NOVEMBRE - DICEMBRE 2014
SCUOLA FACCIAMO IL PUNTO Le possibilità di abbonamento a NOIDONNE sono le seguenti:
LONDRA VIRGINIA WOOLF E AMY WINEHOUSE
ordinario 25 euro straordinario 60 euro (hai diritto a 3 indirizzi o 3 copie) sostenitore 100 euro (hai diritto a 6 indirizzi o 6 copie) 1+1= 40 euro Due abbonamenti - almeno una nuova abbonata con un unico bollettino di soli 40 euro (anzichè 50 euro) Il versamento può essere effettuato con un bollettino di c/c postale sul conto nr. 000060673001 oppure con Bonifico su BancoPosta intestato a: Società Coop. Libera Stampa a rl c/o Studio Berto Fabio IBAN: IT57 D076 0103 2000 0006 0673 001
STATO ISLAMICO PARLA UNA RAGAZZA RAPITA
NUTRIAMO O IL MONDO prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 69 - n.11-12 ISSN 0029-0920
ABBONATI A NOIDONNE UN GESTO DI LIBERTà CHE COSTA POCO MA VALE MOLTO
25 EURO per un anno DI buone NOTIZIE
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DELFINA
di Cristina Gentile
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SOMMARIO
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13 DAI GRUPPI DI DIFESA DELLA DONNA ALL’UDI. MOSTRA E GRAPHIC NOVEL UDI CATANIA E REGGIO CALABRIA DONNE RESISTENTI di Rosangela Pesenti
01 / DELFINA di Cristina Gentile 03 / EDITORIALE di Tiziana Bartolini
4/7 ATTUALITÀ 04 PROSPETTIVE FEMMINISTE DARE FORZA ALLE DONNE CHE PROVANO AD EMANCIPARSI di Giancarla Codrignani 05 NOBEL PER LA PACE A MALALA YOUSAFZAI di Marta Mariani
16/21 FOCUS/ NUTRIAMO IL MONDO 16 EXPO 2015/ IL VALORE DELLA TERRA Intervista a Claudia Sorlini di Tiziana Bartolini 18 EXPO 2015/ WE WOMEN di Marta Mariani
06 SCUOLE PARITETICHE? NON IN NOME DELLA LIBERTÀ di Stefania Friggeri
20 SLOW FOOD/ MANGIARE INTELLIGENTE Intervista a Micaela Marzoli di Tiziana Bartolini
8/9 BIOETICA UN’EUROPA DELLA SALUTE E NON SOLO DELLA FINANZA di Maria Antonietta La Torre
22/25 JOB&JOB
10/15 INTRECCI 10 GIORNATA NAZIONALE DELLA BUONA NASCITA METTERE AL MONDO. NATURALMENTE di Tiziana Bartolini
22 WELL_B_LAB*/ DONNE E CIBO QUESTIONE DI FAMIGLIA E DI ECONOMIA di Giovanna Badalassi 24 DONNE IN CAMPO / SICILIA Intervista a Gea Turco di Tiziana Bartolini 25 STATI GENERALI DELLE DONNE di Isa Maggi
12 CALENDARIO UDI 2015
Mensile di politica, cultura e attualità fondato nel 1944
DIRETTORA Tiziana Bartolini
Anno 69 - numero 11-12 Novembre/Dicembre 2014
EDITORE Cooperativa Libera Stampa a.r.l. Via della Lungara, 19 - 00165 Roma
Autorizzazione Tribunale di Roma n°360 del Registro della Stampa 18/03/1949 Poste Italiane S.p.A. Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 DCB Roma prezzo sostenitore 3.00 euro Filiale di Roma
PRESIDENTE Isa Ferraguti
La testata fruisce dei contributi di cui alla legge n.250 del 7/8/90
NOVEMBRE / DICEMBRE 2014 RUBRICHE
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26 /33 MONDI
35 NOIDONNE NELLA GRANDE GUERRA di Alida Castelli
26 LIBERIA / SIERRA LEONE / NIGERIA L’EBOLA COLPISCE LE DONNE di Barbara Antonelli 28 KURDISTAN IRACHENO/ STATO ISLAMICO IL VALORE DELLE DONNE AL MERCATO DEL TERRORE di Emanuela Irace 30 EGITTO/AL NOUR WE AL AMAL È L’ORCHESTRA DI DONNE NON VEDENTI di Zenab Ataalla 31 GERMANIA/ RETEDONNE EV. DONNE D’EUROPA A MONACO 32 GRAN BRETAGNA/ V. WOOLF E A. WINEHOUSE LONDINESI INDOMITE ED ORIGINALI di Silvia Vaccaro
34/43 APPRODI 34 LIBRI POTERE NEGATO/ (A CURA DI) LUISELLA BATTAGLIA SALUTE E SOCIETÀ IN SARDEGNA/ (A CURA DI) A.SASSU S.LODDE di Tiziana Bartolini
36 GENOVA/ FESTIVAL DELL’ECCELLENZA AL FEMMINILE 37 CAMICETTE BIANCHE/ ESTER RIZZO di Mirella Mascellino 38 LE DIFETTOSE/ ELEONORA MAZZONI di Camilla Ghedini 40 FESTIVAL DELLA FILOSOFIA IL PIACERE DELLA GLORIA di Graziella Bertani 42 FESTIVAL DEL CINEMA IBEROAMERICANO: AMOR CRÓNICO /JORGE PERUGORRIA Intervista a Cucú Diamantes INCONTRI CON IL CINEMA ASIATICO: I’M NOT ANGRY!/ REZA DORMISHIAN PROFESSION: DOCUMENTARIST/ SETTE REGISTE IRANIANE di Elisabetta Colla 46 NAPOLI/ AL LAVORO CONTRO LA VIOLENZA
09 Il filo verde di Barbara Bruni 11 Salute BeneComune di Michele Grandolfo 23 Strategie private di Cristina Melchiorri 39 Versione Santippe di Camilla Ghedini 44 Leggere l’albero di Bruna Baldassarre 44 Famiglia, sentiamo l’avvocata di Simona Napolitani 45 Spigolando di Paola Ortensi 46 Donne&Consumi di Viola Conti 47 L’oroscopo di Zoe 48 Poesia Cinzia Demi La parola che non cede al dolore di Luca Benassi
35 VORREI DANZARE CON LA LUNA/ ANNA MARCIANO di Tiziana Bartolini AMICHE E AMICI DEL PROGETTO NOIDONNE
Clara Sereni Michele Serra Nicola Tranfaglia
Laura Balbo Luisella Battaglia Francesca Brezzi Rita Capponi Giancarla Codrignani Maria Rosa Cutrufelli Anna Finocchiaro Carlo Flamigni Umberto Galimberti Lilli Gruber Ela Mascia Elena Marinucci Luisa Morgantini Elena Paciotti Marina Piazza Marisa Rodano Gianna Schelotto
Ringraziamo chi ha già aderito al nuovo progetto, continuiamo ad accogliere adesioni e lavoriamo per delineare una sua più formale definizione L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o cancellazione contattando la redazione di noidonne (redazione@noidonne.org). Le informazioni custodite nell’archivio non saranno né comunicate né diffuse e verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati il giornale ed eventuali vantaggiose proposte commerciali correlate. (L.196/03)
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Elisabetta Colla Viola Conti Stefania Friggeri Cristina Gentile Camilla Ghedini Michele Grandolfo Emanuela Irace Maria Antonietta La Torre Isa Maggi Marta Mariani Mirella Mascellino Cristina Melchiorri Simona Napolitani Paola Ortensi Rosangela Pesenti Silvia Vaccaro
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LE SIGNORE DEL POTERE E LA CURA DELLA TERRA
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na linea di continuità femminile attraversa l’esposizione universale di Milano. Dalla presidente di Expo Spa, Diana Bracco anche commissaria generale al Padiglione Italia - a Claudia Sorlini, intervistata in questo numero nella sua veste di presidente del Comitato scientifico: tra i suoi compiti ha quello di contribuire alla stesura della Carta dei Valori che sarà il lascito al mondo di EXPO 2015. Uno dei progetti di punta è WE-WOMEN FOR EXPO, nell’ambito del quale è stato organizzato un grande evento nel capoluogo lombardo alla fine dello scorso mese di settembre. È stata una kermesse con decine di incontri che spaziavano dalla cultura all’economia, dalla carriera alla sessualità al tempo libero. Il comun denominatore erano le donne, con i loro argomenti, con il loro sguardo, con le loro tante competenze. Non è un caso che lo slogan di questo progetto sia I gesti delle donne proteggono il pianeta, un riconoscimento senza se e senza ma, risultato di un lavoro di lungo periodo e impensabile fino a qualche anno fa. Un riconoscimento incastonato in un appuntamento strategico e che ci affida molte responsabilità. EXPO 2015 è decisivo anche per riproporre, rinnovare, rimodulare nel mondo il ‘famoso’ Made in Italy, chiave di volta per la ripresa della nostra agonizzante economia. Ma ci crediamo fino in fondo come Paese? E come donne? Sono molte e qualificate le persone che lavorano sommessamente per contrastare anche a livello internazionale il clamore suscitato dallo
scandalo delle tangenti per le opere pubbliche. I lavori come sappiamo hanno subito rallentamenti. Ora i cantieri avanzano senza sosta e speriamo che per il 1° maggio tutto sia pronto e funzionante. Nel frattempo sono tante le donne che con attività di puro volontariato organizzano e progettano. Per chi ci crede davvero Expo è un’occasione irripetibile di fare incontri e acquisire conoscenze, di scambiare idee ed esperienze. Soprattutto perché arriva in un momento di svolta, quando è diffusa la sensazione che l’umanità sia ad un bivio. Cibo, nutrimento, agricoltura, terra, ecosistema, fame, risorse, ogm. A Milano le signore di Expo hanno apparecchiato una tavola elegante con tante e belle parole condite con buoni propositi e grandi speranze. Le accompagnano con contorni speciali: difesa dei suoli e delle biodiversità o educazione alimentare e con guarnizioni di lotta agli sprechi e al land grabbing (accaparramento da parte di pochi di enormi territori nei paesi poveri). Il menù è corposo e va servito bene, mettendo i commensali nelle condizioni di ammirare il panorama con una larga visuale. Ma soprattutto va fatto digerire, ricordando ai potenti che abitiamo l’unica Terra che abbiamo. Un appello va ai signori del potere: che lo usino per fare le cose giuste. Un appello speciale va rivolto anche alle signore del potere. Non sono molte, ma hanno raggiunto posizioni da cui il loro controcanto si sentirebbe forte e chiaro. Tiziana Bartolini
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PROSPETTIVE FEMMINISTE di Giancarla Codrignani
BISOGNERÀ GLOBALIZZARE UN BEL PO’ DI FEMMINISMO PER DARE FORZA ALLE DONNE CHE PROVANO AD EMANCIPARSI NELLE AREE ‘DIFFICILI’ DEL MONDO PER CHI SI LASCIA IMPRESSIONARE DALLA FINE DI UNA DELLE FASI STORICHE DELL’IMPEGNO FEMMINISTA PER LA LIBERTÀ DEL PROPRIO GENERE, CALMA: CI SONO ANCORA PERCORSI BISOGNOSI DI GRANDE ATTENZIONE DA ESPLORARE PERCHÉ LA RICERCA CONTINUA AVVENTUROSAMENTE IN OGNI DIREZIONE. Un confronto sui fatti porta ancora i ri ettori sullo scandalo delle teenagers disposte a tutto del quartiere Parioli di Roma, con il relativo corredo di mamme attente che fanno seguire da un investigatore le figlie divenute strane e di mamme spregiudicate che attribuiscono a guadagni di spaccio il denaro di cui dispongono le ragazzine. Il quotidiano Repubblica ha reso note le ordinanze di custodia cautelare a carico del fotografomezzano che ha attirato almeno mille dico mille ) minorenni per una rete di uomini-bene siamo ai quartiere Parioli) avvezzi a comperare corpi di adolescenti senza badare a spese. e donne da secoli denunciano la figura del cliente oggi siano i maschi, in quanto genere , a domandarsi come mai gli piace sia comperare il sesso anche in società permissive, sia usare violenza comprese le
attenuanti concesse dalla Cassazione al marito stupratore) nei rapporti di intimità. Non è indifferente, invece, che noi ci chiediamo che cosa succede tra le bambine e le adolescenti: chiedete alle insegnanti e saprete che non c’è scuola superiore in cui non ci sia più di un sospetto che la pratica prostitutoria sia percepita e colpevolmente rimossa. Non sono in questione, infatti, le ragazze disponibili , ma le altre che sanno . Si pu scoprire che le ragazze - a cui era riservato il dovere del pudore - giustamente rifiutano il controllo sociale sulle virtù, ma stanno alterando i comportamenti antropologici: potrebbe non piacerci una società in cui ci siano più bisogni anche i più strani) che passioni proprio nella relazione che, per essere autentica, non pu volere la mercificazione. Intanto in un paese lontano Mariam alMansouri, nata ad bu habi e pilota della otta aerea degli Emirati rabi, è andata a bombardare i fondamentalisti dell’Is. Con il velo sotto il casco. Con l’approvazione dei suoi - ha 5 anni, è laureata, è nell’esercito dal 200 : se non fossero stati d’accordo l’avrebbero ripudiata prima - anche se si è detto che gli eventuali morti ad opera delle sue bombe non andranno in paradiso. Nessuno sa come funzionino davvero
le cose nei paesi del olfo, dato che il gran mufti dell’ rabia saudita ha affermato che vietare la guida delle auto alle donne serve a proteggere la società dal male . e donne arabe debbono - come noi nell’Ottocento puntare sull’emancipazione primaria del lavoro e dello studio, condizionata dalle decisioni degli uomini di potere. Cos in Iran il governo è intervenuto a regolare le disfunzioni delle universi-
tà, dove si iscrivevano più ragazze che ragazzi. Se il futuro lavora per queste diversità femminili solo in questa direzione e se crediamo che il mondo si
debba evolvere senza produrre ulteriori guerre, bisognerà globalizzare un bel po’ di femminismo per dare forza alle donne che, nelle aree difficili del mondo, fanno parte del genere proprio nella sua complessa differenza . Che il mondo sia culturalmente plurale è un dato di realtà, ma il rispetto degli altrui
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costumi non deve continuare a rafforzare il modello unico dei poteri per farci diventare maschi. isognerà pur inventarsi un internazionalismo plurale del femminismo, senza colonizzare nessuna, ma preparate alla reciprocità. Un lavoro impegnativo sarà trovare punti d’appoggio per fare leva. iorgio gamben, un filosofo che ha sempre studiato il senso della nuda vita , anche nella sua più recente opera - ’uso dei corpi - riprende il discorso sulla schiavitù presso gli antichi: lo schiavo, considerato tale per natura , pur destinato ad essere usato dal padrone, restava un uomo. Non diventava un soggetto , restava oggetto corporeo nelle mani del padrone. e donne sono davvero delle soggette o le sovrastano poteri condizionanti che ne controllano e condizionano la vita? a politica, dice il filosofo, potrebbe diventare l’opera d’arte liberatoria attraverso un prendersi cura che renda tutti veri soggetti morali. Cari filosofi, mai nessuna filosofa ha contestato che perfino eidegger abbia disquisito sulla cura . Ma nessuno di voi intende partire dal femminismo per capire che la cura è il primo elemento che pu salvare la democrazia dalle guerre, ma principalmente nella nostra elaborazione. Tuttavia resta la provocazione per tutti, soprattutto per chi subisce il disconoscimento della soggettività. Che difficilmente pu essere trovata nel darla via a clienti e mariti o nell’etica della violenza.b
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MALALA YOUSAFZAI
RAGAZZA DA NOBEL NEL NOME DELL’EDUCAZIONE DI DONNE E BAMBINI
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alala ousafzai è la più giovane vincitrice del Nobel per la Pace nella storia del riconoscimento internazionale. È vero, s , il Nobel è stato attribuito in maniera congiunta - ed estremamente simbolica - sia a Malala, attivista pa istana di fede musulmana, sia all’hindu ailash Sat arthi per il loro impegno strenuo contro l’oppressione dei bambini e delle giovani donne, nonché per il loro diritto all’educazione - queste, le parole del comitato norvegese per bocca del Presidente Thorb oern agland. ià nell’ottobre scorso, d’altra parte, Malala si era vista assegnare il premio Sa harov sulla libertà di pensiero. Un premio dalla grandezza sterminata pari appunto all’eponimo matematico russo che, pur contribuendo a mettere a punto la bomba idrogeno, ne comprese l’estrema pericolosità e contest sino
alla morte la sperimentazione nucleare. a storia di Malala ha dell’incredibile: il ottobre 2012 fu nel mirino dei talebani. e spararono colpi alla testa e al collo. issero di lei che era oscena ed infedele perché rivendicava il diritto femminile all’emancipazione, all’educazione, all’istruzione. Nell’ospedale militare di Pesha ar, prima, poi a irmingham, le fu asportato il proiettile e finalmente rivide la salute. Con lei, nel suo respiro, sopravvissero molti ideali ed un coraggio senza pari. Infatti, ad appena sedici anni, a Ne or presso il Palazzo di etro, Malala poté affermare: Oggi non è il mio giorno, è il giorno di tutti coloro che combattono per i propri diritti. I talebani non mi ridurranno mai al silenzio e non uccideranno i miei sogni. ... Oggi parlo per tutti coloro che non possono far sentire la propria voce. I talebani pensavano che quel proiettile ci avrebbe fatto tacere per sempre, ma hanno fallito . Malala aveva solo undici anni quando il suo diario - pubblicato tra gennaio e marzo 200 sulla C Urdu - accattiv l’audience per l’accorata battaglia a favore dell’educazione femminile, fronteggiando le coercizioni talebane. iene da pensare che Malala abbia potuto guarire, riprendersi, contestare, combattere e vincere... per una strana potenza, si direbbe una potenza mitica e fanciullina . Una potenza impressionante e tipica di certa mitologia orientale. È vero, peraltro, che scrisse sotto lo pseudonimo di ul Ma ai, la leggendaria eroina del fol lore pa istano, il cui nome vuol dire fiore di grano turco . Marta Mariani
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PARITETICHE?
NON IN NOME DELLA LIBERTÀ di Stefania Friggeri
TORNA IL TEMA DEGLI INVESTIMENTI PRIVATI NELLA SCUOLA PUBBLICA. E RESTA L’ANOMALIA DELL’ORA DI RELIGIONE CATTOLICA, PER NIENTE FACOLTATIVA ALL’INTERNO DI UN QUADRO POLITICO CONFUSO CHE GENERA DISAFFEZIONE E PESSIMISMO EMERGE IN PRIMO PIANO IL TEMA DELLA SCUOLA E I MEDIA RIPORTANO LE PROTESTE DEGLI INSEGNANTI, PRECARI E NON, CHE DENUNCIANO GLI EFFETTI DI UNA POLITICA DI RISPARMI E DI TAGLI: DISOCCUPAZIONE, CLASSI SOVRAFFOLLATE E PRIVE DI INSEGNANTI DI SOSTEGNO. EPPURE ANCHE NELLA SCUOLA VI SONO SITUAZIONI DI INTOLLERABILE PRIVILEGIO: LE SCUOLE PRIVATE, DEFINITE “PARITARIE”, NELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA CATTOLICHE. Come è noto la religione cattolica, eletta a “religione di Stato”, venne posta “a coronamento dell’istruzione pubblica” nel 1929, grazie al Concordato col Vaticano. Fu una mossa di grande impatto mediatico che permise a Mussolini di superare un difficile momento politico. Nonostante alcune voci autorevoli, anche di cattolici, chiedessero l’abolizione dell’ora di religione, un nuovo Concordato venne stipulato nel 1984 da Craxi che, con sottigliezza politica, abol l’anacronistica espressione che definiva quella cattolica “religione di Stato”, ma contemporaneamente nel nuovo Concordato accettò che l’insegnamento della religione cattolica (IRC) venisse inserito in tutti gli ordini e gradi di scuola. “Obbligatorio nell’orario, facoltativo nella scelta”, l’IRC costringeva gli studenti “non avvalentesi” a rimanere a scuola: ma poiché era complicato organizzare delle specifiche attività a loro favore, avveniva spesso che gli studenti fossero mandati fuori classe per dedicarsi allo studio individuale, soli o con un insegnate disponibile. Non poco il disagio per gli alunni e le complicazione organizzative anche perché la CEI non voleva che l’insegnamento venisse previsto alla prima o all’ultima ora, nel timore di vedere svuotare le classi. nche se questo non
avrebbe privato l’insegnante di religione dei suoi privilegi: gli basta anche un solo alunno per fare una classe e se proprio non ha nemmeno un alunno, viene trasferito sulla cattedra di un collega. Il quale dunque pu perdere il posto, a differenza dell’insegnante di religione che sale in cattedra non perché ha superato un concorso, ma perché è stato “nominato” dal vescovo, cui spetta anche il diritto di allontanarlo dalla cattedra di religione se giudica il suo comportamento non conforme ai doveri di un bravo cristiano (ad esempio se divorzia). Quindi anche se l’IRC è una materia facoltativa nel tempo si è provveduto a renderla di fatto una materia curriculare. Ad esempio nel 2001 la Moratti ha inserito l’ora di religione nel monte ore delle discipline che obbligatoriamente lo studente deve frequentare se vuole essere ammesso all’anno successivo. Ma nel 2003 la ministra ha superato se stessa: ha bandito un concorso riservato per mettere in ruolo circa il 70% degli insegnanti di IRC. In ogni caso chi insegna l’IRC è già privilegiato di suo perché gode di regalie ingiustificabili sul piano dell’eguaglianza dei diritti: scatti retributivi e un trattamento assimilabile a quello dei colleghi di ruolo permessi, giorni di malattia, avvio del servizio al primo settembre e fine al 1 agosto successivo, con le ferie pagate,un beneficio di cui non godono i precari il cui contratto scade, per la maggior parte, il 30 giugno). Altra tappa della favorevole dereguletion è stata quella dei crediti. Essendo una materia facoltativa scelta in libertà di coscienza, l’IRC venne esclusa (Decreto Ministeriale 1998) dai crediti che dal terzo anno delle superiori lo studente può accumulare e poi presentare all’esame di Stato, una specie di “dote” che mette insieme sia la media dei voti ottenuti nel triennio, sia la valutazione da parte degli insegnanti delle attività extrascolastiche. Ebbene l’ordinanza ministeriale del marzo 2007 ha stabilito che i docenti di religione “partecipa-
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no a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”. Con straordinaria ipocrisia lo stesso diritto viene attribuito anche agli insegnanti degli alunni “non avvalentesi”, che però non ci sono in tutti gli istituti, cos che l’ordinanza, difficilmente applicabile, ha generato una grande confusione dentro la scuola. E fuori dalla scuola, nei tribunali, dove un aspro e infinito contenzioso è stato attivato dalle forze che intendevano preservare la laicità della scuola pubblica, o quello che ne rimaneva. a via giudiziaria alla laicità, promossa dai ricorsi di privati e di varie associazioni - come la Federazione delle Chiese Evangeliche, la Tavola Valdese e l’Unione delle Comunità ebraiche - contestava sia la disparità di trattamento fra compagni sia il ruolo di privilegio che viene concesso all’insegnante (che, pur essendo docente di una materia facoltativa, in realtà fa un altro passo avanti verso l’equiparazione con chi è docente di una materia curriculare). La lunga e dispendiosa peregrinazione degli avvocati è approdata finalmente nel 2010 alla pronuncia definitiva del Consiglio di Stato che, ribaltando una sentenza con cui il TAR del Lazio aveva ribaltato una precedente ordinanza (sic!) concedeva agli insegnanti dell’IRC di concorrere col loro voto alla determinazione del credito.
Nessuna meraviglia: oggi in Italia, grazie ad una formula interpretativa qui e ad una revisione ministeriale là, la Chiesa cattolica ha ormai strappato una condizione di totale omogeneità rispetto alla scuola pubblica con la complicità di tutti i governi. Perché qualsiasi governo sa che la scuola rappresenta per la Chiesa cattolica un punto di forza fondamentale, irrinunciabile. pprofittando dell’incertezza del diritto in cui sta annegando il senso civico del paese, anche l’attuale ministra, Stefania Giannini, al Meeting di Comunione e Liberazione ha anticipato le linee della sua riforma della scuola che, tra l’altro, prevede ulteriori forme di promozione della scuola privata, a partire dal finanziamento. Ma era una scuola privata paritaria quella di Trento dove la madre superiora ha proposto ad una insegnante, di cui sospettava la tendenza lesbica, un percorso riabilitativo. a riforma erlinguer del 2000, quando ai tempi dell’Ulivo i Popolari premevano per restituire alle scuole confessionali un ruolo importante, ha riconosciuto s la parità scolastica alle scuole private, ma impegnandole ad adottare una serie precisa e dettagliata di condizioni che avrebbero reso la scuola privata e quella pubblica equipollenti ?). E l’impegno va rispettato perché una scuola privata non “paritaria”, essendo libera di perseguire un proprio progetto culturale, non è obbligata a garantire un insegnamento pluralista come deve fare la scuola statale. Ma, come si è visto dai pochi esempi riportati, col passare del tempo lo spirito della legge è stato annebbiato, stravolto da interpretazioni capziose ed interessate; e le successive manipolazioni ministeriali hanno trasformato la parità nella libertà di fare a proprio piacimento, senza rinunciare alle sovvenzioni statali, come dimostra il caso di Trento. Oggi le scuole private rappresentano un modesto 5%, destinato a diminuire per la difficoltà delle famiglie di pagare la retta. E forse è anche per questo che la ministra iannini tenta di promuovere un sistema pubblico-privato, insistendo sul merito delle scuole paritarie che, a suo dire, permettono allo Stato di risparmiare: sono calcoli interessati e comunque lo studente paritetico costa meno allo Stato perché costa di più alle famiglie, a quelle che se lo possono permettere. Ma oggi, nel nome della privatizzazione, quella scuola che negli auspici di Calamandrei ha la funzione strategica di formare il cittadino facendolo crescere in un ambiente multiculturale, alieno da un approccio ideologico o confessionale (come chiede la Costituzione), rischia addirittura di essere stravolta da un progetto antidemocratico ed alienante che tutto trasforma in merce. E al Meeting di Comunione e Liberazione la ministra Giannini ha lanciato la proposta dell’ “investimento delle imprese private nella scuola pubblica”. b
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Maria Antonietta La Torre Istituto Italiano di Bioetica www.istitutobioetica.org
UN’EUROPA DELLA SALUTE E NON SOLO DELLA FINANZA PARLARE DI UNIONE
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e elezioni europee hanno avuto il merito di risvegliare l’attenzione per temi che negli ultimi anni erano scivolati in secondo piano, relegati a consessi intellettuali o, al più, giuridici. In un periodo di disinteresse e scetticismo verso la politica, accompagnato dalla crisi economica, le cui istanze sembrano prevalere su qualsiasi altra, l’Unione Europea è divenuta alquanto impopolare e percepita come un organismo vincolante e ostile. Il 9 maggio ricorreva la Festa dell’Europa, a celebrare la Dichiarazione di Schuman di 50 anni prima, considerata il documento che ha dato avvio al processo di unificazione, poiché dietro la proposta di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio vi erano ideali forti e non meramente
economici, primo fra tutti la pace. Ma pace e la staEUROPEA SIGNIFICA questo evento è passato pressoché bilità che l’UANCHE PARLARE DI DIRITTI inosservato. “Il contributo che un’Euronione rappreISPIRATI DAGLI ORIGINARI pa organizzata e vitale può apportare senta in un VALORI ETICI DEI PADRI alla civiltà è indispensabile per il manmondo ancora FONDATORI tenimento di relazioni pacifiche si legin lotta e il dibattito ge nella Dichiarazione, ma questo è un si concentra printema al quale siamo ormai poco sensicipalmente sui mezzi bili, poiché le guerre sono quasi sempre per portare a compimento l’Unione dal altrove e appaiono assurdamente) punto di vista economico e monetario, meno importanti rispetto alle urgenze mentre assai minore interesse si maniquotidiane. È pur vero, tuttavia, che lo festa, sui media e nei dibattiti, per altri spirito originario risulta talvolta offuscato temi sensibili come ad esempio quello da una visione prevalentemente econodella salute. In realtà, parlare di Uniomicistica e dalle diffidenze reciproche, ne Europea significa anche parlare di non del tutto superate, cosicché si diritti, ispirati dagli originari valori etici perde di vista il valore incomparabile dei padri fondatori, e questo è un intee universale, il contributo speciale alla resse comune e primario. Pochi sanno, storia dell’umanità del processo per ad esempio, che, tra le altre, vi è anche cui potenze in continua guerra tra loro un’Agenzia dell’Unione europea per i hanno costruito una collaborazione e diritti fondamentali, che ha sede a Vienaddirittura una comunità. Insomma, un na, e che il lavoro congiunto dei rapesempio per il mondo intero presentanti dei diversi Stati che però ora politiche miodell’Unione ha prodotto per L’AGENZIA pi, interessi di parte, un tutti i cittadini europei un DELL’UNIONE capitalismo malinteso e enorme progresso nei EUROPEA PER I DIRITTI artificialmente finandiritti riconosciuti e FONDAMENTALI HA ziarizzato, rischiano rivendicabili. L’Anno PRODOTTO PER I CITTADINI di vanificare. iamo europeo dei cittadini EUROPEI UN ENORME spesso per scontate la del 2013 è stato dediPROGRESSO NEI DIRITTI
RICONOSCIUTI E RIVENDICABILI
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IL DOCUMENTO cato proprio ai diritti che modificati ottenuti con le SULLA SALUTE si acquisiscono con la PUBBLICA “MIGLIORARE LA moderne biotecnologie. cittadinanza europea Una politica comune SALUTE DI TUTTI I CITTADINI e nel 2014 ancora relativamente alle DELL’UE” PARLA DI TECNOLOGIE molte iniziative svicoltivazioni genetiSANITARIE INNOVATIVE, luppano questo tema. camente modificate è INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE, Nel marzo 2013 la essenziale per tutti i citBENESSERE… Commissione europea tadini europei e andrebE MOLTO ALTRO ha pubblicato un docube davvero rafforzata al di mento sulla salute pubblica dal titolo “Migliorare la salute di tutti i cittadini dell’UE”, in cui si individuano alcuni nodi cruciali su cui occorrerebbe concentrare gli sforzi e indirizzare le politiche e che riprendono e approfondiscono gli obiettivi di Lisbona. Si promuove ad esempio la sostenibilità nell’ambito della sanità, intesa come ottimizzazione delle tecnologie sanitarie innovative, che devono essere rese disponibili per tutti i cittadini europei. Si prende atto dell’invecchiamento della popolazione, indicandone le conseguenze per la sanità e rilevando che l’aumento dell’aspettativa di vita non ha per ora generato anche un aumento del tempo di benessere e salute per tutti. Si impegna l’Unione a ridurre l’incidenza delle malattie per le quali sono già disponibili tecniche di prevenzione. Si sollecita una politica comune in materia di salute pubblica per ridurre le disuguaglianze ancora rilevanti. E ancora, si richiama a una vigilanza sui problemi nuovi che le stesse tecnologie biomediche innovative sollevano e sulla sicurezza sanitaria, anche in relazione ai rischi per la salute che provengono da agenti transfrontalieri e ai pericoli ambientali. Tra gli agenti transfrontalieri vanno annoverati gli organismi geneticamente modificati, come già avvertiva il Protocollo di Cartagena 2000) sulla biosicurezza derivato dalla Convenzione sulla iversità iologica adottata a Rio nel 2002), che poneva l’obiettivo della protezione della biodiversità dai rischi derivanti dal trasferimento, dalla manipolazione e dall’uso degli organismi geneticamente
là degli interessi dei grandi potentati agroalimentari. Se per lungo tempo l’Europa ha resistito all’ invasione delle sementi ogm, anche a costo di pagare multe salate comminate dal WTO per ostacolo al libero commercio, ora sembra che, a dispetto dell’opinione pubblica, prevalentemente contraria, si stia aprendo qualche breccia. Nel giugno scorso un nuovo accordo tra gli Stati membri per la prima volta ha stabilito che ciascuno di essi avrà il diritto di decidere se consentire o meno la coltivazione di ogm sul proprio territorio, indipendentemente dalla preventiva autorizzazione della Commissione Europea. Spagna, Portogallo, Romania stanno già da tempo aumentando le loro produzioni ogm e c’è da supporre che tale accordo favorirà l’ulteriore estensione. Si tratta di una questione essenziale per la salute comune dinanzi alla quale rassegnarsi all’inevitabilità della contaminazione e all’impossibilità di vietare l’importazione, significa derogare a una piena tutela della salute di tutti e alla reale partecipazione dei cittadini europei alle decisioni che li riguardano.
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Il filo verde di Barbara Bruni
FINESTRE INTELLIGENTI
Vetri capaci di cambiare colore a seconda della luce permetteranno di ridurre sia l’uso dei condizionatori sia il riscaldamento, con un fortissimo risparmio di energia elettrica. Secondo la rivista Nature Communications, le “finestre intelligenti” - sviluppate a Singapore da un gruppo di ricerca del Politecnico di Nanyang - sono quasi pronte per essere messe in commercio. Si tratta di finestre che cambiano colore a seconda della luce esterna, e lo fanno in modo autosufficiente senza il bisogno di batterie. Un passo in avanti per trasformare in realtà l’edilizia verde.
RINOCERONTE BIANCO A RISCHIO ESTINZIONE
20.000 è il numero dei rinoceronti bianchi presenti ancora sul nostro pianeta. Il loro tasso di abbattimento purtroppo continua a salire - si parla oggi di 1 esemplare ucciso ogni 18 ore! – con un rischio di estinzione calcolato a 28 anni. Il bracconaggio sui rinoceronti è legato ai falsi miti relativi alle proprietà del corno: richiesto soprattutto in Asia, si crede la sua polvere abbia capacità curative - dalla febbre all’epilessia e il cancro - nonché poteri afrodisiaci. La richiesta sul mercato è altissima, e il suo valore si aggira intorno ai 75.000 dollari al kg. Tenendo conto che un corno pesa intorno a 5/6 kg, il guadagno dei bracconieri (e dei loro committenti) può aggirarsi intorno ai 370mila dollari in sole 48 ore (tempo calcolato dall’uccisione dell’esemplare all’immissione sul mercato della polvere del corno).
UN OCCHIO SULLA FORESTA AMAZZONICA
Al via, in Brasile, la costruzione di una torre di osservazione sulla foresta amazzonica, la più grande foresta pluviale del pianeta. Con l’obiettivo di monitorare i cambiamenti climatici, la torre - che sarà realizzata interamente in acciaio e avrà un’altezza di 325 mt - verrà localizzata a 160 chilometri da Manaus. Quest’opera potrà raccogliere importanti dati sui gas serra che i ricercatori utilizzeranno per studiare il cambiamento climatico globale.
ANCORA RIFIUTI TOSSICI NEL CASERTANO
Nuovi scavi alla ricerca di rifiuti tossici nel casertano, hanno portato alla luce una discarica di rifiuti pericolosi derivanti dall’attività edile, in un fondo in aperta campagna coltivato a mais fino a qualche mese fa. Anche in questo caso la pala meccanica, dopo aver incontrato la falda ad undici metri di profondità, ha fatto emergere materiali in plastica, amianto e altri rifiuti pericolosi che si pensa siano stati interrati dal clan dei Casalesi.
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METTERE AL MONDO. NATURALMENTE La Giornata Nazionale della Buona Nascita da Roma ha lanciato il suo messaggio: meglio partorire in modo naturale. Spiega perché Giovanna Riso del Forum Parto Naturale di Tiziana Bartolini
“Ristabilire l’idea che il parto è un evento fisiologico, che avviene naturalmente”. Questo il pro-
getto intorno al quale un gruppo di donne si è ritrovato prima confrontandosi nel Forum Parto Naturale e poi, alcune, costituendo un’associazione, ‘Rinascere al Naturale’. “Il nostro obiettivo è quello di restituire al partorire il suo essere momento prima di tutto naturale e non patologico. Un momento che va lasciato avvenire il più possibile in modo naturale”. Naturale e consapevole. È l’altra parola ricorrente nella conversazione che abbiamo con Giovanna Riso, quaranta anni e mamma di tre bambine Sofia, Silvia e nita), antropologa come formazione e un percorso da ricercatrice temporaneamente sospeso. “Il mio vissuto è eloquente: la prima figlia l’ho avuta con un cesareo, la seconda con un parto vaginale e l’ultima è nata in acqua. La consapevolezza è stata la chiave che mi ha permesso di vivere i miei ultimi due parti in modo meraviglioso e indimenticabile. Questo dovrebbe sempre essere per le donne l’esperienza del mettere al mondo. Purtroppo non è così e le donne si sono lasciate espropriare della possibilità di gestire in autonomia il proprio corpo in un momento in cui, invece, il proprio controllo dovrebbe essere massimo. Durante la gravidanza e poi per il parto le donne si lasciano sopraffare dall’interventismo delle strutture e dalla medicalizzazione che aumenta sempre più”. Questo gruppo si confronta da
diversi anni incontrandosi nel Forum ed hanno costituito un network con l’obiettivo comune: prima di tutto restituire consapevolezza alle donne, fare informazione in un’ottica di auto-aiuto sui grandi temi che riguardano la maternità, dal punto di vista scientifico, sociale, politico. a nostra idea è che il parto fisiologico sia la cosa migliore e, come dimostrano le evidenze scientifiche, anche il modo più sicuro di partorire sia per la mamma sia per il bambino. Però non ci permettiamo di interferire con le decisioni della donna. Se pensa di fare l’epidurale, per esempio, non siamo noi a condannarla. noi interessa che quella donna sappia a cosa va incontro, conosca gli effetti e possa scegliere non perché terrorizzata da un’informazione superficiale o, peggio, interessata a vendere qualcosa o ad accelerare i tempi”. Lo spunto di questa conversazione è dato da un’iniziativa del Forum Parto Naturale e dell’associazione Rinascita al Naturale, che si è svolta il 18 ottobre a Roma, in cui è stata lanciata la prima edizione della GIORNATA NAZIONALE DELLA BUONA NASCITA. bbiamo pensato di organizzare questo incontro nazionale, chiamando a confronto donne, esperti e operatori del campo, quando l’estate scorsa la Federazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche ha preso posizione ufficiale contro il parto a domicilio per le donne precesarizzate, arrivando a diffidare le ostetriche dall’assistere le donne che lo richiedevano. L’abbiamo rite-
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SILENZIO… QUI SI NASCE Un altro mondo è possibile se un altro modo di nascere è possibile
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nuta una scelta inaccettabile, senza fondamento legale e continua Giovanna Riso - in violazione dell’art 32 della Costituzione cos abbiamo chiesto ufficialmente alla Ministra Lorenzin di esprimersi in merito al diritto di scelta in ambito sanitario e poi abbiamo pensato che fosse necessario proporre la questione all’attenzione più ampia, a livello nazionale. Così è nato l’appuntamento di Roma , che riteniamo un inizio”. Quest’anno il focus della Giornata è stato questo specifico e il titolo dell’incontro che si è svolto presso la Città dell’ ltra Economia era “PARTO NATURALE DOPO CESAREO e LIBERTA’ DI SCELTA”, ma il solco è traccia-
to: rimettere al centro il parto come evento naturale restituendo consapevolezza e protagonismo alle donne. Un cammino che non sarà facile, perché le donne hanno troppo rimosso questo loro sapere ancestrale. Come è potuto avvenire? “Me lo chiedo spesso e non sono riuscita a trovare una sola risposta. Una possibile è da ricercare nell’espropriazione delle competenze delle ostetriche, alle quali non è stata lasciata la possibilità di seguire in autonomia la gravidanza fisiologica. o spazio è stato occupato dalla dimensione medica, che è portata a vedere la donna gravida come una malata e la gravidanza e il parto come una patologia”. Meditate, donne, meditate…b
a Mimma Mignuoli, del mitico consultorio di Trebisacce (CS), ricevo una testimonianza di un parto in casa, voluto consapevolmente da una donna competente. Voleva Mimma ad assisterla. E Mimma ha colto l’occasione per permettere a un’ostetrica alle prime armi di partecipare all’evento come momento di formazione sul campo. Ed ecco il racconto della giovane ostetrica. “Silenzio… qui si nasce! Un telefono che squilla, qualcosa che bagna, un’energia che trascina e… una nuova vita aveva deciso di venire al mondo! Ma in realtà sarebbe stato un venire al mondo per tutti: mamma e papà, ma anche per la casa, per l’intera famiglia e per le ostetriche. La musica, l’odore di lavanda e camomilla, le luci soffuse, le mani, il contatto, i sorrisi e gli sguardi consapevoli, le vocalizzazioni e…il silenzio! La nascita di V. è avvenuta così: tra la potenza della madre, il sostegno del padre, la forza della natura, il rispetto dei tempi (anche di quelli in cui sembrava che l’orologio si fosse fermato), la consapevolezza del corpo, la competenza di V. e l’ascolto delle ostetriche. Quelle ostetriche che in quelle ore si sono nutrite nel corpo e nell’anima e che hanno avuto l’umiltà di mettersi in discussione dimenticando il proprio ego, i propri bisogni e le proprie aspettative per ascoltare E. ll’inizio le contrazioni sembrava che non le dessero tregua, poi qualcuno bagnò le dita in un olio profumato e iniziò a massaggiare alternando la forza allo sfioramento, qualcuno vocalizzava con lei ad ogni contrazione, qualcuno nelle pause la rincuorava e le spiegava ciò che stava accadendo, qualcuno la sosteneva fisicamente ed emozionalmente. È stato tutto sincronizzato, rispettato, amato… e V. ha percepito questa situazione così che ogni volta che ascoltavamo il suo cuoricino, per noi era sempre una rassicurazione, era come dirci ‘Mamma continua in questo modo, io sto bene; papà non preoccuparti, presto abbraccerò anche te; e care Cicogne grazie per il sostegno, ancora un po’ e ricambierò il tutto guardandovi ad una ad una negli occhi!’ Poi ad un certo punto il tempo si è fermato davvero, le contrazioni erano più distanti, la musica non era più di gradimento per E. perché lei avevo bisogno di riprendere le forze e il silenzio, il contatto, il sonno, il cibo, il rilassamento sarebbero diventate le sue prerogative! La trance del travaglio aveva preso il sopravvento perché era il tempo in cui convivevano e si sfioravano contemporaneamente la vita e la morte, il dolore e la gioia. E. aveva bisogno di incontrarsi con il suo femminile, con la sua memoria arcaica, con i suoi limiti estremi, con le sue ombre, ma anche con nuove risorse e, una propria forza, finora sconosciuta, che le permetterà di andare oltre i suoi confini e, poter dare alla luce’. opo questa fase silenziosa e profonda E. ha sprigionato tutta la sua forza, in piedi come un grande albero ha affondato le sue radici e sprigionato la potenza della vita! V. non ha pianto, ma lo abbiamo fatto noi per lei… noi che siamo nate nuovamente attraverso la sua nascita silenziosa! Grazie a V e ai suoi genitori, grazie alle mie colleghe Mimma, nna e le Rose’ per avermi dato la possibilità d’essere testimone di una ‘nascita e parto senza violenza’!” Teresa Mastrota
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1945 2015
SETTANTA ANNI DI UDI
UN CALENDARIO SPECIALE, QUELLO DEL 2015, CHE SEGNA IL SETTANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UDI E CHE COME SEMPRE RAPPRESENTA UN ATTO POLITICO E UN MODO PER SOSTENERE L’ASSOCIAZIONE E LE SUE INIZIATIVE PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI CONTATTARE LA SEDE NAZIONALE DI ROMA: TEL 06 6865884 E/O 06 68807103 – mail udinazionale@gmail.com - udiamministrazione@gmail.com
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DAI GRUPPI DI DIFESA DELLA DONNA ALL’UDI LA NOSTRA STORIA DONNE RESISTENTI di Rosangela Pesenti
Una mostra e un ampio progetto di sensibilizzazione in occasione del settantesimo anniversario della fondazione dell’UDI. A partire dalle scuole e in collaborazione con le istituzioni locali puntando a far nascere negli istituti scolastici i ‘gruppi per la libertà di genere’. L’iniziativa è dell’UDI di Catania con la collaborazione dell’UDI di Reggio Calabria per la graphic novel. La mostra è visitabile a Catania fino al 25 novembre 2014. Il titolo è “GDD. Questa storia è la nostra. L’UDI racconta la sua nascita nella Resistenza” (Sale Museo Emilio Greco di Catania)
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libri di storia presenti nella scuola, soprattutto i manuali, parlano quasi sempre di guerre, elencano battaglie e trattati, manovre di governi e schieramenti di eserciti. Una storia di uomini che decidono, subiscono, accettano, uccidono, muoiono, si entusiasmano, si rassegnano, ma la guerra, ogni guerra, non si vive solo sui campi di battaglia, non è mai confinata ai giorni dei combattimenti, si vive anche nelle retrovie, nei territori attraversati, dove si forgiano le armi e si preparano cibo abiti e riparo per i combattenti. Così erano le guerre del passato, guerre di uomini raccontate da uomini che nulla ci hanno detto delle donne. Mancano nei racconti storici, insieme alle donne, i sentimenti degli uomini, le paure, i dubbi, le costrizioni, le necessità, tutto ciò che ognuna/o di noi percepisce come lo scorrere della vita. Tutto cambia però con la seconda guerra mondiale, incuneata nel cuore del Novecento, dopo la prima, di cui è prosecuzione
ed espansione, matrice delle successive, disseminate sul globo, fino ad oggi. ) La guerra, annunciata come una passeggiata brevissima, diventa lunga, inviando ai tanti fronti dei paesi via via aggrediti dal nostro paese contingenti maschili di varie classi di età e caricando sulle spalle delle donne sempre maggiori responsabilità, fino alla data cruciale per l’Italia: l’ settembre 1 . Sono molte e diverse le guerre che precipitano sull’Italia da quel momento. ) L’esercito, rimasto senza ordini, si sbanda, i tedeschi da alleati sono diventati nemici e i soldati italiani cercano istintivamente salvezza da quella che poi diventerà deportazione di massa nei campi di concentramento tedeschi. In quel momento le donne diventano fondamentali e sono il cuore della più grande operazione di travestimento e salvataggio della storia italiana ) Ogni soldato che bussa a una porta riceve soccorso, abiti, viene rifocillato, trova alloggio, vie-
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ne nascosto, ottiene indicazioni, conforto, aiuto. Un’attività che comincia spontaneamente e continuerà nei lunghi mesi fino al ’ 5 in forme via via più consapevoli, con scelte via via più rischiose, una strada che porta molte a diventare partigiane. Dal salvataggio dei soldati italiani a quello di ebrei in fuga e di prigionieri alleati fino a tutte le azioni resistenti che si oppongono all’invasore e contemporaneamente tendono alla conservazione della vita quotidiana nelle, case, nei campi, nelle città. Non c’è solo il rifiuto della guerra e una coraggiosa solidarietà umana, ma il crescente disgusto per il fascismo di cui si vedono e si patiscono, insieme alle azioni criminali nei confronti degli oppositori, l’arroganza dei gesti in mille occasioni. Si colloca in questa situazione la nascita dei Gruppi di Difesa della Donna e per l’Assistenza ai Combattenti della ibertà nel novembre del 1 . Il documento costitutivo mette in primo piano il peso insopportabile dell’occupazione tedesca e fascista indicando tutte le possibili azioni di lotta, ma sono di pari importanza le richieste avanzate sul piano del diritto al lavoro e a quella parità giuridica che le donne italiane non avevano avuto dall’unità d’Italia. Si può dire che i GDD sono la prima organizzazione di lotta nonviolenta, la cui azione contribuisce a diffondere quel tessuto di resistenza civile che, riconosciuto con ritardo dalla storiografia, oggi viene considerato parte di quell’impasto dentro cui lievita e cresce la Resistenza armata, la lotta di liberazione italiana. ) Tantissime le ragazze, come nella Resistenza maschile, che escono dall’angustia delle tradizionali subalternità fa-
Addio Mariella “Con la nuova serie di Noi Donne volevamo stabilire un’amicizia dell’età forte, ci piaceva immaginare uno scambio di informazioni, dibattiti e idee che fosse maturo e laico, più ironico e libertario, compiaciute dei passi in avanti compiuti da tante, ma attente a denunciare battute di arresto e discriminazioni. A testa alta, senza lamenti, autorevolmente, certe che le donne ormai i loro occhi sul mondo li hanno appuntati da tempo e di cose ne hanno da dire”. Con questa frase, scritta negli anni della sua direzione di Noi Donne, ricordiamo Mariella Gramaglia, scomparsa a Roma il 15 ottobre. Una vicinanza al giornale, la sua, che nel 1989 la vede anche presidente della Cooperativa Libera Stampa con un impegno sempre caratterizzato da rigore professionale ma anche da un nuovo spirito di lettura al femminile della realtà. Ci uniamo al messaggio delle amiche dell’UDI di Ferrara che hanno scritto “con la sua morte perdiamo una giornalista apprezzata dal movimento delle donne”. La Redazione e la Cooperativa Libera Stampa
miliari e sociali per affermare la volontà di liberare l’Italia dalla guerra e dal nazifascismo attuando con questo gesto un passo fondamentale per la propria liberazione. Per gli uomini, inquadrati nell’esercito, sbandati, richiamati, imprigionati, la scelta è d’obbligo, ma per le donne è diverso, potrebbero restare a casa, ritirarsi nelle pratiche di sopravvivenza personale e famigliare, continuare ad aderire a quello stereotipo nel quale sono state plasmate con l’educazione e invece moltissime fanno una scelta e i loro gesti, le loro gesta, ben più delle parole che molte non possiedono e dalle quali sono tradite nel racconto, segnano una visibilità inedita, esprimono idee, convinzioni, personalità che vanno ben oltre le immagini tradizionali a cui più tardi si vorranno ridurre. E dopo, che cosa accade nel dopoguerra? e inedite figure femminili, che si sono rese visibili sulla scena della grande storia senza nemmeno sapere di essersi
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idealmente ricollegate alla cancellata tradizione delle attiviste risorgimentali e poi femministe, non trovano spazio in un’Italia interessata a rinvigorire la nascente repubblica con nuovi miti di una Resistenza eroica solo maschile e armata e ruoli femminili ricondotti al laborioso silenzio della casa. ) a scelta di fondare l’Udi, unificando l’esperienza politica e organizzativa dei GDD sviluppatasi al nord con quella vissuta nell’Italia liberata del sud, rappresenta, nel 1 5, una discontinuità importante e un’aspirazione alla piena cittadinanza che, se ancora non ha trovato le parole per esprimersi appieno, vive nella tensione ideale e nell’impegno pratico di migliaia e migliaia di donne a cui dobbiamo la ricostruzione del tessuto sociale del dopoguerra e l’attenzione per i diritti di tutte e tutti, a cominciare dall’infanzia.
Bruna e Adele 70 anni dopo Le immagini pubblicate in queste pagine sono una selezione delle sessanta realizzate per la mostra “GDD. Questa storia è la nostra. L’UDI racconta la sua nascita nella Resistenza”. “Si tratta di una ibridazione tra diversi generi, soprattutto tra il fumetto e la graphic novel - dice Marsia Modola, che è autrice della sceneggiatura insieme a Nazzareno Ammendola, che ha realizzato le tavole -. La linea narrativa si svolge sulle vicende quotidiane di una ragazza, Bruna di Reggio Calabria, e della sua amica Adele di Catania, digiune inizialmente di storia e consapevolezze al femminile. Bruna sceglie per gli esami una tesina sulla Resistenza delle donne e dei Gruppi di Difesa della Donna. Tutta la materia e i contenuti che conoscerà passeranno in soggettiva attraverso l’uso che saprà fare del suo computer in real time, senza descrizioni, richiami o voci fuori campo. L’aiuterà con qualche imbeccata la nonna che abita a Cuneo... non a caso. Bruna e Adele sono sulla buona strada per cominciare il loro percorso di donne consapevoli di sé e dell’eredità storica di cui oggi godono/godiamo. Sono riportati alcuni avvenimenti e descritte alcune figure femminili della Resistenza con l’artificio narrativo che tutto restasse filtrato dalla psicologia della ragazza protagonista. L’appartenenza geografica ha due connotazioni iniziali. La prima: il lavoro è partito per una iniziativa delle UDI territoriali di Catania e Reggio Calabria, quindi circoscritta, ma aperta a chi avesse voluto parteciparvi per allargarne l’orizzonte. L’altra era ricordare alcune figure della Resistenza poco note, in particolare catanesi e reggine, come indicatore non tanto di una Resistenza meridionale, che fu più carsica e di altro indirizzo rispetto al Nord, ma di una Resistenza dei meridionali”.
In quella storia più generazioni di donne hanno trovato alimento per il proprio desiderio di libertà chiedendo un’emancipazione che metteva via via in discussione gli assetti tradizionali della cittadinanza fondata sulla presunzione di neutralità del diritto maschile. ) Una storia che ancora ci parla, a settant’anni di distanza, con la voce delle ragazze di allora, una storia che chiede le nostre domande per illuminare quel passato senza il quale le strade del futuro diventano più oscure. Testo estrapolato da un approfondimento realizzato a corredo della mostra.
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I VALORI DELLA TERRA di Tiziana Bartolini
DALL’EXPO 2015 E DALLE DONNE ARRIVERANNO IDEE E PROGETTI PER NUOVE STRATEGIE DI SVILUPPO. RISPETTOSE DELLE PERSONE E DELL’AMBIENTE INTERVISTA A CLAUDIA SORLINI
È
appena tornata dall’America Latina e da Londra dove ha partecipato ad incontri in qualità di presidente del Comitato scientifico per Expo 2015 del Comune di Milano, soggetto che “insieme ad altri contribuirà a scrivere la Carta dei Valori che sarà il lascito morale di questo evento mondiale”. Intervistiamo la prof.ssa Claudia Sorlini, già Preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, per comprendere il senso del tema proposto dall’esposizione universale che aprirà i battenti il prossimo 1° maggio: Nutrire il Pianeta, Energia per la vita.
Le donne, l’agricoltura e la politica. Quali le connessioni con l’Expo?
L’empowerment delle donne è tra gli obiettivi dell’Expo 2015 sia per il loro ruolo in generale sia nell’attuazione delle politiche. Le donne contano molto per il contributo di lavoro concreto che forniscono a tutti i livelli della filiera alimentare, ma contano ancora poco nei livelli decisionali. ’obiettivo è modificare questa asimmetria, che ha relazioni profonde con la lotta alla fame. Ci interessa che la Carta contenga questi valori con il conseguente impegno da parte di tutti i Paesi nel sostenere, tra l’altro, l’agricoltura di famiglia, in cui le donne sono protagoniste.
Che ruolo ha il Comitato scientifico nell’ambito dell’Expo?
Il Comitato scientifico è costituito da un rappresentante per ciascuna delle sette università milanesi (in genere un prorettore), da un rappresentante della Regione, della società Expo, del Padiglione Italia, delle Fondazioni
milanesi, nonché la delegata del sindaco di Milano alle pari opportunità. Mi preme sottolineare che lavoriamo tutti senza compenso e che il budget, minimo, è destinato unicamente a coprire le spese per partecipare o organizzare eventi nazionali ed internazionali destinati a portare nel mondo i contenuti scientifici, economici ed umani dell’esposizione. Questa non punta a mostrare le grandi tecnologie ma piuttosto a far crescere la coscienza, la responsabilità sociale, la consapevolezza che questi temi in un mondo globalizzato come quello attuale ci riguardano tutti. L’esempio dell’ebola è lampante. Inoltre, aggiungo, diffondere i contenuti dell’Expo 2015 aiuta a promuovere un’altra idea dell’Italia, completamente diversa da quella proposta dallo scandalo delle tangenti legate all’EXPO.
Quale impatto ha avuto all’estero per la nostra immagine un fatto così grave?
Certamente non positivo. Il nostro lavoro contribuisce a controbilanciare quell’immagine negativa e anche a chiarire come gli scandali coinvolgono pochi mentre la stragrande maggioranza delle persone che lavorano per il successo di EXPO è estranea ad ogni forma di corruzione. Fra questi ci sono anche decine di associazioni, centri culturali, docenti, ONG che organizzano attività in modo volontario nelle scuole, nei quartieri, nei piccoli comuni. Le donne sono protagoniste di questo movimento.
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Quale sarà l’impatto economico dell’EXPO 2015 per l’Italia nel breve, ma anche nel medio e lungo periodo?
Questo appuntamento è una opportunità straordinaria anche per un ritorno economico globale. L’interesse per l’Italian food con questa esposizione sta aumentando in modo significativo. Non sono in grado di dire come si chiuderà il bilancio alla fine del semestre espositivo perché prescinde dalle mie competenze, ma sono convinta che EXPO generi (anzi ha già generato) un’onda lunga che produrrà effetti decisamente positivi nel tempo, incrementando l’interesse del mondo per l’Italia: dalla gastronomia alla cultura, dai beni storicoarcheologici alla dieta mediterranea, alla diffusione del principio della responsabilità sociale. Mai si è parlato tanto come ora di agricoltura, alimentazione, salute, sviluppo sostenibile e futuro del pianeta.
Quale, invece, l’impatto sui macro sistemi planetari?
Nutrire il pianeta lo intendiamo declinato con la garanzia di una sostenibilità ambientale. Non possiamo più pensare ad uno sfruttamento del pianeta che punti ad aumentare le produzioni impiegando indiscriminatamente le risorse energetiche e ambientali. Nei numerosi dibattiti che la Commissione Europea ha programmato dal mondo della scienza, dell’agricoltura, dell’impresa, delle organizzazioni non governative, della società civile arriveranno molti suggerimenti ai grandi della terra per le nuove strategie di sviluppo finalizzate a ridurre gli sprechi, a coltivare consumando meno energia e meno acqua e senza distruggere la biodiversità e la fertilità dei suoli garantendo cibo a tutti. Ci sarà spazio anche per discutere su come contrastare il grave fenomeno del land grabbing, che vede grandi imprese e governi di paesi ricchi accaparrarsi in paesi poveri decine di migliaia di ettari per coltivazioni destinate a produrre energia o cibi per i paesi investitori, fenomeno che colpisce in modo particolare le numerose donne impegnate nel settore.
La scienza avrà un ruolo importante e l’Expo sarà occasione anche per parlare di ogm. Forse non a caso in Italia si è acceso un dibattito recentemente...
Premetto che il Comitato scientifico non prende posizione sugli ogm ma favorisce dibattiti in cui ci si confronti non ideologicamente. È necessario un approccio nel quale si portino risultati di ricerche, sperimentazioni, coltivazioni in campo, valutazioni serie di
carattere ambientale, sociale, economico ed anche politico . La mia opinione è che non esiste una soluzione che vada bene in tutto il mondo. Se la provitamina A del ‘riso d’oro’ può risolvere la fame e la cecità in alcune regioni, quel riso va coltivato. Le coltivazioni ogm possono creare vantaggi agli agricoltori in paesi come gli Stati Uniti, con alta meccanizzazione dell’agricoltura e campi a lunga aratura, con una agricoltura basata sulla produzione di commodities. Non credo che gli ogm porterebbero vantaggi all’economia italiana, visto che l’Italian food, le cui esportazioni contribuiscono significativamente ai nostri bilanci, è apprezzato per le sue produzioni di alta qualità esenti da manipolazioni. Nel caso le coltivazioni ogm venissero approvate, sarebbe indispensabile avere linee guida per evitare reciproche contaminazioni genetiche con l’agricoltura biologica e convenzionale. Vanno valutati inoltre con attenzione anche gli impatti sociali dell’introduzione di sementi transgeniche nei paesi in via di sviluppo la cui economia si basa su varietà locali. Così come va valutato l’impatto politico-economico di un’agricoltura europea che dipenda per le sementi transgeniche dalle grandi e poche aziende produttrici situate fuori del vecchio continente (USA). Tutte queste considerazioni non devono impedire ricerca e sperimentazione su questi temi.
Come immagina l’Italia tra venti anni rispetto all’agricoltura?
Sono ottimista. Il ritorno dei giovani all’agricoltura, l’aumento delle iscrizioni agli Istituti e alle Facoltà di Agraria, la scelta di molti Italiani di andare a vivere in piccoli centri sono segnali di interesse per il mondo rurale che contribuiranno a ridare all’agricoltura il valore che si merita. Oggi il prezzo del cibo incide sul 16-18% del reddito familiare e la quota che va all’agricoltore è davvero irrisoria: uno squilibrio che può essere fronteggiato da un’agricoltura più forte. E le donne partecipano - bravissime - a questa sfida, salvando aziende in difficoltà con una straordinaria capacità creativa che si aggiunge all’antica sapienza.
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NUTRIAMO IL MONDO | 2
IL CIBO AL CENTRO DEL PIANETA di Marta Mariani
L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE MILANO EXPO 2015 SI SNODA INTORNO AL TEMA DELLA NUTRIZIONE. WOMEN FOR EXPO E IL FEMMINILE CHE È PROTAGONISTA
nutrire il pianeta”. Infatti Women for Expo in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e con la Fondazione Mondadori promuove molti progetti al femminile - tutti diversi, ma tutti correlati - sospinti perlopiù dallo spirito del contributo plurimo ed organizzato di tante menti. L’ispirazione di Women for Expo sembra attingere alla fonte stessa dei simboli, cioè a quell’idea originaria della donna come madre e nutrice. Ecco perché WE ama accostare la femminilità alla natura sostentatrice, in tutti i sensi possibili. Ogni donna è depositaria di pratiche e regole, antiche eredità che le danno la capacità di nutrire gli altri. Oggi, in un mondo cambiato, questa memoria e questo sapere profondo diventano lo strumento per mostrare che cosa significa “prendersi cura”. Ciascuna, nel suo ambito, può farlo. Alle donne di penna, coinvolgendo tutte le scrittrici dei paesi partecipanti, è chiesto di collaborare alla stesura del “romanzo sul cibo più plurale di sempre”. Le artiste di ogni cultura e tradizione sono chiamate ad un brain storming globale per il nutrimento del “pensiero creativo”, dato che il confronto è un prelibato cibo per la mente. Ancora, la promozione dell’imprenditoria femminile virtuosa, insieme con la condivisione delle tradizioni gastronomiche dell’intero pianeta, sollecitano le donne di tutti i paesi a farsi protagoniste di una sfida che consiste nel riequilibrio degli sbilanciamenti oggi riscontrabili soprattutto sui due versanti del futuro e della sostenibilità. Per questi valori ed in vista di tali obiettivi, WE annovera nella sua rete quante più “ambasciatrici” possibili, fra: pittrici, attrici, saggiste, scrittrici, scienziate, filosofe, cantanti,
L’Expo 2015
è un progetto ambizioso e concreto. Nei mesi - da maggio a ottobre - Milano sarà al centro del mondo diventando collettore e al tempo stesso propulsore di idee intorno al tema del cibo e dell’ambiente. Innumerevoli le iniziative e gli eventi che già si rincorrono in Italia e non solo. Women for Expo è uno dei progetti ideati nell’ambito di Expo 2015 e mantiene il suo focus sul ruolo delle donne nel campo vasto del cibo, dall’agricoltura all’imprenditoria, dal consumo all’innovazione. Le dichiarazioni di Lella Costa, attrice, scrittrice e doppiatrice, esemplificano bene un sentire comune su questo grande evento: “Mi aspetto continuamente delle domande nuove, perché la sfida vera è smettere di incaponirsi a dare risposte inadeguate ai temi, agli argomenti, alle sfide più attuali. C’è, in questo momento, la possibilità di vedere se riusciamo a scegliere un futuro diverso. Ci sono dei temi che non possiamo più prorogare o demandare, come quello di
atlete, fotografe, modelle e professioniste di tutti gli ambiti. Queste donne, a loro volta, si faranno nucleo e sorgente di iniziative di corollario propositive e contagiose. “Per tutti i mesi dell’Expo Milano diventerà la capitale del
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mondo, la sede di un avvenimento di coraggio, di libertà e di rispetto che segna un ‘accordo vitale’ fra la gente”, afferma Carla Fracci, ballerina classica di fama mondiale, che si confessa cultrice appassionata del tradizionale risotto alla milanese. e tecniche agricole, le superfici coltivabili, la raccolta e la conservazione dei viveri, il trasporto, il consumo, l’ottimizzazione e l’eliminazione degli sprechi saranno sottotematiche considerate e sviscerate da menti diverse e complementari, vissute dai singoli attraverso le loro esperienze di vita. “Expo 2015 - per dirla con le parole dell’ambientalista Vandana Shiva - è un’occasione per guardare al futuro dell’agricoltura per proteggere l’intero pianeta, creare mezzi di sussistenza e fornire cibo migliore”. Al di là dei generi, e più in generale, l’Expo cerca di creare
una salutare connessione tra futuro e passato. Con il Padiglione Zero, infatti, - uno spazio espositivo curato da Davide Rampello e progettato da Michele De Lucchi - si tenta un sommario di tutte le trasformazioni del paesaggio avvenute nella storia della relazione fra l’essere umano e la Natura. Si tratta di una vera e propria “memoria dell’umanità, di un percorso emozionale - a detta del curatore che da racconto universale si fa storia individuale”. Ancora, con il Future Food District (curato da Carlo Ratti,
Direttore del SENSEable Citi Lab al Massachussetts Institute of Technology), Expo 2015 vuole illustrare ai visitatori le possibilità delle ultime tecnologie all’interno dei vari passaggi della catena alimentare. In altre parole, esso coniuga in modo alternativo tecnologia e Natura, ri ettendo sui nuovi mezzi di produzione, distribuzione, preparazione e consumazione del cibo, adombrando nuove consapevolezze rispetto al consumo degli alimenti, e cospirando per una catena alimentare più sana ed autosufficiente. Inoltre la Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari di Milano, con il suo Parco della Biodiversità (coordinato da Emilio Genovesi), presenta l’agrobiodiversità tramite più di duecento diverse specie e varietà agrarie. “Una mostra che ‘vive’ afferma Stefano Mirti - nel senso letterale della parola: migliaia di piante da osservare, odorare, toccare, ascoltare (e, in alcuni casi, anche mangiare). Dodici storie per scoprire la storia dell’agricoltura e l’origine di piante coltivate, alimentari e non, provenienti da ogni parte del mondo”. Insomma l’Expo 2015 vuole essere un evento originale e dall’impatto incisivo sulla necessità di conservazione ecosistemica, quindi sulla razionalizzazione sostenibile delle energie e delle risorse agroalimentari dell’intero pianeta. Per questo sarà “un grande occhio sull’Italia - conclude l’attrice Ornella Muti - uno scambio di opinioni, uno scambio culturale, una crescita importantissima per un discorso globale”.
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NUTRIAMO IL MONDO | 3
A MANGIARE INTELLIGENTE C’È PIÙ GUSTO di Tiziana Bartolini
MICAELA MARZOLI, FORMATRICE DI SLOW FOOD, SPIEGA COME E PERCHÉ È MEGLIO MANGIARE SANO
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ono tre i principi per imparare a fare una buona spesa: buono (organoletticamente secondo natura e stagione), pulito (biologico, se possibile, o almeno cercando di conoscere il contadino e come lavora la terra), giusto (che non sia il prodotto di sfruttamento delle persone e dell’ecosistema). Insomma, equo e solidale. Un po’ di impegno ci vuole, neppure troppo, ma certamente vale la pena conoscere quello che mangiamo”. Micaela Marzoli è una formatrice di Slow Food e ci contamina con il sorriso e la grazia con cui porge la saggezza, la cultura e i saperi che l’organizzazione fondata da Carlo Petrini diffonde. “Rispettiamo il lavoro che ha la cura di un territorio, che tutela un ecosistema. Rispettiamo il contadino che coltiva per noi un terreno pulito. Recuperiamo i Mercati della terra, torniamo dai contadini a comprare la frutta e la verdura”. Ma i morsi della crisi economica si fanno sentire e i supermercati aiutano a risparmiare. Anche il tempo è merce rara e i contadini non si trovano sotto casa, soprattutto se abiti in città. “Slow Food è sensibile a questo tema e infatti tra le nostre attività includiamo la lotta allo spreco di cibo, insegnando ad usare gli avanzi preparandoci piatti gustosi, ma anche organizzando e promuovendo le reti di scambio di
cibo. Produco pomodori e li scambio con le tue zucchine. Se non produco nulla possa mettere a disposizione il pane che faccio o la pasta madre. Poi insegniamo come farsi un orto in casa, sul balcone, in giardino”. Insomma le vie del risparmio e della salute sono infinite E ci si diverte, anche. Penso al progetto che sollecita a fare eating in piazza, social street”. Sarebbe a dire? “Ci si trova nel proprio quartiere con gli avanzi della dispensa e del frigorifero. C’è lo scambio e c’è la conoscenza. Imperativo: non usare stoviglie di plastica. lla fine ognuno se le riporta a casa e le lava. Tutto questo vuol dire tornare al buon senso e ad un’idea di fratellanza. Poi c’è un altro aspetto legato al risparmio, parlando di cibo. I prodotti di qualità sono più nutrienti e, a differenza degli altri, ne possiamo mangiare di meno. Il pane fatto secondo i nostri criteri - buono, pulito, giusto, fatto con ingredienti di qualità - costa il doppio ma dura di più ed è ottimo anche quando è raffermo”. Il dubbio viene: non è che a Slow Food piacciono le donne relegate in casa a fare marmellate e biscotti? “Per Slow Food le donne sono le custodi delle buone tradizioni antiche, sono la vera creatività e anche il futuro perché sono state in grado di cavarsela in tutte le situazioni di difficoltà . Ci convince Micaela, anche perché cita più e più volte la Terra Madre, archetipo di un femminile autorevole, poi Vandana Shiva, notissima, e Alice Water, che negli anni settanta in America ha iniziato la guerra al ‘cibo spazzatura’ portando nelle scuole l’idea degli orti. L’attenzione alle donne è confermata anche nelle numerose iniziative editoriali e nei progetti che aiutano nella quotidianità. Il sito www.slowfood.it è ricchissimo di materiali accessibili gratuitamente, di informazioni sui territori dove è possibile conoscersi e incontrarsi. C’è la Rete degli spacciatori di pasta madre e le ricette di recupero, ci sono le indicazioni per saper leggere le etichette per capire se la gallina che le ha prodotte è allevata a terra o in gabbia. Un particolare che cambia, e molto, quell’uovo che mangiamo, con cautela, non più di una o due volte a settimana.
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DIAMOCI UN TAGLIO
Come scegliere la carne: poca ma buona, pulita e giusta. Si fa presto a dire carne, ma quanto costa all’ambiente allevare il bestiame? Che impatto ha sulle persone? Come avviene la macellazione? Cosa è l’allevamento industriale? Poi ci sono le buone pratiche e le ricette di fegatini e di fave.
MANGIAMOLI GIUSTI
Informazioni sul pesce da comprare e quando (triglie, sardine, palamita in inverno oppure sugarello, sogliola o gallinella in estate ecc). E quello da non comperare, come il tonno rosso (che sta scomparendo) o il salmone (le scorie di allevamento sono altamente inquinanti), come il pesce spada (parte del pescato deriva dalle spadare, vietate dall’Onu e dell’UE, ma ancora diffuse) o i gamberi tropicali (gli allevamenti costituiscono la causa principale hanno un forte impatto sugli habitat costieri).
FULMINI E POLPETTE
Buone pratiche e cattive abitudini a confronto per comprendere l’importanza di scegliere locale e non globale, oltre che equo e solidale.
IN BOCCA AL LUPINO
Il lupino è un vecchio legume italiano molto nutriente, con grande capacità di svilupparsi in casa e che si presta a fare il pane e anche il ragù… Una vecchia ricetta che abbiamo dimenticato! Un libretto pieno di ricette e informazioni anche su cicerchia, fava, fagiolo e lenticchia.
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DONNE E CIBO: QUESTIONE DI FAMIGLIA MA ANCHE DI ECONOMIA L’Expo di Milano 2015 rappresenta un evento di portata mondiale che offre l’occasione per una ri essione sui numerosi temi legati al cibo. Tra questi il progetto WeWomen for E po vuole sviluppare, con il coinvolgimento di tutti i paesi partecipanti, il tema del nutrimento rispetto al ruolo femminile. In un simile contesto quale sarà il contributo che porteremo noi italiane? Pensando alla nostra realtà salta subito agli occhi un’evidenza: se il cibo nella nostra cultura è cos importante è anche perché le donne italiane hanno con esso da sempre un rapporto speciale. al punto di vista storico è infatti indubbio che gran parte del patrimonio gastronomico italiano sia dovuto ai piatti sperimentati dalle donne in secoli di storia domestica e che tuttora fanno la fortuna del nostro Made in Ital . nche oggi le italiane rimangono le principali responsabili dell’alimentazione familiare: dedicano alla preparazione di pranzi e cene 1 ora e minuti al giorno contro i 1 minuti degli uomini. uesto impegno ha molti risvolti positivi: la dieta mediterranea che è all’origine della nostra buona salute e aspettativa di vita dipende certamente dalle scelte di ogni giorno che le donne fanno su cosa mettere in tavola. d esse va quindi attribuito il merito e la responsabilità del benessere e della salute di tutti. ’altra parte una simile responsa-
DICI PRANZO E CENA E PENSI A DONNE INTORNO AI FORNELLI O CHE FANNO LA SPESA. È UN IMPEGNO GRAVOSO, ALL’ORIGINE DEL NOSTRO BENESSERE PSICOFISICO E DEL SUCCESSO DELLA CUCINA ITALIANA NEL MONDO. BISOGNA ANCHE SAPERE CHE AL RAPPORTO TRA DONNE, LAVORO E ALIMENTAZIONE È DOVUTO IL SUCCESSO DI INTERI COMPARTI ECONOMICI DEL NOSTRO PAESE LEGATI AL CIBO. CI VORREBBERO POLITICHE DI SVILUPPO ECONOMICO PIÙ ATTENTE ALLA DIMENSIONE DI GENERE PER CREARE VALORE E OCCUPAZIONE ANCHE IN QUESTO SETTORE.
bilità rappresenta un impegno quotidiano che contribuisce in modo significativo al carico di lavoro domestico delle donne italiane. Siamo infatti, a livello europeo, quelle che dedicano più ore quotidiane al lavoro familiare, a scapito del lavoro retribuito, determinando un tasso di occupazione femminile tra i più bassi della UE. È per importante ricordare che nel rapporto tra alimentazione, lavoro familiare e occupazione femminile si celano delle dinamiche economiche particolari. Le donne che lavorano innescano infatti un processo di esternalizzazione del lavoro di cura: devono cioè ricorrere ad una serie di prodotti e servizi che compensino il lavoro familiare che non hanno più il tempo di fare. uesto spiega la crescita di attività economiche quali i cibi preconfezionati, i surgelati, le rosticcerie. Non è un caso se in una recente intervista Giovanni Rana, noto imprenditore dell’azienda specializzata nella pasta fresca confezionata, ha dichiarato, a proposito del suo successo devo ringraziare l’emancipazione femminile . Si tratta dunque di una dinamica simile all’emersione del lavoro sommerso
STRATEGIE NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE LE DONNE RAPPRESENTANO IL 39% DEGLI ADDETTI, MENTRE NEL TOTALE DELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA (ESCLUSO LE COSTRUZIONI) LA LORO PRESENZA NON SUPERA IL 28%.
che crea valore economico laddove prima c’era lavoro non retribuito. Un dato della anca d’Italia sintetizza bene questo concetto: ogni 100 posti di lavoro creati per le donne se ne producono in realtà 115. ’incremento occupazionale che si viene a produrre i questi settori è comunque declinato soprattutto al femminile: avendo per secoli sviluppato questo tipo di attività a livello familiare e gratuito, le donne hanno infatti maturato le competenze necessarie per svolgere lavori analoghi nei settori di attività attinenti. Tra fare le marmellate in casa e lavorare in una fabbrica che produce marmellate il passo è veramente breve. I dati dell’ultimo Censimento Istat dell’industria e dei servizi 2011) lo confermano chiaramente: Nell’industria alimentare le donne rappresentano il degli addetti, mentre nel totale dell’industria manifatturiera escluso le costruzioni) la loro presenza non supera il 2 . Se nel settore dei servizi commercio, trasporto e magazzinaggio, alloggio e ristorazione) la presenza delle donne è mediamente del , la loro presenza sale di molto nelle attività più strettamente legate alla somministrazione di cibo: sono donne il 5 ,2 degli addetti nel commercio al dettaglio di prodotti alimentari e bevande.. , il , nella fornitura di pasti preparati catering) e altri servizi di ristorazione, il ,2 nei bar e altri esercizi simili. Tutto ci che ha a che fare con il cibo, sia che si tratti dell’attività in famiglia che di attività lavorativa, è dunque declinato al femminile: un dato che pu spiegare, ancora una volta, la debole considerazione di cui il comparto dell’industria alimentare gode nelle scelte di politica industriale nazionale. Eppure in questo ambito l’Italia pu vantare un interesse e un apprezzamento internazionale che la dovrebbero indurre ad investire in modo massiccio e convinto in un settore nel quale avrebbe un vantaggio competitivo considerevole, al pari della cultura e del turismo. Perché non farlo? Investire sulle donne e sulle loro attività potrebbe rivelarsi un vero affare. b iovanna adalassi, Well - ab
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di Cristina Melchiorri
LA TECNICA DELLO SCALATORE Sono Enrica è da qualche mese vivo nel l’angoscia perché mi sembra che nella mia vita nulla stia funzionando. Ho un lavoro che non mi piace, con colleghi che mi sono indifferenti e un pessimo rapporto con il mio capo. Mi sono lasciata con il mio ragazzo e sono tornata a casa dai miei, a trentotto anni suonati. Ovviamente la condizione di convivenza mi sta stretta e litigo continuamente con mia madre. Non ho le condizioni economiche e forse neppure psicologiche per stare in affitto da sola, quindi non so da che parte girarmi per cambiare le cose. Enrica Adornato, Milano Cara Enrica, quando abbiamo un problema capita che ci sembri al momento insormontabile. Se poi ci sono più problemi connessi fra loro, temiamo che sia impossibile affrontarli contemporaneamente. Rifletti però su questo: in natura, come nei più complessi sistemi sociali e mentali, ogni grande cosa è composta da tante piccole cose. Anche nei sistemi più articolati, se si introduce un piccolo cambiamento, si innesca una reazione a catena che porterà a modificare l’intero equilibrio. Quindi, quando si ha una situazione che appare difficile da affrontare nella sua interezza, meglio individuare un piccolo ma concreto cambiamento, seguito da un altro piccolo cambiamento, che un passo dopo l’altro produrrà la modifica della situazione complessiva. Riducendo così anche quel senso di ansia e di impotenza iniziale. Ad esempio, perché non cerchi un appartamento da condividere con altre ragazze che studiano o lavorano nella tua città? Non sei l’unica a non poterti permettere un alloggio da sola a Milano! Un’altra tecnica utile ci viene suggerita dalle guide alpine. Quando progettano di scalare una montagna, invece di partire dalla base della montagna partono dalla vetta. Poi vanno a ritroso sul percorso e le tappe da compiere. Quindi prova anche tu a partire dalla fine, cioè dall’obiettivo che vuoi raggiungere e fai il cammino a ritroso. Vedrai che la matassa si dipanerà più facilmente.
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LA FORZA ANTICA E VITALE DELLE RADICI Ha ritrovato la sua identità nella terra e nell’azienda di famiglia. Conversazione con Gea Turco, giovane presidente di Donne in Campo della Sicilia di Tiziana Bartolini “Il pensiero di essere parte di qualcosa, di avere dei terreni su cui poter costruire e poter fare affidamento”. Questo il richiamo che da Ravenna - dove si è laureata in Conservazione dei Beni Culturali - ha riportato Gea Turco in Sicilia. Era il 2007 e a distanza di anni la scelta compiuta si è consolidata. “La morte improvvisa di mio padre mi ha svelato, di botto, che continuare a stare lontano da casa non aveva senso perché mi mancava l’identità. Pur riconoscendo a Ravenna di avermi dato molto, sono tornata in Sicilia praticamente di corsa. C’era l’azienda di famiglia, ma c’era anche un forte senso di appartenenza”. Gea Turco, 35 anni e presidente regionale di Donne in Campo, ha una bella storia da raccontare. È lei stessa una bella storia. “Sono la più piccola di quattro sorelle e, sì… hanno un po’ giocato dandomi questo nome, visto che Gea è la Dea della Terra e che la nostra è una famiglia di agricoltori da sempre. Una tradizione che si tramanda con difficoltà e ai miei genitori va un grande riconoscimento, perché con coraggio hanno portato avanti l’azienda agricola nonostante lavorassero altrove: mia mamma come maestra e mio padre impiegato in banca”. Un doppio binario che ha pesato nella trasmissione dei saperi, “quei saperi dei nonni che ci rendiamo conto di avere perduto”. Cresciuta in un contesto cittadino, Gea ha continuato a sentire in casa il profumo della campagna. E della sicilianità. Che riemerge dai suoi ricordi. “Uno speciale in tv sugli annosi problemi della mia terra mi ha fatto ri ettere sul fatto che c’era un terreno reso infertile e inospitale che induceva tanti giovani ad andare via”. Lo status quo delle cose le fa dire ai giovani suoi coetanei
“ok, facciamo le nostre esperienze fuori, ma poi dobbiamo tornare, questa terra ha bisogno di noi” perché “è importante portare qui quello che impariamo fuori. È un dovere morale”. E infatti è tornata, Gea. E insieme alla mamma e ad una sorella gestisce i terreni del gruppo familiare nelle colline intorno a Enna: vari appezzamenti (in tutto circa 250 ettari) in parte destinati alla forestazione e in parte con coltivazioni (biologiche) cerealicole e con allevamento di vitelli. “L’azienda ha vissuto e vive ancora emergenze economiche e non è momento di grandi investimenti, ma piccole innovazioni le abbiamo fatte”. La soddisfazione è palpabile. “Abbiamo introdotto i grani antichi aumentando sempre più gli appezzamenti dedicati”. Una scelta commerciale o di marketing? “No, sentivamo proprio l’esigenza di una ricerca delle origini e i grani antichi vi corrispondevano”. Si tratta di un sentire che si inscrive nel progetto culturale più ampio di Donne in Campo della multifunzionalità e dell’agricoltura sociale, che “non è utile solo a chi ha particolari bisogni, come le persone con handicap, per fare un esempio”. I malesseri diffusi hanno tanti volti e sfumature “e lo scollamento tra città e campagna ha penalizzato la qualità della vita di chi abita in città. “Le persone hanno la necessità di stabilire un contatto diverso, di rieducarsi alla manualità, di riscoprire la stagionalità dei prodotti, di annusare il profumo della terra. Si è dimenticato che, fondamentalmente, tutti veniamo dalla campagna”. È proprio sull’agricoltura
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sociale, sulla perdita di competenze, sulla valorizzazione della manualità che Donne in Campo nell’isola ha avviato un focus sull’agricoltura sociale. “Organizziamo iniziative e attività per la conoscenza del territorio e promuoviamo la visita dei campi sperimentali sull’isola con la possibilità di creare nell’azienda situazioni di biodiversità o magari un piccolo giardino biodiverso. È obiettivo dell’associazione promuovere questa idea, essere motore di iniziative che cercano di modificare la situazione e di non delegare questo tipo di ricerca unicamente agli enti specializzati o alle università”. È un lavoro culturale profondo e di lungo periodo, perché bisogna recuperare potenzialità e competenze che le distorsioni della politica hanno disincentivato. ’accesso al posto fisso’ ha consentito una vita più comoda ma ha anche comportato una perdita della fiducia in se stessi, le persone hanno dimenticato le loro competenze e la loro capacità imprenditoriale è stata soffocata”. Insomma lo svuotamento delle campagne ha regalato un benessere effimero pagato a caro prezzo con un malessere da cui è difficile guarire e con l’impoverimento del territorio. ’E po 2015 è il grande appuntamento nazionale e planetario che potrebbe portare nuova propulsione, ma Milano e la Sicilia sono lontani e, osserva Gea, “il messaggio che arriva qui è confuso, è come se fosse tutto distante anche nel tempo. Le iniziative che stiamo facendo qui volevano essere anche di preparazione”. Un peccato, perché il senso dell’EXPO 2015 - tra i tanti - è anche quello di indicare nuove strade di sviluppo economico, soprattutto in regioni particolarmente in difficoltà. ’agricoltura è una grande speranza di riscatto per la Sicilia, insieme all’industria collegata alla filiera: quel-
la di trasformazione. Niente a che vedere con l’industria chimica che distrugge il territorio e fa ammalare le persone, come gli esempi negativi dei poli chimici che abbiamo”. Sguardo lungo, quello di Gea, che dice delle donne “sono
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l’enzima del cambiamento e la sua accelerazione” a patto che siano “più incluse nella società e che abbiano più accesso all’agricoltura”. Ma come si immagina nel suo futuro, questa giovane e determinata siciliana del Terzo Millennio? “Spero di potermi vedere con i capelli grigi in campagna, lavorando in un’azienda multifunzionale che produca di tutto: dalla A di api alla Z di zafferano”. Una ragazza coraggiosa? “no, anzi dovrei fare di più , e la mafia? la cosa giusta è fare bene il nostro lavoro, andare avanti in maniera corretta, presidiando il territorio”. Non c’è dubbio: è una scelta d’amore che Gea ha fatto consapevolmente perche, spiega “la terra mi da la possibilità di essere parte di questo territorio e la coltivazione della terra anche di più”. b
A ROMA GLI STATI GENERALI DELLE DONNE La lettura delle ultime rilevazioni statistiche mette in evidenza un trend che sembra irreversibile rispetto all’occupazione,in particolare giovanile,in particolare delle giovani donne. Permane enorme il divario nel nostro Paese tra la scolarizzazione delle donne e la loro utilizzazione nell’economia produttiva e nella politica. Così come ancora molto elevato permane il gap salariale tra uomini e donne che svolgono le stesse mansioni. Gli Stati Generali delle donne convocati a Roma il prossimo 5 dicembre metteranno a fuoco le criticità e le peculiarità delle donne che vivono in Italia, che lavorano, che sono alla ricerca del lavoro, che studiano. Il lavoro iniziato due anni fa con i tour in molte città italiane ha visto la partecipazione ai gruppi di lavoro di molte donne che stanno riflettendo secondo le proprie competenze e le proprie esperienze di vita. Ne uscirà un documento che verrà consegnato alla Politica e che sarà una piattaforma sulla quale lavoreremo per un anno, per arrivare alla Conferenza mondiale delle Donne che abbiamo convocato a Milano in Expo nei giorni 26 27 28 settembre 2015. Il tema che abbiamo posto al centro è il lavoro. Molte donne di tanti paesi del mondo stanno rispondendo al nostro appello, per ricongiungerci a Milano, Pechino vent’anni dopo. Ci stiamo ponendo molte domande, alle quali dovremo dare risposte precise e trovare soluzioni, in particolare a quello dell’occupazione. (…) ISA MAGGI Versione integrale dell’articolo su: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=05850
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L’EBOLA LIBERIA / SIERRA LEONE / NIGERIA
COLPISCE DI PIÙ LE DONNE SONO PIÙ ESPOSTE AL CONTAGIO E ANCHE LE PIÙ DISCRIMINATE. ACTIONAID SPIEGA COME E PERCHÉ LE DONNE SONO VITTIME DUE VOLTE DELL’EPIDEMIA
di Barbara Antonelli
Ebola non accenna a fermarsi. Anzi secondo il centro USA per il controllo delle malattie (Cdc) ogni persona infetta ne contagia altre due e si prevede che a gennaio 2015 il numero dei contagi sarà di 1,4 milioni. Dopo Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone, il virus continua la sua espansione nell’Africa occidentale. Ma anche nei paesi europei. Lo scorso settembre il presidente internazionale di Medici senza frontiere (Msf) Joanne Liu, in un discorso davanti alle Nazioni Unite, ha detto che i leader mondiali stanno fallendo nell’affrontare la peggiore epidemia di ebola della storia. Sono diverse le organizzazioni umanitarie che ritengono che la risposta internazionale, non abbia ancora compreso a fondo l’urgenza e la gravità dell’epidemia. Il virus continua a fare vittime nei paesi interessati, tra gli operatori sanitari che assistono i malati. E tra le vittime, tre su quattro sono donne. “Il 75 per cento delle persone infettate dall’ebola sono donne”, ha detto il ministro della parità di genere e dello sviluppo in Liberia Julia Duncan-
Cassell. Uno squilibrio “di genere” che si deve, come ha ben spiegato la ministra, al ruolo che la donna riveste nella società africana. In frica occidentale sono principalmente le donne a occuparsi della preparazione dei funerali e del mantenimento della casa, della famiglia e dei TRA LE VITTIME malati: questo le rende più esposte DEL CONTAGIO al contatto con animali e liquidi corTRE SU QUATTRO porei che possono trasmettere il SONO DONNE virus. Le donne poi costituiscono E LA CAUSA la maggior parte del personale È LO SQUILIBRIO sanitario, negli ambulatori e negli DI GENERE ospedali: un esercito di ostetriche, infermiere e addette alle pulizie. Sono sempre le donne quelle che si occupano del piccolo commercio e quindi ancora una volta più esposte al rischio di contrarre il virus. Molti malati, soprattutto nelle aree rurali, rifiutano di recarsi negli ospedali: anche in questi casi, le donne sono obbligate e pren-
dersene cura, il che aumenta la probabilità di contagio. Sono diverse le strutture sanitarie in Liberia che stanno chiudendo o rifiutano i pazienti, per mancanza o completa assenza di strumenti e forniture necessarie a proteggere il loro personale sanitario, come ad esempio guanti in lattice e cloro. In Liberia c’è un medico ogni 86mila persone (sono 51 i dottori in totale per 4.4 milioni di persone), mentre in Sierra Leone ce n’è uno ogni 45mila: questo costringe i dottori a non poter ricoverare pazienti affetti da
malattie comuni. Una situazione che è pericolosa non solo per il contenimento del virus e il trattamento delle vittime, ma anche per i pazienti affetti da patologie meno gravi ma che comunque andrebbero curate. Gli operatori di Actio-
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nAid, organizzazione che è presente sia in Sierra Leone che Libera, raccontano che nella principale clinica di IN AFRICA Monrovia più di 50 persone, tra cui OCCIDENTALE LE DONNE anche donne incinte, sono morte SI OCCUPANO DEI FUNERALI E CURANO a causa di patologie curabili, per I MALATI. mancanza di mezzi adeguati o A CASA E NEGLI per l’impossibilità ad essere ricoOSPEDALI verati. Le donne in stato di gravidanza sono tra le categorie più colpite, e non solo per mancanza di personale sanitario disponibile ad assisterle. In alcuni ospedali della capitale liberiana, racconta lo staff di ActionAid, si è diffuso il sospetto che diverse donne incinte siano infette, con la conseguenza che vengono mandate via dagli ospedali. Anche le donne che non contraggono l’ebola possono pagare il prezzo di questa epidemia, perché subiscono l’isolamento dal resto della società. Kumbah Fayiah è una vedova liberiana. Qualche settimana fa suo marito è morto di ebola. “Sono così stanca di vivere per il modo in cui guardano me e la mia famiglia. Nessuno ci viene a trovare, persino i nostri amici hanno paura di venire a farci visita , ammette con dolore umbah. nche Siah è una giovane vedova liberiana: vive in una delle più povere aree della comunità di St. Paul Bridge, nel nordovest della Liberia, e si ritrova, dopo la morte del marito, con sette figli a carico e nessuna entrata economica. a famiglia di Siah sta pagando sulla propria pelle lo stato d’emergenza in cui versa la Liberia: gli spostamenti sono difficili e la paura sembra aver paralizzato i villaggi vicini. Tutti, anche gli amici più stretti, temono il contagio e si guardano bene dal frequentare l’abitazione della donna. Siah non ha l’elettricità né cibo a sufficienza. ActionAid è presente in Liberia, Sierra Leone e Nigeria, e insieme ad alcuni partner locali è in prima fila per arginare l’emergenza dell’ebola. L’approccio adottato dall’organizzazione è quello di partire dai soggetti più colpiti, le donne, che hanno un ruolo chiave nella prevenzione e nella cura dei bambini. b
LIBERIA / SIERRA LEONE / NIGERIA
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200 DOLLARI
KURDISTAN IRACHENO
IL PREZZO DI ABASHA (17 ANNI) AL MERCATO DEL TERRORE UN’INTERVISTA SHOCK AD UNA GIOVANE YAZIDA PER SETTANTA GIORNI PRIGIONIERA DEI TERRORISTI DELLO STATO ISLAMICO. È RIUSCITA A FUGGIRE, MA LE ALTRE DONNE DELLA SUA FAMIGLIA SONO RIMASTE PRIGIONIERE DEGLI JIHADISTI
Testo e foto di Emanuela Irace
Ci sono dolori troppo forti per essere raccontati. Le immagini ricompaiono. E la paura toglie il fiato. Difficile riuscire ad esprimere sentimenti, specie se hai solo diciassette anni e il tuo paese è in guerra. Una guerra asimmetrica. Preparata minuziosamente dall’estremismo islamico quasi un decennio fa. È il 2006, l’anno in cui la cellula irachena di Al-Qaeda si salda con lo Stato Islamico dell’Iraq. Il movimento nato per unificare sotto una unica sigla la galassia jihadista post Saddam Hussein. Ma il salto di qualità è nel 2010, quando Abu Bakr alBaghdadi trasforma lo scacchiere siriano nella piattaforma del terrorismo internazionale finanziato da comparti geopolitici antagonisti. Ad agosto lo sceicco proclama lo Stato Islamico della Siria del Levante e dell’Europa sud occidentale. Conosciuto in Italia come ISIS. È l’inizio della fabbrica del terrore. Il califfato tra Siria e Iraq sembra diventare un problema da affibbiare nel 201 al prossimo inquilino della Casa Bianca. E la recente coalizione più un’operazione di facciata che una reale deterrenza. Politicamente la forza della barbarie, che negli ultimi mesi ha spazzato via intere comunità è un coacervo inestricabile. Alla volontà di riscatto sunnita verso gli sciiti - saliti al potere in Iraq in seguito all’invasione statunitense del 2003 - c’è il solito co-
rollario. Il controllo delle risorse energetiche e la suddivisione della rendita petrolifera. Il resto è cronaca di questi giorni. Cronaca di guerra. Come per il Rojava, dove i kurdi difendono da mesi il proprio territorio e la città di Kobane. Diventata simbolo di resistenza per tutte le minoranze. Yazidi e cristiani compresi. Popolazioni perseguitate e massacrate sotto lo sguardo silenzioso della comunità internazionale. È l’emergenza profughi. Un milione e mezzo solo nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. as a a ida a i capelli lung i e il fisico minuto. Fino a due mesi fa viveva a ovest di Mossul. In un villaggio a pochi chilometri dal confine con la Siria. Per settanta giorni è stata ostaggio dei terroristi dello Stato Islamico. Rapita. Insieme ad altre quindici donne della sua stessa famiglia. Ora abita nel distretto di Dahuk. Nel Kurdistan Iracheno. Abasha è un nome di fantasia. Mi chiede di non essere fotografata. Ha paura della vendetta jihadista. “Se
“…IL MOMENTO MIGLIORE ERA DURANTE LA CENA. HO CHIESTO DI ANDARE AL BAGNO E INVECE HO INDOSSATO IL NIQAB PREPARATO PER LA NOSTRA CONVERSIONE. HO CORSO E SONO ENTRATA IN UNA CASA…”
parlo le uccideranno tutte. Io sono riuscita a scappare ma loro sono ancora li”, dice. Sediamo su un tappeto. Con me c’è l’interprete. Una cooperante francese e una attivista kurda. Abasha ha gli occhi grandi e seri. La sua età è poco più di quella di mia figlia. ’abbraccio e inizia a raccontare. Con fatica. “Sono scappata due volte ma la prima non è andata bene. Mi hanno catturata e rinchiusa”. Ti ha aiutata qualcuno? “No. Ho fatto tutto da sola” Hai elaborato un progetto di fuga e in che modo sei riuscita a scappare? “Avevo notato che il momento migliore era durante la cena. C’era più confusione e meno controllo. Una sera ci siamo messi a mangiare alle otto. Eravamo in tanti. Ho preso qualcosa, del cibo, e mi sono sporcata le mani. Ho chiesto di andare al bagno per lavarmele. Invece sono entrata in una stanza dove c’erano tutti i niqab, i veli neri preparati dai jihadisti per la nostra conversione, ne ho indossato uno e sono uscita. Ho corso e sono entrata in una casa. Ma quando hanno capito che ero una delle ragazze rapite mi hanno mandata via. Allora sono andata in un altra casa. E loro mi hanno aiutata. E adesso sono qui. Ma le altre donne sono ancora prigioniere”. Cosa succede alle donne sequestrate? “Donne e ragazze sono vendute al mercato. Vengono portate in Siria...”. Abasha non se la sente più di proseguire. “Può raccontarti lui - mi dice indicandomi l’interprete - lui lo sa. Era presente quando sono arrivata qui . Sono passati pochi giorni e per me è troppo doloroso. Troppo faticoso parlare..” L’interprete è un ragazzo giovane. Mi dice che quando Abasha è arrivata al villaggio è stato straziante. Ha raccontato di una bambina violentata da 20 soldati. E la paura che potesse succedere anche a lei. E poi la fuga. E le botte. Dice che lei non è stata violentata. Ma non riesce più a dormire e ha smesso di sorridere. Ha il terrore che possa succedere qualcosa alle donne della sua famiglia.
Quanto costano e a chi vengono vendute le donne rapite? “I prezzi variano dai 30.000 dinari ai 200 dollari. Ma adesso non valgono più niente. Spesso vengono cedute e basta. O usate dai soldati dello Stato Islamico. Abasha non è stata valutata. Ma è stata trattenuta, il suo prezzo sarebbe stato 200 dollari. Quelli che le comprano sono capi di tribù arabe e gli sceicchi delle Monarchie del Golfo”. La comunità yazida accoglie queste ragazze? “Adesso le accoglie. Prima sarebbe stato diverso. Meno di un mese fa Babasher, uno dei capi della comunità yazida responsabile del Consiglio Religioso, ha detto pubblicamente che bisogna rispettare le ragazze rapite. Ha anche parlato di aiuti psicologici e ha chiesto l’appoggio di associazioni europee”. Abasha si alza in piedi e mi saluta. Si è fatto tardi anche per noi. Le dico di essere forte. Annuisce senza sorridere. Poi mi abbraccia. b
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KURDISTAN IRACHENO
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QUANDO È LA MUSICA A SPEZZARE L’OSCURITÀ EGITTO
AL NOUR WE AL AMAL È L’ORCHESTRA EGIZIANA DI MUSICISTE NON VEDENTI CHE HA TRAVALICATO TANTI CONFINI. GEOGRAFICI E CULTURALI
di Zenab Ataalla
Al Cairo c’è un’orchestra molto speciale: le musiciste sono ragazze e donne non vedenti. Se la natura o la malattia le hanno private della vista, la musica ha alleggerito il peso della disabilità. Una particolarità, questa, che da circa venti anni (cioè da quando è nata) fa pensare all’orchestra come ad un miracolo, ad un dono. Ed è veramente così, se solo si pensa al futuro - segnato - per donne non vedenti in un Paese dove il tasso di scolarizzazione femminile è piuttosto basso soprattutto nelle aree rurali. Grazie all’orchestra , che tradotto in italiano significa , le cose sono andate ben diversamente. ueste donne sono riuscite a superare il loro limite fisico ma anche lo stigma sociale al quale sarebbero state soggette per l’intera vita, trasformando la privazione nella forza di andare avanti e combattere per realizzare i loro sogni. In Egitto l’orchestra è famosa anche grazie a chi ha creduto fin dall’inizio nel progetto, prima di tutto a quei volontari e volontarie che nel lontano 1957 hanno fondato l’associazione da cui l’orchestra prende il nome. Fin dall’inizio lo scopo dell’associazione - la prima nel panorama mediorientale ad essersi occupata di donne e bambine con una minima o del tutto assente capacità visiva - è stato quello di fornire loro non solo un’istruzione adeguata,
ma anche una formazione professionale che permettesse un’integrazione sociale. Un successo che è andato via via aumentando, trasformando quello che era considerato solo un progetto di inclusione in una vera e propria orchestra di professioniste. Ecco allora che se la società egiziana è colpevole di non aiutare le persone con disabilità a vivere una vita quanto più normale, sono iniziative come questa a raggiungere l’obiettivo. CON LA PASSIONE Agli inizi degli anni ’90 l’orchestra PER LA MUSICA contava solo 14 elementi, mentre E CON LA TENACIA oggi sono più di 40 le musiciste HANNO CAMBIATO che ne fanno parte. Ci sono auIL LORO DESTINO. tiste, arpiste, autiste, percussioCHE DA NON VEDENTI niste e violiniste che con grande SAREBBE STATO determinazione si dedicano ogni DI EMARGINAZIONE giorno, e per molte ore, alla loro SOCIALE E CULTURALE passione trasformata in lavoro con dura e severa dedizione. Si addestrano con metodi speciali: c’è prima la lettura delle note musicali in braille, c’è poi la memorizzazione della propria parte musicale. Ma è soltanto nelle prove generali che ogni singola battitura si plasma in tutt’uno dando vita alla vera e propria esecuzione sincronizzata della melodia.
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DONNE D’EUROPA: APPUNTAMENTO A MONACO DI BAVIERA
“L’
integrazione della donna in ambito politico, sociale, professionale e scolastico”. Questo il fil rouge dell’annuale incontro di ReteDonne e. V. (Coordinamento Italiane all’estero) che si terrà il 29 novembre a Monaco di Baviera, presso la sede dell’Istituto Italiano di Cultura, in occasione del semestre di Presidenza Italiana. “Come ogni anno, gli obiettivi del convegno sono l’informazione su tematiche di genere nonché l’avvicinamento di nuove risorse all’associazione per l’ampliamento della rete di nuove esperienze ai fini dello scambio e della realizzazione di progetti con obiettivi comuni nell’ambito della tematica dell’emigrazione e nel contatto con le Istituzioni di riferimento”. Paola Zuccarini, che ha collaborato all’organizzazione dell’incontro, spiega che questo appuntamento intende approfondire alcuni aspetti “della condizione della donna nella nuova emigrazione sotto il profilo sociale e psicologico”. Tra i temi messi in agenda, quello della partecipazione politica e del sistema pensionistico tedesco, sempre dal punto di vista delle donne, che saranno affrontati attraverso gli interventi di relatrici che hanno uno specifico ruolo nei rispettivi settori ed ambiti professionali (SPD-PD München, Caritas, Patronati Inca-Cgil/Inas-Cisl). L’integrazione professionale e scolastica sarà oggetto di ri essioni accanto all’impatto sul piano giuridico della programmazione “Europe 2020”, della strategia comunitaria per le pari opportunità 2010-2015 e del fondo sociale europeo 2014-2020. I temi dell’identità culturale e del reinserimento lavorativo saranno trattati da una manager italiana integrata nella realtà professionale tedesca e da una referente di una società di consulenza tedesca. Inoltre quattro gruppi di lavoro approfondiranno in modo mirato i temi della giornata finalizzando lo scambio di informazioni all’elaborazione di possibili progetti comuni a varie realtà territoriali. La partecipazione al convegno è gratuita e va comunicata in anticipo all’indirizzo: DonneEuropa2014@gmx.net. Informazioni: www.facebook.com/groups/retedonne/ Programma e info anche su: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=05849
GERMANIA
Queste musiciste, seguite da un team di professionisti, sono l’esempio di come con caparbietà e con l’appoggio delle famiglie è possibile raggiungere traguardi importanti. Dimostrano che nulla è impossibile, se lo si vuole veramente. L’orchestra, guidata oggi dal direttore Ali Osman, è formata da giovanissime e donne adulte, con un’età che va dai 20 ai 40 anni. Tutte hanno una vita indipendente. Tra queste, e parliamo della maggioranza, c’è chi lavora a tempo pieno nell’orchestra. C’è poi chi, avendo un altro lavoro, partecipa soltanto alle prove pomeridiane. Tutte insieme con grande maestria si dividono tra le musiche arabe contemporanee e quelle di Beethoven, Bizet, Rossini, Brahms, Ravel e Tchaikovsky senza mai tradire la mancata formazione in musica classica occidentale. Con il linguaggio universale della musica, che come un fil rouge lega le une alle altre, le musiciste dell’orchestra danno vita ad una grande esibizione dal vivo, alla quale si affianca anche uno spettacolo emotivo in grado di toccare le corde dei cuori di chi le ascolta. Un mix vincente che dura da molto tempo e che le ha portate a calcare i palcoscenici di mezzo mondo, con esibizioni in Egitto, Marocco, Qatar e Emirati Arabi. Ma la loro musica non si è fermata qui. anno travalicato i confini arabi approdando in Austria, Thailandia, Malta e Stati Uniti, raggiungendo persino il Giappone, passando per il Canada, Grecia, Svezia, Spagna, Slovacchia e continuando in Inghilterra e Germania. Un successo che è stato messo a dura prova negli ultimi anni da una situazione politica, economica e sociale nettamente peggiorata dall’inizio della rivoluzione del 25 gennaio 2011 che sulla scia delle Primavere arabe ha visto prima la caduta di Mubarak, l’avvicendarsi di Morsi e dei Fratelli Musulmani, e la salita al potere da pochi mesi di Al Sisi. Se poco meno di un anno fa il deficit fiscale egiziano si attestava intorno al 100% del Pil, e la disoccupazione si aggirava intorno al 13% su una popolazione di quasi 84 milioni di persone, la situazione non sembra essere molto cambiata con il nuovo governo. In un clima di generale insicurezza è stata inevitabile la fuga all’estero degli investitori stranieri. uegli stessi investitori che fin dall’inizio hanno appoggiato l’orchestra e l’associazione Al nour we al amal. La diminuzione poi di donazioni sia da parte dello Stato che delle associazioni no profit hanno portato di colpo anche alla cancellazione dei concerti all’estero. Ma, come all’inizio della loro storia, tra le mille difficoltà burocratiche l’orchestra e l’associazione continuano a tenere duro. Quindi nessuno abbandona quell’orchestra che ha trasformato un sogno in realtà. Perché come in ogni famiglia che si rispetti, è l’unione a fare la forza. Quella stessa forza che, privata della vista, riesce con l’arma della musica a squarciare sul palco l’oscurità. b
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AMY E VIRGINIA
DUE DELLE INFINITE ANIME DI LONDRA GRAN BRETAGNA
VIRGINIA WOOLF E AMY WINEHOUSE, INDOMITE ED ORIGINALI SPERIMENTATRICI CHE HANNO LASCIATO TRACCIA DI SÉ. ANCHE MERITO DELL’ATMOSFERA LONDINESE
di Silvia Vaccaro
AMY E LA SUA BELLEZZA STRAFOTTENTE —
C
hi si sognerebbe di accostare due donne come Virginia Woolf e Amy Winehouse? Raffinata scrittrice del secolo scorso la prima, icona post-moderna del panorama musicale mondiale la seconda. ppartenute a epoche diverse, hanno in comune, a prima vista, solo una fine tragica e prematura. Tra le pieghe delle loro storie personali e artistiche, è invece possibile scorgere numerose analogie interessanti. Entrambe londinesi, con un talento riconoscibile già dalla tenera età, possedevano uno spiccato gusto per la sperimentazione e per la ricerca. Indomite fin dalla nascita, entrambe simboleggiano la vivacità culturale e la tensione a fare cose diverse che questa città trasuda. Con forza e andando incontro all’ignoto, ognuna nel suo ambito ha cercato strenuamente il proprio stile e la propria unicità, lasciando traccia indelebile di sé.
Classe 1983, la ne ou e na e nella ona nfiel a nor on ra n una am gl a or g ne e rea re uenag a ol ma la re g o a l a oung ea re ool e o o ol re ann a au a o a e omor amen n l na è costretta a a an onare a l uo alen o almen e r ono le e o o l a agg o n una uola a ene no a a al ro u ore elle e rl e nel e e ran l r mo al um e r e e no e o e a ar e r a e u l o un a a non amare uel la oro ro r o Am e en e u a a alla a a ografi a an o a arare u l amene re are l o e o re a a romuo ere a en ann ma a e e ere un ona o non le n ere a uello e non a e la ua a a er am are er em re n un u ono e la e el er l uo u uro mar o e la n er alle rog e e an l u e o mondiale è comunque e ro l angolo e Am e e on l uo e on o al um a o la e la on a ra a l ello n erna onale e r mane la raga a r elle e ra o en e egl e or e n un r mo momen o r e e er no a u a-
re le en en e a uo a ore ra on an o nel ngolo e a la ua r ma e er en a n l n a a u era a a a o o u n m nu al al u o un a ere e r al ar ma em re e ole l mon o a e a ual o a a le Am em ra regar ene e olere n egu re ol an o uo e er a roga ano ano egne l amore er e e a o ow a l re o a ua mmag ne u l a ene o ru a a orno a o o e la r raggono u r a a uor on rollo on l ru o olan e e em re magra en o anno e a a an e una onna mol o genero a e e r ma mor re a a er a o are una am na ara a ognan o la ma ern n a g o an ma on on ra a e a un ra or o e ale an o e nel uan o agg u a en n ue ramm Awar e a la ua or a an e alla a ale lon ne e e n ar olare al uo uar ere ele one am en own on uo mera l anale e un u o gen e on nuo e narre a le ra re en a una elle an me ono u e e ama e on ra l e Am ro a e e a e omLONDRA SEMBRA SUGGERIRE ra a a al numero am en AI SUOI ABITANTI uare l e l lugl o DI VIVERE SECONDO el la r ro ano en a a LA CELEBRE FRASE au o a r eler e la mor e DI EPITTETO: a enu a a au a un n o “SEI LIBERO, a one a al ool o o un lungo SE VUOI” er o o a nen a uore una onna e na e un m o e ome e Am non a e e ma la a o l uar ere a u e ere a egg are on la ua o ana e agera a a ell uo a uagg ol le l ru o marao e el o e n oreal am en arla le ono uo r ra u mur e nel uo u re er o l awle Arm e erfino una a ua o era ello ul ore o aon ela a a on ra lo corso e em re er uello e are e a o l e mo om leanno ella an an e
VIRGINIA STRAORDINARIA INNOVATRICE — a a nel a gen or en ram e o re e en no e e uo r m ann al numero e ar a e nel uar ere ene ou en ng on e ue ra ell e una orella ane a on u r n e un legame or mo ella mo ra “Virginia Woolf. Art, life and vision” alla a onal or ra aller on ra ro ano e o e le o o loro ue am ne e g o ano a r -
e a om agna e alle arole enere rg n a e r or a uegl ann o e ane a a ole era amo e er ma a o la mor e e gen or l n o e ro lem n a l men ale e la u l a one e uo r m e el rg n a ra er e n eme a ra ell nella a a al numero or on uare o e na er l circolo letterario Bloomsbury al nome el uar ere o e ro a l a a one e ra ell e a fi are o um or an e a or are nella a ale ngle e nuo a l n a el l gru o u a an o lamore er a ue mo re e on ene ano ua r agu n an og e anne a ee a o el rg n a o a eonar ool e nel le e l mar o onano la a a e r e ogar re ue a no le oragg o ngen ola a r ere e a m urar on uno le nuo o a an onan o l e e a ra onale el roman o ell e o a n o o meno un e enn o rg n a u l er u e le o ere e la on a reranno ome una elle gran r r el en e mo e olo ue a ogl a nno are ro on amen e le er a uramen e all n uen a al r r or ell e o a ma ne uo ar la r r e amme e amare mol o on ra e a ere un ra or o on la mol o nen o un ue an e mer o ella a e ra u a alla a ale lon ne e e la ua ogl a er men are nuo e ra e e me er n g o o n en fi a negl ann e due signore, diverse ma meno di quanto si creda, sono due simboli potenti di questa città eccessiva e piena di vita, e insieme colta e raffinata, in perfetto r le. Entrambe hanno amato molto l’arte e la vita, e seppur sopraffatte, nel finale, dalle tensioni e dalle fragilità, hanno lottato per intraprendere strade di libertà non convenzionali incuranti del giudizio degli altri, pur di rimanere fedeli a se stesse. ppare evidente un ruolo forte di ondra nelle vite di queste artiste, inteso come centro di energia esterna all’individuo capace di condizionarne, nel bene e nel male, l’esistenza. uella ondra che sembra suggerire ai suoi abitanti di vivere secondo la celebre frase di Epitteto: Sei libero, se vuoi . Un invito a non conformarsi e a scegliere la propria strada. Forse non è quella giusta, ma è almeno una strada tutta per sé. b
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LIBRI a cura di Tiziana Bartolini
2013 presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova. Un dibattito che conta sulla forza delle elaborazioni consolidate e che intende spingersi oltre, verso nuove frontiere e senza timore di dissodare nuovi territori. Luisella Battaglia (a cura di) POTERE NEGATO Ed Aracne, pagg 341, euro 22,00
LE CONQUISTE (DELLE DONNE) CHE NON BASTANO PIÙ “Oggi che sembra disegnarsi nel nostro paese la mappa di un nuovo potere femminile - contrassegnato dalla crescita del numero di ministre, di deputate e di senatrici, oltre che delle manager nominate ai vertici di importanti società - occorrerebbe chiedersi se tale mappa documenti una vera svolta e rappresenti una risposta efficace al gender gap”. Luisella Battaglia nell’introduzione di “Potere negato” indica il senso di questa raccolta di diciassette saggi che in una pluralità di prospettive - storica, sociologica, filosofica, giuridica, pedagogica - esplorano i nodi tematici della ri essione femminile e femminista, dalla differenza di genere al rapporto tra potere e autorità, dalla questione delle pari opportunità ai nuovi percorsi dell’etica della cura”. Il punto, oggi, è analizzare il cammino compiuto per capire se e come le lotte e anche le conquiste legali e concrete delle donne hanno trasformato il potere, la politica, la cittadinanza, il sistema. È evidente il rischio di “un’omologazione strisciante” ai metodi maschili che hanno dominato per secoli e che le lotte delle donne hanno combattuto, con la conseguenza di uniformarsi all’esistente invece di “rompere gli schemi organizzativi, cambiare il linguaggio, introdurre un’identità e un’energia proprie”. Altro aspetto che va studiato è la polarizzazione nelle fasce alte delle donne che riescono a conquistare posizioni “apicali tradizionalmente maschili” cui fa da contrappunto un “complessivo peggioramento delle condizioni della vita quotidiana, a partire proprio da quei diritti che sembravano acquisiti, dai congedi per maternità alla parità salariale . Il volume raccoglie le ri essioni di E. bbatecola, L. Battaglia, F. Brezzi, V. Checi, N. Cola, L. M. Daher, M. Durst, A. Fabbri, M. Forcina, M. Gensabella Furnari, V. Maione, F. Manti, F. Pennino, A, Primi, R. Ristagno, L. Severino, C. Spadavecchia, L. Stagi, N. Varani, C. Zamboni e prende spunto da un Convegno tenutosi il 23 ottobre
GENERE E SALUTE. TUTTA UN’ALTRA STORIA Le donne vivono più a lungo ma in condizioni di salute peggiori. È un dato documentato che trova spiegazioni sia in fattori biologici sia nell’impatto dei differenti compiti che sono assegnati alle donne in un’organizzazione sociale che si fonda su differenti ruoli per i due generi. È interessante osservare che a scrivere ‘Salute e società in Sardegna’, un libro che valuta i fattori che concorrono a determinare le condizioni di salute in un’ottica di genere, siano due economisti: Antonio Sassu e Sergio Lodde, docenti di politica economica all’Università di Cagliari. Il metodo che permette di cogliere le differenze è quello che ispira la medicina di genere e che consente di travalicare “il semplice riconoscimento delle differenze biologiche fra i sessi per giungere ad affermare che le specificità che caratterizzano la salute degli uomini e delle donne dipendono da un intreccio complesso di fattori biologici e sociali”. Il volume raccoglie anche ricerche scritte insieme a Laura Casula, Flavia Franconi, Aide Esu, uciana Serventi, . oi, F. Tarantini, F.M. Meloni, . ngioni, M. Curto, L. Delitala. Si divide in due parti. La prima tratta alcuni aspetti generali della salute in Sardegna, come “l’analisi delle connessioni fra le variabili socioeconomiche da un lato e lo stato di salute soggettivo e oggettivo della popolazione, nonché le modalità d’uso dei servizi sanitari dall’altro”. Nella seconda parte si approfondiscono alcune questioni specifiche in ottica di genere, come la violenza sulle donne, le dipendenze, le reazioni avverse ai farmaci e i bisogni sanitari insoddisfatti. Le ricerche illustrate nel volume sono state realizzate nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione e che ha avuto come capofila il ipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari e come coordinatrice scientifica la professoressa Flavia Franconi. Antonio Sassu e Sergio Lodde (a cura di) SALUTE E SOCIETÀ IN SARDEGNA Tematiche di genere Ed CUEC, pagg 248, euro 19,00
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ANNA COME UNA STELLA
NOIDONNE nella Grande Guerra Una storia tutta da raccontare. Insieme
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OIDONNE raccoglie le memorie, i documenti, le testimonianze e i diari che parlino della presenza, della vita e del ruolo vissuto dalle donne italiane, e non solo, durante la Prima Guerra Mondiale. Intendiamo valorizzare questo contributo rimasto in ombra anche per sollecitare l’attenzione del “Comitato storico scientifico per gli anniversari di interesse nazionale” che si appresta a commemorare il centenario (1914/2014) della Grande Guerra. Riteniamo importante il recupero della memoria storica, anche per veicolare alle nuove generazioni l’informazione e la riflessione su un conflitto che ha visto così pesantemente coinvolte le popolazioni civili, e quindi le donne in primo luogo, i bambini e le bambine, gli anziani. Proprio perché queste buone intenzioni vengano realizzate, l’iniziativa di NOIDONNE assume una rilevanza particolare. Le intenzioni sono infatti buone, ma quel che si è visto fino ad ora nella programmazione concreta non lascia ben sperare sulla giusta luce che dovrebbe essere data alle donne e all’importanza del loro ruolo al fronte, nelle città e nelle campagne, nelle fabbriche e nelle famiglie. Sarà perché il Comitato storico scientifico è composto da 15 persone di cui una sola donna? Attendiamo quindi di ricevere i vostri contributi (memorie, documenti, fotografie, racconti) per comporre una storia, inedita, di NOIDONNE NELLA GRANDE GUERRA. A. C. I materiali possono essere inviati alla mail: noidonnegrandeguerra@gmail.com al fax 06 49380303 o per posta ordinaria a NOIDONNE, Via della Lungara, 19 – 00165 Roma
“Vorrei danzare con la luna. Frammenti di una stella”. È il titolo di una pubblicazione molto speciale presentata lo scorso mese di ottobre a Cecina, ad un anno dalla morte di Anna Marciano. I figli, Valentina e Tony, hanno selezionato tra gli scritti della mamma alcune storie, sogni e ricordi che sono diventati un libro originale e appassionato. Denso il messaggio proposto nella raccolta a partire dalla copertina, che lascia accogliere l’espressione intensa di una adolescente da uno sfondo intessuto della grafia di quella stessa donna, divenuta adulta. Le pagine riservano una sorpresa dopo l’altra, avvicendando racconti e ricordi in un intreccio soave e talvolta melanconico. Sempre carico di umanità e di quella fierezza che ha accompagnato Anna nel suo cammino e nelle sue lotte. “Se c’era da aiutare una donna non si tirava mai indietro - hanno ripetuto le amiche che l’hanno conosciuta nel quotidiano - e la più autentica eredita che ci lascia è la solidarietà”. Il noi è stata la parola cui ha sempre tenuto fede Anna, la chiave di interpretazione del suo essere. Ed è stato bello aver spiegato tutto questo, e il senso delle lotte - sempre necessarie e mai inutili - delle donne ad una platea di studenti medi intervenuti alla presentazione del libro e che hanno partecipato al concorso letterario sui temi della parità di genere e sulla condivisione delle responsabilità familiari lanciato dall’Arci Bassa Val di Cecina, “Io condivido” intitolato ad Anna Marciano. Sono arrivati oltre 30 elaborati, di cui 9 firmati da ragazzi, vale la pena sottolinearlo. All’amministrazione comunale, rappresentata all’incontro dalla vice sindaca Giamila Carli, è stato chiesto di intitolarle una strada. Speriamo sia possibile dare valore alla memoria di una donna che ha conquistato, con fatica, la dignità del suo essere al mondo. T.B.
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IL FESTIVAL DELL’ECCELLENZA AL FEMMINILE APPUNTAMENTO INTERNAZIONALE E METROPOLITANO
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al 14 al 25 novembre torna a Genova il Festival dell’Eccellenza al Femminile, con una IX Edizione intitolata “La Conciliazione. Donne e uomini nel Terzo Millennio”, “conciliazione in senso ampio non solo tra maschile e femminile, ma anche tra centro e periferia e tra culture” afferma Consuelo Barilari, Direttrice Artistica della più grande manifestazione di genere in Italia, che è stata insignita di 3 medaglie del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e che gode del patrocinio dell’Unesco. Tra le grandi novità del Festival 2014 si segnala infatti il respiro internazionale assunto dalla kermesse, che dal 22 al 26 ottobre è stato protagonista in Polonia, in qualità di rappresentante per l’Italia e per la Liguria, della Settimana mondiale della Lingua Italiana nel mondo. Proprio in Polonia è stata designata la vincitrice del Premio Ipazia all’Eccellenza al Femminile per la sezione Internazionale: la poetessa polacca Ewa Lipska, che come Emma Dante, vincitrice del Premio nazionale, “si è distinta unendo al successo nella professione la rappresentatività del proprio paese e del suo territorio di origine”. La premiazione avrà luogo a Genova il 22 novembre. Fondamentale novità è anche la realizzazione della rassegna teatrale “La conciliazione. Dal Mito al Terzo Millennio” in collaborazione con 11 comuni della Provincia di Genova, interpretando in un circuito lo spirito di Genova futura città metropolitana. Gli spettacoli, che declinano ciascuno un aspetto della conciliazione, dal rapporto di coppia a quello lavoro-famiglia, da quello genitorifigli a quello tra corpo e mente affrontando tematiche quali la chirurgia estetica e l’identità sessuale), avranno luogo nei diversi Teatri della Provincia e saranno preceduti da dibattiti ed
esposizioni di prodotti eccellenti del territorio; “una soluzione di rilancio del territorio che connette cultura enogastronomica e Teatro, un forte messaggio di unità e partecipazione”. Tra gli appuntamenti imperdibili segnaliamo ad apertura della rassegna il 14 novembre all’Auditorium del Teatro Carlo Felice “Oggi è già domani” con Paola Quattrini, il 18 al Teatro Centrale di S. Margherita Ligure una novità assoluta, “Regina Madre”, con Milena Vukotic e Antonello Avallone e “Fedra diritto all’Amore”, spettacolo-simbolo prodotto dal Festival, con alatea Ranzi, premio Oscar con la Grande Bellezza) il 20 al Teatro delle Clarisse di Rapallo. A partire dal 19 inoltre, con prima data a Sori, gli spettacoli saranno preceduti da una delle sei mise en espace nate dal Progetto Orfeo Millennium, prodotto in sinergia con il Teatro di Tor Bella Monaca di Roma. Una ri essione sull’universo dei giovani, da loro interpretato sia la recitazione che le scenografie sono affidate a ragazzi e di max 35 anni selezionati attraverso provini e bandi nazionali) e ad essi rivolto e che viene presentato in anteprima nazionale. Tra le novità dell’edizione 2014 va ricordato inoltre il workshop “Territori, Alimentazione, Memoria. I beni antropologici e ambientali del terzo millennio.” Esperti, docenti universitari, membri di laboratori e progetti per Expo 2015 terranno incontri che spazieranno dall’alimentazione alla scienza, con uno sguardo attento ai paesaggi urbani e rurali, alle persone e alle storie, all’agricoltura e all’artigianato. Responsabile scientifica è Marinella Carosso, membro del percorso antropologico “Cibo”, laboratorio Expo Milano 2015 – Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. b Info: www.eccellenzalfemminile.it
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LE TRENTOTTO ITALIANE DEL ROGO DI NEW YORK
È
il primo libro che ricostruisce la tragedia della Triangle Waist Company di New York, in cui morirono 129 operaie nel 1911. Trentotto erano italiane, pressoché dimenticate, le altre russe, americane, ungheresi ed austriache e 17 erano gli uomini. Ester Rizzo è l’autrice e Camicette bianche Oltre l’8 marzo (Navarra editore, pp 120, euro10,00) il titolo. a tonnellata umana , cos definita, che si lanci dal grattacielo in fiamme, poiché le porte dei locali, dove lavoravano, erano chiuse a chiave, era formata da: Clotilde Terranova, di Licata, Caterina, Rosaria e Lucia Maltese di Marsala, Provvidenza Bucalo Panno e Vincenza Pinello di Casteldaccia, Vincenza Benanti di Marineo, Michela Nicolosi e Maria Anna Colletti di Bisacquino, Rosa Bona Bassino e Caterina Bona Giannattasio di Sambuca di Sicilia, Vincenza Bellotto di Sciacca, Rosina Cirrito, Giuseppa Concetta Maria Rosa Del Castillo e Maria Santa Salemi di Cerda, Elisabetta e Francesca Maiale di Mazara Del Vallo, Gaetana Midolo di Noto, Concetta Prestifilippo e Rosa rasso di Cerami, Giuseppina Buscemi Carlisi e Grazia Maria Gullo Floresta di Sperlinga, Caterina Uzzo di Palermo e Giuseppina Cammarata della provincia di Enna, le sorelle Antonia e Anna Vita Pasqualicchio rdito e le sorelle Serafina e Teresa Saracino della provincia di Bari; le sorelle Isabella e Maria Giuseppa Tortorelli della provincia di Potenza Marianna Santa nnie) L’Abbate di Polignano a Mare e Maria Michela Clorinda Marciano Cordiano, del napoletano. Laura Brunetti, Francesca Caputo, Maria Francesca Massaro Miraglia e Anna Balsano Ciminello, Bessie Viviano e Jenny Stellino, italiane di cui non si sa l’origine precisa. L’autrice, da sempre impegnata nel mondo femminile, è referente del Distretto Sicilia Fidapa della Commissione onne e Pari Opportunità, è docente del corso di etteratura al femminile, da ben 12 anni al CUSC Centro Universitario Socio-Culturale Adulti) di Licata. Ha una rubrica fissa Siciliane Illustri, sul mensile locale La Vedetta. Collabora con le testate on line, Malgrado Tutto, Il carrettino delle idee e Dol’s. A lei qualche domanda.
Come nasce Camicette bianche?
Nasce per caso. Tre anni fa, in occasione di un otto marzo, decidemmo con la Fidapa ed altre associazioni di leggere sul palco al teatro di Licata,i nomi delle 129 vittime nell’incendio della Triangle Waist Company. Tra essi c’era quello di Clotilde
Terranova, con l’esatta provenienza, Licata, la mia città. Le altre vittime, di cui era certa la provenienza, erano Vincenza Pinello e Provvidenza Bucalo Panno di Casteldaccia; Caterina, Lucia e Rosaria di Marsala; Vincenza Benanti di Marineo; Francesca e Bettina Maiale di Mazara del Vallo. Delle altre italiane non era indicato la provenienza. Circa quaranta cognomi erano di origine italiana e tanti potevano essere siciliani. Iniziai così la mia ricerca, sul sito della Cornell University, dove sono conservati i certificati di morte delle vittime. Mi sono iscritta sul sito di Ellis Island ed ho contattato lo storico Michael Hirsch, che da oltre un decennio si occupa della vicenda. Ho fatto le mie indagini nei comuni della Sicilia, della Puglia, della Basilicata e della Campania. Mi sono recata personalmente nei vari Uffici dei Servizi emografici, riuscendo a trovare quasi sempre con la disponibilità dei funzionari, l’originale degli atti di nascita delle vittime, ricostruendo il nucleo familiare. Ho visitato le vie, a volte anche le case, in cui quelle donne erano nate e ho trovato alcuni nomi nei registri di sbarco a New York.
Quante di queste donne sono ricordate nei nomi di strade?
Nessuna di queste donne ha, ad oggi, intitolata una strada, ma sono stati presi impegni ben precisi da parte di tante amministrazioni di avviare l’iter e molti comuni mi hanno già inviato le delibere di intitolazione. b Mirella Mascellino
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MATERNITÀ, DA DESIDERIO A OSSESSIONE di Camilla Ghedini
‘LE DIFETTOSE’ DI ELEONORA MAZZONI È UN VIAGGIO IRONICO, DISSACRANTE E DRAMMATICO NEL MONDO DELLA FECONDAZIONE ASSISTITA
D
urante un’intervista che le feci per la promozione di Splendore, per un quotidiano, Margaret Mazzantini mi disse che nell’arte è insita la capacità di preconizzare il futuro e le esigenze ad esso annesse. E prerogativa dello scrittore è una certa coscienza anticipatoria, la stessa che l’aveva portata ad occuparsi sempre degli ‘ultimi’. Mentre parlo con Eleonora Mazzoni, attrice e autrice de Le Difettose (Einaudi) le parole della Mazzantini mi tornano alla memoria, perché allora mi avevano colpito, come non sempre succede. Così vado a rileggerle e sì, non mi sbagliavo, questa era stata la premessa alla conversazione. Nel 2012 Eleonora Mazzoni ha pubblicato Le difettose, ‘viaggio’ ironico, dissacrante e drammatico nel mondo della fecondazione assistita. Lei, oggi mamma dei gemelli Emma e Mattia, ci è passata. Così, attraverso il filtro di Carla, enne ricercatrice universitaria ‘innamorata’ di Seneca e del compagno Marco, determinata nel rag-
giungere i propri obiettivi ma incapace di procreare, lo ha raccontato. Con quel mi di autobiografia e distacco, immaginazione e verità che - e torno al punto - è proprio solo di chi percepisce i bisogni del futuro. Il libro ha avuto una notevole rilevanza mediatica, come era giusto che fosse avendo Eleonora trattato un tema tanto delicato quanto ‘sconosciuto’ ai più, che accomuna moltissime donne che forse nella vita non si percepiscono ‘ultime’ ma senza dubbio ‘difettose’ . E che prima di assolversi, perché prive di ‘colpa’, si condannano a un calvario che nell’altalena di ‘tentativi’ e ‘fallimenti’ spesso mortifica corpo e anima, perché il desiderio diventa ossessione e dipendenza”, conferma Eleonora. E due anni dopo, proprio mentre l’Italia, grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale (giugno 2014) ‘apre’ alla fecondazione eterologa, il libro diventa una pièce teatrale. Per la regia di Serena Sinigaglia, con una strepitosa Emanuela Grimalda nel ruolo di Carla e delle molteplici ‘voci’ femminili e maschili
che animano il romanzo, ha debuttato al Festival della Mente di Sarzana, lo scorso 2 agosto, e da gennaio 2015 arriverà nei teatri dei principali capoluoghi dello Stivale. Chi scrive non ha figli ma ha letto il libro e ha assistito alla ‘prima’ di Sarzana. E può confermare che la rappresentazione, fedele al testo nei passaggi chiave ma dotata di essenza autonoma, ha fatto ridere e ha fatto piangere. Ci sono stati gli applausi finali, fragorosi e sinceri, ma c’è stata tanta partecipazione del pubblico ‘durante’ e ‘dopo’. Già, perché portandolo sul palco l’argomento smette di essere esclusivamente femminile ma diventa trasversale e universale, tocca la collettività, la invita a farsi un’idea, un’opinione, a ri ettere. crearsi una coscienza, che è il vero compito del teatro. Finalmente è alla portata di tutti, anche di chi, seduto in platea, non ha desiderato sperimentare la genitorialità o l’ha vissuta secondo ‘natura’, senza dovere chiedere aiuto alla ‘scienza’ e senza doversi interrogare sull’etica. È stata questa l’intu-
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izione di Eleonora, scrivere un libro che attingendo addirittura dai casi di sterilità della Bibbia pone domande sulla vita e sui suoi misteri, oltre e prima che sulla maternità. Che induce a sviscerare i limiti e il potere della scienza, le cui opportunità non vanno represse ma discusse”. Che mette in relazione, non in contrapposizione, i concetti di natura’ e artificio’. Lo spettacolo andrà in scena di pari passo, presumibilmente, con l’ampliarsi del dibattito sull’eterologa. Perché come sostiene Eleonora, il percorso sarà più lungo di quel che immaginiamo. Siamo culturalmente impreparati”, soprattutto sul fronte della donazione degli ovociti. Serve una ri essione - incalza Eleonora - di cui deve occuparsi anche il pensiero femminista, perché siamo di fronte a una rivoluzione simbolica, in cui di fatto l’utero materno esce ‘fuori’. Madre biologica, padre biologico…, sono temi grandi ed esplosivi su cui fare studi e ricerche ammonisce - , di cui bisogna parlare”. Scrivendone, portandoli a teatro, anticipandoli con l’arte, nelle sue molteplici espressioni. Perché riguardano tutti, nessuno escluso. Senza differenze di genere. b Nata a Forlì, Eleonora Mazzoni si laurea all’Università di Bologna in Lettere moderne con il professor Ezio Raimondi e consegue il diploma di recitazione presso la Scuola di Teatro di ologna diretta da lessandra Galante Garrone. Debutta come protagonista in teatro ne I due gemelli veneziani per la regia di Franco Branciaroli. È protagonista di numerosi spettacoli: Troilo e Cressida per la regia di Maurizio Panici, La cuoca premio iego Fabbri 2005) per la regia di ugusto ucchi con cui lavora anche ne L’impresario delle Smirne e ne Il Decamerone), Niente sesso, siamo inglesi, in cui recita insieme a ianfelice Imparato. l cinema debutta con Citto Maselli in Cronache del terzo millennio (Festival di enezia 1 ). Con Maselli lavora anche ne Il compagno. Recita poi, tra gli altri, in Tutta la conoscenza del mondo di Eros Puglielli Festival di erlino, 2001), Volevo solo dormirle addosso di Eugenio Cappuccio (Festival di Venezia, 200 ), Il compleanno di Marco Filiberti Festival di enezia 200 ) e L’uomo che verrà di iorgio iritti Festival di Roma, 200 e vincitore del avid di onatello come migliore film, 2010). Tra le fiction televisive a cui ha preso parte ricordiamo Elisa di Rivombrosa, Il giudice Mastrangelo, Il bambino sull’acqua,Colpi di sole, Il commissario Manara. Le difettose (Einaudi 2012) è il suo primo romanzo.
di Camilla Ghedini
S
ì, lo dichiaro ufficialmente. Io i Social li detesto. Ne riconosco la necessità, intesa come ‘inevitabilità’, ma mi agitano. Sì, mi agitano. E non poco. Sono diventata ormai una drogata, lo riconosco, altro che metadone. La notte, se mi sveglio a fare la pipì, controllo sullo schermo del cellulare se ho delle notifiche. Lo faccio automaticamente, senza pensarci. Semmai devo pensare a non farlo. E questo è un guaio. La mattina, prima ancora di uscire dal letto, verifico gli i like sul mio status, più per compulsività che per desiderio di consenso. Poi, alzatami, eccomi davanti allo schermo del pc, con in mano la tazza del caffè, ad aprire la pagina di Facebook, che posso finalmente visualizzare a 18 pollici! Ma come mi sono ridotta? Eppure, giuro, c’è stato un tempo in cui li rifiutavo in nome delle relazioni normali, del vis à vis. Preistoria. A mia discolpa posso affermare che Twitter e Linkedin li uso pochissimo. Ma è solo perché non mi convince la disposizione caotica delle ‘conversazioni’, mica per altro. Perché ho ceduto? Ho fatto bene? Cosa ci ho guadagnato? Me lo chiedo di continuo. È inutile negarlo, qualche virtù l’hanno. Professionalmente, chi li gestisce bene può fare circolare il proprio brand, può crearsi una reputazione, puoi farsi conoscere a zero spese. Le aziende possono utilizzarlo per promuovere i loro prodotti, mettendoli in vetrina. C’è un marketing che in tempi di crisi economica va valutato per la velocità con cui raggiunge persone, quindi clienti. Poi, arrivano in tempo quasi reale notizie linkate ai quotidiani on line. Talvolta si trovano spunti importanti, fosse anche che un cittadino arrabbiato fotografa la buca di una strada e il giornalista attento può recuperare materiale. E sono certa che molto mi sfugge, se
SOCIAL COME PARENTI SERPENTI penso ad esempio ai nativi digitali, per cui rappresentano un binario fondamentale della comunicazione. E per il resto? È questo il dilemma. E lo affermo, appunto, da ‘dipendente’ che vorrebbe ‘smettere’. Ma invece che evitare di assumere la ‘sostanza’, sotto mia responsabilità, vorrei che la sostanza fosse tolta dalla circolazione! Comodo!! Con la mia amica Cecilia, che pure come me naviga un bel po’, condivido questa ‘avversione’ per i Social e ci auguriamo spesso che prima o poi esplodano. Questa mattina, ad esempio, lei li ha definiti ‘tristi’. Io ho risposto ‘speriamo che scoppino’. Eppure questo scambio è avvenuto nella chat di Facebook, che rinneghiamo ma di cui riconosciamo evidentemente la validità strumentale. E infatti quel che farò nei prossimi giorni - più volte segnato in agenda - sarà acquisire maggior dimestichezza con i suddetti Twitter e Linkedin. Incoerenza? Forse. Ma la verità è che non usarli o usarli male, come faccio io, equivale a non esserci. E in questo ‘nuovo mondo’ esisti solo se sei con un tuo profilo nella ‘bolla’ e nelle sue community. Poi, soltanto poi, se hai anche la ‘carne’ sulle ossa. Per questo né li combatto né mi adeguo. Li subisco. O meglio li coltivo come i parenti serpenti con cui devi condividere il pranzo di Natale. Eppure, eppure, eppure … mi spaventano. Tutti su Facebook scriviamo dove e con chi siamo: a un convegno, al lavoro, in pizzeria e via così. Siamo tutti rintracciabili e vogliamo esserlo. Ma perché? Nell’illusone dell’assoluta libertà, la libertà la perdiamo e acquisiamo semmai la possibilità di controllare il prossimo. Oltre che al prossimo di controllare noi. Ma io il prossimo non lo voglio controllare, è l’unica cosa che so. Eppure, eppure, eppure…senza social, oggi, che vita c’è?
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IL PIACERE DELLA GLORIA di Graziella Bertani
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DALLA VITTORIA ALATA ALLA GIUSTIZIA FINO ALL’ABBONDANZA: I TANTI VOLTI DELLA GLORIA. TUTTI FEMMINILI
edizione 2014 estival ilosofia dedicata alla Gloria, oltre a riconfermarsi grande occasione per pensare e ri ettere, si è rivelato anche strumento di indagine e lettura della nostra storia di donne. È stato interessante condividere alcune curiosità e scoperte consapevoli’ nate dalla frequentazione di due delle iniziative meno scontate. Complice la visita guidata al Museo apidario Estense condotta dalla Direttrice Nicoletta Giordani, mi sono chiesta quante volte in occasione di visite a siti archeologici in Italia e all’estero ci hanno presentato luoghi, cose e testimonianze di donne corrispondendo e rispondendo alla nostra legittima curiosità scaturita dalla lettura di frasi e nomi di donne riportate su edifici e monumenti trionfali e quante volte abbiamo pensato o sognato le loro vite e le loro sorti. E perché proprio la parola Gloria suscita in noi cos tante reazioni addirittura divergenti. Perché gli stessi sentimenti contraddittori li proviamo di fronte a donne che in Gloria hanno raggiunto, conquistandoli, traguardi importanti? Nicoletta iordani ci viene in soccorso con questo racconto. el mondo greco è celebre la ittoria alata, che rappresenta la vittoria contro la barbarie e con essa la gloria. Trasferita nel mondo romano la ittoria assume un’aura di divino e. oltre che nei monumenti. è spesso usata nelle monete
come strumento di propaganda. Se Marte io) con la sua corazza rappresenta il vendicatore che trionfa sulle spoglie del nemico, chi incorona la ittoria è una onna. Il mondo romano è ricco di figure femminili notevoli, come ad esempio la iustizia o l’ bbondanza. Non si tratta di divinità vere e proprie ma di figure che hanno un’aura divina. iustiniano, primo Imperatore dell’Impero Romano d’Oriente, fa suo il simbolo della ittoria per indicare la gloria dell’Imperatore che compare anche nella monetazione che, oltre al commercio e al mercenariato, costituiva anche un prezioso strumento di creazione del consenso. Poi la ittoria alata si è trasformata nell’ ngelo della tradizione cristiana. Nel mondo babilonese ed egizio la loria è rappresentata dal Sovrano - il monarca assoluto, un io rappresentato in gloria - di solito accanto alla sposa. In Egitto un chiaro esempio è offerto da bu Simbel. In esso Ramsete II - il faraone più glorioso - viene rappresentato in veste di vincitore: davanti a lui stanno i nemici sconfitti e la moglie Nefertari, raffigurata anch’essa supplice in atto di chiedere per loro la clemenza del faraone. È attraverso l’intercessione femminile che avviene l’amplificazione dell’atto di clemenza ai vinti. Non manca nemmeno la rappresentazione della violenza e della violenza alle donne. Nel mondo romano esistono esempi efficaci e a Roma
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possiamo trovarli con facilità. asta guardare la Colonna Traiana e la Colonna ntonina, dove le figure femminili sono protagoniste con i loro figli accanto ai re sconfitti, e invocano la clemenza del comandate romano o dell’imperatore vincitore. Solo in secondo piano appaiono scene violente come la raffigurazione sullo sfondo di soldati che trascinano le donne dei vinti afferrandole per i capelli. Esistono per contro anche importanti esempi e rappresentazioni di donne in Gloria. Nel Museo apidario Estense c’è la sepoltura monumentale di Peducaea ilara da lei voluta ad imitazione del prestigioso sarcofago di Scipione arbato. a famiglia degli Scipioni all’epoca tardo-repubblicana-augustea era una delle più in vista di Roma, alla gens degli Scipioni apparteneva Scipione l’ fricano, il comandante vittorioso su nnibale. In età augustea avevano dato vita al cosiddetto Circolo degli Scipioni, un importante consesso di intellettuali vicini all’imperatore. ilara dedica il monumento a se stessa e al proprio compagno. Peducaea ilara è una liberta e la scelta del modello non è casuale: scegliendo gli Scipioni sceglie due elementi di gloria: quella di sconfitta di una condizione - nel suo caso la schiavitù e quella del sapere della conquista della libertà . uesta parole in quel luogo producono un’associazione spontanea: lo stesso edificio dove è collocato il cenotafio di Peducaea ilara ospita un altro esempio di Gloria al femminile, in questo caso volta alla costruzione del consenso intorno a sé da parte di donna che sarebbe stata Reggente del ucato di Modena: aura Martinozzi. edova di lfonso I d’Este, finanzi con il proprio danaro - senza tassare ulteriormente i cittadini - la scenografia funebre del marito dedicandolo alla saggezza delle donne di Casa Este. ccadde nella Chiesa di Sant’ gostino. n-
che se questa casualità apparentemente è un’altra storia - vale la pena rammentarlo - perché si tratta di un esempio assai infrequente se non unico e o raro) nel nostro paese. E non dobbiamo dimenticarcene perché indubbiamente
queste due donne - cos distanti nel tempo - non potevano non essere dotate di profonda autostima e non si vergognarono di celebrare la loro emancipazione in gloria. E quanti esempi e testimonianze ancora esistono senza che li notiamo nche la vergogna è un tema che, pur non trattandolo come parola, assume un valore che spesso ci lascia perplesse e contraddette. uesta volta ci viene in soccorso abriella Turnaturi che proprio della vergogna si è occupata in una delle sue ultime fatiche ergogna.
Metamorfosi di un’emozione, Feltrinelli, 2012). nche se apparentemente non correlate, gloria e vergogna sono passioni, emozioni che nascono dalla gioia manifestata dagli altri e la vergogna altro non è che l’altra faccia della gloria. a perdita di gloria, la gloria non conseguita provoca vergogna ma la vergogna oltre alla disistima di sé offre anche la possibilità di intrapresa di quel cammino virtuoso che conduce dalla vergogna alla gloria. a vergogna è la più dolorosa e sconvolgente delle emozioni che ci rivela come stiamo con noi stessi e ha la funzione di svelamento e di riconoscimento, implica questioni affettive, ideali, di progetti. È un’emozione sentinella che ci aiuta a scoprire la nostra umanità. e persone che si vergognano delle stesse cose, ridono delle stesse cose, hanno la stessa educazione sentimentale. Oggi non ci si vergogna, ci si sente in colpa. a società dello spettacolo coi suoi mi piace’ e non mi piace’ ha enfatizzato la non vergogna’ con la perdita della faccia’, una perdita momentanea o parziale che si pu risolvere su un altro palcoscenico. Per oggi ci si vergogna di essere povero, di non essere magro e non essere felice. iventerà vergognoso vergognarsi. Siamo proprio sicure che non riusciremo a contrastare questo fenomeno recuperando il senso della communitas accompagnato dall’amore di sé? Io sono convinta che almeno fino a quando il monumento di Peducaea ilara rimarrà in esposizione e donne ce ne spiegheranno il valore e fino a quando il Festival della Filosofia - diretto da Michelina orsari - continuerà a proporre temi e progetti coraggiosi e a crescere, questo rischio, nonostante le difficoltà, non lo correremo. b
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A TUTTO SCHERMO
CUCÙ, CUBANA CHE CANTA L’AMORE E LA LIBERTÀ
LA CANTANTE CUBANA CUCÚ DIAMANTES PROTAGONISTA DEL FILM DI JORGE PERUGORRIA AMOR CRÓNICO PRESENTATO AL FESTIVAL DEL CINEMA IBEROAMERICANO
di Elisabetta Colla
A
chiudere in bellezza la terza edizione di Scoprir, Festival del cinema Iberoamericano svoltosi presso la Casa del Cinema di Roma e curato da ianfranco icarelli e ose Cantos, è stato presentato il film cubano Amor Crónico, del regista Jorge Perugorria (reso celebre dal film Fragole e cioccolato), un viaggio musicale attraverso l’isola di Cuba con la voce e la verve di una protagonista d’eccezione, la cantante Cucú Diamantes, presente all’evento romano per commentare il suo film. iafana e bellissima, l’artista cubana indipendente naturalizzata a New or , dove si è trasferita da anni pur mantenendo un pezzo di cuore nell’isola caraibica, ha ricevuto una nomination ai ramm con il suo album Cuculand. Con grande emozione e spontaneità, Cucú racconta di aver cantato per la libertà in Piazza della Rivoluzione a ’ vana, di fronte ad oltre un milione di persone e di essersi per questo inimicata forti’ gruppi di potere legati alla destra americana. Il film, che combina dramma e nostalgia, porta con sé una speranza di pace e di amore universale. Come stato girare uesto film e c e effetto ti fa presentarlo a Roma? Sono molto felice, erano 20 anni che non venivo a Roma. uesto film è stata una festa d’amore’, un canto all’amore ed un ritorno alle radici, da Manhattan a ’ vana fino, oggi, in Italia. Il regista voleva fare l’occhiolino al cinema d’auto-
re, ispirandosi in alcuni momenti al neo-realismo italiano. bbiamo girato tutto in 11 giorni, perché avevamo pochi soldi, è stata un’esperienza faticosa ma bellissima, c’era molta passione e speriamo che l’energia e la vitalità che abbiamo messo nel film arrivino al pubblico. Cuba a poco
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IRAN
FEMMINILE IN PRIMO PIANO Al XV Asiatica - Incontri con il Cinema Asiatico vincono due Menzioni Speciali il film I’m Not Angry! ed il documentario Profession: Documentarist
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a cinematografia iraniana continua il suo inarrestabile percorso di emancipazione, politica e sociale, affidandosi, per di più, ad artiste donne: chiaro esempio di ciò sono due opere presentate e premiate a Roma, nel corso della quindicesima edizione del Festival Asiatica - Incontri con il Cinema Asiatico, uno degli appuntamenti culturali più interessanti della Capitale, diretto dal regista Italo Spinelli. Il lungometraggio I’m Not Angry!, di e a ormis ian, ha infatti ottenuto una meritatissima Menzione Speciale, descrivendo con uno stile asciutto e quotidiano una tragedia sentimentale e civile al tempo stesso: una coppia innamorata (lei ricca di nascita e lui quasi privo di mezzi) deve rinunciare forzatamente a stare insieme a causa delle minacce del padre di lei, che ha già disposto per la figlia un altro matrimonio ed un altro futuro. Invano i due giovani tenteranno di cambiare le cose, illudendosi di poter concretamente realizzare le proprie aspirazioni: il paradosso di quanto sia vasto il divario fra sogno e realtà è ben simboleggiato nel finale privo di speranza, dove un’esecuzione in pieno giorno, mentre il tran tran scorre apparentemente tranquillo, lascia un senso di gelida angoscia nello spettatore, quasi incapace di trovare parole di denuncia. Il premio è stato assegnato ad “un film oragg o o e n en en e e arr e le o en al el nema le on un l nguagg o mo erno e uro an e gra e a una enegg a ura en ru ura a . a seconda opera premiata con la en one e ale er o umen ar , è il documentario Profession ocumentarist, un’opera a più voci femminili, dove sette registe iraniane irin arg navard, irou e osrovani, ara na arifi, ina es avar , epide ta i, a ar ala s oor, Na id e aei - raccontano in sette capitoli quanto sia difficile scegliere la professione di cineasta in Iran, il loro amato paese natale, e portare avanti, nella società iraniana attuale, un lavoro che spesso mette a repentaglio la propria libertà personale oltre che quella professionale. e motivazioni del premio parlano di un r llan e e e fi a e l nguagg o nema ografi o”, che restituisce “un mmag ne omle a e ro lem el ae e mol o ara . E. C.
a poco sta cambiando ed anche i rapporti con gli Stati Uniti, da quando c’è Obama, sono migliorati. Cosa pensi delle con uiste femminili e della donna in America Latina? Io ho i miei ideali e per questo mi sono fatta anche dei nemici, sono un’immigrante donna in un Paese straniero e spesso è stato difficile. In merica atina, come sai, c’è molto ma mo ma a Cuba, in particolare, e anche grazie alla Rivoluzione, le donne hanno davvero un buon livello di emancipazione: ad esempio i Movimenti Femministi a Cuba hanno dato vita anche ai Movimenti di Emancipazione di enere ran gen er) e questo è molto importante.Contemporaneamente credo molto nell’aiuto di tutte le componenti sociali e dell’arte per raggiungere la parità.
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LEGGERE L’ALBERO DI BRUNA BALDASSARRE
FAMIGLIA
Sentiamo l’Avvocata RAPPORTI FAMILIARI E (DIS)PARITÀ di Simona Napolitani mail: simonanapolitani@libero.it
VIVERE IL MONDO CON LA PROPRIA IDENTITÀ Cara Bruna, sono un ventottenne laureato in Fisica. Vivo ad Amsterdam da quattro anni, dove sto concludendo il mio dottorato di ricerca. Da dicembre lavorerò al CERN di Ginevra. Tutto questo viaggiare e vivere lontano dalla mia famiglia, dagli amici farà veramente per me? Enrico Caro Enrico, intanto mi devo complimentare per la tua splendida carriera. Non è da tutti a 28 anni ritrovarsi nel centro di ricerca più importante del mondo! Sei allo stesso tempo in una fase critica della vita, che viene anche definita crisi dei talenti , perché è come se ti trovassi a un bivio: sprecare, nel senso di emarginare le capacità che ti ritrovi, oppure trasformarle per offrire in seguito qualcosa di buono a te stesso e al mondo. L’Io deve ora partire dall’interiorità dell’essere per svolgere il suo compito. a domanda come vivo il mondo appartiene alla fase precedente, perché ora è il momento di chiedersi come funziona il mondo e come ti devi organizzare rispetto a esso. Significa poter sviluppare liberamente la propria identità preservando l’Io dal senso di soffocamento, così da sviluppare la capacità di adattamento. L’eventuale dipendenza dal partner tende a diminuire e può nascere una profonda amicizia. Gli anni precedenti sono una preparazione a ciò che accadrà. Il tuo albero è un po’ salice e un po’ ulivo! Elegante, riservato, un po’ schiacciato dalle responsabilità e un po’ desideroso di esplorare il mondo… La folta chioma, simbolo dell’Io sociale, è segno di consolidamento delle proprie idee per fare le esperienze necessarie a avvalorare la tua professionalità. La facoltà creativa dell’albero ben radicato può essere frenata da una ricerca di sostegno. a folta erba che affianca il tuo albero è un segno di ricerca di riposo da una vita iperattiva. La tua sensibilità incide sulle esperienze in modo profondo, e si evidenziano particolarmente dei vissuti traumatici a 8 e 18 anni e mezzo.
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el pensare l’articolo da scrivere e nel riordinare le idee per trovare un argomento che potesse interessare le donne e i problemi afferenti il diritto di famiglia, ho deciso di occuparmi del rapporto in generale tra le mogli/madri/donne e le loro relazioni familiari. Sicuramente le donne negli anni hanno sempre più affermato una loro posizione di rilievo nell’ambito sociale, politico e familiare, stanno emergendo in ruoli di potere, ma purtroppo il percorso da fare è ancora lungo, specialmente nell’ambito dei rapporti familiari. Tra marito e moglie ancora non c’è parità, le donne si trovano in una situazione di svantaggio nel rapporto con l’uomo, rispetto ad un modello culturale che si ha difficoltà a superare anche per la mancanza di uno Stato sociale che sia in grado di supportare e sostenere le donne impegnate su più fronti. È, purtroppo, circostanza nota che l’Italia è agli ultimi posti della graduatoria europea rispetto al elfare nel caso specifico, mancano asili nido, scuole materne, strutture per anziani (i cui compiti di cura, rispetto ai genitori delle mogli e dei mariti ricadono sempre sulle donne), luoghi in cui far giocare o far studiare i bambini, figli di madri che lavorano. Sulla donna ricade ancora l’intera organizzazione della casa, degli accompagnamenti dei figli, della spesa, della cucina, ecc.ecc. con ripercussioni negative sulla sua disponibilità lavorativa. Oggi, quando i coniugi decidono di separarsi, l’uomo ha quasi sempre un lavoro, la donna spesso è casalinga o lavora in nero. Molte donne dicono quando sono nati i figli ho lasciato il lavoro ..poi i figli si sono fatti grandi, ma io non ho più trovato un’attività . È difficile che un padre sia in grado di esercitare una sana genitorialità, cade da un eccesso all’altro o è eccessivamente controllante, ossessivo, invadente, o è totalmente disinteressato rispetto a qualsiasi rapporto con i figli, alla loro gestione, alla loro organizzazione di vita familiare. Ovviamente, ci sono tante famiglie in cui i genitori riescono a suddividere con competenza e sapienza le loro responsabilità, ma noi tecnici abbiamo un osservatorio solo sulle relazioni patologiche e problematiche. Voglio chiudere con una speranza: mi piacerebbe non sentire mai più una donna che dica uan o na o m o figl o o la a o l la oro .
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SPIGOLANDO tra terra, tavola e tradizioni DI PAOLA ORTENSI
DAI CRISANTEMI AL PUNGITOPO simboli e la punteggiatura ALLE PIGNE Idelle nostre ricorrenze Novembre col suo ricordo dei defunti riempie di infiniti colori i nostri cimiteri. Sono i crisantemi i fiori più simbolici, una tradizione tutta italiana, creatasi forse perché i crisantemi fioriscono a novembre, resistono bene al freddo e offrono una gamma di colori e oramai anche di forme e grandezza senza fine. Fiori simbolo ufficiale del Giappone e legati a tante leggende per l’infinito numero dei loro petali di una miriade di colori pastello. Centinaia le varietà. Nel mondo si considera parlino di bene e di gioia forse anche per quel nome che viene dal greco e si traduce con
fiore d’oro. Tanta la loro allegria. Superata la ricorrenza dei defunti rimangono visibili sul mercato ad occhieggiare per invitarci a goderne la bellezza e magari continuare a ricordare i nostri cari. I giorni camminano e l’atmosfera delle festività sembra allargare ogni giorno lo spazio dei pensieri, dei progetti, delle vacanze che segnano le scuole e tanto altro. Quando novembre apre le porte a dicembre, sono gli alberi di Natale che fanno capolino da fiorai e vivaisti, per fortuna sempre più pudicamente offerti in vaso con tutte le radici per continuare a farli vivere di anno in anno. Ma se l’albero si impone, certo di pungitopo, vischio e stelle di Natale sarà difficile fare a meno: piante belle, vive
piene di simbologia. Avremo tutti cura di non farcele mancare. E allora eccolo il pungitopo o agrifoglio, presente in ogni casa con le sue palline rosse di buona fortuna e le foglie verde intenso dal disegno che ricorda un ricamo, agli antichi romani diedero l’idea di eternità per quell’essere sempreverdi e di aggressività per essere pungenti. Vale la pena di sapere, inoltre, che il pungitopo è una delle essenze più benefiche che la natura regali. I germogli, raccolti in primavera, possono essere utilizzati in cucina analogamente agli asparagi per insalate, frittate o minestre. Il rosso di Natale accanto al pungitopo sarà esaltato generosamente dalle foglie delle stelle di Natale. Ma durante le feste i giorni corrono e all’avvicinarsi della fine dell’anno in ogni casa che rispetti la tradizione - donato o comperato - dovrà fare mostra di sé un mazzetto di vischio dal verde morbido punteggiato dalle palline bianche quasi fosforescenti e misteriose. È sotto quei rami che allo scoccare del primo minuto di un nuovo anno milioni di esseri umani si sono scambiati e si continueranno a scambiare teneri baci d’affetto e d’amore. Una tradizione che sembra affondare le sue radici nelle leggende degli antichi popoli del nord Europa come i Celti o i Druidi, che sotto al vischio scambiavano segni di pace. Ma fine e principio dell’anno non possono veder mancare uvetta passa o zibibbo e
lenticchie che simboleggiano l’augurio di guadagni, ricchezza e benessere. Non per finire ma per aggiungere ancora testimonial di feste e festività tante le tavole o le porte ornate da pigne dorate o argentate per l’occasione. Le pigne, con la loro forma ad uovo sono simbolo di vita e fertilità per quei pinoli nutrienti e gustosi accucciati nel loro ventre, stretti nei loro alvei, rappresentano la certezza di nuovi futuri possenti alberi. Un simbolo di buon augurio spesso adornato da foglie o rami d’albero magari dello stesso pino.
RICETTE PESTO TRADIZIONALE ALLA GENOVESE 100 gr di basilico, 40 gr di pinoli, 100 gr di parmigiano, 20gr di pecorino sardo, 100 gr d’olio, 1 o 2 spicchi d’aglio, 6 gr di sale grosso. LA TORTA DELLA NONNA è un dolce composto da un involucro di pasta frolla ricoperto di pinoli e zucchero a velo con un ripieno di crema pasticcera. FRITTELLE DI ZIBIBBO Pastella con acqua, vino bianco, tuorli d’uovo e abbondante zibibbo fatto riprendere in acqua calda e poi scolato bene. Friggere con olio bollente. alluminio e tenere 40 minuti in forno ben caldo.
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A NAPOLI AL LAVORO… CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
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a violenza sulle donne non è fatta solo di femminicidio o maltrattamento fisico, ma anche di violenza psicologica ed economica. Sono tante le donne che subiscono la violenza in silenzio, che credono di meritare il trattamento che ricevono, perché è stata tolta loro qualsiasi forma di autostima. Per questi motivi nasce a Napoli il progetto Aurora, promosso dal Comune di Napoli e realizzato da Arcidonna Napoli Onlus, C.O.R.A. Onlus e Salute Donna, per offrire un supporto diretto e concreto alle donne che si rivolgono al Centro Antiviolenza comunale, attraverso un sistema integrato di servizi che le accompagneranno nel percorso di fuoriuscita dalla violenza. L’obiettivo è quello di avviare un processo di potenziamento e specializzazione funzionale del Centro Antiviolenza del Comune di Napoli e di rafforzare la rete dei servizi territoriali di contatto con le donne vittime di violenza. Il progetto prevede, infatti, una serie di interventi, tra cui l’attivazione di punti territoriali deputati all’accoglienza e alla decodifica dei bisogni, il potenziamento delle competenze professionali degli operatori impiegati nel contrasto alla violenza di genere, l’attivazione di servizi di ascolto, accoglienza ed orientamento al lavoro, per la formulazione del proprio progetto professionale. Se le donne hanno difficoltà a staccarsi dal contesto familiare violento perché non hanno alcuna forma di reddito, il primo passo da intraprendere è aiutarle a trovare delle risorse, nella ricerca di un nuovo impiego, o per mantenere il posto di lavoro. Il progetto AURORA prevede, quindi, oltre alle azioni di ascolto, assistenza psicologica e legale, anche un percorso di orientamento e reinserimento al lavoro attraverso l’attivazione di n. 20 tirocini formativi, a cura dell’associazione Cora. Le work experience, avviate in coerenza con le competenze ed esperienze professionali pregresse, hanno coinvolto donne, nel 55% dei casi, di età compresa tra i 41 e 60 anni, a fronte di un 30% nella fascia di età 31- 40 anni ed un restante 15 % al di sotto i 30 anni. Di queste il 30% possiede una laurea ed il 70% un diploma. Un dato rilevante è che circa il 60% di esse ha avuto esperienze di lavoro esclusivamente sommerso mentre il restante 40%, da oltre 5 anni, non è riuscita a ricollocarsi al termine dell’esperienza lavorativa. Le organizzazioni che ospiteranno i tirocini della durata di sei mesi operano soprattutto nel settore del commercio, ristorazione, informatica e Terzo Settore. Info: C.O.R.A. Onlus - email: corana.1@libero.it Il progetto A.U.R.O.R.A. è realizzato nell’ambito degli Interventi strategici locali per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e per il rafforzamento dei processi di integrazione dei/le cittadini/e. Lotto 2-“Centro Antiviolenza”. È affidato dal Comune di Napoli all’A.T.I. costituita da Arcidonna Napoli onlus, C.O.R.A. onlus, Salute Donna
DONNE
E CONSUMI di Viola Conti
LUDOPATIA: IL PROGETTO SALVA FAMIGLIE
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ell’ambito del progetto Salva Famiglie le Associazioni dei Consumatori Adoc, Adusbef, Asso-consum, Federconsumatori e Movimento Consumatori hanno realizzato un’indagine per monitorare il rispetto degli obblighi informativi (decreto Balduzzi) cui sono tenuti i gestori di apparecchi per il gioco legale. Il decreto prevede che ogni esercizio commerciale dotato di postazioni per giochi d’azzardo o scommesse esponga cartelli ben visibili al pubblico che spieghino i rischi legati all’utilizzo di questi apparecchi. ’indagine realizzata in forma anonima nei mesi di giugno e luglio scorsi) ha riguardato 380 esercizi pubblici tra bar, tabacchi, centri ricreativi e sale gioco in 35 città italiane con la copertura totale di tutte le 20 regioni). Dall’indagine è risultata una sostanziale applicazione degli obblighi normativi. Nel dettaglio, l’obbligo di applicazione sugli apparecchi a moneta o gettone di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza da gioco è rispettato dall’85% degli esercizi, mentre il 15% lo evade. Il 97% degli esercizi espone il divieto d’uso degli apparecchi per il gioco con premi in denaro ai minori di 18 anni e l’86% appone l’autorizzazione rilasciata dall’autorità amministrativa. Il materiale informativo S sui rischi legati al gioco e sui servizi di assistenza viene esposto dal 2 del campione, mentre il 2 non lo mostra. Il rispetto normativo - commentano le ssociazioni - è tendenzialmente recepito, anche se la percentuale di chi è in regola si abbassa in merito all’applicazione dell’obbligo d’esposizione del materiale informativo S . Riteniamo che l’informazione sui rischi legati al gioco, e soprattutto sull’esistenza di servizi dedicati all’assistenza di persone affette da GAP, siano importanti per incrementare il grado di consapevolezza sulle possibilità di prevenzione e cura della ludopatia. Non ci è dato sapere - continuano le Associazioni - quale tipo di impatto abbia questo rispetto sull’andamento del fenomeno, visto che i dati ufficiali in merito, contenuti sul sito dell’ MS, (www.agenziadoganemonopoli.gov.it) risalgono al 2012 prima dell’applicazione del decreto Balduzzi). Abbiamo quindi inviato una lettera all’Agenzia in cui chiediamo la pubblicazione di questi dati per verificare gli effetti del decreto. Malgrado non ci siano ad oggi dati ufficiali, le nostre associazioni hanno comunque rilevato, con l’aggravarsi della crisi economica, una crescita esponenziale delle richieste di aiuto da parte di famiglie indebitate a causa del gioco .
La versione completa dell’indagine: http://www.salvafamiglie.it/index.php?option=com_ content&view=article&id=29:gioco-d-azzardo&catid=2
Novembre | Dicembre 2014
L’OROSCOPO DI
Novembre - Dicembre
PREDIZIONI SEMI-SERIE E PRONOSTICI POSSIBILI
CARA ARIETE, il poeta Yves Bonnefoy, di cui recentemente è uscita la raccolta Ora presente, definisce “poesia fondamentale” la capacità di ogni individuo “d’instaurare con il mondo, con gli altri e con se stesso un rapporto di tipo poetico, capace di cogliere la piena presenza dell’altro da sé”. In questa fine d’anno le stelle favoriscono il tuo coraggio e la tua libertà, assecondano ogni tuo slancio. La mia domanda è: come stai messa con la tua “poesia fondamentale”?
CARA LEONE, Louis Aragon, fondatore del movimento surrealista, ha scritto: “In un mondo dal quale l’idea stessa di Dio è assente, mi permetto di trascrivere alla mia maniera la formula di Marx: ‘L’uomo è l’avvenire dell’uomo’, in questa forma che non la contraddice: ‘la donna è l’avvenire dell’uomo’”. A casa mia lo abbiamo sempre saputo. E tu, cosa ne pensi? Sotto l’influsso espansivo di Giove, che ti accompagna alla fine di questo 2014, probabilmente sarai d’accordo con noi.
CARA TORO, c’è una foto che ritrae mia nonna, durante la sua giovinezza passata in Africa, che accarezza un leopardo, animale ‘domestico’ della vicina di casa. Quell’immagine colpiva la mia immaginazione di bambina, anche perché la nonna che conoscevo io aveva paura anche dei più piccoli cani da salotto. Da novembre potrebbero arrivare grandi cambiamenti: ti troverai in situazioni che pensavi di non saper affrontare e, sorprendentemente anche per te stessa, non avrai paura (nemmeno dei leopardi!).
CARA VERGINE, sembra che avrai un novembre passionale e focoso. Lo so, queste banalità da me non te le aspettavi, ma non posso proprio farci niente. Gli astrologi veri, quelli seri che non si disperdono in mille citazioni come me, insistono: qualcuno addirittura sussume il 26 novembre sotto la promettente formula “amore fisico”, altri insistono sul weekend a metà del mese. Sto qui a scervellarmi per individuare un verso raffinato, una citazione colta, un’allusione sofisticata. Ma niente! Che dirti? Divertiti per tutti noi...
CARA GEMELLI, il grande Fellini, nel libro Intervista sul cinema, afferma: “L’aspetto più imbarazzante e schizofrenico dell’intervista è che chi la subisce deve accettare di essere un altro, uno cioè che sa, che ha idee generali, una visione del mondo, e dice la sua sull’esistenza, la religione, la politica, l’amore, le bretelle...”. Potresti sentirti un po’ pressata dalle aspettative altrui, in questa fine d’anno. Ti consiglio la strategia di Fellini: immagina di essere qualcuno con un’opinione su tutto, anche le bretelle. Ci cascheranno.
CARA BILANCIA, secondo il mito, Perseo riesce a tagliare la testa della Medusa senza rimanere pietrificato distogliendo lo sguardo dal volto reale della gorgone e fissandone l’orrore soltanto attraverso il suo riflesso nello scudo. La morale della favola per te (tra le molte possibili, naturalmente): a volte alcune cose si vedono e capiscono meglio osservandole indirettamente, guardandone il riflesso, gli esiti, le conseguenze. Buona fine d’anno!
CARA CANCRO, il fotografo Ando Gilardi, autore del libro Meglio ladro che fotografo, afferma che il vero voyeurismo, componente di ogni arte della raffigurazione, emerge solo nell’uso degli strumenti ottici: “Il soggetto diviene oggetto posseduto più appassionatamente in immagine che in realtà”. Questa frase mi ha fatto pensare a te, spesso più disposta a osservare che a buttarti nella mischia. Ma con Marte in Capricorno l’influsso positivo sul lato pratico della vita è troppo forte per sprecarlo così. Agisci! A guardare e fotografare penseremo dopo.
CARA SCORPIONE, scriveva Emily Dickinson all’amico Thomas W. Higginson: “Lei mi giudica senza controllo – io non ho tribunali”. E poi si descriveva così: “Non ho ritratti, ora, ma sono piccola, come lo scricciolo, e ho i capelli ribelli, come il riccio della castagna – e gli occhi, come lo sherry che l’ospite lascia nel bicchiere”. Nel mese del tuo compleanno, tutte le tue caratteristiche sembrano esaltarsi. Sei senza controllo né tribunali, e nessuno ti può ritrarre, se non tu stessa: ricci ribelli, capelli di castagna e occhi di sherry... Auguri! CARA SAGITTARIO, nella bellissima graphic novel Sei tu mia madre? Un’opera buffa l’autrice Alison Bechdel racconta del suo
complicato rapporto con la figura materna, arrivando a questa conclusione: “Qualunque cosa volessi da mia madre, lei non poteva darmela e basta. Non era colpa sua. E quindi non era colpa mia se non ero capace di suscitarla”. Non ti sembra di una saggezza esaltante? L’influsso di Mercurio potrebbe indurre qualche senso di colpa: fai prevalere la tua parte solare e pratica, poiché non tutto ha una ragione. E in primo luogo, non tutto dipende da te. CARA CAPRICORNO, scrive il filosofo Mikel Dufrenne nel suo trattato Estetica e filosofia che il pittore ha il potere di far nascere vibrando tutte le cose, conferendo loro una “trama di carne”. “Ma – continua – questo potere gli viene solo lentamente. Per il pittore al lavoro, non c’è tocco senza ritocco”. Questa affermazione si addice al tuo temperamento flemmatico. In questa fine d’anno, molto positiva dal punto di vista astrologico, potrai dare piccoli ritocchi vibranti, e completare l’opera con successo! CARA ACQUARIO, nel libro Il presidente impossibile, prima biografia italiana del presidente uruguaiano ex guerrigliero Pepe Mujica, gli autori Nadia Angelucci e Gianni Tarquini intervistano Lucía Topolansky, sua compagna di vita anche durante i lunghi anni in cui entrambi furono ostaggi della dittatura. Topolansky parla molto poco, e serenamente, di quel periodo, affermando che organizzare la propria vita intorno a quella - giusta - rabbia significherebbe essere ancora in prigione, mentre occorre “farsi carico della propria libertà”. La libertà è una delle cose che più ti sta a cuore, lo so. Cosa ne pensi allora di emanciparsi anche dai sentimenti negativi, dal passato? CARA PESCI, così scriveva Andy Wahrol nel 1983: “Sono certo che guardandomi allo specchio non vedrò nulla. La gente dice sempre che sono uno specchio, e se uno specchio si guarda allo specchio cosa può trovarvi?”. Con la tua capacità di immedesimazione riesci sempre a offrire una forte dose di empatia a chi rivolge il suo sguardo su di te. Ma il rischio è quello di perderti un po’, di non riuscire più a focalizzare la tua propria immagine. L’anno sta finendo: è arrivato il momento di concentrarsi su di sé.
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CINZIA DEMI
LA PAROLA CHE NON CEDE AL DOLORE Ci sono poesie che feriscono e curano, che sono succo e anima di Luca Benassi
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i sono poesie che non fanno sconti, che non si prostrano ai troni degli accademici né ai corteggiamenti di chi dirige collane e riviste di letteratura, che non si concedono al pubblico che vuole la faciloneria dell’immagine a effetto, la sonorità scontata, la moda del momento. Ci sono poesie che rifiutano l’ideologia a priori, la stitichezza della scrittura contemporanea, la recensione banale, l’apparenza mediatica dell’oggi che già prelude all’oblio di domani. Ci sono poesie che sono schiaffi dolcissimi e lame che hanno il gusto del dolce appena tagliato, poesie che feriscono e curano, poesie che sono succo e anima. Cinzia Demi ha il dono raro di questa poesia, capace di rac-
contarci le esperienze più crudeli, la ferocia di un’umanità devastata, con versi di limpidezza e purezza cristalline. “Ero Maddalena”, pubblicato da puntoacapo editore nel 2013 è un poemetto che racconta la vicenda di una donna violentata nella Bologna del ventunesimo secolo, che osserva e vive l’universo civile che la circonda dal punto di vista di chi ha subìto l’umiliazione di un’intimità rubata, macchiata di violenza e dolore. uesta figura, senza nome né vissuto, della quale il poemetto esalta la sensibilità ulcerata dal sopruso, si specchia con la Maddalena evangelica, come un archetipo del peccato e della redenzione, che nel rapporto fisico e spirituale con il divino trova un’ipotesi di salvezza. Della Maddalena vengono ripercorse le scarne vicende nuovo testamentarie e quelle iconografiche e più articolate della tradizione successiva, che la identifica di volta in volta con Maria di Betania o con la peccatrice che unge i capelli del Cristo e gli asciuga i piedi con capelli, fino a vederla santa e venerata in Provenza. Di Maria di Magdala, al di là delle questioni storiche e agiografiche, interessa il percorso di vita, che da un’esistenza vissuta al margine, dove la libertà è peccato e lo stupro la sua conseguenza, arriva all’amore e alla consapevolezza della redenzione. Cinzia Demi costruisce il suo poemetto con un ritmo serrato, portato avanti con una fitta rete di rime, assonanze, immagini che si richiamano le une alle altre, pescando dalla tradizione della narrazione in versi, in particolare in terzine, per innovarla con una lingua dura, rastremata, tagliente. I testi scorrono come sotto l’effetto di una cinghia di trasmissione che non lascia scampo, non consente pause, cedimenti. Maddalena e l’ignota ragazza bolognese si parlano e si specchiano, e in questo dialogo che annulla secoli e civiltà, coinvolgono chi legge mostrando l’assolutezza dell’esperienza umana del dolore e della rinascita.
Bologna mi accoglie potente nelle sue strade a quest’ora quasi senza gente un vento di ponente deciso mi ha spinto nella sua direzione scalza come un bambino nuda di consolazione cerco l’antro di un portone o la fredda scala la balaustra di una chiesa il riparo di una prigione ~ un bacio sì un bacio sulla bocca me l’ha dato un saluto una carezza io buttata per la strada aggrappata alla ringhiera di una scala ormai in disuso con le mani sanguinanti tremolanti le membra e il cuore l’ho scambiato per amore il sudore nella schiena mi bagnava infradiciava una marea che non si arresta
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STATO ISLAMICO PARLA UNA RAGAZZA RAPITA
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