117.824

299.231

117.824 146.823 267.407

299.231 52.354 354.605

500

500

455.400

542.598

31/12/2012 31/12/2011 2.500 3.080 16.499

2.500 3.080

(5.033)

(762)

22.065 ( ) 39.111

(4.272) ( ) 546

B. Fondi per rischi e oneri C. Trattamento fine rapporto di lavoro subordinato

23.937

20.655

D. debiti - entro l’esercizio

392.352

521.397

Totale Debiti con separata indicazione per ciascuna voce…

392.352

521.397

TOTALE PASSIVO

455.400

542.598

B) Costi della produzione 6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 7) Per servizi 8) Per godimento di beni terzi 9) Per il personale a) Salari e stipendi b) Oneri sociali c) Trattamento di fine rapporto Totale per il personale

C) Proventi e oneri finanziari 15) Proventi da partecipazioni: -altri 16) Altri proventi finanziari: -altri Totale altri proventi finanziari

D) Rettifiche di valore di attività finanziarie 18) Rivalutazioni:

13

Totale rettifiche di valore di attività finanziarie

13

E) Proventi e oneri straordinari 20) Proventi con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni… 21) Oneri con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni… Totale delle partite straordinarie Risultato prima delle imposte 22) Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate 23) Utile (Perdita) dell’esercito

84.069 26.855 57.214 31.786 9.721 22.065

Il presente bilancio corrisponde alle risultanze contabili. Da pubblicare ai sensi dell’art.1, comma 23, del decreto legge 23 ottobre 1996, n.545, convertito con legge 23 dicembre 1996, n.650. RICAVI DELLE VENDITE E DELLE PRESTAZIONI Ricavi delle vendite di copie di cui per abbonamenti Ricavi delle vendite per spazi pubblicitari e redazionali di cui per la vendita tramite concessione di pubblicità

73.590 41.221 22.872 ------------

COSTI PER SERVIZI Lavorazioni presso terzi Agenzie di informazione

23.105 ------------

Presidente del Consiglio di Amministrazione FERRAGUTI ISA

43.922 774 43.148 (989) 3.283 (4.272)


Luglio-Agosto 2013

35

IrresIstIbIle ascesa di Elisabetta Colla

Fra le figure femminili che a Cuba svolgono un ruolo di primaria importanza a livello dirigenziale, spicca nell’ambito del turismo e della cultura, Ivis Fernández Peña, Delegata del Ministro del Turismo, la prima delegata donna a rivestire questo ruolo: in lei spessore umano ed intelligenza si sposano, come quasi in tutte le donne cubane in posti di rilievo, con una grande semplicità e professionalità. Durante una relazione tenuta al FITCuba2013 (la Fiera Internazionale del Turismo), in Varadero, la Delegata aveva evidenziato come tale località, famosa per le spiagge ed il mare, abbia anche un’importante storia, tra cultura e memoria, ricordando i racconti dei suoi nonni sulle spiagge di Varadero, quando la località era un luogo frequentato dai pirati, nel XVI sec., ed un agglomerato di case di pescatori in legno, negli anni Venti del Novecento, fino all’espansione turistica attuale. La intervistiamo sul ruolo e sull’ascesa professionale delle donne cubane.

Oggi a Cuba le donne che occupano posti di livello dirigenziale sono molte: cosa ha reso possibile questo importante risultato? Nella storia del nostro Paese la posizione delle donne è davvero cambiata con il trionfo della Rivoluzione, nella quale hanno giocato un ruolo fondamentale; poi, nel tempo, è andato a poco a poco affermandosi il ruolo delle donne, fino ai ranghi direttivi, con responsabilità di governo, statali, sempre più importanti. Prima le donne svolgevano quasi esclusivamente compiti domestici, oggi il corpo professionale del Paese ha una rappresentazione molto forte nel genere femminile e, realmente, ogni giorno di più cresce e si sviluppa il ruolo della donna a Cuba. Per esempio nell’ambito del turismo, sul territorio che io rappresento (provincia di Matanzas), la presenza delle donne è il 38% della forza lavoro, al primo livello di direzione, nel sistema alberghiero, extra-

alberghiero e di imprese di appoggio, dove mai c’era stata la presenza femminile. Abbiamo fatto di recente un Taller sul tema ‘La donna dirigente nel turismo’, molto bello, in connessione col Ministero del Turismo che lo ha promosso sul territorio, e che è poi culminato in un grande Taller nazionale, dove sono stati discussi i principali problemi che hanno le donne dirigenti, nello scenario attuale, e l’impatto e lo sviluppo economico che si determinano nel Paese inserendo in maniera attiva la donna cubana in posizioni realmente decisive. Cosa pensa della situazione delle donne in molti altri Paesi del mondo? Il nostro esempio può essere una guida, una meta per altri paesi (anche latinoamericani ma non solo). A Cuba si è dimostrato che con l’inserimento attivo della donna nel cambiamento e nello sviluppo del mondo del lavoro, i risultati sono più sostenibili e durevoli, per gli stessi sentimenti e valori di cui le donne sono portatrici. Esistono a Cuba programmi sociali che favoriscono la promozione e l’orientamento delle donne anche nel campo della conciliazione casa-lavoro? Sì, il Paese ha programmi sociali che appoggiano totalmente le donne e che sono diretti e monitorati dalla Federazione delle Donne Cubane, un’organizzazione cubana fondata subito dopo la rivoluzione (il 23 agosto del 1960), che ha una storia importante ed una figura di leader storica di rilievo come quella di Wilma Espin, moglie di Raul Castro. La Federazione, con circa 4 milioni di donne iscritte in delegazioni territoriali, svolge un ruolo di orientamento, formazione e trasmissione del sapere delle donne, oltre a favorire il pieno esercizio della parità fra i sessi e la promozione femminile nei posti di direzione del Paese. Per quanto riguarda la conciliazione casa-lavoro, anche noi cubane combiniamo, allo stesso modo delle donne di tutto il mondo, le nostre responsabilità materne e familiari con la funzione professionale e di direzione, una sfida difficile ma non impossibile. b

CUBA

Da rivoluzionarie a dirigenti: la fermezza delle donne cubane


36

Luglio-Agosto 2013

LIBRI a cura di tiziana bartolini

Fraternità, una bussola per il mondo nuovo Il pensiero democratico è diventato silenzioso riguardo la fraternità, sembra indifferente. Troppo tiepido, vive con i “remi in barca,” senza accettare la sfida che la nostra natura stessa ci pone. La fraternità è invece sintomo di una società viva, sempre accesa di interesse per la realtà che ci viene incontro, per la vita come vigilia. Ad affrontare questa categoria è Maria Rosaria Manieri, docente di Filosofia Morale all’Università di Lecce, in “Fraternità” (ed Marsilio) con un saggio su uno dei principi cardine dell’agire pubblico che si pone l’obiettivo di recuperare nell’orizzonte contemporaneo l’idea di fraternità, come punto di vista critico sul mondo attuale, come principio civico di ridefinizione di una nuova etica pubblica. Nel cogliere le contraddizioni e i paradossi della nostra epoca il lavoro risponde all’esigenza razionale di una ripresa dell’idea di fraternità, nel solco della libertà e dell’uguaglianza quale antidoto ai guasti del fondamentalismo individualista, ma anche alle derive comunitariste, comunque definite. Marina Caleffi, Twitter@marinacaleffi maria rosaria manieri Fraternità rilettura civile di un’idea che può cambiare il mondo ed marsilio, pagg 156, euro 15,00

l’universo della violenza di genere “Denunciare senza paura, senza vergogna, senza morire”… è l’incipit che introduce lo spettacolo teatrale ispirato al libro dal titolo “Labirinti del male”, in scena con Luciano Garofano sul palco e Francesco Zarzana alla regia. Attraverso racconti dei familiari delle vittime di femminicidio emergono le responsabilità delle istituzioni ma anche indicazioni utili per chiedere aiuto in tempo, “al primo dubbio”. Barbara Palombelli, nella prefazione, precisa inoltre che “senza una grande alleanza sociale e collettiva le donne, tutte le donne, non ce la faranno” perché “le leggi, da sole,

non bastano” e perché, aggiunge Alessandro Meluzzi nella postfazione, la società Occidentale e post-industriale favorisce la degenerazione del “maschio fragile impazzito”. Il libro di Rossella Diaz e Luciano Garofalo analizza i dati statistici, si sofferma su alcuni casi ‘simbolo’, esamina lo stalking, suggerisce come fronteggiare un persecutore, spiega i supporti normativi e giunge alla conclusione che “è fondamentale che ci sia una concreta presa di coscienza maschile” che passi attraverso una “profonda riflessione collettiva che deve essere realizzata nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro affinché l’uomo muti il proprio atteggiamento di superiorità”. rossella diaz e luciano garofalo i labirinti del male Femminicidio, stalking e violenza sulle donne: che cosa sono, come difendersi ed infinito, pagg 174, euro 14,00

Castel Volturno/ Lotta aLLa camorra La lotta alla camorra ha due strade: una, quella della repressione, è riservata ai giudici, alle Forze dell’Ordine, ai Prefetti. L’altra, quella estremamente più difficile ma di maggiore soddisfazione, è praticabile da tutti i cittadini di buona volontà: parliamo del camminare controcorrente quotidiano, faticoso e senza lustro, dello stillicidio di piccoli gesti che favoriscono la cultura della legalità. Meglio, la cultura e basta, perché è proprio la conoscenza di altri mondi e di altre vite che suggerisce che un’alternativa alla camorra c’è, se la si vuole cercare. La camorra vive dell’ignoranza e dell’isolamento, del buio e della paura, nella disconoscenza della dignità personale: la cultura può invece restituire tutto questo. Il 18 agosto a Castel Volturno, nella scia di diversi eventi nati dall’idea che “dove c’è bellezza, non c’è camorra”, l’Associazione Antimafia Res ha organizzato una manifestazione contro ogni forma di discriminazione e dedicata al baratto di libri, un modo per fare conoscenza tendendoci l’un l’altro una mano ad offrirci un seme di cultura: potevamo mancare? NOIDONNE, patrocinando l’evento e dandogli visibilità, vuole ringraziare tutti coloro che si adoperano sul terreno, augurandoci che in un futuro non troppo lontano risplenda la bellezza di un luogo oggi deturpato dalla criminalità. Isa Ferraguti


Luglio-Agosto 2013

tra nonnella e PaParone

L

a danza leggera di una bambina sulle note amate dal nonno ci fanno vedere il volteggiare sicuro e ispirato di un’anima tersa, sempre in ricerca ma approdata a un porto sicuro e certo. È il sé della piccola Luciana così aperto al mondo da identificarsi con esso, senza rimanerne inquinato. Un sé vivace, appassionato, delicato che si immerge nel quotidiano per scoprirsi poi chiamato a rampicarsi su vette inimmaginabili di profondità spirituale. Un diario interiore che si traduce in un gioioso dono del suo germe più vero, senza mediazioni di sorta, con quella fiducia bambina che muove i primi passi nel giardino di casa “con orto pollaio conigliera e piccionaia”. C’è tanta vitalità in quelle immagini così primigenie da farci vivere in prima persona i batticuori dell’autrice che si esprimeva in quegli slanci e salti emozionati , in spaccate, ruote, capovolte e ribaltate. Quei fotogrammi di movimenti piroettanti sono fisici e concreti ma stilemi in embrione di altri voli e svolazzi, quelli dell’anima che con gli anni si fanno reali. Corpo e anima sono un tutt’uno in armonia perfetta, l’uno a dare slancio all’altra, in un movimento perpetuo e ritmico di leggerezza e cadute. La domanda è quella di sempre: Chi siamo? Che siamo venuti a fare? Che senso ha il nostro cammino? Un diario narrato che segue il fil rouge di una vita dai primi anni dell’infanzia fino alla maturità, volando verso quell’Oltre a cui tutti siamo destinati ma che molti mancano di perseguire. È in questa ostinata audacia di ridefinizione di sé e della propria chiamata a “essere vera” che Luciana Vasile esprime il meglio del suo cuore, una vocazione unica come unica è la sua irripetibile esperienza umana. Occorre cercare la propria libertà di esistere, camminare lungo strade talora impraticabili ma profondamente “nostre” per arrivare quasi a un umanesimo “cristiano”, che è poi la scoperta dell’infinita tenerezza da cui siamo avvolti da sempre e per sempre. Sentirsi amati nel profondo ci autorizza a “vivere pienamente” senza essere schiacciati da convenzioni perbeniste o da false certezze: ci chiama a diventare ciò che siamo chiamati a essere da sempre. Con la speranza di chi ci vuole “realizzati” non secondo i comuni dettati sociali ma in adesione alla nostra natura più profonda in risposta a un amore che ci precede, da sempre. Anche se non lo ammette mai, l’autrice che si definisce una laica non praticante esprime una profonda religiosità: una tensione verso l’Assoluto che per una donna attiva come lei, decisa, sensibile , attenta al suo io più pro-

fondo si traduce in un cammino di una Samaritano al femminile dei tempi nostri. Lontana anni luce dalle ipocrisie di certi perbenisti ma saldamente ancorata alla necessità di fermarsi nel “barrio” della periferia di Managua, di intrattenersi col cuore con i galli nica, scrutare le loro sofferenze averne compassione. Non solo stare in mezzo e partecipare ma ritornare per continuare. Non vuole limitarsi alla buona azione di penetrare quegli occhi spaventati ma rassegnati ma iniziare la profonda relazione con l’uomo, con uno di questi. Fermarsi, avvicinarsi, prodigarsi, assicurarsi: non vi sembra che in questo rimbocco di maniche ci sia molto di più di un distaccato silenzio? Sono le quattro colonne della civiltà dell’amore. Il cui clima è la gratuità. Il cui frutto è la gioia della vita come un grande con-vito. Il dolore non ha orari. E nei casi urgenti non tollera rinvii. Tutto il possibile è da mettere in atto per soccorrere l’immediato bisogno. Ci vorrebbero leggi e politiche ma intanto non si può rinviare il fratello oppresso alle programmazioni e alle legislazioni più umane. Bisogna accoglierlo nel pronto soccorso del nostro cuore: quello che Luciana apre, caloroso come un termoforo, operoso come un impianto elettronico. Immergersi nell’anima, ancorché liquida, avere occhi nuovi che scoprano la bellezza che ci circonda: lì sta la felicità. Quello stesso canto alla luna che le aveva ispirato i primi passi di danza col suo amato Paparone. Catia Iori Versione integrale in http://www.noidonne.org/blog.php?ID=04381

luciana vasile danzadelsé prospettiva editrice

37


38

Luglio-Agosto 2013

Fondazione Cerratelli

La meravigLia è un’arte ineffabiLe di Marina Caleffi

Un luogo magico, la trasmissione di saperi artistici e una mostra permanente di favolosi costumi di scena. È la raccolta Cerratelli: un tesoro italiano

L

a meraviglia è un’arte, ineffabile. Come lo sono le storie di creazione o di illusione. Nello spettacolo - ad esempio - musica, testo, regia, scenografia, interpretazione… tutto contribuisce a creare il sublime. Ed è nel costume, il cui materiale prende vita sotto lo specchio delle luci o nel più rigoroso occhio di bue, nelle trame e forme che alludono, che si fa sintesi. Trasformando in reale ciò che non è: l’interprete in soggetto di passioni vivende, lo spettatore parte imprescindibile della liturgia. Magia che ha il suo prologo e i suoi segreti in sartoria. Sapienze e abilità secolari come quella della Casa d’Arte Cerratelli, attiva a Firenze dal 1914 al 1995. Collaborazioni con registi, costumisti e artisti tra i più importanti del XX secolo. Oltre 25.000 costumi di scena, un patrimonio conservato oggi dalla Fondazione Cerratelli nata, nel 2005 a San Giuliano Terme (Pisa), dalla volontà di Floridia Benedettini, grande sarta di scena, e di Diego Fiorini, storico dell’arte e responsabile dell’archivio storico.


Luglio-Agosto 2013

39

Una storia di passione per l’arte, che è vita della vita stessa, e di competenze di altissimo profilo. Tutto nasce dalla voglia di raccontare e trasmettere quel “duende” che non abbandona mai chi lo possiede e ne ha cura. Sede temporanea della Fondazione è Villa Roncioni (Località Pugnano, S. Giuliano Terme), una delle residenze più affascinanti del territorio. Qui Ugo Foscolo scrisse le” Ultime lettere di Jacopo Ortis”. La Teresa delle Lettere è infatti la padrona di casa Isabella Roncioni, amante dell’arte, del bello e del nuovo. Al lei si deve la realizzazione della straordinaria “bigattiera”, a lato del giardino romantico, quando decide che una delle attività di famiglia

sarebbe stato di loro? Oggi li noleggiamo in forma molto parsimoniosa, non sempre e non a tutti, evitando accuratamente le manifestazioni on the road, che non ci possiamo permettere nonostante la sartoria Cerratelli abbia realizzato quasi tutti i costumi per il Palio di Siena. Anche tra i teatri facciamo una certa selezione. Ovviamente i costi sono importanti. Preferiamo opening, iniziative museali …”. Costi ed usura a parte, c’è ancora spazio per costumi così preziosi nel teatro di oggi? “Temo di no, costumi come questi impongono regole che cantanti e attori non sono disposti ad accettare. La disciplina attuale non contempla il rigore richiesto” si rammarica Floridia Benedet-

doveva essere la produzione della seta, segnatamente l’organzino. E da qui ha inizio la “via della seta”, celebre nella lucchesia. Una donna che ospita nell’’800 Shelley, Byron, Dickens e anche Napoleone Bonaparte, che arriva a Pisa in mongolfiera tricolore e chiama Antonio Canova per farsi fare un ritratto. Insomma la sua residenza è segnalata come tappa preziosa nel Gran Tour. Questo il clima e il daimon che abita la casa e che fa da cornice al patrimonio inestimabile dei costumi di scena appartenuti - tra le tante - a produzioni straordinarie quali Maria Stuarda, Aida, Flauto Magico, Romeo e Giulietta, Otello, Don Giovanni, Boris Godunov, Turandot...e poi Fratello Sole e Sorella Luna. Questi ultimi saranno fulcro di una mostra che la Fondazione e i suoi sostenitori presenteranno entro il 2013 in Vaticano, in omaggio a Papa Francesco I, prima di “volare” a Buenos Aires e poi a San Francisco. ”Il patrimonio della Fondazione è la testimonianza di un’Arte e Spettacolo, Cultura, i cui costi oggi non sono più sostenibili - raccontano Floridia Benedettini e Diego Fiorini -. Produzioni e lavorazioni irripetibili, opere d’arte che raccontano la stoffa dei sogni, del tempo e delle cose. La preoccupazione che ci ha mosso è stata materna: cosa

tini. “Ho lavorato con registi con i quali non si discuteva La bigattiera certo come andare in scena. E poi ci siamo tutti abituati ad uno standard modesto”. Anche se alcuni attori, dopo aver indossato queste autentiche meraviglie, li hanno ringraziati perché hanno “compreso che il costume ha conferito loro autorità, sacralità ”… in altre parole si sono sentiti “autorizzati”.


40

Luglio-Agosto 2013

- privati o pubblici, italiani e no - che hanno le stesse “visioni.” Come l’Università di Pisa, che si occupa del-

“Torneranno ad essere di moda - afferma con certezza Diego Fiorini - e intanto sono fondamentali per la formazione di nuovi sarti di scena. Ci siamo preoccupati di creare professionalità capaci di affrontare una produzione in termini di ricerca, taglio, vestizione del cantante o attore, prove in teatro. Il nostro secondo corso, che sta per finire, ha accettato solo sette allievi da tutto il mondo, che lavorano per 600 ore più le prove nei teatri. Con disappunto osserviamo che gli italiani sono sempre meno affascinati rispetto agli stranieri, soprattutto i giapponesi. Qui si acquisiscono competenze e responsabilità. Nel loro curriculum oggi c’è Traviata (che ha calcato le scene di tutti i teatri toscani), Gianni Schicchi (presentato al Maggio Fiorentino), Tosca (in scena al festival Pucciniano e nei teatri cinesi): dopo il corso gli allievi possono far parte di un gruppo di lavoro perché hanno imparato metodo e approccio per fare un costume. Le lezioni si concludono con la realizzazione di una giacca Chanel, difficilissima: disponiamo del cartamodello originale. Se è vero che i nostri costumisti e registi ci chiedono cose contemporanee, allora bisogna saperla fare e molto bene. Questo è il nostro atout.” Quella legata alla Fondazione Cerratelli non è una storia di mera custodia, quindi, perché qui si da valore al valore, si raccontano talento e sentimenti, si promuove la cultura di teatro lirico, cinema, balletto… Complice la collaborazione con tutti quegli Enti

la catalogazione scientifica e informatizzata collaborando a fianco di Diego Fiorini. Lo studio, razionalizzando tutti i dati che l’archivio e gli oggetti possono fornire, è primum movens per la diffusione della conoscenza. Mostre, convegni e pubblicazioni fanno il resto per renderla disponibile. Questo flusso di suggestioni nutre il futuro: nel progetto di Floridia Benedettini e Diego Fiorini la didattica assume un ruolo fondamentale. Lo scopo è tramandare saperi artigianali e culturali resi ancor più unici da decenni di esperienza e scambio con grandi artisti. Dalla Cerratelli sono passati registi come Zeffirelli, Bolognini, Visconti, Strehler, Ronconi, Lynch, Ivory, Barsacq, Moore…solo per citarne alcuni. E tra i costumisti si annoverano - tra gli altri - artisti come Guttuso, Casorati, De Chirico, Kokoschka. Hanno lasciato nell’ordito dei costumi, nella visione e sogno, “tracce” auree e inesauribili, cui è possibile avere il privilegio di attingere proprio attraverso i corsi di Alta Specializzazione. Conservare, proteggere, curare, e tramandare. Affinché si perpetui la magia, creando. Questo il senso della storia, della meraviglia di un archivio e della Fondazione Cerratelli che lo anima, della passione sempre accesa sulla vita e sulla conoscenza. Chiavi immutate di cambiamento. b Twitter@marinacaleffi Altre notizie su Fondazione Cerratelli: www.fondazionecerratelli.it Altro articolo su www.noidonne.org: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=04418 Foto di Tiziana Bartolini pubblicate su www.noidonne.org: http://www.noidonne.org/fotogallery-dettaglio.php?ID=0087 Video in noidonnetv, pagina: http://www.streamago.tv/mytv/my-channels/


Luglio-Agosto 2013

L

a Camera del Lavoro di Milano si impegna da vent’anni nelle politiche sociali e si occupa della condizione dei detenuti e delle detenute nelle carceri della provincia. Con il progetto Ekotonos e l’Osservatorio carcere e territorio di Milano ha avviato una serie di attività formative per ridurre la desocializzazione presente all’interno degli istituti di pena. Una di noi, che lavora in carcere come volontaria, dice: “L’arte, l’insegnamento e la politica delle donne sono le passioni che mi hanno condotta ad accettare la proposta di coordinare un corso alla sezione femminile del carcere milanese di San Vittore. Inizialmente le donne detenute avevano chiesto di usufruire di una competenza per realizzare biglietti per le figlie e per i figli. Ho iniziato a lavorare con loro partendo da questo desiderio per ipotizzare un percorso di analisi, elaborazione ed espressione attraverso i linguaggi visivi. Nonostante le limitazioni dovute alle misure di sicurezza proprie di un carcere è stato possibile raggiungere risultati più che dignitosi, sia grazie alla disponibilità del personale, sia a quella delle donne che hanno scelto di frequentare il laboratorio”. Il carcere è un luogo duro anche per chi ci lavora; per le agenti di custodia, in particolare se abitano presso il carcere, si può trasformare in luogo di detenzione. Le attività che vi si svolgono e che vedono la presenza di persone provenienti dall’esterno sono viste quindi come possibilità di allentare le tensioni. Abbiamo fatto entrare l’esterno attraverso la realizzazione di una mostra di libri d’artista che ha visto la presenza attenta di circa 60 detenute su un centinaio e contestualmente abbiamo avviato il progetto I libri possono volare. È poi partito il laboratorio di libri d’artista durante il quale le detenute hanno messo in pratica la loro creatività con risultati sorprendenti. Le ore di laboratorio si sono susseguite fino a giugno e in autunno verrà organizzata presso la Camera del Lavoro una mostra di tutte le opere. Le fotografie scattate ad ogni incontro saranno raccolte in un cofanetto insieme ai pensieri di coloro che hanno partecipato. Ci si è dovute confrontare con l’interruzione delle rela-

zioni, a causa delle uscite e dei trasferimenti in altri istituti; tutti i lavori hanno dovuto essere iniziati e terminati nella stessa giornata. Il 23 aprile, in occasione della giornata internazionale del libro, abbiamo regalato circa 150 libri, anche in lingua straniera, alle detenute e al personale istituzionale con l’iniziativa La giornata del libro e delle rose, offrendo anche fiori di carta per ogni cella. Le reazioni di queste donne, sconosciute e ormai diventate parte della nostra vita, sono le più diverse. Nei libri d’artista hanno espresso una profondità di pensieri inaspettata e i loro commenti evidenziano legami fortissimi coi loro affetti, emozioni represse per soffrire meno e capacità, nel rapporto collettivo all’interno dei laboratori, di starvi con “innocenza” e semplicità, trasformando in positivo la forzata mancanza di libertà. Foto gentilmente concesse da Monia di Santo

Frammenti di storie da San Vittore

41

Le donne scrivono e preparano biglietti adorabili su fogli colorati, da spedire ai propri cari o da consegnare in occasione dei colloqui e hanno grande attenzione verso le figlie e i figli. I livelli di istruzione sono molto diversi, si va dall’analfabetismo alla laurea, ma tutte le donne, anche quelle più “dure”, dimostrano una spiccata sensibilità e bisogno di “relazione” con gli altri. La molteplicità di lingua può talvolta diventare ragione di solitudine. Si parla tedesco, francese, arabo, cinese, inglese, polacco, russo, spagnolo, italiano, portoghese, albanese, rumeno: è un piccolo mondo. Generalmente abbiamo cercato di cavarcela; per il cinese, fuori dalle nostre competenze linguistiche , abbiamo usufruito della preziosa collaborazione di una delegata CGIL Abbiamo in programma tanti altri progetti per contribuire a migliorare la condizione delle donne detenute e per ipotizzare un futuro. Paola Bentivegna (Segretaria CdLMM) Antonella Prota Giurleo (artista e curatrice)


42

Luglio-Agosto 2013

A tutto sChermo

Cannes all’insegna della sensualità e del desiderio

La PaLma d’OrO a ‘La Vie d’adèLe - Chapitre 1 & 2’ di abdeLLatif KeChiChe: un PremiO unicO aL fiLm e aLLe due attrici

di Elisabetta Colla

I

nno alla libertà d’espressione, alla pienezza della vita e dei sensi, alla passione insaziabile per tutto ciò che è desiderabile, il film vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2013, ‘La Vie d’Adèle - Chapitre 1 & 2’, ha trionfato alla 66esima edizione del Festival più importante del mondo, sfiorando il capolavoro, perché diretto da un grande maestro, il regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche (Cous Cous, La schivata), ma anche perché capace di toccare profondamente sentimenti veri, privi di infingimenti, e di condurci nell’attraente mondo/ corpo/pensiero di una ragazza che si affaccia alla vita, conosce l’amore e si abbandona ad esso completamente. Nel primo capitolo, Adèle ha 15 anni, studia da maestra e si affaccia alla vita sentimentale e sessuale, mangia famelicamente, è curiosa di tutto, ha una storia con un coetaneo ma ne resta insoddisfatta, finché non conosce, in un locale gay, Emma, la ragazza dai capelli blu che cambierà la traiettoria e gli orizzonti di Adèle: conoscere il vero amore, l’unione mente-corpo (belle e credibili le scene di sesso) rende

forti e favorisce il percorso identitario, fino al successivo capitolo (2). Qui troviamo un’Adèle più grande, più consapevole, sempre vitale: il tempo è importante, sembra dire il regista, gli anni del ‘fuoco’, della formazione, ci rendono quello che siamo, trasformano noi e gli altri, e questa idea prelude a futuri capitoli del racconto. Grazie ad una regia che segue ovunque la protagonista sviscerandone ogni sguardo, sospiro, esitazione, entriamo fin nelle profondità più remote della ragazza e del suo cercare senza posa, senza requie, sensazioni, bellezza, vitalità, sogno: le oltre tre ore del film sembrano volare. Si sarebbe potuto dubitare che un Presi-


Luglio-Agosto 2013

‘Un ChâteaU en ItalIe’ di Valeria Bruni Tedeschi ‘Storia di famiglia in un interno/eSterno’

u

nica donna in concorso per la Palma d’Oro a Cannes 2013 (su 20 film), Valeria Bruni Tedeschi, attrice, autrice e regista di origini italiane naturalizzata in Francia, meno nota della sorella ‘Carlà’ (ex first lady di Francia), ha presentato il film ‘Un Château en Italie’, sua terza opera registica, tornando a Cannes, dove nel 2007 aveva ottenuto il Prix spécial

du Jury nella sezione Un Certain Regard con il film ‘Actrices’. Creatura strana ed interessante, estremamente selettiva e determinata nelle scelte professionali, la Bruni Tedeschi non cessa di stupire, per la sua versatilità. La pellicola presentata in concorso ha molte ambizioni, forse troppe: raccontare una storia familiare (in parte dichiaratamente autobiografica, il cognome doppio - nel film Rossi Levi - , il fratello morto giovane, la mamma pianista, la decadenza lenta ed inesorabile di una famiglia di industriali del nord Italia), parlare d’amore in modo non convenzionale, rendere protagonista una casa ‘avita’, come luogo di memoria e ricordi d’infanzia: l’intento è buono e le idee tante ma il risultato si va perdendo nei meandri della narrazione, rendendola discontinua e a tratti faticosa, pur se sempre sincera. “Mi piacciono i disequilibri nei personaggi che descrivo, come nella vita - spiega Valeria - e sulla scena fanno spettacolo, come insegnano i maestri del teatro’. A chi le chiede se pensa che fare cinema sia terapeutico, la regista risponde: ‘È il lavoro ad essere terapeutico, ma la psicoanalisi è tutt’altra cosa’.

E.C.

dente della Giuria come Steven Spielperg (americano, politicamente corretto, autore fra gli altri di molti film di puro intrattenimento) potesse avallare, e forse proporre?, la vittoria di un film incentrato su una lesbo-story, basato liberamente su una graphic-novel (‘Le bleu est une couleur chaude’ di Julie Maroh), realizzato da un regista tunisino e invece, mai farsi ingabbiare dagli stereotipi!, ha saputo riconoscere il grandissimo talento di Kechiche, maturato alla luce della più grande insegnante che possa esserci (questo anche uno dei messaggi del film, contro l’apprendimento formale): la vita. Evento mai accaduto a Cannes, il Premio è stato espressamente conferito non solo al film, ma anche alle due giovani protagoniste, Adèle Exarchopoulos (vera rivelazione) e Lea Seydoux (bravissima nella ricerca delle sfumature del suo ruolo), come motivato dalla giuria: “preso atto dell’eccellenza di tre artisti, Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux e Abdellatif Kechiche”. Il regista ha voluto dedicare film e premio “alla bella gioventù di Francia incontrata nel corso delle riprese, che mi ha insegnato molto sulla speranza di libertà e del vivere insieme in armonia”. Il film sarà nelle sale grazie alla ‘indipendente’ e preziosa (ce ne fossero!) Lucky Red.b

43


44

Luglio-Agosto 2013

LEGGERE L’albero

Gino, italiano e rivoluzionario a Cuba

il soGno più bello

S

di BRuna BaLdassaRRE

Cara Bruna, sono una studentessa universitaria di Chimica Farmaceutica, una ventenne curiosa, e cerco il perché di ogni cosa. Mi sento esuberante nelle cose in cui credo, mi sento piena di progetti, però qualche volta ho paura di non realizzare tutto. Vorrei andarmene dall’Italia. Pensi che ciò mi aiuterà a trovare la realizzazione dei miei sogni? Dal mio disegno s’intuisce? Valeria Cara Valeria, il sogno più bello è quello di credere ancora nella vita, nei progetti, con l’entusiasmo che caratterizza sia il tuo disegno, sia la tua età. I tuoi vent’anni, in una cultura non più primitiva come la nostra, che insegue un’infinità di modelli come per placare un’ansia emergente porta con sé tre domande fondamentali: Chi sono, cosa voglio, cosa posso. Tali domande sono legate proprio alla ricerca del nostro posto nel mondo e a quali forze ci aiutano in questa esperienza. Forze che diventano sempre più attive con il passare del tempo, cioè quando l’Io della persona può caratterizzarsi con il suo passato, con i suoi compiti, arrivando così al futuro! L’attuale situazione socio politica non aiuta nella speranza

di un futuro, ma è anche vero che ogni epoca ha avuto le sue crisi e difficoltà. La vita, la progettualità, l’entusiasmo devono avere la meglio sulla durezza delle prove. A proposito di prove il tronco del tuo albero ci rivela i momenti particolarmente difficili della tua vita: a circa un anno, 15 e 18 anni. Hai un buon equilibrio con una tendenza a tornare nel passato in momenti di difficoltà, soprattutto quando si sente il bisogno di una buona figura materna rassicurante. Il tuo albero rivela il senso della forma, della cortesia, delle buone maniere. La chioma prende quasi la forma a nuvoletta, che è indice di una tendenza a rattristarsi facilmente e, per questa ragione, tendi nelle varie situazioni a non farti coinvolgere più di tanto. Nello studio, sei diligente e preparata, facendo attenzione a non strafare, cercando così di ottenere il massimo con il minimo sforzo. Resti molto motivata nella personale realizzazione riflettendo sempre sul da farsi prima di prendere delle decisioni.

ono in tanti a non sapere chi sia Gino Doné, partigiano e rivoluzionario veneto, unico italiano ed europeo a far parte della spedizione del battello ‘Granma’ - al fianco di Fidel Castro, Ernesto Che Guevara ed altri 81 compagni - che fece scoccare la scintilla della Rivoluzione Cubana. Proprio per rimediare a tale lacuna, oltre che per dare voce ad un personaggio tanto umile quanto grande, Massari Editore ha di recente pubblicato il bel volumetto “Gino Doné: l’italiano del Gramma” (pagg 158, euro 10), scritto dalla sapiente penna di Katia Sassoni, scrittrice bolognese di talento (oltre che insegnante, poetessa ed appassionata di Cuba), capace di miscelare, nell’accostarsi ad un personaggio come Doné, rare doti d’intelligenza, impegno politico ed attenzione al documento storico. Ne viene restituito un ritratto di grande umanità, in cui gli aneddoti biografici ed i ricordi dell’uomo (nato nel 1924 e morto nel 2008), raccolti con meticolosa cura presso le fonti dirette a disposizione, si alternano a dettagliate ricostruzioni storiche, dalla lotta di Doné contro il nazifascismo, alla ‘fuga’ in Germania, alla partenza quasi casuale per Cuba, al suo coinvolgimento nell’impresa rivoluzionaria, al suo presunto reclutamento come agente dei Servizi Segreti cubani per oltre trent’anni, in giro per il mondo e poi in Florida, sua ultima destinazione prima di rimpatriare in Veneto nel 2003. Se è vero che grazie all’incontro ed al matrimonio con Norma Turiño Guerra, amica di Aleida March Torres (la maestra di Santa Clara che diventerà seconda moglie del Che), Gino Doné aveva acquisito la cittadinanza cubana e la fiducia necessaria di Fidel per entrare nel Movimento rivoluzionario 26 di Luglio (MC27-7), dopo le lotte sul campo ed in quanto italiano (con maggior facilità di movimento), poteva essere un candidato ideale per il controspionaggio cubano, ma tale ipotesi, anche legata al suo ‘silenzio’ per oltre trent’anni, non è mai stata confermata. Neppure il ‘ritrovamento’ fortuito di Doné (in carne ed ossa!) da parte del tenace giornalista Gianfranco Ginestri, che ebbe la fortuna d’incontrarlo negli ultimi anni della sua vita, gettò luce sul mistero degli anni in Florida, ma poco importa, in fondo, saperlo, se pensiamo a Doné come ad una figura coerente e pura, che scelse di “stare dalla parte dei meno privilegiati…degli infelici” e che alla sua morte ricevette gli onori dell’Anpi, i partigiani d’Italia, così come le corone di rose rosse di Fidel e Raúl Castro e dei compagni del ‘Granma’. In appendice al libro, interviste a testimoni privilegiati ed alcuni brevi saggi su Doné: fra questi, a mo’ di postfazione “Gino: uomo, compagno, amico…”, di Roberto Massari. Elisabetta Colla


Luglio-Agosto 2013

45

sPiGoLando tra terra, tavola e tradizioni di PaoLa oRTEnsi

poMo D’oro o PoMo D’AMoRE

È il profumo a ricordarci che la sua stagione è l’estate! un ricordare utile, dal momento che in ogni mese dell’anno i pomodori possono essere acquistati e consumati. Ma solo d’estate le forme, le varietà si moltiplicano e, soprattutto, i sapori si differenziano ispirandoci a buona ragione sughi freschi o le più varie ricette, solo d’estate, quindi, ci ispirano i pomodori col riso, oppure gratinati, alla brace con altre verdure di stagione fino a quelle insalate di pomodori un po’ verdi un po’ arancioni da condire con abbondante olio e basilico. Tanti anni fa un contadino mi spiegò che per riconoscere un san Marzano, che è fra le varietà più saporite e polpose per il sugo, dovevo far caso che avesse la vita come una bella donna. Tante le biodiversità da conoscere e riconoscere per le loro qualità, solo per citarne qualcuna: i casalini, tipici della piana di s. agostino a Gaeta (arricciati e leggermente

sapidi per l’originaria irrigazione all’acqua di mare), i pachino (che prendono il nome da un comune della sicilia e sui quali c’è un contenzioso con israele su chi li abbia ibridati per primo), i pomodori a grappolo tondi e lisci, i datterini, il cuore di bue (bello carnoso e saporito), le ciliegine e i piccadilly, lontani parenti di quei pomodori che fino a qualche anno fa era normale trovare intrecciati e appesi fuori dalla porta di casa in zone di campagna. Trecce di pomodori per garantirsi d’inverno il loro aroma in un brodo o in un piatto di carne, o per spezzare il sapore della cicoria o dei broccoletti. L’estate è anche stagione del rito dei pomodori in bottiglia, impegno non solo di chi lavora la terra e dei tanti possessori di un orto, ma anche di chi compera il prodotto e partecipa a quel tripudio di piccole industrie artigianali che sfornano passata, pelati o pomodori a pezzetti in concorrenza con le fabbriche ufficiali. una fra le tradizioni quasi del tutto abbandonate è la preparazione casalinga della conserva di pomodoro: troppo impegnativa la sua preparazione in casa e così disponibile in tubetti colorati al supermercato….! Crescono i cultori del pomodoro seccato al sol leone che porterà con se un pizzico d’estate

tutto l’anno. Le piante di pomodori sono belle a vedersi. Quando, con la scoperta delle americhe, arrivarono al seguito di Colombo - o qualche anno dopo degli spagnoli, forse dal Perù - a lungo furono considerate piante ornamentali e diverse leggende nacquero attorno a quei frutti fiammeggianti e dalle forme considerate erotiche che si riteneva avessero proprietà afrodisiache. Quasi alla fine del settecento iniziò in Europa l’uso del pomodoro come alimento, secondo diversi testi e non solo culinari. il pomodoro è divenuto poi simbolo dell’arte italiana di valorizzare un prodotto. napoli e Parma le capitali storiche della trasformazione e dell’utilizzo, tanto che a Parma nel 2010 è stato inaugurato il museo del pomodoro: www.museodelcibo.it. il pomodoro è uno dei simboli della cucina italiana e di quei sughi e salse che in ogni regione annoverano un particolare, un’ingrediente, un tempo di cottura diverso (breve o lungo o lunghissimo) che li rende originali e unici condimenti. al “pippiare” della lunga cottura diceva per esempio il grande Eduardo de Filippo si affidava il successo del suo ragù.

riCette

poMoDori a Mezzo (AnticA RicEttA DEllA cucinA giuDAico-RoMAnEscA) spaccare i pomodori, possibilmente casalini, a metà e spellarli; metterli in una teglia con la parte tonda in alto e lasciarli quanto basta perché perdano acqua. scolarli dopo un po’ e rimetterli nella teglia con aglio, basilico, prezzemolo (tanto e tagliato fino), sale e pepe. Condire con olio extra vergine e infornare per mezzora.


46

Luglio-Agosto 2013

FAMIGLIA

Sentiamo l’Avvocata

INOSSERVANZA DEGLI OBBLIGHI GENITORIALI di Simona Napolitani mail: simonanapolitani@libero.it

C

i si chiede se l’inosservanza degli obblighi genitoriali di cura, mantenimento, educazione ed istruzione integra la lesione dei diritti inviolabili dei figli, con conseguente condanna dell’ascendente al risarcimento del danno anche non patrimoniale, e in particolare di quello esistenziale, sofferto dagli stessi figli. La Suprema Corte, con una recente sentenza, ha risposto positivamente al quesito. È la storia di un figlio non riconosciuto che, divenuto adulto, ha chiesto, previo accertamento della paternità, la condanna in suo favore di una somma pari all’assegno di mantenimento, mai ricevuto, capitalizzato per un certo numero di anni, a titolo di risarcimento per il danno sofferto. I giudici di merito accolgono la domanda e condannano il padre al pagamento della somma di euro 25.000,00, determinata in via equitativa, a titolo di risarcimento del danno esistenziale. I giudici di legittimità hanno confermato la decisione sul presupposto che il padre era ben a conoscenza dell’esistenza del figlio, che non ha voluto riconoscere, sottraendosi a tutte le sue responsabilità; ha posto in essere una colpevole condotta grave e reiterata di sottrazione agli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione, con conseguente condanna al risarcimento nei confronti del figlio, che senza dubbio è stato condizionato, limitato e penalizzato nella sua crescita e nel suo sviluppo. Da qui, secondo i giudici, la lesione dei diritti primari della persona, costituzionalmente protetti cagiona un illecito civile che dà luogo alla legittima azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali. È molto importante che i Giudici si facciano portatori della tutela dei diritti inviolabili della persona, garantiti dalla nostra Costituzione, oggi calpestati e disconosciuti a discapito della cultura e della morale del popolo italiano.

DONNE

E CONSUMI di Viola Conti

AUMENTI RC-AUTO: TRISTI PRIMATI IN EUROPA IL SETTORE ASSICURATIVO ITALIANO, GODE DI ECCELLENTE SALUTE, GRAZIE ALLE OTTIME PROTEZIONI POLITICHE CHE HANNO SEMPRE ASSECONDATO AUMENTI SCANDALOSI PER LE POLIZZE OBBLIGATORIE RC AUTO, UNA SORTA DI PIZZO LEGALIZZATO A CARICO DI MILIONI DI AUTOMOBILISTI E MOTOCICLISTI. Prima della liberalizzazione tariffaria del 1994, sotto il regime dei “prezzi amministrati”, gli assicurati pagavano in media 700mila Lire, il controvalore di 391 euro, per assicurare un’auto di media cilindrata fino a 1.800 C.C. Dodici anni dopo, nel 2006, il costo medio della stessa polizza per un auto di fascia media (non contando le punte estreme come la Campania) è lievitato a 868 euro, con un rincaro del 122%, per passare a 1.350 euro nel 2012, con un aumento di 889 euro (+190 %) stimati nel 2013, a differenza di altri Paesi UE, Francia, Spagna, Germania, con aumenti registrati che non hanno mai superato la soglia dell’ 87% . I costi medi delle tariffe RC Auto in 18 anni (2004-2012), sono più che raddoppiati passando da 391 euro del 2004 a 1.350 euro nel 2012 ed ulteriori rincari di 35 euro stimati nel 2013),con una incidenza di valore di + 1.385 euro ed una percentuale superiore al 250%. Ancora peggiore la situazione delle polizze obbligatorie per assicurare moto e motorini sotto i 150 cc di cilindrata, con utenti taglieggiati costretti a subire rincari scandalosi ed ingiustificate superiori al 400%, con costi medi passati da 98-121 euro (minimo e massimo) del 1994, a 490-530 euro (minimo e massimo nel 2008), e con costi RC moto che hanno subito l’impennata del 480% nel 2012, ed un aumento secco di 549 euro, passando da 121 a 670 euro (escluso incendio e furto). Approfittando dell’entrata in vigore del “federalismo fiscale” (d.lgs. n. 68 del 6 maggio 2011) che offre alle Provincie la possibilità di deliberare una variazione sull’imposta dell’assicurazione RC Auto nella misura massima del 3,5% in aumento o in diminuzione rispetto a quella attualmente prevista del 12,5% del premio, da marzo 2013 è arrivato l’aumento dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, (RCA), da un + 2% ad un +3,5% in base alla provincia. Le altre garanzie (incendio e furto, garanzie extra) hanno già una percentuale del 13,5%. Ad esempio per Roma questo aumento è del + 3,5% per cui dalle attuali imposte del 12,5% si passerà al 16% per tutte quelle polizze emesse o quietanze incassate dal 1 Marzo 2013, anche per quanto riguarda le scadenze retroattive non incassate entro il 28 Febbraio 2013. Una ghiotta occasione per stangare gli assicurati con ulteriori aumenti. Il caro RC Auto è responsabile dell’aumento dei veicoli non assicurati, alla soglia di 4,5 milioni, un pericolo per l’incolumità propria e dei terzi trasportati e danneggiati, che non sempre vengono risarciti dal Fondo Vittime della Strada. Adusbef e Federconsumatori invitano il Governo, purtroppo sempre più a braccetto con banche ed assicurazioni con la finalità di stangare milioni di consumatori, a porre un argine ad una speculazione decennale assurda ed illegale.


Luglio-Agosto 2013

L’OROSCOPO DI

ZOE Luglio - Agosto CARA ARIETE, “La distruzione fu la mia Beatrice”, scriveva Mallarmé, e, se sei un esponente tipica del tuo segno, anche tu di atteggiamenti distruttivi ne sai qualcosa. Ma la distruzione può anche non essere negativa, può divenire gioiosa quando significa fare spazio per poi ricostruire. Se a luglio sarete spinti dai pianeti verso comportamenti conflittuali, provate a incanalarli verso la giusta direzione, e a fine agosto le parole d’ordine saranno creatività e rinnovamento. CARA TORO, la psicoanalista Gisela Pankow scrive che “il bambino è se stesso perché sua madre lo desiderava”. C’è bisogno, insomma, di essere riconosciuti per sviluppare la propria identità. Dopo un luglio un po’ agitato, nel mese di agosto la posizione di Saturno - pianeta della profondità e della logica - ti porterà pensieri non proprio caratterizzati dalla tipica leggerezza estiva. Sentirai il bisogno di attenzione e di nuove forme di riconoscimento. CARA GEMELLI, “proviamo noia quando non sappiamo cosa aspettiamo”, scriveva Walter Benjamin nella sua opera sui Passages di Parigi. La noia, insomma, secondo il filosofo tedesco, è un’attesa indeterminata e senza fiducia. Poiché di noia soffri parecchio, voglio rassicurarti sul carattere dinamico che avrà per te questa estate. Al contrario, potresti correre il rischio del nervosismo e dell’ansia, presa come sei da mille aspettative di successo - così dicono i pianeti soprattutto nel campo professionale. CARA CANCRO, scriveva il poeta William Blake: “La via dell’eccesso porta al palazzo della saggezza”. Ma insomma, tanta fatica per eccedere, e poi ci si ritrova saggi e prudenti? So che forse Blake non voleva dire proprio questo, ma a luglio arriva Giove nel tuo segno, e ti ritroverai piena di energie. Dunque, perché non prendere la via dell’eccesso e seguirla per un po’? Il palazzo della saggezza può aspettare l’autunno. CARA LEONE, nella sua conferenza I tesori dei Re, John Ruskin dà questa giustificazione del titolo un po’ ambiguo (dato che poi, in effetti, parlerà di libri): “Come a volte si fa, quando si accompagna un amico a vedere

PREDIZIONI SEMI-SERIE E PRONOSTICI POSSIBILI

un panorama a noi caro, intendevo nascondere quello che desideravo mostrare soprattutto [...], per poi inaspettatamente svelarvi il punto migliore di osservazione”. La tua estate appare astrologicamente molto positiva. Potresti però imparare da Ruskin a non rivelare tutto subito, e a sperimentare qualche volta l’efficacia dell’effetto sorpresa... CARA VERGINE, per l’estate ti dedico questa frase di Louis Althusser, riferita ai filosofi: “L’età dell’uomo non ha nessuna importanza. Può essere molto vecchio o molto giovane. L’essenziale è che non sappia dov’è e che abbia voglia di andare da qualche parte. Ecco perché prende sempre il treno in corsa come nei western americani”. Ti propongo un’estate da filosofa: partire in corsa non si sa da dove per andare da qualche parte indefinita, che però è proprio dove vuoi tu. CARA BILANCIA, niente citazioni per te in questo oroscopo, ma qualche consiglio tutto astrologico. Contrariamente all’abituale comportamento del tuo segno, nel corso di questa estate, per colpa dell’influsso guerresco di Marte, sarai più volte sull’orlo di perdere il senso della misura. Con i soldi, le relazioni professionali e amicali, gli amori. Ebbene, ci ho pensato un po’ su, e non mi sembra il momento per lanciare grosse sfide. Mi appello insomma al naturale equilibrio e alla realistica consapevolezza di te che, come rappresentante del segno, dovresti avere. CARA SCORPIONE, “non sprecare il tepore del tuo pube/non serrare il tuo passo in gonne strette/di tetra seta, ma lascia/ per favore accenderti i capelli/dal sole che scantona dietro il muro”. Con questi versi della poesia Perorazione di Goliarda Sapienza, voglio incitarti, dopo un inverno un po’ difficile (almeno lo è stato fino a maggio), a lasciarti un po’ andare. In agosto, soprattutto verso la metà del mese, Marte e la Luna ti aiuteranno in questo compito, direi. CARA SAGITTARIO, “è una vecchia storia - la nostra. Quella di mio padre e la mia. Amore, amore/odio sono le esperienze più comuni e universali. Ma non ne trovi due uguali, ognuna è un’impronta digitale della vita”. Sono le sacrosante parole pronunciate dal protagonista nel

finale del romanzo Storia di mio figlio di Nadine Gordimer. Te le dedico perché nell’ultimo periodo potresti aver avuto qualche conflitto familiare, che potrebbe aver scatenato molti pensieri. Ma i pianeti questa estate favoriranno nuovamente quella sensazione di libertà e allegria che ami così tanto. CARA CAPRICORNO, Guy Debord e gli altri esponenti del movimento situazionista teorizzavano e praticavano la deriva, ovvero camminavano per le strade di Parigi, rinunciando alle ragioni di spostarsi generalmente abituali, per “lasciarsi andare alle sollecitazioni del terreno e degli incontri”. Arriverai ad agosto particolarmente stressata. Il mio consiglio è di tentare anche tu questo uso “emotivo e ludico” dello spazio e di godere dei suoi effetti imprevedibili, approfittando della Luna nuova. CARA ACQUARIO, nel film Gli occhi, la bocca di Marco Bellocchio, il protagonista, a cui è morto il fratello gemello, va dalla madre fingendosi il fratello, che le appare dall’oltretomba per darle un po’ di conforto. Il bello è che noi spettatori siamo disposti a credere nell’apparizione, e per un attimo guardiamo la scena fiduciosi nel mondo ultraterreno. Questo è il cinema, un mondo in cui tutto è possibile! Non so se sei davvero astrologicamente portata a questa indistinzione tra sogno e realtà, ma sei forse abbastanza anticonvenzionale da apprezzare ogni tanto strani incontri e atmosfere. CARA PESCI, dice un personaggio del libro Tu non ti ami di Nathalie Sarraute: “Questa mancanza di coscienza di sé, questa impossibilità di sapere chi siamo, tende a farci fare cose piuttosto strane se ci troviamo di fronte una di quelle personalità portate alla conquista che, loro sì, sanno fin troppo bene chi sono...” Ebbene, giurerei che il personaggio che sta parlando era dei Pesci! La tua recettività ti rende a volte influenzabile e indecisa. Ma non sarà questo il caso della prossima estate, in cui, grazie a Giove nel segno del Cancro, avrai un atteggiamento produttivo e piuttosto determinato.

47


48

Luglio-Agosto 2013

LAURA CORRADUCCI

LA FRONTIERA DELLA PAROLA Un continuo interrogare lo spirito per aprire squarci sulla superficie liscia del quotidiano di Luca Benassi

L

aura Corraducci è stata una scoperta. Mi manda un’e-mail, firmandosi Laura Corra, chiedendo se può inviare alcune poesie. Cerco di informarmi, di Laura Corra ce ne sono varie su internet, ma nessuna che abbia a che fare con la poesia. Questa sconosciuta mi manda i testi ed è come mettere le mani in uno scrigno di cristalli e pietre dure, una ventina di poesie brucianti, affilate come scheggia, senza punteggiatura, né maiuscole, versi che scorrono davanti agli occhi come aghi che bucano l’innocenza dei sogni, delle sere, degli oggetti, del cuore, delle preghiere. Scopro che si tratta di Laura Corraducci, una bravissima poetessa di Pesaro, affatto sconosciuta, che ha pubblicato nel 2007 la raccolta poetica “Lux Renova”, per le Edizioni del Leone,

un’esile ma intensa plaquette di 30 poesie, nelle quali l’autrice si mette in relazione con un Dio nascosto, dimenticato, eppure continuamente presente nelle paure, nei desideri e nelle relazioni fra gli esseri umani, nella singolarità degli eventi del quotidiano. Scrive Renato Fiorito in merito alla poesia di Corraducci: “nella sua ricerca nelle pieghe dell’anima, la quotidianità si colora di significati introspettivi, assumendo spesso un’inaspettata centralità. I suoi versi, di grande maturità stilistica, riescono a collegare in modo ardito i temi della religiosità, della ricerca della verità e del suo contraddittorio manifestarsi, allo scorrere banale delle giornate, ai viaggi quotidiani in treni affollati, alle inutili attese, alle insofferenze del cuore, al desiderio d’altro, ai piccoli dolori.” Effettivamente, anche fra i testi inediti, si scorge il segno di una religiosità inquieta, un continuo interrogare lo spirito per aprire squarci sulla superficie lisca del quotidiano; si tratta di ferite che si aprono per osservare ed osservarsi, comprendere se stessi e l’amore, a metà strada fra la solitudine del deserto e lo scorrere comune e affollato dei giorni. Attraverso queste porte di parole, la poetessa ci guida in una quotidianità nella quale gli elementi primi - il vento, la sera, il sonno, la notte, una giornata di pioggia, l’attesa dell’amore - si caricano di senso fino ad una catarsi drammatica, che ricorda la solennità dolorosa di una tragedia di Shakespeare. Questa densità di scrittura, tuttavia, è sapientemente alleggerita da una fluidità di linguaggio che evita l’aggettivazione eccessiva, i costrutti complessi, per affidarsi agli ossimori, alle sinestesie, alla musica di versi dispari, asciutti e pungenti.

l’agenda aperta a giovedì diciotto scordi di omaggiare con vitelli grassi il dio stanco del tuo tempo padrona e schiava del dolore che sopprime ti addormenti ancora in fertile resa le nocche premute a morte sulle paure resto sola nell’attesa di scioglierti con cura i nodi grigi del silenzio

il vento che tu senti non è il volo del gabbiano ritto sullo scoglio è vapore di vita che si innalza sugli alberi in fila come uccelli si posa sulla pelle delle cose rubando il colore dai contorni si mischia al fiato della terra melodia di oggetti da frontiera questi i giorni di un amore sincopato dove gli scontrini raccontano ritratti di parole tirate in aria come sassi

tre centimetri di pelle ti ho cucito alla vita come fossi una cintura i punti fissati diritti sulle anche tre croci sul tuo Golgota di carne venga il vento a slegarmi dai tuoi fianchi venga il fuoco a bruciarmi dentro un tuono farfalla sciolta in polvere sul muro alla morte oggi ruberò le cicatrici


Il volume racchiude diversi contributi tesi a individuare nuovi strumenti di analisi e di contrasto di un fenomeno cosĂŹ drammaticamente complesso

Cover Noi Donne DIGIT.job_1_B_Process Black Cyan Magenta Yellow

C M Y K


LUGLIO AGOSTO | 2013 ANGELINA JOLIE LA SCELTA ESTREMA MINISTRA CÉCILE KYENGE ‘INDIETRO NON SI TORNA’ SNOQ SARÀ NUOVA VITA?

ULTRACORPI prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 68 - n.07-08 Contiene supplemento ISSN 0029-0920

C M Y K

Cover Noi Donne DIGIT.job_1_A_Process Black Cyan Magenta Yellow


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.