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SETTEMBRE 2015
REPORTAGE DA LONDRA VIVERE IN BARCA SUL TAMIGI 750° DANTE ALIGHIERI LE DONNE E L’AMORE NELLA COMMEDIA
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PARLAMENTI NEL MONDO LE ELETTE: NUMERI E TENDENZE
prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 70 - n.09 ISSN 0029-0920
DIRITTO DI FAMIGLIA 40 anni dopo 14/08/15 11.32
UN PROGETTO DI
PRESENTATO IL 10 GIUGNO A ROMA AL SENATO DELLA REPUBBLICA (SALA CADUTI DI NASSIRYA) CON IL PATROCINIO DI
commissione delle elette
P RO GR A MM A SE T T EMBRE / DICEMBRE 2015
27 settembre
23 ottobre
21 novembre
nell’ambito del Festival della Salute
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CURA Aula Magna Dipartimento della Formazione Università degli Studi di Genova
Ospedale Ostetrico Ginecologico Sant’Anna Reparto di Ginecologia e Ostetricia 1 universitaria
Viareggio
DONNA E SALUTE: L’INFORMAZIONE E LA PROMOZIONE. TERZO SETTORE E NUOVA PROGETTUALITÀ
17 ottobre
Ferrara
Genova
novembre
Torino
2 dicembre
Roma
Bologna
evento annuale
Palazzo d’Accursio
DONNA E SALUTE 2015: IL PROGETTO, I BISOGNI, I SERVIZI I risultati del primo tour
Sala della Musica Chiostro San Paolo
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Settembre 2015
DELFINA
di Cristina Gentile
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SOMMARIO
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03 / EDITORIALE di Tiziana Bartolini
14 Una riforma dirompente di Erminia Cozza
4/7 ATTUALITà
17 Quando è una legge a fare la rivoluzione Intervista a Paola Ortensi di Tiziana Bartolini
06 LA CRISI GLOBALE E LA VITA SULLA TERRA di Stefania Friggeri
8/9 BIOETICA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E PRODUZIONE ALIMENTARE IL VEGETARISMO COME STILE DI VITA di Massimo Terrile
10 UDI / SETTANTESIMO, CONGRESSO E NUOVA SEDE Intervista a Vittoria Tola 12 A VIAREGGIO OTTAVA EDIZIONE DEL FESTIVAL DELLA SALUTE DONNA E SALUTE A VIAREGGIO
30 EGITTO / DIRE NO INSIEME SI PUO’ Un concorso e il racconto di Amani di Zenab Ataalla
20 La nuova farmacia tra salute e benessere Master di II livello 21 Un viaggio alla radice dei valori comuni Istanbul, Bosforo e antica Troia Intervista a Anna Di Leo di Tiziana Bartolini
Anno 70 - numero 09 Settembre 2015
Editore Cooperativa Libera Stampa a.r.l. Via della Lungara, 19 - 00165 Roma
Autorizzazione Tribunale di Roma n°360 del Registro della Stampa 18/03/1949 Poste Italiane S.p.A. Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 DCB Roma prezzo sostenitore €3.00 euro Filiale di Roma
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La testata fruisce dei contributi di cui alla legge n.250 del 7/8/90
26 RAPPRESENTANZA FEMMINILE NEI PARLAMENTI La graduatoria mondiale di Cristina Carpinelli
20/25 JOB&JOB
Direttora Tiziana Bartolini
PROGETTO GRAFICO Elisa Serra - terragaia.elisa@gmail.com Abbonamenti Rinaldo - mob. 338 9452935 redazione@noidonne.org
22 Donne in Campo/Speciale EXPO Il talento delle nostre imprenditrici Premiazione a Milano di Tiziana Bartolini
26 /33 MONDI
19 Dal matrimonio alla solidarietà affettiva di Marta Mariani
Mensile di politica, cultura e attualità fondato nel 1944
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24 Donne in Campo/Speciale EXPO Rispetto per la terra, unica fonte di vita Intervista a Pina Terenzi di Tiziana Bartolini
16 Viva la libertà ma non torniamo indietro Intervista a Hela Mascia di Tiziana Bartolini
04 A PROPOSITO DELLA GRECIA Le occasioni perdute delle donne potenti di Giancarla Codrignani
10/13 INTRECCI
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14/19 FOCUS / DIRITTO DI FAMIGLIA 40anni dopo
01 / DELFINA di Cristina Gentile
SETTEMBRE 2015 RUBRICHE
31 GRAN BRETAGNA / BOATS PEOPLES VIVERE IN BARCA A LONDRA di Emanuela Irace
amiche e amici del progetto noidonne
Clara Sereni Michele Serra Nicola Tranfaglia
Laura Balbo Luisella Battaglia Francesca Brezzi Rita Capponi Giancarla Codrignani Maria Rosa Cutrufelli Anna Finocchiaro Carlo Flamigni Umberto Galimberti Lilli Gruber Ela Mascia Elena Marinucci Luisa Morgantini Elena Paciotti Marina Piazza Marisa Rodano Gianna Schelotto
Ringraziamo chi ha già aderito al nuovo progetto, continuiamo ad accogliere adesioni e lavoriamo per delineare una sua più formale definizione L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o cancellazione contattando la redazione di noidonne (redazione@noidonne.org). Le informazioni custodite nell’archivio non saranno né comunicate né diffuse e verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati il giornale ed eventuali vantaggiose proposte commerciali correlate. (L.196/03)
34/43 APPRODI 34 M.ALESSANDRA SOLETI/ CHRISTINE DE PIZAN MARY NOCENTINI / ALBANO LAZIALE, ITINERARI DIDATTICI FERDINANDO LEONZIO/ DONNE DEL SOCIALISMO 35 NARNI / FESTIVAL DELLA LETTERATURA CAMOGLI / FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE 36 LA GRANDE MENZOGNA SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE V. GIGANTE, L. KOCCI, S. TANZARELLA di Giancarla Codrignani 37 Alcatraz, Umbria /Toponomastica femminile Quarto convegno nazionale di Livia Capasso 38 L’AMORE E LE DONNE NELLA COMMEDIA Intervista a Elisa Baggiarini di Graziella Bertani 40 LA LEGGENDA DI EDITH PIAF A CENTO ANNI DALLA NASCITA di Alma Daddario 42 ROMA FRINGE FESTIVAL L’ORDA OLIVA / LUDOVICA ANDÒ GUERRIERE-TRE / GIORGIA MAZZUCATO TAXI TEHERAN / JAFAR PANAHI di Elisabetta Colla
05 Versione Santippe di Camilla Ghedini 07 Le idee di Catia Iori 09 Il filo verde di Barbara Bruni 13 Salute BeneComune di Michele Grandolfo 44 Donne&Consumi di Viola Conti 45 Spigolando di Paola Ortensi 46 Leggere l’albero di Bruna Baldassarre 46 Famiglia, sentiamo l’avvocata di Simona Napolitani 47 L’oroscopo di Zoe 48 Poesia Alda Cicognani Dare parola alla notte di Luca Benassi
44 LEGGE 194 A FERRARA Gruppo Salute Donna Udi di Camilla Ghedini
ringraziamo le amiche e gli amici che generosamente questo mese hanno collaborato
Daniela Angelucci Zenab Ataalla Bruna Baldassarre Tiziana Bartolini Luca Benassi Graziella Bertani Barbara Bruni Livia Capasso Cristina Carpinelli
Giancarla Codrignani Elisabetta Colla Viola Conti Erminia Cozza Alma Daddario Stefania Friggeri Cristina Gentile Camilla Ghedini Michele Grandolfo Emanuela Irace Catia Iori Marta Mariani Simona Napolitani Paola Ortensi Massimo Terrile
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LE RIFORME E I POTERI DELLE DONNE
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a riforma del diritto di famiglia (legge 151) e la legge 405 sui consultori familiari sono state due norme fondamentali nel nostro ordinamento per il loro forte impatto innovativo e nel 1975 furono approvate da un Parlamento in cui sedevano venticinque deputate (3,9 %) e sei senatrici (1,9%). Due leggi decisamente a favore delle donne (e dei bambini) che hanno inciso profondamente nella cultura, nell’economia, nelle consuetudini e nei costumi. Infatti non sembrano necessarie revisioni dei loro principi ispiratori, che rimangono di assoluta attualità; mentre occorrono senza dubbio ampliamenti ed estensioni che includano nuovi soggetti e accolgano nuovi diritti. Ed è qui che oggi suonano le dolenti note in un Parlamento che non è ancora ‘pronto’ a legiferare sulle unioni diverse dal matrimonio naturale. Le convivenze omosessuali e le coppie di fatto possono attendere, con buona pace della sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali. Quaranta anni fa furono soprattutto Nilde Iotti, Giglia Tedesco, Franca Falcucci e Maria Eletta Martini - due comuniste e due cattoliche - a volere la riforma del diritto di famiglia, un poderoso articolato di duecentoquaranta articoli che hanno radicalmente modificato la posizione della donna rispetto all’uomo cambiando il Codice civile e dando attuazione ad alcuni articoli della Costituzione. I movimenti e la determinazione delle donne sostennero le poche ma autorevoli elette, alleanza che ha travolto le resistenze di un Parlamento quasi esclusivamente maschile costretto ad approvare un provvedimento che toglieva grande potere agli uomini. Sfogliando NOIDONNE di quegli anni si può rivivere il clima in cui quella riforma maturò. La partecipazione alla vita politica era diffusa e il dibattito, come le polemiche aspre, si nutrivano del rispetto e del riconoscimento reciproco tra i decisori politici e gli attivisti dei partiti e della società civile. Era una sintonia che abbiamo smarrito e che sarebbe utile ricordare. Le grandi riforme non furono determinate dai sondaggi settimanali o dagli umori temporanei, ma dalla lungimiranza e dalla capacità di giocare un ruolo consapevolmente dirigente. E ciascun attore sociale si sentiva chiamato a fare la sua parte. Le parlamentari erano interlocutrici di altre donne che portavano istanze concrete destinate ad incidere nella vita di milioni di persone. Era un paese vivo e organizzato quello che premeva, proponeva e otteneva ascolto. I quaranta anni di una legge importante come la riforma del diritto di famiglia possono essere occasione per ricordare (insieme a chi c’era) e per spiegare (a chi non c’era) i tanti aspetti del come eravamo. Abbiamo preso spunto da un incontro lodevolmente organizzato sul tema a Roma dall’Udi Monteverde, per avviare questa riflessione nel focus del mese. Dai contributi raccolti arriva la conferma che la possibilità di riprendere il filo di un discorso politico condiviso è affidata al buon senso delle donne. E, particolare non trascurabile, ai tanti poteri che in questi decenni le donne hanno conquistato. Tiziana Bartolini
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A PROPOSITO DELLA GRECIA LE OCCASIONI PERDUTE DELLE DONNE ‘POTENTI’
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isognerà che anche noi diciamo qualcosa a margine - le donne sono sempre “al margine” - di ciò che è successo in Europa per la tragedia dei greci (e delle greche) che si è rappresentata a Bruxelles. Le osservazioni che può fare il nostro genere (attente al “gender”, sommerso in questi giorni da incredibili accuse da parte cattolica!) non sono poche: già il fatto che parole come “i greci” - o “gli europei” - stiano a indicare l’intero popolo può essere normale quando la crisi economica, come il terremoto, sconquassa uomini e donne. Ma intanto conferma che non esiste nessuna rappresentanza critica “di genere”, nessuna competenza politica che rappresenti il contributo femminile alla discussione: evidentemente nel 2015 abbiamo fatto passi avanti soltanto nell’essere brave, forse più brave, nelle competenze neutre, come dimostrano Merkel, Lagarde, Mogherini. Potrebbe bastare, non fosse che, in questo caso, l’empowement è rimasto emancipazione e omologazione. Non rispondiamoci che la Merkel non è mai stata femminista: lo sappiamo bene, ma, in quanto alla rappresentanza, ha dimostrato il diritto fem-
QUANDO HANNO IL POTERE DIMENTICANO DI CERCARE IDEE NUOVE NELLA LORO ANTICA CULTURA DI GENERE. PECCATO
di Giancarla Codrignani minile a fare la stessa carriera politica di un uomo, non a contribuire a dare voce propria alle donne quando sono in gioco i problemi della popolazione. Le donne nello Stato subiscono. Più o meno come in famiglia. Più o meno come nel lavoro. E il gioco dell’oca torna alla casella iniziale… Quindi torniamo anche noi dentro la complessa materia di una crisi che non è stata un conflitto fra buoni e cattivi, fra Tsipras e Merkel. Spero che nessuna pensi che si è gridato al lupo mentre il lupo non c’era. I lupi ci sono ancora tutti e hanno i denti pronti a sbranare tutti, soprattutto perché si trovano in una strada senza uscita e non si arrenderanno senza continuare a cercare agnelli da sbranare. Il neo-capitalismo, da quando è diventato più finanziario che economico, procede sulla ben nota strada delle distruzioni e attenta gli equilibri democratici. Tuttavia sta anch’esso collocato dentro l’onda della trasformazione radicale a cui la storia ha pilotato la globalizzazione e ormai gestisce il dominio nel vuoto virtuale e improduttivo dei derivati, delle bad bank e della compravendita perfino dei debiti di paesi insolventi. Come cittadine democratiche e moderne
sappiamo (sappiamo?) che si dovrebbero evitare gli effetti di crisi non volute, per non subirne i dolori. Ripassando la storia europea del secolo scorso vediamo i nessi che collegano i default economici alle due guerre mondiali e a fascismo, nazismo, franquismo, salazarismo, petainismo: forse non dobbiamo perdere l’opportunità di tentare di capire dove va l’Europa. Che è la sola concreta speranza che abbiamo per rendere proficua l’interdipendenza. Se, infatti, l’Europa fosse stata una vera “Unione” avrebbe avuto non solo una moneta unica, ma anche un bilancio unico e una legislazione fiscale unica. E il caso greco non sarebbe mai nato. Se ci sentissimo davvero europei - magari in attesa di diventare cittadini/cittadine del mondo - capiremmo perché la sovranità nazionale - lo dice esplicitamente la Costituzione italiana - deve compiere un passo indietro davanti alla sovranità europea. E capiremmo che è una follia che 28 paesi spendano 28 caterve di miliardi in eserciti nazionali incapaci di reale difesa. Oggi la confusione non è poca e chi “sta a sinistra” si è trovato al fianco di Beppe Grillo,
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Salvini e Melloni; per non citare Le Pen, Farage e Alba Dorata. Intanto le socialdemocrazie del Nord Europa, ormai impossibilitate a far crescere il benessere sociale, hanno ceduto il governano alle destre e assistono alla crescita di strani partiti: in Finlandia i “Veri finlandesi”, in Danimarca il “Partito popolare danese”, in Norvegia il “Partito del progresso” (quello dell’attentatore Breivik), in Svezia i “Democratici svedesi”; mentre nella Germania dei cristiano democratici della vecchia CDU è cresciuta l’Alternative fur Deutschland temuta dalla Merkel e Pegida, il Partito degli Europei contro l’Islamizzazione. È la vecchia lebbra del nazionalismo che, quando i tempi si fanno complessi, si fanno forti della difesa dello “spazio vitale”, dispiegando la grande trappola in cui cadono gli umani istinti egoistici quando si diffondono paure e insicurezze. L’Unione non era un’utopia nemmeno per i fondatori della Lega della Pace e della Libertà che, nel 1867, volevano una federazione repubblicana europea e una Costituzione comune per prevenire le guerre e rappresentare una garanzia di pace fra le nazioni. Se pensiamo al titolo della loro rivista, Les Etats-Unis d’Europe, ci domandiamo perché abbia avuto così poco ascolto la Carta di Ventotene e perché Altiero Spinelli in quel Parlamento europeo eletto nel 1979 con così grandi speranze, si trovò con le mani legate dal prevalere dei poteri decisionali del Consiglio dei capi di governo, quasi una troika, e si dovette educare alla pazienza. Ma i profeti anche se hanno vita dura, restano “i saggi”; il guaio, anche per loro, è quando la saggezza sembra incompatibile. Le donne hanno saggezza secolare, non vorrebbero mai risolvere i problemi con le sfide (e le guerre), non amano i debiti, hanno loro ricette per superare i sacrifici, sanno che la solidarietà è un interesse e non una virtù. Ma quando stanno nelle Università, nelle dirigenze d’impresa, nei partiti, movimenti e governi si ritrovano così imbevute del pensiero unico che dimenticano di cercare idee nuove nella loro antica cultura di genere. Peccato. b
di Camilla Ghedini
C
hissà perché il potere attrae tanto. Anche se non viene definito così, ma col sotto titolo di obiettivo, certe volte si osa fino a ‘bene comune’. Forse perché il ‘potere’ sa di arrivo, ricchezza, onore. Che a pensarci bene, cosa sono se non prigioni? Quando ero piccola ero un’accanita lettrice del settimanale Gente. Ricordo bene che di sabato pomeriggio andavo a comprarlo all’edicola, a piedi, tornavo, mi buttavo sul divano e mi immergevo. Era decisamente filo monarchico, molto concentrato sulle storie del Principato di Monaco e dei reali d’Inghilterra, ma nel mio mondo allora contenuto non me ne rendevo conto. Mi imbattevo nel rigore e nella vedovanza di Carolina, nella trasgressività di Stefany, nell’aplomb del fratello, di cui francamente, al momento in
farlo per uno di famiglia?’. E non entro nel merito delle decisioni politiche che non riguardano ...Santippe. Poi guardo Renzi, che perdonatemi ma a me ricorda tanto Pozzy, neanche Fonzy, l’amico di Ricky Cunningham in Happy Days. Chi lo fa fare a uno di neppure 40 anni di sentirsi tanto ‘potente’ e sicuro da sollecitare un politico di lungo corso come Letta a #staresereno? E mi fermo qui. Il fatto è che il nostro feudo lo abbiamo tutti. Chiunque di noi, in qualsiasi contesto, una fetta di ‘potere’ l’ha. Ma è altrettanto vero che più avanziamo più siamo deboli. Perché il potere rende vulnerabili. Bisogna non avere scheletri nell’armadio, bisogna imparare a vivere centellinando la fiducia verso gli altri, bisogna depauperarsi di autenticità. Perché raggiunto un traguardo bisogna guardare oltre, per arrivare in cima. Poi, quando si è
POTERE E RESPONSABILITÀ cui scrivo, non ricordo il nome. E ancora nella frustrazione di Lady Diana e nell’insulsaggine di Carlo. E già pensavo, allora, ‘porca miseria che brutte vite che fanno, sempre a controllare cosa mangiare, cosa dire, sempre con questi balli di beneficenza....’. E potevo avere 10 anni, ma la sensazione che le foto e gli articoli mi rimandavano era di stanchezza, oppressione. Poi col tempo, con l’adolescenza prima e la maturità poi, ho decifrato. E mi è stato chiaro che già allora, per me, il potere è la più claustrofobica delle gabbie. Ora faccio la giornalista e non leggo più solo Gente.... ma scherzi a parte, il sentimento, l’approccio, è rimasto immutato. Guardo la Merkel e mi chiedo ‘ma chi glielo fa fare di essere sempre sotto l’attenzione di tutti, di assumersi responsabilità per altri Paesi, per interi popoli, quando è già così difficile
arrivati, e si guarda in giù, dall’alto in basso - perché questo è il potere - cosa si vede se non la propria solitudine? Una volta che lo si tocca, il potere, come lo si può esercitare ‘bene’? Come lo si può mantenere accontentando tutti? Perché il mantenimento, implica il consenso, che implica il compromesso. Poi penso a gente come Falcone e Borsellino, che avevano potere, lo hanno esercitato consapevolmente, credendo in quel che facevano e scontentando i ‘più’, sapendo che avrebbero potuto morirne, come è stato, e non sento mai nessuno dire ‘vorrei essere come loro’. Ecco, è questo il punto, non si associa più il potere alla responsabilità che comporta. O lo si fa poco, troppo poco. E così il potere, reali a parte, è diventato uno dei più grandi inganni di cui subiamo il fascino.
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LA CRISI GLOBALE E LA VITA SULLA TERRA
dall’enciclica del papa fino all’appello dei Premi Nobel. difendere il Pianeta, l’ambiente e i poveri Prima che sia troppo tardi di Stefania Friggeri
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io creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. Dio li benedisse e disse loro “siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la Terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla Terra”. Ma che uso ha fatto l’uomo delle ricchezze della natura? Ce lo ha detto papa Francesco durante il secondo incontro mondiale dei movimenti popolari (Bolivia 2013): “la casa comune viene saccheggiata, devastata, umiliata impunemente”, aggiungendo che la codardia nel difenderla è un peccato grave” perché ne segue la morte di milioni di persone, sfruttate economicamente e sottomesse politicamente. No, ormai di fronte alla catastrofe umanitaria del finanzcapitalismo mondiale non basta più l’analisi eurocentrica espressa dalla “dottrina della Chiesa” in risposta all’avanzare delle idee socialiste poiché la crisi ormai è globale e coinvolge la sopravvivenza della vita stessa sulla Terra. Bergoglio non è un marxista ma, di fronte alla cieca avidità di potere che ha portato
l’umanità sull’orlo del baratro, ha ripreso il percorso di Porto Alegre: “La proprietà, in modo particolare quando tocca le risorse naturali, deve essere sempre in funzione dei popoli”. Parole che nella loro semplicità ed evidenza solare amplificano l’eco della riscossa degli indios e di tutti i movimenti latinoamericani che si sono impegnati a difendere madre natura contro gli interessi di forze senza volto, attive nel promuovere un’economia di rapina, indifferenti al degrado ambientale, fondate sul potere, sulla cultura dello scarto. L’idea di mettere in evidenza la connessione tra la crisi climatica, il capitalismo di rapina e le istituzioni finanziarie si era già affermata negli ultimi decenni attraverso l’impegno di migliaia e migliaia di comitati, di associazioni, e la mobilitazione di milioni di militanti di tutte le età, di tutti i continenti, di diverse collocazioni sociali. Un’elaborazione diversificata ed originale di modelli spesso locali e sperimentali, ma convergente sugli obiettivi primari dell’amore per la Terra e la giustizia sociale. Si veda ad esempio, in concomitanza con l’inizio dell’Assemblea sul clima, la grande manifestazione promossa nel settembre 2014 da “350.org”, l’organizzazione di livello mondiale i cui attivisti hanno riempito a milioni le piazze di 188 paesi. Presente anche Naomi Klein che nel suo ultimo libro svolge la tesi secondo cui è impossibile combattere il cambiamento climatico senza sfidare il capitalismo globale. E grande rumore ha suscitato nei primi anni duemila il famoso saggio di Jared Diamond “Collasso; come le società scelgono di morire o vivere”, dove l’autore, attraverso un esame ed un’analisi approfondita, ha cercato di trarre degli insegnamenti per il futuro dell’umanità. Scrive Diamond: “A lungo l’opinione prevalente su queste fini misteriose (della civiltà Maja e dell’isola di Pasqua) ne ha individuato l’origine, almeno in parte, in problemi di tipo ecologico, ovvero nei danni che le società coinvolte hanno
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causato alle risorse naturali da cui dipendevano. Questo sospetto di suicidio ecologico non voluto, o ecocidio, ha trovato conferma in alcune scoperte effettuate negli ultimi decenni… Il rischio di tali tracolli improvvisi di interi gruppi sociali è oggi ragione di preoccupazione crescente: disastri di questo tipo si sono già verificati in Somalia, in Ruanda e in altri paesi del Terzo Mondo”. A Lindau, sul lago di Costanza, si è riunito come ogni anno un nutrito numero di Premi Nobel che hanno concluso il loro incontro lanciando il seguente appello (ne avevano lanciato un altro 60 anni fa per invitare l’umanità a sospendere la produzione di armi nucleari): “La nostra sempre crescente domanda di cibo, acqua ed energia presto supererà la capacità della Terra di poter soddisfare le capacità umane, e porterà ad una completa catastrofe per l’umanità”. E ora si alza la voce di papa Bergoglio che, con l’enciclica “Laudato sì”, chiama l’uomo alla responsabilità di difendere insieme la Terra e i poveri, che sono le prime vittime di una politica di rapina dei beni della natura, della deforestazione, del riscaldamento globale, dell’estinzione selvaggia delle piante e degli animali. Con un linguaggio semplice e diretto Papa Bergoglio lancia severe critiche alla finanza, al mercato divinizzato, all’uso perverso della tecnologia ma non tralascia di parlare anche all’uomo comune cui si rivolge con particolari minuti dal tono pedagogico: “L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza indiretta ed importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili e così via”. Benché i motivi di allarme fossero noti da tempo non v’è dubbio che l’origine argentina di Bergoglio lo abbia reso particolarmente sensibile, rispetto ai suoi predecessori, alla tragedia che incombe sulla “casa comune”. Nei secoli scorsi, quando il progresso scientifico e tecnologico dell’umanità era compatibile con la prosecuzione della vita sulla Terra, la lettura della Bibbia ha contribuito ad avvallare nell’uomo un sentimento di “ubris”, di superiorità e di prepotenza rispetto a tutti gli esseri viventi. Benvenuta dunque questa tardiva resipiscenza da parte della massima autorità del mondo cattolico nel rileggere in modo responsabile il rapporto uomo-natura. L’eco di tante voci, anche molto autorevoli, è rimasto finora inascoltato, ma la voce del papa che si allarga in tutto il mondo forse potrà raggiungere chi è ignorante od indifferente, forse potrà spingere i grandi della Terra ad intervenire. Perché oggi non basta difendere la vita nel ventre materno, oggi occorre difendere le condizioni che rendono possibile la vita sul Pianeta.
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IDEE di Catia Iori
FERMIAMOCI A RIFLETTERE
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a mia dottoressa, professionista inossidabile vocata al suo lavoro, sa che vincere una battaglia non significa vincere la guerra e che ora occorre pensare a evitare le ricadute. Si perché lei che si fa in quattro ogni giorno per sottoporti a ogni esame di controllo preventivo, ci è cascata. E si è trovata sul capo una infausta diagnosi di tumore al seno. Mi chiedo come siano questi mesi di attesa e di incertezza a dialogare con un corpo tarlato. Lei che da sempre si preoccupa di te e della tua ingenua beatitudine ignara... Fermarsi di colpo e precipitare su di sé, nel vortice buio di quella chiazza nera, dopo una vita spesa a rincorrere le altrui diagnosi, sostenendo le depressioni e consultando tutte le alternative possibili. Tutto finito in quel vuoto personale, inghiottito e deflagrato in un Big Bang. È questo l’aspetto positivo, a volerne trovare uno, delle malattie moleste: ti costringono a fermarti nella tua vulnerabile fisicità, ridisegnando scenari nuovi, obbligandoti a “sentire” la tua stessa vita, vedendola scorrere o incepparsi addosso a te. Eppure non è mai stata così bella e consapevole della sua bellezza, la mia amica, proprio perché ora nulla da per scontato o negato. Si veste meglio, si abbiglia con i colori del sole, quelli che le assomigliano di più perché quando un ingranaggio si rompe, non si vuole farlo sapere perché ti fa sentire fragile, esposta, diversa. Spero che non ne esca svuotata ma più forte e consapevole, certa di quella caparbietà tutta femminile che applica a noi pazienti obbligandoci a stare sempre sul pezzo della costante verifica di sintomi e terapie. Poiché sono certa che ne uscirà meglio di prima, sento in cuor mio che questa può essere stata una occasione forte per scendere dalla ruota impazzita del criceto, quella che ti costringe a turni massacranti e che ti impone corse frenetiche al supermercato, incontri sincopati coi professori della figlia, visite continue ai genitori dotati di badante ma pur sempre bisognosi di attenzioni. Finalmente la sopravvivenza ti obbliga a fidarti del tuo corpo, dei tuoi ritmi. Le occorre armonia, una resa totale al buon cibo, al sonno prolungato, a qualche viaggio di piacere. La sua esperienza interpella anche me e mi costringe a chiedermi “sei sicura di stare bene? stai vivendo per te o per gli altri? riesci a valorizzare i tuoi giorni amandone il loro valore?” Guardiamo in faccia la nostra vita è aiutiamola a ripartire, se è il caso, perché non sia un camice bianco a obbligarci a cambiare binari e mete.
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di Massimo Terrile Istituto Italiano di Bioetica www.istitutobioetica.org
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E PRODUZIONE ALIMENTARE Il vegetarismo come stile di vita individuale e la ‘Carta di Milano’
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l tema della sostenibilità ambientale collegato alla produzione di cibo per l’umanità è dibattuto ampliamente da decenni, e la stampa internazionale non fa che riportare annualmente le stime della F.A.O. che avvertono di pericoli ormai incombenti relativi alla scarsità di risorse, quali la terra e l’acqua, nonché all’aumento dell’inquinamento globale, derivante dallo sfruttamento degli animali, per la produzione dei principali nutrienti, in particolare delle proteine. Tuttavia queste sono ricavabili, ed ancor più i sali minerali, le vitamine, e quant’altro necessario ad una sana e corretta alimentazione, dai vegetali. Tanto per fare alcuni esempi, me-
diamente la produzione di 1 kg. di carni (considerando un mix di manzo, pollo e suino), contenente circa 230 gr. di proteine, sufficienti al fabbisogno alimentare specifico per 4,6 persone (in media di 50 gr. pro-capite), richiede 6.700 litri di acqua, 152 m2 di terra, e genera 0,0063 kg. equivalenti di gas serra. La produzione di 1,2 kg. di vegetali (considerando un mix di cereali e legumi), contenenti un’identica quantità di proteine, oltre a molti altri nutrienti, richiede invece circa 1200 litri d’acqua, 6,7 m2 di terra, e genera 0,0025 kg. equivalenti di gas serra. In sintesi, la produzione di vegetali necessari al fabbisogno umano richiede, rispetto alle carni, solo il 18% dell’acqua, il 4,3% della terra, e genera circa il 60% in meno di gas serra! Le terre coltivabili ancora disponibili (escluse quindi le foreste pluviali, necessarie al ricambio dell’atmosfera) sono oggi ridotte a meno di 4 Mio. di K2 (milioni di chilometri quadrati), rispetto ai 15 già coltivati. Continuando col sistema attuale, e considerando che entro il 2050 si prevede che la popolazione globale salirà dagli attuali 7 miliardi a circa 9, entro tale data saranno necessari
NUMEROSI STUDI CONFERMANO CHE LA SOLA VIA D’USCITA PER POTER GARANTIRE ALLE FUTURE GENERAZIONI LA DISPONIBILITÀ DI CIBO È RAPPRESENTATA DAL RICORSO AD ALIMENTI DI ORIGINE VEGETALE
altri 3,8 Km2 di terra. Parallelamente, a causa dell’effetto serra (che genera l’aumento della temperatura globale, lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello del mare), la terra coltivabile perduta sarà pari a quasi 1Mio. diKm2. Già nel 2030, pertanto, non vi sarà più terra coltivabile disponibile, se non distruggendo le foreste pluviali (o ciò che ne resta), con un degrado pressoché irreversibile dell’ecosistema. Per non parlare dell’inquinamento prodotto dai liquami degli allevamenti intensivi e del relativo disastro ambientale. Numerosi studi confermano che la sola via d’uscita per poter garantire alle future generazioni la disponibilità di cibo, senza distruggere l’ecosistema e provocare catastrofi umanitarie per l’accaparramento delle risorse e la riduzione dell’inquinamento, è
NEL 2030 NON VI SARÀ PIÙ TERRA COLTIVABILE DISPONIBILE, SE NON DISTRUGGENDO LE FORESTE l’ambiente si trovarappresentata dal PLUVIALI (O CIÒ CHE NE ricorso ad alimenti RESTA), CON UN DEGRADO no a dover oggi fronIRREVERSIBILE teggiare. Chiunque di origine vegetale. DELL’ECOSISTEMA abbia a cuore i principi Tale scelta potrebbe infatti risolvere il problema della fame nel mondo, obiettivo delle Nazioni Unite per il 2030, grazie a un rapporto energetico di produzione enormemente più favorevole, a una trasportabilità e stoccaggio decisamente meno complessi, ad una riduzione a livelli sostenibili dell’inquinamento, e pertanto ad un costo globale decisamente inferiore, rendendo possibile un’alimentazione più sana ed etica. Tuttavia, i governi dei principali Paesi non pare siano disposti a emanare normative per invertire tale tendenza, e le relative popolazioni pare non desiderino tenere conto di tali aspetti al momento di effettuare le opportune scelte politiche. È pertanto indispensabile rendersi conto il prima possibile di tali realtà, prendendo familiarità con i dati pubblici oggi disponibili e le relative proiezioni negli anni futuri, al fine di poter effettuare quelle scelte individuali e sociali necessarie a realizzare tale cambiamento. Il vegetarismo, pertanto, non è una dieta: è uno stile di vita, un approccio etico, filosofico, esistenziale, economico, al mondo degli altri animali e degli stessi umani. È parte imprescindibile dell’antispecismo, inteso quale atteggiamento che pone sul confine fittizio uomo/ animale quello tra lecito e illecito. Non mangiare gli animali e i loro prodotti è la naturale conseguenza del rispetto loro dovuto. Significa rifiutare alla radice l’atteggiamento predatorio, violento, crudele e ingiusto che è inscindibile dal fatto di sfruttarli e di ucciderli. È quindi nostro intento, nel richiamarci alla fallacia di tali assunti, richiamare l’attenzione sul peso insopportabile che la parte più povera del mondo e
di giustizia e di solidarietà, senza confini di classe, di razza, di specie, non può mostrarsi disinteressato né distratto. Considerando gli innegabili benefici per la salute umana del vegetarismo, seppur secondi rispetto a quelli che tale scelta alimentare può produrre a livello mondiale per la pace e la sicurezza internazionale, e per il rispetto degli animali non umani, e tenendo conto degli scopi che le Nazioni Unite si sono dati, i quali contemplano in primis il raggiungimento ed il mantenimento della pace, della giustizia e del progresso sociale nel mondo, si invitano pertanto i responsabili del progetto ‘Carta di Milano’ a prendere in considerazione che gli obiettivi individuati in tale documento potranno essere raggiunti più velocemente, e con certezza, se la scelta del vegetarismo potrà essere privilegiata in ogni possibile occasione. Movimento Antispecista ww.movimentoantispecista.org e-mail: ma@movimentoantispecista.org
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Il filo verde di Barbara Bruni
AMERICA. CRISI E INQUINAMENTO
Secondo i ricercatori delle università della California e del Maryland, la riduzione delle emissioni di CO2 negli Stati Uniti (-11% tra il 2007 e il 2013) sarebbe dovuta alla crisi economica. Da più parti si era ipotizzato che la contrazione delle emissioni riflettesse il passaggio al gas naturale, invece, con l’uscita dalla recessione e la ripresa della produzione industriale (periodo di riferimento 2014-2015), l’anidride carbonica nel paese torna a salire.
LA STAZIONE METEO PIÙ ALTA D’EUROPA
È stata installata, a 4.700 metri di quota, sulla cima del Monte Bianco la stazione meteorologica più alta d’Europa. L’impianto, posizionato sul versante roccioso italiano, è già operativo e misura: temperatura, umidità, pressione, radiazione solare livello neve, velocità e direzione del vento. I dati raccolti forniranno informazioni utili anche a migliorare la sicurezza in montagna.
LE ZANZARE ANNUSANO
Prima di succhiare il sangue e nutrirsi, le zanzare annusano le loro prede. Lo rivela una ricerca pubblicata su Current Biology secondo la quale le zanzare, anche a 50 metri di distanza, fiutano l’anidride carbonica emessa durante la respirazione dall’essere umano e dagli animali, e da essa vengono attratti. Su distanze minori le zanzare sarebbero attratte anche dal calore.
UN AEROPORTO PER ANIMALI
Piscine a forma di ossa per i cani e un boschetto per gatti che vogliano farsi le unghie contro i tronchi degli alberi, stalle ad aria condizionata per mucche e capre, persino un’area in cui i pinguini possano accoppiarsi: si chiama” L’Arca”, e sarà il primo terminal per animali all’aeroporto JFK di New York. Il progetto - il cui costo si aggira intorno ai 48 milioni di dollari - dovrebbe chiudersi nel 2016. Si è valutato un transito di circa 70mila animali l’anno, tra bestioline domestiche (come cani, gatti e uccellini) ed esemplari d’allevamento (mucche, pecore, capre). Si parla, addirittura, di un resort con suite per cani e gatti che verranno affittate per 50-100 dollari a notte. L’aeroporto sarà dotato anche di una stazione per la quarantena e un ospedale veterinario.
ITALIA. CINQUANTA DISCARICHE NON A NORMA
Secondo i dati Ue, in Italia ci sono ancora 50 discariche non a norma, una delle quali con rifiuti pericolosi. Dopo la multa milionaria per quelle abusive, la Commissione ha deciso di proseguire con la procedura d’infrazione che riguarda i siti operativi che si sarebbero dovuti mettere in regola entro il 2009. Se entro questo mese di settembre non verrà tutto bonificato, l’Italia sarà rinviata davanti alla Corte di Lussemburgo e rischia una un’ennesima multa milionaria.
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L’UDI
VERSO IL CONGRESSO Intervista a Vittoria Tola, responsabile nazionale UDI, in vista di importanti appuntamenti a partire da settembre A cura di Tiziana Bartolini
Il 2015 é un anno particolarmente impegnativo per l’UDI tra settantesimo anniversario dell’associazione, cambio della sede nazionale e riorganizzazione dell’archivio a Roma e, non ultimo, la preparazione del congresso. Abbiamo chiesto a Vittoria Tola, responsabile nazionale Udi, qual è filo conduttore di questi importanti passaggi. Vittoria Tola e Marisa Rodano
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i tratta di un anno indubbiamente molto impegnativo perché le scadenze che richiamavi si sono aggiunte a tutte le questioni strutturali della politica che le donne dell’Udi seguono con grande determinazione come la violenza maschile o l’autodeterminazione delle donne sui temi della procreazione e della salute riproduttiva in un quadro nazionale e locale sempre più difficile. Al seminario nazionale di Napoli sul femminicidio ha fatto seguito il seminario per arrivare a una contrattazione di genere sul lavoro e precariato e su che cosa significa, oggi, guardare al lavoro con un corpo di donna in una realtà che pone ipoteche terribili soprattutto alle giovani donne (articolo pubblicato in NOIDONNE luglio/agosto 2015, ndr). Sulla violenza maschile vediamo che, al di là di tante parole di condivisione politica, questa continua a non trovare (forse non a caso?) risposte
politiche adeguate mentre si è aperto un nuovo fronte con le proposte di riapertura delle ‘case chiuse’ - vedi l’ignobile referendum della Lega - o della legalizzazione della prostituzione come dimostrano diversi progetti di legge in Parlamento. Si tratta di falsificazioni storiche e politiche della legge Merlin, di strade fallimentari, confuse e di lenocinio imprenditoriale e fiscale di Stato, mentre non ci sono politiche adeguate sia sulla tratta sia sull’educazione di genere alla sessualità consapevole né nella scuola (un’altra pessima caratteristica della “buona scuola”) né tanto meno nei mass media, dove continuiamo a vedere pubblicità sessiste degradanti. In questo quadro il settantesimo della Liberazione, del ruolo che vi hanno svolto le donne e la nascita dell’Udi si legano perché sono alla base del diritto di cittadinanza delle donne italiane che se lo sono conquistato con grande forza e determinazione 70 anni fa. Questa conquista è spesso misconosciuta e messa in discussione anche da parte di tanti/e che sono convinti/e che tutto nasca negli ultimi 40 anni. La soggettività politica delle donne dell’Udi ha segnato le iniziative del settantesimo, dove finalmente le donne sono presenti; e si è trattato di un impegno poderoso non solo in centro, ma anche in tante realtà locali che, da oltre un anno, hanno organizzato mostre, dibattiti, spettacoli, costruzione di materiale didattico per i/ le più giovani nelle scuole. Ci sono state anche le ricostruzioni dell’identità delle donne che hanno partecipato ai Gruppi di Difesa delle Donne (GDD), come ha fatto Ravenna. Le biciclettate, come hanno fatto in tante soprattutto il 25 aprile, ma anche documentari, interviste alle protagoniste di allora e di oggi. Uno sforzo storico e documentario molto particolare e fuori da ogni celebrazione, per questo l’impegno per avere una nuova sede e un luogo più adeguato per l’Archivio centrale è fondamentale. Questo conta, come abbiamo visto, con la ricerca sulla Resistenza e sugli stupri di guerra con le “marocchinate” o con quelle che già si annunciano con l’anniversario del diritto di voto alle donne in Italia da cui, non a caso, parte il calendario UDI 2016. Sempre più l’Archivio centrale e gli Archivi dell’Udi sono indispensabili per ricostruire momenti fondanti della storia delle donne in Italia come per la maternità e la sessualità, l’IVG o la violenza e il femminicidio, il lavoro delle donne o del loro ruolo nello stato sociale. Potremmo dire, se dobbiamo sintetizzare, che ciò che unisce tutto questo è il desiderio e la necessità di fare politica e storia delle donne che accompagna, ininterrottamente, l’Udi da 70 anni e il dovere di custodire una memoria collettiva per costruire futuro”.
Quali sono, anche alla luce della tua lunga esperienza politica, le strategie e le priorità che l’Udi affronta in occasione del congresso? Strategia è una parola grossa e nasce da analisi vere, reali e condivise e da queste nascono le priorità. Credo che ognuna di noi, andando a congresso, abbia in testa
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alcuni particolari problemi anche sulla base dell’esperienza fatta e da qui nasce la necessità di discutere approfonditamente con tante altre donne. A me piacerebbe discutere dell’attualità politica del femminismo in un mondo in profonda e radicale trasformazione economica, tecnologica, di potere e della potenza colonizzatrice delle menti e dei desideri che porta con sé. Ma anche del perché ci sia tanta energia femminile e tanta frammentazione in Italia. Il congresso è già una priorità tanto più che vogliamo un congresso aperto a tutte coloro che sono interessate. Non so se ci sono ancora, oltre l’Udi, associazioni di donne che fanno congressi nazionali. È sicuramente un momento e una modalità particolare del confronto politico. Dopo quattro anni dal quindicesimo sono tanti gli ambiti politici in cui il pensiero dell’Udi si è dimostrato forte e manterremo questa centralità anche nel dibattito congressuale a gennaio, passaggi in cui non possiamo non guardare a quanto succede dentro di noi e intorno a noi con la capacità di arrivare a dire parole condivise anche con tante altre femministe con cui abbiamo lotte comuni e confronti aperti e che sono consapevoli del rischio dell’inessenzialità del
pensiero delle donne nel quadro politico attuale. Siamo di fronte a grandi contraddizioni, come dimostra la resistenza delle donne del Kurdistan o dei paesi arabi, le migranti che sono tra le vittime maggiori di guerre, fondamentalismi e povertà che non si arrendono e la forza delle donne occidentali che però fanno fatica a emergere con posizioni non subalterne alle loro classi dirigenti. Noi dobbiamo riflettere sui modi in cui neoliberismo e tutto quello che ne consegue punta ad assimilare ancora una volta molte esigenze e idee delle donne e non trova risposte neanche nella presenza delle donne nelle istituzioni. L’Udi ha fatto del “50E50 ovunque si decide” una bandiera, ma oggi molte si interrogano sulle nuove forme del protagonismo delle donne in politica senza alcuna soggettività differente ed efficace nel dare risposte alla condizione attuale delle e degli altri. Ma anche di quali sono davvero i luoghi dove si decide. Ci sono analisi e ricerche molto interessanti come per esempio la bioeconomia, che è anche biopolitica, ma il pensiero unico non sembra lasciare molti margini e le posizioni politiche delle donne appaiono prese nella morsa o dell’omologazione individuale o della protesta inefficace. ❂
Roma, 16 settembre ore 16.00 Via della Penitenza 35
Inaugurazione della nuova Sede Nazionale dell’UDI e dell’Archivio Centrale
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FESTIVAL DELLA SALUTE
All’insegna dello star bene Dal 24 al 27 settembre 2015 il famoso lungomare di Viareggio ospiterà gli allestimenti del più grande appuntamento italiano dedicato a salute, sanità e benessere giunto all’ottava edizione. Ospiti illustri,convegni, spettacoli, dimostrazioni, check up Informazioni: www.goodlink.it/12/31/eventi/festivaldellasalutereg mail:c.amabile@goodlink.it
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n Festival per stare bene, in salute, in cui la prevenzione è da sempre protagonista come un filo rosso che lega il benessere psicofisico, lo sport, l’educazione, le più grandi innovazioni in ambito sanitario, e ovviamente lo svago e il divertimento”. Gli organizzatori lanciano l’ottava edizione del Festival della Salute, che si terrà dal 24 al 27 settembre a Viareggio, puntando ai grandi numeri a conferma della straordinaria partecipazione registrata nella passata edizione: 100.000 visitatori, 10.000 studenti, 242 ospiti, 270 attività sportive, per bambini, di prevenzione. E ancora: convegni, workshop, dimostrazioni, spettacoli, check up, con oltre 60 espositori ospitati nelle strutture allestite sul bel lungomare cittadino famoso nel mondo per la sfilata del Carnevale. L’evento è il più grande appuntamento italiano dedicato a salute, sanità e benessere, temi che affronta con alto profilo, e con obiettivi divulgativi, scandagliando i tantissimi aspetti che il pianeta salute mette in relazione. Particolarmente denso il programma e ricco di novità, tra cui un’area dedicata al mondo vegan, ragion per cui il VeganOK Network è veg-partner ufficiale. Dal palco permanente “VeganOK
TALK” Renata Balducci, Presidente di Associazione Vegani Italiani Onlus, presenterà approfondimenti su etica, alimentazione, salute, sport, svezzamento e prevenzione dialogando con medici, nutrizionisti, sportivi, professionisti, mondo del volontariato. Non mancheranno molti ospiti d’eccezione e degustazioni di prodotti e specialità vegan. Durante i quattro giorni il Centro Congressi Principe di Piemonte ospiterà vertici istituzionali della Regione Toscana e interlocutori politici nazionali. Anche alla luce dei recenti provvedimenti governativi sono particolarmente attesi gli appuntamenti: ‘Il futuro della sanità italiana’ e ‘La sanità tra crisi e prospettive future’ il cui sottotitolo è ‘Tra pubblico e privato. La razionalizzazione della governance e il miglioramento della qualità delle prestazioni. Quali servizi garantire sulla base delle modifiche normative’. Gran finale domenica pomeriggio. Dopo aver utilmente affrontato dal Palco della Salute ‘Vivere bene, vivere a lungo’, tema sempre attuale, alcuni nomi noti dello spettacolo daranno il loro particolare contributo anche portando il loro punto di vista al talk della domenica pomeriggio giocato sul filo di ‘Salute, bellezza, benessere’. b
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PARTO E PUERPERIO LE LINEE GUIDA NAZIONALI
I Donna e Salute sarà presente al Festival della Salute di Viareggio. Domenica 27 settembre si tiene una tavola rotonda dal titolo “Donna e Salute: l’informazione e la promozione. Terzo settore e nuova progettualità”. Partecipano: Fortunata Dini, Maria Grazia Anatra, Tiziana Bartolini, Silvia Vaccaro, Anna Calvani (AUSER Toscana) e Maria Sandra Mei (Assessora alle politiche sanitarie Comune di Viareggio). L’incontro sarà occasione per presentare il progetto itinerante - ideato da NOIDONNE insieme alle associazioni Woman to be, Salute&Genere e Noidonne TrePuntoZero - e per affrontare i temi della salute da un punto di vista di genere nella dimensione comunale e regionale. La senatrice Manuela Granaiola porterà il suo saluto.
l Piano Nazionale Linee Guida (PNLG), gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), si è occupato del percorso nascita elaborando linee guida per la gravidanza fisiologica e per il taglio cesareo. Si tratta di un contributo importante particolarmente necessario nel nostro Paese perché le indagini epidemiologiche condotte negli ultimi tempi (vedi i Rapporti ISTISAN 11/12: www. iss.it/binary/publ/cont/11_12_web.pdf e 12/39: www.iss.it/binary/ publ/cont/12_39_web.pdf)confermano una tendenza di eccesso di medicalizzazione in totale contrasto con le raccomandazioni e linee guida internazionali (OMS: http://whqlibdoc.who.int/hq/1996/ who_frh_msm_96.24.pdf, NICE: https://www.nice.org.uk/guidance/cg190). Anche le recenti indagini sulla mortalità materna condotte dall’ISS (www.iss.it/binary/moma/cont/AbstractConvegno.pdf) testimoniano l’importanza della riduzione del ricorso particolarmente eccessivo al taglio cesareo. Per completare il quadro è quanto mai urgente che il PNLG sia incaricato di redigere le linee guida per l’intrapartum e il puerperio perché nelle indagini citate sono documentate attività e procedure, molto distanti da quanto raccomandato, che producono danno a breve, medio e lungo periodo e possono configurarsi come mancanza di rispetto e violenza (WHO: https://drive.google.com/ file/d/0B16mck3Dhmn3M0VLRHZZd0xNcHc/view?pli=1) . Oltre ai danni documentati le attività e le procedure non appropriate, che si sostiene giustificate per garantire maggiore sicurezza nonostante le abbondanti e da lungo tempo acquisite evidenze scientifiche che affermano il contrario, rappresentano una gravissima espressione di impedimento dell’espressione di competenza delle mamme e delle persone che nascono, con effetti deleteri anch’essi a breve, media e lunga distanza. È mio parere che la depressione post partum, peraltro con incidenza molto inferiore (meno del 4%) di quanto comunemente riportato (oltre il 15%), sia una conseguenza estrema del disempowerment indotto dalle pratiche di medicalizzazione non raccomandate. È paradossale che tutto ciò avvenga proprio nella circostanza in cui l’investimento in termini di promozione delle competenze avrebbe la massima resa (vedi il citato rapporto ISTISAN 12/39): non è irragionevole affermare che la medicalizzazione del percorso nascita rappresenta la forma primaria di controllo dei corpi, come base delle relazioni sociali di potere e non di cooperazione. L’urgenza delle linee guida intrapartum e puerperio è data anche per porre un freno a proposte assurde come il progetto di legge sull’adozione della fascia del parto in sostituzione della manovra di kristeller, assurda nel metodo (proposta di legge) e nel merito: la manovra di kristeller, mai raccomandata, viene effettuata in seguito alla non progressione del parto. Non progressione dovuta prevalentemente a causa delle pratiche inutili, non raccomandate nella generalità dei casi, come l’induzione, la cardiotocografia in continuo, la posizione litotomica, oltre all’eccesso di rumori, di perone presenti, di luce. Quindi: problema mal posto e soluzione sbagliata.
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DIRITTO DI FAMIGLIA, 40 anni dopo | 1
UNA RIFORMA DIROMPENTE di Erminia Cozza
La legge 151 del 1975 ha rinnovato profondamente la società italiana e la posizione delle donne, alle quali fu riconosciuta parità effettiva e diritti basilari nella famiglia. È utile rileggere quella norma per ricordare come eravamo Le modifiche sul codice e gli effetti della legge 151/1975
Premessa Nella storia ogni società si è data una regolamentazione, anche rudimentale, dei rapporti tra uomo e donna(..), definendo in termini giuridici il vincolo che lega i due soggetti e che da loro si estende ai figli. Nel nostro ordinamento la famiglia emerge quale “soggetto politico”, oltre che sociale, negli anni ’30, quando il regime fascista, nell’individuare un efficace veicolo di trasmissione e accettazione per le nuove generazioni dei principi autoritaristici del regime stesso, propaganderà un preciso modello ideale di famiglia, quale cellula dei principi dell’unità di patria e di garanzia dell’ordine sociale, ponendo in essere il miglior sistema di controllo dei comportamenti privati. (..) Tale modello rimarrà apparentemente identico a se stesso per molti anni, sino a quando non si manifesterà prepotentemente l’insoddisfazione delle vari componenti marito, moglie e gli stessi figli/e - a ridurre tutte le proprie ambizioni e aspirazioni all’interno delle cosiddette mura domestiche. (..)
Il percorso di approvazione della legge 151/1975 è stato, forse, meno travagliato che la legge sul divorzio, ma con effetti sicuramente più dirompenti e innovativi. La nuova formulazione del codice civile fu frutto sia del recepimento di principi normativi fondamentali, tra cui l’art. 2 della Costituzione “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, oltre che il risultato della presa d’atto da parte del legislatore degli intervenuti mutamenti nell’organizzazione e nella struttura della famiglia. Si può affermare senz’altro che questa legge ha fatto nascere tutto il complesso di norme che formano il “diritto di famiglia” come è oggi inteso. Non siamo, però, di fronte ad un gruppo di precetti entro il quale “rinchiudere” la famiglia, o meglio, un’idea funzionale di famiglia, bensì un insieme di norme che sono poste a tutela della famiglia e di ogni componente della stessa considerato come individuo portatore di diritti e di doveri, della funzione interpersonale e sociale della famiglia, della sua missione educativa che oggi, con le ultime novelle, allarga la definizione di famiglia anche a realtà diverse da quelle di cui all’art. 29 comma 1 della Costituzione “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, forse con ciò facendo sorgere l’esigenza di una ridefinizione di famiglia. Alla vecchia legislazione della famiglia prima degli anni ’70, la legge 151 apportò modifiche sostanziali, e dunque ha riconosciuto:
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la naturalità della famiglia; la legittimità della famiglia fondata sul coniugio; l’uguaglianza dei coniugi (temperata dall’esigenza di garanzia dell’unità familiare) e principio del consenso nell’amministrazione del rapporto e dell’educazione dei figli, e dalla potestà paterna (patria potestà) si arriva alla potestà condivisa dei coniugi; la parità di trattamento dei figli; il miglioramento della posizione successoria dei figli e del coniuge; l’allargamento dei presupposti per la separazione (non per colpa, ma per intollerabilità oggettiva della convivenza); la remunerazione del lavoro domestico (artt. 230bis, 143, istituto della comunione legale dei beni, ma anche la rilevanza sotto il profilo della valutazione patrimoniale dell’apporto del lavoro domestico); l’eliminazione dell’istituto dotale (salvo il regime transitorio per le doti costituite anteriormente alla riforma); la solidarietà dei coniugi nel regime patrimoniale per la certezza del traffico giuridico e dei terzi; la tutela integrale della destinazione del fondo patrimoniale. Questo insieme di principi ha avuto, nel corso degli anni, innumerevoli specificazioni e ampliamenti, da parte della dottrina e della giurisprudenza, che hanno effettuato, nel tempo, numerosi ulteriori interventi. Si può, senza tema di smentite, affermare che nell’ambito del diritto di famiglia si è assistito, e si assiste, a un fenomeno abbastanza singolare, se non unico per il nostro ordinamento, ovvero una vera e propria sovrapposizione sulle fonti tecnico-legislative da parte di fonti dottrinali e giurisdizionali attraverso un processo sempre più vicino a quello che accade negli ordinamenti di common law. (..) Sotto la spinta giurisprudenziale il legislatore arranca, tuttavia negli ultimi 40 anni sono stati effettuati importanti interventi.
La legge 54/2006, il concetto di bigenitorialità e l’affido condiviso Va evidenziato che tutte le normative che si sono susseguite, a integrazione e modifica della legge 151/1975, hanno avuto come obiettivo principale la tutela dei figli. Accanto ai numerosi interventi normativi relativi alla filiazione, adottiva e naturale, si può dire che circa dieci anni fa, il legislatore, ha operato una nuova rivoluzione, con il dettato della legge 54/2006, ancorché in ragione e nell’ottica della “crisi familiare”, sia dal punto di vista sostanziale che processuale, attuando quella che è stata definita “la riforma
Il testo che pubblichiamo è stato estrapolato dall’intervento dell’avvocata Erminia Cozza, del gruppo Donne-Giustizia, al Convegno dell’Udi Monteverde (Roma) dal titolo Dall’‘io’ al ‘noi’. 1975-2015 le radici della nuova famiglia, organizzato il 19 maggio scorso. La versione integrale del testo è pubblicata in http://www.noidonne.org/blog.php?ID=06398 Il testo integrale della legge 151/75 si può trovare in http://www.noidonne.org/files/ allegati/OK_151_1975.pdf
più importante del diritto di famiglia dopo quella del 1975 ”. Tra le principali innovazioni va annoverato sicuramente il nuovo art. 155 del Codice civile, intitolato “Provvedimenti riguardo ai figli” che, nel ribadire il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere da entrambi cura, educazione ed istruzione, ha confermato l’interesse morale e materiale della prole come il “criterio guida”che il giudice deve seguire nell’adottare i provvedimenti relativi ad essa. Con la legge le legge 54/2006 si formalizza e si norma il concetto della indispensabilità della ‘bigenitorialità’, ossia il diritto dei figli di mantenere gli stessi rapporti con la madre e con il padre anche dopo la loro separazione, sulla base dell’incontestabile verità che si resta genitori per tutta la vita, nonostante il venir meno del vincolo matrimoniale. (..)
La tutela dello status di figlio (..) Attualmente il quadro normativo è radicalmente mutato con l’entrata in vigore della legge 10.12.2012, n. 219, che detta le disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, cui ha fatto seguito il d.lgs. 28.12.2013, n. 154, entrato in vigore a decorrere dal 7.02.2014. (..) L’intervento di riforma ha voluto affermare l’unicità dello stato di figlio; introdurre disposizioni circa l’ascolto del minore; prevedere nuove norme in tema di rapporto del minore con gli ascendenti, puntualizzare la nozione di stato di abbandono, prevedere la segnalazione di situazioni di disagio alle competenti autorità amministrative. Con l’intento di evitare che condotte colpevoli dei genitori si traducessero in trattamenti deteriori per il minore, si è ampliata la possibilità di riconoscimento - già introdotta, pur con significative limitazioni, dalla legge 151/1975 - dei figli nati da un’unione incestuosa, sempre che il riconoscimento risponda al superiore interesse del figlio. (..)
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DIRITTO DI FAMIGLIA, 40 anni dopo | 2
VIVA LA LIBERTà MA NON TORNIAMO INDIETRO a cura di Tiziana Bartolini
Hela Mascia, esperta di diritto, nel 1975 con il collettivo femminista del Pompeo Magno contestava la riforma. Oggi ne riconosce la validità ma avverte: attenzione alle nuove schiavitù per le donne. Quali? L’utero in affitto, per esempio
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l nuovo diritto di famiglia (legge 151 del 1975) ha modificato in modo sostanziale la posizione della donna nella società, riconoscendole diritti fondamentali sul piano giuridico. La società degli anni Settanta era pronta alla riforma e il legislatore prese atto delle mutazioni avvenute. Hela Mascia all’epoca era una giovane femminista impegnata nel movimento che nelle piazze lottava per cambiare la società italiana. Come ricordi quel periodo? È stato un periodo tumultuoso e ricco di stimoli che hanno cambiato innanzitutto noi donne. Sulla riforma del Diritto di Famiglia al Collettivo del Pompeo Magno (la sede a Roma del movimento femminista, ndr) si riuniva il martedì il Collettivo giuridico di cui facevo parte, per leggere, articolo per articolo, il disegno di legge in discussione. In Parlamento fioccavano, in verità, più critiche che consensi alle varie proposte dei partiti, a nostro parere troppo poco rispettose della libertà femminile. Il concetto di fondo che ci guidava nelle nostre analisi era il superamento della separazione fra “il personale ed il politico”. Con il senno di poi possiamo dire che il nuovo diritto di famiglia ha rappresentato un tentativo riuscito di superamento di quel modus operandi che fino ad allora la legge aveva codificato, obbligando le donne a scegliere tra felicità privata e giustizia pubblica. Che cosa è accaduto in questi quaranta anni? Le distanze fra i sessi si sono accorciate, anche se viviamo un periodo storico sospeso fra un futuro che a volte ci sembra vicino e, a volte, assume forme diverse, ma contenuti simili al passato. Mi riferisco alla crisi istituzionale creata dallo Stato quando interviene nella sfera privata e legifera pesantemente sulle scelte dei cittadini. Nel campo della salute alcuni provvedimenti come il divieto del fumo o il divieto della procreazione eterologa sono alcu-
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ni degli esempi più noti di ingerenza pubblica. Oppure il divieto di decidere della propria vita attraverso un testamento biologico. Ma altri episodi potrebbero indicare che la separazione fra personale e politico sia destinata a finire. Se quaranta anni fa si parlava di diritto di famiglia, oggi il Parlamento è chiamato a legiferare sui diritti delle famiglie. C’è quindi una pluralità di soggetti (e di realtà differenti) che chiedono il riconoscimento di altri diritti. La politica non sembra ancora pronta ad accogliere queste istanze. È moralismo, prudenza ...oppure? Il nuovo diritto di famiglia aveva dei principi semplici ma rivoluzionari da attuare tra cui non dimentichiamo quello che ha segnato un discrimine nei rapporti fra uomini e donne: il riconoscimento dei figli senza distinzione fra quelli nati dentro e fuori il matrimonio. Si superò, cioè, la distinzione tra i figli legittimi perché nati dentro il matrimonio e figli illegittimi perché nati fuori dal matrimonio. Se solo pensiamo alla letteratura fiorita nei secoli sulle storie dei figli “bastardi” e le lotte perse dalle madri per ottenere dai padri il loro riconoscimento, solo questo fatto segna un passo avanti che quaranta anni fa fu condiviso da tutta la società. Oggi quella che tu indichi come pluralità dei soggetti che chiedono il riconoscimento dei diritti delle famiglie diverse da quella tradizionale sono gli omosessuali, che vogliono riconosciuto il matrimonio ed i seguenti diritti civili (diritto alla pensione, alla capacità di ereditare, ecc.). Giuridicamente è difficile non riconoscere la validità di tale pretesa in presenza del pagamento delle tasse da parte dei cittadini. Anche la possibilità di adozione da parte degli omosessuali è un diritto che va riconosciuto in linea di massima. Ciò che trovo insostenibile, guardando l’esperienza dei paesi anglosassoni e scandinavi che hanno già adottato leggi a favore dell’adozione, è la pratica sconsiderata dell’utero in affitto da parte di omosessuali maschi che vogliono a tutti i costi “vivere la genitorialità” affittando uteri da donne che sono, o sarebbero, probabilmente donne povere. Molte volte ho considerato la fretta con cui in nome della modernità i paesi anglosassoni, così ciechi nella loro concretezza, si sono imbarcati in riconoscimenti di diritti che poi hanno creato solo danni. Mi riferisco al periodo a noi vicino in cui con grande leggerezza si sono messi da parte ovuli, sperma e quant’altro dando luogo a situazioni e problemi di rilevanza sociale cui, poi, la stessa legge non è stata in grado di dare risposte o soluzioni. Un esempio: il rischio, a causa dell’uso della banca del seme, di un incontro fra un fratello o una sorella e di avere un figlio. Oppure soggetti mentalmente malati che si sono improvvisati pluridonatori, donatrici di utero a più soggetti oppure dopo la nascita trasformatisi in ricattatrici… e potrei continuare per portare acqua al mulino della prudenza in un campo delicatissimo che riguarda esseri umani da far nascere. Non so perché, ma rispetto alla conquista di quaranta anni fa del riconoscimento dei figli senza distinzione fra nati dentro e fuori il matrimonio, alcune fantasiose aspirazioni a riconoscimenti di diritti come la genitorialità da parte di un sesso che non può generare non mi sembra una conquista, ma un passo indietro verso una nuova forma di schiavitù della donna.
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QUANDO È UNA LEGGE A FARE LA RIVOLUZIONE a cura di Tiziana Bartolini
Per le donne che lavoravano nelle imprese familiari senza riconoscimenti, soprattutto nell’agricoltura, la legge 151 del 1975 fu un cambiamento epocale. Il ricordo e le riflessioni di Paola Ortensi
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l mondo dell’agricoltura ha dato un contributo decisivo al dibattito e alla definizione dei principi, diventati poi norma, che hanno mutato profondamente la società italiana. La riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975) è stato per le donne lo strumento di riscatto dalla condizione di subalternità formale e giuridica in cui vivevano nelle aziende di famiglia. Negli anni Settanta Paola Ortensi era responsabile femminile della Federazione del Partito comunista di Latina, una provincia dove l’agricoltura e le sue donne avevano un peso enorme ed è passata poi ad occuparsi delle donne delle campagne. Le abbiamo chiesto un ricordo di quella fase dal suo specifico punto di vista. “Al culmine di anni di dibattiti parlamentari, elaborazioni, manifestazioni e grande protagonismo femminile, nel maggio del 1975 il Senato approvava in lettura definitiva la legge 151, un corpus di 240 articoli che modificavano profondamente il Codice Civile rispetto alle regole della famiglia, appunto. La legge, di fatto, riconosceva ‘la dignità’ e ‘la responsabilità’ della donna superando quello che fino a quel momento era stato un ruolo riconosciuto e codificato di sua completa sottomissione al potere maschile rispetto ai diritti propri, dei figli e delle scelte familiari. Un articolo come questo ‘Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri’ costituiva la nuova spina dorsale dell’idea di famiglia, un principio che comportava logiche conseguenze. Solo per citarne alcune: l’eliminazione della patria potestà, obbligo di concordare la residenza della famiglia secondo le esigenze dei coniugi, istituzione della comunione dei beni, il passaggio dal concetto di usufrutto al 4continua a pag. 18
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diritto di eredità di metà del patrimonio”. Insomma una rivoluzione. “È stata una legge importantissima anche per il cambiamento culturale che ha messo in moto”. Ci interessa mettere a fuoco l’impatto nel mondo del lavoro, nello specifico dell’impresa agricola familiare. “Per comprendere l’importanza dell’impatto dei cambiamenti nel mondo agricolo e poi dell’artigianato e del commercio, vanno sottolineati alcuni antefatti che danno il senso e il valore alla norma. Già nei primi anni ‘60 nell’Alleanza dei contadini, organizzazione contadina di sinistra, in particolare per merito di intellettuali e dirigenti come Emilio Sereni, Ruggero Grieco, (che ha scritto anche ripetutamente su Noi Donne) o di Alessandro De Feo, si aprì un approfondito dibattito sulla famiglia/impresa contadina. L’argomento principe partiva dalla donna e dall’esigenza di riconoscerne concretamente ruolo e funzione sociale ed economica. Il confronto portò nel 1964 ad una proposta di legge presentata da Emilio Sereni, che proponeva di “organizzare”, appunto, l’impresa familiare come luogo contemporaneamente di affetti e di interessi economici. Di fatto si aprì la strada ad una proposta, inedita per quel tempo, di parità per le donne delle campagne. I temi che l’Alleanza sostenne, con dovizia di elaborazioni di alto livello, erano presumibilmente troppo avanzati, sia per il tempo in cui maturavano rispetto al dibattito femminile in particolare legato alle contadine, sia rispetto alla considerazione minima che la società civile e politica aveva per il ruolo dell’agricoltura”. Era l’Italia del boom economico legato all’industrializzazione e dell’abbandono delle campagne…. “Ricordo una frase dell’epoca che rende bene il sentimento delle donne della terra: ‘siamo donne, lavoratrici e contadine, siamo la sintesi massima delle difficoltà’. Ciononostante, la giustezza e la forza della tematica aprì un confronto che andò avanti e coinvolse anche la Coltivatori diretti, forte organizzazione che a quel tempo contava anche su decine di parlamentari. La questione si dimostrò assai complessa perché, se parlava di famiglia, parlava anche di impresa, di interessi e gestione dell’impresa identificata in una famiglia allargata al di là del semplice nucleo di marito, moglie e figli. La famiglia patriarcale cercava di affrontare un salto di qualità che ‘giovava’ in modo speciale alla donna-moglie e non solo, anche se è ovvio che la norma parli sempre di coniuge o familiare”. Quindi ci furono molte resistenze. “Proprio la sua modernità rese impossibile che una legge su tale materia potesse essere approvata e, per sintesi massima, si arrivò al nobile compromesso di immettere il tema, sintetizzato, in un articolo (l’89) del nuovo diritto di Famiglia, divenuto 230 bis del Codice civile, in cui viene riconosciuto il ‘diritto al mantenimento’ per il familiare che ‘presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare e par-
tecipa agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati..’ accanto all’esplicita dichiarazione che ‘il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo’, un passo avanti gigantesco!”. Soprattutto se consideriamo che dal tempo della legge Serpieri negli anni Trenta era accettato l’assunto secondo cui il lavoro delle donne e dei bambini valeva molto meno rispetto a quello degli uomini. “Da subito si capirono anche i limiti, perché all’affermazione del principio dovevano necessariamente seguire norme attuative. Non mancarono i dissensi come quello della Confagricoltura, che non si riconosceva nell’impresa contadina, ma l’impatto fu importante anche nelle imprese artigiane e del commercio. L’impresa familiare ebbe poi un ‘riconoscimento giuridico’ importante quando, anni dopo, la legge 203 per la trasformazione della mezzadria in affitto obbligò che le domande di trasformazione fossero firmate da tutti i componenti della famiglia/impresa”. Consideri l’impianto normativo della legge 151 ancora adeguato all’attuale situazione delle imprese agricole italiane? “Molto è cambiato e quelle agricole sono imprese complesse in cui le donne sono divenute capo azienda, imprenditrici, coimprenditrici di valore, sono state protagoniste di un’evoluzione straordinaria. Quella legge, o meglio quell’articolo 230 bis, è ormai datato e non risponde più alle nuove esigenze, credo che la norma andrebbe rivista ma senza tradirne lo spirito innovatore”. Puoi fare qualche esempio per far comprendere il senso di questa osservazione? “Ai tempi della legge 151 l’apporto delle donne era calcolato sulla base anche dell’impegno casalingo, per quanto ‘la casa famiglia’ fosse fattore di produzione dell’azienda stessa. Oggi si parla di multifunzionalità dell’agricoltura, di mercato, di esportazione, di innovazione, di compatibilità ambientale, di biodiversità. Ci sono anche nuovi soggetti sociali impegnati per un’agricoltura organizzata e moderna. Forse bisognerebbe ripartire dall’impresa familiare per fare il punto su quanto è cambiato in quaranta anni in modo che questo ‘compleanno’ non sia una celebrazione ma occasione di nuove riflessioni”. Ha ragione Paola, il contesto in quattro decenni è mutato completamente, da qualsiasi angolazione lo si osservi e, mai come in questa occasione, un traguardo può diventare sfida per un futuro in cui le donne in particolare, e le persone in generale, sono e saranno presenza imprescindibile e condizione di ogni prodotto di qualità.
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DAL MATRIMONIO ALLA SOLIDARIETÀ AFFETTIVA di Marta Mariani
La politica ignora le unioni variamente composte e anche l’Europa sollecita l’Italia a riconoscere le coppie di fatto e omosessuali
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arlare del diritto di famiglia significa fare riferimento a quell’insieme di norme tese a disciplinare: il matrimonio, il rapporto fra i coniugi, la filiazione e l’adozione. Si tratta di diritti certamente imperniati sull’istituzione del matrimonio, contenuti nel Codice Civile e scanditi in 14 titoli sostanzialmente rimaneggiati dopo l’importantissima riforma del ‘75. D’altra parte, per quanto illuminato, il corpus giuridico della riforma del ‘75 è per molti versi datato poiché si focalizza esclusivamente sulla famiglia “legittima”, risultando così obsoleta per ciò che concerne le famiglie “di fatto”, ovvero quelle unioni costituite da persone che, pur non essendo sposate, convivono e/o assolvono ruoli genitoriali. Se partiamo dall’idea che l’istituto della famiglia debba soddisfare bisogni fondamentali dell’individuo quali il completamento della sua personalità, la scelta di un compagno di vita, la procreazione e la socializzazione della prole, possiamo osservare che il diritto italiano ha ancora numerose carenze cui rimediare. Lo stesso Paolo Ungari, intellettuale, deputato, socialista, ed autore del classico “Storia del diritto di famiglia in Italia (17961942)”, nella premessa al suo testo, edito proprio a metà degli anni Settanta, scriveva: “alla nostra cultura delle riforme manca tuttora il retroterra di una chiara analisi della realtà storica della famiglia italiana”. Il diritto di famiglia, dunque, come elemento di frontiera tra diritto statale e diritto sociale, sembra ad oggi incapace di tutelare coppie ed unioni nuove. Esso, infatti, è decisamente debole nella garanzia e nella difesa dei singoli individui, quindi, di quegli interessi che attengono più strettamente alla natura “privata” della persona. Si può persino dire che, in questo senso, il diritto di famiglia italiano si àncori troppo semplicisticamente alla cultura romana arcaica e alle antiche sentenze delle autorità latine: pensiamo
a Cicerone (“familia est principium Urbis et quasi seminarium rei publicae”, “la famiglia è la base della civiltà e quasi il semenzaio della repubblica”), o a Giustiniano (“matrimonium est viri et mulieris coniunctio”, “il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna”). Le modifiche apportate al diritto di famiglia sono adeguamenti inadatti a ripensare (o addirittura integrare) modelli familiari e formazioni sociali nuove, basate su una evidente “solidarietà affettiva”, prima ancora che su orientamenti diversi dal modello eterosessuale. Attualmente, insomma, il mancato riconoscimento da parte della legge italiana, di questa importantissima “solidarietà affettiva”, impedisce a coppie di fatto, coppie omosessuali, coppie con diverse nazionalità e religioni, famiglie monogenitoriali, famiglie surrogate, e famiglie omogenitoriali, di vedere tutelati e ratificati sia i loro diritti, sia i loro interessi (comunque in piena sintonia - per dirla con Cicerone - con i bisogni civili della Repubblica). Dal punto di vista antropologico, peraltro, come ben sapeva Herbert Spencer già in pieno Ottocento, il concetto di famiglia non è così determinato come generalmente si crede, ed anzi offre ben poche immutabili certezze al pensiero comune. Basti vedere, oggi, le forti differenze che sussistono tra: famiglie patriarcali e matriarcali, nucleari e poligonali, occidentali e non occidentali. Anche per queste ragioni, la Corte Europea ha di recente sollecitato l’Italia al riconoscimento legale delle unioni di fatto e delle coppie omosessuali. A queste sollecitazioni, inoltre, hanno fatto seguito le ultime promesse del Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che, qualora non disattese, rappresenterebbero una fortissima novità nell’orizzonte dell’attuale diritto di famiglia italiano.
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LA NUOVA FARMACIA TRA SALUTE E BENESSERE Cosmesi, Medicina Omeopatica, Fitofarmacia, Ausili sanitari e marketing
Fornire al farmacista aggiornamenti in campo sanitario, cosmetico, omeopatico e fitoterapico accanto ad approfondimenti delle conoscenze tecnico-professionali necessarie per operare con la massima competenza nella moderna farmacia. Questi sono gli obiettivi formativi del Master di II Livello in “La nuova farmacia tra salute e benessere”, che ha anche lo scopo di costruire un profilo professionale adatto a far fronte ai mutamenti del settore mediante l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali da affiancarsi alle competenze già acquisite nel corso di laurea. Il master è rivolto a neolaureati, titolari e collaboratori di farmacia, che potranno seguire l’intero percorso oppure soltanto singoli moduli.
Il Piano didattico, con durata annuale, è articolato in 4 moduli (Prodotti cosmetici; Medicinali omeopatici e prodotti per la medicina complementare; Fitofarmacia: Botanicals e moderna fitoterapia; Area sanitari e marketing sanitari) e le attività didattiche prevedono: lezioni frontali in aula, esercitazioni, seminari, lezioni fuori sede, visite in aziende e tavole rotonde di approfondimento. Il percorso formativo è completato da un tirocinio di 14 CFU (350 ore) presso enti e aziende convenzionate.
La prova finale per il conseguimento del Master consisterà nell’elaborazione da parte di ogni allievo di una tesi, relativa all’approfondimento di un argomento oggetto di insegnamento sviluppato durante il periodo di tirocinio, che verrà discussa dinanzi ad una apposita Commissione di docenti del Corso di Master. Le domande di ammissione possono essere presentate dal 31/07/2015 al 30/10/2015.
Con la collaborazione e assistenza del Provider:
UNIVERSITÀ DI PISA
www.farm.unipi.it
LE QUERCIOLE Service & Commerciale e srl srll Settore CORSI E FORMAZIONE www.centrolequerciole.it
Il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa Vi invita a partecipare:
Durata e tempi Il Master ha durata annuale: le attività didattiche si svolgeranno da dicembre 2015 a luglio 2016
nuovo Master universitario di 2° livello
Numero allievi ordinari e uditori Il numero degli studenti partecipanti è compreso fra un minimo di 15 ed un massimo di 25
“LA NUOVA FARMACIA TRA SALUTE E BENESSERE”
Sede del Master Il corso si terrà presso il Dipartimento di Farmacia Via Bonanno, 6 e presso il Polo Etruria Via Diotisalvi 5
part-time (venerdì pomeriggio e sabato)
Cosmesi, Medicina Omeopatica, Fitofarmacia, Ausili sanitari e marketing (attivo nell’a.a. 2015/2016)
Iscrizioni a partire dal 31 luglio 2015 fino al 31 ottobre 2015, inizio del Corso dicembre 2015 termine lezioni frontali luglio 2016, per dettagli http://masterfsb.farm.unipi.it/
Piano didattico Modulo 1: Prodotti cosmetici (12 crediti formativi universitari)
Modulo 2: Medicinali omeopatici e prodotti per la medicina complementare (5 crediti formativi universitari)
Modulo 3: Fitofarmacia: Botanicals e moderna fitoterapia (15 crediti formativi universitari)
Modulo 4: Area sanitari e marketing sanitari (11 crediti formativi universitari)
Informazioni e coordinamento: Unità Didattica del Dipartimento di Farmacia - Dott. Sandro Bernacchi - Via Bonanno 25/b - Telefono: 0502219503 - Email: sandro.bernacchi@farm.unipi.it
REDAZIONALE
Master di II Livello
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UN VIAGGIO ALLA RADICE DEI VALORI COMUNI di Tiziana Bartolini
Una proposta di turismo responsabile per unire al piacere del viaggio la conoscenza delle persone e dello spirito dei luoghi e delle culture. Per una nuova ripartenza verso il meglio di sé e del mondo Circa quaranta anni fa ha lasciato un posto fisso in una importante compagnia di assicurazioni e ha tramutato in lavoro la sua passione di conoscere luoghi e genti. “Ho tenuto duro, ignorando le critiche della mia famiglia, e ho studiato molto. Ma sono riuscita nel mio obiettivo: conoscere il nostro Pianeta e soprattutto le persone che lo abitano”. Anna Di Leo è in una fase della vita in cui potrebbe ‘tirare i remi in barca’ e godersi la pensione, ma il lavoro è parte imprescindibile della sua esistenza. La passione è la stessa molla che la motiva, oggi, nel proporre una particolare modalità in cui pensare e vivere il viaggio e che le fa citare, in un promettente intreccio, i classici greci e l’orario dei voli, il fascino di luoghi e genti e il contenimento dei costi. “Intendo promuovere un turismo responsabile, cioè che permetta una crescita della sensibilità e della cultura del viaggiatore e della viaggiatrice - dice Anna, e spiega gli obiettivi che si pone -. L’idea è quella di promuovere, riscoprire, ridare importanza a dei valori che sono fondanti per la nostra civiltà, valori universali che possono aiutarci, se condivisi, a superare la difficile fase che attraversiamo. Le persone possono parlare un’altra lingua o professare una differente religione ma, guardando con occhi benevoli, in ogni luogo troviamo fratelli, amici, colleghi. Ed allora cosa vuol dire ‘sono italiano o del Burundi’ quando il sorriso,
l’affetto per i propri cari, il desiderio di conoscere e tanto altro ancora sono gli stessi che proviamo anche noi? Quando finiremo di fare della diversità un elemento da manipolare e travisare al solo fine di distruggere e distruggersi? Viaggiare mi ha permesso di cogliere un’importante verità: la differenza è il fondamento di tutto ciò che è umano e l’amore è l’annullamento di ogni differenza”.
Lei parla di valori, ma - scusi - in quanto agente di viaggi il suo scopo dovrebbe essere quello di seguire ‘il mercato’, che oggi per varie ragioni tende alla velocità e al consumo superficiale. Può spiegare più nel dettaglio? È vero, oggi il mercato suggerisce ed offre “il mordi e fuggi”, ma cosa rimane se al termine del viaggio non ricordiamo i luoghi, le persone, le nostre sensazioni? Il viaggio è un sogno. Come dice la favola è un desiderio, ed i desideri si realizzano sempre, se voluti con determinazione.
Come ha tradotto queste idee in proposte di viaggio? La conoscenza del passato e del presente di ogni Paese sarà la leva su cui sollevare in senso filosofico un futuro più vivibile per tutti. Comincio dalle origini italiche con Troia, la città di Enea e con Istanbul, sorella di Roma. La partenza è fissata per il 29 ottobre (informazioni: www.quicklytouroperator.eu e http://viaggiamoperconoscere.blogspot.it/). A metà tra due mondi, crocevia di popoli, Istanbul racchiude in se stessa tutta l’energia e la dinamicità che caratterizzano le antiche città portuali. Lo stretto del Bosforo divide la parte europea da quella asiatica consentendoci di assistere ad una straordinaria compresenza. Da protagonisti delle storie di “Le mille e una Notte” a testimoni della magnifica architettura lasciata in eredità dalle conquiste dell’Impero romano, la magia che avvolge questa terra ci rende complici di un’universale armonia. Durante questo viaggio, percorso conoscitivo del sé e dell’altro, avremo modo di sperimentare anche un ritorno alle origini di grande impatto, all’antica Troia, dove sono radicati tutti quei valori di cui il nostro popolo italico si fa portatore: onestà intellettuale, senso del
dovere e principio di responsabilità. Verremo pervasi da quell’antico spirito che muoveva i grandi eroi greci, proprio su quella terra e, tornando, ci sembrerà di essere stati contaminati da quella stessa forza che ottiene vita dal bene. v
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TALENTI DA PREMIARE L’agricoltura non può fare a meno di loro. Un riconoscimento più che meritato di Tiziana Bartolini
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bbiamo voluto portare a Expo l’agricoltura delle donne”. Mara Longhin, presidente di Donne in Campo-Cia, parla a margine della manifestazione dal titolo ‘Il talento delle nostre imprenditrici’ (25 luglio, Spazio ‘Me and we-women for Expo’ del Padiglione Italia) che ha convocato le aderenti all’associazione per una premiazione alla presenza dell’On Susanna Cenni e di Cinzia Pagni, vicepresidente Cia. Da tutta Italia hanno portato a Milano le loro esperienze, tradizioni, esperimenti; hanno parlato dei problemi ma anche della passione e del rispetto per la terra e per la natura. “È uno spaccato dell’agricoltura del presente e del futuro che conferma ogni giorno capacità di produrre reddito e di saper innovare - sottolinea Longhin -. Il nostro è un settore molto in crisi e, an-
che se è sempre stato duro far quadrare i conti, oggi a quelli atmosferici si aggiungo altri fattori di rischio collegati all’economia mondiale, rischi che bisogna saper gestire. Le donne hanno una marcia in più, riescono a leggere i cambiamenti e a trovare soluzioni adeguate”. Donne in Campo ha colto l’occasione di Expo 2015 per valorizzare questo patrimonio, che è professionale e umano al tempo stesso, con un evento che ha parlato orgogliosamente all’associazione ma che ha oltrepassato i propri confini.
LE IMPRENDITRICI SI RACCONTANO
Di alcune tra le imprenditrici premiate NOIDONNE ha già parlato; di seguito riportiamo i ritratti di alcune di loro, rinviando ai prossimi numeri il piacere di conoscere le altre.
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PROTAGONISTE DEL PRESENTE E DEL FUTURO
FIORELLA MORTILLARO Azienda agricola ‘Lucca Sicula’ (Agrigento) L’OLIO: IL BIOLOGICO COME FATTORE VINCENTE “La nostra storia inizia con mio papà che, dopo la morte di suo padre, lascia l’università e decide di prendere in mano l’azienda. Da là parte anche l’idea di un ponte tra la produzione e la trasformazione; così nasce il frantoio, che lavora anche per conto terzi. Il nostro è un olio monovarietale bianco-lilla e l’azienda, da quindici anni biologica, si trova nella Riserva naturale Orientata Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio (400/700 mt slm), siamo a circa 70 km dalla Valle dei Templi di Agrigento (mail: oleificio.gm3@tiscali.it). Il nostro frantoio dieci anni fa è nato subito biologico e abbiamo fatto una grandissima lotta per far comprendere ai nostri produttori l’importanza di questa scelta. Fa parte di un consorzio e lavoriamo in una filiera che per il produttore è garanzia di qualità. Sono Presidente nazionale del Gruppo di interesse economico olivicolo di Cia, soggetto che svolge un ruolo di collegamento tra le problematiche di settore e i produttori. Colgo l’occasione della presenza dell’On Susanna Cenni per dire che è molto difficile per noi portare sui nostri scaffali un litro d’olio, però è molto facile trovare sui nostri scaffali un litro d’olio proveniente dall’UE. Faccio anche un invito a chi fa la spesa: controllate bene il fronte e il retro dell’etichetta, dove è scritta la provenienza delle olive e del confezionamento e sappiate che a tutela della qualità in Italia non sono usati alcuni concimi e fitofarmaci”. Videointervista: http://www.noidonne.org/videogallerydettaglio.php?ID=0251
Nella cornice di Expo 2015, Donne in Campo ha premiato le imprenditrici di successo. Una manifestazione dal titolo ‘Il talento delle nostre imprenditrici’ si è tenuta la mattina del 25 luglio scorso nello Spazio ‘Me and we-women for Expo’ del Padiglione Italia. L’on Susanna Cenni ha consegnato una targa a sedici imprenditrici arrivate da tutta Italia, quale riconoscimento del loro impegno e della loro capacità di intraprendere nel rispetto dei valori dell’associazione. BARBARA FIDANZA azienda agricola biologica ‘Il Germoglio’ (LIGURIA) PINA TERENZI azienda vinicola ‘Terenzi’ (LAZIO) LEA LUZI azienda agricola ‘Monterosso’ (MARCHE) VALERIA GALLESE azienda ‘Lanaquilana’ (ABRUZZO) ROSSELLA DI NISIO azienda agricola ‘Le nostre radici’ (ABRUZZO) SONIA LONGHIN azienda ‘La Vaccheria’ (VENETO)
SANDRA ARNEODO azienda ‘Fattoria dell’aglio’ (PIEMONTE) SOFIA MONTORFANO azienda agricola ‘San Damiano’ (LOMBARDIA) BEATRICE ARRIGONI azienda agricola ‘Beatrice Arrigoni’ (LOMBARDIA) CLAUDIA CASAGRANDE azienda agricola ‘G.A. Manci’ (TRENTINO) PAOLA CORRIDORI azienda agricola biologica ‘Podere Santa Francesca’ (TOSCANA)
LETIZIA TIEZZI azienda agricola ‘Tiezzi’ (UMBRIA) ANTONELLA GIOVANNINI azienda agricola ‘Colle Rocchetta’ (UMBRIA) ROSARIA PONZIANO azienda ‘Ponziano Rosaria Società agricola bio2P srl’ (PUGLIA) FIORELLA MORTILLARO azienda agricola ‘Lucca Sicula’ (SICILIA) DANIELA DI GARBO agriturismo ‘Bergi’ (SICILIA)
LEA LUZI
BARBARA FIDANZA
CLAUDIA CASAGRANDE
DANIELA DI GARBO
ROSARIA PONZIANO
Azienda agricola Bergi, Castelnuovo (Palermo) LA FORZA E LA BONTà DEL MIELE
LETIZIA TIEZZI
“La nostra è nata come un’azienda piccola, con soli due ettari e mezzo e poco a poco abbiamo acquisito terreni limitrofi arrivando ad un totale di quindici ettari distribuiti su quattro appezzamenti. Avendo poca superficie ci siamo ingegnati sfruttando bene il terreno che avevamo. Le 4continua a pag. 25
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RISPETTO PER LA TERRA UNICA FONTE DI VITA In occasione della giornata di Donne in Campo-Cia all’Expo di Milano, una conversazione con Pina Terenzi, imprenditrice agricola nel Lazio e vicepresidente nazionale dell’associazione di Tiziana Bartolini
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uando vedo un terreno incolto sto male, è un’espressione di incuria per il nostro ambiente, una mancanza di rispetto”. Pina Terenzi è una ‘donna del vino’ cresciuta tra i vigneti dell’azienda di famiglia che porta il nome del papà, Giovanni Terenzi (www.viniterenzi.com). In occasione della terza giornata CIA in Expo, il 24 luglio scorso, Donne in Campo ha celebrato l’Assemblea annuale e Pina è stata eletta vicepresidente nazionale . L’abbiamo intervistata a Milano, poche ore dopo la nomina. “L’adesione a Donne in Campo è venuta naturale, perché nella nostra azienda le donne hanno sempre avuto un ruolo importante, per esempio era mia nonna che gestiva le persone in vigna e lo stesso ha fatto mia madre. La consuetudine è sempre stata quella di discutere in famiglia le decisioni, di condividere le scelte, di avere rispetto per i ruoli. Per questo non vedo la differenza tra uomini e donne in azienda”. Solide radici, quelle che legano Pina Terenzi alla terra, alla sua terra. “La nostra azienda è nata per scelta, seguendo le orme di mio nonno che subito dopo la guerra ha iniziato a fare il vino per passione. Alla fine degli anni Sessanta mamma è papà prendono la grande decisione di dedicarsi all’agricoltura in modo professionale, erano in controtendenza per quel tempo”. L’azienda è a Serrone, in provincia di Frosinone, e il boom industriale, arrivato in Ciociaria, ha spopolato le campagne perché alle fatiche dell’agricoltura le persone preferivano i salari sicuri delle fabbriche e meno ore di lavoro. “I miei
genitori, invece, hanno creduto nell’azienda, hanno dato valore alle loro radici contadine e hanno impiantato vitigni autoctoni delle nostre zone: il cesanese e la passerina”. Ora siete alla terza generazione e la prospettiva è quella di consolidare questa tradizione di famiglia. “Io e i miei due fratelli siamo cresciuti in questa realtà e abbiamo fatto la scelta di rimanerci, anche utilizzando gli studi che ciascuno di noi ha fatto. La ragione? Penso che una leva potente è stata la passione e l’amore che abbiamo visto nei nostri genitori, che ci hanno insegnato l’umiltà e il senso di appartenenza. Sono stati un grande modello per noi figli. Oggi la nostra azienda è un bel mix tra innovazione e tradizione”. Infatti in casa Terenzi la tradizione del buon vino si è sposata con una nuova visione del grande patrimonio rappresentato dal vigneto, ben al di là della produzione stessa e delle nuove tecnologie in cantina. “La nostra è stata la prima azienda in Ciociaria ad aprire le porte della sua cantina organizzando visite e degustazioni. All’inizio ci criticavano, poi hanno capito il senso di quella scelta, che ha precorso i tempi. I visitatori colgono l’occasione delle degustazioni anche per passeggiare tra i filari, per conoscere le lavorazioni, sono intessute del piacere dell’ascolto e del racconto”. Pina Terenzi è sommelier ed è lei che segue questa attività, preziosa opportunità per chiederle se è cambiato negli anni il modo di bere il vino. “Sì, c’è una crescita della cultura del vino e del buon bere, c’è più attenzione e anche noi curiamo meglio questi incontri. Lasciamo che le persone capiscano l’importanza del lavoro che c’è dietro al vino. Devo dire che dopo aver soddisfatto le curiosità senza l’assillo dell’orologio, i visitatori sono rilassati e persino il sapore del vino è diverso!” E da Donna in Campo, cosa vede tra le priorità che l’associazione deve affrontare? “Occorre fare rete e darci forza reciprocamente, perché lavorare in solitudine rende tutto più difficile. Occorre farlo tenendo sempre un occhio di riguardo alla terra, unica fonte di vita”. ●
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nostre produzioni sono biologiche: ortaggi, olio di oliva e frutta, nel frutteto antico di mio nonno. Quella di apicoltori è un’attività nata quasi per gioco e ora, con 400 alveari, il miele rappresenta la nostra produzione principale. Mi piace sottolineare che alleviamo l’ape nera sicula, che era a rischio di estinzione e il miele è un presidio Slow Food. La nostra azienda si trova nel Parco delle Madònìe, in provincia di Palermo, e la biodiversità è un tema che sentiamo molto. Abbiamo anche una serra con produzione di ortaggi che trasformiamo in un laboratorio aziendale realizzando conserve, salsa di pomodoro e marmellate che vendiamo anche con e-commerce (www. ledeliziedibergi.com/). La nostra è un’azienda familiare a prevalenza femminile: insieme a mio padre e a mia madre ci siamo noi quattro figlie. Mia madre è stata tra le prime donne ad avere l’insediamento giovani, il primo nulla osta rosa in Sicilia. Oltre all’agriturismo abbiamo la fattoria didattica, lavoriamo con i bambini e ospitiamo gruppi di turisti. Tantissime le attività che organizziamo perché i visitatori hanno molti interessi e quindi organizziamo corsi di cucina, degustazioni guidate di olio e di miele (mail: info@agriturismobergi.it). L’azienda è molto variegata e ogni attività trascina l’altra, in questo modo siamo riusciti a destagionalizzare e a differenziare il nostro reddito”. Videointervista: http://www.noidonne.org/videogallerydettaglio.php?ID=0250
VALERIA GALLESE Azienda agricola Lanaquilana, Barisciano (AQ) AQUILANA, MARCHIO DI TRADIZIONE E QUALITà “Nasco in una famiglia di impiegati, ma ho una grande passione per la natura e per questo sto seguendo gli studi di veterinaria con una particolare attenzione per gli allevamenti zootecnici. Durante gli studi, andando nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ho incontrato il ragazzo che poi è diventato mio marito. Per questo la storia della nostra azienda e quella della nostra vita viaggiano insieme. Mio marito viene da una famiglia di pastori
da quattro generazioni e alleviamo ovini a Barisciano, un piccolo paese in provincia dell’Aquila a 950 mt slm. Appena entrata in azienda mi sono subito resa conto che le tre produzioni (latte, carne e lana) non davano reddito sufficiente per la crescita, ma bastavano solo per la sussistenza. La zootecnia montana è svantaggiata e la situazione si è aggravata con il terremoto. Invece di piangerci addosso abbiamo cercato di affrontare la crisi economica e la solitudine migliorando le produzioni, puntando sulla qualità e la creazione di marchi per conquistare prezzi sostenibili con la vendita diretta. L’educazione al consumo è importante perché bisogna spiegare quello che si sta vendendo e il prezzo equo, che sia giusto per il produttore e per il consumatore. Da questo punto di vista abbiamo ottenuto buoni risultati con la carne (alleviamo l’agnello d’Abruzzo IGP) e con il latte (produciamo un canestrato di Castel del Monte, che è un presidio Slow Food). Per la lana ho registrato il marchio AquiLANA (http://lanaquilana.blogspot.it/), che ha l’intento di trasformare il sulcido aziendale in filato per essere venduto in prima classe. Per aumentare la qualità del vello abbiamo adottato la tosatura dolce e la pettinatura invece della cardatura, ottenendo un filato più nobile e pregiato. Per l’educazione al consumo abbiamo fatto corsi conoscitivi in azienda, abbiamo organizzato la tosatura partecipata, il laboratorio di uncinetto, di filatura e di tessitura. Il laboratorio di tintura naturale prevede la raccolta di fiori, radici e cortecce del territorio, alcune sono spontanee e altre sono coltivate. Con Donne in Campo-Cia abbiamo avviato un corso di tessitura soprattutto per le coadiuvanti agricole per recuperare le vecchie tradizioni e valorizzare la lana locale, ma anche per creare un reddito integrativo per le aziende. Nel 2013 abbiamo vinto il premio Bandiera Verde. Con me ora lavorano due signore che realizzano capi artigianali che vendiamo in una bottega a Santo Stefano di Sessanio. Insomma non poniamo limiti alla nostra espansione e speriamo di coinvolgere altre persone anche per dare prospettive ad un territorio che si sta spopolando”. Per contatti: lanaquilana@gmail.com. Videointervista: http://www.noidonne.org/videogallerydettaglio.php?ID=0255
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ELETTE NEL MONDO
LA RAPPRESENTANZA FEMMINILE NEI PARLAMENTI di Cristina Carpinelli
Women in national parliaments
La media mondiale delle elette è del 22%, passando dallo zero di Qatar, Yemen e Tonga fino al 63% del Ruanda. La graduatoria mondiale di “Women in national parliaments”
Camere insieme
Parlamento Europeo / Licia Ronzulli
Media mondiale
n. seggi
Totale (uomini e donne)
44.431
Uomini
34.555
Donne
9.876
Percentuale donne
22.2%
Media mondiale
n. seggi
Camera bassa
Totale (uomini e donne)
37.484
Uomini
29.039
Donne
L’
Unione Interparlamentare (UIP - organizzazione internazionale che riunisce i rappresentanti dei parlamenti del mondo eletti democraticamente) ha di recente compilato una classifica dei paesi che hanno nei loro parlamenti (Camere basse) il maggior numero di donne. La classifica documenta la presenza femminile anche nei seggi delle Camere alte; tuttavia, questo dato non consente una comparazione completa, poiché alcuni paesi non hanno le Camere alte. I dati nelle tabelle che seguono sono stati elaborati dall’Unione interparlamentare sulla base delle informazioni fornite dai vari parlamenti nazionali al 1° giugno 2015. Per chi desidera approfondire ulteriormente la materia, si rimanda direttamente al sito “Women in national parliaments” (http://www.ipu.org/ wmn-e/arc/classif010615.htm) Come si può vedere dai dati delle tabelle riportate, la media mondiale della presenza delle donne nella combinazione delle due Camere del parlamento (alta e bassa) corrisponde al 22,2%, mentre quella relativa alle Camere
8.445
Percentuale donne
22.5%
Media mondiale
n. seggi
Camera alta
Totale (uomini e donne)
6.947
Uomini
5.516
Donne
1.431
Percentuale donne
20.6%
Fonte: http://www.ipu.org/wmn-e/world.htm
basse - al 22,5% e quella relativa alle Camere alte (senato) - al 20,6%. Per quanto riguarda, invece, le medie mondiali, ripartite su base regionale, grazie ai progressi fatti da Italia, Austria e Malta, l’Europa (paesi che fanno parte dell’OCSE - esclusi quelli del Nord Europa) registra una presenza femminile pari al 24,2% (Camera bassa). Tuttavia, è il mondo arabo che registra i maggiori pro-
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Ripartizione del mondo su base regionale
Camera bassa
Camera alta
Camere insieme
41.3%
---
---
27.0%
26.5%
26.9%
Europa - paesi membri OCSE (inclusi i paesi nordici)
25.7%
24.2%
25.4%
Europa - paesi membri OCSE (esclusii paesi nordici)
24.2%
24.2%
24.2%
Africa subsahariana
22.2%
20.2%
21.9%
19.0%
8.9%
17.1%
19.0%
13.4%
18.5%
13.1%
36.0%
15.7%
Paesi del Nord Europa
America
Stati Arabi Asia
Paesi del Pacifico Fonte: http://www.ipu.org/wmn-e/world.htm
gressi con la nomina, per la prima volta nella storia, di 30 donne nel Consiglio consultivo dell’Arabia Saudita (a dicembre di quest’anno, le donne potranno, inoltre, sempre per la prima volta nella storia, votare per le municipali, dove avranno anche la possibilità di candidarsi senza il permesso del marito/padre/fratello di turno), e l’elezione di 18 donne nel parlamento della Giordania. La media regionale della presenza femminile negli Stati Arabi corrisponde al 19% (Camera bassa). In Africa (subsahariana), la presenza femminile corrisponde al 22,2% (Camera bassa), in Asia – al 19%e nei Paesi del Pacifico – al 13,1%. La situazione più progressista riguarda in generale i paesi del Nord Europa (41,3%), in cui un avanzato sistema culturale e di welfare contribuisce a colmare il divario di genere. Da notare che i paesi con una percentuale di donne pari a zero, sono gli Stati Federati di Micronesia (in Oceania), Palau e la Repubblica di Vanuatu (entrambi nell’Oceano Pacifico), il Qatar e lo Yemen (in Medio Oriente) e il Tonga (Polinesia). Gli Stati Uniti si collocano, nella “world classification” (140 paesi mappati - in ordine decrescente di % di donne), al 71mo posto (19,4%), la Russia al 95mo (13,6%) e l’Italia al 32mo, con il 31%. Sotto l’Italia, si trovano Portogallo, Svizzera, Francia, Australia, Canada e Regno Unito, tra gli altri. Sorprendentemente, il paese che si situa al primo posto della classifica è il Ruanda con una presenza femminile alla Camera bassa che supera il 63%. Dopo il genocidio del 1994, le donne hanno cominciato a esercitare
GIORDANIA
un forte ruolo su più fronti, incluso quello della politica. Il presidente Paul Kagame ha favorito il processo di partecipazione delle donne alla crescita economica e politica del paese. Con le elezioni politiche del settembre 2013, la presenza femminile nei seggi della Camera bassa è stata del 63,8%.
Women in national parliaments
MEDIE REGIONALI
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PARLAMENTO EUROPEO
Women in national parliaments
Paese
Seggi
N. Donne
Percentuale
Finlandia
13
8
61.5%
Svezia
18
10
55.6%
Estonia
6
3
50.0%
Paesi Bassi
25
12
48.0%
Bulgaria
17
8
47.1%
Danimarca
13
6
46.2%
Croazia (*)
11
5
45,4%
Francia
72
32
44.4%
Austria
17
7
41.2%
Slovacchia
13
5
38.5%
Lettonia
8
3
37.5%
Germania
99
37
37.4%
Belgio
22
8
36.4%
Ungheria
22
8
36.4%
Portogallo
22
8
36.4%
Romania
33
12
36.4%
Spagna
50
18
36.0%
Cipro
6
2
33.3%
Lussemburgo
6
2
33.3%
Regno Unito
72
24
33.3%
Grecia
22
7
31.8%
Slovenia
7
2
28.6%
Irlanda
12
3
25.0%
Lituania
12
3
25.0%
Italia
72
16
22.2%
Polonia
50
11
22.0%
Repubblica Ceca
22
4
18.2%
Malta
5
0
0.0%
747
264
35.3%
Totale:
Fonte: http://www.ipu.org/wmn-e/regions.htm (*) I dati della tabella sono stati aggiornati, poiché è stata aggiunta la Croazia, i cui valori di riferimento sono stati ricavati dai dati del Parlamento europeo disponibili online.
RUANDA GIORDANIA
Anche se le donne hanno una maggiore rappresentanza al Parlamento europeo in confronto ai parlamenti nazionali della gran parte dei singoli Stati, la percentuale è ancora sensibilmente bassa (35,3%). Si riafferma con urgenza un tema sempre di attualità e mai risolto, in Europa come in Italia. La presenza delle donne in politica. La parità tra uomini e donne è un obiettivo ancora piuttosto lontano, anche se a ogni tornata elettorale si registrano dei progressi significativi, fin dalla prima legislatura (1979-1984) quando le donne eurodeputate erano soltanto il 16%. Nonostante l’uguaglianza di genere sia considerata in Europa un valore fondamentale e un requisito indispensabile per una reale democrazia, le donne sono ancora poco presenti nei processi politici decisionali. In molti paesi, persiste un effettivo squilibrio di genere nei parlamenti e nei governi. Tra i fattori che influenzano la presenza di donne in parlamento, bisogna tenere presente sia il sistema elettorale che l’uso delle quote. Tutti i paesi europei che hanno raggiunto una percentuale femminile del 30% adottano, in genere, un sistema di elezione proporzionale a liste bloccate. In alcuni paesi del Mondo è evidente come vi sia stato l’impegno a bilanciare le rappresentanze di genere nelle istituzioni politiche con l’uso delle quote. Alcuni Stati come il Marocco, la Giordania e l’Iraq hanno introdotto un siste-
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ARABIA SAUDITA
PARLAMENTO NAZIONALE (Camera bassa) Paese
Seggi
N. Donne
Percentuale
Svezia
349
152
43.6%
Finlandia
200
83
41.5%
Spagna
350
144
41.1%
Belgio
150
59
39.3%
Danimarca
179
68
38.0%
Paesi Bassi
150
56
37.3%
Slovenia
90
33
36.7%
Germania
631
230
36.5%
Portogallo
230
72
31.3%
Italia
630
195
31.0%
Austria
183
56
30.6%
Regno Unito
650
191
29.4%
Lussemburgo
60
17
28.3%
Francia
577
151
26.2%
Croazia
151
39
25.8%
Polonia
460
111
24.1%
Estonia
101
24
23.8%
Lituania
141
33
23.4%
Grecia
300
69
23.0%
Bulgaria
240
49
20.4%
Repubblica Ceca
200
40
20.0%
Slovacchia
150
28
18.7%
Lettonia
100
18
18.0%
Irlanda
166
27
16.3%
Romania
401
55
13.7%
Malta
70
9
12.9%
Cipro
56
7
12.5%
Ungheria
198
20
10.1%
7163
2036
28,5%
Totale:
Fonte: http://www.ipu.org/wmn-e/regions.htm
Women in national parliaments
ma di quote “rosa” nelle elezioni parlamentari. In Marocco, la prima donna fu eletta al parlamento solo nel 1993, nella primavera del 2002 il numero era salito a 35 grazie all’introduzione delle quote. Oggi siedono in parlamento (Camera bassa) 67 donne (il 17% dei deputati). Le elezioni parlamentari giordane del 2007 hanno visto la candidatura di 199 donne; oltre il triplo del 2003, quando si candidarono solo 54 donne, incoraggiate dalla quota minima di 6 seggi voluta dal re. Oggi, in Giordania, ci sono 18 donne alla Camera bassa (12%) e 8 al Senato (10,7%). In Iraq sono state elette in parlamento 87 donne (il 26,5% dei deputati). Ci sono, tuttavia, delle eccezioni. Ad esempio, nel Nord Europa, precisamente in Finlandia e Danimarca, che hanno percentuali alte di rappresentanza femminile, non sono presenti meccanismi interni ai partiti per la presentazione di liste paritarie o quote stabilite per legge. In questi casi, fattori come quello “culturale” o politiche di welfare a favore di donne e famiglie sono determinanti nel favorire la presenza femminile in politica. In conclusione, le donne sono ancora chiaramente sottorappresentate nella sfera politica sia a livello nazionale, europeo che mondiale. D’altro canto, è giusto sottolineare i cambiamenti positivi che si sono verificati nel corso degli anni come, ad esempio, negli organismi politici istituzionali dell’UE -grazie soprattutto al contributo delle donne del Nord Europa: Finlandia, Svezia ed Estonia. Quest’ultimo paese mostra una perfetta parità di rappresentanza di donne e uomini (50%), frutto di una scelta politica perseguita da anni. Non così nel Riigikogu - parlamento nazionale estone - dove, al contrario, le donne sono considerevolmente sottorappresentate: 23,8%. Anche a livello mondiale, il genere femminile ricopre sempre più spesso incarichi di primo piano nel campo della politica internazionale. In Ruanda e Bolivia, le donne in parlamento superano addirittura gli uomini (rispettivamente 63,8% e 53,1%). Seguono Cuba (48,9%), Seychelles (43,8%) e Svezia (43,6). In media, la percentuale di donne presenti nei parlamenti di tutto il mondo è pari al 22%. b
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DIRE NO:
INSIEME SI PUO’ In un racconto la lotta della giovane Amani per realizzare il proprio sogno di libertà e indipendenza. Un concorso di scrittura creativa all’università apre spazi di denuncia
EGITTO
di Zenab Ataalla
Si è tenuta nel giugno scorso
la premiazione del primo concorso di scrittura Una studentessa di 21 anni ha avuto creativa in lingua italiana organizzato dall’Uniil coraggio versità del Cairo. di denunciare Nato come progetto pilota, il concorso ha visto l’oppressione una buona partecipazione degli iscritti al corso in cui vivono le di Laurea in Lingua e Letteratura italiana della donne in Egitto. prima università della capitale egiziana. Nel racconto I racconti e le pièce teatrali hanno affrontato vari di Amani donne temi, da quello politico a quello comico, passandi diverse età do per quello sociale e proprio in questa sezione rivelano i loro un racconto in particolare ha suscitato l’interesse sogni nel pubblico presente. Con il titolo “E questo non si fa…”, Amani, una studentessa di 21 anni ha avuto il coraggio di denunciare quello che molti sanno, ma che tutti alla sola senza la famiglia perché è la società che determina fine tacciono. Stiamo parlando della condizione che molte il modo in cui devi agire e comportarti”. ragazze egiziane sono costrette a vivere, oppresse da una Tutto questo Amani lo racconta bene nella sua storia. E lo società che richiede loro un determinato ruolo da assume- fa in maniera incisiva quando parla di Farida che, trovanre. “In Egitto per molte giovani come me è difficile avere un dosi in presenza della madre e delle sue amiche in occavita indipendente. Lavorare e decidere del nostro futuro in sione del compleanno della sorella, si oppone chiaramente piena autonomia è quasi impossibile. I sogni restano solo a quello che vuole la gente per lei. In un crescendo tutte sogni e le passioni rimangono tali perché la famiglia e la sembrano ritrovare il coraggio di parlare e di aprirsi senza paura di essere giudicate. E così la madre di Farida confisocietà non ti permettono di realizzarli” dice Amani. Mentre parliamo, il suo sguardo si accende e la voce da che avrebbe sempre voluto viaggiare, mentre una sua diventa incalzante fino a quando non mi confida che non amica rivela che avrebbe voluto aprire un ristorante in cui ha alcun timore nel dirmi che il racconto da lei scritto inventare e sperimentare nuove ricette culinarie. parla della sua vita e di quelle che molte sue amiche “Nel mio racconto breve le donne parlano di quello che non vivono. “Attraverso Farida, la protagonista, esprimo il hanno realizzato ma, se si legge bene, nel loro rimpianto c’è mio dissenso a tutto questo. Farida studia all’universi- la voglia di incoraggiare le giovani a vivere la vita. In Egitto le tà, è quasi al termine del suo percorso di studi. Da pic- donne sanno di avere i diritti, ma troppe volte non se ne rencola amava il tennis, ma un infortunio ha posto fine al dono conto. Credo che le donne egiziane debbano prima di suo sogno di diventare una giocatrice professionista. tutto capire a cosa devono aspirare e cosa la realtà nega loro. Da grande invece il suo desiderio e quello di una sua Perché solo così possono cominciare a vivere per davvero. amica di studiare all’estero si scontrano con quello che Questa è la mia storia e quella di Farida: io come lei voglio può pensare la società. Non è possibile per una ragazza lavorare e realizzare i miei sogni. Voglio aiutare le giovani a continuare gli studi oltre i confini e tanto meno vivere da credere in loro stesse perché un cambiamento è possibile”.b
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GRAN BRETAGNA
bOatS-PEOPlE cON vISta SUlla cItY
vIvErE IN barca a lONdra, tra MOda E NEcESSItà. UNa ScElta ObblIgata SE NON SI È MIlIONarI E SI vUOlE cOMPrarE caSa Testo e foto di Emanuela Irace
U
na città nella città, oltre duemila miglia di canali navigabili tra Inghilterra e Galles. Un reticolato di corsi d’acqua che mappano il territorio come arterie e vene. In cinque anni il sistema fluviale britannico ha più che raddoppiato la propria densità abitativa. L’antica rete viaria per trasportare uomini e merci - nata con la rivoluzione industriale e potenziata in epoca vittoriana si è rapidamente trasformata nell’ultima frontiera possibile per far fronte all’emergenza abitativa.
IN cINQUE aNNI Il SIStEMa FlUvIalE brItaNNIcO ha PIÙ chE raddOPPIatO la dENSItà abItatIva Dalla City londinese a Paddinghton, da Gloucester docks a Birmingham canal, i bacini fluviali del Regno unito sono diventati eleganti aree residenziali alla portata di tutti, o quasi. A Little Venice, centro di Londra, il colpo d’occhio è da cartone animato. Immerse nella natura tra papere e gabbiani scivolano coloratissime sui canali, sono le case dei boats-peaple. Velocità di crociera poco più di una camminata a passo svelto. Strette e lunghe come chiatte costano
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GRAN BRETAGNA
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tra le 70.000 e le 100.000 sterline ma c’è anche un ricco mercato dell’usato. Se fino a ieri vivere in barca era una scelta oggi è diventata una necessità per chi ha pochi soldi e vuole vivere al centro. Un fenomeno cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi cinque anni. L’impennata dei prezzi delle case ha spostato la domanda abitativa sull’uso quasi stanziale della navigazione. La legge infatti prevede che a fronte di una licenza non si possa sostare per più di due settimane nello stesso attracco. Basta spostarsi per una ventina di km e poi ritornare da dove si era partiti. Oppure mollare gli ormeggi ogni 14 giorni. Una vita itinerante col vantaggio di svegliarsi la mattina sempre con un panorama diverso. “Vivo in barca da sei anni e non è soltanto una questione economica. Sono libera di scegliere dove voglio vivere. Non avrei mai potuto vedere Londra in quartieri eleganti così come faccio oggi con la mia barca”. Lana Joinson ha 48 anni. Insegna in una scuola del centro e mi invita a entrare nella sua casa, insieme percorriamo un tratto di canale. “Ogni due tre settimane bisogna riempire le cisterne per l’acqua, serve per la doccia, cucinare e altre piccole necessità. I vestiti li porto in lavanderia. Adesso devo andare al molo per svuotare i liquami. Si fa tutto manualmente e non è certo divertente ma non cambierei mai la mia vita, in un appartamento mi sentirei subito vecchia”. La Canal & River Trust è la società che si occupa di fornire licenze e gestire i servizi a Little Venice. Terry Prestone e Kevin Welfare lavorano come volontari: “a Londra e in tutta la Gran Bretagna ci sono diverse compagnie e diversi tipi di
licenze. Si possono comprare o affittare barche anche solo per una festa. Qui hanno girato diversi film. Le barche si chiamano narrowboats perché come vedi sono strette e lunghe, a bordo hanno generatore a batterie per l’elettricità, bagno e doccia ma le pompe per l’approvvigionamento e altri servizi li diamo noi qui in banchina”. Complessivamente nei canali di Londra ci sono all’incirca 3000 barche. Una città nella città. Con i suoi riti e la sua accoglienza. “Tra di noi diamo tutti una mano, dice Leo, Non c’è bisogno che qualcuno chieda, se vediamo che c’è un problema perché magari si è incastrata la cima o si è rotto qualcosa anche se in quel momento non c’è il proprietario chi se ne accorge se ne occupa. Io vivo in barca da quasi un anno”. Leo Simmonds ha 38 anni e lavora in un wine bar. ”Mi è costata 18.750 sterline, l’ho comprata usata, mediamente spendo 100 sterline al mese, escluso il
Immerse nella natura tra papere e gabbiani le case dei boats-peaple scivolano coloratissime sui canali
cibo. Non potrei permettermi una soluzione abitativa diversa. I problemi nascono quando si rompe qualcosa, i pezzi di ricambio del generatore costano. Questa vita mi piace, ma voi italiani non vivete in barca? ho visto un reportage in tv su Venezia e mi aspettavo di vedere tante barche nei canali e invece niente, perché?”. Sorrido, pensando che dopotutto in Italia i prezzi delle case non sono proibitivi come a Londra, e poi c’è la questione del carattere, inventarsi una vita autonoma e un po’ nomade, fuori dagli schemi non è certo facile in un paese centrato sulla famiglia. Lo sa bene Sandra Reddin, bellissima 57enne mollata dal compagno dopo 30 di convivenza, due
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GRAN BRETAGNA
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figli ormai grandi. “Il mio ex compagno è project manager in una multinazionale petrolifera. Abbiamo girato il mondo. Grandi alberghi e grandi case. Mi sono sempre occupata di lui, dei rapporti sociali e della famiglia. Non ho mai pensato a costruirmi una carriera. Quando mi ha lasciata due anni fa non ho potuto far altro che comprarmi questa barca, 80.000 sterline, di più non ne avevo. Ho impiegato un anno ad abituarmi a questa vita. È durissima e non mi piace. Ma posso esplorare i canali e ho molto tempo libero. I miei figli abitano a Londra e così posso vederli. E poi mi sono inventata un lavoro, faccio la fotografa, la natura vista dai fiumi è strepitosa, vieni su che ti offro una birra”. b
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LIBRI a cura di Tiziana Bartolini
LO “STRANO CASO” DI CHRISTINE DE PIZAN
Maria Alessandra Soleti con “Mediatrici di sapienza” si è immersa nello studio dello “strano caso” di Christine de Pizan (Venezia, 1365 – Monastero di Poissy, 1430 circa) “ quello di una scrittrice di professione, colta e ispirata, che si è offerta come sguardo eletto nell’osservare le vicissitudini del suo tempo, per trasmetterne la memoria con profetici occhi di donna”. Figlia “dell’astrologo di corte” e figura particolarmente affascinante del suo tempo, Christine è stata “poetessa di professione”. Non è il primo studio dedicato a questa protagonista di una straordinaria esperienza di vita, ma la sensibilità e la curiosità e “un’esigenza stringente” ha condotto Soleti in una “sorta di ‘immersione’, un tuffo nel buio di un passato dove regnava incontrastato un sistema patriarcale di gestione del sapere e del potere”. Ma se in parte è possibile ricondurre Christine de Pizan “in una prospettiva diversa da quella di iniziatrice della querelle des femmes, riconoscendone il collegamento con la corrente carsica delle donne che, a partire dalla loro ricerca spirituale, hanno saputo farsi ‘mediatrici di sapienza’ nel corso della storia”, come sottolinea Michela Pereira nella prefazione, va attribuito esclusivamente a Soleti “l’aver cercato, con intelligenza e ostinazione, la via per rendere praticabile e dicibile questo collegamento”. E spiega perché. “Forte della sua precedente indagine su Margherita Porete (Margherita Porete. Un processo ancora aperto. Una voce mistica nell’Europa tardo medievale, 2011, ed Il Poligrafo, ndr), è andata alla ricerca dei nessi riconoscibili con figure carismatiche quasi sepolte nell’oblio, individuando una tradizione femminile di pensiero dispersa e ignorata, se non per frammenti, quasi una ‘genealogia invisibile’ alle spalle dell’autrice a cui si deve la celebre Cité des Dames”. “Due prospettive apparentemente difficili da coniugare, quella della storia delle donne e quella della storia della filosofia, si sono così intersecate nel percorso interpretativo che, con una vera e propria ‘illuminazione’,
Soleti ha intrapreso a partire dalla conclusione della vicenda biografica e letteraria di Christine, risalendo da qui alla sua scoperta, definizione e ‘autorizzazione’ della propria voce come ‘profetica’, ovvero in grado di trasmettere un messaggio sovrapersonale, che però non proviene dalla voce divina - come nel classico profetismo medievale ma dalla tradizione culturale, che l’autrice aveva ricevuto e rielaborato, distillandone l’essenza in relazione alle esigenze dell’umanità”. In sostanza Soleti sostiene che Christine non rappresenti “un’eredità ma un’altra tradizione, tutta femminile, di carattere prevalentemente profetico dato il modo di porsi e la posizione di tali mulieres religiosae rispetto al potere e al sapere, a loro attingibile attraverso canali informali”. Rintraccia elementi a suffragio della sua tesi attraverso “parole chiave” e in “alcune carismatiche protagoniste del movimento religioso emerso in Europa a partire dal XII secolo, fautrici della ricca letteratura in lingua volgare, generata appunto da quelle sapienti mani femminili”. Soleti “tende l’orecchio” per cogliere la voce delle donne che “non ha mai rinunciato alla possibilità di incidere nella realtà mondana, pur con vibrazioni inedite” e accende un’altra luce sotto cui leggere le parole e il pensiero di una grande figura femminile che altre donne, dopo secoli, hanno strappato all’oblio. Un lavoro che continua grazie alla solida tempra di una giovane ricercatrice la quale, purtroppo, lavora in solitudine ma sorretta da costante e inesauribile passione. Maria Alessandra Soleti Mediatrici di sapienza Il riflesso della tradizione profetica e femminile in Christine de Pizan Orthotes Editrice, pagg 412, euro 25,00
ITINERARI DIDATTICI E NON SESSISTI “Una guida che vuole mettere in evidenza la presenza delle donne e del loro agire” perché “scrivere una guida significa, in una certa misura, ricostruire un codice di comunicazione” e perché piazze, edifici o monumenti sono “simboli dei valori, degli ideali che hanno guidato l’azione umana nella costruzione della storia”. Nell’ambito di un progetto della Regione Lazio per iniziative nelle scuole, Mary Nocentini,
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insegnante e attiva nel progetto Toponomastica femminile, ha pensato di realizzare questo libretto che sollecita a guardare monumenti, storie e persone di Albano Laziale con altri occhi, quelli delle donne. Parte dei contenuti sono il risultato di ricerche di varie classi del liceo ‘J. Joyce’ e alcune pagine sono dedicate alle buone pratiche per un linguaggio non sessista. Lo strumento ora c’è, e una visita alla ridente cittadina dei Castelli romani può aprire nuove prospettive. Mary Nocentini Itinerari didattici ad Albano Laziale in ottica di genere Edizioni Umanistiche Scientifiche, pagg 76
VITE DI DONNE PER NIENTE ORDINARIE La scelta è stata ‘arbitraria’ e l’autore lo confessa in premessa, ma le figure femminili che decide di raccogliere in questo libro dal titolo asciutto ‘Donne del socialismo’ hanno in comune “lo spirito combattivo ed eroico che le pervade”, un “imponente impulso liberatore” e il loro essere tutte “protese all’emancipazione femminile da una condizione di sottomissione che aveva radici antiche”. Ulteriore dichiarazione, in premessa, è che il socialismo a cui si riferisce è “un movimento mondiale di liberazione dell’uomo da ogni tipo di oppressione”. Dentro a questa cornice Ferdinando Leonzio allestisce la sua ‘galleria’con 21 ritratti femminili, donne del passato e del presente che non hanno bisogno di presentazioni: da Argentina Altobelli a Martine Aubry, da Alessandra Kollontaj a Pia Locatelli, da Anna Kulischioff a Ségolène Royale, da Dilma Roussef a Angelica Balabanoff. E poi Anna Maria Mozzoni, Vera Lombardi, Elena Valenziano e Clara Zetkin… ma per avere l’elenco completo bisogna prendere il libro, tenerlo in libreria e gustare, piano piano, queste storie esemplari. Ferdinando Leonzio Donne del socialismo Vydavatel’stvo Divis – Slovakia spol, pagg 291, euro 16,50
ALCHIMIE E LINGUAGGI DI DONNE Dal 17 al 20 settembre Narni ospita l’ottava edizione del Festival della Letteratura “Alchimie e linguaggi di donne” ideato da Esther Basile e supportato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e dall’Associazione Eleonora Pimentel. Il Comune di Narni ha confermato l’ospitalità, nel Museo Eroli come sempre, e arrivano nuove disponibilità da parte dei vicini comuni di Sangemini e Terni. Il programma si conferma, al pari di ogni edizione, particolarmente denso e ricco di stimoli.”Si parlerà della attualità di Oriana Fallaci, delle condizioni delle carceri, delle letterature migranti, del femminicidio, della filosofia, dei diritti delle donne, ricordando figure femminili che, come la Senatrice Giglia Tedesco Tatò, hanno fatto la storia, e conosceremo anche scrittrici notissime e meno note” spiega Basile e, non potendo elencare tutte le presenze, rimandiamo al nostro sito (www.noidonne.org) la consultazione del programma completo.
FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE Cambieranno i modi, i mezzi e i tempi del comunicare, ma quel che è certo è che non smetteremo di parlare e interagire con gli altri. Questo l’assunto da cui muove la seconda edizione del Festival della Comunicazione, che dal 10 al 13 settembre 2015 si svolge a Camogli. La manifestazione, ideata e diretta da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer, è promossa da Regione Liguria (che l’ha inserita tra i Grandi Eventi in concomitanza con EXPO 2015) e dal Comune di Camogli, in collaborazione con Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, Talent Garden di Genova, Ente Parco di Portofino, Area Marina Protetta di Portofino. “Alla luce del progresso tecnologico e informatico che ha sconvolto sistemi di comunicazione e interazione tra le persone, ci vogliamo preparare a leggere i futuri possibili e le novità rilevanti della comunicazione nei servizi, nell’educazione, nella diffusione della scienza e delle arti, nella finanza, nei sistemi produttivi - dicono Bonsignorio e Singer, spiegando che - il festival quest’anno si concentra su uno degli aspetti fondanti di ogni comunicazione: il linguaggio”. Nomi noti della cultura, dell’economia, del giornalismo oltre a esperti e studiosi sono tra gli oltre cento relatori, tra i quali - solo per citarne alcuni - si segnalano Tullio De Mauro, Natalia Aspesi, Aldo Cazzullo, Corrado Augias, Concita De Gregorio, Lucrezia Reichlin. L’iniziativa si avvale ancora una volta della “guida” di Umberto Eco, la cui lectio magistralis “Io, tu, voi: il linguaggio e i giovani” chiude il Festival. I linguaggi che saranno scandagliati sono quello scientifico, delle arti, delle imprese e della cultura digitale. Ricchissimo il programma anche di iniziative ed eventi collaterali tra laboratori, spettacoli, mostre, cinema all’aperto, teatro, visite guidate. Tutto il programma è nel sito (www.festivalcomunicazione.it) e sui social (Facebook: FestivalComunicazione / Twitter: FestivalCom / Instagram: https:// instagram.com/festivalcomcamogli / Pinterest: festivalcom).
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LA GUERRA VA CONOSCIUTA DAVVERO di Giancarla Codrignani
uN libro per coNoscere aspetti ed episodi della prima guerra moNdiale cHe le celebrazioNi (e i libri di storia) aNcora NoN raccoNtaNo
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a ragione l’aveva Lisistrata: nel 411 Aristofane raffigurò la strategia dell’antimilitarismo femminile. Posto che la guerra è un’idiozia, “per fare una bella veste per la città”, bisogna eliminare la corruzione politica, mentre per prevenire i conflitti esterni si deve usare la diplomazia, andando avanti e indietro come fanno le spole quando le donne tessono. Cent’anni fa, duemila e quasi quattrocento anni dopo, incominciava la “prima” guerra mondiale, che produsse non solo sconquassi, ma milioni di morti, soprattutto civili, cosa che non si era mai verificata in passato. Se ci si ferma all’esercito italiano, furono chiamati alle armi sei milioni di soldati dietro una propaganda patriottica che ancora dovrebbe emozionare gli studenti e che snatura il concetto di società civile quando portiamo i bambini nelle caserme il 4 novembre, il giorno detto “della Vittoria”. Quale vittoria?
Bisognerà fare i conti con le favole che gli adulti amano raccontarsi per rendersi conto che. mentre ci si entusiasmava per Trento e Trieste italiane, le cose stavano in ben altro modo. Pazienza per gli scalmanati che avevano voluto la guerra (“una passeggiata!”), ma è grave non sapere che né Giolitti né il Parlamento avrebbero mai deliberato facilmente la dichiarazione di guerra e che quello che si conseguì con le armi era possibile ottenerlo con il negoziato. Se non c’è appropriazione critica della memoria, sfuggono i nessi che collegano strettamente la prima guerra mondiale con la seconda, compreso il “ventennio” che, in modo diverso ma sostanzialmente analogo, subì il fascismo in Italia e il nazismo in Germania. Non si collegano mai le crisi economiche alle guerre; quindi il trionfalismo della vittoria impedisce di comprendere che il patriottismo nazionalista generò quel populismo che nasce dall’impoverimento (la disoccupazione nel 1918 fu feroce), sulla paura (il ‘17 in Russia c’era stata la rivoluzione di cui si temeva il contagio), sul leader - che proveniva dalla corrente massimalista del partito socialista - di quel movimentismo che era stato prima interventista, poi pronto a rovesciare le istituzioni marciando contro il governo incapace di fare giustizia. Non è andando alle cerimonie o ascoltando Mattarella - che sembra si sia autocensurato sulla necessità di ristabilire la verità intera - ma andando ai documenti rimossi dagli stessi storici del passato che si “capisce” a che punto siamo della storia. Ottimo strumento, a questo scopo, il libro di Valerio Gigante, Luca Kocci, Sergio Tanzarella che in La grande menzogna. Tutto quello che non vi hanno mai raccontato sulla prima guerra mondiale (2015, Dissensi Edizioni) si rivolgono a lettori e lettrici chiedendo loro: “lo sapevate che mentre i cappellani militari italiani - a cui venne proibito di utilizzare la parola “pace” - benedicevano le armi che servivano ad uccidere o intonavano Te Deum di ringraziamento per le stragi perpetrate nei confronti dei nemici, plotoni di prostitute venivano inviate dagli Stati maggiori al fronte per tenere alto il morale della truppa? Che, nonostante la martellante propaganda e l’esaltazione dell’eroismo dei soldati, suicidi, automutilazioni, disturbi mentali di ogni tipo e alcolismo erano tra i fenomeni più diffusi tra i militari in trincea? Che le mazze ferrate erano tra gli strumenti in dotazione agli eserciti per finire come bestie al macello i soldati agonizzanti, specie dopo aver usato contro di loro i gas asfissianti? Che i fanti che esitavano a lanciarsi all’assalto del nemico venivano trucidati dai carabinieri appostati alle loro spalle? Che per essere fucilati bastava anche solo tornare in ritardo dopo una licenza, oppure venire sorpresi a riferire o scrivere una frase ingiuriosa contro un superiore? E che ai prigionieri di guerra italiani, considerati vili, imboscati e disertori, il nostro governo, unico tra i Paesi belligeranti, non inviò alcun aiuto che ne alleviasse le terribili condizioni di detenzione?”. Ecco, questa è storia cancellata, che bisogna imparare per mantenere i piedi per terra. All’origine c’è, sempre, infatti, la follia della guerra. Peccato che non si cerchi per tempo, anche “dal basso” di prevenirla. b
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UN FEMMINILE SLOW STYLE di Livia Capasso
Nella tenuta di Alcatraz, in Umbria, dal 18 al 20 settembre 2015 si tiene il quarto convegno nazionale di Toponomastica Femminile
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opo tre convegni nazionali di Toponomastica femminile molto intensi (Roma 2012, Casa internazionale delle donne; Palermo 2013, Cantieri culturali della Zisa; Torino 2014, Sala Polivalente di via Leoncavallo), l’omonimo gruppo di ricerca sceglie di ritrovarsi quest’anno nel cuore dell’Umbria, alla Libera Università di Alcatraz, in un contesto slow style, con ritmi e dinamiche più congeniali ai bisogni culturali, sociali e affettivi delle partecipanti.
18.09.2015
Le attività iniziano la mattina del 18 settembre a Perugia, con due visite mirate all’imprenditoria femminile locale - il laboratorio di tessitura di Giuditta Brozzetti e quello di vetrate artistiche Moretti Caselli di Maddalena Forenza - e proseguono nel pomeriggio alla grande tenuta di Alcatraz, a metà strada fra Perugia e Gubbio: quattro milioni di metri quadrati di verde, venti chilometri di stradine nel bosco, servizi, sculture, murales e una serie di casette in pietra circondate da uliveti. Quattro sono le tematiche discusse attorno ai tavoli di lavoro: toponomastica e didattica; lavoro femminile e linguaggio; esperienze, collegamenti, azioni e confronti istituzionali sulla toponomastica femminile in Italia e all’estero; la Dea madre: un fil rouge dal matriarcato al post-femminismo. In serata, Jacopo Fo terrà la prima parte della lezionespettacolo sull’educazione al sentimento come prevenzione della violenza.
19.09.2015
La mattina del sabato 19 settembre è dedicata
alla parte più strettamente congressuale e le sintesi dei tavoli pomeridiani trovano voce accanto alle relazioni di esperte, docenti, studiose e politiche. Manila Cruciani e Giovanna Conforto propongono una lettura didattica della toponomastica attraverso il kamishibai e la narrazione dei paesaggi urbani; Fortunata Dini parla di salute, benessere e lavoro delle donne; Irina Imola e Paola Lanzon portano il punto di vista delle istituzioni di appartenenza (Comuni di Rimini e Imola) in merito alla toponomastica femminile; Alessandra Bravi e Benedetta Selene Zorzi affrontano il tema della Dea madre, tra archeologia e teologia, per lasciarne la chiusura a Marisa Pizza intorno a un video sull’interpretazione di Franca Rame. Nel pomeriggio il Comune di Terni offre alle convegniste una escursione guidata alla città in ottica di genere, con visita al Museo Archeologico e alla Biblioteca Centrale, che ospiteranno la mostra di Toponomastica femminile Donne e lavoro. In viaggio, Carla Arconte e Paola Spinelli intervengono sulla storia e la memoria del lavoro femminile in Umbria, accompagnate dal repertorio di musica popolare femminile scelto da Luana Conti. Tornate/i ad Alcatraz, Jacopo Fo riprenderà la sua lezionespettacolo.
20.09.2015
La domenica, dopo l’incontro assembleare delle socie di Toponomastica femminile, è la volta di conclusioni e proposte operative e, per chi resta, nel pomeriggio è prevista una passeggiata lungo il sentiero delle lavandaie. b [ Per informazioni: mpercolini@gmail.com ]
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L’AMORE E LE DONNE NELLA COMMEDIA di Graziella Bertani
Una conversazione con Elisa Baggiarini, giovane volontaria che canta i versi danteschi nelle strade di Firenze. Per cogliere l’attualità della Divina Commedia
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associazione Culter (www.culter.it) non ha aspettato il 750° della nascita di Dante Alighieri e già da 10 anni il 14 maggio a Firenze organizza la manifestazione “All’improvviso Dante” che - abilmente diretti da Franco Palmieri - vede centinaia di volontari, la maggior parte giovani, cantare il Sommo Poeta nei diversi luoghi della città senza alcuna pretesa accademica ma solo per omaggiarlo e testimoniare la propria passione ed il proprio entusiasmo nelle piazze, sui sagrati, ai piedi dei monumenti davanti a passanti più o meno frettolosi e più o meno attenti e curiosi. Elisa Baggiarini è una delle volontarie. Classe 1991, allieva del corso in Lettere classiche e moderne all’Ateneo Carlo Bo di Urbino, è curatrice di un progetto di “Lectura Dantis”.
Elisa come mai Dante e la Commedia?
Le mie radici costituiscono senz’altro un’ottima premessa: ho la fortuna di vivere nel “marchignolo” - tra Marche e Romagna; ho trascorso la mia infanzia a Fiorenzuola di Focara citata nel canto XXVIII dell’Inferno: “poi farà sì ch’al vento di Focara / non sarà lor mestier voto né preco”, durante l’infanzia ho visitato alcune volte il castello simbolo
dell’amore tra Paolo e Francesca, Gradara, e, ironia della sorte, ora abito proprio alle pendici della collina su cui si erge la Rocca. “Galeotto fu” il terzo anno di liceo, grazie alla sapiente guida della mia insegnante di italiano e ad un progetto di lettura espressiva della Provincia di Pesaro e Urbino con letture da l’Inferno che includevano il famoso ed emozionante V canto.
Perché se la Commedia non ci fosse bisognerebbe inventarla?
La Commedia è un testo che, a distanza di sette secoli, ancora ci parla, e la cui modernità é talmente straordinaria che si rinnova ad ogni nostra lettura perché può essere un modo per riflettere non solo sul nostro cammino spiritualereligioso, difficile da leggere al di fuori del contesto cristiano, ma anche sul come condurre al meglio la nostra vita , quella di tutti i giorni e come renderla migliore. So che tra le parole di quegli endecasillabi troverò anche qualcosa che fa al caso mio, che parla di me e della mia vita.
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Tu, voi giovani come percepite la donna in Dante?
Nell’opera di Dante ogni personaggio femminile ha una vicenda esemplare ed uno degli aspetti che più mi incanta della Commedia è l’estrema forza evocativa delle sue parole. Le donne che ci presenta sono esseri di una forza straordinaria, tale da essere il centro propulsore del viaggio di Dante: l’intera vicenda narrata attraverso cento canti parte da una donna, Beatrice. E dirò di più: la Commedia non inizia con il fatidico verso Nel mezzo del cammin di nostra vita, ma dalla Vita Nova, quando il nostro autore riporta la sua personale vicenda amorosa con Beatrice dicendoci di averla vista per la prima volta a nove anni provocando in lui uno sconvolgimento tale da fargli dire che quell’amore ha reso la sua vita “nova”. In uno dei sonetti più famosi di tutti i tempi Tanto gentile e tanto onesta pare, Dante ci dice che la sua donna par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare, è una creatura miracolosa, che può condurre l’uomo alla “salute”, alla salvezza eterna, perché mediatrice tra cielo e terra. Dopo la morte prematura di Beatrice, Dante si innamora di altre donne; queste però non rappresentano nemmeno un barlume sbiadito di tutto ciò che rappresentava lei. A questa conclusione giunse dopo un lunghissimo periodo di riflessione e di studio testimoniato dal giuramento di dover più degnamente tractare di lei, di dire di lei quello che mai non fu detto d’alcuna, di scrivere per quella sua donna amata non più un “libello” di poesie, bensì un intero poema! Una giovane della mia età, ma anche un ragazzo di sedici anni che si avvicina per la prima volta allo studio della Commedia a scuola non può rimanere indifferente ad una simile storia d’amore: tutti si sentono tirati in ballo quando si parla dell’amore e del bisogno di amare ed essere amati. La Commedia può essere letta come un’intensa storia d’amore lunga cento canti dove un uomo affronta mille difficoltà e pericoli per ritrovare proprio lei, Beatrice il cui amore la spinge a chiamare Virgilio e le fa scombinare mezzo paradiso perché Dante inizi e porti a conclusione il suo viaggio. Beatrice è una delle donne più potenti della Commedia.
Torniamo alla modernità di Dante…
Le vicende presentate da Dante sono sempre singolari ed esemplari. Oggi basta accendere la televisione e sentire il telegiornale: non c’è giorno in cui non passi la notizia di un delitto passionale, di una storia d’amore finita in tragedia. Nel canto V del Purgatorio ci propone la storia di un femminicidio: Pia de’ Tolomei. Il suo dialogo con il poeta dura solamente cinque endecasillabi, ma in soli cinque versi il poeta delinea i contorni di questa tragica vicenda senza rancore né violenza alcuna. Pia nacque a Siena e morì in Maremma, e ciò lo sa bene colui che ‘nnanellata pria / disposando m’avea con la sua gemma, cioè colui che la prese in sposa, il marito, un certo Nello dei Pannocchieschi. Anche
questo quinto canto si conclude con una dissolvenza di detto e non detto che avvolge il personaggio stesso in un alone di mistero. Poco importa se Nello abbia ucciso Pia per punire la sua infedeltà oppure per passare a nuove nozze; ciò che conta è raccontare quella storia, lasciare traccia di quella donna affinché tutti possano ricordarla. Ed anch’io, lettrice degli anni duemila mi rendo conto di quanto sia fondamentale raccontare una storia del genere, quasi che settecento anni fa Dante avesse già voluto sensibilizzare i suoi lettori al tema del femminicidio dando voce ad una donna che chiede semplicemente di non essere dimenticata. Tra le tante figure femminili la più potente in assoluto è la Madonna, la Regina del Cielo, così benigna e misericordiosa da concedere qualsiasi grazia non solo a chi la richiede. E lei la concederà anche a Dante, facendogli conoscere Dio e portando così a compimento il suo pellegrinaggio iniziato per amore per Beatrice.
Concludendo?
Se all’inizio dell’Inferno Beatrice si presenta a Virgilio dicendo amor mi mosse, che mi fa parlare, il Paradiso e l’intera Commedia si conclude con l’amor che move ‘l sole e l’altre stelle. L’amore è il sentimento più potente che riesce a muovere ogni cosa. E ognuno di noi può prendere questo verso conclusivo come vero: l’amore per un figlio porta un genitore a fare tantissimi sacrifici per assicurargli una vita felice; il sentimento d’amore per una persona spinge due innamorati a percorrere tantissimi chilometri per riabbracciarsi; l’amore per lo studio fa sì che un ragazzo di diciotto anni lasci la famiglia per andare ad abitare in una città che non è la sua per studiare all’università; l’amore per un autore come Dante può portare centinaia di persone provenienti da tutta Italia ad incontrarsi a Firenze per partecipare ad una maratona di lettura; e potrei ancora continuare. Ognuno di noi potrebbe continuare questa lista!
E la tua Commedia?
Anch’io ho trovato “la mia perla” : è un endecasillabo e mezzo tratto dal canto XV dell’Inferno in cui Dante incontra Brunetto Latini. Dopo che Dante ha sintetizzato la sua vicenda l’anima dell’antico maestro dice se tu segui tua stella / non puoi fallire a glorïoso porto. Se tu hai un obiettivo, un sogno nel cassetto che vuoi realizzare con tutte le tue forze, se tu segui lo scintillio di quella stella, allora non potrai fallire nel tuo intento. Voglio credere che sia così. b
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LA LEGGENDA DI
EDITH PIAF A cento anni dalla nascita un omaggio ad un’artista fragile e forte adorata dal popolo
di Alma Daddario
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i monelli di strada senza casa e senza famiglia che vivevano di espedienti e piccoli furti, cantanti o saltimbanchi improvvisati, nella Parigi degli anni ‘30, parla una canzone popolare: “Les momes de la cloche”. Edith Gassion, in arte Piaf, era una di loro. La leggenda vuole che sua madre, Annette Jeanine Maillard, cantante girovaga di origine livornese figlia di un domatore di pulci, colta dalle doglie per strada, fu aiutata a partorire da un “flic” nel quartiere povero di Belleville. Il padre, Louis Gassion, era un artista di strada: saltimbanco e contorsionista. In quel periodo Louis si trovava al fronte della prima guerra mondiale e Annette, con lo pseudonimo di Line Marsa, per sopravvivere riprese la sua attività girovaga subito dopo il parto e affidò la piccola ai genitori, anziani e ubriaconi. Quando Louis tornò dal fronte trovò un corpicino malnutrito e coperto di infezioni. Per questo non trovò di meglio che affidare la bambina alla sorella, tenutaria di un bordello. Ben presto la piccola diventò la mascotte delle “signorine della casa”, ma i suoi guai non erano finiti. A tre anni rischiava di rimanere cieca per una cheratite mal curata. Praticamente chiusa in casa, sola, per consolarsi Edith cantava, e i vicini aprivano le finestre per ascoltarla. Finalmente, quasi all’improvviso, la sua vista migliora. Il padre decide nel frattempo che la bambina, ormai guarita, non può continuare a vivere con una zia “mai-
tresse” in un ambiente inadatto, la porta con sé, in un circo dove lavora come saltimbanco. Ma il circo fallisce e Gassion si ritrova senza lavoro. Non gli resta che tornare al suo primo palcoscenico, la strada, insieme a Edith. Quella bambina fragile e con una voce straordinaria commuove il pubblico che elargisce generose elemosine. A diciassette anni conosce un giovane fattorino, Louis Dupont, detto “Petit Louis”. Qualche mese più tardi rimane incinta di una bimba: Marcelle. Anche dopo la nascita di Marcelle, continua la dura vita di stenti. La bimba si ammala e muore di meningite. Edith fa una colletta per provvedere alla sepoltura, ma non racimola abbastanza. Mancano dieci franchi all’importo richiesto dal municipio, e per quei dieci maledetti franchi decide di prostituirsi. Dalla strada ai locali malfamati il passo è breve. Ma proprio in uno di questi, in Rue Pigalle, viene notata da Louis Leplée, proprietario di un cabaret degli ChampsÉlysées. Sarà il suo primo Pigmalione. Dopo qualche mese Louis decide di lanciarla: organizza per lei una grande soirée invitando nel suo locale i più bei nomi di Parigi. Tra gli altri sono presenti Maurice Chevalier e Mistinguett. Edith va in scena con il solito striminzito vestitino nero cui è affezionata. Pallida, immobile, illuminata da un occhio di bue. Solo le mani si muovono, e la voce. “Una voce così potente - confiderà Jean Cocteau dopo averla sentita cantare - che proviene da un corpo così picco-
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HYMNE A L’AMOUR lo, ha del sovrannaturale”. Ma papà Leplée un giorno viene assassinato misteriosamente. Dopo qualche mese Edith si riprenderà dalla disgrazia, grazie all’incontro con il suo secondo benefattore, quello definitivo: Raymond Asso. Edith ha vent’anni, lui più del doppio. Asso è un uomo colto, sensibile, ed è un Pigmalione esigente: vuole che la “monella” impari a vestirsi e a pettinarsi, a lavarsi i denti almeno due volte al giorno, a non bere fuori pasto, a non fumare. È grazie a lui che conosce Jean Cocteau, scrittore e commediografo di successo, che scriverà per lei “Il bell’indifferente” e “La voce umana”. Cocteau diventerà il suo più grande amico, sino alla morte. La guerra purtroppo separerà Edith da Asso. Seguirà un periodo intenso di lavoro e amori: Yves Montand e Charlez Aznavour, lanciati da lei come cantanti. Dal 1945 in poi Edith è protagonista di grandi tournée che ne consacrano la fama nel mondo in Svizzera, Grecia, Italia, Norvegia ed Egitto. A New York incontra quello che sarebbe stato il vero grande amore della sua vita: il pugile francese Marcel Cerdan che, a dispetto del suo aspetto massiccio, è un uomo dolce e gentile, delicato e generoso, privo di malizia, completamente diverso dagli uomini che sino ad allora la Piaf aveva frequentato. Il 22 giugno del 1949 Cerdan perde il titolo di campione del mondo contro Jack La Motta. Edith, che non è con lui perché impegnata in una serie di concerti, lo prega di raggiungerla al più presto con il primo aereo. Marcel obbedisce, l’aereo però precipita. Il dolore prostra Edith a tal punto che le impedisce di esibirsi in pubblico per mesi. Dopo il silenzio, nel 1951, riprende l’attività concertistica con una nuova canzone, scritta da lei dopo la morte di Cerdan: “Hymne à l’amour”. È il trionfo. Nel 1952 accetta di sposare il compositore Jacques Phillis. È di questo periodo un grave incidente d’auto che le procura la frattura delle costole e delle braccia. Edith vuole continuare a cantare, e per sopportare il dolore delle fratture si fa iniettare della morfina. È attratta da quel rimedio che fa dimenticare il dolore, ma ne ha anche paura: la madre era morta di overdose nel 1945. Nel 1956 si separa dal marito: in quel periodo aveva conosciuto George Moustaki, che avrebbe scritto per lei “Milord”. Moustaki non ha un carattere facile: è ribelle, intollerante, infedele. Distrutta da un faticosissimo tour americano e dalle continue liti con Moustaki, Edith nel 1959 ha un altro grave incidente automobilistico. Lei stessa è alla guida della vettura. Dovrà subire una serie di dolorosi interventi dovuti alle emorragie interne. Ricade nell’abuso di alcool e droga. Geoge Moustaki la lascia. Di nuovo è a pochi passi dalla fine. Si salva grazie all’incontro con un musicista, Charles Dumont, che le propone di
scritta da Edith Piaf per Marcel Cerdan Potrebbe oscurarsi il cielo su di noi, e la terra sprofondare. Non m’importa, se tu mi ami. Me ne frego di tutto il mondo. Fino a che l’amore illuminerà i miei giorni, e il mio corpo tremerà sotto le tue mani, che vuoi che m’importi di qualunque problema, se tu mi ami. Andrei fino ai confini del mondo, mi tingerei di biondo, se tu me lo chiedessi, conquisterei la luna, ruberei la fortuna se tu me lo chiedessi, e se un giorno la vita ti separasse da me, non m’importerebbe se tu mi ami, perché anch’io…morirei con te. .
interpretare quello che sarebbe diventato un altro grande successo: “Non, je ne regrette rien”, ma questo non basta a tirarla fuori dalla disperazione. È un periodo di depressione e tristezza. Per non sentirsi sola invita a casa amici di ogni genere, spesso gente che approfitta del suo stato per derubarla. È senza risorse, senza più voglia di vivere, quando incontra Thèo Lamboukas, un giovane parrucchiere greco, presentatole da un comune amico. Da anni Thèo è segretamente innamorato di Edith, le chiede subito di sposarla, vuole prendersi cura di lei, anche se tra loro ci sono vent’anni di differenza. Insieme a Thèo, Edith ricomincia a condurre una vita più tranquilla e riprende a cantare in pubblico. Nel 1962 i due decidono di coronare il loro legame con il matrimonio greco-ortodosso. Purtroppo il giorno dopo Edith viene ricoverata per un malore al fegato, intossicato dall’abuso di morfina. In clinica Thèo non la lascia mai: la sorveglia, la accudisce, la pettina. Ma un giorno di riposo per il giovane provoca la tragedia: un ammiratore incosciente che va a trovarla in ospedale, la convince ad interrompere la dieta per mangiare un’omelette, di cui è ghiotta. È il coma epatico. L’annuncio della sua morte nell’ottobre del 1963 provoca un’ondata di commozione in Francia e in tutto il mondo. Ai funerali sono presenti quarantamila persone, ma niente preti né preghiere ufficiali, perché la chiesa di Roma aveva decretato che “la cantante era vissuta in stato di pubblico peccato”. Tra i presenti Charles Aznavour, Yves Montand, Marlene Dietrich, sua grande amica, e tanti altri confusi tra la folla. “È stato un trionfo, proprio come lei avrebbe voluto”, commentarono tutti i giornali. Poco dopo Jean Cocteau, incaricato di scriverne l’elogio funebre, sarebbe morto d’infarto. b
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A tutto schermo
LO SPIRITO E L’ENERGIA DELLE DONNE AL ROMA FRINGE FESTIVAL
Da segnalare i due spettacoli al femminile L’Orda Oliva e Guerriere-tre donne nella Grande guerra
di Elisabetta Colla
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l Roma Fringe Festival, una manifestazione che già da anni promuove il teatro indipendente nella Capitale, ha avuto luogo quest’anno, nel corso dell’estate, nei Giardini di Castel Sant’Angelo, che si sono animati ogni sera, per oltre un mese, con rappresentazioni teatrali della scena indipendente: 3 palchi, quasi 100 spettacoli, 500 artisti italiani ed internazionali coinvolti, un pubblico eterogeneo, tanti giovani ed una giuria per il concorso. Molti gli spettacoli al femminile, alcuni veramente notevoli, per la convinzione delle artiste, attrici, autrici e registe, per la forza dei messaggi veicolati e per la capacità di emozionare e far parlare protagonisti emondi messi in scena. Suggestivo ed attualissimo lo spettacolo L’orda oliva, diretto dalla brava e versatile regista Ludovica Andò, impegnata in contesti dove l’arte ha una forte finalità sociale: lo spettacolo infatti, tratto dal racconto Il lungo viaggio di Sciascia, è stato rielaborato e riscritto, insieme alla regista, dai detenuti-attori della Casa di Reclusione di Civitavecchia. “Ciò che conta in carcere - afferma la regista - sono il passato e futuro, non si
parla mai al presente. La storia è quella di una barca di clandestini sospesa tra cielo e mare, come gli italiani che partivano illegalmente per l’America: fuorilegge, analfabeti, vecchi, a cui non avrebbero mai rilasciato il passaporto rosso. Emigranti dal sangue sporco per gli americani: un’orda dalla pelle color oliva”. Così sono i quattro avventurieri della storia, che sanno quello che lasciano (la famiglia, la precarietà, la fame) e quello che cercano: i soldi, la fama, una svolta, una pagina bianca, una valigia vuota da riempire di nuovo. Ma una sconvolgente sorpresa attende spettatori e viaggiatori nel finale. Ludovica Andò (laureata presso il Dams in Educatore Professionale di Comunità) da anni affianca la professione di attrice all’insegnamento del teatro in contesti di disagio sociale (detenuti, minori a rischio, disabili, donne in affidamento). È inoltre fondatrice dell’Associazione Sangue Giusto: “Dal 2008 ci siamo specializzati in interventi artistico-formativi - spiega l’artista - negli istituti penitenziari di Civitavecchia (Casa di Reclusione e Casa Circondariale N.C.) portando avanti laboratori teatrali, di canto popolare, di disegno e pittura rivolti alla
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FILM D’ARTE E D’AMORE TAXI TEHERAN di Jafar Panahi
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el suo ultimo film Taxi Teheran, Orso d’Oro al Festival di Berlino, il grande regista Jafar Panahi s’improvvisa guidatore di taxi nella sua città, Teheran, per mostrare senza usare troppe parole, le difficoltà e le restrizioni del suo Paese amatissimo, l’Iran. Girando da solo e in esterni, il regista ha raccolto alcune storie di vita, piazzando la telecamera sul cruscotto del suo taxi, mettendosi alla guida, come attore, per le vie di Teheran, nonostante il divieto di girare imposto dal regime. Fra gli incontri più toccanti che il regista si trova a fare, quello con un uomo che sta morendo e chiede di poter fare testamento
sul telefonino dell’autista/regista, affinché alla moglie non sia tolta la casa, e quello con l’amica attivista che porta rose in Tribunale, per la causa delle persone ingiustamente imprigionate. Altri momenti divertenti, ad esempio, con il venditore di videocassette che lo riconosce e dice ai clienti di essere suo socio, o con le vecchiette che devono compiere un rito sacro con il pesce rosso. Un film pieno di umorismo, poesia e amore per il cinema. “Le restrizioni sono spesso fonte d›ispirazione per un autore - ha affermato Darren Aronofsky, Presidente della giuria del Festival di Berlino 2015, in occasione della consegna dell›Orso d›oro alla piccola Hana Saeidi, nipote del cineasta e interprete del film - poiché gli permettono di superare se stesso. Ma a volte le restrizioni possono essere talmente soffocanti da distruggere un progetto e spesso annientano l›anima dell›artista (…) Jafar Panahi ha scritto una lettera d›amore al cinema. Il suo film è colmo d›amore per la sua arte, la sua comunità, il suo paese e il suo pubblico”. Elisabetta Colla
popolazione detenuta maschile e femminile. Ispirandoci alla frase di Amleto “D’ora in avanti, i miei pensieri siano pensieri di sangue, o non varranno niente”, l’Associazione risponde all’invito ad agire, ad esserci per una giusta causa affiancando alla vocazione artistica una missione di impegno sociale: divulgare la conoscenza e l’esercizio del teatro, del canto, della danza e delle arti visive come mezzi di recupero sociale e di prevenzione del disagio psichico”. Altro splendido spettacolo Guerriere-tre donne nella Grande guerra, scritto ed interpretato dalla giovanissima e straordinaria (un autentico talento) attrice padovana Giorgia Mazzucato, allieva di Dario Fo, richiama il tema della follia della guerra e dei tanti ruoli che le donne possono giocare (come effettivamente fu nella Prima Guerra): soldatesse, madre e mogli, imprenditrici. Splendidamente sfaccettate, le tre figure femminili in scena - segnate dalla tragedia bellica del ‘15-’18 - sono tutte affidate alla scrittura ed ai poetici cambi di registro della Mazzuccato, la quale attinge all’enorme eredità lasciata dall’incontro con Franca Rame, alla quale lo spettacolo è dedicato. I personaggi sono stati disegnati sulla base di documenti originali ed esclusivi di donne dell’epoca, con la supervisione storica di Aldo Cazzullo. Vincitore della Rassegna, FäkFekFik - Le tre giovani - WernerSchwab, un interessante lavoro autoriale che interpreta la produzione del drammaturgo austriaco e la visione che egli tramanda ai posteri. b
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LEGGE 194
DONNE
UN DOSSIER
di Viola Conti
A FERRARA
E CONSUMI
MENO VACANZE MENO IN VACANZA
“U
na battaglia per la dignità e la salute della donna. applicazione e verifica della legge 104”. È la pubblicazione realizzata dal Gruppo Salute Donna della sezione ferrarese Udi. Poco meno di 100 pagine frutto di una preoccupazione, ossia che vengano progressivamente snaturati i principi fondamentali della legge. Quindi:
ESTATE 2015: LIEVE AUMENTO DEL COSTO COMPLESSIVO DI UNA VACANZA AL MARE. UNA SETTIMANA È COSTATA L’1% IN PIÙ RISPETTO AL 2014
1) l’aborto non è un metodo di controllo delle nascite; 2) per prevenirlo la pratica di fondo è la contraccezione; 3) l’interruzione di gravidanza è consentita a determinate condizioni; 4) spetta alla donna la decisione finale. Ecco dunque che il testo si pone come una sorta di dossier articolato in 2 punti fondamentali: 1) storia della 194, tra vicende parlamentari, sociali, politiche e difficoltà applicative. 2) Realizzazione di indagini qualitative sul territorio ferrarese tra obiezione di coscienza, consultori, scuola, con tabelle di supporto su centri, operatori, tipologie dei problemi emersi. Come ben spiegato nell'introduzione, “il Gruppo Donne e Salute ha preso in esame le allarmanti problematiche emerse anche da recenti fatti di cronaca che riguardano il diritto delle donne a ricevere l'assistenza sanitaria riproduttiva di cui hanno bisogno. Da una parte, infatti, il numero sempre più ampio di obiettori di coscienza tra il personale sanitario sta svuotando, nei fatti, i contenuti della 194/78 per quanto riguarda l'interruzione volontaria di gravidanza; dall'altra i tassi crescenti delle infezioni sessualmente trasmesse e le gravidanze indesiderate in adolescenza riaccendono i riflettori sui consultori pubblici previsti dalla legge stessa riguardo all'educazione alla sessualità e alla contraccezione”. Camilla Ghedini
L
e vacanze estive, quest’anno, sono rimaste un miraggio per molti italiani. Dal monitoraggio effettuato dall’O.N.F. (Osservatorio Nazionale Federconsumatori) emerge infatti che appena il 31% degli italiani è partito per una vacanza tradizionale di almeno una settimana. Un segno evidente della situazione di difficoltà che continua ad attanagliare le famiglie. Seppure l’aumento sia contenuto rispetto allo scorso anno, il costo di una vacanza tradizionale al mare per una famiglia tipo è rimasto proibitivo per molti. Quest’anno, infatti, la tradizionale vacanza al mare di una settimana, per una famiglia composta da due adulti e due ragazzi che viaggia in auto è costata 3.676,00 €, con un aumento del +1% rispetto allo scorso anno. La crisi del potere di acquisto e il livello comunque elevato dei costi prospettano uno scenario allarmante per il turismo italiano, confermando sempre di più le tendenze al turismo mordi e fuggi ed alle modalità all’insegna del risparmio (scambio casa, ospitalità, last minute/second/formula roulette).
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SPIGOLANDO tra terra, tavola e tradizioni di Paola Ortensi
FESTA DI MATRIMONIO Il matrimonio, e per precisione la festa che lo accompagna con cui parenti e amici partecipano alla gioia degli sposi e condividono questa tappa mitica della vita, in tante terre della penisola ancora mantiene nella tavola imbandita il tessuto connettivo tra invitati e festeggiati. In particolare in quei comuni definiti aree rurali, forti legami con la tradizione identificano nell’offerta di cibo - e nella sua presenza sotto varie forme dal riso gettato sulla coppia fino ai confetti - una delle punteggiature decisive del rito. Sin dall’inizio del fatidico giorno, reciprocamente nella casa della sposa e dello sposo un rinfresco accoglie
amici e parenti che parteciperanno ai festeggiamenti. E il rinfresco, seppur siglato da “postulati” come pizzette o panini o coppe di confetti dai più svariati ripieni, porterà il segno delle tradizioni alimentari di quel territorio, così come nella frutta e nel vino oppure nei formaggi, nelle pizze o nei biscotti. Il rinfresco ha anche l’obiettivo di condividere il piacere dell’incontro con tante persone che, per motivi diversi, non saranno presenti
al pranzo di nozze ma con le quali è costume e piacere scambiare un augurio ravvicinato in attesa dell’uscita di lei o di lui. L’ora è scoccata e le case vengono lasciate per raggiungere il luogo della cerimonia: chiesa o municipio. In alcuni casi, quanto rimasto del rinfresco sarà consumato la sera con ulteriori visitatori e verrà anche donato agli amici dopo essere stato disposto in vassoi preparati con cura. Dopo la cerimonia, mentre gli sposi sono impegnati con le foto, gli invitati li attendono al ristorante intrattenendosi piacevolmente con amici e parenti, o con persone con cui si condivide comunque simpatia. Accolti da un ricco aperitivo, pian piano si siederanno ai tavoli prestabiliti. Ed eccoci al pranzo: ricco, ricchissimo… spesso caratterizzato da un menù comprensivo di piatti tipici e produzioni locali. La festa a tavola risente di un’antica tradizione che pochi sembrano davvero voler superare. In un tempo non così lontano, l’abbondanza del cibo e la sua qualità d’eccellenza non era lusso quotidiano, ma matrimoni e feste importanti erano occasione per mettere sul tavolo “ogni ben di Dio”. Abbondanza era segno e augurio di una vita piena e felice. Oggi mangiamo tutti i giorni e, nonostante le crisi, con grande varietà di cibi. Le ragioni di tanta abbondanza potrebbero, allora, non avere la stessa ragion d’essere. Eppure non è così e il rispetto per la sacralità del cibo in molti luoghi perpetua l’abitudine di portare a casa ciò che avanza. I ristoranti sono attrezzati e forniscono, senza stupore, i contenitori necessari. Sacralità del cibo, sottolineavo, ed anche il diritto sentito in molti luoghi, che viene dall’aver dato un contributo, come dono agli sposi, ‘la busta’. Si tratta di una mitica tradizione che si consolida nel tempo, perché i giovani possano utilizzare quanto raccolto nel modo che preferiscono, compreso contribuire al costo del pranzo. È la torta, ovviamente, che firma la conclusione del pranzo di nozze,
accompagnata da un benaugurale brindisi di spumante o champagne. Ma altri dolci non mancheranno, e saranno spesso tipici del posto. Infine, come ricordo della giornata e ringraziamento per esserci stati, saranno distribuite le bomboniere.
MENÙ DI NOZZE struttura-tipo Antipasto di terra o antipasto di mare Due primi o assaggini vari che possono moltiplicare le tipologie di paste. Talvolta, specie d’inverno, un consommé apre le danze Un sorbetto per lo più al limone, per riprendere fiato Secondi e contorni che difficilmente sono meno di due e anche di più; spesso ancora in un mix tra terra e mare Insalata Frutta con prevalenza alla macedonia e talvolta col gelato. Il tutto accompagnato da acqua vino e bevande varie anche per bambini e astemi Torta accompagnata con spumante o champagne
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LEGGERE L’ALBERO DI BRUNA BALDASSARRE
FAMIGLIA
Sentiamo l’Avvocata SEPARAZIONE DEI CONIUGI E ADDEBITO
LA GIOIA DELL’INCONTRO CON L’ALTRO Cara Bruna, sono una dodicenne molto timida alla mia prima “cotta”. Vado bene a scuola e sono pigra per qualsiasi sport ma amo andare a cavallo. Amo anche i film su Harry Potter e la musica. Mi piace stare con le amiche ma sto bene anche sola. Si vede dal disegno del mio albero come vivrò la mia ‘cottarella’? Ilaria Cara Ilaria, Evviva la vita! La chioma del tuo albero rivela una natura socialmente dinamica, pronta a dare il meglio di te. Sei consapevole delle tue qualità e tenderai a consolidare le tue idee per le esperienze lavorative, così insieme alle foglie cresceranno anche i frutti! Sei una persona molto sensibile e ancora legata con nostalgia all’infanzia, che dovrai lasciare per fare spazio alla conquista della tua nuova dimensione di donna. Ogni ragazza ha bisogno del suo ‘Adamo’, come ogni ragazzo della sua ‘Eva’. Scoprire questa dimensione è come entrare in una terra incantata densa di esperienze inaspettate, coinvolgenti, alla stregua delle avventure di Harry Potter. Sentimenti di tenerezza, venerazione, irritazione o avversione possono coesistere accanto alla gioia, alla paura, alla delusione, alternandosi senza tregua. Dalla tua età si può iniziare a scoprire l’intero spettro dei sentimenti, così da prepararsi ad affrontare la fase centrale della vita, dove poter sperimentare la vera umanità. Tale complessità di sentimenti e il confronto con l’altro sono indispensabili per completare quella ‘visione’ ideale che arricchirà la tua anima. La prima esperienza sentimentale è anche per te un terreno di prova per il futuro sviluppo interiore, a prescindere da come finirà. Purtroppo oggi ai giovanissimi arrivano immagini rudi, deformate e limitate soltanto ad alcuni aspetti dell’eros, immagini che operano in modo disturbante sul processo di maturazione. Sarebbe molto importante andare incontro all’altro con la gioia e la libertà dell’anima non ferita, per raggiungere la maturità e la serenità tali da riconoscere in futuro l’arrivo del partner giusto.
di Simona Napolitani mail: simonanapolitani@libero.it
S
econdo l’articolo 143 del codice civile, con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri; in particolare, dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. La violazione di uno solo di questi obblighi comporta la pronuncia di separazione con addebito al coniuge inadempiente, se nel relativo procedimento viene fornita adeguata prova su tale violazione. Dalla sentenza che accerta il comportamento inadempiente derivano gravi effetti: il marito o la moglie, a cui carico viene statuito l’addebito, perde il diritto al mantenimento; ed ancora, il coniuge, a cui carico viene statuito l’addebito, perde subito la qualità di erede, per cui in costanza di separazione nulla erediterebbe, a seguito dell’eventuale decesso dell’altro coniuge. In giurisprudenza esiste, però, una certa tendenza a svuotare il contenuto dell’addebito (ci sono anche disegni di legge che prevedono l’abolizione dell’istituto), nel senso che i Tribunali danno un’interpretazione sempre più restrittiva, riducendo così la previsione legislativa. Ritengo che l’istituto nel suo rigore serva a mantenere una linea di condotta all’interno della vita matrimoniale e costituisca un richiamo morale ad un comportamento più corretto; eliminare ogni ipotesi di controllo e di verifica da parte del Tribunale porterebbe ad un probabile ulteriore scadimento della morale e del costume della nostra società. (continua…).
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L’OROSCOPO DI
ZOE Settembre
PREDIZIONI SEMI-SERIE E PRONOSTICI POSSIBILI
CARA ARIETE, la biologa Jennifer Durden ha scoperto un anemone di mare che vive nell’Atlantico a 3000 metri di profondità, in grado di catturare e mangiare prede che pesano sei volte più di lui. C’è, però, un piccolo particolare da non sottacere e da non sottovalutare, direi. E cioè che, dopo, per digerire queste enormi prede, gli servono circa 80 ore! Sei in un periodo molto stimolante, e continua un anno per te in massima parte fortunato, ma stai attenta a quello che consumi, divori, travolgi con il tuo entusiasmo!
CARA LEONE, così lo psicologo André Green propone il suo “Ritratto del Narciso: essere unico, onnipotente nel corpo e nello spirito [...], indipendente e autonomo solo che lo voglia, ma ragione di dipendenza per gli altri”. Dirai a questo punto, leggendo questa descrizione (che ti ricorda qualcuno a te molto vicino): “Cosa c’è di strano? O addirittura di patologico?”. Ancora una volta, non so darti torto. Unica, onnipotente, autonoma e generatrice di dipendenza: sarai proprio così, con Giove e Mercurio a incrementare la tua naturale grandeur.
CARA TORO, scriveva Elias Canetti nel suo testo Potere e sopravvivenza che “schivare il concreto è uno dei fenomeni più inquietanti dello spirito umano”. Per la verità, non ho capito davvero fino in fondo a cosa si riferisse, ma mi sembra che vada proprio bene per te, visto che di schivare il concreto non hai certo nessuna intenzione. Brava! Grandi, anzi grandissime soddisfazioni dai piaceri materiali della vita, nel corso del prossimo mese. Come darti torto?
CARA VERGINE, scriveva il pittore Jean Dubuffet nel suo testo Percepire: “L’attenzione uccide quel che tocca. È sbagliato credere che guardando attentamente le cose si possa conoscerle meglio. Perché lo sguardo fila, come il baco da seta, e in un attimo s’avvolge in un bozzolo opaco”. Lascia vagare la tua mente così lucida, districati dai tentacoli della tua intelligenza analitica, liberati dalla tua nitida lungimiranza. Vedrai con limpidezza inaspettata tante nuove cose, tutte buone e belle.
CARA GEMELLI, a Città del Messico nel 2009 un gruppo di volontari ha creato la Brigada para leer en libertad, con lo scopo di diffondere libri ovunque nel Paese. Ad oggi, in sei anni di attività, la Brigada ha regalato 410.000 volumi, e ne ha messi in circolazione circa sei milioni. Tra le sue invenzioni, un programma di lettura per i pompieri, dal titolo “Lettere in fiamme” (un po’ demenziale, lo so, ma divertente). C’è qualche progetto generoso e folle laggiù, in qualche angolino della tua mente? Sicuramente sì!
CARA BILANCIA, sin da quando andavo a scuola, settembre è rimasto per me il mese dei nuovi inizi, quello in cui mi compravo quaderni e penne colorate immaginando di tenerli al meglio, in cui mi ripromettevo di essere di andare in palestra almeno due volte a settimana, di studiare di più le materie scientifiche, eccetera eccetera. Ebbene, è arrivato anche per te il momento dei buoni propositi, con la differenza che, contrariamente ai miei giovanili slanci scolastici e ginnici, avrai grandi probabilità di riuscita!
CARA CANCRO, scriveva Baudelaire che non si va all’inferno saltandoci dentro, ma scivolando centimetro per centimetro, senza che succeda nulla di grave. Sarà così anche per il paradiso? Credo proprio di sì, e potresti dimostrarlo tu, con la tua quotidiana esperienza, nel corso di questo autunno. Un autunno tranquillo, senza troppi sconvolgimenti, che si rivelerà un percorso graduale – centimetro per centimetro – verso la felicità...
CARA SCORPIONE, “un gusto autentico non è mai un gusto a metà”, affermava il pittore inglese John Constable, e aveva proprio ragione! Nel corso di settembre avrai Plutone e Nettuno, pianeti dalle enormi riserve di energia, dalla tua parte e – udite, udite! – nella seconda metà del mese Saturno abbandonerà definitivamente il tuo cielo. È proprio arrivato il momento di lanciarti, di rigenerarti buttandoti a capofitto nelle occasioni che la vita, con i suoi meravigliosi imprevisti, sicuramente ti offrirà.
CARA SAGITTARIO, nel suo Critica della ragione dialettica il filosofo Jean-Paul Sartre descrive caratteristiche e relazioni di alcuni insiemi pratici, tra i quali i gruppi di persone che a Parigi aspettano l’autobus alla fermata. Per sottolinearne l’anonimato, Sartre dice che si tratta di un gruppo in cui tutti sono “altri”, tutti sono elementi di una serie, e nessuno è un soggetto. Niente paura: non prevedo per te grandi attese alle fermate d’autobus, bensì un mese ricco di avvenimenti, in cui dovrai uscire dall’anonimato e far vale la tua personale, soggettiva, posizione. CARA CAPRICORNO, il mio amico Walter mi ha raccontato questo aneddoto. Si trovava a Villa Ada e ha visto sette ragazzine tra i 9 e gli 11 anni, una delle quali con un labrador al guinzaglio. A un certo punto si avvicina un altro cane e, di fronte allo spavento delle amiche, la proprietaria del labrador dice saggia: “Vogliono solo conoscersi...”. Risponde un’altra, atterrita: “E se invece sono maschio e femmina?”. Ecco secondo me questa uscita geniale può venire solo da una Capricorno! Una visione così lucida del rapporto tra i sessi, a soli 11 anni, solo voi! E a settembre avete anche un fantastico Giove dalla vostra, dove arriverete? CARA ACQUARIO, così il grande antropologo Ernesto De Martino descrive il mondo magico, dominato dalle credenze animiste e dal rischio che la presenza soggettiva rimanga intrappolata nel contenuto che si trova di fronte: il «soggetto, in luogo di udire o di vedere lo stormir delle foglie», diventa «un albero le cui foglie sono agitate dal vento». Che bello, un po’ di pensiero magico per tutte! Te lo dedico con il cuore, avvisandoti però nello stesso tempo (con grande sprezzo per la contraddizione, lo ammetto) che i pianeti ti inviteranno ad alcune scelte pratiche, nel corso del mese. CARA PESCI, ecco qui, pronto per te, un po’ di Shakespeare, dal Riccardo II, per consolarti dalla irrequietezza che ti ha colto nel corso della passata estate: “Così io recito colla mia sola persona la parte di molti personaggi: e nessuno è contento di sé”. Ora che ci siamo lamentate insieme al poeta, però, tiriamoci su: la sensazione che manchi qualcosa ti abbandonerà presto, se saprai cogliere al volo l’aiuto di Mercurio, che ti suggerisce di comunicare di più, stringere nuove amicizie e nuovi legami.
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Alda Cicognani
Dare parola alla notte Fotogrammi di vita nell’ora in cui si è più inermi e allo stesso tempo più vigili di Luca Benassi
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utti noi abbiamo l’esperienza di attraversare una grande città viaggiando in treno, quando di sera, dai binari spesso sopraelevati, è possibile sbirciare dentro le case, le cucine illuminate, piene dei riflessi di televisioni accese. Si osservano scene di un’umanità brulicante di vita, persone alle prese con la cena e la tavola da apparecchiare, bambini intenti al gioco o a finire i compiti, coppie che discutono, litigano, guardano in silenzio lo schermo, uomini o donne sole, alla finestra o intente a chissà cosa fra una stanza e l’altra. Si tratta di quadretti che appaiono e subito svaniscono, impressi nella memoria per la loro stupefatta e improvvisamente svelata intimità. “Voci di notte e al-
tre poesie” di Alda Cicognani, pubblicato da puntoacapo editrice nel 2012, propone lo scorrere e l’intrecciarsi di fotogrammi di vita vissuta, colti di notte, nell’ora alta nella quale si è più inermi e allo stesso tempo più vigili. Questo libro racconta di uomini abbrutiti dalla stanchezza e dal lavoro, donne innamorate o disperate, giovani alle prese con il dilemma della propria esistenza, bambini ai quali il sonno non protegge da litigi e soprusi domestici, amori perduti o appena nati; ma anche cose, oggetti, creature. È un coro di voci che urlano o sospirano nella notte, grazie alla capacità dell’autrice di immedesimarsi e dare parola a sessi diversi, a personaggi d’ogni età e vicenda. Cicognani ha il dono della pennellata veloce che costruisce situazioni in pochi versi e l’abilità della narrazione che entra nelle realtà più variegate, nelle coscienze addolorate o speranzose. Qui l’Io scompare, si fa universale, cedendo il passo a un teatro naturale e umano che ricorda i personaggi di Edgar Lee Master, ma anche le costruzioni e le tensioni all’assoluto di Walt Whitman e Emily Dickinson, come suggerisce la breve nota introduttiva. La poesia si muove come un flusso, privo di punteggiatura e dunque imperniato sulla spezzatura del verso per garantire la tenuta della descrizione. Nella sezione di chiusura “Altre poesie”, i testi si concedono maggiormente all’Io della poetessa, senza assumere mai un tono elegiaco, una cadenza lirica. La scrittura rimane sempre tesa, pulita, a tratti dura, come quando parla della solitudine, del tempo, del segno indelebile della Storia, come nel caso dell’attentato alle torri gemelli di New York. Alda Cicognani vive a Bologna e ha pubblicato 5 raccolte di versi e 2 libri di narrativa, riscuotendo diversi premi e riconoscimenti. Collabora con riviste e periodici letterari e con il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna, per il quale ha curato corsi e seminari di poesia.
Essere un treno lì vicino quasi mi tocca fa caldo il suo corpo e il respiro è sottile – più tardi si farà roco più tardi gemerà un poco sarà così fino al mattino e non saprò in quali luoghi si ritrovi che acque scorrano e se va a fondo tutto quello che mi dice non credere al silenzio tu non senti lo sbattere del cuore credi che sia sempre lo stesso così come vorrei essere un treno con un percorso obbligato stretto sicuro mentre con fatica mi allontano e con la forza resto al posto mio con il corpo che ripara nel sonno
E luce chiara oscuro è fuori ormai e anche dentro è tenebra per i tuoi occhi rivolto alla tv il tuo viso come legno compagno mio dopo una giornata lunga tutta la vita ti parlo piano e poi forte per farmi sentire sopra le voci che tu non ascolti – io guardo te che fra poco farò dormire con la tisana e scalderò per tutta la notte col mio sonno che ancora riesce a inventare di astrali meraviglie e luce chiara tutti racconti per il tuo mattino
UN PROGETTO DI
PRESENTATO IL 10 GIUGNO A ROMA AL SENATO DELLA REPUBBLICA (SALA CADUTI DI NASSIRYA) CON IL PATROCINIO DI
commissione delle elette
P RO GR A MM A SE T T EMBRE / DICEMBRE 2015
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23 ottobre
21 novembre
nell’ambito del Festival della Salute
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CURA Aula Magna Dipartimento della Formazione Università degli Studi di Genova
Ospedale Ostetrico Ginecologico Sant’Anna Reparto di Ginecologia e Ostetricia 1 universitaria
Viareggio
DONNA E SALUTE: L’INFORMAZIONE E LA PROMOZIONE. TERZO SETTORE E NUOVA PROGETTUALITÀ
17 ottobre
Ferrara
Genova
novembre
Torino
2 dicembre
Roma
Bologna
evento annuale
Palazzo d’Accursio
DONNA E SALUTE 2015: IL PROGETTO, I BISOGNI, I SERVIZI I risultati del primo tour
Sala della Musica Chiostro San Paolo
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SETTEMBRE 2015
REPORTAGE DA LONDRA VIVERE IN BARCA SUL TAMIGI 750° DANTE ALIGHIERI LE DONNE E L’AMORE NELLA COMMEDIA
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PARLAMENTI NEL MONDO LE ELETTE: NUMERI E TENDENZE
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DIRITTO DI FAMIGLIA 40 anni dopo 14/08/15 11.32